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STORIA DI COPERTINA
IL “BAZOOKA DIGITALE” PER LA RIPRESA
La trasformazione è trainata dall'Open Banking, dall'analisi dei dati e dal modello “ibrido”. Si punta, innanzitutto, a migliorare la relazione con i clienti.
Siamo a un punto di svolta per il settore dell’industria finanziaria italiana, alle prese da anni con un processo di trasformazione. Le banche sono state in grado di gestire le sfide impreviste della crisi pandemica soprattutto grazie a una capacità ormai consolidata di utilizzare le tecnologie digitali, che hanno consentito loro, anche nella fase più critica dell’emergenza, di continuare a fornire i servizi bancari essenziali a cittadini e imprese. La trasformazione digitale è un percorso che la grande magioranza degli operatori del settore stava percorrendo già prima dell’emergenza sanitaria, ma che con la pandemia ha segnato un’accelerazione in alcuni comparti e attività delle banche. La drammatica esperienza del covid-19 ha avuto un impatto significativo sulle attività operative delle banche, richiedendo in diversi casi il ridisegno sia dei processi interni legati all’utilizzo esteso dello smart working sia delle modalità di interazione e relazione con i clienti. La pandemia ha evidenziato come abbia
assunto ancora più rilevanza la necessità di integrare maggiormente customer experience e customer service. Gli istituti bancari avevano già iniziato ad approcciare negli anni scorsi la rivisitazione della relazione con il cliente, semplificandola e arricchendola con i canali digitali. Nello scenario pre-pandemia l’attenzione al cliente rappresentava già un aspetto rilevante all’interno di una più ampia strategia da considerare in relazione ai processi di innovazione digitale, ai mutamenti di scenario imposti dalle normative e dall’arrivo di nuovi competitor. La situazione di contingenza generata dalla crisi sanitaria ha però reso quest’aspetto un fattore centrale di successo e di resilienza nelle banche, in un percorso che ha visto nello strumento digitale il suo punto cardine ma che deve bene integrarsi con la possibilità di dialogo con le persone nei vari customer journey. Non si dimentichi, infatti, che nella fase più acuta dell’emergenza (quando l’accesso fisico alle filiali è stato limitato) sono state introdotte diverse misure per consentire la conclusione di contratti bancari e assicurativi a distanza, dimostrando quanto fosse importante promuovere lo sviluppo e rendere disponibili una vasta gamma di servizi in maniera full digital, così come hanno svolto un ruolo fondamentale i contact center.
Le sfide all’orizzonte
In questo momento storico la tecnologia può davvero agire con la potenza di un bazooka, che porta scompiglio nel settore. La trasformazione digitale è destinata a essere fattore strutturale dell’industry bancaria nel cosiddetto “next normal”, anche per la ripresa economica del nostro Paese. Bisogni e comportamenti dei clienti e del personale addetto sono cambiati, l’organizzazione delle banche e il modo di fare banca ne dovrà tenere conto definitivamente nel ridisegnare processi, relazioni ed esperienze con il digitale. Le banche, inoltre, dovranno essere pronte per affermarsi come protagoniste della ripresa e della crescita del Paese. Esse possono essere un volano di trasformazione e innovazione dei loro clienti, soprattutto le imprese; possono mobilitare le risorse finanziarie e il risparmio verso l’economia reale; e possono essere il canale privilegiato per potenziare gli investimenti privati derivanti da quelli pubblici previsti dal Pnrr, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. Oggi le banche hanno davanti tre principali sfide: accelerare il processo di cambiamento e di innovazione con l’utilizzo esteso e pervasivo delle tecnologie digitali, per trovare modelli di business che consentano maggiore redditività; aiutare la transizione tecnologica e la crescita sostenibile dei loro clienti; difendersi o meglio riposizionarsi nei confronti della concorrenza che arriva da diversi fronti. Anche l’anno prossimo continuerà, e velocemente, il processo di consolidamento e di razionalizzazione del settore, mentre aumenterà la concorrenza tra le banche tradizionali ma soprattutto crescerà la competizione con nuovi attori bancari, siano essi operatori digitali o banche con modelli di business più specializzati e leggeri. La situazione vissuta nell’ultimo anno ha fornito nuova linfa agli operatori tradizionali, che hanno fronteggiato la migrazione forzata dell’offerta sui canali digitali mantenendo il giusto equilibrio tra automazione e human touch. In questo contesto emergono una serie di aspetti a cui gli operatori bancari dovranno prestare attenzione. Ne citiamo alcuni: una conoscenza approfondita del consumatore/cliente, per rispondere ai suoi bisogni; la massimizzazione dell’efficienza economica; l’adozione di modalità di lavoro flessibili; un adeguamento alla regolamentazione; la costruzione di ecosistemi integrati con terze parti, sfruttando le potenzialità dell’Open Banking.
