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EXECUTIVE ANALYSIS

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IL PERCORSO SOSTENIBILE DELL’INNOVAZIONE

Green data center, migrazione al cloud e digitalizzazione dei processi sono le scelte prioritarie per ridurre l’impatto ambientale dell’Information Technology.

La sostenibilità è finalmente un tema all’ordine del giorno, anche in un settore tradizionalmente energivoro come quello dell’Information Technology. Green Deal Europeo, Agenda 2030 dell’Onu o, più semplicemente, aumento della sensibilità comune sono fattori che stanno oggi orientando le strategie produttive e commerciali delle aziende. La “Digital Business Transformation Survey 2021” di The Innovation Group (Tig) ha messo in evidenza come circa la metà delle imprese italiane analizzate preveda per quest’anno, rispetto al 2020, un aumento del budget aziendale dedicato ad attività e progetti sostenibili. Molte, il 58%, intendono sfruttare le risorse che saranno messe a disposizione con l’attuazione del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma sull’accelerazione in questa direzione concorrono anche l’evoluzione delle dinamiche di mercato e la necessità di differenziare i prodotti (46%). Gli effetti di questo cambiamento si traducono soprattutto nella revisione dei processi produttivi in chiave green e in un ampliamento dell’offerta volto a evidenziare la componente di sostenibilità. Tuttavia, almeno nel breve termine, prevale la sensazione di poter ottenere effetti più legati all’immagine che al business, tant’è vero che elementi come il vantaggio competitivo (16%), l’incremento della produttività e dell’efficienza della supply chain (13%) o la crescita del fatturato (5%) sono fra i benefici meno indicati da chi comunque sta imboccando questa direzione. Da queste basi ha preso le mosse un progetto Tig/Indigo che ha coinvolto una ventina di aziende italiane di dimensioni grandi e medio-grandi, e che si è tradotto in una ricerca qualitativa, volta a comprendere quanta sensibilità esista oggi in azienda sul tema della ecosostenibilità, chi ne sia responsabile, come sia valutato l’impatto sull’ambiente generato dall’IT, come si stia procedendo in direzione del cosiddetto green data center e quali siano le iniziative di breve e lungo periodo adottate o allo studio.

Foto di Angie Warren da Unsplash

Strategie a confronto

Lo spaccato ha evidenziato innanzitutto come persista una sostanziale differenziazione nel livello di maturità tanto sul versante digitale quanto su quello più legato alla sostenibilità. La cultura e la sensibilità sono in aumento un po’ ovunque, ma in molti casi la convivenza con infrastrutture legacy e scelte applicative vincolanti non rendono semplice l’attuazione di misure mirate a ridurre l’impatto ambientale della tecnologia utilizzata in azienda. Di comprensione più semplice è il percorso avviato dalle realtà opearanti in settori come l’energia, il farmaceutico o le utility, che sono chiamate in qualche modo a guidare la transizione verde del Paese. Anche nel settore finanziario, nei servizi e nell’high-tech, tuttavia, sono presenti piani green strutturati, talvolta correlati alla natura multinazionale delle società, talaltra a un’età relativamente giovane dell’azienda e a un Dna già fortemente orientato alla digitalizzazione. Soprattutto nelle realtà medio-grandi è presente almeno una figura di responsabilità nell’area delle Corporate Social Responsibility (Csr), ma non è infrequente la scelta di una condivisione della funzione fra i diversi dipartimenti, segno di una cultura sostenibile più diffusa e di obiettivi comuni da raggiungere. Le iniziative “verdi” fanno parte in buona misura di strategie definite dal management e l’IT viene chiamata ad adattare le componenti tecnologiche coinvolte, svolgendo quindi un ruolo abilitante in combinazione fra innovazione e sostenibilità. Più raro, invece, è il caso di un dipartimento IT motore di iniziative con una valenza strategica più ampia. Più che verso l’evoluzione green o il ripensamento in quest’ottica del data center tradizionale (che sono appannaggio solo di qualche grande azienda), prevale l’idea di ridurre lo spazio occupato dalle risorse tecnologiche, tramite operazioni di consolidamento, virtualizzazione ed esternalizzazione, come elemento fondante dell’abbattimento dei consumi dell’IT. A questo si associa un’attenzione crescente verso la scelta di dispositivi a basso impatto anche per la dotazione dei dipendenti e collaboratori. In molti casi i processi virtuosi sono partiti dal basso, ovvero dalla riduzione del consumo di carta, combinando la digitalizzazione di diversi processi con l’eliminazione delle stampanti personali. Lo smart working, divenuto preponderante durante la pandemia, ha velocizzato questa evoluzione, producendo effetti già misurabili nel breve periodo. La sostituzione di componenti obsolete è ormai generalmente interpretata come un’opportunità per favorire una riduzione dell’impronta energetica e lo stesso si può dire del software applicativo, evolutosi verso una logica Software as a Service (SaaS) che consente l’eliminazione di server in passato dedicati e, in casi più limitati, un miglior controllo sul rispetto di policy e parametri green anche da parte dei fornitori esterni prescelti.

