Spazio nutrizione 2016 Abstract Book

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Nutrition Health InPharma Magazine

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI

Supplemento a

5-6-7 Maggio 2016

Abstracts Segreteria organizzativa:

In collaborazione con:



COMITATO SCIENTIFICO

Prof. Sergio Bernasconi

Responsabile: Prof. Gian Vincenzo Zuccotti Direttore Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Milano, Ospedale dei Bambini

Responsabile: Prof. Michele Carruba Direttore del Centro Studi e Ricerche sull’Obesità, Università degli Studi di Milano

Responsabile: Prof. Antonio Paoli Direttore del Laboratorio di Nutrizione & Esercizio Fisico, Professore Associato, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova

Responsabile: Prof. Luigi Bonizzi Direttore del Dipartimento di Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica, Università di Milano Responsabile: Prof. Gian Attilio Sacchi Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università di Milano

Comitato scientifico: Dr. Francesco De Seta Prof.ssa Annamaria Mattei Dr.ssa Sabrina Anna Nervi Dr. Franco Vicariotto

Responsabile scientifico: Dr.ssa Tiziana Stallone - Presidente Enpab Prof. Armando Piccinni - Presidente BRF In collaborazione con la Commissione Nutrizione Enpab

Responsabile scientifico: Prof. Damiano Galimberti Presidente A.M.I.A. (Associazione Medici Italiani Anti-Aging) Specialista in scienze dell’alimentazione

Responsabile scientifico: Dr.ssa Nadia Cerutti Responsabile della Struttura di Dietologia e Nutrizione Clinica dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano


5 MAGGIO 2016 SESSIONE PLENARIA

w CERIMONIA DI INAUGURAZIONE SPAZIO NUTRIZIONE

10.30

SALUTI w Corrado Peraboni: Amministratore Delegato Fiera Milano

10.40

LETTURA MAGISTRALE - Nutrizione e Salute: lo stato dell’arte visto dall’OMS w Francesco Branca

11.10

Eredità di EXPO e ricerca scientifica w Claudia Sorlini - Presidente del Comitato scientifico “Le Università per EXPO”, Comune di Milano, già professore di Microbiologia Agraria, Università di Milano

L’

esposizione universale è stata un’occasione importante non soltanto di svago, di conoscenza e di rilancio del business, ma anche di dibattito, di approfondimento e di divulgazione scientifica sul tema “Nutrire il pianeta-Energia per la vita”.

Gli aspetti maggiormente dibattuti hanno riguardato agricoltura, alimentazione e salute, sprechi , cambiamento climatico e sviluppo sostenibile. Il dibattito ha messo in luce le emergenze planetarie e gli obiettivi: garantire cibo sufficiente e buono per chi ancora non ne ha, produrre in modo da non distruggere le risorse ambientali, debellare obesità e sovrappeso, che colpiscono il 39% dell’umanità. Il mondo della ricerca in tutti questi campi ha messo in luce risultati innovativi, diffondendo idee e suggerimenti finalizzati a fronteggiare i grandi problemi. L’interesse per la scienza è stato dimostrato sia dall’ampio pubblico che ha seguito i dibattiti sia dalle istituzioni internazionali, convinte, più che in passato, che la ricerca possa fornire un supporto fondamentale alla elaborazioni di strategie politiche vincenti. Le Nazioni Unite lo ribadiscono nell’Agenda 2030, la CP21 lo ha sostenuto per contrastare il cambiamento climatico, l’Europa sta considerando la proposta di un panel di scienziati a supporto delle decisioni della FAO-ONU contro la fame e per il controllo delle migrazioni. Infine anche il governo italiano sembra intenzionato a dar sostegno economico alla ricerca, un settore da anni negletto e maltrattato. Qualcosa sta cambiando?

11.50

TAVOLA ROTONDA: Nutrizione e Salute

Sono invitati:

w Sergio Bernasconi: Coordinatore Scientifico Spazio Nutrizione

w Roberto Ciati: Fondazione Barilla Center For Food and Nutrition

w Luigi Bonizzi: Responsabile Scientifico Spazio Nutrizione Earth

w Walter Ricciardi: Presidente Istituto Superiore di Sanità

w Michele Carruba: Responsabile Scientifico Spazio Nutrizione Adult

w Roberto Carlo Rossi: Presidente OMCeO Milano

w Antonio Paoli: Responsabile Scientifico Spazio Nutrizione Sport

w Girolamo Sirchia: già Ministro della Salute

w Gian Attilio Sacchi: Responsabile Scientifico Spazio Nutrizione Earth

w Giovanni Sorlini: Responsabile assicurazione qualità Inalca

w Gian Vincenzo Zuccotti: Responsabile Scientifico Spazio Nutrizione Kids

w Gianluca Vago: Magnifico Rettore Università degli Studi di Milano

13.00

BREAK

6 MAGGIO 2016 SESSIONE PLENARIA

w CEREALI E SALUTE

14.20

Introduzione: Perché CEREALI e SALUTE?

w Sergio Bernasconi / w Michele Carruba

14.30

La ricerca per una produzione cerealicola sostenibile e di qualità

w Luigi Bonizzi - Direttore del Dipartimento di Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica, Università di Milano

w Gian Attilio Sacchi - Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Milano

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G

lobalmente i cerali forniscono il 53% dell’energia disponibile per il consumo alimentare umano. Si stima che entro il 2050, per l’atteso incremento della popolazione, la disponibilità di calorie e proteine alimentari dovrà essere raddoppiata rispet-

to a quella attuale; ciò comporta per i cereali la necessità di un forte incremento di resa unitaria, a fronte di una sostanziale limitazione degli input nel sistema produttivo di risorse naturali e fattori di produzione. Negli ultimi anni l’impressionante aumento della produttività dei cereali è stato accompagnato da una forte caduta dei contenuti (già limitati) in proteine, micronutrienti e vitamine nella granella. La sfida che la ricerca dovrà quindi affrontare nei prossimi anni è quella di identificare nuove varietà e tecniche colturali per la massimizzazione dell’efficienza degli input di risorse immesse nel sistema cerealicolo garantendone nel contempo le qualità nutrizionali, in uno scenario ambientale che potrebbe cambiare sostanzialmente in seguito agli attesi cambiamenti climatici. L’intervento affronterà queste problematiche rivolgendo particolare attenzione agli aspetti metodologici più innovativi indirizzati a uno sviluppo sostenibile della cerealicoltura.

15.00

Tecnologie per migliorare l’impatto dei cereali sulla salute

w Massimo Valverde - Responsabile Ricerca e Sviluppo Biomediteck S.r.l., in collaborazione con Medicina della Felicità Onlus

“L

a nostra cucina ha bisogno di una disintossicazione?” La problematica della diffusione ubiquitaria e incontrollata delle micotossine nella maggior parte delle matrici alimentari a uso umano e veterinario (quali per esempio cereali, mais, riso,

soja, frutta secca, noccioline, latte, etc. sino a giungere anche ai mangimi, al fieno, agli insilati, etc) è nota da decine di anni a tutte le istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, ma solo recentemente è divenuta di dominio pubblico e attualmente essa rappresenta uno dei maggiori allarmi sanitari sia sul versante umano sia veterinario. Da ugual tempo sia lo IARC, sia numerose agenzie internazionali e sia tutti gli esperti della materia avevano già affermato che le micotossine rappresentano verosimil-

mente la causa principale sia di importanti modificazioni del sistema immunitario -evidenziate in tempi recenti da un aumento preoccupante delle reazioni autoimmuni e delle affezioni a esse direttamente o indirettamente correlate- e sia dello sviluppo di molte malattie di pertinenza oncologica. Contestualmente anche la FAO, in una nota pubblicata anni addietro, rilevava che l’inquinamento da micotossine delle derrate alimentari per uso umano e veterinario provocava lo scarto di circa il 25% tra tutte quelle prodotte nel mondo, in quanto inevitabilmente destinate alla distruzione. Inoltre, le normative di sicurezza alimentare diramate dalle competenti autorità europee negli ultimi 15 anni, risultano ancora poco efficaci, in quanto incentrate più sulla prevenzione dello sviluppo delle infezioni micotiche nelle varie matrici alimentari che sull’affrontarne l’abbattimento in modo sicuro, efficace e certificato, al fine di ottenere sia un enorme risparmio di risorse che altrimenti andrebbero perse, sia un aumento esponenziale della sicurezza sanitaria degli alimenti utilizzati per uso umano e veterinario. In questo panorama il nostro team di ricerca ha lungamente riconsiderato le varie e pregresse esperienze di sanificazione già svolte da altri gruppi, rielaborandole “sul campo” sino a ottenere risultati soddisfacenti che oggi ci permettono di affermare che, a prezzo di un limitatissimo costo di processo, è possibile detossificare con sicurezza un’ampia gamma delle varie matrici alimentari già menzionate, recuperandone quindi per i vari consumi buona parte di quelle destinate alla distruzione. Infine, attraverso l’utilizzo di specifici processi di produzione proprietari, si è già ampiamente in grado di migliorare l’impatto sulla salute di una vastissima gamma di alimenti, totalmente anallergici e del tutto simili ai loro omologhi tradizionali che, inoltre, grazie all’impiego di notevoli quantità di fibre vegetali inerti, permettono di ottenere sia una drastica riduzione del loro indice glicemico sia del loro valore calorico assoluto.

15.30 Cereali e Industria

w Andrea Budelli - VP R&D Europe and Global Infant Nutrition, The Kraft Heinz Company

I

cereali rappresentano un alimento e ingrediente alimentare chiave nella dieta sia per un aspetto nutrizionale sia tecnologico. I cereali possono anche considerarsi una fonte di nutrienti sostenibile sia economicamente sia come impatto ambientale.

L’industria utilizza i cereali per moltissime preparazioni alimentari, sono un ingrediente molto moderno e tutt’oggi oggetto di importanti programmi di ricerca volti alla loro valorizzazione in termini nutrizionali e di funzionalità nell’alimento. In combinazione con leguminose e/o sottoposti a processi bio-tecnologici rappresentano un fonte unica di nutrienti. I cereali rappresentano il veicolo ottimale per nutrienti funzionali in quanto rientrano negli schemi dietetici durante tutto l’arco della giornata in svariate forme. Di contro, negli ultimi anni si osserva un incremento di alcune problematiche legate ad aspetti di sicurezza in alcuni casi

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allarmanti e che necessitano attività di controllo della filiera molto rigorose e corrette pratiche di coltivazione, trasformazione e utilizzo industriale.

16.00

La filiera del pane

w Giuseppe Ferrandi - Direzione Commerciale Acquisti Pane e Dolci, Responsabile di Settore

I

cereali sono piante erbacee appartenenti, in prevalenza, alla famiglia delle Graminacee. Dal frumento o grano otteniamo la farina attraverso il processo di molitura, che separa la parte centrale della cariosside, ricca in amido, dai tegumenti esterni.

Dal grano tenero si ottiene la farina e dal grano duro la semola le quali, attraverso il processo di panificazione, che può avvenire con metodo diretto oppure indiretto, danno origine al pane. In Esselunga la panificazione, pur mantenendo le caratteristiche di assoluta artigianalità, viene realizzata secondo criteri di massima efficienza, con attenzione particolare alla qualità e sicurezza alimentare. L’unicità di organizzazione del sistema dei panifici di Esselunga permette di realizzare la produzione di pane caldo durante tutto l’arco della giornata, per soddisfare al meglio la richiesta dei clienti. A questo si aggiunge la vocazione di produttore che Esselunga esprime anche nei propri stabilimenti di Parma e Limito di Pioltello (Mi).

16.30

BREAK

17.00

Bambini e Cereali

w Gian Vincenzo Zuccotti - Professore, direttore Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Milano, Ospedale dei Bambini

I

cereali, uno dei principali alimenti nella dieta dei bambini, possiedono proprietà nutritive favorevoli a soddisfare le esigenze dell’età pediatrica, caratterizzata da un rapido accrescimento e sviluppo cerebrale. I cereali sono principalmente costituiti

da carboidrati, sia complessi (amido) sia semplici (glucosio e fruttosio), fornendo un’importante fonte energetica al nostro organismo. Oltre ai carboidrati, i cereali sono fonte di proteine a elevato valore biologico, fibra solubile e insolubile e vitamine del gruppo B. A partire dallo svezzamento e per tutta l’età pediatrica è importante un adeguato apporto di cereali. Intorno al sesto mese di vita, il latte materno inizia a essere carente dal punto di vista nutrizionale; in questa fase uno dei primi alimenti introdotti con lo svezzamento sono proprio i cereali. Durante l’infanzia e l’adolescenza, le intense attività scolastiche ed extrascolastiche determinano elevate richieste energetiche sia per sostenere le attività fisiche sia le funzioni cerebrali ed è quindi importante un buon apporto di carboidrati. In conclusione, è una buona abitudine che la dieta dei bambini sia ricca in cereali, meglio se scelti in modo vario e meglio se integrali. Questi ultimi hanno l’ulteriore vantaggio di avere un elevato contenuto di fibra responsabile di effetti postivi sul transito e sul trofismo della mucosa intestinale.

17.20

I cereali nella dieta dello sportivo: vittime innocenti delle mode?

w Antonio Paoli - Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova

I

cereali hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà così come la conosciamo, permettendo la trasformazione delle popolazioni da nomadi/cacciatori e raccoglitori a stanziali e agricoltori. Se da un lato questo cambiamento ha

permesso l’aumento della popolazione, dall’altro con la rivoluzione industriale e la diminuzione del lavoro pesante e manuale questo ha portato a un aumento dell’incidenza di sovrappeso e malattie metaboliche. Storicamente i cereali sono sempre stati importanti nella dieta dello sportivo, in relazione sia al contenuto calorico sia come fonte di carboidrati complessi; questo è stato ritenuto fondamentale per mantenere a un livello adeguato le scorte di glicogeno. Le riserve di glicogeno, infatti, fin dagli studi preliminari della scuola scandinava, sono sempre state considerate indispensabili per prestazioni di endurance agonistiche. Recentemente però vi è stata una revisione di questo approccio e, soprattutto nell’ambiente dei social media, si è diffusa una vera e propria cereal-fobia basata su considerazioni in parte scientifiche e in parte pseudo-scientifiche. Alla base di questa tendenza vi è la convinzione che il glutine sia una molecola “tossica” per l’organismo. Questo è vero solo nella misura in cui parliamo di sensibilità individuale coniugata a quantitativi di glutine particolarmente elevati (come in alcuni grani selezionati per motivi di redditività). L’uso invece razionale di cereali, prevalentemente integrali e di grani a basso contenuto di glutine, è una strategia vincente nell’alimentazione degli atleti di endurance che permette di mantenere livelli di glicogeno adeguati e di supportare prestazioni di intensità elevate. L’eliminazione totale dei cereali dall’alimentazione e la loro sostituzione, come fonte

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di carboidrati, unicamente con frutta e verdura non ha giustificazioni scientifiche valide né riscontri in letteratura peer reviewed di vantaggi rispetto a un’alimentazione equilibrata che contenga anche dosi adeguate di cereali di qualità. Ovviamente vi sono molte variabili da tenere in considerazione, come per esempio stati metabolici particolari come la chetosi, che basano il loro effetto non sull’eliminazione dei cereali ma su shift metabolici ben precisi. In definitiva in un’alimentazione equilibrata l’uso calibrato di cereali di alta qualità può rappresentare una scelta vincente.

17.40

Donna, ormoni e cereali w Sabrina Anna Nervi - Specialista in Ostetricia Ginecologia, Uroginecologia, Urodinamica, Uroriabilitazione, Medicina Sistemica Funzionale Integrata, Endocrinologia Immunologica Omeopatia, Fitoterapia, Isoterapia Sanum SAT Terapia, Presidente dell’Associazione Claudio Nervi onlus per lo studio ricerca e divulgazione in medicina integrata biologica w Paolo Bellingeri - Responsabile Unità di Cure Palliative ASL AL, perfezionamento in Nutrizione e Dietetica applicata, nutrizionista in ambito oncologico, specialista in Patologia Clinica, Idrologia Medica, componente del Comitato Scientifico “Followup stili di vita e nutrizione” della rete Oncologica del Piemonte

L’

alimentazione è un fattore strettamente correlato con il benessere della donna. Un eccesso di zuccheri semplici determina un’iperinsulinemia che, protratta nel tempo, può favorire infiammazione e diabete. Gli estrogeni hanno un equilibrio stretta-

mente collegato a quello dell’insulina, tale per cui un eccessivo consumo di alimenti iperinsulinemici (carboidrati raffinati, dolci, ma anche latte e latticini) è in grado di favorire alti livelli di estrogeni attraverso un meccanismo di insulino-resistenza, fino ad arrivare a vere e proprie patologie come l’ovaio policistico PCOS. L’Androgen Related Research and Discovery al Cedar - Sinai Medical Center ha effettuato uno studio clinico sul tessuto adiposo delle donne affette da PCOS, che è incapace di produrre quantità soddisfacenti di adiponectina, l’ormone prodotto dagli adipociti, il quale facilita l’azione dell’insulina. È stato recentemente pubblicato su Ginecological Endocrinology (2014) un lavoro che mette in relazione bassi livelli di adiponectina e leptina con aumento di BMI, testosterone, trigliceridi, LDL e resistenza all’insulina. Pertanto l’insulina non riesce nei soggetti affetti da PCOS a metabolizzare zuccheri, grassi e a modulare le infiammazioni, quindi più che mai i ricercatori hanno individuato nella dieta la forma di prevenzione dell’iperinsulinismo associato a ovaio policistico. Inoltre è stata dimostrata la correlazione tra PCOS e tiroidite autoimmune. Secondo alcuni autori le patologie hanno un’eziogenesi comune, in effetti la prevalenza di tiroidite autoimmune è quasi il triplo in donne con PCOS rispetto al gruppo di controllo (secondo una recentissima pubblicazione di Novas Jude) ma è forse una leggerezza correggere i dati escludendo la resistenza all’insulina, la resistenza alla leptina e gli squilibri del sistema immunitario. La frutta, la verdura, ma soprattutto i cereali integrali, con conseguente limitazione degli zuccheri, una supplementazione di minerali quali zinco e manganese (responsabili, se carenti, del cattivo trasporto di insulina nelle cellule e quindi di insulinoresistenza) sono alla base di un’alimentazione volta a far scendere il peso ponderale della paziente affetta da PCOS. L’impiego di cereali integrali è inoltre, uno dei fattori suggeriti dal WCRF nella prevenzione delle patologie tumorali che in ambito femminile sono rappresentate da tumore della mammella e dell’endometrio. Fattori determinanti sono il contenimento del sovrappeso, con conseguente modulazione dell’infiammazione e conseguente sindrome metabolica. Un’alimentazione prevalentemente occidentale, ricca di carboidrati raffinati, favorisce l’obesità, con eccesso di estrogeni, riduzione di SHBG, resistenza insulinica e conseguente proliferazione cellulare. Ma le stesse diete ipercaloriche determinano aumento dell’IGF1 libero che agisce direttamente sulla crescita cellulare. Un’assunzione regolare di cereali integrali, fonte di fibra, microelementi, ma anche fitoestrogeni come gli isoflavoni e i preziosi lignani, non soltanto permettono una corretta alimentazione nella donna, ma anche di controllare quei fattori di rischio primario (sovrappeso, obesità, infiammazione, resistenza all’insulina) che determineranno patologie spesso gravi. Via libera quindi, con tranquillità, all’utilizzo di avena, teff, farro, timilia, orzo, riso, mais, grani antichi, tutti preferibilmente biologici, ma soprattutto integrali.

18.00

Comunicazioni Orali

19.00

CHIUSURA DEI LAVORI

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Con il patrocinio di:

Kids

Responsabile: Prof. Gian Vincenzo Zuccotti

Direttore Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Milano, Ospedale dei Bambini

z 5 MAGGIO 2016 14.00

PEDIATRIC NUTRITIONAL NEEDS

16.00

Lettura magistrale: Olio di palma, pro e contro a confronto w Giuseppe Rotilio - Biochimica della Nutrizione, Università Tor Vergata e Università San Raffaele, Roma

Moderatori: Sergio Bernasconi / Gian Vincenzo Zuccotti Partecipano: SIP - Società Italiana Pediatria - Alberto Villani SIN - Società Italiana di Neonatologia - Mario De Curtis FIMP - Federazione Italiana Medici Pediatri - Giampiero Chiamenti SIMA - Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Piernicola Garofalo SICuPP - Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche - Marina Picca

È

attualmente molto vivo il dibattito sull’opportunità della sostituzione, per ragioni essenzialmente economiche, di burro e olio d’oliva con olio di palma come ingrediente fondamentale di dolci e cibi salati quali cracker e grissini, molto diffusi nell’alimentazione del bambino. Va ricordato che le prime obiezioni a questa sostituzione sono nate da preoccupazioni ambientaliste per l’impianto estensivo di palmoliveti al posto della foresta tropicale, o di politica agroalimentare, come la difesa dell’olio di oliva e dei derivati del latte. Dal punto di vista strettamente nutrizionale le proprietà dell’olio di palma naturale lo rendono paragonabile all’olio di oliva e pertanto raccomandabile al posto di altri grassi animali e vegetali. Nell’industria alimentare però si usano processi di chiarificazione o di idrogenazione, che comportano la formazione di fattori potenzialmente più aterogenici, tipo acidi grassi trans, o un aumento della componente satura. In conclusione, in pediatria è indubbiamente più opportuno scegliere prodotti che contengano l’olio di oliva, ma, ove questo non sia possibile, si può considerare l’olio di palma un’alternativa accettabile e anzi preferibile ad altre, purché, sulla base delle etichette, risulti un valore verificabile di acidi grassi trans e saturi.

PARMIGIANO REGGIANO: UN FORMAGGIO ANTICO DALLE NUOVE QUALITÀ NUTRIZIONALI Moderatore: Sergio Bernasconi

16.30

Da un territorio particolare un prodotto antico ma ancora da conoscere w Leone Arsenio - Presidente ADI Regione Emilia Romagna w Marco Nocetti - Responsabile Servizio Tecnico Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano

I

l Parmigiano Reggiano è ottenuto da latte prodotto esclusivamente nella piccola zona tipica (senza l’uso di insilati per l’alimentazione delle bovine che viceversa assumono razioni ricche di fieni). Qui, a partire da latte crudo, avviene la trasformazione basata su parametri di processo che garantiscono un trattamento equivalente alla pastorizzazione nei confronti di eventuali microrganismi patogeni. È escluso l’uso di alcun conservante e di starter industriali. La stagionatura minima è di 12

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mesi. Caratteristiche nutrizionali: proteine (33%) e grassi (28,4%); le prime di elevato valore biologico sono caseina, peptidi e aminoacidi liberi, assorbiti in modo lento, accelerato e veloce. Gli acidi grassi (AG) saturi sono in buona parte costituiti da AG a catena corta e media, facilmente assorbiti, e dai CLA, inibitori della carcinogensi, antiossidanti e modulatori metabolici e immunitari. Gli AGS sono stati recentemente rivalutati e considerati protettivi verso le patologie metaboliche. Tra le vitamine rilevanti le vitamine B2, B6, B12 e A: 100 g coprono circa il 25% del fabbisogno di B2 e il 70% di B12. Elevato il calcio (1.159 mg/100 g) sotto forma di lattato, altamente disponibile, con effetto anti-fame. È lactose free sulla base dei criteri definiti dalla Commissione Europea. Il confronto fra la prima Piramide-Guida, formulata negli anni Novanta, e l’ultima versione ha rivalutato latte e formaggi, passando dal terzo su quattro livelli (alimenti sconsigliati, da ridurre) al secondo su sei (alimenti consigliati, da consumare giornalmente), perché ridurrebbero la mortalità.

17.00

Ruolo del Parmigiano Reggiano nella modulazione del microbiota intestinale w Lorenzo Iughetti - Direttore UOC di Pediatria, Università di Modena e Reggio Emilia

È

noto che nel corso della maturazione del Parmigiano Reggiano (PR) avvengono processi proteolitici da cui si forma una varietà di peptidi, la cui composizione varia nel corso della stagionatura. Questi peptidi presentano attività biofunzionali positive (antipertensive, antimicrobiche, oppioidi, ecc.) ed è stato ipotizzato che possano esercitare un’azione anche a livello intestinale, modulando la composizione del microbiota commensale. È stato oggetto di studio l’effetto sulla crescita e l’attività di batteri benefici quali bifidobatteri e lattobacilli, dei peptidi contenuti nel PR, una volta sottoposti a un trattamento di digestione simulata. I dati ancorché parziali configurano un effetto prebiotico e contribuiscono a spiegare l’effetto positivo della terapia nutrizionale a base di PR nel trattamento di gastroenteriti in età pediatrica. In effetti i bambini con una gastroenterite non grave possono essere gestiti a domicilio in primo luogo attraverso la somministrazione di soluzioni reidratanti orali e quindi con la rialimentazione, in base all’età, dopo circa 4-6 ore dall’inizio della reidratazione. Accanto a questi 2 presidi fondamentali, allo scopo di ridurre la severità e la durata della diarrea, sono stati utilizzati i probiotici che aumentato il numero di batteri “protettivi” ripristinando la situazione di disbiosi indotta dall’agente eziologico e agendo attraverso diversi meccanismi biologici, come secrezione di muco dalle cellule di goblet, modulazione della funzione di barriera epiteliale, attivazione della risposta adattativa. Se per i probiotici vi sono le raccomandazioni della Società europea di gastroenterologia, per i prebiotici gli studi non sono ancora sufficienti per essere raccomandati dalle società scientifiche. Il parmigiano reggiano, un alimento già utilizzato con efficacia presso la nostra Clinica fin dagli anni ’80 nelle diete dei bambini affetti da patologie del tratto gastroenterico, è dotato di particolari caratteristiche che rendono conto del suo effetto. Il suo uso era giustificato infatti dalla sua tipica composizione chimica; il suo contenuto proteico (circa il 33%) consistente in un alto contenuto di aminoacidi facilmente assorbibili e oligopeptidi, e lipidico costituito da trigliceridi a catena media e corta anch’essi facilmente assorbibili e quindi fonte di energia immediata, unito all’assenza di lattosio lo rendevano un alimento simile agli idrolizzati proteici senza lattosio con alto apporto nutrizionale, particolarmente appropriato. Comunque accanto a queste caratteristiche che di per sé giustificherebbero il suo uso durante la rialimentazione nelle patologie gastroenteriche, il parmigiano reggiano potrebbe esplicare il suo effetto anche perché potrebbe essere considerato un functional food. Infatti contiene numerosi oligosaccaridi derivati da quelli presente nel latte di mucca e dai processi fermentativi durante il processo di produzione; e gli oligosaccaridi sono considerati a tutti gli effetti dei prebiotici. I prebiotici sono sostanze che stimolano selettivamente la crescita e l’attività di ceppi batterici già presenti nel corpo come bifidobatteri e lattobacilli che sono, nell’ambito del microbiota, quelli “protettivi” e promuovono la risposta immune.