Tecnologie che migliorano l’esperienza
La customer experience non significa solo un front-end bello e facile da usare, ma dev’essere un processo end-to-end, che accompagni il cliente sin dalle prime fasi di interazione con la banca: per tali ragioni accanto al tema della “esperienza” acquisisce rilevanza anche quello dell’arricchimento del customer journey, che dev’essere costruito in maniera sempre più articolata, facendo leva su dati e analytics nonché sull’utilizzo di tecnologie e processi orientati all’intercettazione dei bisogni del cliente. Il focus delle banche italiane in un contesto economico in miglioramento sarà non solo sull’efficienza, ma sulla ricerca di ulteriori fonti di ricavo attraverso nuovi servizi/prodotti da
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proporre con attività di cross-selling/upselling e sul potenziamento della capacità di marketing e vendita su nuovi clienti. Far evolvere le piattaforme di Crm integrato con le capacità di sfruttare gli strumenti analitici e avanzati (anche di intelligenza artificiale) per estrarre valore dai dati diventa fondamentale e strategico per creare una relazione e soluzioni personalizzate su tutti segmenti di utenza. La relazione con il clienti si può arricchire di ascolto, di interazione e dialogo fino a un suo diretto coinvolgimento, per una completa soddisfazione e per fidelizzarlo fin dalla fase di on-boarding. L’Open Banking dischiude enormi potenzialità per creare o diventare parte di ecosistemi di nuovi servizi (bancari e non) da offrire ai clienti. Open Banking significa poter sviluppare soluzioni in grado di modificare il modello di business e di offerta di servizi, in collaborazione con Fintech, con altre banche e con nuovi player (anche extra settore). Con questo approccio si possono realizzare nuovi prodotti o servizi sia per il mercato retail sia per il mercato delle imprese, nel quale la customer experience è stata finora sottovalutata. I nuovi modelli di business abilitati dall’Open Banking si basano su piattaforme digitali aperte e scalabili in cloud e permettono di arricchire ulteriormente la conoscenza dei bisogni dei consumatori attraverso una maggiore disponibilità di nuovi dati.
Un modello “ibrido”
Oggi si parla molto di modelli “ibridi”, per esempio in riferimento alle infrastrutture tecnologiche (che spesso mescolano l’uso dei server on-premise e il ricorso al cloud) o alle nuove modalità di lavoro (un po’ in presenza e un po’ in smart working) adottate da molte aziende. Possiamo applicarlo anche al settore del banking: oggi sta configurando un modello operativo di banca ibrido e integrato. Un modello che coniuga l’accesso ai servizi di banking a distanza, attraverso la omnicanalità, e una banca “distanziata” nell’organizzazione dei workplace in uffici e filiali, aperta all’esterno per essere sempre presente (si parla di ubiquitous banking e di banking anywhere) e quasi invisibile per molti servizi standardardizzati, semplici e transazionali. Ed è, inoltre, una banca più vicina alle persone, più umano-centrica nella relazione con i clienti, perché arricchita con i dati. Il Banking Summit di The Innovation Group, svoltosi lo scorso settembre, ha reso evidente come quest’anno potrebbe essere l’anno del “whatever it takes”, in cui l’impegno delle banche dovrà essere eccezionale e unico. Esse devono diventare ancora più forti, resilienti e innovative ponendo al centro l’utilizzo del digitale ma anche le persone e i clienti per cogliere le prospettive di crescita e di innovazione che si aprono anche a tutto l’ecosistema che le banche attivano.
Ezio Viola
LE FONDAMENTA DEL FUTURO
Dove vanno gli investimenti digitali delle banche nel biennio 2021-2022? Individuiamo in particolare sei tendenze in crescita: • L’impatto dello smart working sui sui processi di lavoro, tenendo conto delle limitazioni di distanziamento sociale ancora in vigore. Si dovrà ridisegnare una nuova workplace experience sempre più integrata con la customer experience. A tal fine bisognerà anche individuare indicatori di performance e attivare una coerente gestione organizzativa. • La reingegnerizzazione dei processi end-to-end, per poter ottenere una ottimale customer experience e una relazione banca-clienti veramente semplice, omnicanale e fiduciaria.