Il ruolo di tecnologia e cultura

Il cloud è uno degli elementi fondamentali di recupero di efficienza energetica in ambito IT. Non tutte le realtà lo interpretano in questa chiave, tuttavia molte hanno fatto scelte dettate non solo dalla ricerca di agilità e flessibilità infrastrutturale ma anche di maggior sostenibilità. Se parliamo di migrazioni strettamente applicative, spesso viene chiamato in causa lo stesso fornitore della precedente versione on-premise

Foto di Philipp Katzenberger da Unsplash

e, soprattutto in questi casi, le aziende tendono a fidarsi di quanto il vendor contrattualizza anche in termini di rispetto dell’ambiente. Laddove, invece, il passaggio al cloud coinvolga una visione maggiormente infrastrutturale, sono più accentuate anche le verifiche di allineamento alle policy sul tema di norma già adottate al proprio interno. In linea generale, l’adozione di policy green è sempre più un requisito nella scelta dei partner tecnologici. Certificazioni ed esplicitazione di valori diventano ormai requisiti imposti a livello contrattuale in diverse aziende con strategie green ben definite. Tuttavia, nelle imprese che mantengono (e manterranno) una componente infrastrutturale interna non è ancora troppo diffusa la capacità di misurare l’impatto ambientale dell’IT. Il Power Usage Effectiveness (Pue) è ancora considerato l'indicatore primario per poter misurare l'efficienza energetica di un data center. Permangono però dubbi sulla sua totale affidabilità, per diversi motivi tecnici (capacità di valutare il riutilizzo del calore, per esempio) o geografici (la temperatura esterna è essenziale per l’efficienza energetica di un data center, che non avrà lo stesso Pue a seconda della sua posizione). Naturalmente, la situazione si complica in presenza di scenari ibridi (piuttosto comuni), dovendo mettere insieme elementi di misurazione non omogenei e non sempre facilmente verificabili. Un altro tema caldo per le aziende riguarda il miglioramento della cultura delle persone. Al di là della definizione di strategie, obiettivi di breve o lungo termine e policy da adottare, la misurazione di effetti positivi in termini di impatto ambientale deriva in larga parte dal comportamento dei singoli. Per questo, prevale in molte delle realtà analizzate la necessità di attivare strumenti di formazione o potenziamento della consapevolezza. Non va trascurato, poi, che l’attuazione di progetti green strutturati richiede investimenti che non tutte le aziende sono disposte a fare. Un ulteriore elemento di incertezza deriva dall’attuale congiuntura, che potremmo azzardarci a definire post-pandemica. Nel periodo dei vari lockdown, l’esplosione del lavoro da remoto ha favorito la diffusione di pratiche che certamente hanno avuto un’incidenza anche sul fronte della sostenibilità, ma si è trattato, in diversi casi, di effetti dettati dalla particolarità del periodo. Il progressivo ritorno a una normalità quasi certamente diversa da quella improvvisamente abbandonata nella prima parte del 2020 implicherà una maggior strutturazione di prassi e comportamenti ancora in parte difficili da prevedere. Il futuro appare orientato verso l’integrazione fra scelte di digitalizzazione dei processi e di abbattimento del footprint ambientale della tecnologia. All’adozione di soluzioni innovative (come le fonti rinnovabili) per il raffreddamento e i consumi delle infrastrutture interne si associano progetti sempre meglio definiti in direzione dello snellimento, del riutilizzo o della compensazione. In conclusione, l’IT ha in buona misura affrontato il tema della riduzione del proprio carbon footprint, adottando misure improntate al taglio nel breve termine e all’azzeramento nel medio-lungo. Prevale, in molte delle realtà analizzate, la consapevolezza che la tecnologia possa essere il perno per il raggiungimento di obiettivi codificati soprattutto nel Green Deal Europeo, a supporto di progetti più strettamente collegati alla natura del business delle aziende. Questo ha già portato in molti casi a una collaborazione stretta fra dipartimenti (IT, Csr, produzione, risorse umane e così via), ma occorrerà accentuare e consolidare un percorso che è solamente agli inizi.