17.30

Azioni sul sistema immunitario w Roberto Berni Canani

18.00

Azioni sul metabolismo osseo w Maria Luisa Brandi - Dipartimento di Chirurgia e Medicina Traslazionale, Università di Firenze, Firenze

U

na dieta sana e nutriente è una delle basi fondamentali per assicurare ossa sane e forti in ogni età della vita. Durante l’infanzia e l’adolescenza una buona nutrizione è indispensabile per assicurare il raggiungimento del picco di massa ossea, riducendo la vulnerabilità dell’osteoporosi durante la vita successiva. Ma il detto “non è mai troppo tardi” è molto appropriato per la salute dell’osso attraverso l’alimentazione, perché una dieta sana, che contenga giuste quantità di calcio,

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di proteine e di calorie, è importante non solo nell’infanzia e nel l’adolescenza, ma anche nell’età adulta e nell’anziano ancor più se fratturato, in un continuum che ci accompagna dal primo all’ultimo giorno della vita. Ma se esistono raccomandazioni codificate dagli Istituti della Nutrizione nel mondo, ancora queste vengono disattese dai più e a tutte le età. Cosa sta accadendo? Dobbiamo domandarcelo e combattere miti e false credenze, che purtroppo ci portano a non costruire o a perdere minerale osseo nella più assoluta indifferenza generale, in uno scenario che vede una progressione dell’incidenza delle fratture da fragilità, che a breve rappresenteranno un problema irrisolvibile. Nella presentazione verranno discussi questi punti e presentati dati a favore del Parmigiano Reggiano come l’alimento ideale per la salute dello scheletro.

18.30

CHIUSURA DEI LAVORI

z 6 MAGGIO 2016 NUTRIZIONE E SPORT NEL BAMBINO E NELLA DONNA

Moderatore: Antonio Paoli

09.00

Sport e ormoni w Annamaria Mattei - Professore Scuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia, Università degli Studi di Milano

L

a salute femminile è strettamente dipendente da un corretto stile di vita che prenda in giusta considerazione anche un’attività fisica regolare e adeguata. Alcuni momenti della vita femminile però richiedono una particolare attenzione e i programmi di attività fisica e sportiva devono perciò essere correttamente modulati; un eccesso di esercizio fisico e/o programmi di allenamento non equilibrati in epoca peripuberale infatti possono comportare rallentamenti dello sviluppo somatico e disordini del ciclo mestruale fino all’amenorrea. È noto che adolescenti impegnate a livello agonistico nella ginnastica ritmica, con un minore indice di massa corporea e minore quantità di grasso rispetto a ragazze della stessa età non allenate, presentano un ritardato sviluppo del normale pattern puberale con un menarca posticipato anche di 1.5-2 anni. Lo sport mal gestito nel periodo peripuberale può influenzare dunque negativamente la maturazione funzionale dei neuroni ipotalamici GnRH secernenti, alterando la conseguente secrezione pulsatile di FSH ed LH e la regolare funzione della gonade femminile. In questi soggetti si evidenziano le conseguenze endocrine di uno squilibrio del bilancio energetico che portano a ipoglicemia nelle 24 ore, riduzione dei livelli di estrogeni, bassi livelli plasmatici di insulina con elevati livelli di proteina di trasporto della IGF-I (IGFBP-I), perdita del ritmo circadiano della leptina e bassi livelli di FT3. Un corretto apporto alimentare in questa fascia di età, coadiuvato da un programma di attività fisica ben bilanciato può non solo salvaguardare la salute fisica e l’integrità dell’asse ovarico, ma anche stabilire le giuste basi per una corretta ovulazione a tutela della futura fertilità.

09.25

Sport femminile e nutrimento nelle atlete w Diletta Ghiglione - Biologa Nutrizionista, Referente Settore Sportivo dNa Milano

I

l corpo femminile possiede caratteristiche diverse da quello maschile, mediamente meno chili di peso, più massa grassa, meno massa magra e un assetto ormonale differente; unitamente a ciò occorre tener conto delle diverse fasi della vita di una donna che sono metabolicamente diverse fra loro e richiedono un’attenzione particolare anche dal punto di vista nutrizionale. Un problema frequente nella donna sportiva è la “triade della donna atleta” che si presenta con amenorrea, osteoporosi e disturbi del comportamento alimentare: come nutrirsi per prevenirla? Carboidrati, proteine, lipidi, acqua, vitamine e sali minerali: quali, quanti e perché. L’attività fisica causa un aumento di ROS soprattutto nei tessuti che durante l’esercizio sono sottoposti a maggiore perfusione di sangue; è accertato che bassi livelli di ROS sono fisiologici e funzionali all’attività muscolare, ma quando superano una certa soglia causano fatica e debolezza; insieme con i sistemi antiossidanti endogeni alcuni elementi presenti negli alimenti possono aiutare a evitare i problemi causati dai radicali liberi. Cronobiologia e nutrizione: grande importanza riveste la ripartizione calorica e nutrizionale nella giornata soprattutto nei pasti pre e post attività, che verrà valutata in base all’età, alle caratteristiche del soggetto e al tipo di sport, unitamente agli obiettivi da perseguire.

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09.50

Sport e nutrimento al femminile in età fertile w Valeria Mantegazza - Specialista in Ostetricia e Ginecologia

L

a donna sportiva deve necessariamente seguire una dieta adeguata, che copra i fabbisogni specifici dello sport, soprattutto come oligoelementi e vitamine. E se la donna sportiva è in età fertile? Allora non dobbiamo dimenticare che quasi il 50% delle gravidanze non sono programmate: pertanto, sarà necessario alimentarsi con cibo sano e nutritivo e integrare con nutraceutici, laddove necessario, per assicurare al momento del concepimento una piena copertura dei fabbisogni specifici della gestante. È importante considerare che lo sport può provocare acidosi metabolica tissutale: da qui la necessità di nutrirsi con una dieta antinfiammatoria e basificante, che non può che giovare a un’eventuale gravidanza. Per concludere: sì allo sport in gravidanza, purché sia un’attività lieve moderata, in gravidanza non complicata e con un programma nutrizionale ad hoc.

10.15

Sport e alimenti in fase procreativa, in gravidanza e allattamento w Samantha Di Geso - Biologo Nutrizionista, Responsabile Studio medico interdisciplinare Nutrizione e Psicologia dNa Milano

L

a madre ha un ruolo fondamentale nella corretta costruzione della futura vita prima ancora di rimanere incinta. I nutrimenti assorbiti dalla mamma sei mesi prima di rimanere incinta, infatti, formeranno quel complesso di nutrienti che costituirà la prima fonte di approvvigionamento del feto e non nasce un bambino sano da mamma infiammata. Le infiammazioni crescono ogni giorno di più e l’aumento di malattie, ma anche solo di allergie e intolleranze, ci dimostra che stiamo andando in una direzione poco consona a un benessere fisico. Compito della donna, ancor più dell’uomo, è di mangiare sempre bene, poiché dal caos non può nascere l’ordine e la salute. Nella donna sportiva, in cui lo stato infiammatorio è ben più presente, l’alimentazione gioca un ruolo ancora più importante, disinfiammante oltre che nutriente. La consapevolezza del ruolo fondamentale ricoperto dall’alimentazione in gravidanza deve esserci anche e con più attenzione nella donna sportiva. Una dieta equilibrata assicura alla madre e al feto l’energia e i nutrienti necessari per mantenersi e crescere in buona salute, ma per farlo non possiamo parlare di calorie o grammi. Dobbiamo pensare al cibo come materia viva, che deve donarci vita, e per farlo dobbiamo ben conoscerlo e apprezzare tutte le caratteristiche chimiche e fisiche. Mangiare bene è un’arte, la procreazione una magia, ma mangiare bene per procreare è un dono. Ormai i ginecologi ci hanno fatto capire che non si mangia per due in gravidanza, ma si deve mangiare semplicemente meglio per non rischiare di mettere così tanti chili da avere difficoltà al parto. Ma in un universo di vitamine, sali minerali, micronutrienti, macronutrienti, proteine, carboidrati come orientarci? Come scegliere? Come sarà opportuno alimentarsi affinché la donna sia sanamente pronta per il futuro da costruire? Qual è il passaggio tra nutrimenti e alimenti? In quali alimenti si trovano “ancora” i nutrimenti che servono?

10.40

Nutrimento e attività fisica come prevenzione oncologica femminile w Anna Villarini - BScD, PhD, Dipartimento di Medicina Predittiva e per la Prevenzione, Unità Complessa di Epidemiologia Eziologica e Prevenzione, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori

I

risultati dei grandi studi prospettici pubblicati a partire dalla seconda metà degli anni ’90 confermano che dopo la menopausa le donne con più alti livelli plasmatici di ormoni sessuali, sia androgeni sia estrogeni, hanno un rischio aumentato di cancro della mammella. Prima della menopausa più studi prospettici hanno evidenziato un alto rischio associato ai livelli sierici di IGF-I, e alcuni una condizione di iperandrogenismo associata a insufficienza luteinica. Ci sono poi segnalazioni di una relazione con i livelli di insulina basale, di glicemia, di trigliceridemia, che, insieme agli studi sull’associazione con l’obesità (postmenopausale), la distribuzione centrale del grasso corporeo e l’aumento di peso in età adulta, suggeriscono che le alterazioni ormonali ad alto rischio siano l’espressione di una sindrome metabolica legata alla dieta occidentale. L’insulina, infatti, stimola la sintesi ovarica di androgeni e inibisce la produzione epatica di SHBG e di IGFBP1 e 2, aumentando cosi la biodisponibilità sia degli ormoni sessuali sia dell’IGF-I, che cooperano a stimolare la proliferazione delle cellule mammarie. Alti livelli plasmatici di IGF-I sono associati prospetticamente al rischio di vari altri tumori, fra cui ovaio, colon, prostata. Studi clinici controllati hanno dimostrato che riducendo il consumo di alimenti ad alto indice glicemico e di grassi saturi, e aumentando contemporaneamente il consumo di cibi tradizionali a base di cereali integrali, verdure e legumi, e facendo un’attività fisica regolare è possibile ridurre la resistenza insulinica e la biodisponibilità di ormoni sessuali e di IGF-I. Ci sono inoltre molti indizi che i fattori associati al rischio di sviluppare un cancro mammario siano anche associati al rischio di recidiva: il sovrappeso, l’aumento di peso durante la chemioterapia adiuvante e i livelli plasmatici di testosterone, insulina, estradiolo e glucosio.

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11.05

Nutrimento e sport in Women’s Aging w Sabrina Anna Nervi - Specialista in Ostetricia Ginecologia, Uroginecologia, Urodinamica, Uroriabilitazione, Medicina Sistemica Funzionale Integrata, Endocrinologia Immunologica Omeopatia, Fitoterapia, Isoterapia Sanum SAT Terapia, Presidente dell’Associazione Claudio Nervi onlus per lo studio ricerca e divulgazione in medicina integrata biologica

F

are sport fa bene a qualsiasi età, ma farlo male, facendoci del male, è un attimo! Cosi come la scarsità di movimento porta all’evincere o all’aggravarsi di patologie cronico degenerative metaboliche cardiovascolari e decadimento neuro-sistemico; così come l’eccesso di attività sportiva può provocare, dopo una certa età, una sommatoria di eventi ossidativi che devastano il nostro sistema di tolleranza vitale, perturbandolo e accelerando l’invecchiamento stesso. La virtù sta nel mezzo. Valuteremo la preziosità del cibo e in particolare di alcuni macro e micronutrienti essenziali per il nostro sistema vitale e della salute (zinco, selenio, rame, magnesio). L’imprescindibile condizione di vivere l’ambiente esterno (sport in palestra o all’aria aperta) e la vera funzione biologica della vitamina D quale risorsa di lunga vita. Sport singoli o di squadra (il segreto della serotonina e melatonina). Uno sguardo al supporto idrico: acqua quanta, come e quale scegliere. E ultimo non ultimo, la necessità più scontata e quasi dimenticata: la respirazione, come non respiriamo e come si deve respirare, pensandoci. Una fulgida, ma accorata indicazione verso la via della buona salute e longevità.

11.30 11.45

BREAK Una buona alimentazione per una buona pratica sportiva nell’età evolutiva w Antonietta Marchi - Professore Dipartimento di Scienze Pediatriche, Centro di Medicina dello Sport, Università di Pavia

L’

alimentazione è fondamentale per chi pratica sport e va di pari passo con l’allenamento. Ciò che mangiamo influenza il rendimento di un allenamento e di una prestazione. Un’alimentazione errata, troppo carica o troppo scarica può danneggiare a lungo andare la salute dell’atleta. Se questo vale per tutti, è ancora più fondamentale per i soggetti in età evolutiva. Lo scopo della giusta attività sportiva abbinata a una corretta alimentazione è quello del mantenimento della salute psicofisica. Il giovane atleta non deve essere sottoposto a sacrifici e a diete stravaganti e punitive. Deve poter ricaricare quanto speso. Provate voi a partire per un lungo viaggio con il serbatoio vuoto. Ciò che mangiamo deve comprendere i seguenti punti affinché il nostro corpo e i nostri muscoli possano funzionare correttamente ed efficacemente: • Benzina (calorie); • Protezione (vitamine, minerali, fibre…); • Regolazione termica (acqua); • Ricostruzione (proteine). L’alimentazione giornaliera dipende anche dall’ambiente culturale, sociale, geografico, economico. I consigli che il medico sportivo pediatra può dare in questo caso ai genitori riguardano principi base da seguire nell’avviamento del ragazzo all’attività fisica. Fonti Caloriche Giornaliere: 50-60 % carboidrati, 30% grassi (quelli che fanno bene!), 10-20 % proteine. Linee guida - Colazione: la benzina si fa prima di partire, non all’arrivo. Circa il 20% e più delle calorie quotidiane dovrebbe arrivare dalla colazione. È bene che sia ricca e abbondante, anche zuccherina, ma senza esagerare, è anche il momento in cui si può “sgarrare” con quello che si vuole perché si ha tutto il giorno per smaltirlo. La frutta non dovrebbe mai mancare. Pranzo: vario, nutriente, ma leggero. Comprende in maggior quantità carboidrati complessi e verdure, meno proteine. L’olio extra vergine di oliva è un grasso importante e benefico che può essere utilizzato senza esagerare. Il pranzo deve fornire benzina che serva durante gli sforzi fisici per non andare in deficit energetico. Cena: di sera bisogna soprattutto riposare. Consigli pratici: è bene bere frequentemente durante la giornata, non solo a colazione, pranzo e cena, ma anche nelle altre ore; avere una bottiglietta d’acqua a portata di mano permette di fare qualche sorso costantemente, questo è importante perché è meglio bere poco spesso che tanto in un momento solo. (F. Borghi, Corso di Laurea in Scienze Motorie)

12.15

Quale sport per il bambino? Come e cosa scegliere w Giampiero Merati - Professore, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute (SCIBIS), Università degli Studi di Milano

I

l processo di scelta dello sport più adatto per il bambino coinvolge essenzialmente i genitori e, più raramente, gli insegnati scolastici e i medici di famiglia. Altre ragioni organizzative (vicinanza geografica con gli impianti sportivi, orari di disponibilità, attività delle scuole di appartenenza, etc.) possono orientare ulteriormente la decisione. Qualunque sia la scelta, alcuni punti meritano tuttavia particolare attenzione: • l’età di avviamento allo sport è erroneamente sempre più anticipata, per la falsa idea che la specializzazione precoce formi meglio il futuro atleta; • spesso i bambini vengono instradati solo verso lo stesso sport praticato dai genitori; • le caratteristiche fisiche e antropometriche del bambino sono generalmente ignorate e non valutate: ciò può esporre al rischio di inserimento in attività sportive a elevato eteromorfismo individuale (es. calcio o basket a 12-13

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anni), con conseguente rischio di infortuni e abbandono precoce; • come succede nell’alimentazione, si tende a trattare il bambino come un “piccolo adulto”, ignorando le limitazioni indotte dalla crescita a certi tipi di attività fisica; • nelle problematiche particolari, quali la disabilità fisica e psichica, l’obesità, la scoliosi grave, il diabete, etc. la scelta dello sport va ragionata con figure sanitarie professionali particolarmente preparate.

12.45

Strategie terapeutiche per il trattamento dell’obesità infantile: alimentazione e movimento. Le nuove tecnologie w Chiara Mameli - Ricercatore Universitario, Università degli Studi di Milano, Clinica Pediatrica, Ospedale dei Bambini V.Buzzi, Milano

L’

obesità è uno dei più seri problemi di salute pubblica, tanto da assumere le caratteristiche di un’epidemia, anche in età pediatrica. Attualmente gli interventi terapeutici che hanno condotto a risultati soddisfacenti sono scarsi. Il progetto COMETA (Controllo METabolico A distanza) nasce dalla necessità di individuare strategie innovative per contrastare l’obesità. Il nuovo sistema sviluppato si compone di un monitor da polso (WM, Model E3®, Empatica, Italy) che registra l’attività fisica in MET e di un’applicazione per smartphone che consiste in una selezione di immagini di alimenti (visual database) suddivisi per tipologia, brand e porzione (MeTeDa, Italy). I dati registrati dal WM e gli alimenti giornalieri consumati inseriti nella APP vengono inviati tramite web a un software centralizzato, gestito dai ricercatori, che valutano l’adeguatezza dell’intake calorico e della composizione della dieta, comparando l’assunzione calorica con il dispendio energetico. Sulla base di quanto registrato, l’operatore invia ogni settimana un SMS al paziente riguardo l’adeguatezza della dieta e dell’attività fisica praticata nella settimana precedente. L’efficacia di questo sistema nel ridurre il peso corporeo è stata recentemente valutata in una popolazione di bambini e adolescenti obesi comparandola con la terapia educazionale standard (life-style interventions) ambulatoriale.

13.15

CHIUSURA DEI LAVORI

ALIMENTAZIONE A BASE VEGETALE

Moderatore: Sergio Bernasconi

09.00

Alimentazione a base vegetale in età pediatrica w Luciano Proietti - Pediatra

N

egli ultimi 40 anni è aumentato il numero di genitori che propongono ai loro figli un’alimentazione a base vegetale, con varie sfumature (vegetariani, macrobiotici, vegani, igienisti). Per comprendere il valore biologico di tali diete e la loro validità nutrizionale in età pediatrica ai fini di un accrescimento staturo-ponderale adeguato abbiamo iniziato, nel 1975, presso l’Auxologia (diretta dal professor Benso) della Clinica Pediatrica di Torino, una ricerca clinica per valutare la crescita e la salute dei bambini alimentati con diete non convenzionali. A oggi abbiamo seguito oltre 10.500 bambini, in prevalenza vegetariani, ma con una recente crescita di vegani, in particolare nei primi 3-6 anni di età. I risultati rilevano un accrescimento staturoponderale comparabile con i bambini a dieta onnivora, con una pressoché assente obesità e scarsa prevalenza di allergie. Sono peraltro frequenti i casi di carenza di vitamina B12, anche nei lattanti al seno, quando la madre è carente. Molto rare invece le carenze di ferro, calcio e proteine. Per la vitamina D non si rilevano carenze almeno nel primo anno, in quanto è codificata e seguita un’integrazione farmacologica per tutti i neonati. Per quanto riguarda la morbilità, in questi bambini si rileva una sensibile riduzione dei casi di febbre e infezioni recidivanti, in particolare otiti, faringo-tonsilliti, tracheo-bronchiti.

09.20

Alimentazione a base vegetale: aspetti ecologico-sociali w Leonardo Pinelli - già Professore Ass. Pediatria, Università di Verona, Segretario Società Italiana Pediatria Funzionale (SIPEF)

I

l mondo industrializzato minaccia l’ambiente. Danni e rimedi discussi da anni. Viene trascurato un fattore fondamentale: l’allevamento di animali per l’alimentazione umana. I fattori principali - Fabbriche di proteine alla rovescia: un bovino consuma 790 kg di proteine vegetali e produce circa 50 kg di proteine. Uso di prodotti chimici: proporzionale allo sviluppo del Paese: Germania, Giappone, Gran Bretagna oltre 300 kg/ ettaro, Italia 104, Cina 35, Messico 22, Bangladesh 7, Nigeria 1. Consumo d’acqua: 70% dell’acqua utilizzata sul pianeta consumato dalla zootecnia e agricoltura, i cui prodotti servono in gran parte a nutrire gli animali d’allevamento. Deiezioni animali: non usate per fertilizzare; Italia 19 milioni di t/anno = popolazione umana aggiuntiva di 137 milioni. Inquinamento dell’acqua maggiore delle fonti industriali. Scarti macellazione: 60% del prodotto. Disboscamento

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e desertificazione: scompaiono 17 milioni di ettari/anno di foreste tropicali; 88% adibiti a pascolo per bovini. Effetto serra e cambiamenti climatici: zootecnia 18% di emissione di gas serra, simile all’industria; settore trasporti 13,5%. Il passaggio alle proteine vegetali offre molti vantaggi,soprattutto in campo energetico. Report Nazioni Unite 2010: consumo di alimenti animali (carne, pesce, latticini) = una delle cause primarie di impatto ambientale, inquinamento, effetto serra e spreco di risorse.

09.40

Ambiente e salute: l’importanza dei contaminanti alimentari in età pediatrica w Renata Alleva - PhD, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, ISDE Italia

V

ivere in un ambiente sano fin dall’età fetale è fondamentale per la salute in età pediatrica e del futuro adulto. Sempre più preoccupanti sono infatti i risultati di ricerche scientifiche che associano l’esposizione ambientale a pesticidi e l’incidenza di patologie sia nel bambino sia nell’adulto, tenendo conto che tra le 200 sostante più tossiche al mondo 90 sono pesticidi attualmente in uso. Per i bambini l’alimentazione è la prima fonte di esposizione a pesticidi; sono molto sensibili alla loro tossicità, a causa degli immaturi sistemi di detossificazione rispetto all’adulto. Le fasi critiche iniziano già nella vita intra-fetale, durante l’allattamento, lo svezzamento e nella prima infanzia, dove l’alimento sano e senza residui di pesticidi, incluso il latte materno, gioca un ruolo fondamentale per la sua salute. Tanto più precoce è l’esposizione tanto maggiore è il danno che può derivarne: oggi sappiamo che esiste una relazione importante tra donne esposte a pesticidi durante la gravidanza, per motivi residenziali e non, e incidenza di patologie nel nascituro, che comprendono anomalie dello sviluppo genitale maschile, diabete. autismo, linfomi. Molte sono le sostanze ambientali che possono interferire col sistema endocrino in età pediatrica e ridurre l’effetto di alcune, come i pesticidi, è una prevenzione importante in questa fascia di età. L’agricoltura biologica è una modalità di coltivare e produrre alimenti senza l’utilizzo di pesticidi sistemici e pertanto è più rispettosa dell’ambiente, delle biodiversità e della salute umana, pertanto sembra una soluzione valida parlando di scelte mirate alla salute ambientale e dell’uomo. Alcuni studi a supporto del prodotto biologico dimostrano che non soltanto è più sicuro perché non ha residui di pesticidi sistemici, ma possiede anche un profilo nutraceutico superiore rispetto a prodotti ottenuti con agricoltura convenzionale e largo uso di pesticidi. Alcuni dati mostrati sui pomodori e sulle fragole evidenziano un elevato contenuto di licopene, vitamina C e fenoli, che vengono prodotti dalla pianta che cresce senza pesticidi sistemici, per attivazione di un metabolismo secondario, e sono potenti antiossidanti. I relatori hanno quindi concluso e concordato che se il bersaglio è la salute è necessario risanare l’ambiente e l’agricoltura biologica e i suoi prodotti sembrano un valido strumento.

10.00

DIBATTITO

10.30

BREAK

I PRIMI MILLE GIORNI DI VITA PER LA SALUTE FUTURA: DALL’EPIGENETICA ALLA PRATICA CLINICA

10.45

Dieta Mediterranea e latte materno

Moderatori: Gian Vincenzo Zuccotti / Fabio Mosca

w Enrico Bertino - Professore, Direttore Unità di Neonatologia, Ospedale Sant’Anna di Torino

L

a nutrizione ottimale, non soltanto per il neonato a termine, ma anche per neonati pretermine, è rappresentata dall’allattamento al seno esclusivo fino a 6 mesi d’età seguito da un’alimentazione complementare e proseguito, se possibile, anche ben oltre il 1° anno di vita. Oggi disponiamo di conoscenze sempre più approfondite in base alle quali è possibile considerare il latte, oltre che un alimento, un sistema biologico “dinamico”. Particolare interesse viene rivolto a specifici fattori bioattivi e immunomodulatori, che possono, fra i vari effetti, non soltanto garantire all’ospite adeguate difese contro le infezioni, ma anche modulare in modo attivo la risposta immunitaria e modificare in modo favorevole la flora batterica intestinale. Inoltre le più recenti evidenze scientifiche mettono l’accento sulla forte correlazione tra l’alimentazione della donna in gravidanza e durante l’allattamento e lo stato di salute del bambino in adolescenza e nell’età adulta. Lo scopo dello studio multicentrico MediDiet, i cui risultati preliminari verranno presentati nella relazione, è valutare in Italia l’aderenza alla dieta mediterranea della madre in allattamento e indagare gli effetti di questo tipo di dieta sulla composizione del latte materno.