Per realizzarla, bisognerà superare gli attuali silos e condizioni legacy tecnologiche ed organizzative. • La capacità di sfruttare appieno la potenza e il valore dei dati, sia interni sia esterni, con tecnologie di analytics e AI/ML (intelligenza artificiale o machine learning) e con una
strategia chiara e solida di data governance e data management. • L’utilizzo del cloud come piattaforma di riferimento per sviluppi innovativi, ma anche come base per la modernizzazione dei sistemi IT. • La cybericurezza e la resilienza. La difesa dagli attacchi e la business continuity saranno temi sempre più importanti, considerando che molte delle tendenze spinte dalla pandemia (come la migrazione al cloud e l’utilizzo intenso del canale mobile) hanno ampliato i perimetri dell’IT aziendale e aumentato il rischio. • La twin transformation dell’organizzazione IT. Il digitale deve andare di pari passo con la trasformazione digitale dei processi bancari.
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L’ALTERNATIVA DEL BANKING-AS-A SERVICE
Si ritagliano nuove possibilità per le banche, che diventano fornitrici di servizi (come prestiti e pagamenti rateali) per altri attori della filiera.
Di Open Banking si sente parlare da tempo, mentre l’espressione Bankingas-a Service (BaaS) è forse soprattutto nota tra gli addetti ai lavori. Un concetto che è un po’ il contraltare dell’Open Banking: quest’ultimo è l’approccio che consente ad attori esterni (come le Fintech) di accedere ai dati degli istituti bancari e finanziari per poter erogare servizi all’utente finale; il BaaS, al contrario, è il modo con cui le banche possono esse stesse fornire servizi ad altri attori della filiera. Nel percorso di ingaggio e fidelizzazione di un cliente a cui venga proposto un prodotto o servizio, oggi la componente finanziaria assume una rilevanza diversa rispetto al passato. Per esempio, poter offrire un prestito o una rateizzazione dei pagamenti può essere una leva di vendita o di fidelizzazione. Questo però implica il possesso di permessi, licenze e competenze che sono difficili da ottenere, per non parlare dei requisiti di capitale o dell’allineamento alle varie normative in campo finanziario. Qui entra in gioco il concetto di banking-as-a-Service, che consente alle aziende autorizzate di integrare i propri servizi bancari direttamente nelle offerte dei propri clienti (altre aziende), facendo sì che possano proporre conti corrente mobili, carte di debito, prestiti e servizi di pagamento anche senza disporre di una specifica licenza. I server della banca e quelli delle aziende comunicano tramite Api e il player che propone una soluzione BaaS opera solo come intermediario, senza lavorare direttamente con il denaro del proprio cliente. Di fatto, si tratta di un servizio white label, nel quale il servizio bancario viene erogato da brand appartenenti ad altri settori. Il “World Retail Banking Report 2021” di Efma, realizzato con Capgemini, parla di “Banking 4.X”, evidenziando come in un decennio banche digitali e challenger abbiano conquistato oltre 39 milioni di clienti nei Paesi oggetto dello studio. Attualmente il 66% delle banche già si avvale di una piattaforma BaaS per “prestare” i propri servizi ad attori terzi, e un ulteriore 25% è intenzionato ad adottarla. La giungla collegata ai servizi bancari, nonostante queste evoluzioni, è ancora fitta e irta di insidie. Da un lato, le banche faticano a disegnare modelli di customer experience completi, anche a causa di una certa carenza di competenze interne (fatto confermato anche dal report di Efma: il 61% delle banche non dispone ancora di un team dedicato alla customer experience). Per questo ancora si tende ad andare in direzione del Platform Banking, modello in cui sono i classici istituti di credito a integrare servizi di Fintech o altri soggetti, conservando però la relazione diretta con la clientela, in una logica di strategia difensiva. Ancora diverso è il modello dell’Open Banking, in cui i soggetti non strettamente bancari utilizzano i dati delle banche per gestire e proporre i propri prodotti, fungendo da third party provider, come succede nell’ormai diffusa offerta di aggregatori per la gestione di diversi conti da un unico punto di partenza. Oggi il mercato appare in forte evoluzione e solo il tempo potrà chiarire quali saranno le tendenze destinate a prevalere, verosimilmente sotto l’influenza sempre più diretta dei gusti e delle attitudini dei clienti.