Foto di Christian Wiediger da Unsplash Roberto Bonino

AMBIENTE E IT, STRATEGIE CONGIUNTE

Negli ultimi due anni in modo particolare abbiamo intrapreso un percorso complessivo che ci ha portati a ottenere la certificazione B-Corp e a trasformarci in società benefit. L’IT contribuisce a questo percorso, riducendo il proprio impatto sull’ambiente anche attraverso un approvvigionamento e un utilizzo responsabile delle risorse, supportando le pratiche sostenibili dell’azienda. Danilo Ughetto, direttore Ict operations di Gruppo Assimoco

Vediamo con molto favore il mondo del cloud, che si sposa anche con i concetti green. Ci siamo imposti la regola di usare le risorse solo quando servono, non solo perché è una buona pratica ambientale ma perché genera un impatto positivo sul mercato. Così possiamo intervenire anche sul mindset delle nostre persone, sfida essenziale per crescere in modo sostenibile. Luca Magnoni, head of IT di Aviva

Tutte le azioni portate avanti negli ultimi tempi vanno in direzione della sostenibilità. Lo scorso anno, per esempio, abbiamo rinnovato il data center con soluzioni iperconvergenti per ridurre i consumi energetici. Un discorso simile si può fare per le stampanti, rimpiazzate di recente con l’intento di ridurre l’uso della carta. Claudio Passoni, responsabile infrastrutture di Compagnia Generale Trattori

Il vero punto di svolta sta non tanto nell’avere un green data center, quanto nella capacità di agire per cambiare la sensibilità degli individui e tradurre tutto in soluzioni che rendono possibile il cambiamento. Se pensiamo a processi che richiedono la raccolta e gestione di dati attraverso filiere complesse, come nei casi di tracciabilità della plastica recuperata nei fiumi o negli oceani o nel calcolo delle emissioni di CO2, la blockchain rende la sostenibilità accessibile e condivisa da tutti gli stakeholder, abilitando un’economia circolare. Renato Grottola, global director growth and innovation, e Antonio Astone, global sustainability manager di Dnv

Internamente esiste una strategia di migrazione al cloud, che definisce anche il modo di affrontare il tema della sostenibilità dell’IT. Il vero valore, ora, si misurerà sui processi di digitalizzazione più complessivi dell’azienda e sul lavoro legato alle persone, allo sviluppo dei prodotti e alle decisioni che avranno un impatto diretto sulla salute del pianeta, a partire dalla dismissione dell’utilizzo della plastica. Roberta Regis, Cio di Edenred

Siamo un’azienda leader nei servizi legati all'efficienza energetica e abbiamo la missione di sostenere un’economia carbon-neutral. Per questo, l’IT non ha il semplice obiettivo di ridurre il proprio footprint, ma abilita la strategia aziendale complessiva con un’ampia gamma di energy solutions per i nostri clienti: ad esempio le smart city, l’efficienza energe-