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11.05

Alimentazione complementare: ultime evidenze scientifiche e pratica clinica w Carlo Agostoni - Clinica Pediatrica, Fondazione IRCCS Cà Granda Policlinico, DISCCO, Università di Milano

L

a questione delle evidenze scientifiche nel divezzamento è probabilmente solo agli albori. Negli ultimi anni una serie di studi randomizzati su soggetti predisposti sia allo sviluppo di malattia celiaca sia a quello di allergia non ha dimostrato effetti relativi alla tardiva o precoce introduzione del glutine o di alimenti allergizzanti, rispettivamente, sullo sviluppo di malattia. La questione della prevenzione dei fattori di rischio per patologie cronico-degenerative è stata affrontata con ipotesi relative a un ruolo negativo dell’accelerazione della crescita ponderale, di elevati livelli di proteine nella dieta, di un eccesso di grassi saturi a fronte di un basso livello di polinsaturi, soprattutto n-3. A fronte dei risultati suggestivi, va notato che gli elevati tassi di drop out a distanza in tutti questi studi (variabili dal 40 al 70%) ne limitano comunque il significato. Quindi, a fronte delle attuali raccomandazioni, il rispetto di tradizioni e aspettative mantiene -comunque- un valore nella pratica clinica nel periodo dell’alimentazione complementare.

11.25

Il bambino 1-3 anni non è un piccolo adulto: crescita, sviluppo e alimentazione w Silvia Scaglioni - Fondazione De Marchi, Dipartimento di Pediatria, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Milano

N

egli ultimi anni si è sviluppata la cultura della nutrizione e della prevenzione di alcune patologie attraverso una corretta alimentazione. Valutazione dello stato nutrizionale, dieta equilibrata, indice glicemico e accrescimento armonico sono ormai divenuti concetti acquisiti da una parte rilevante di popolazione. È quindi necessario che il pediatria risponda alle richieste di salute e prevenzione che sempre più frequentemente gli vengono rivolte, conosca fabbisogni nutrizionali del lattante e utilizzi parametri di crescita adeguati al proprio paziente. Ciò implica l’acquisizione di conoscenze in campo nutrizionale che, costantemente aggiornate, andranno applicate al bambino sano o malato. Le malattie non comunicabili sono causa di mortalità e disabilità nel mondo e si prevede che la loro prevalenza possa aumentare ulteriormente con l’invecchiamento della popolazione. Gli studi sulla nascita del gusto suggeriscono di stimolare il bambino fino dai primi anni con sapori ben definiti evitando la monotonia. L’anamnesi nutrizionale è imprescindibile per un’efficace educazione nutrizionale, perché consente l’identificazione dei comportamenti corretti da valorizzare e degli errori nutrizionali sui quali si andrà a motivare i genitori al cambiamento. L’educazione nutrizionale è un tema di salute pubblica, dato che le abitudini e le preferenze che si sono formate in età pediatrica tendono a persistere in età adulta.

11.45

Contaminanti alimentari: esposizione precoce, epigenetica e rischi per la salute w Ruggiero Francavilla - Responsabile Gastroenterologia Nutrizione ed Epatologia Pediatrica, Università degli Studi di Bari

I

l problema della salute ambientale dei bambini inizia con i genitori, e le preoccupazioni circa nuove esposizioni iniziano in utero. È interessante ricordare che uno studio americano sulla presenza di contaminanti chimici ambientali in donne gravide ha dimostrato in un campione di 268 donne che tutte avevano dei residui nel liquido amniotico (bifenili, pesticidi, fenoli, idrocarburi policiclici armati e metalli pesanti). I bambini hanno percorsi di esposizione che differiscono da quelli degli adulti a causa della loro dimensione e stadio di sviluppo. I lattanti hanno una superficie in rapporto al volume tre volte superiore a quello degli adulti e nei bambini il rapporto è doppio rispetto a quello degli adulti e hanno sistemi immaturi di detossificazione e soprattutto alcuni contaminanti possono intervenire in fasi note come “finestre di sviluppo” che in realtà sono “finestre di vulnerabilità critiche” capaci di creare rischi specifici e di alterare la normale funzione e struttura dell’organismo in evoluzione. Esempi di “finestre di vulnerabilità critiche” sono rappresentati da: a) barriera sangue-cervello che non è completamente sviluppata nei primi 36 mesi di vita, così sostanze quali piombo, pesticidi e contaminati arrivano prontamente nel sistema nervoso centrale; b) tasso di filtrazione glomerulare che nei neonati è inferiore al 40% di quello degli adulti, rendendo più lenta l’eliminazione di sostanze ad azione tossica. Alla luce di queste considerazioni fisiologiche la normativa europea esige che gli alimenti destinati al consumo dei bambini (fino ai tre anni di vita) non contengano pesticidi; questo è garantito solo dal baby food! La maggior parte del rischio tossicologico deriva dalla dieta. È noto che l’esposizione diretta o indiretta a sostanze, quali i pesticidi, possono avere effetti negativi e preoccupanti sui bambini. Studi su una corte di bambini concepiti, nati e cresciuti in aree destinate all’agricoltura intensiva, hanno dimostrato un rischio sei volte maggiore di avere disturbi pervasivi dello sviluppo e una significativa riduzione delle funzioni cognitive e del quoziente intellettivo. È compito del pediatra aiutare la mamma a evitare questi rischi riprendendo il pieno controllo della dieta del bambino. Nei più piccoli è consigliabile l’uso dei prodotti destinati all’infanzia in quanto sono conformi alla legge e pertanto capaci di prevenire i rischi di contaminazione avendo bassissimi

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livelli di contaminanti e garantendo l’assenza di pesticidi. Ricordiamo alle mamme che il biologico, tanto di moda in questo periodo, non equivale a baby food e non garantisce l’assenza di pesticidi che il vento può trasportare sulle colture biologiche né tantomeno garantisce l’assenza di contaminanti di origine naturale (micotossine). Quanto esposto dà piena ragione al principio di precauzione che deve essere adottato nell’alimentazione infantile. Questo principio è un criterio di azione che, a fronte di potenziali rischi sanitari o ambientali per i quali non si dispone di sufficienti dati scientifici, impegni le autorità pubbliche a fronteggiare la situazione con decisioni proporzionate senza attendere l’acquisizione di conoscenze più consolidate.

12.05

Obesità infantile: la sfida mondiale del “secolo XXL” w Angelo Pietrobelli - Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Verona. Pennington Biomedical Research Center, Baton Rouge, LA, USA

L’

obesità infantile è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una vera e propria epidemia e anche in Italia il problema sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti: tra il 1980 e il 2012 è stato riscontrato un aumento di peso nei bambini di 10 anni pari a 3 kg di media nei maschi e 5 kg di media per le femmine. L’obesità infantile è multifattoriale, legata all’assunzione di grassi saturi, bevande zuccherate, tempo ridotto dedicato all’attività fisica strutturata con grande incremento della sedentarietà. I bambini in sovrappeso corrono il rischio di crescere come adulti malati con problemi di ipertensione, diabete tipo II, dislipidemia, difficoltà respiratorie e problematiche ortopediche, e si parla sempre di più di generazione XXL. Alla luce di tutte queste considerazioni diventa fondamentale la prevenzione: fornire consigli semplici e chiari alle famiglie per ridurre il rischio di sovrappeso e obesità nei bambini fin dalle prime epoche di vita. Studi recenti dimostrano come sia cruciale l’intervento immediato ed evidenziano come i primi 1000 giorni di vita (dal concepimento ai due anni) rappresentano una finestra unica per impostare uno stile di vita corretto. Infatti lo sviluppo del bambino è programmato sin dallo sviluppo fetale. Ecco quindi le 10 buone abitudini nei primi 1000 giorni per prevenire sovrappeso e obesità: 1. Avere una dieta bilanciata sia per la mamma sia per il papà prima del concepimento. 2. Prediligere l’allattamento al seno il più a lungo possibile. 3. Monitorare la crescita in gravidanza e nei primi anni di vita. 4. Iniziare il divezzamento tra il 4° e il 6° mese. 5. Frutta e verdura in varietà per sane abitudine fin dai primi anni. 6. Rispettare l’appetito del bambino e non esagerare con le porzioni. 7. Limitare le proteine animali e introdurre il latte vaccino dopo il primo anno di età. 8. Scegliere i grassi “buoni”, per esempio quelli del pesce e olio extra vergine di oliva. 9. I genitori devo essere dei modelli per il bambino. 10. Promuovere l’attività fisica e un sonno regolare. Alla luce di quanto enunciato si evince la necessità di promuovere a livello di comunità queste semplici regole di buona salute e corretta nutrizione per poter combattere l’epidemia di obesità infantile. (Caterina Tosi - Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Verona. Pennington Biomedical Research Center, Baton Rouge, LA, USA)

12.25

La dieta vegetariana nei primi mille giorni di vita w Francesca Penagini - Clinica Pediatrica, Ospedale Luigi Sacco, Università degli Studi di Milano

N

ei primi mille giorni di vita è fondamentale un adeguato apporto alimentare per soddisfare le esigenze di un organismo in rapida crescita sia somatica sia cerebrale. Durante questa fase, le diete vegetariane (latto-ovo-vegetariane, semi-vegetariane e vegane) possono essere adeguate e salutari purché siano ben pianificate, per evitare il rischio carenziale. Tra i macronutrienti critici troviamo le proteine, che sono presenti in numerose fonti vegetali, ma caratterizzate da un minor valore biologico per l’assenza di alcuni aminoacidi (aminoacidi limitanti) e la minore digeribilità. Per superare questo limite è utile combinare più fonti vegetali insieme, per esempio cereali e legumi, che hanno una composizione aminoacidica complementare. Tra i micronutrienti più a rischio nelle diete vegetariane, vi è la vitamina B12, contenuta esclusivamente in alimenti di origine animale; una carenza di tale vitamina può causare anemia megaloblastica e complicanze neurologiche potenzialmente irreversibili se non diagnosticate e trattate prima dell’anno di vita. È quindi raccomandata l’assunzione di questa vitamina sottoforma di integratore. Altri micronutrienti critici sono ferro, zinco, calcio e vitamina D, ma esistono delle strategie alimentari per ridurre al minimo il rischio di deficit. È fondamentale una figura esperta in nutrizione che sia in grado di fornire indicazioni precise e corrette per la pianificazione iniziale e il monitoraggio di squilibri o carenze nel corso degli anni. Infatti, sia la pianificazione che il counselling nutrizionale sono due momenti essenziali per evitare il rischio di carenze quali l’insufficiente apporto di alcuni macro e micronutrienti.

12.45

DIBATTITO

13.00

CHIUSURA DEI LAVORI

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C

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Con il patrocinio di:

Adult

Responsabile: Prof. Michele Carruba

Direttore del Centro Studi e Ricerche sull’Obesità, Università degli Studi di Milano

z 5 MAGGIO 2016 OBESITÀ E DIABETE

Moderatori: Antonio Caretto / Michele Carruba

13.50

INTRODUZIONE: Position Paper sull’obesità

w Michele Carruba

14.00

EASO: Milan Declaration

w Gema Frühbeck - Dept. of Endocrinology & Nutrition, Clínica Universidad de Navarra; Obesity and Adipobiology Group, Instituto de Investigación Sanitaria de Navarra (IdiSNA); CIBEROBN, ISCIII, Pamplona, Spain

T

he 2015 Milan Declaration follows up on the Original Milan Declaration made at the Milan European Congress on Obesity in 1999, that called for recognition of and concerted action to combat obesity. Signed by the heads of the obesity associations in all 32 nations that form EASO, the Declaration called for action to: Recognise that - individuals and communities who are obese require understanding, respect and support; - overweight and obesity are major causes of ill health which present huge social and economic burdens to European states; - obesity, beyond being in some cases a highly disabling and fatal disease per se, represents a major contributor to non-communicable diseases (NCDs); - by prioritising the prevention and management of obesity, health agencies can cost effectively reduce the burden of NCDs (particularly if management is commenced early in life). Prioritise - obesity as a national health action, by developing, supporting and implementing national strategies for action on obesity. These strategies must prioritise medical education (undergraduate and health care professionals) and public information campaigns; - the identification of critical unmet needs in obesity research, clinical care, education and training and other areas that have yet to be adequately addressed. Adopt and promote a multi-stakeholder approach to identifying and implementing practical solutions for tackling obesity. Support national and European research that will inform and develop new and effective prevention and management strategies, thus delivering real societal benefit. At this special event held at the EXPO2015 in Milan by The European Association for the Study of Obesity (EASO), the Italian Society for the Study of Obesity (SIO) and the Center for Study and Research on Obesity (CSRO) of University of Milan, a special statement from EASO’s Patient Council, which analyses the social and societal challenges posed by the obesity epidemic was also presented calling for acceptance, respect, recognition, an impartial discussion, shared responsibility, and an end to stigmatisation of people who are obese.

14.30

Impatto sociale dell’obesità w Paolo Sbraccia - Ordinario di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Presidente della Società Italiana dell’Obesità (SIO)

I

n Europa la prevalenza di obesità è triplicata in molti Paesi rispetto agli anni ’80 e continua a crescere a un ritmo preoccupante, soprattutto fra i bambini. E se oggi metà della popolazione è in sovrappeso o obesa, le proiezioni dell’OMS per il 2030 danno un quasi raddoppio della prevalenza di obesità che sommata al sovrappeso, costituirà circa il 70% della popolazione. Tutto questo si traduce in un costo individuale, sociale, sanitario ed economico che presto rischia di divenire insostenibile.

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Secondo l’OMS “l’obesità rappresenta per l’Europa una sfida sanitaria pubblica senza precedenti, finora sottostimata, scarsamente valutata e non perfettamente accettata come problema governativo strategico associato a notevoli implicazioni economiche”. L’obesità è al contempo problema clinico, con le sue molteplici comorbosità e complicanze, e sfida socio-culturale; problematica psicologico-psichiatrica e disturbo nutrizionale; problema riabilitativo e problema di sanità pubblica. L’obesità è anche certamente il principale contributore all’aumento incontrollato delle malattie non trasmissibili, vera sfida dei sistemi sanitari nel prossimo futuro. Certamente il mondo sta vivendo una trasformazione epocale di tipo demografico, sociale, economico e ambientale. L’epidemia dell’obesità e delle malattie non trasmissibili, insieme all’invecchiamento della popolazione, minaccia seriamente i sistemi sanitari. Per avere successo nel fronteggiare questa sfida bisogna pensare in modo diverso dal passato ed essere in grado di concepire politiche più aggressive e coraggiose.

15.00

Il Manifesto delle Criticità in Nutrizione Clinica

w Lucio Lucchin - Professore a contratto, Direttore UOC. di Dietetica e Nutrizione Clinica, Comprensorio Sanitario di Bolzano

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e conseguenze della diffusione epidemica di errati stili di vita, che coinvolge non meno di 17 milioni di italiani per una spesa della comunità non inferiore ai 30 miliardi di euro all’anno (trend in crescita), rischiano di andare fuori controllo in pochi anni. Il “Manifesto delle Criticità in Nutrizione Clinica e Preventiva. Le prime 10 sfide italiane 2015-2018” (www.manifestonutrizione.it) è stato elaborato e sottoscritto da 19 Società Scientifiche, 12 Università, 6 Fondazioni e Centri di Ricerca e 14 Associazioni di cittadini in occasione di EXPO 2015. Il suo razionale consiste nella progressiva espansione delle problematiche nutrizionali e consapevolezza che possono essere contrastate dal solo approccio globale (sanitario e socio-culturale), a maggior ragione in periodi di recessione in cui le risorse vanno allocate secondo criteri di priorità. Inoltre vi é un’inadeguata organizzazione dei servizi pubblici dedicati. Gli obiettivi: attivare un’ampia riflessione scientifica, sensibilizzare gli italiani, sottoposti a una crescente e confondente pressione mediatica, fungere da strumento operativo d’indirizzo istituzionale e proporre soluzioni sostenibili. Il ministero della Salute ha infatti attivato uno specifico Tavolo Tecnico con il compito di fornire proposte organizzative fattibili, che terminerà i lavori nel luglio 2016.

15.30

Diabesità

w Antonio E. Pontiroli - Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Milano, Ospedale San Paolo, Milano

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tiamo assistendo a un’epidemia di obesità nel mondo, tanto che l’OMS calcola che nel 2030 i due terzi delle malattie saranno del tipo non comunicabile, e in maggioranza legate alla (mal)nutrizione (per eccesso). Numerose evidenze mostrano che esiste un nesso almeno di tipo epidemiologico tra epidemia dell’obesità e epidemia del diabete tipo 2. Anche la durata dell’obesità aumenta il rischio di diabete tipo 2. Altri studi quantizzano il rischio di diabete tipo 2 legato al sovrappeso e all’obesità; studi meccanicistici pongono un nesso causale tra ipertrofia/iperplasia del tessuto adiposo, secrezione di molecole di natura flogistica, e sviluppo di alterazioni di secrezione e resistenza insulinica. Anche se il patrimonio genetico degli individui è di sicura importanza nel determinare la protezione dal diabete e la predisposizione al diabete, appare più rilevante il peso delle abitudini di vita. Di converso, è significativo che le misure più efficienti di prevenzione del diabete tipo 2 sono rappresentate dalla perdita di peso. Per quanto riguarda la terapia del diabete tipo 2, ancora la riduzione del peso corporeo appare come la misura più efficace, almeno nell’indurre la risoluzione della sintomatologia. La perdita di peso intenzionale è efficace nell’indurre una migliore sopravvivenza, anche se la sua efficacia si perde nel tempo. La chirurgia bariatrica migliora la sopravvivenza nell’obesità non complicata da diabete, e studi recenti indicano un effetto molto simile anche nei pazienti obesi affetti da diabete tipo 2.

16.00

Organizzazione e assistenza del paziente obeso nel Ssn w Carlo Maria Rotella - Professore Ordinario di Endocrinologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università di Firenze

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econdo gli Standard italiani per la Cura dell’Obesità S.I.O./A.D.I. 2012 / 2013, aggiornati e tradotti in lingua inglese nel 2016, l’organizzazione e l’assistenza del paziente obeso nel SSN Italiano si articola i 4 livelli. Primo Livello. I servizi di cure primarie, e in particolare il medico di medicina generale, hanno il compito di effettuare lo screening, riconoscere i fattori di predisposizione, di sorvegliare e valutarne l’evolutività, di valutare le condizioni generali clinico-funzionali e psicologiche, di valutare la motivazione al cambiamento, di effettuare interventi di correzione degli stili di vita sbilanciati, di effettuare la terapia farmacologica delle eventuali complicanze, di inviare, laddove necessario, i pazienti a strutture specialistiche in cui sia possibile attuare tempestivi livelli di cura pluridisciplinari integrati. Secondo Livello. Si dovrebbe basare sullo sviluppo di un team

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di gestione clinico-assistenziale per pazienti affetti da obesità. Sarebbe auspicabile lo sviluppo di reti assistenziali in cui siano presenti servizi di cure primarie e strutture specialistiche. Queste ultime, articolate in strutture ambulatoriali, dovrebbero poter disporre di équipe interdisciplinari costituite da medici con competenze ed esperienze specifiche nel campo della valutazione e del trattamento dei disturbi dell’alimentazione e dell’obesità (internista, endocrinologo, dietista, psicologo, psichiatra). Di fatto per carenze di investimenti e di strutture questo livello non è operativo. Terzo Livello. Prestazioni erogate presso Ospedali delle AS territoriali. Programmi erogati in regime di degenza specialistica. BMI ≥ 45 kg/m2 anche in assenza di complicanze documentate; BMI ≥ 35 kg/m2 in presenza di comorbilità; BMI ≥ 40 kg/m2 già in trattamento ambulatoriale senza risultati significativi. Prestazioni erogate presso Ospedali delle AS territoriali: il ricovero in regime di acuzie è da considerarsi appropriato: a) indipendentemente dal livello di obesità, in presenza di condizioni patologiche che mettano il paziente a rischio di vita a breve termine; b) nei casi di obesità di grado intermedio ed elevato, qualora siano presenti comorbilità in condizioni di scompenso clinico e richiedenti un’intensità di cure non realizzabile in ambito ambulatoriale o non realizzabile con i tempi e l’efficacia da queste richieste; c) nei casi di obesità di grado elevato con comorbilità sospette o accertate, ovvero con disabilità significativa che richiedano, per la loro diagnosi e la definizione dell’intervento terapeutico-riabilitativo, di accertamenti non effettuabili ambulatorialmente o valutazioni multidisciplinari complesse. Prestazioni erogate presso Ospedali delle AS territoriali. Riabilitazione metabolico-nutrizionale-psicologica (RMNP) in regime semiresidenziale o residenziale. Negli ultimi anni si è resa più evidente la relazione, indipendente dalla presenza di patologie croniche, tra BMI e diversi gradi di disabilità. La Consensus SIO-SISDCA 2009 ha anche proposto uno strumento per la valutazione dell’appropriatezza dell’accesso in riabilitazione metabolico-nutrizionale: la Scheda SIO di Appropriatezza della Riabilitazione Metabolico Nutrizionale Psicologica del paziente obeso (SSA-RMNP-O) è disponibile sul sito della Società www.sio-obesita.org. Quarto Livello. Centri di eccellenza che si trovano solo in alcune strutture Ospedaliere Complesse che devono avere determinati requisiti: 1) Professionali. 2) Strumentali. 3) Strutturali. 4) Territoriali. Questi centri, che sono rivolti a pazienti con forme gravi e resistenti alla terapia, sono in numero inferiore alle esigenze territoriali e hanno una distribuzione disomogenea sul territorio nazionale.

16.30

Aspetti nutrizionali della terapia dell’obesità

w Mario Parillo - Responsabile UO Geriatria Endocrinologia e Mal del Ricambio AORN, S. Anna S. Sebastiano, Caserta

L’

obesità è una patologia cronica e quindi lo scopo di qualsiasi trattamento deve prefiggersi non soltanto la perdita di peso a breve termine, ma anche il mantenimento della perdita di peso a lungo termine. L’alimentazione insieme all’attività fisica rappresenta la principale arma per prevenire e curare l’obesità. Purtroppo però la “dieta” rappresenta anche una delle più grandi sconfitte per la persona obesa e per il medico. Una prima domanda quanto peso perdere. Sia i dati di letteratura sia l’esperienza clinica evidenziano come sia difficile mantenere la perdita di peso a lungo termine per cui l’obiettivo non può essere il raggiungimento del peso “ideale”. Sappiamo che una perdita di peso del 5% porta a un miglioramento di diverse alterazioni metaboliche, per cui questo deve essere il primo obiettivo da raggiungere. La difficoltà a seguire la “dieta“ e a perdere peso e l’interesse commerciale hanno portato alla compilazione di numerose diete miracolose. I dati scientifici ci dicono cha la dieta miracolosa non esiste e che i due fattori che possono aiutare a perdere peso sono il deficit energetico e l’aderenza a lungo termine alla dieta. Basandosi su queste premesse e considerando che l’alimentazione, indipendentemente dalla perdita di peso, ha un ruolo importante nella prevenzione e terapia di molte malattie metaboliche e neoplastiche si può concludere che il modello di dieta Mediterranea con restrizione calorica può rappresentare il modello ideale anche per la perdita di peso.

17.00

Terapia cognitivo comportamentale dell’obesità w Arianna Banderali - Medico Psicoterapeuta, Specialista in Scienza dell’alimentazione, Reparto disturbi dell’alimentazione e obesità, Clinica Villa Garda

I

trattamenti dell’obesità a disposizione sono diversi e hanno un’indicazione dipendente dal livello di gravità dell’eccesso ponderale del singolo individuo. Va sottolineato che la terapia farmacologica, il ricovero riabilitativo intensivo e la terapia chirurgica non vadano mai considerati sostitutivi, ma bensì aggiuntive alla modificazione dello stile di vita, che rappresenta la terapia fondamentale per una gestione efficace e salutare dell’obesità. Nei programmi basati sulla modificazione dello stile di vita gli obiettivi sono aiutare gli individui a diventare esperti nel controllo del loro peso -in altre parole, terapeuti del loro problema di obesità- e modificare il loro stile di vita. Per tale motivo il trattamento prevede un coinvolgimento attivo del paziente, che è aiutato a sviluppare specifiche abilità per imparare a modificare il suo stile di vita. I programmi moderni di modificazione dello

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stile di vita includono tre procedure principali: dieta, attività fisica e terapia cognitivo comportamentale. L’efficacia del trattamento dell’obesità basato sulla modificazione dello stile di vita è stata ampiamente valutata dalla ricerca. Il problema principale dei programmi standard di modificazione dello stile di vita è il mantenimento del peso perso. Tuttavia, i programmi di nuova generazione hanno incluso specifiche procedure per prevenire il recupero del peso.

17.30

Terapia farmacologica dell’obesità

w Enzo Nisoli - Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale, Università degli Studi di Milano

L’

impatto della perdita o del contenimento della crescita del peso corporeo sulle comorbidità legate all’obesità e, quindi, sul conseguente aumento del rischio cardiometabolico è stato ben documentato negli ultimi decenni. Sebbene le linee guida cliniche, comprese quelle recenti della Società Italiana dell’Obesità, sottolineino che la modificazione degli stili di vita costituisce il principale approccio alla malattia, molti pazienti non rispondono a tali interventi, oltre a non essere candidabili all’intervento di chirurgia bariatrica. Per questi pazienti la farmacoterapia può rappresentare un’importante opzione terapeutica. Malgrado ciò persistono ancora significative differenze tra la Food and Drug Administration (FDA) e la European Medicines Agency (EMA) nella percezione dei profili di rischio per singoli farmaci, con il risultato che la situazione registrativa degli antiobesità è diversa tra questi Paesi. Due farmaci recentemente approvati dall’FDA, come lorcaserin e fentermina/topiramato a lento rilascio, non sono disponibili in Europa. Al contrario, la combinazione naltrexone a lento rilascio/bupropione a lento rilascio e la liraglutide 3.0 mg sono stati recentemente approvati sia negli Stati Uniti sia in Europa. Questi farmaci si sono dimostrati efficaci nel favorire una perdita di peso clinicamente significativa (riduzioni comprese tra il 5 e il 10% del peso iniziale) e nel migliorare i parametri cardiometabolici. La collaborazione tra classe medica e agenzie regolatorie potrà aiutare sempre di più a alleviare l’epidemia di obesità, personalizzando l’utilizzo di questi farmaci a seconda delle necessità individuali, della presenza di comorbidità e di eventuali problemi di sicurezza.