Roberto Bonino
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UNA “CLOUDIFICAZIONE” SOSTENIBILE
Un approccio ibrido dal punto di vista delle architetture IT e privo di vincoli nella scelta del fornitore: così le banche possono trasformarsi gradualmente. L’opinione di Oracle.
Èormai chiaro che l’adozione di modelli cloud è uno tra i principali veicoli per garantire alle banche la risposta alle loro più importanti esigenze. La resilienza e sicurezza, perché le componenti digitali delle catene del valore reagiscono meglio a carichi anomali, cambiamenti di paradigma e a riconfigurazioni repentine; proteggono maggiormente dalle frodi e sono meno soggette all’errore umano. L’innovazione e la transizione digitale, grazie a modalità nuove e moderne di interagire con clienti, prospect e partner e al focus sul lancio di nuovi servizi, più incentrati sul cliente. E infine l’efficienza, attraverso l’automazione delle attività a basso valore aggiunto e costose. Queste sono anche le caratteristiche che un partner tecnologico deve avere per accompagnare le banche nel percorso di trasformazione. Ma è importante tenere conto di quanto è stato creato come asset all’interno dei data center dei nostri clienti bancari negli anni. In alcuni casi sono possibili approcci disruptive, in molti altri serve accompagnare – sì in maniera accelerata, ma graduale e sostenibile – questi percorsi di modernizzazione e “cloudificazione”. Ecco quindi che l’approccio hybrid trova un suo valore. Le banche non abbandoneranno tutti i loro data center, anche se sicuramente ci sarà una razionalizzazione: la nostra idea è di avere capillarità, con più cloud region vicine ai nostri clienti ovvero un cloud di prossimità, per favorire l’approccio
Andrea Sinopoli
ibrido, interconnessione e latenze basse, elementi importanti soprattutto quando parliamo di IT altamente transazionale e di applicazione mission critical e di andare incontro a requisiti regolatori relativi ai dati. Per questo motivo abbiamo sviluppato una soluzione chiamata “dedicated region cloud@customer”, con cui siamo già in grado di offrire servizi identici a quelli del cloud pubblico all’interno dei data center dei nostri clienti. Estendendo il concetto di hybrid cloud, crediamo nel paradigma del multicloud, che aiuta i nostri clienti a scegliere il fornitore migliore a seconda della specializzazione sui carichi di lavoro, evitando fenomeni di lock-in. Come Oracle, riteniamo di avere, soprattutto nel banking e nella Pubblica Amministrazione, un ruolo primario su tutta la parte legata al data management e ai carichi mission critical. La valorizzazione del dato è infatti un secondo aspetto chiave, nel mondo bancario ancora più che in altri. Per arrivare a questa valorizzazione serve agire su due fronti che caratterizzano il concetto del cosiddetto “IT bimodale”: da una parte aiutare le banche a ridurre il modello di costo e a modernizzare tutto il mondo core/tradizionale, il cosidetto “legacy”; dall’altra, supportare tutta l’innovazione e gli sviluppi applicativi che si traducono in nuovi servizi per i clienti. In Oracle abbiamo fatto esperienze importanti su entrambi i fronti. Sul primo, per quanto riguarda l’offloading dei dati dai sistemi legacy: un esempio è il caso del Banco Santander, progetto interessante sia per dimensioni sia per caratteristiche. Questo è il primo passo per iniziare ad “aprire” il patrimonio informativo che risiede dentro sistemi legacy sfruttando la flessibilità dei modelli cloud e tecnologie database convergenti. Anche Gartner ha recentemente riconosciuto un ritorno entro i prossimi quattro anni a questo tipo di paradigma. Una tecnologia di gestione del dato avanzata, come il database convergente, aiuta infatti a incamerare grosse moli di dati e a gestire diverse semantiche in maniera naturale, supportate da un’automazione spinta e da motori esperti di AI/ML per la pulizia del dato. Il secondo aspetto è legato al new digital e all’evoluzione delle architetture data-driven che passeranno dall’essere code-centric a data centric event-driven: diventa cioè importante avere tecnologie che aiutino ad applicare il valore dei dati in tempo reale. Anche qui, la flessibilità del cloud e le tecnologie convergenti vengono in aiuto per far parlare in maniera trasparente i due mondi, il core e new digital, con l’obiettivo appunto di estrarre valore dai dati in modo coerente e consistente.