Foto di Min An da Pexels

OCCORRE COSTRUIRE UN’ETICA DIGITALE

La pandemia ci ha posti di fronte a un senso di urgenza ancora maggiore rispetto alle sfide globali e sociali e al bisogno di allineare la nostra vision per creare un mondo più sostenibile, equo e resiliente. Per molti versi, la trasformazione digitale è la base per costruire un mondo migliore, perché ci può aiutare a superare anche il divario digitale e a contribuire alla decarbonizzazione del pianeta. Il nostro impegno è quindi costruire la tecnologia su una base di etica digitale al servizio di tutti e lavorare con l’ecosistema di partner per ridefinire che cosa significhi rappresentare una forza del bene. Per questo VMware si è posta obiettivi molto ambiziosi e ha creato un percorso, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che include, fra le altre cose, la collaborazione con i partner cloud come Aruba per raggiungere operations a zero emissioni di carbonio entro il 2030. D’altra parte, la sensibilità aziendale per un IT sostenibile è un perno del cambiamento che stiamo vivendo: dal lato tecnologico, si scelgono apparecchiature a basso impatto ambientale, più in generale, è necessario avviare dei processi dal basso, sensibilizzando i dipendenti a sprechi e consumi. Un caso concreto è Global Cloud Data Center di Aruba, in cui si utilizzano energia rinnovabile da idroelettrico e fotovoltaico e un sistema geotermico. A ciò si aggiungono certificazioni come la Iso 50001 e la Go per la Garanzia di Origine rinnovabile dell’energia, l’impegno nel Green Deal e nel Climate Neutral Data Center Pact. La roadmap per una trasformazione digitale green è in fermento e la convergenza di tutti questi fattori aiuta la diffusione di servizi digitali sostenibili a vantaggio dell’ambiente.

Sabino Trasente, senior business solution strategist di VMware, e Alessandro Bruschini, infrastructure manager di Aruba

tica degli impianti di riscaldamento, cogenerazione e trigenerazione, i servizi di teleriscaldamento. Angelo Cofone, responsabile dell’area IT Governance di Engie Italia

Le attività e i progetti IT sono fortemente collegati al business. Questo approccio sinergico rappresenta un grande valore in termini di ottimizzazione delle attività e di raggiungimento degli obiettivi. Lavorare insieme, inoltre, favorisce una maggiore sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, al nostro interno, ma anche verso i partner, come avviene con Open-es. Questa nuova piattaforma digitale, realizzata da Eni in collaborazione con Google e Boston Consulting Group, consente alle aziende di misurarsi, confrontarsi e migliorare le proprie performance di sostenibilità, sfruttando un approccio collaborativo lungo tutta la filiera produttiva. Dario Pagani, executive vice president Global Digital & IT di Eni

Più che un percorso di trasformazione, siamo entrati in una fase di maturazione di una realtà ancora relativamente giovane. Da poco abbiamo trasferito l’infrastruttura in un data center 100% green. Per il futuro stiamo studiando le opportunità del cloud, con partner che possano certificare una strategia sostenibile. Gianluca Morlacchi, head of IT di Eolo

A livello globale abbiamo una strategia, denominata Vision 2050, che prevede di arrivare a quella data essendo carbonnegative. Molti aspetti sono coinvolti e fra questi anche l’innovazione tecnologica e la strumentazione utilizzata all’interno dell’azienda. Oggi risultare sostenibili nei rapporti con i clienti è certamente un vantaggio competitivo, perché sempre più spesso veniamo valutati anche in base a questi criteri. Luca Cassani, corporate sustainability manager di Epson Italia

Negli ultimi due anni tutti i progetti di rinnovamento digitale che abbiamo attuato hanno tenuto in alta considerazione il tema della sostenibilità. Tra le altre cose, siamo in grado di misurare il nostro footprint ambientale e comunichiamo all’esterno questi dati, per rafforzare l’immagine di un'azienda complessivamente orientata al green. Claudio Bielli, head of technology transformation and operations di Falck Renewables

Stiamo affrontando in questa fase anche le tipiche problematiche di evoluzione dell’infrastruttura interna, in una logica di contenimento dei consumi energetici e di innovazione in termini di impatto ambientale. All’interno dell’IT, stiamo gradualmente evolvendo da data center tradizionali a infrastrutture maggiormente ottimizzate, valutando anche l’implementazione di pannelli solari per rendere i data center più indipendenti attraverso l’impiego di fonti rinnovabili. Fabrizio Bracco, IT manager di Granarolo

Riduzione della carta e progressiva migrazione verso il cloud sono passaggi che descrivono come l’IT stia evolvendo in un’ottica di maggior sostenibilità. Ma

Guna ha sviluppato importanti iniziative strategiche in questa direzione e la divisione tecnologica lavora a stretto contatto con la funzione di corporate social responsibility per supportare i progetti di innovazione nella produzione e della compensazione dei consumi. Bruno Sartori, Ict director di Guna