18.00

Terapia chirurgica dell’obesità

w Nicola Di Lorenzo - MD, PHD, Policlinico di Roma “Tor Vergata”

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a terapia chirurgica dell’obesità nasce in Italia negli anni ’70, con una rapida espansione dagli anni ’90, grazie al diffondersi della laparoscopia, rivelandosi presto l’unica in grado di comportare un notevole calo ponderale e di mantenerlo nel tempo, con un netto miglioramento o la scomparsa delle comorbilità, una maggiore spettanza e migliore qualità di vita, dimezzando gli esorbitanti costi sociali, diretti e indiretti, dell’obesità e delle malattie correlate. Le indicazioni alla chirurgia bariatrica, stabilite dalla Consensus Development Conference del National Institutes of Health (1991), sono: -pazienti opportunamente informati e motivati, con rischio operatorio accettabile e dopo il fallimento di trattamenti non chirurgici; -BMI>40 ovvero tra 35 e 40 con comorbilità ad alto rischio; -pazienti capaci di partecipare a programmi di trattamento e follow-up a lungo termine. Tale chirurgia va effettuata in centri multidisciplinari (chirurghi, anestesisti, psichiatri, nutrizionisti, endocrinologi, endoscopisti, ecc.), a elevati volumi, per offrire al paziente l’intervento a lui più adatto e garantirgli un ottimale follow-up. Gli interventi a oggi più effettuati sono: a) restrittivi: Sleeve Gastrectomy e Bendaggio Gastrico Regolabile; b) malassorbitivi: , minibypass gastrico e varianti, Diversione Bilio-Pancreatica e varianti; c) misti: By Pass Gastrico.

18.30

CHIUSURA DEI LAVORI

z 6 MAGGIO 2016

09.30

DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE Moderatore: Michele Carruba

Epidemiology and prevention of the Eating Disorders w Paul E. Garfinkel - O.C., M.D., FRCP©, Professor of Psychiatry, University of Toronto and Staff Psychiatrist, Centre for Addiction and Mental Health

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or most psychiatric disorders, our classifications and diagnoses are based on syndromes, a constellation of signs and symptoms that co-occur across individuals. These say nothing about etiology or anatomy. For the eating disorders, research over the past 25 years has informed significantly about prevalence in different populations and about risk factors to the disorders,

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but these have had only a modest effect on prevention. The prevalence of these eating disorders has been shown to vary significantly because of methodologic issues: whether it is a community sample, or a clinical one, whether it is based on hospital admissions, urban versus rural settings, or questionnaire versus questionnaire plus interview. Also the diagnostic criteria have varied over time. Nevertheless, in community based studies, there is consistency in the prevalence of anorexia nervosa (AN) full syndrome at 0.5% to 0.6%, and partial syndromes about 1.4%. The lifetime prevalence of bulimia nervosa (BN) is about 1.1%, and partial syndromes account for another 2.3%. In community samples, the frequency of binge eating disorder(BED) has varied significantly between 1 and 5%. In Canada, the figures are close to 3.0%. If you look at those seeking service at weight loss centers, almost one half report binge eating, and about one third meet criteria for BED. Factors related to the distribution of these disorders include: 1) Age; 2) Gender; 3) Social class; 4) People who by career choice have to be exceptionally slim; 5) Acculturation; 6) Competitive athletics. During this same period there has been a great deal learned about the risk factors to these disorders. Keeping in mind the biological, sociocultural, and individual risk factors that may predispose a patient to an eating disorder can aid in early detection and effective intervention. They may also provide an avenue for prevention. Focusing only on primary prevention over 60 studies have been conducted. These have been generally applied to all young females or to populations at heightened risk. Many are psychoeducation based, cognitive dissonance based, or cognitive-behavioural based programs. Other non-specific psychological intervention trials have included multicomponent school based programs, media literacy training, writing tasks, relaxation and yoga. Reviews summarising prevention programs for both universal and at-risk populations indicate the evidence for their effectiveness is modest and not without significant limitations – including the cost and time; and worries that symptoms such as compensatory behavior may be taught. How long benefits endure is a further uncertainty. Meta-analyses of controlled trials indicate prevention programs generally produce large effects on outcomes related to eating disorder knowledge, and only small net effects for other important prevention targets such as reducing exhibited risk factors, changing attitudes and reducing eating pathology. Reducing body dissatisfaction has been the most difficult of all symptoms to change. Certain qualities have been found to enhance the effectiveness of prevention programs: including targeting high risk participants, employing interactive treatment over many sessions, and targeting females 12-15.Speaking to parents or family members about the importance of fostering healthy eating attitudes early is pertinent. There have been specific programs developed for high risk groups such as competitive athletes and diabetics and these can be effective.

10.00

L’immagine del corpo nei DCA w Massimo Cuzzolaro - psichiatra, già Università di Roma Sapienza. Eating and Weight Disorders. Studies on Anorexia Bulimia Obesity - Editor-in-Chief

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ell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa del XX e del XXI secolo un grave disturbo dell’immagine del corpo è probabilmente il nucleo centrale della psicopatologia. Disturbi del rapporto dell’uomo con il cibo e l’alimentazione sono stati descritti anche in epoche remote. Ma solo nel Novecento il problema alimentare si è legato all’immagine del corpo. La prima storia clinica celebre in cui figura questo dato è probabilmente il caso di Nadia, una ragazza con sintomi anoressici descritta dallo psichiatra francese Pierre Janet nei primi anni del Novecento come un caso di “ossessione della vergogna del corpo” (Les obsessions et la psychasthénie, 1903). Un sentimento tormentoso di estraneità e disagio insostenibile per il proprio corpo femminile adulto, sessuato, dominava anche Ellen West, protagonista del caso descritto dallo psichiatra svizzero Ludwig Binswanger in tre successivi articoli fra il 1944 il 1945. La prima descrizione medica di casi che oggi definiremmo di bulimia nervosa è probabilmente il saggio presentato alla Società psicanalitica tedesca il 12 aprile 1932 da Moshe Wulff. Per quanto riguarda i disturbi dell’immagine del corpo, una delle quattro pazienti di Wulff riferiva un grande timore di ingrassare e altre due si vergognavano del loro corpo. Le sindromi psichiatriche non sono entità naturali stabili, ma quadri mutevoli che risentono dello spirito del tempo.

10.30

Aspetti nutrizionali dei DCA w Annalisa Maghetti - Medico Specialista in Scienza dell’Alimentazione. Past President ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica) Sezione Emilia Romagna

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Disturbi del comportamento alimentare sono definiti come “persistenti disturbi del comportamento alimentare o di comportamenti finalizzati al controllo del peso, che danneggiano la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta”. L’aspetto nutrizionale gioca un ruolo fondamentale in tutti i disturbi: la restrizione nell’AN, l’abbuffata e le condotte compensatorie nella BN, le perdite di controllo nel DAI e l’alimentazio-

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ne selettiva nell’ortoressia nervosa, disturbo emergente non codificato. I comportamenti alimentari disturbati dei pazienti vengono vissuti dagli stessi come egosintonici (maggiormente nei casi restrittivi/selettivi) o come egodistonici (per lo più quando sono presenti perdite di controllo/condotte di eliminazione), ma sono in entrambi i casi molto difficili da correggere per i rinforzi positivi che si evidenziano nella prima condizione e per il discontrollo nella seconda. La riabilitazione nutrizionale è finalizzata a ristabilire gradualmente una corretta alimentazione nell’ottica dell’alleanza terapeutica con il paziente affetto da DCA, può avvalersi di diversi interventi nutrizionali e varia in base al modello terapeutico. Alimentazione meccanica, pasti assistiti e training di familiarizzazione con il cibo sono tecniche indispensabili per accompagnare i pazienti verso la guarigione.

11.00

Complicanze endocrine dei DCA

w Francesco Cavagnini - Laboratorio di Ricerche in Neuroendocrinologia, Istituto Auxologico Italiano

S

egnatamente nell’anoressia nervosa, l’apparato endocrino è estesamente coinvolto. L’asse gonadico è contrassegnato da un ipogonadismo ipogonadotropo, responsabile dell’amenorrea pressoché costante in questa condizione. La denutrizione determina una “low T3 syndrome”, con conversione preferenziale della tiroxina (T4) in reverse T3 (rT3), biologicamente inattiva, anziché in T3, finalizzata al risparmio energetico. Allo stato di denutrizione è pure da ascriversi l’incapacità del fegato a produrre somatomedina C, il mediatore degli effetti biologici dell’ormone della crescita (GH), che condiziona nell’adolescente un ritardo della crescita staturale a fronte di livelli circolanti elevati di GH. L’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, possibile espressione dello stato di stress, si traduce in un’esaltata produzione di cortisolo che, insieme all’ipoestrogenismo e al deficit di calcio e Vitamina D, favorisce la comparsa di osteopenia o franca osteoporosi, mancato raggiungimento del picco di massa ossea e predisposizione alle fratture in età adulta, anche a guarigione avvenuta. Nell’anoressia è spesso riscontrabile una forma lieve di diabete insipido, per resistenza periferica all’azione dell’ormone antidiuretico, con conseguente tendenza alla disidratazione. Frequenti, infine, gli squilibri elettrolitici tra i quali è particolarmente temibile l’ipopotassiemia, responsabile di aritmie cardiache talora fatali.

11.30

Complicanze mediche dei DCA

w Giovanni Spera - Professore di Medicina interna-endocrinologia, Università La Sapienza di Roma

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ra i Disturbi del comportamento Alimentare (DCA) va annoverato anche il BED (Bing Eating Disorder) che, comportando obesità annovera tutte le complicanze mediche di questa patologia. Diverso è il caso dei DA (Disturbi dell’Alimentazione) che comportano grave restrizione nell’apporto alimentare e che per quanto differenziabili nelle varie forme quali l’anoressia restrittiva (AN-R) femminile e maschile, binge purging (AN-BP), bulimia, ecc., sono caratterizzati da un corredo di complicanze mediche analogo tra loro. L’Anoressia nervosa è di gran lunga il disordine psichiatrico con più alto indice di mortalità con elevata responsabilità delle complicanze mediche tra le sue cause. A parte le complicanze endocrine, trattate a parte, quelle di competenza internistica possono essere classificate per settori, ma hanno un denominatore comune costituito dalla profonda alterazione della composizione corporea (BC) e del conseguente impatto metabolico e fisiopatologico. Il recupero della corretta BC è anche l’obiettivo della riabilitazione nutrizionale (refeeding) il cui outcome ha come predittori migliori proprio i valori di BC basale (Aguera Z. et. al., PLOS/ONE, 2015). Se non correttamente diagnosticate, alcun complicanze mediche delle forme più gravi di anoressia rischiano la non reversibilità alla riabilitazione (Mehler P. and Brown C. J.E.D: 2015) e il refeedig stesso può rappresentare occasione e causa di complicanze mediche gravi, se non correttamente praticato, quali la classica sindrome legata ai disordini elettrolitici e caratterizzata da convulsioni, pancreatite, insufficienza respiratoria, scompenso cardiocircolatorio, encefalopatia, coma. Le complicanze cardiovascolari vanno dalla bradicardia e ipotensione fino alla morte improvvisa, quelle gastrointestinali dalle dilatazioni disfunzionali gastriche alla disfagie e all’epatite, quelle polmonari dall’enfisema alla dispnea fino alla polmonite ab ingestis e al pneumotorace spontaneo. Meno frequenti, ma non rare, le complicanze dermatologiche (per esempio alopecia), ematologiche (pancitopenia), oculari e neurologiche fino all’atrofia cerebrale. Il trattamento delle complicanze mediche dei DA non può naturalmente prescindere dal trattamento multidisciplinare della patologia psichiatrica di base e dalla compliance da parte dei pazienti alla riabilitazione nutrizionale. Il refeeding, con o senza nutrizione artificiale, risulta efficace se programmato in tempi lunghi, in ospedalizzazione protetta e può prevedere anche trattamenti farmacologici specifici per le singole aree di competenza (psicofarmaci, modulatori della funzione gastrointestinale, cardiovascolari), ma anche l’uso di nutraceutici e protocolli di supplementazione nutrizionale in grado di ripristinare il più rapidamente possibile consistenza e funzione della massa magra (Garber AK. Et al. Int. J. E.D. 2015).

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12.00

Farmacoterapia dei DCA e delle relative comorbidità

w Giovanni Abbate Daga - Professore Associato di Psichiatria dell’Università di Torino, Centro Esperto Regionale DCA

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enché negli ultimi decenni siano stati fatti passi avanti nella cura dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA), a tutt’oggi non vi è ancora un consensus su come trattare farmacologicamente le persone affette da tali disturbi. Le ragioni di tale indeterminazione son molteplici, tra le più note si riconosce: a) la natura ego sintonica del disturbo alimentare, il quale è largamente interconnesso con il profilo di personalità del soggetto affetto b) la sostanziale immodificabilità del nucleo psicopatologico core della distorsione dell’immagine corporea c) il ruolo ricoperto dalla malnutrizione nella resistenza al farmaco d) la compliance bassa nei soggetti affetti da DNA. Ciò premesso, si possono comunque individuare sottopopolazioni di pazienti che possono beneficiare più di altri di cure farmacologiche. In tal senso le cure farmacologiche dei DNA vanno concepite più mirate al sintomo e alla comorbilità psichiatrica che alla cura diretta del disturbo alimentare. La presente relazione passerà in rassegna le principali indicazioni psicofarmacologiche sia come efficacia nel controllo dell’impulsività alimentare sia come efficacia nel ridurre i sintomi psichiatrici correlati alla psicopatologia alimentare. Verrà pertanto discusso il razionale dell’uso di antidepressivi, antipsicotici e del topiramato nei DNA e il più innovativo uso di terapie farmacologiche associate.

12.30

Nuovi test psicometrici di valutazione dei DCA w Gianluca Castelnuovo - Phd, PsyD, Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica di Milano. Laboratorio e Servizio di Psicologia Clinica, Istituto Auxologico Italiano IRCCS. SIS-DCA, Società Scientifica italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare

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er una completa valutazione degli aspetti diagnostici connessi all’area alimentare si consiglia prima di tutto l’utilizzo della versione in italiano della Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I Disorders (SCID; First, Spitzer, Gibbon, & Williams, 1996), in attesa dell’uscita anche in italiano della versione basata sul DSM-5, già presente in lingua inglese. Ci sono poi interviste cliniche strutturate specifiche per la valutazione dei disturbi alimentari come la Eating Disorders Examination (EDE) (Fairburn & Cooper, 1993). Molto utilizzato è anche l’Eating Disorder Inventory (EDI), la cui versione 3 (EDI-3) è significativamente migliorata rispetto alle versioni precedenti. L’EDI-3 è uno strumento di facile somministrazione, ha una rapida procedura di scoring, è in grado di distinguere tra gruppi clinici e non clinici e fornisce una misura globale della presenza e intensità dei sintomi clinicamente rilevanti nell’area DCA. È assai utile per individuare soggetti a rischio di disturbi del comportamento alimentare, per monitorare la condizione clinica del soggetto e per misurare la risposta ai trattamenti. Altri strumenti specifici per l’area alimentare possono essere il BUT-Body Uneasiness Test, test per la valutazione dei disturbi dell’immagine corporea, la BES - Binge Eating Scale, test per la valutazione del comportamento alimentare associato agli episodi di perdita di controllo nei soggetti con BED, la YFAS - Yale Food Addiction Scale per la valutazione dei comportamenti di dipendenza da cibo (food addiction), il DEBQ-Dutch Eating Behavior Questionnaire per la valutazione dei comportamenti emotivi connessi alla sfera alimentare ed il BSQ - Body Shape Questionnaire, test che valuta l’immagine corporea che il paziente ha di sé. Uno strumento utile per uno screening veloce è lo SCOFF, una scala di primo screening composta da 5 domande che indagano aspetti chiave dei DCA.

13.00

CHIUSURA DEI LAVORI

NUTRIZIONE E SUPPLEMENTI: UN BINOMIO DA INTEGRARE

Moderatori: Federico Vignati / Giuseppe D’Antona

10.00

Ruolo degli aminoacidi nella prevenzione e cura dei danni metabolici

w Enzo Nisoli - Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale, Università degli Studi di Milano

L’

invecchiamento è un processo naturale che riduce la resistenza allo stress, aumenta la suscettibilità a svariate malattie (malattie cardiovascolari, tumori, diabete, sarcopenia, osteoporosi, malattie neurodegenerative) e aumenta la probabilità di morte. Dagli studi più recenti emerge che il processo di invecchiamento è il risultato di eventi che si succedono in modo plastico e sono, quindi, aperti a possibili modificazioni. Tra i numerosi processi biologici influenzati dall’invecchiamento, uno dei più significativi è la ridotta attività e biogenesi mitocondriale, con aumento del danno ossidativo. A metà degli anni ’70 si è

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scoperto che gli aminoacidi ramificati (BCAA), e in particolar modo la leucina, sono dei potenti regolatori del turnover proteico e possiedono benefici effetti sia negli animali sia nell’uomo. In particolare, si è dimostrato che la somministrazione di una miscela di aminoacidi arricchita in BCAA (BCAAem) diminuisce la suscettibilità ad alcune patologie legate all’età, come la sarcopenia, l’insulino-resistenza, il diabete di tipo 2 e le disfunzioni cardiovascolari nell’animale e nell’uomo. Di particolare interesse sono, poi, recenti osservazioni che indicano che leucina, isoleucina e valina aumentano la sopravvivenza dei lieviti. Studi condotti negli ultimi anni dal nostro gruppo dimostrano come la miscela aminoacidica sia in grado di promuovere la mitocondriogenesi nei muscoli scheletrici e cardiaco, soprattutto di animali di mezza età e in allenamento. Inoltre, la funzionalità muscolare degli animali trattati migliora in maniera significativa rispetto ai non trattati. Infine, la sopravvivenza media degli animali supplementati con BCAAem aumenta in maniera significativa nei topi wild-type ma non nei topi eNOS knockout. Questi risultati suggeriscono che specifiche miscele di aminoacidi possono modulare il metabolismo energetico, migliorare la funzionalità muscolare e cardiaca ed estendere la sopravvivenza in mammiferi di età avanzata. Studi clinici nell’uomo sono in fase di attuazione.

10.30

Aminoacidi, fegato e menopausa w Adriana Maggi - Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università degli Studi di Milano

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ella storia evolutiva della nostra specie due funzioni biologiche sono sempre state sotto uno stretto reciproco controllo: la riproduzione e l’assunzione di cibo. Tuttavia poco sappiamo dei meccanismi che regolano queste due funzioni. Recentemente abbiamo scoperto che il recettore per un ormone sessuale femminile, l’estrogeno, è espresso ad alta concentrazione nel fegato dove è attivato da una dieta ricca di aminoacidi, aprendo la via alla comprensione dei meccanismi di controllo della fertilità. Ulteriori studi indicano un ruolo significativo degli estrogeni sul metabolismo epatico di lipidi e colesterolo: questo fenomeno è essenziale per il mantenimento dello stato di salute della donna adulta e per assicurare il bilanciamento delle risorse energetiche nei mammiferi femmina durante la gravidanza e l’allattamento. Con l’invecchiamento e la cessazione dell’attività ovarica, il controllo ormonale viene meno, portando all’accumulo epatico di lipidi e a un’alterata distribuzione dei grassi a livello sistemico. Le conseguenze di tale squilibrio sono una maggiore suscettibilità alle malattie cardiovascolari e metaboliche che caratterizzano il post-menopausa. La comprensione del meccanismo molecolare che sottende l’azione degli estrogeni nel fegato è indispensabile per la realizzazione di terapie che, dopo la menopausa, possano vicariare efficientemente l’azione dell’estrogeno a livello epatico, mantenendo quindi il controllo metabolico essenziale per la conservazione dello stato di salute della donna. (Sara Della Torre - Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università degli Studi di Milano)

11.00

Malnutrizione nel XXI secolo: ruolo nelle malattie croniche

w Rocco Barazzoni - Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute, Università di Trieste

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e alterazioni per eccesso dello stato nutrizionale (sovrappeso e obesità) hanno da alcuni decenni una diffusione senza precedenti a causa del diffondersi di stili di vita obesogeni su profili genetici predisponenti. Le alterazioni per difetto comunemente racchiuse nel termine malnutrizione risultano al contrario meno frequenti nella società occidentale nelle loro forme legate a insufficiente introito calorico alimentare. Occorre tuttavia sottolineare come a tale distribuzione epidemiologica si associ un incremento progressivo della malnutrizione legata a malattie croniche, la cui incidenza aumenta con l’aumentare della popolazione anziana e di fattori di rischio quali l’obesità stessa. Molti quadri clinici sono caratterizzati da alterazioni comuni del bilancio energetico, con riduzione dell’introito calorico, insufficiente soppressione della spesa energetica e aumento del catabolismo proteico, che porta a riduzione della massa muscolare con resistenza alla terapia nutrizionale. La presenza di malnutrizione peggiora sensibilmente la prognosi di molte patologie croniche e ha un forte impatto negativo sull’invecchiamento, associandosi a fragilità, perdita di autonomia, ridotta qualità della vita e aumento di mortalità. La perdita di massa muscolare è comune anche in individui obesi, e in presenza di malattie croniche l’obesità con ridotta massa muscolare è associata a significativo peggioramento della prognosi. La presentazione affronterà i principali quadri clinici, le opzioni terapeutiche nutrizionali in considerazione della presenza di resistenza anabolica, le principali implicazioni socio-sanitarie e economiche della malnutrizione associata alle malattie croniche.

11.30

Nutrizione e fragilità dell’anziano w Alberto Pilotto - MD, Direttore Dipartimento Cure Geriatriche, OrtoGeriatria e Riabilitazione, Area delle Fragilità, E.O. Ospedali Galliera

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L

a fragilità è una condizione dinamica di aumentata vulnerabilità, che riflette modificazioni fisiopatologiche età-correlate di natura multi-sistemica, associate a un aumentato rischio di outcome negativi, quali cadute, delirium, disabilità, istituzionalizzazione, ospedalizzazione e morte. La fisiopatologia della fragilità vede il coinvolgimento dei sistemi neuro-endocrino, immunitario e muscolo scheletrico; in questo contesto lo stato nutrizionale può influenzare direttamente e/o indirettamente la cascata funzionale e biologica caratteristica della condizione di fragilità. La Valutazione Multidimensionale (VMD), che permette di esplorare in maniera integrata le diverse “dimensioni” (biologiche, cliniche, funzionali, cognitive e socio-economiche) dell’anziano è considerato oggi lo strumento di prima scelta per identificare l’anziano fragile. Strumenti innovativi di VMD, quali il Multidimensional Prognostic Index (MPI), permettono oggi di definire anche la prognosi del soggetto, informazione utile per prendere decisioni cliniche nel soggetto anziano; la sua implementazione nella pratica clinica può migliorare sostanzialmente il nostro approccio alla cura dell’anziano. In questo ambito, interventi nutrizionali mirati, contrastando la cascata biologicofunzionale caratteristica dell’anziano fragile, possono risultare cruciali nella prevenzione della fragilità.

12.00

Aminoacidi e ritmi circadiani

w Roberto Aquilani - Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani”, Università degli Studi di Pavia

L’

assunzione degli Amino Acidi (AA) da parte dei tessuti dipende dal loro livello plasmatico, la cui composizione è il risultato sia della quantità e qualità delle proteine ingerite sia della dinamica rilascio/assunzione di AA da parte dei tessuti. Il livello di AA nel plasma subisce variazioni giornaliere. Per esempio, la concentrazione plasmatica in AA è maggiore nel tardo pomeriggio che al mattino (Wurtman R.J. Science, 1967). In aggiunta, le variazioni di concentrazione presentano una ritmicità nell’arco delle 24 ore. In soggetti sani, un ritmo circadiano significativo è osservabile per tutti gli AA a esclusione di taurina, treonina, glutamato, alanina, cistina, triptofano (Riggio O. Rec. Progr. Med., 1989). La fluttuazione è superiore al 20% per gli AA ramificati. Il tempo di acrofase per la maggioranza degli AA è osservabile tra le 17 e le ore 22. In sintesi, non solo vi una variabilità giornaliera della concentrazione plasmatica di AA , ma la variabilità ha una sua ritmicità per la maggior parte degli AA. (Manuela Verri, Maurizia Dossena - Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani”, Università degli Studi di Pavia; Federica Boschi - Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università degli Studi di Pavia)

12.30

Nutrizione e decadimento cognitivo

w Giovanni Zuliani - Professore, Università degli Studi di Ferrara

N

egli anziani le funzioni cognitive possono deteriorarsi fino a configurare un quadro di deterioramento cognitivo lieve (MCI) o di demenza. Queste condizioni sono spesso correlate alla M. di Alzheimer o a un danno cerebrale vascolare. Allo stato attuale, non è disponibile una terapia causale della demenza, mentre i trattamenti sintomatici hanno un’efficacia limitata. Pertanto, appare importante implementare una strategia di prevenzione della demenza; in questo ambito, la nutrizione sembra avere un ruolo importante. Numerosi fattori di rischio per demenza (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, obesità) sono fortemente dipendenti dalle abitudini dietetiche. Questi fattori possono determinare un danno cerebrale sia direttamente (lesioni ischemiche) sia indirettamente (stress ossidativo, infiammazione, disfunzione endoteliale); inoltre, possono ridurre la “riserva cerebrale”, ovvero la capacità del cervello di compensare i danni (deposizione di amiloide, danno vascolare) correlati all’età. La dieta mediterranea è stata associata a una minor incidenza di demenza e MCI e questo potrebbe essere dovuto a diversi meccanismi mediati o meno dall’azione di diversi componenti dietetici (acidi grassi insaturi, micronutrienti, olio di oliva). Deve essere tuttavia sottolineato come, a oggi, non siano disponibili evidenze scientifiche convincenti circa l’utilità di diversi nutrienti in forma di supplementi dietetici (es. acidi grassi omega-3, vitamine, antiossidanti) nel prevenire la demenza.