Andrea Sinopoli, tech cloud country leader di Oracle Italia
TECNOLOGIA E FIDUCIA, I DUE PILASTRI DEL FUTURO
La sfera digitale deve combinarsi con l’elemento umano all’interno di esperienze omnicanale che rinsaldano la relazione con il cliente. Le testimonianze degli operatori al “Banking Summit 2021”.
Per le banche italiane molte sfide si stagliano all’orizzonte, ma è un orizzonte vicino, che richiede azioni e strategie fin da subito. Le opportunità offerte dal Pnrr vanno colte senza indugio, così come bisogna affrontare la transizione ecologica, il tema della resilienza e quello (che è sempre stato centrale, ma mai quanto lo è oggi) della relazione con il cliente. Se ne è parlato lo scorso settembre, insieme a vendor tecnologici e rappresentanti del settore bancario, durante l’evento “Banking Summit 2021” di The Innovation Group. Dopo lo “stress test” della pandemia di covid, che ha messo alla prova la resilienza delle banche, a detta di Azzurra Guelfi, equity research analyst di Citi, ora gli operatori devono lavorare sul recupero dell’efficienza e della produttività, puntando alla crescita dei ricavi. Perché ciò accada, come sottolineato da Massimo Doria, senior manager di Banca d’Italia, le banche dovranno svolgere nei confronti delle imprese un ruolo di supporto e consulenza per la trasformazione. Un banco di prova in tal senso sarà il Pnrr, tra i cui obiettivi spiccano la transizione ecologica e la diffusione del digitale. Come ricordato da Giovanni Sandri, country head di Blackrock, abbiamo di fronte la sfida della transizione “net zero”, che nel lungo periodo avrà importanti impatti sull’economia e sul mondo bancario. Nazzareno Gregori, direttore generale di Gruppo Credem, ha rimarcato il fatto che il modello operativo delle banche sta cambiando e cambierà, e in questo contesto è fondamentale il livello di fiducia creato all’interno del rapporto con i clienti. Ma come si costruisce la fiducia? Bisogna senz’altro valorizzare tutto ciò che riguarda la tecnologia e l’innovazione e allo stesso tempo, come affermato da Claudia Vassena, head di buddybank – UniCredit, è importante non trascurare il contatto umano diretto. Sul punto è intervenuta anche Paola Angeletti, Coo & HR di Intesa Sanpaolo, secondo cui bisogna intervenire sia sulla formazione del consulente sia su quella dei clienti, nella consapevolezza che il digitale abilita moltissime attività e facilita i processi, ma senza poter sostituire del tutto il “faccia a faccia”. A detta di Vittorio Calvanico, Coo di Banca Monte dei Paschi di Siena, non è necessario digitalizzare il processo quanto piuttosto piuttosto costruire un sistema che risponda alle esigenze del cliente, una sfida di estrema rilevanza per il settore bancario. Resta valido il modello dell’omnicanalità, su cui è intervenuta anche Claudia Motta, responsabile direzione organizzazione di Intesa Sanpaolo: oggi è necessario proporre un’offerta sempre più integrata nei diversi canali e che permetta ai clienti di svolgere operazioni bancarie in modo ubiquo, indipendentemente dal canale d’interazione usato. Anche a detta di Elena Lavezzi, general manager Italy and Southern Europe di Revolut, è fondamentale seguire il paradigma dell’omnicanalità e dell’always on, servendo i clienti senza vincoli di luogo o tempo. Ed è fondamentale, altresì, che i prodotti e i servizi offerti siano semplici e trasparenti. In questo contesto assume rilievo il concetto di banca territoriale, che rappresenta un’importante opportunità soprattutto per gli istituti di credito di medie e piccole dimensioni. Accanto al rapporto umano e alla qualità della user experience, un altro modo per costruire fiducia è quello di imparare a conoscere l’utente, e a tal fine il bene più prezioso sono i dati. ll Crm resta lo strumento fondamentale e dev’essere in grado di garantire controllo e semplicità di accesso ai dati, così come il rispetto della privacy dei clienti.