Nel caso di Ikea, il concetto di green data center si esplicita innanzitutto nell’opera di virtualizzazione, che sta portando alla riduzione delle macchine e di tutti i consumi correlati. Inoltre, tutti i nostri data center sono alimentati al 100% da fonti di energia rinnovabili. Ora stiamo facendo dei test per ridurre anche il numero di device, aumentando il livello di condivisione per reparto. Alessandro Conti, country service operations manager di Ikea Italia

Anche se siamo digitali e in cloud, disponiamo di iniziative che ci aiutano a capire e a controllare i consumi energetici collegabili all’IT. Per esempio, abbiamo impostato lo spegnimento automatico del computer in modo rapido se questi non vengono utilizzati. A medio termine, potremo impiegare una piattaforma che ci permetterà di avere un giudizio di sintesi sui partner da noi scelti, da molti punti di vista, per esempio la sicurezza, le certificazioni, i test di business continuity e la sostenibilità. Filipe Teixeira, Cio di Illimity Bank

Persone, innovazione e conoscenza sono i nostri tre pilastri. La sostenibilità ambientale fa parte di questo disegno più ampio e ha un ruolo molto rilevante. Nel nostro settore si tende a fare ancora largo uso della carta, mentre la nostra innovazione digitale va in direzione opposta e ci sta portando a rivedere molti processi, tanto nelle assunzioni quanto nella rilevazione delle presenze. Alberto Storti, Cio di Manpower Il grosso del nostro impatto ambientale si misura su quanto ha a che fare con la produzione e qui abbiamo lavorato su una filiera sempre più pulita per il reperimento delle materie prime. Ma siamo intervenuti anche sul nostro prodotto più venduto, il fermento lattico Lactoflorene, reingegnerizzandone il packaging primario con un brevetto che prevede una plastica riciclabile al 100%. Puntiamo poi sulla promozione di una cultura aziendale ecosostenibile e supportiamo in ambito IT la digitalizzazione di diversi processi, spostando risorse in cloud. Stefano Colombo, direttore generale di Montefarmaco

Selex è una centrale associativa, quindi il grosso dei progetti viene gestito direttamente dalle realtà associate. Ciò che presidiamo direttamente è stato realizzato sfruttando la scelta del cloud, in contrasto con la sostanziale assenza di un’infrastruttura interna. In combinazione con i nostri partner, operiamo scelte di provider che garantiscano certificazioni e policy sostenibili. Andrea Angelo Nobili, IT e-commerce & digital manager di Selex

La sostenibilità in Snam è centrale. Quest’anno è stato integrato nello statuto sociale il corporate purpose "Energia per ispirare il mondo", che riflette un impegno crescente nella transizione energetica, mentre nel 2019 è stato istituito un comitato Esg in seno al Cda. L’Ict e le tecnologie digitali fungono da abilitatori delle trasformazioni nei processi aziendali e per questo lavorano a stretto contatto con la funzione di sostenibilità su molti progetti, come il paperless e il riciclo e riuso di risorse. Claudio Farina, executive vice president digital transformation & technology di Snam

Gli investimenti effettuati in direzione della digitalizzazione stanno già producendo effetti sul nostro footprint ambientale. Nel rapporto con il business, l’IT può fornire un contributo rilevante in questo senso, lavorando per supportare iniziative e servizi mirati alla riduzione delle emissioni di CO2 da parte dei nostri clienti. Alessandro Bertoli, direttore Ict di Sorgenia

Foto di Karolina Grabowska da Pexels

In Unicredit la trasformazione digitale gioca un ruolo chiave per il conseguimento di un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. Per limitare la nostra impronta ambientale abbiamo intrapreso diverse iniziative, come ad esempio l’utilizzo di energia elettrica da fonti rinnovabili, il miglioramento dell’efficienza energetica delle nostre sedi e dei nostri data center, per cui i singoli server fisici sono stati per la maggior parte convertiti in macchine virtuali. Abbiamo inoltre migliorato la prestazione energetica dei nostri data center per rispondere alla spinta della digitalizzazione del gruppo. Daniele Tonella, group infrastructure & IT services e Ceo di Unicredit Services

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