13.00

CHIUSURA LAVORI

SPORT, NUTRIZIONE, PREVENZIONE E BENESSERE: IN CONCRETO

Moderatori: Michele Carruba / Arsenio Veicsteinas

09.00

Attività fisica adattata nelle malattie cronico degenerative w Pietro Di Fiore - Spec. Medicina dello Sport e Scienza dell’Alimentazione. Referente regione Sicilia per le Attività Sportive Ministero della Salute. Componente Comitato Regionale di Bioetica. Resp. Centro Prev. e Cura dell’Obesità - ASP di Palermo

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I

l termine “Attività Fisica Adattata” (AFA) nasce nel 1973, anno di fondazione della Federazione Internazionale Attività Fisica Adattata (IFAPA) da parte dei colleghi belgi e canadesi. Il primo tentativo, a livello internazionale, di definire l’AFA risale al 9° Simposio Internazionale di Berlino del 1989 (il più grande simposio nella storia dell’IFAPA), in occasione del quale Doll-Tepper e colleghi definirono l’AFA secondo una prospettiva multinazionale: ”AFA si riferisce al movimento, all’attività fisica e agli sport nei quali viene data un’enfasi particolare agli interessi e alle capacità degli individui caratterizzati da condizioni fisiche svantaggiate, quali disabili, malati o anziani.” A livello mondiale è ormai risaputo che l’attività fisica ha una valenza enorme (WHO). Evidenze scientifiche dimostrano i suoi effetti favorevoli sullo stato di salute e benessere psicofisico dell’uomo, prevenendo alcune tra le più gravi malattie cronico degenerative. Al contrario, non ancora definiti sono gli effetti dell’AFA riguardo alla gestione di patologie già manifeste, in rapporto alla riduzione delle complicanze e/o nel rallentamento della loro progressione. In questo caso si può parlare di una vera e propria Esercizio-Terapia, come piano a lungo termine che viene applicato in base al tipo di patologia e alle caratteristiche e capacità del soggetto determinate e influenzate da essa.

09.30

Benefici dell’attività fisica e diabete w Gerardo Corigliano - Responsabile Servizio di Diabetologia AID Napoli, Docente Facoltà di Scienze Motorie Università Parthenope Napoli, Past President A.N.I.A.D.

L’

attività motorio-sportiva, praticata in maniera regolare e a intensità moderata, è un imponente fattore protettivo per le malattie cardiovascolari e il diabete per mortalità e morbilità. Sono noti i molteplici vantaggi prodotti da un costante, prolungato e moderato esercizio fisico, come dimostrano le numerose e consolidate evidenze scientifiche; è importante, evidenziare gli effetti benefici in funzione proprio dei complessi e vari meccanismi fisiopatologici del diabete mellito di tipo 2 responsabili dell’insulino-resistenza e della ridotta tolleranza glucidica: incremento del trasporto del GLUT4 (responsabile dell’uptake del glucosio, tenendo presente che le fibre muscolari costituiscono il 90% c.a. di tutti i tessuti insulino-sensibili), modificazione della composizione corporea (ridotta tendenza a depositare a livello del grasso viscerale e aumento della massa muscolare), miglioramento dell’AMPK (proteina implicata nella contrazione muscolare e che indirettamente aumenta la capacità ossidativa del muscolo), aumento dell’IGF-1 e attivazione del DNA mitocondriale (la capacità di ossidazione dei carboidrati). Dal punto di vista fisiologico l’esercizio fisico (aerobico, di media intensità 60-70% VO2max) è l’unico mezzo diretto a incrementare la sensibilità insulinica. I principali effetti benefici dell’attività motorio-sportiva non si esplicano solo in termini di riduzione glicemica, ma agiscono in maniera più ampia su cinque aree di intervento: • protezione ed efficienza cardiovascolare e respiratoria - aumento della funzionalità del cuore (riduzione della frequenza cardiaca a riposo, diminuzione degli atti respiratori e della frequenza cardiaca dopo lo sforzo, facilitato ritorno venoso, maggiore elasticità dei vasi sanguigni e irrorazione in periferia, etc.), diminuzione della pressione arteriosa, aumento del colesterolo HDL; • controllo del peso corporeo - aumento della massa magra (metabolicamente attiva) e riduzione della massa grassa, maggior consumo (ossidazione) dei trigliceridi contenuti nelle cellule grasse (adipociti) con conseguente calo ponderale; • efficienza dell’apparato muscolo-scheletrico - corretta postura, migliore mobilità articolare, coordinazione, equilibrio e percezione del sé, maggiore trofismo (stato di nutrizione) e forza muscolare (ottimo rimedio contro la sarcopenia senile), maggiore elasticità e potenza dei legamenti articolari, conservazione della massa ossea a cui va associato il senso di autonomia negli anziani con notevole riduzione del rischio di cadute e fratture; • sistema endocrino-metabolico - stimolazione dell’ormone della crescita, rilascio di endorfine, controllo della glicemia, miglioramento del metabolismo energetico, controllo del livello dei grassi nel sangue; • sfera psichica - percezione positiva della propria immagine nella donna e accrescimento di autostima e della forza di volontà,controllo dello stress e miglioramento della resistenza alla fatica (buona adattabilità e capacità di socializzazione), miglioramento della qualità del sonno, azione antidepressiva. A ciò si associa il divertimento e il piacere (coinvolgimento emotivo) che porta il soggetto in uno stato di benessere generale. Ai fini della salute non tutti gli sport sono equivalenti, in quanto mostrano una diversa efficacia nelle varie aree di intervento; le attività sportive che meglio preservano la nostra salute sono il ciclismo, la corsa prolungata, il nuoto (fondo) e lo sci di fondo, altresì attività non propriamente sportive come le lunghe passeggiate e il trekking sono salutari.

10.00

Peso Corporeo, Composizione Corporea e Sport. Recenti acquisizioni

w Anna Valenzano - PhD, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Foggia

U

na precisa e corretta valutazione somatometrica, somatotipica e della composizione corporea è di fondamentale importanza in ambito sportivo, sia per avviare l’aspirante atleta verso appropriate attività sportive agonistiche, sia per valutare nel

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tempo l’evoluzione e le risposte adattative dell’organismo ai programmi di allenamento. Allenatori e atleti sono perfettamente consapevoli di quanto sia importante raggiungere e mantenere il peso corporeo ottimale per riuscire a ottenere la massima prestazione sportiva. Infatti, nella maggior parte delle attività sportive, avere dimensioni, struttura e composizione corporea adeguate è di assoluta importanza, ai fini del successo. La struttura fisica, le dimensioni e la composizione corporea sono fattori geneticamente predeterminati ed ereditari; tuttavia, gli atleti non possono non tener conto del proprio profilo fisico, in quanto suscettibile di modifiche e/o miglioramento. Allo stato attuale delle ricerche, appare evidente l’esistenza di una stretta relazione tra appropriate caratteristiche fisiche e morfologiche individuali e il raggiungimento di risultati sportivi di alto livello, favorita dall’associazione con un adeguato programma di allenamento, inteso a migliorare la prestazione.

10.30

Limitare la sarcopenia nell’anziano: dieta, attività fisica e integrazione

w Andrea P. Rossi - Dipartimento di Medicina, Sezione di Geriatria, Università degli Studi di Verona, Italia

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ebbene una corretta alimentazione, con adeguato introito calorico e di proteine, sia considerata uno dei principali interventi per la sarcopenia, la gran parte delle evidenze che collegano interventi di tipo nutrizionale con la sarcopenia si basano su studi con follow-up breve, e grandi trial clinici sull’argomento sono ancora carenti. Gli studi suggeriscono la potenziale efficacia della supplementazione di proteine ​​nel migliorare la massa, la forza e la funzione muscolare. Accanto alla quantità di proteine​​ nella dieta, la loro qualità pare avere un ruolo rilevante, in termini di contenuto di aminoacidi essenziali e composizione. Gli aminoacidi essenziali, in particolare la leucina, regolano la sintesi delle proteine muscolari. ​​ Anche la distribuzione dell’assunzione di proteine ​​con i pasti sembra svolgere un ruolo importante nella regolazione della sintesi proteica muscolare. In uno studio randomizzato di uomini e donne di età maggiore di 65 anni, la supplementazione a lungo termine con beta-idrossi-beta-metilbutirrato (HMB), un metabolita attivo della leucina, ha dimostrato di migliorare la forza e la qualità del muscolo. Gli interventi che hanno valutato gli effetti combinati di esercizio fisico e nutrizione suggeriscono un potenziale effetto additivo, anche se saranno necessarie ulteriori ricerche. Interventi alimentari possono migliorare i parametri muscolari, in misura maggiore in individui con basso livello di assunzione di proteine o malnutrizione. Ulteriori studi su popolazioni ampie, randomizzati controllati, multicentrici e che valutino gli esiti clinicamente rilevanti (forza muscolare, prestazioni fisiche) sono necessari per approfondire il miglior approccio terapeutico nutrizionale nel soggetto anziano.

11.00

Fabbisogno nutrizionale ed età sportiva w Gianfranco Beltrami - Specialista in medicina dello Sport, docente Università di Parma, presidente Commissione medica Centro Universitario sportivo italiano

L’

alimentazione e una corretta nutrizione unitamente alle caratteristiche genetiche e all’allenamento rappresentano i fattori fondamentali che influenzano la prestazione sportiva attraverso l’ottenimento di una migliore forma fisica necessaria per il massimo rendimento atletico. Fra i fattori che concorrono a trasformare un atleta in un buon atleta e un buon atleta in un campione un fattore determinante è rappresentato dalla corretta alimentazione e idratazione, in quanto l’impegno sportivo rappresenta un’attività che richiede particolari esigenze da un punto di vista nutrizionale. Per questo la dieta deve fornire attraverso gli alimenti, le molecole utili per svolgere le funzioni fisiologiche, promuovendo il mantenimento della massa muscolare, fornendo l’adeguato apporto energetico, reintegrando infine le perdite dovute allo stress fisico e mentale dell’atleta. È importante sottolineare la differenza tra la semplice alimentazione e la nutrizione, intendendo con essa quei processi biologici fondamentali a fornire al nostro organismo energia chimica e il materiale plastico per ottimizzare il rendimento dei vari organi e apparati. L’efficacia di una sana alimentazione in funzione anche dell’età sportiva, dipende oltre che dall’adeguatezza dell’apporto calorico, soprattutto dalla sua composizione in nutrienti e dalla modulazione degli apporti nutritizi nelle varie fasi del programma sportivo: la preparazione atletica, la gara, il recupero.

11.30

COFFEE BREAK

12.00

La corretta alimentazione nello sportivo vegetariano e vegano

w Claudio Briganti - Specialista in Medicina dello Sport

U

n numero sempre maggiore di atleti adottano la dieta vegetariana per motivi ecologici, economici, religiosi, salutistici ed etici. Le diete vegetariane possono soddisfare agevolmente le esigenze nutrizionali di atleti di ogni tipo, posto che conten-

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gano una certa varietà di alimenti vegetali. Gli atleti vegetariani, come la maggior parte degli atleti, possono trarre beneficio da interventi di educazione alla scelta dei cibi che aumentano la performance atletica e migliorano globalmente lo stato di salute. I fabbisogni energetici degli atleti onnivori e vegetariani variano considerevolmente e dipendono dalla corporatura, dalla sua composizione, dal sesso, dal regime di allenamento e dal tipo di attività fisica. Il consumo energetico può variare tra le circa 2600 kcal/die delle nuotatrici femmine, alle circa 8500 kcal/die dei ciclisti maschi impegnati nel giro ciclistico del Tour de France. La relazione esamina, alla luce degli ultimi studi, il fabbisogno di nutrienti in termini di carboidrati, proteine, grassi, minerali, vitamine e integratori, calcio ferro, vitamine del gruppo B, vitamine antiossidanti, creatina.

12.30

Celiachia e sport. Una convivenza possibile

w Marco Silano - Reparto di Alimentazione, Nutrizione e Salute - Istituto Superiore di Sanità, Roma

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a celiachia è un’enteropatia infiammatoria con tratti di auto-immunità, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. L’unica terapia a oggi disponibile è la completa e permanente esclusione del glutine dalla dieta. Sebbene il coinvolgimento intestinale con conseguente malassorbimento sia la principale caratteristica patogenetica della celiachia, questa condizione si manifesta spesso con segni e sintomi sistemici, a carico di diversi organi e apparati. La celiachia all’esordio si manifesta con alcune alterazioni che possono avere una ricaduta sulla capacità motoria. Alcune sono conseguenza del malassorbimento intestinale di nutrienti, altre dovute allo stato infiammatorio indotto dal glutine: anemia, osteoporosi, affaticabilità, astenia, artralgia e/o artrite, malessere generale. Una dieta senza glutine determina in pochi mesi la completa remissione di queste condizioni associate alla celiachia e una persona celiaca a dieta non presenta alcuna controindicazione alla pratica sportiva a qualsiasi livello. Molti campioni di livello internazionale di diverse discipline sportive sono celiaci. Inoltre, una regolare e moderata l’attività fisica va incoraggiata in tutti i celiaci, bambini e adulti, come nella popolazione generale. D’altra parte, non esiste nessuna evidenza scientifica che una dieta senza glutinie migliori la performance atletica di chi non è affetto da celiachia, si tratta solo di una moda pericolosa, perché banalizza una terapia salvavita quale la dieta senza glutine.

13.00

Nutrizione e idratazione. Un giusto equilibrio per una migliore prestazione

w Flavia Bruttini - Medico Specialista in Medicina dello Sport

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a nutrizione e l’idratazione nello sportivo prevedono l’applicazione dei principi generali di scienza dell’alimentazione, di fisiologia dell’esercizio e delle scienze motorie. Creare un piano alimentare e d’idratazione per l’allenamento permette di individuare l’intake più corretto al momento della competizione. Il timing deve essere adattato in modo da lasciare un tempo sufficiente per la digestione dei nutrienti e sfruttare la finestra anabolica dopo l’esercizio. Per quanto riguarda l’idratazione c’è una variabilità soggettiva. Valutare la disidratazione sulla base del peso perso durante l’attività permette di programmare un corretto schema per il ripristino dei fluidi corporei. Un atleta di resistenza necessita di introiti calorici elevati: è necessario essere creativi, per aiutare a soddisfare il fabbisogno senza alterare la distribuzione dei macronutrienti. Atleti di forza e potenza utilizzano metabolismi anaerobici, i carboidrati rappresentano sempre il carburante più adatto. Piani alimentari ipocalorici e iperproteici determinano una riduzione della massa magra, metabolizzata per produrre energia, andando a ridurre la performance. Negli sport di squadra è importante individualizzare il piano per il singolo atleta sulla base del ruolo all’interno del team e della lunghezza dell’evento.

13.30

CHIUSURA DEI LAVORI

MALNUTRIZIONE VITAMINICA E MINERALE

Moderatori: Michele Carruba / Andrea Mandelli

15.00

Le carenze nutrizionali più diffuse nella popolazione italiana

w Lucio Lucchin - Professore a.c., Direttore UOC. di Dietetica e Nutrizione Clinica, Comprensorio Sanitario di Bolzano

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olti miti nutrizionali stanno vacillando (ruolo della colazione, numero di pasti giornalieri, pericolosità dei grassi saturi, ecc.) alla luce delle più recenti evidenze scientifiche. Le donne continuano a giocare un ruolo prioritario nella nutrizione domestica. È in aumento la voglia di sicurezza e genuinità dei cibi, in contrapposizione alla mancanza di tempo per acquistarli

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e prepararli. Il politeismo alimentare è in aumento, favorito da globalizzazione e immigrazione. Anche la spinta salutistica individuale è in crescita e nel contempo conflittuale, per l’alto tasso d’incoerenza al riscontro pratico. La crisi economica complica ulteriormente il quadro generale. Tutti questi aspetti creano una dinamica difficilmente prevedibile. Di certo la dieta reale si discosta sempre più da quella ottimale, anche se ciò non viene percepito dall’italiano medio, che nel 70% dei casi ritiene di assumere un’alimentazione sana. Le carenze subcliniche sono quelle che preoccupano maggiormente; nell’infanzia e giovinezza da indagare quelle di omega-3, ferro, iodio, vitamina D, calcio, potassio, zinco, magnesio, B12 e folati, negli adulti il rischio è a carico del deficit di vitamine D, A, C, E, calcio, magnesio, vitamina B1, 2, 6. Infine, nell’età più avanzata da monitorare le vitamina B1-2, C, A, D, E, folati-selenio, iodio, zinco.

15.30

Le abitudini alimentari degli italiani emerse dal progetto “Curare la Salute”

w Stefania Fregosi - Product Head Brand and Customer Experience, Italy, GfK CE

L’

Italia è la patria della dieta mediterranea e del mangiare bene. Ma come mangiano davvero gli Italiani? Curarelasalute. com, periodico telematico di informazione e aggiornamento in tema di alimentazione e salute, ha di recente svolto, con il supporto di GfK, un’indagine sulle abitudini alimentari degli italiani. Questi dati, raccolti su individui già più sensibili alla salute e alimentazione (bisogna visitare il sito curarelasalute.com per compilare il questionario) sono stati messi a confronto con le indicazioni della Piramide Alimentare della Dieta Mediterranea, che suggerisce in modo chiaro e immediato quantità e frequenze di consumo delle principali classi di alimenti. Dall’analisi emerge come i comportamenti alimentari degli italiani siano lontani per molti aspetti dagli apporti ottimali raccomandati. Di seguito le principali evidenze: • Solo 1 italiano su 2 (46%) beve almeno 1,5 litri di acqua al giorno. La percentuale diminuisce se consideriamo le donne (41%) e la parte più anziana della popolazione (over 60: 38%). • La situazione è ancor più lontana dalle linee guida se consideriamo il consumo di frutta e verdura giornaliero: solo 1 italiano su 4 (26%) assume la corretta quantità di verdura (2 o + porzioni giornaliere) e solo il 18% assume la corretta quantità di frutta (3 o + porzioni giornaliere). • Anche il consumo di latte e derivati, fondamentali per il corretto apporto di calcio, risulta troppo basso presso gli italiani. Solo il 20% ha un consumo corretto (2-3 dosi giornaliere). • Sensibilmente sotto le dosi indicate l’assunzione di vitamina D (che si può avere attraverso il consumo di latte/derivati e di uova): solo il 21% della popolazione assume correttamente latte/derivati o uova che permettono la giusta assunzione di vitamina D. Da ultimo emerge un non corretto apporto di omega 3 (che si ha attraverso l’assunzione di pesce e/o frutta a guscio): solo 1 italiano su 3 mangia pesce nelle dosi indicate (2+ a settimana). La percentuale aumenta presso le fasce più istruite della popolazione (quasi uno su due mangia pesce nelle dosi indicate) probabilmente si tratta di una fascia della popolazione maggiormente a conoscenza dei benefici di questo alimento, e con maggior disponibilità economica. Si evince quindi da questi dati come sia fondamentale educare la popolazione italiana a buone pratiche di alimentazione, focalizzando l’attenzione sul valore e sul ruolo di molti alimenti tipici della dieta mediterranea e sottolineando la necessità di mantenere/integrare il corretto apporto nutritivo di tutti gli elementi (anche quelli meno noti quali vitamina D o omega 3).

16.00

Le possibili conseguenze di una cattiva alimentazione w Renata Bracale - University Teaching Fellow in Human Nutrition, Dept. of Medicine and Sciences for Health, Molise University, Campobasso. Center for Study and Research on Obesity, Dept. of Medical Biotechnology and Translational Medicine, University of Milan

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o stato di nutrizione definisce gli effetti dei nutrienti sulla funzionalità e sull’integrità di cellule, tessuti e organi del corpo umano. Le alterazioni dello stato di nutrizione si sviluppano progressivamente in presenza di una disponibilità di energia e/o nutrienti non adeguati. La risposta dell’organismo all’assunzione insufficiente di alimenti è complessa e multifattoriale. La malnutrizione che ne consegue rappresenta una situazione in cui un deficit o un eccesso di proteine, energia o altri nutrienti porta a effetti indesiderati sulla composizione corporea o sulla funzionalità di organi e tessuti. Esistono due tipi di malnutrizione: la malnutrizione per eccesso e la malnutrizione per difetto. La prima è la conseguenza di uno sbilanciamento per eccesso fra introito energetico e calorie consumate; un esempio è l’obesità. La malnutrizione per difetto è la conseguenza di una diminuzione di assunzione o assorbimento di protidi, minerali, vitamine o calorie; un esempio è la malnutrizione proteico-energetica. Con lo scopo di conoscere più a fondo le abitudini alimentari degli italiani e verificare quanto si discostino da un’alimentazione sana ed equilibrata, all’interno del progetto “Curare la Salute”, abbiamo creato un nuovo test nutrizionale, “Il Test della Piramide”, elaborato a partire dalla piramide alimentare della Dieta Mediterranea. (Michele Carruba - Center for Study and Research on Obesity, Dept. of Medical Biotechnology and Translational Medicine, University of Milan)

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16.30

Ruolo del medico nella gestione della corretta alimentazione e integrazione

w Claudio Cricelli - Professore, Presidente della Società Italiana di Medicina generale e delle cure primarie (SIMG)

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a nutrizione è un elemento fondamentale della nostra vita per la salute e per il benessere. Tuttavia, dai dati registrati grazie ai 15.000 rispondenti al Test della Piramide Alimentare, sul sito curarelasalute.com, emerge che gli italiani non sempre si alimentano correttamente. Si mangia troppo da un punto di vista quantitativo, ma altrettanto non possiamo affermare da un punto di vista qualitativo, nonostante sia scientificamente ampiamente dimostrato che carenze, anche minime, di micronutrienti essenziali, come le vitamine e i minerali, rappresentino un fattore di rischio per lo sviluppo di numerose patologie croniche come diabete, obesità, osteoporosi, anemia e altro. Di fatto soltanto mediante scelte alimentari attente, varie ed equilibrate siamo in grado di assicurare al nostro organismo il corretto apporto di vitamine e minerali, oligoelementi così importanti per la nostra salute. L’adozione di uno stile di vita sano (attività fisica adeguata, dieta bilanciata e completa, con il supporto di integrazione multivitaminica e minerale quando necessario) rappresenta un vero e proprio strumento di prevenzione che il medico di medicina generale può e deve essere in grado di consigliare ai propri assistiti per promuovere il loro benessere e ridurre il rischio di sviluppare malattie croniche. A fronte del progressivo aumento dell’età media della popolazione, di un’aspettativa di vita sempre più lunga, della continua crescita dei costi diretti e indiretti che le malattie croniche comportano, la promozione della salute attraverso strumenti semplici e per questo facilmente diffusibili e praticabili, come la corretta alimentazione e la regolare attività fisica, si configura sempre di più come una priorità per la sostenibilità del sistema sanitario. In questo contesto il medico di medicina generale è chiamato a incrementare le proprie competenze e a innovare i propri compiti, in particolare per quanto attiene la valutazione dello stile di vita e il counselling motivazionale a esso correlato.

17.00

Ruolo del Farmacista nella gestione della corretta alimentazione e integrazione w Francesco Carlo Gamaleri - Farmacista territoriale, Corso di Perfezionamento in Farmacovigilanza. Medico Chirurgo, specialista in Pediatria Preventiva e Puericultura, Consiglio Direttivo Ordine dei Farmacisti delle Province di Milano, Lodi e Monza Brianza (Esercizio esclusivo della professione medica dal 1991 al 2001; esercizio esclusivo della professione di farmacista dal 2002)

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a farmacia di comunità, grazie alla capillare collocazione territoriale e la sempre più estesa accessibilità, si conferma come uno dei presidi sanitari privilegiati anche per affrontare le tematiche di salute connesse all’alimentazione, all’integrazione nutrizionale, al miglioramento del proprio stile di vita, attraverso messaggi validati scientificamente e condivisi con tutti gli operatori sanitari territoriali (MMG, pediatra di famiglia, specialisti). La consapevolezza dell’importanza di un’alimentazione sana è paradigma di mantenimento dello stato di salute, nonché prevenzione delle patologie cronico-degenerative legate ai processi di invecchiamento. Trasferendo alla realtà quotidiana di coloro che si recano nella farmacia di comunità le raccomandazioni della comunità scientifica in tema di corretta alimentazione (dieta varia ed equilibrata, caratterizzata dall’assunzione bilanciata dei vari nutrienti) e chiarendo su base scientifica il ruolo dell’integrazione multivitaminica-multiminerale (personalizzata secondo le esigenze e necessità), i benefici oltre che al singolo individuo, si possono amplificare nei diversi ambiti sociali (famiglia, ambito lavorativo, scolastico), con ricadute positive sulla collettività e sul Sistema sanitario. Inoltre, le esigenze di efficacia e di sicurezza sono oggi più che mai diffuse tra i cittadini che chiedono di essere supportati nella scelta consapevole riguardo i percorsi di cura e prevenzione, come la corretta supplementazione nutrizionale quando necessaria; anche in questo ambito il farmacista territoriale rappresenta figura professionale in grado di orientare sulla base di un’adeguata sperimentazione scientifica a supporto.

17.30

CHIUSURA DEI LAVORI

z 7 maggio 2016

NUTRIZIONE E CANCRO

Moderatori: Francesco Cognetti / Giovanni Gasbarrini

10.00

I numeri del cancro

w Francesco Cognetti - Professore, direttore UOC oncologia medica, Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena, Roma

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tumori rappresentano la prima causa di morte per malattia nei soggetti con età inferiore a 85 anni e la seconda causa di morte per malattia per soggetti con età superiore a 85 sopravanzati dalle malattie cardiovascolari. Negli ultimi decenni la mortalità

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per cancro è diminuita complessivamente di circa il 9% (12% nell’uomo e 6% nelle donne) molto meno di quella per le malattie cardiovascolari (52%), l’incidenza è in crescente costante aumento mentre la prevalenza (numero di soggetti complessivamente malati di cancro in un determinato momento) era di 1,5 milioni negli anni ‘90 ora è di circa 3 milioni e nel 2020 è previsto saranno 4,5 milioni gli italiani malati di cancro. I tumori che presentano maggiore prevalenza sono i tumori della mammella (580.000), colon retto (350.000), prostata (circa 300.000); questi dati devono essere tenuti in ampia considerazione al fine di elaborare strategie di politica sanitaria, ma anche progetti clinici scientifici che riducano l’impatto della malattia cancro sulla popolazione. Le cause di questa enorme crescita e di queste stime così rilevanti sono dovute a un maggiore numero di pazienti sottoposti a diagnosi precoce, per sviluppo e diffusione degli screening oncologici e delle capacità diagnostiche, affinamento delle metodiche innovative di diagnosi, all’applicazione delle terapie mediche adiuvanti per pazienti a rischio di recidiva con effetto di un maggior numero di guarigioni e diminuzione della mortalità, aumento dei tempi di sopravvivenza per i pazienti con malattia avanzata per maggiore possibilità ed effetto dei trattamenti medici anche innovativi. I tumori a maggiore impatto sulla mortalità dei maschi sono il tumore del polmone, del colon retto e della prostrata e delle femmine il tumore della mammella, del colon-retto e del polmone. Dal punto di vista dell’incidenza e del suo sviluppo si è registrato nel corso degli anni che il tumore del rene, del fegato e del melanoma maligno hanno avuto negli ultimi decenni un forte avanzamento sia nel sesso maschile sia nel sesso femminile.

10.30

CAM (Complementary and Alternative Medicine) nei pazienti oncologici: studio prospettico multicentrico

w Massimiliano Berretta - MD, Ph.D; Department of Medical Oncology, National Cancer Institute, Aviano (PN) w Umberto Tirelli - Direttore Dipartimento di Oncologia medica, Istituto Nazionale Tumori, Aviano (PN)

A

ccording to the National Center for Complementary and Integrative Health, the Complementary and Alternative Medicine (CAM), include a wide range of products, such as herbs (also known as botanicals), vitamins, minerals, and probiotics, and medical practices, such as acupuncture or magneto-therapy, which are outside of the mainstream western medicine. Such practices or substances are defined alternative when they are used in place of conventional medicine and complementary when they are used together with conventional medicine. Patients with cancer are more likely to resort to CAM, first or then in their disease history, due to the unfavorable outcome in a relevant percentage of the cases and the heavy toxicities, often compromising the quality of life, associated with the traditional antineoplastic therapies. Nevertheless the literature about CAM prevalence in cancer patients is not particularly rich, especially if we consider only the European papers; one of the reasons for such unpopularity is that the use of CAM is underestimated among clinicians, firstly because patients undervalued the relevance of the products they take, considering them natural, unable to interact with the conventional drugs and devoid of side effects, secondly, because they are somehow reluctant to admit the use of an unconventional treatment worrying that such behavior may be interpreted as loss of trust in their oncologist and the treatment he/she has prescribed. The available studies report a prevalence of the CAM use among cancer patients in the range of 12.5-73%, this enormous variability is, at least partially, justified by the inconsistent definition of CAM, with some authors including only herbal medications, some others considering also dietary supplements and unconventional medical practices (massages, acupuncture). We conducted a survey in four Italian hospitals aiming to describe the CAM use among patients diagnosed with cancer in Italy, the approximate cost of such therapies and the patients characteristics, if any, associated with the use of CAM.

11.00

Alimentazione e cancro w Carlo La Vecchia - Ordinario di Statistica Medica ed Epidemiologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano

D

opo il tabacco, nutrizione (obesità e sovrappeso) e dieta sono le principali cause di cancro. Il sovrappeso e l’obesità sono, in particolare, fattori di rischio definiti per i tumori della mammella in post-menopausa, dell’endometrio (corpo dell’utero) e della colecisti, e un probabile fattore di rischio per diverse altre neoplasie, quali intestino, prostata e pancreas. Il 14% di tutte le morti per tumore nei maschi e il 20% nelle donne negli Stati Uniti è dovuto a sovrappeso e obesità. Considerando la minor prevalenza del sovrappeso e obesità in Italia, la più verosimile stima attuale è del 3-5% di tutte le morti per tumore. Negli ultimi 20 anni non si è osservato un progressivo aumento del peso corporeo nella popolazione italiana. Inoltre, alcuni aspetti della dieta mediterranea sembrano evitare l’epidemia di obesità. La dieta gioca un ruolo particolarmente importante nei tumori del tratto digerente, ma anche di altri organi quali la laringe e il polmone, la mammella, i genitali femminili o la prostata. I dati epi-

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demiologici, inoltre, sono stati in grado di identificare tutta una serie di profili dietetici favorevoli -o sfavorevoli- all’insorgenza di molti tumori comuni, e quindi possono fornire indicazioni per ridurre il rischio individuale di sviluppare una neoplasia. È quindi possibile fornire un quadro globale di una dieta (pattern) a basso rischio di cancro, basato sulle indicazioni di preferire frutta e verdura, oltre che limitare il consumo di grassi e in particolare di grassi saturi e alcool, e propendere per l’utilizzo di olio di oliva. Tale intervento va rivolto alla definizione di campagne di informazione e di prevenzione a livello individuale, ma anche a livello di disponibilità e di composizione degli alimenti, di accesso e definizione dei prezzi. In particolare, un effetto favorevole della dieta mediterranea sul rischio di diverse patologie è stato suggerito dall’osservazione di una ridotta mortalità per malattie cardiovascolari in questi Paesi. Successivamente, tale osservazione è stata estesa a diversi tumori comuni, tra cui quelli dell’intestino, del pancreas, della mammella e dello stomaco. La dieta mediterranea tuttavia è un termine generico che include un insieme di componenti e caratteristiche, tra cui il tipo e la composizione dei grassi -e in particolare un impatto favorevole dell’olio di oliva- di frutta e verdura nel ridurre il rischio di diversi tumori. Meno favorevole appare, invece, il frequente consumo di carboidrati raffinati che implica un elevato indice glicemico dei carboidrati stessi. Il consumo frequente di alimenti basati su cereali raffinati (bianchi) mostra infatti un’associazione con l’insorgenza di vari tumori opposta a quella riscontrata per i cereali integrali. Tale consumo è stato associato ad aumentato rischio di tumore dello stomaco, del colon-retto, della mammella, dell’intestino, del tratto digerente superiore (cavo orale, faringe, esofago) e della tiroide in vari studi condotti su popolazioni dell’area mediterranea. Un possibile meccanismo biologico alla base di questa associazione coinvolge il metabolismo glicemico, e un potenziale ruolo di fattori di crescita neoplastica simili all’insulina (insulin-like growth factors, IGF). È importante in ogni caso focalizzare non soltanto la ricerca epidemiologica, ma anche gli interventi di prevenzione verso una migliore comprensione e quantificazione del ruolo di ciascun specifico componente della dieta mediterranea sul rischio di cancro, con lo scopo ultimo di aprire prospettive di intervento attraverso l’industria alimentare, oltre che di informazione e prevenzione a livello di sanità pubblica. Un’attenzione specifica va dedicata al controllo di sovrappeso e obesità.

11.30 12.00

BREAK Alimentazione e meccanismi di trasformazione neoplastica w Massimo Libra - Professore Associato di Patologia Generale, Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche, Università di Catania

L

o sviluppo del cancro è associato a numerosi fattori di rischio, quali fattori genetici, ambientali, infezioni e stili di vita. Numerosi studi mostrano che l’alimentazione “errata” rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo dei tumori, invece l’alimentazione ricca di frutta e verdura ha un effetto protettivo. Recentemente l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione (Francia) ha definito le carni lavorate e le carni rosse rispettivamente come carcinogeni certi per l’uomo e probabili carcinogeni per l’uomo. Questi alimenti, unitamente a quelli ad alto contenuto di grassi, se assunti abitualmente, portano a un aumento dei livelli di colesterolo e di insulina nel sangue, dando vita a uno stato di infiammazione cronica che, tramite diversi meccanismi molecolari, porta a modificazioni del DNA e quindi allo sviluppo di patologie cronico-degenerative, tra cui il cancro. Infatti è stato dimostrato che gli alimenti che ingeriamo rappresentano il principale fattore in grado di modificare la differenziazione, la proliferazione e la morte cellulare. Alla luce di quanto esposto, è importante modificare alcune abitudini e stili di vita sia nella fase della prevenzione primaria sia nella cura stessa dei tumori.

12.30

Dieta mediterranea e cancro

w Maurizio Montella - Direttore SSD Epidemiologia, Istituto Nazionale Tumori, Fondazione G. Pascale

L

a parola greca “d’aita” vuol dire “modo di vivere”, alludendo a un modo sano di alimentarsi e a un armonico regime di vita. La dieta che più rispetta le semplici e fondamentali regole della corretta alimentazione é quella mediterranea, dichiarata nel 2010 patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco. Molti studi indicano che il 35% del casi di cancro é riconducibile ad abitudini alimentari sbagliate. Grazie alla sua naturale e ottimale composizione (12-18% di proteine, 45-60% di carboidrati, 2035% di grassi) la dieta mediterranea assicura il giusto apporto di nutrienti. Nella frutta e nelle verdure, sempre presenti, vi sono molti fattori dotati di attività potenzialmente anticancerogena e protettivi contro la maggior parte delle malattie: i carotenoidi, le vitamine A, B, C, E e D, le fibre, il selenio, e gli indoli, i flavonoidi, gli inibitori delle proteasi, gli steroli delle piante, ecc… Tali microalimenti attivano enzimi coinvolti nella disintossicazione, possiedono proprietà antiossidanti, inibiscono la formazione del-

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le nitrosamine, legano e diluiscono i carcinogeni nel tratto digestivo, e influenzano le funzioni ormonali. Per tali caratteristiche l’alimentazione mediterranea è riconosciuta come fattore di protezione e prevenzione per la patologia cronico-degenerativa e in particolare per le neoplasie.

13.00

Obesità e cancro w Domenico Palli - Direttore S.C. Epidemiologia dei Fattori di rischio e degli Stili di vita, Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPO), Firenze

I

l WCRF ha aggiornato nel 2015 la revisione sistematica della letteratura scientifica per la valutazione del ruolo di dieta, attività fisica e peso corporeo nella prevenzione primaria dei tumori, inserendo l’obesità tra i fattori di rischio con evidenza convincente per una serie di sedi tumorali tra cui colon retto, mammella (in post-menopausa), endometrio, pancreas e rene. Gli studi prospettici di grandi dimensioni svolgono un ruolo fondamentale per identificare le cause dei tumori legate a stili di vita, fattori ambientali e specifiche condizioni quali l’obesità, e risultano indispensabili per identificare i determinanti dell’obesità stessa. Il tema dell’obesità è stato affrontato nell’ambito dello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), un’ampia coorte prospettica di oltre 520.000 adulti dei 2 sessi, nata all’inizio degli anni ’90 (con 47.000 italiani arruolati nei centri di Firenze, Varese, Torino, Napoli e Ragusa). Tutti i soggetti hanno fornito informazioni dettagliate su abitudini dietetiche e stile di vita, un campione ematico stoccato nella banca biologica del progetto, e le misure antropometriche. I partecipanti sono stati seguiti nel tempo per identificare i casi di tumore verificatisi dopo l’arruolamento. Lo studio EPIC ha confermato il ruolo dell’obesità come fattore di rischio per i tumori in particolare del seno e del colon.

13.30

BREAK

14.00

Attività fisica e cancro

w Eva Negri - Dipartimento di Epidemiologia, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”

L

a definizione dell’OMS di attività fisica è “qualunque sforzo esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un consumo di energia superiore a quello in condizioni di riposo”. Nel 2007 una valutazione congiunta del World Cancer Research Fund e dell’American Institute for Cancer Research concluse che l’evidenza scientifica che l’attività fisica riducesse il rischio di tumori era convincente per colon, probabile per mammella in postmenopausa ed endometrio e limitata per polmone, pancreas e mammella in premenopausa. Inoltre, l’attività fisica è favorevole anche sulla sopravvivenza per i tumori del colon e della mammella. I tumori attribuibili a inadeguata attività fisica sono stati stimati in 75-150.000 negli uomini e 90-175.000 nelle donne (Friedenreich 2010) nella EU, e in Italia circa 11% dei tumori della mammella (Mezzetti et al., 1998). La sorveglianza PASSI (http://www.epicentro.iss.it/passi) ha stimato che il 33% degli Italiani di età 18-69 anni è attivo, 36% parzialmente attivo e 30% sedentario. La proporzione di sedentari aumenta con l’età, diminuisce con il livello di istruzione, ed è più elevato nelle donne e nel Sud. Promuovere l’attività fisica è un’azione di sanità pubblica prioritaria, che richiede lo sviluppo di strategie a diversi livelli, attraverso interventi di dimostrata efficacia.

14.30

La prevenzione

w Valeria Mastrilli - Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria (DGPre)

P

er affrontare i determinanti associati alle malattie croniche, tra cui i tumori, è necessario un approccio intersettoriale che integri le azioni che possono essere intraprese dal settore sanitario con quelle di altri settori, attivando interventi nei luoghi o nei contesti sociali in cui le persone vivono, lavorano e interagiscono tra loro. La prevenzione del cancro, quindi, deve essere pianificata e attuata nell’ambito di programmi “multistakeholder” di prevenzione e controllo delle malattie croniche non trasmissibili, poiché i fattori di rischio modificabili sono comuni. L’approccio strategico deve essere basato sulla scelta di interventi di popolazione finalizzati a diffondere e facilitare la scelta di stili di vita corretti, secondo i principi della “Salute in tutte le politiche”. L’Italia, attraverso documenti programmatici (Guadagnare salute) e piani nazionali (Piano Nazionale della Prevenzione), ha rafforzato le azioni volte alla promozione di stili di vita sani, sviluppando un approccio “intersettoriale” e “trasversale” per interventi volti sia a modificare i comportamenti individuali non salutari (alimentazione non corretta, sedentarietà, tabagismo, abuso/uso scorretto di alcol), sia a creare condizioni ambientali atte a favorire l’adozione di corretti stili di vita (ridefinire l’assetto urbanistico per favorire gli spostamenti a piedi o in bicicletta, migliorare l’offerta di alimenti sani, migliorare la qualità dell’aria, garantire ambienti di lavoro sicuri e sani, ecc.).

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15.00

Il microbiota intestinale

w Cinzia Lucia Randazzo - Professoressa, Università di Catania

I

l microbiota intestinale umano è un ecosistema complesso, formato da una pluralità di nicchie ecologiche che a loro volta ospita una ricca popolazione batterica costituita da oltre 500 specie. Il mantenimento dell’equilibrio quali-quantitativo fra le varie specie batteriche riveste grande importanza per lo stato di salute dell’uomo. La colonizzazione del lume intestinale avviene al momento della nascita e il pattern iniziale di batteri è condizionato dal parto, dal tipo di alimentazione e dalle condizioni socio ambientali. Coliformi, streptococchi, lattobacilli ed enterococchi prendono il sopravvento a poche ore dalla nascita, mentre dopo 10 giorni circa appaiono i Bacteroides, che rappresentano la popolazione microbica dominante del tratto gastrointestinale dell’adulto sano. I microrganismi che costituiscono il microbiota intestinale si distribuiscono lungo l’apparato digerente in modo disomogeneo, sia in termini qualitativi sia quantitativi. Lo stomaco, per il basso pH e per la presenza di enzimi proteolitici, rappresenta un importante ostacolo per l’insediamento dei microrganismi che trovano ampio sviluppo nell’ileo e soprattutto nel colon, sede della maggiore densità microbica. La maggior parte dei batteri ospitati nel colon appartiene ai phyla dei Firmicutes e dei Bacteroides. Attualmente solo il 40% delle specie presenti nel colon è stata identificata, nonostante l’impiego delle tecniche di biologia molecolare. Le funzioni svolte dal microbiota intestinale sono molteplici e possono essere raggruppate in funzioni trofiche, metaboliche e protettive. Affinché queste possano essere esplicitate risulta fondamentale l’equilibrio tra le diverse specie batteriche nonché il mantenimento dell’ecosistema intestinale, basato sull’interazione del microbiota con il sistema intestinale e la mucosa intestinale. (Alessandra Pino, Cinzia Caggia - Università di Catania)

15.30

Storia dei probiotici e loro uso in oncologica w Giovanni Gasbarrini - Professore Emerito di Medicina Interna, Istituto Medicina Interna e Gastroenterologia, Università Cattolica di Roma

I

l termine probiotico, pro βιοσ, cioè in favore della vita, è stato introdotto da Werner Kollath nel 1953 per indicare sostanze attive, essenziali per lo sviluppo di una vita sana. Già ai primi del ‘900 Louis Pasteur aveva identificato i microorganismi responsabili della fermentazione; il suo collaboratore Elia Metchnikoff ipotizzò un loro effetto benefico per l’uomo, osservando la longevità dei contadini Bulgari, consumatori di prodotti caseari fermentati, come lo yogurt (lactobacillus bulgaricus), capaci di contrastare le tossine putrefattive intestinali, responsabili delle malattie e dell’invecchiamento. Nel 400 a.C. Ippocrate sosteneva: “la morte risiede nelle viscere; una cattiva digestione è la radice di tutti i mali; inoltre... lascia che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo”, anticipando il concetto di cibo funzionale. La fermentazione (dal latino fervere, bollire) era il più antico mezzo di conservazione degli alimenti. Il trapianto di feci (microbiota fecale) ha radici antiche: Fecal Microbiota Transplantation - An old therapy comes of age (Van Nood E, et al. for recurrent Clostridium difficile N Engl J Med 2013); efficacia del trattamento confermata da Cammarota G. Gasbarrini A. et al. Aliment Pharmacol Ther 2015. Probiotici e malattie oncologiche - L’effetto o causa della disbiosi è il leaky gut in cui la barriera mucosa diventa patologicamente permeabile, favorendo i carcinomi gastrointestinali, in particolare il cancro del colon. Il Bacteroides fragilis funziona come driver del cancro: infiammazione persistente, stimolazione della proliferazione cellulare, produzione di sostanze genotossiche, rimodellamento del microbiota del colon con eliminazione delle specie protettive. Il tasso di DNA di Fusobacterium nucleatum nel tessuto tumorale colorettale si associa a ridotta sopravvivenza: biomarker prognostico e prevenzione del cancro? (Mima K et al. Gut online 2015). Leaky gut e disbiosi sono conseguenza delle chemio e radio terapie per: riduzione di Bifidobacterium, Clostridium, Faecalibacterium prausnitzii, con aumento di Enterobacteriacee e Batterioidi che provocano mucositi. Si ipotizza un’associazione inversa tra assunzione di yogurt e rischio di cancro colorettale (Pala et al., Int J Cancer 2011). I lattobacilli prevengono il cancro o ne rallentano la progressione in modelli animali (Mizock BA, Disease A Month, 2015): aumentano l’apoptosi delle cellule danneggiate (Lactobacillus brevis), inattivano composti carcinogenetici, competono con il microbiota patogeno, migliorano la risposta immunitaria dell’ospite, fermentano il cibo indigerito, hanno effetto antiossidante; il L. Reuteri induce la down regulation a livello di geni che regolano proliferazione e sopravvivenza. Lactobacillus e Bifidobacterium contengono idrolasi per i sali biliari di cui riducono la carcinogenicità. (Fiorenza Bonvicini, Francesco Simeoni, Antonio Gasbarrini - Istituto Medicina Interna e Gastroenterologia, Università Cattolica di Roma)

16.00

I probiotici oggi: alimenti funzionali o farmaci?

w Carmelo Scarpignato - Professore di Farmacologia Clinica nell’Università di Parma, Professore Associato di Gastroenterologia

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nell’Università di Nantes, Francia, Unità di Farmacologia Clinica & Fisiopatologia Digestiva Dipartimento di Medicina Clinica & Sperimentale, Università di Parma

S

i definiscono probiotici quei microorganismi viventi la cui somministrazione orale, in quantità adeguate, è in grado di determinare effetti benefici sulla salute attraverso un miglioramento dell’equilibrio batterico e nutrizionale dell’intestino e una stimolazione dell’immunità mucosale e sistemica. I probiotici possono essere contenuti negli alimenti o in differenti formulazioni farmaceutiche liquide (esempio flaconcini bevibili) o solide (capsule o sachet contenenti microrganismi liofilizzati). Secondo le Linee Guida elaborate dal Ministero della Salute, per alimenti probiotici si intendono quegli alimenti, generalmente fermentati, che contengono, in numero sufficientemente elevato, microrganismi vivi e attivi, in grado di raggiungere l’intestino ed esercitare un’azione di equilibrio sulla microflora intestinale, mediante colonizzazione diretta. Sono quindi alimenti in grado di promuovere e migliorare le funzioni di equilibrio fisiologico dell’organismo, attraverso un insieme di effetti aggiuntivi alle normali attività nutrizionali. Contrariamente agli alimenti probiotici, che non possono avere indicazioni cliniche, gli agenti bioterapeutici devono -come tutti i farmaci impiegati nella pratica clinica- essere sottoposti a rigorosi studi clinici atti a valutarne efficacia e sicurezza. Nell’era della “evidence-based medicine” la vecchia batterioterapia orale è diventata scienza e coinvolge diversi protagonisti della salute umana: i medici e i pazienti, ma anche l’industria sia farmaceutica sia agro-alimentare. I requisiti fondamentali che questi living drugs devono possedere sono: • essere di origina umana e non patogeni; • essere in grado di resistere all’attacco dell’acido gastrico e della bile; • non perdere le proprie caratteristiche durante la conservazione; • essere capaci di colonizzare l’intestino umano e di aderire alle cellule della mucosa intestinale. Come per i farmaci “classici”, la farmacocinetica e la farmacodinamica, incluse le relazioni dose-effetto, devono essere accuratamente studiate e la sicurezza d’impiego nel lungo termine valutata non soltanto nell’adulto, ma anche nel bambino, nell’anziano e nei pazienti critici e immuno-compromessi. Poiché l’effetto dei probiotici è specie e ceppo-specifico, gli studi clinici devono essere condotti con formulazioni standardizzate e ben caratterizzate di uno specifico probiotico e i risultati ottenuti in una specifica condizione clinica non devono essere estrapolati ad altre patologie, anche affini. Autorevoli Società Scientifiche hanno pubblicato varie raccomandazioni e linee guida per l’uso clinico razionale dei probiotici nelle malattie digestive e non, sia del bambino sia dell’adulto. Solo un impiego dei probiotici basato sull’evidenza scientifica permetterà di trarre il massimo beneficio dalla moderna bioterapia.

16.30

The role of nutrition on epigenetics in prostate cancer w Richard J. Ablin - Dept. Pathol., Univ. Arizona College of Med., The Arizona Cancer Ctr. and BIO5 Institute, Tucson, Arizona, USA w Pier Mario Biava - Medico del lavoro, Ricercatore IRCCS Multimedica, Milano

I

n prostate cancer, epigenetic patterns have been found in association with the status of androgen receptors and in response to therapy. Nutrition and other bioactive dietary components have been shown to affect fundamental biological processes involved in the regulation of cell growth and carcinogenesis, e.g., via its ability to affect the transcriptional activity and expression of select genes. Therefore, the role of nutritional interventions affecting epigenetic mechanisms, i.e., DNA methylation, histone modification and RNA interference, are suggested to be particularly significant to prostate cancer; and will be the focus of this presentation.

17.00

Il punto di vista del paziente oncologico

w Francesco De Lorenzo

17.30

DISCUSSIONE

18.00

CHIUSURA DEI LAVORI

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Sport

Responsabile: Prof. Antonio Paoli

Direttore del Laboratorio di Nutrizione & Esercizio Fisico, Professore Associato, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova

z 5 MAGGIO 2016 14.00

CONVEGNO SISMES ALLENAMENTO, ALIMENTAZIONE E RECUPERO: IL TRIANGOLO DELLA PERFORMANCE

Moderatori: Pasqualina Buono / Antonio Paoli

Alimentazione e Sport w Pasqualina Buono - Ordinario di Metodi e didattiche delle Attività Motorie, DiSIST, Università Parthenope, Napoli, presidente SISMeS

S

aranno trattati gli effetti molecolari indotti dall’esercizio fisico e sportivo su metabolismo ed energetica del tessuto muscolare scheletrico. Saranno inoltre analizzati gli effetti dell’esercizio fisico e sportivo sulla modulazione del rapporto insulina/ ormoni contro insulari e gli effetti sul consumo di macronutrienti in relazione all’intensità e durata dello sforzo. Alimentazione pre-gara; alimentazione percompetitiva; integrazione alimentare post-esercizio. Overview sulle recenti acquisizioni nell’ambito della nutrigenetica applicata all’esercizio fisico e sportivo.

14.30

Le ultramaratone: problematiche energetiche w Antonio La Torre - Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi Milano

L

e ultramaratone sono una complessa e precisa interazione tra allenamento, alimentazione e recupero, variabili che lavorano in sinergia per ottenere la performance. Diversi sono gli studi presenti in letteratura che dall’alimentazione pre-gara, all’alimentazione nel giorno della competizione affermano l’estrema importanza della presenza di carboidrati nella dieta. L’allenamento è il tassello che più resta “inesplorato” data la grande variabilità intraindividuale d’adattamento allo stimolo; infine, ma non per minore importanza, il recupero, importante quanto l’allenamento, e che permette di interagire correttamente sui parametri intensità e volume del training, alternando fasi di carico e recupero. Durante una prestazione di lunga durata un ruolo particolare viene svolto dall’attività che contrasta la formazione di ROS, nonostante questo una dieta ricca di antiossidanti non previene l’affaticamento muscolare. L’allenamento, l’alimentazione e il recupero sono tre pilastri fondamentali della prestazione, così come è importante poter monitorare la fatica neuromuscolare centrale e periferica per finalizzare la prestazione dell’atleta ultraresistente. Volendo schematizzare, le variabili fondamentali per una buona performance sono: elevata economia di corsa, buona potenza lipidica, gareggiare con riserve alte di glicogeno e infine alimentarsi correttamente durante la prestazione. (Massimiliano Mazzilli - Scuola di Scienze Motorie, Università degli Studi Milano)

15.30

Dieta chetogenica e performance: un ossimoro?

w Antonio Paoli - Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova

C

on il termine dieta chetogenica (KD) si definisce un regime alimentare basato su una drastica riduzione dell’assunzione di carboidrati, associata o meno a un relativo aumento della quota di proteine e grassi. Nonostante vi siano forti evidenze scientifiche sull’efficacia delle diete chetogeniche (KDs) in alcuni contesti patologici quali obesità, diabete, epilessia, la loro utilità in campo sportivo è ancora fortemente controversa: mentre alcuni autori affermano che questo tipo di approccio alimentare possa portare a un miglioramento della performance (soprattutto nell’ambito della prestazione di endurance) altri lo negano

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decisamente. Vi sono fondamentalmente tre ambiti in cui una KD può essere usata a livello sportivo: negli sport di forza e potenza/body building; negli sport di endurance e negli sport che prevedono categorie di peso. Nel primo caso vi sono alcuni studi che dimostrano come non vi siano effetti negativi sulle capacità di prestazione, mentre l’utilizzo delle KDs è ampiamente utilizzato con successo (almeno nelle fase di “cutting”) nelle attività a prevalente componente estetica come il body building. Per quanto riguarda gli sport di endurance i dati sono assolutamente controversi in quanto gli studi che hanno dimostrato un miglior utilizzo dei grassi durante attività di lunga durata sono stati condotti però a intensità medio-basse certamente non paragonabili a quelle di gara. I dati preliminari sono certamente interessanti, ma necessitano di verifiche ulteriori soprattutto su prestazioni simil-competzione. Per quanto riguarda gli sport con categorie di peso, nonostante non vi siano sufficienti dati sperimentali, le basi biochimiche giustificano il razionale del loro utilizzo per un calo di peso rapido, ma senza effetti negativi sulla performance. In definitiva, nonostante ci siano dati preliminari assolutamente interessanti, sono necessarie ulteriori ricerche per determinare l’utilità dell’utilizzo delle KDs nello sport.

16.00

COFFEE BREAK

16.20

Recovery after strength training: How do different recovery strategies affect the speed of recovery and adaptation to training?

w Truls Raastad - Norwegian School of Sport Sciences

A

bout of high-load resistance training stresses the involved muscles resulting in a transient decrement in force-generating capacity. However, in the long-term repeated bouts (when timed optimally) results in training adaptations improving muscle function as a result of increased muscle mass and improved muscle quality. Consequently, it is important to understand recovery processes determining the recovery after single bouts of strength training and the adaptation to chronic training. In addition to the exercise stress applied on the muscles during exercise, different recovery strategies applied shortly after each exercise bout may greatly affect the speed of recover and the subsequent adaptation processes. Both nutritional and non-nutritional recovery strategies (e.g. cold baths) are frequently used by elite athletes to optimize recovery and the effects of training. Some strategies are aimed at improving anabolic processes in the recovery process (e.g. protein supplements), whereas other strategies are used to reduce the stress on exercised muscles in the early recovery (e.g. antioxidant supplementation and cold baths). The acute effects of such recovery strategies on the speed of recovery, as well as the impact on training adaptations, will be discussed in this paper.

16.50

Misurazione del consumo di ossigeno: sviluppo tecnologico

w Carlo Baldari - Responsabile dell’Unità di scienze dell’Esercizio Fisico e dello Sport

I

l consumo di ossigeno è largamente riconosciuto come uno dei paramenti più indicativi dello stato di forma del soggetto potendo così misurare i limiti funzionali della fitness cardiorespiratoria [Howley et al. 1995]. Inoltre, conoscendo il VO2 e il VCO2 si potrà calcolare il RER (respiratory exchange ratio) valutando il dispendio calorico del soggetto attraverso l’equivalente calorico. La misurazione di questi parametri può avvenire attraverso due modalità distinte: breath by breath (specificamente per studi di cinetica di VO2 e valutazione delle fonti energetiche), e mixing chamber per la misurazione del consumo di ossigeno a stato stazionario. Il metabolimetro portatile K5 (Cosmed K5, Italia), rispetto alla versione precedente Cosmed (K4 b2), sfrutta le innovazioni tecnologiche integrando diverse funzioni di interfaccia con altri device per il monitoraggio dell’attività svolta dal soggetto, oltre ad aver apportato diverse modifiche nel metodo di determinazione delle pressioni parziali dei gas espiratori e di conseguenza anche nel calcolo dei volumi espiratori degli stessi, raccogliendo in un unico strumento la tecnologia breath by breath e dinamic mixing chamber per poter indagare l’espirato umano, nella quasi totalità di tassi metabolici e condizioni di stato stazionario e non stazionario, utilizzando strategie di analisi standardizzate oltre che in laboratorio anche sul campo. (Gian Pietro Emerenziani e Francesco Bolletta - Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, presso l’Università degli studi di Roma “Foro Italico”)

17.20

Quando, quali e quante: il grande dilemma delle proteine

w Elena Volpi - MD, PhD. University of Texas Medical Branch at Galveston, USA

L’

assunzione di proteine e la contrazione sono i due maggiori stimoli anabolici per il muscolo scheletrico. Entrambi questi stimoli attivano la sintesi proteica e la deposizione di nuove proteine nel muscolo attraverso meccanismi comuni: la vasodilatazione, l’aumento del trasporto di aminoacidi e l’attivazione di mTOR. La dose e composizione delle proteine ingerite

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determina la risposta anabolica del muscolo. In particolare, il contenuto dell’aminoacido leucina è importante nel determinare l’ampiezza della risposta anabolica muscolare. È anche importante considerare che durante l’esercizio fisico mTOR viene inattivato a causa dell’attivazione dell’AMPK e/o della insorgenza di acidosi, e che la massima stimolazione di mTOR e della sintesi proteica avviene nella fase di recupero dopo la cessazione dell’esercizio. Pertanto, la somministrazione di proteine prima o durante l’esercizio fisico non produce miglioramenti significativi del bilancio proteico muscolare. Al contrario, la somministrazione di proteine dopo l’esercizio ha un effetto additivo e stimola al massimo l’anabolismo proteico.

17.50

DISCUSSIONE

18.20

CHIUSURA DEI LAVORI

z 6 MAGGIO 2016

NUTRIZIONE E SPORT NEL BAMBINO E NELLA DONNA Moderatore: Antonio Paoli

(SESSIONE IN COMUNE A PIÙ PERCORSI, IL PROGRAMMA E LE RELAZIONI SONO A PAG. 8)

z 7 MAGGIO 2016 NUTRIZIONE E SPORT: LA “FILIERA DELLA SALUTE” PER LO SPORTIVO 09.30

Acqua: dalla contrazione muscolare alla performance. Ruolo dell’idratazione nello sport w Antonio Paoli - Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova

“L

e acque precedono ogni forma e sostengono ogni creazione” (M. Eliade). L’acqua è un componente fondamentale del nostro organismo, ma ha un suo ruolo anche nello sport. La sua funzione più chiara ed evidente è quella correlata al mantenimento dell’omeostasi termica tramite la sudorazione. Durante l’esercizio fisico aumenta notevolmente la sudorazione e con essa aumenta notevolmente la necessità di reintrodurre acqua. Infatti la principale conseguenza di questa elargita sudorazione è la disidratazione. La quantità di sudorazione è direttamente correlata con l’intensità e la durata dell’esercizio fisico e delle condizioni ambientali. In ambiente con elevata umidità relativa, per esempio del 100%, l’aria è già satura di vapore acqueo e in queste condizioni è impossibilitata l’evaporazione del sudore e quindi non ha luogo il processo di raffreddamento della cute; in queste condizioni il sudore non potendo evaporare, gocciola. D’altra parte in condizioni di aria secca il sudore evapora molto più rapidamente dalla cute e ciò consente un efficace raffreddamento della pelle stessa. Vi sono molti dati che indicano come condizioni di disidratazione siano in grado di influenzare negativamente la performance. Spesso l’idratazione di partenza non è adeguata e la perdita di liquidi andrebbe monitorata. Una perdita maggiore di liquidi del 2% del peso corporeo porta a una riduzione della performance. Quando la perdita raggiunge il 4% o più la diminuzione della performance diventa importante, con difficoltà di concentrazione, cefalee, irritabilità, insonnia, aumento della temperatura corporea e della frequenza respiratoria. Ma la disidratazione non influenza solo la prestazione di endurance, ma anche quella di forza, infatti una condizione di disidratazione va a interferire con i meccanismi di contrazione muscolare provocando una riduzione dello sviluppo della forza anche in presenza di un’aumentata eccitabilità periferica muscolare. Poiché l’assimilazione dei liquidi dipende dalla velocità di svuotamento gastrico e di assorbimento intestinale, è consigliato bere tra i 150 e i 350 ml di liquidi a intervalli regolari di circa 15-20 minuti l’uno dall’altro. Anche il tipo di liquido da apportare è oggetto di discussione, ma la cosa importante è il valore di idratazione di partenza, prima della partita o della gara, e questa può essere controllata adeguatamente con l’acqua introdotta quotidianamente. Le caratteristiche dell’acqua che si introduce sono egualmente importanti e quindi la scelta del tipo di acqua da bere quotidianamente diventa un fattore non trascurabile. Tra le caratteristiche da valutare positivamente nella scelta dell’acqua c’è, per esempio, il valore del PRAL (potential renal acid load), che deve essere possibilmente neutro o leggermente alcalino, la leggerezza dell’acqua, che favorisce l’assunzione di quantità adeguata di liquido, e altri ancora.

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10.00

The effect of different milk proteins on muscle hypertrophy and effects of strength training w Truls Raastad - Norwegian School of Sport Sciences

M

ilk proteins, and especially the whey fraction of milk protein, have gained interest because of their effectiveness in stimulating muscle protein synthesis (MPS) in the hours after ingestion. Whey protein is rapidly digested and absorbed; giving a rapid aminoacidemia, which seems to be one of the triggers of MPS. Especially, the increase in leucine concentration after meals has been linked to the stimulation of MPS. Consequently, protein supplements resulting in a rapid and large increase in leucine concentrations may be potent stimulators of MPS. Whey protein can be produced and processed in several ways that affects the biological response, but so far there have been little focus on effects of different whey products. Native whey is produced by a filtration technique and differs from normal whey protein concentrate (WPC-80) in both the amino acid composition and the more gentle production process (gentle heating and no acidification). It has therefore been hypothesized that native whey is a more potent stimulator of muscle anabolism than the traditional WPC-80. During the last four years we have conducted a series of studies investigating both the acute effects and long term effects of different milk protein products on muscle hypertrophy in combination with strength training in young and elderly men and women. Results from these studies will be discussed in the paper.

10.30

Approccio nutrizionale e di supplementazione nelle attività di forza w Massimo Negro - Ambulatorio di Nutrizione dello Sport, C.R.I.A.M.S., Centro di Medicina dello Sport, Università di Pavia, Voghera (PV)

L’

ottimizzazione di capacità prestative che richiedono particolari espressioni di forza e potenza richiede opportune strategie nutrizionali. Da un punto di visto calorico, glucidico e lipidico gli apporti sono molto variabili e sono il risultato di sinergie che coinvolgono l’intensità e il volume d’allenamento, le caratteristiche dell’atleta (età, sesso, risposte metaboliche ai carichi di lavoro) e la sua storia nutrizionale. Tali discipline sono anche caratterizzate dalla necessità di modificare la composizione corporea, favorendo lo sviluppo della massa muscolare e/o ridurre la massa grassa e questo incide ulteriormente sulla quantità/ qualità dei nutrienti “energetici” da introdurre giornalmente o settimanalmente. Gli atleti impegnati nella preparazione fisica finalizzata all’ipertrofia muscolare e allo sviluppo della forza richiedono maggiori quantitativi proteici rispetto ad altre discipline. Recenti ricerche hanno sottolineato come alcuni vantaggi si possano ottenere addirittura superando lo “storico” limite di circa 2 g/Kg di proteine giornaliere, arrivando a oltre 3 g/Kg/die per brevi periodi di tempo e senza incorrere in effetti collaterali. Per ciò che riguarda la supplementazione proteica (quantità, fonti, timing di somministrazione), così come l’utilizzo di altre sostanze (come per esempio la creatina), la discussione è ampiamente aperta e sarà trattata nel corso della relazione.

10.50

Indicatori di sovrallenamento: stato dell’arte w Alberto Mario Bargossi - Medico chirurgo; specialista in Medicina di Laboratorio, specialista in Medicina dello Sport

L

a semeiotica strumentale di laboratorio applicata alla medicina dello sport è la branca della scienza delle analisi che studia, avvalendosi di mezzi chimici e fisici su matrici diverse, aggiustamenti e adattamenti in risposta ai carichi allenanti e ne ricava dati relativi allo status di allenamento e alla condizione generale dell’atleta. Il ricorso al Laboratorio permette di meglio comprendere la Sindrome da Superallenamento. Non è assolutamente sufficiente considerare se i reperti rientrano nella “normalità”: va considerato che molti parametri chimico clinici non hanno distribuzione “normale”. Problema a sé quello della variabilità analitica. Ma quali esami per seguire status e adattamenti dell’atleta. L’Aminoacidogramma plasmatico e urinario esplorerà un modello di OTS, il Colesterolo totale indicherà un affaticamento organico, l’Acido Urico sulle urine del primo mattino è un’espressione del recupero, un’alterazione del bilancio ossidativo permetterà di valutare il modello sotteso; infine i livelli di Adrenalina e Noradrenalina urinarie informano sulla “condizione” dell’atleta.

11.10

Integrazione e tessuto adiposo w Menotti Calvani - Scuola di Specializzazione in Alimentazione Umana, Università Tor Vergata, Roma

I

l tessuto adiposo è stato a lungo considerato un tessuto di mero deposito di lipidi, una riserva di energia capace di garantire le necessità metaboliche di vari organi e apparati. Le cellule costituenti il tessuto adiposo, gli adipociti, dedicano gran parte del loro volume all’immagazzinamento dei lipidi, ma presentano caratteristiche funzionali diverse a seconda della loro localizzazione, del loro numero e volume, del sesso, dell’età, della stagione, della dieta. Alcuni adipociti, se opportunamente

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stimolati con specifiche strategie nutrizionali e/o ambientali, si trasformano da deposito di lipidi in apparati cellulari capaci di degradarli e produrre calore. Oggi il tessuto adiposo, pur mantenendo il suo ruolo di magazzino dei grassi, è considerato un organo che produce sostanze ad attività ormonale capaci di influenzare altri organi e apparati dai quali riceve a sua volta informazioni e modulazioni. L’organo adiposo è parte integrante di un sistema complesso che regola il funzionamento dell’intero organismo, un aumento e/o una diminuzione del suo funzionamento può compromettere lo stato di salute e, nel caso degli atleti, la loro prestazione. La conoscenza del network di dialogo tra vari sistemi sta fornendo nuove strategie di modulazione dell’organo adiposo.

11.30 12.00

BREAK Sport come momento di prevenzione nutrizionale in età evolutiva w Pierluigi Pecoraro - StudioSANA, Torre del Greco (NA)

A

livello internazionale è ormai riconosciuto che il sovrappeso e l’obesità sono un fattore di rischio per l’insorgenza di patologie cronico-degenerative e una sfida prioritaria per la sanità pubblica. L’obesità e il sovrappeso in età infantile hanno implicazioni dirette sulla salute del bambino e rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo di gravi patologie in età adulta. Per tutte le fasce d’età e senza distinzione di sesso, etnia e condizioni socioeconomiche, impegnarsi in una regolare attività fisica risulta una misura preventiva efficace e ampiamente accettata per fronteggiare una varietà di fattori di rischio per la salute. Secondo le raccomandazioni della World Health Organization (WHO) i bambini e gli adolescenti dovrebbero praticare almeno 1 ora di attività fisica di intensità moderata-vigorosa al giorno. L’indagine “Okkio alla Salute” indica la Regione Campania come l’area con la prevalenza di sovrappeso e obesità in età infantile più elevata d’Italia e una percentuale di ragazzi che praticano attività sportiva strutturata pari al 45%. Scopo del lavoro è stato quello di valutare lo stato di nutrizione dei soggetti che sono iscritti a una scuola calcio, cogliendo l’occasione per promuovere corretti stili di vita, coinvolgendo soprattutto le famiglie. I genitori sono stati riuniti prima e dopo il rilievo di peso e altezza ed è stato consegnato un opuscolo con lo stato ponderale dei figli unitamente ai consigli per una sana e corretta alimentazione. (Roberto Ciampaglia, Francesca Bianco - StudioSANA, Torre del Greco, Napoli)

12.20

Ruolo della supplementazione con nutraceutici in atleti di ultra-endurance w Giovanni Posabella - Specialista in Medicina dello Sport, Medico esperto in Omotossicologia, Master in Scienza dell’Alimentazione e dietetica applicata

I

l mondo dell’ultra-endurance e quello dell’ultra-trail (che ne fa parte) sono in continua crescita sia come numero di eventi sia di partecipanti. Si classificano come ultra-endurance tutte quelle attività che si prolungano oltre le 4-6 ore e comunemente riguardano corsa, trail, ciclismo, scialpinismo e triathlon (mezzo Ironman e Ironman). Cimentarsi con l’ultra-endurance vuol dire andare alla ricerca del proprio limite, fisico e mentale, nel tentativo di raggiungerlo e di spostarlo. Per fare questo è fondamentale un’organizzazione meticolosa e razionale che non preveda solo grandi dosi di allenamento ben strutturato, bensì anche il giusto recupero, insieme all’alimentazione più appropriata e alla preparazione psicologica. Le principali problematiche riscontrate in questo tipo di prove sono infatti tutte strettamente correlate con l’alimentazione. Tre in particolare: la deplezione di glicogeno, la disidratazione o il sovraccarico idrico, i disturbi gastro-enterici. La gestione nutrizionale e la strategia di approvvigionamento di liquidi e cibo diventano determinanti per la riuscita e il risultato della gara. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare come la somministrazione di una dieta adeguata con aggiunta di nutraceutici possa ridurre i disturbi gastrointestinali e la disbiosi frequenti negli atleti che partecipano a queste tipologie di gara. L’esiguo numero di atleti (venti) presi in esame, fa sì che questo studio sia un lavoro preliminare di tipo osservazionale, che vuole valutare con esperienza su “campo” come intervenire da un punto di vista nutrizionale, sui disturbi gastroenterici, che portano disagi e diminuzione della performance e sono tra le cause con la percentuale più alta di motivo di ritiro dalla competizione. Nella normale razione alimentare bilanciata per questo tipo di competizione sono stati introdotti dei nutraceutici o alimenti funzionali. Lo studio di tipo osservazionale ha come scopo quello di valutare l’incidenza delle problematiche nutrizionali prima durante e dopo la competizione in atleti di ultra-endurance che svolgono una gara di ultra-trial della duranta di circa 35-40 ore. C’è un’elevata prevalenza di problemi gastrointestinali durante la pratica sportiva di atleti di lunghe distanze, triatleti e atleti coinvolti in altri tipi di esercizi faticosi e di lunga durata. Tra gli atleti che praticano sport intensi e prolungati la disi-

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dratazione è il ritardo dello svuotamento gastrico (GE) sono le cause più frequenti di disturbi intestinali. Viene affrontato il problema della prevenzione dei disturbi gastrointestinali in atleti che affrontano un allenamento intenso e prolungato e una gara di endurance attraverso un’integrazione con una miscela di nutrienti nella loro alimentazione quotidiana. In primo luogo la loro integrazione aiuta a mantenere la corretta composizione della flora batterica intestinale e quindi a ridurre il rischio di disturbi gastroenterici. Tra gli altri effetti positivi vanno ricordati il miglioramento delle funzioni di digestione e assorbimento dei nutrienti e l’importante effetto immunostimolatorio. Infatti, recenti dati di letteratura indicano un minor numero di infezione alle vie respiratorie negli atleti di endurance sottoposti a integrazione con probiotici. Scopo dello studio è portare benefici generali e gastrointestinali in atleti che si allenano per una competizione di endurance e ridurre gli effetti gastrointestinali indesiderati indotti dallo stress fisico a seguito di un esercizio intenso e prolungato sia in fase di allenamento sia in gara e di conseguenza il ritiro dalla competizione in confronto ad atleti che non seguivano il trattamento. Il raggiungimento degli obiettivi è stato misurato attraverso la somministrazione di 3 questionari appositamente formulati che sono stati somministrati: -un mese prima della competizione di endurance (questionario 1); -a fine allenamento e prima della competizione (questionario 2); -al termine della competizione (questionario 3 per il controllo). Si è proceduto all’arruolamento di 20 tra i 2.300 atleti iscritti all’Ultra Trail du Mont Blanc del 2014. Come controllo si è utilizzato un questionario somministrato da me agli atleti dove viene richiesto il motivo per l’eventuale ritiro dalla gara. I 20 atleti arruolati hanno seguito un programma integrativo a partire da 30 giorni prima della competizione con un’alimentazione studiata per la gara.

12.40

La supplementazione in alta quota: prima, durante e dopo w Giorgio Martini - Dottore in Farmacia, Biologia della Nutrizione, Scienze e Tecnologie del Fitness e Prodotti della Salute, Scienza della Nutrizione

A

limentarsi in modo corretto negli sport di montagna comporta delle attenzioni particolari. L’organismo subisce delle variazioni all’aumentare dell’altitudine e pertanto anche la digestione risente di tali modifiche. Risulta pertanto di fondamentale importanza conoscere le varie tipologie di alimenti e integratori e la loro corretta somministrazione per far fronte alla richiesta specifica a seconda dello sport praticato in montagna.

13.00

Estratti fitoterapici nell’alimentazione e nutrizione applicata alla prestazione w Alexander Bertuccioli - Biologo nutrizionista perfezionato in nutrizione in condizioni fisiologiche, Professore a.c. Laboratorio di valutazione antropometrica, Dipartimento di Scienze Biomolecolari - DISB, Scuola di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

L

a moderna fitoterapia prevede lo studio degli aspetti cinetici e dinamici delle molecole utilizzate. Le applicazioni correlate allo sport e alla prestazione sono principalmente classificate come ergogeniche. L’utilizzo di piante della famiglia delle Brassicacee può esercitare effetti ad ampio spettro sui meccanismi di adattamento cellulare. Tra i più significativi rientra la possibilità di agire come antiossidante indiretto mediante il fattore di trascrizione NRF2 che, una volta attivato, è in grado di up regolare la risposta di diversi meccanismi di difesa cellulare tra cui: NAD(P)H quinone oxidoreductase 1 (quenching su chinoni reattivi), Glutamate-cysteine ligase (sintesi di GHS), Sulfiredoxin-1 e Thioredoxin reductase-1 (azione anti-perossidi), Heme oxygenase-1 (protezione da sepsi, ipertensione, aterosclerosi, dolore), Glutathione S-transferase (formazione addotti con GSH per eliminazione), UDP-glucuronosyltransferase (formazione addotti con acido glucuronico per eliminazione), Multidrug resistance-associated protein (espressione di pompe estrudenti fattori citotossici). Questo processo ormetico è in grado di implementare il performace status cellulare e sistemico. Recenti tecnologie, come il multifrazionamento, consentono di migliorare l’efficienza di estrazione sulle molecole interessate che, mostrando diverse strutture chimiche, richiedono specifiche dinamiche estrattive.

13.20

DISCUSSIONE

13.30

CHIUSURA DEI LAVORI

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TAVOLA ROTONDA ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI

LA PROFESSIONE DEL BIOLOGO Moderatore: Luca Menunni - Giornalista

15.00

Il Biologo nel terzo millennio w Ermanno Calcatelli - Presidente ONB

L

a professione di biologo è poliedrica e in continua evoluzione. Il biologo nel terzo millennio si occupa di nutrizione umana, analisi di laboratorio, tutela ambientale, sicurezza alimentare, biologia ed entomologia forense, citologia, biotutela dei beni culturali, microbiologia e procreazione assistita. La ricerca scientifica, in cui il biologo applica le proprie competenze e le proprie intuizioni, dà risultati formidabili per l’arricchimento del patrimonio di conoscenze del XXI secolo. La società contemporanea ha bisogno del biologo, cui spesso vengono tributati riconoscimenti internazionali di altissimo valore, a partire dal Premio Nobel per la Medicina. Dunque, l’obiettivo più autentico di questa categoria deve essere quello di spostare più in là i confini dell’ignoto, nel campo scientifico. Ciò accade e può continuare ad accadere in virtù dell’inesausta sete di conoscenza del biologo e dell’imprescindibile aggiornamento professionale continuo.

15.20

Il biologo nutrizionista e l’abusivismo professionale w Pierluigi Pecoraro - Consigliere e Delegato Nazionale Area Nutrizione - ONB

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ermo restando che per l’esercizio della professione di biologo nutrizionista è necessaria l’iscrizione all’Albo, munirsi di assicurazione professionale ed essere in regola ai fini fiscali e previdenziali, si richiama l’attenzione sull’imprescindibilità di acquisire conoscenze e competenze post lauream, indispensabili per esercitare la libera professione con scienza e coscienza. Il biologo nutrizionista incontra sempre maggiore consenso nella società di oggi, divenendo un punto di riferimento per i cittadini che vogliono migliorare lo stato di salute e di benessere o trovare nella giusta dieta il supporto nutrizionale fondamentale per numerose patologie ancorché già in trattamento terapeutico/farmacologico. Purtroppo avanzano alcune pseudo professioni, che tentano di affiancarsi alle professioni regolamentate. In questi casi, non è corretto parlare di concorrenza, ma di vero abuso. Tant’è che un “naturopata” è stato condannato per abuso della professione di biologo e di medico perché nel suo studio elaborava diete ed eseguiva test sulle intolleranze alimentari. Conoscere l’intake nutrizionale e lo stato nutrizionale di un soggetto rientrano nel complesso delle attività professionali proprie del biologo nutrizionista e cioè della valutazione dei bisogni energetici e nutritivi finalizzati anche alla determinazione della dieta ottimale quale strumento per il miglioramento dello stato di salute e del benessere.

15.40

Sicurezza alimentare e sistemi di qualità w Luciano O. Atzori - Segretario ONB

S

pesso i colleghi si affacciano all’ONB chiedendo verso quale direzione si evolverà il settore agro-alimentare in modo tale da poter meglio indirizzare i propri sforzi e risorse quali il tempo, la logistica, l’aggiornamento, la formazione, la ricerca mirata di nuovi clienti/committenti, ecc. In altre parole molti biologi si chiedono: “quale sarà lo scenario futuro delle consulenze e delle opportunità occupazionali in campo agro-alimentare e nel connesso settore della sicurezza alimentare?”. Per poter rispondere a questa non facile domanda bisogna saper leggere e interpretare correttamente gli indirizzi imposti dall’UE attraverso le singole Direttive e Regolamenti, i pareri e gli studi dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), bisogna conoscere le leggi del mercato economico e soprattutto occorre comprendere per tempo come reagiscono e risponderanno le imprese agro-alimentari al continuo evolversi delle abitudini sociali (ultimamente molto legate alla crisi economica) e al costante divenire della normativa settoriale. Il settore agro-alimentare risulta essere vastissimo (basta considerare le quasi infinite produzioni, trasformazioni e commercializzazioni di prodotti alimentari che si possono avere) e anche se può sembrare apparentemente “statico” in realtà questo settore è molto “dinamico” grazie al costante proliferare di norme dell’UE (che impongono regole e procedure sempre più attente alla sicurezza alimentare), alla ricerca e studio di nuovi prodotti per cercare di soddisfare gli attuali bisogni legati alle moderne necessità sociali (es. i pasti veloci, gli alimenti già pronti all’uso, catering), di moda (happy hour, ecc.) e salutistiche (ricerca di alimenti sempre più “sani”, “biologici”, addizionati con specifici integratori, ecc.). Tutti questi fattori stanno determinando l’apertura di nuove frontiere verso le quali i biologi altamente formati possono offrire la propria professionalità.

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16.00

Diagnostica di laboratorio baluardo insormontabile w Antonio Costantini - Vice Presidente ONB / w Pietro Miraglia - Consiglierie ONB

S

copo di questo corso di aggiornamento sulla diagnostica di laboratorio è quello di fornire un aggiornamento puntuale su questa disciplina e dare un concreto contributo alla formazione continua alla vasta platea dei biologi. Inoltre, attraverso l’incontro con i biologi, si vuole dare l’opportunità di acquisire le conoscenze amministrative e legislative della professione nell’ambito del Ssn.

16.20

Interazione ambiente e salute w Franco Scicchitano - Consigliere ONB

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uando si parla di ambiente le definizioni che in qualche modo cercano di definirlo sono molteplici, tra le tante tuttavia ne ho scelta una che mi sembra condensare tutti gli elementi che connotano il concetto di ambiente e che ritengo essere perciò la più esaustiva. Secondo questa definizione “L’ambiente è l’insieme delle risorse indispensabili a garantire la vita di tutte le specie viventi, animali o vegetali, semplici e complesse, presenti sul pianeta Terra”. In ogni settore ormai -da quello accademico a quello scientifico, da quello industriale a quello politico, senza tralasciare gli ambiti etici- il tema dell’ambiente assume una dimensione straordinaria proprio perché il confronto tra ambiente e sopravvivenza dell’umanità diventa sempre più inderogabile: il nesso è inscindibile e l’approccio alla questione è altrettanto necessario, sebbene con nuovi strumenti e da nuove prospettive. Anche il Santo Padre ha voluto riflettere sulla problematica ambientale, dando una definizione di ambiente nella sua enciclica “Laudato si’”. Papa Francesco ha chiarito due passaggi che sono fondamentali quando si parla di ambiente: da un lato la responsabilità dell’uomo, dall’altro l’universalità delle risorse che garantiscono la vita. Ma senza entrare nel merito di queste tematiche con evidenti risvolti etici, vorrei brevemente porre alla vostra attenzione una questione che oggi è diventata pervasiva: il binomio ambiente-salute. Il concetto di salute, come sappiamo, ha subito nel tempo una continua evoluzione, e non può essere definito in maniera univoca: si può far riferimento a un concetto puramente soggettivo come “benessere” oppure a una visione puramente clinica come “stato di salute degli organi” o ancora come “benessere sociale”. Tuttavia è possibile individuare un aspetto comune a tutti questi elementi e cioè l’ambiente. Pertanto la salute non è più il benessere derivante dal buon funzionamento degli organi, ma l’una e l’altro sono funzioni dell’ambiente in cui l’individuo e il gruppo vivono e lavorano. Su queste tematiche anche noi biologi svolgiamo un ruolo determinante, e ormai pienamente riconosciuto e apprezzato; nella complessità delle questioni che riguardano l’ambiente siamo protagonisti scientifici nello studio e nella valutazione dei processi e delle risorse ambientali, lo sfruttamento, l’inquinamento, l’antropizzazione, la pianificazione e la gestione delle risorse ecc.

16.40

Sinergie Ordine e Università: formazione base e post laurea w Gianni Zocchi

17.00

Focus sul passaggio alla professione sanitaria e vigilanza del ministero della Salute w Pietro Sapia - Tesoriere ONB

I

l DDL 1324 è stato presentato dal ministro della Salute (On. Lorenzin). L’art. 4 ha lo scopo di ricomprendere la professione di biologo nell’ambito delle professioni sanitarie di cui al D.L. del Capo provvisorio dello Stato 13 Settembre 1946 n. 233, rimettendo, per i biologi, l’esercizio dell’attività di vigilanza sull’Ordine al ministro della Salute. Tale attività di vigilanza comporta la regolamentazione dell’Ordine dei Biologi in Consigli dell’Ordine Regionali e Provinciali e inoltre la Federazione Nazionale dell’Ordine dei Biologi con Sede a Roma. Inoltre, si dispone che tali enti pubblici non economici sono organi sussidiari dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici connessi all’esercizio professionale, dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria, regolamentare e disciplinare, ai quali, tuttavia, non si estendono le norme di contenimento della spesa pubblica e sottoposti alla vigilanza del ministero della Salute. Promuovono e assicurano l’indipendenza e la responsabilità dell’esercizio professionale, la salvaguardia dei principi etici dell’esercizio professionale indicati nei codici deontologici.

17.20 17.40

CONFRONTO DIBATTITO CONCLUSIONI w Ermanno Calcatelli

18.00

CHIUSURA DEI LAVORI

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In collaborazione con:

Con il patrocinio di:

Earth

Responsabili: Prof. Luigi Bonizzi

Direttore del Dipartimento di Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica, Università di Milano

Prof. Gian Attilio Sacchi

Direttore di Scienze Agrarie e Ambinetali, Università di Milano

z 5 MAGGIO 2016

14.00

PRODUZIONE ALIMENTARE DI IV GAMMA La filiera della IV gamma vegetale: aspetti qualitativi dei prodotti w Antonio Ferrante - Dipartimento Scienze Agrarie e Ambientali, Produzione, Territorio, Agroenergia, Università degli Studi di Milano

I

prodotti di quarta gamma hanno un alto valore commerciale per l’alto contenuto di servizio. Durante tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione l’obiettivo è il mantenimento della qualità. La qualità è la risultante dell’interazione tra genotipo, ambiente e gestione della coltivazione. La qualità si ottiene in campo e durante la fase post-raccolta possiamo solo conservarla fino al consumatore. I parametri che concorrono alla definizione della qualità sono molteplici e comprendono caratteristiche interne ed esterne del prodotto. Oggi per indicare l’eccellenza di un prodotto si fa riferimento alla sua “freschezza” ed è spesso usata come sinonimo di qualità. La qualità e la freschezza possono coincidere, ma anche essere divergenti durante la postraccolta. La freschezza è funzione del tempo, un prodotto è tanto più fresco quanto più temporalmente è vicino alla data della raccolta o del confezionamento. La qualità, invece, è definita da diversi parametri e preservata nel tempo restando inalterata dalla raccolta o dal confezionamento, pertanto indipendente dal tempo. La ricerca scientifica oggi è alla ricerca di strumenti innovativi per la valutazione della qualità e della freschezza in modo oggettivo. La disponibilità di questi strumenti permetterà di migliorare tutta la filiera di distribuzione e garantire un prodotto migliore al consumatore.

14.30

Nuove tecnologie nella produzione dei prodotti ready to eat e ready to cook

w Massimo Artorige Giubilesi - Presidente Ordine Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria, Presidente FCSI

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er definizione del Reg. CE 2073/05, gli alimenti pronti sono quei “prodotti alimentari destinati dal produttore o dal fabbricante al consumo umano diretto, senza che sia necessaria la cottura o altro trattamento per eliminare o ridurre a un livello accettabile i microrganismi presenti”. In altre parole, gli alimenti pronti sono cibi preparati in modo tale da essere salubri sotto il profilo igienico-sanitario e pronti al consumo tal quali o previa rigenerazione termica. L’obiettivo primario di un processo alimentare moderno e sostenibile è quello di realizzare prodotti “ready to eat” e “ready to cook” impiegando mild&soft technology di derivazione industriale (cottura sospesa a bassa densità di calore, sottovuoto, a infrarossi, combinata quadrivalente, pastorizzazione) che garantiscono la possibilità di ottenere preparazioni gastronomiche sicure e di qualità, evitando l’uso di additivi inutili. L’abbinamento di tali tecnologie all’uso sapiente del freddo (abbattimento, congelamento, surgelazione) è in grado di validare il processo e il prodotto per un tempo che va dai 45 giorni ai 9 mesi. Rimane da individuare il packaging monouso con materiali di nuova generazione che facciano da barriera alle contaminazioni e alle alterazioni microbiologiche e chimico-fisiche e che siano riciclabili se non addirittura compostabili. Esiste la possibilità concreta di

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applicare queste tecnologie su larga scala per produrre cibi sicuri, con elevato profilo sensoriale ed economicamente alla portata di tutti, sia nella HORECA che nella RC (scuole, ospedali, residenze per anziani, aziende). Le tecnologie e il knowhow si possono acquistare liberamente sul mercato, ma le risorse umane, che sono l’elemento fondamentale del sistema, devono essere formate e addestrate per tempo.

15.00

Stress abiotici e caratteristiche nutraceutiche dei prodotti di IV gamma

w Giacomo Cocetta - DISAA, Università degli Studi di Milano

L

a qualità dei prodotti ortofrutticoli può essere definita attraverso un ampio spettro di caratteristiche e requisiti. Tra questi, le proprietà nutraceutiche spiccano tra le più importanti e costituiscono un attributo che interessa sempre di più il consumatore. Il prodotto di IV gamma è soggetto a una serie di operazioni tecnologiche che inevitabilmente ne influenzano la qualità. Dal punto di vista fisiologico, questi prodotti sono da considerarsi come tessuti vegetali stressati, nei quali si possono osservare eventi legati alla risposta a stress abiotici e all’incedere di fenomeni di senescenza accelerata. Numerosi studi hanno consentito di definire i cambiamenti fisiologici, biochimici e molecolari che descrivono la risposta agli stress abiotici di diverse specie di ortaggi e frutta in pre- e postraccolta. Ciò ha permesso di osservare che, in alcuni casi, il tessuto vegetale stressato, risponde sintetizzando e accumulando livelli più alti di alcuni metaboliti. Spesso si tratta di metaboliti secondari, ma anche di vitamine ed enzimi, deputati al controllo dello stress ossidativo. Molte di queste sostanze hanno un ruolo anche nella fisiologia umana e, pertanto, sono considerati di alto interesse se presenti in elevate concentrazioni negli alimenti. In questa presentazione saranno descritti alcuni casi di studio presi sia dalla letteratura scientifica corrente, sia da studi condotti presso i nostri laboratori. Si vedrà come sia possibile, in una certa misura, controllare e gestire l’effetto di stress abiotici allo scopo di ottenere alti livelli di composti nutraceutici d’interesse.

15.30

Il packaging funzionale per i prodotti vegetali di IV gamma

w Luciano Piergiovanni - PackLAB - DeFENS, Università degli Studi di Milano

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olte funzioni diverse, di protezione, di comunicazione, vessillifere e di servizio, si sommano comunemente in tutte le forme di confezionamento alimentare. Le funzioni più innovative, implementate nelle soluzioni più moderne, sono però quelle del cosiddetto active, intelligent e smart packaging che, collettivamente, si indicano come “soluzioni di packaging funzionale”. Nell’ambito dei prodotti orto-frutticoli di IV gamma, in particolare, queste soluzioni possono offrire grandi vantaggi e modificare profondamente gli scenari di mercato e di consumo. Le caratteristiche di deperibilità di questi prodotti e le esigenze di indirizzarne i consumi verso una più larga fascia di consumatori, anche con specifici bisogni e problematiche, offrono opportunità davvero interessanti per il cosiddetto packaging funzionale. L’intervento proposto intende presentare questi aspetti peculiari dell’applicazione del functional packaging al settore dei vegetali e dei frutti di IV gamma, proponendo alcuni dei brevetti e delle idee più brillanti che sono stati proposti al mercato dei potenziali utilizzatori negli ultimi anni. Un adeguato spazio sarà inoltre riservato agli argomenti della ricerca scientifica che risulta molto attiva e propositiva in questo campo, anche a livello nazionale.

16.00

BREAK

PROTEINE ANIMALI E VEGETALI: LUCI E OMBRE

16.15

Proteine animali per la nutrizione in età geriatrica w Andrea Urbani - PhD, professore Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Biochimica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Roma

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a composizione della popolazione mondiale è rappresentata da una forma piramidale, che riflette l’invecchiamento progressivo dei Paesi sviluppati, dove vi è un aumento dell’aspettativa di vita, una ridotta mortalità e una fertilità diminuita. L’aumento della popolazione con età maggiore di 65 anni ha provocato un’alta incidenza di malattie croniche (caratterizzate da uno stato infiammatorio basso ma continuo) che, a loro volta, predispongono l’aziano alla malnutrizione. La malnutrizione ha effetti negativi sia sul paziente ospedalizzato sia su quello domiciliato. Per questo l’utilizzo di prodotti lattiero caseari, che contengono

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proteine nobili e ad alta digeribilità, oltre a una gradevolezza intrinseca, dovuta alla peculiare palatabilità, giocano un ruolo centrale per combattere la malnutrizione nell’anziano. L’alimentazione con prodotti lattiero caseari, e in particolare con derivati a base di proteine del siero, è fondamentale per contrastare lo stress ossidativo proprio di questa età grazie al contenuto di calcio e ai peptidi bioattivi. In questo la proteomica, la disciplina che studia l’intero corredo proteico di una cellula, organismo, fluido biologico, ma anche di un alimento, ci aiuta a comprendere meglio questi alimenti e la loro veicolazione, aiutandoci a comprendere le modifiche che avvengono durante loro trasformazione nei processi industriali, e il loro destino nell’organismo, dando quindi una chiave funzionale alla nutrizione, anche in età geriatrica.

16.45

La carne nel modello alimentare mediterraneo

w Elisabetta Bernardi - Nutrizionista, Università di Bari

I

l modello alimentare mediterraneo prevede il consumo di tutti gli alimenti, senza nessuna esclusione, e suggerisce un elevato apporto di verdura, legumi, frutta fresca e secca, olio d’oliva e cereali (per un 50% integrali); un moderato consumo di pesce, prodotti caseari (specialmente formaggio e yogurt) e carne e basso di dolci. Per questa ragione deve essere guardato come modello in cui non predomina il singolo nutriente o alimento, ma l’effetto della dieta complessiva. Infatti l’effetto benefico della dieta mediterranea è dovuto alle combinazioni sinergiche dei nutrienti e delle sostanze protettive contenute negli alimenti. Molti pensano che la dieta mediterranea escluda il consumo di proteine animali e, in particolare, di carne. Questo non è corretto perché in realtà secondo il modello dietetico mediterraneo la carne, il pesce, le uova e i legumi sono considerati parte del gruppo degli alimenti che fornisce proteine. Tale modello invita a selezionare una varietà di alimenti ricchi di proteine per migliorare l’assunzione di nutrienti preziosi per la salute. Quello che invece è corretto, è il suggerimento di limitarne il consumo secondo porzioni e frequenze che dipendono da età, sesso e livello di attività fisica. In particolare per le carni, che sono certamente tra gli alimenti più controversi, i suggerimenti fondamentali sono di preferire i tagli magri e di condire le preparazioni utilizzando esclusivamente olio di oliva extra vergine limitando l’apporto di sodio.

17.15

Identificazione di attività biologiche di proteine dei semi per il loro utilizzo in alimenti funzionali (nutraceutica molecolare)

w Marcello Duranti - Professore, Biochimico

L

e proteine dei semi edibili costituiscono la fonte primaria di amminoacidi per l’alimentazione umana e animale. Tuttavia un altro aspetto di interesse, di cui peraltro i ricercatori stessi sono poco consapevoli, è la concreta possibilità che proteine e peptidi di origine vegetale possano svolgere ruoli nella fisiologia umana che vanno ben oltre il mero apporto di amminoacidi. In effetti le ricerche nel settore stanno evidenziando un numero crescente di proteine e peptidi, derivanti da semi comunemente consumati, dotati di interessanti proprietà biologiche che spesso si configurano come vere e proprie attività nutraceutiche. È dunque importante identificarli, caratterizzarli strutturalmente e funzionalmente, dosarli e rintracciarli negli alimenti, per favorirne un utilizzo consapevole e per valorizzarli come ingredienti funzionali o, in qualche caso, addirittura come principi attivi di farmaci. Questa presentazione riporta alcuni esempi di proteine e peptidi bioattivi presenti nei semi di leguminose, proponendosi altresì di documentare da un lato la straordinaria ricchezza delle fonti e dall’altro il lungo percorso che ancora ci separa da una piena conoscenza dell’argomento.

17.45

Proteine allergeniche vegetali

w Patrizia Restani - Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università degli Studi di Milano

L

e allergie alimentari sono reazioni avverse agli alimenti in cui è coinvolto il sistema immunitario; sia gli alimenti di origine animale sia quelli di origine vegetale possono essere responsabili di eventi allergici con sintomatologia variabile: dal pizzicore in gola o alla lingua, allo shock anafilattico con esito talora fatale. Le proteine vegetali, responsabili delle forme allergiche più comuni, sono classificate in quattro gruppi: 1) superfamiglia delle cupine; 2) superfamiglia delle prolamine; 3) famiglia delle proteine appartenenti al sistema di difesa della pianta e 4) le profiline. Tra i vegetali più frequentemente coinvolti nelle allergie alimentari vanno citati i legumi (tra cui l’arachide) e i frutti a guscio (nocciole, mandorle, ecc.). La prevalenza dell’allergia all’arachide è meno frequente in Italia rispetto ai Paesi anglosassoni, ma la severità della sintomatologia rende comunque questo alimento particolarmente a rischio. Nel caso dell’arachide va considerata attentamente la possibile cross-reattività con altri legumi; in questo senso negli ultimi anni particolare interesse ha suscitato il lupino, in quanto per le sue potenzialità salutistiche

47


e tecnologiche questo vegetale entra nella formulazione di molti prodotti alimentari. In Italia, sono inoltre numerosi i casi di allergia alla nocciola e ai frutti della Famiglia delle Rosacee (mele, pesche e ciliegie).

18.15

Alimentazione Biocompatibile®: Mangiare Salute

w Mario Di Felice - Farmacologo, Naturopata, esperto di Alimentazione e Medicina Naturale

I

n un periodo di forti richiami sulla necessità di una dieta equilibrata e stili di vita adeguati alla natura umana come fattori di prevenzione nei confronti del crescente dilagare di malattie degenerative e in una società sempre più confusa sulle scelte alimentari da fare (onnivora, vegetariana, vegana, macrobiotica, etc.), occorre conciliare le ragioni dello star bene (benessere) con quelle del mangiar bene (piacere). L’OMS ha dichiarato che l’80% delle malattie degenerative derivano dal consumo di cibo spazzatura (cibo industriale, fast-food, energy-drinks e bevande gasate). Cosa si intende per alimentazione biocompatibile? Un’alimentazione tollerata dagli organismi viventi senza danni o reazioni di rigetto. Per capire quale sia il miglior cibo, dobbiamo rifarci alla nutrigenomica, ovvero la scienza che studia come le sostanze contenute nei cibi siano in grado di interagire con i nostri geni fino a modularne le risposte cellulari; essa pone l’attenzione sul fatto che i geni di ogni persona si adattano meglio al tipo di cibo al quale i suoi antenati si sono adattati per migliaia di anni. Se penso a quanti italiani in questo periodo storico consumano cibi che provengono da tutti gli angoli del mondo e che sono estranei alla propria genetica, si intuisce facilmente come uno dei fattori critici per la nostra integrità psico-fisica sia l’alimentazione. Tutto questo ci esorta a rispolverare un vecchio detto italico: moglie e buoi dei paesi tuoi. Nel nostro Paese, fino a quando (50-60 anni fa) si seguiva la Dieta Italica® -costituita da cibo naturale integrale, locale, fresco, stagionale, come cereali integrali e legumi in abbondanza; ortaggi e frutta matura di stagione in abbondanza; moderatamente grassi vegetali (olio extravergine di oliva, girasole) e animali (burro, strutto); moderatamente proteine animali (uova, latte, formaggi, pesce); occasionalmente carne- l’incidenza di malattie degenerative era molto bassa. Purtroppo, il mondo del business ha corrotto tutta la nostra realtà agricola e alimentare, con un impatto disastroso sull’ambiente, sulla qualità del cibo che mangiamo e sulla salute. Tornare indietro, dunque? Praticamente sì; solo recuperando la nostra tradizione alimentare, possiamo pensare di evolvere.

18.45

CHIUSURA DEI LAVORI

z 6 MAGGIO 2016 LA FILIERA ALIMENTARE

10.00

LETTURA MAGISTRALE: i controlli della filiera alimentare

w Dario Buzzi - Direzione Rete Vendita Esselunga S.p.A. w Luca Magnani - Direttore Assicurazione Qualità Esselunga S.p.A.

E

sselunga, azienda italiana della GDO, in risposta ai consumatori attenti alla propria salute, ha deciso di eseguire direttamente i controlli della filiera alimentare. Per facilitare e garantire il controllo di migliaia di prodotti in assortimento, Esselunga ha sviluppato la “filiera corta”, strategia aziendale con consegne centralizzate dei prodotti secondo un approvvigionamento in diretta connessione con le esigenze giornaliere dei punti vendita. Nei centri, Esselunga gestisce la lavorazione di carne e pesce, i magazzini di ricevimento degli ortofrutticoli, latticini e prodotti di gastronomia, oltre a produrre piatti pronti al consumo, paste fresche e dolci da forno a breve scadenza a marchio Esselunga TOP “Made in Parma”. Per qualificare l’offerta commerciale Esselunga ha sviluppato prodotti a marchio di Filiera -es. Esselunga Bio, Esselunga Equilibrio e Esselunga Naturama- con un fattore comune: le specifiche tecniche di produzione sottoscritte con il fornitore. I fornitori, superata la qualifica, vengono validati dai tecnici dell’AQ, 41 esperti laureati in materie scientifiche che periodicamente si recano nelle aziende agricole, negli allevamenti e presso gli stabilimenti. Per Esselunga l’ultimo controllo della filiera è nel punto vendita con la rete ispettiva, i responsabili dei negozi e dei reparti, che quotidianamente vigilano sul rispetto del metodo di produzione, dello stato igienico sanitario dei reparti stessi e verificano lo stato qualitativo dei prodotti.

48


FOCUS: LA FILIERA DEL BIOLOGICO

11.00

Agricoltura biologica: qualità della filiera e del prodotto

w Stefano Bocchi - Professore Ordinario di Agronomia e Coltivazioni erbacee del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali

L’

agricoltura italiana, non potendo contare su grandi economie di scala, ha da sempre fatto leva sulla qualità delle proprie produzioni. Il concetto di qualità di prodotto viene oggi interpretato come risultato finale e frutto della qualità dell’ambiente di produzione e dell’insieme delle scelte fatte lungo la filiera produttiva, dalla coltivazione alla vendita. La strategia che sta alla base dell’organic farming OF (agricoltura biologica) è inserita in questo quadro complesso e affronta in modo integrato i tre pilastri del concetto di sviluppo sostenibile: socio-economico (competizione sui mercati, offerta di lavoro per diverse tipologie di soggetti), tecnico-tecnologico (innovazione) e ambientale (rispetto, salvaguardia e cura sistematica delle risorse). OF affronta la questione della qualità e sicurezza alimentare adottando l’approccio agro-ecologico sotto il controllo di un sistema di certificazione. Per mantenere competitività di impresa e sostenibilità, l’azienda biologica deve raggiungere un’alta qualità dei prodotti e dei servizi eco-sistemici offerti, stabilendo con il consumatore/fruitore un rapporto di fiducia. Sistemi di etichettatura affidabile, ricorso a indicatori applicati alle caratteristiche del prodotto e modalità di produzione, sistemi di regole, controlli e sanzioni efficaci sono strumenti che oggi la food policy deve adottare non soltanto per informare e convincere, ma anche per proteggere i consumatori e i produttori.

11.30

Qualità nutrizionale dei frumenti da produzioni biologiche w Zina Flagella - Professore Ordinario di Agronomia e Coltivazioni Erbacee, Coordinatore del CdS magistrale in Scienze degli Alimenti e Nutrizione Umana, Università di Foggia

L’

agricoltura biologica è in costante crescita a livello mondiale e ciò dipende da una sempre maggiore attenzione dei consumatori sia alla sostenibilità ambientale sia alla qualità e salubrità alimentare. In Europa la superficie investita a cereali biologici si è raddoppiata negli ultimi 10 anni e rappresenta il 38% della SAU biologica a seminativi. In Italia su 203.00 ettari coltivati a cereali biologici più della metà sono investiti a frumento, prevalentemente frumento duro (72,8%) e in minor misura frumento tenero e farro (26,7%). Diversi studi hanno riportato un’influenza positiva del metodo di coltivazione biologico sulla qualità nutrizionale e salutistica del frumento, pur essendosi osservata una superiorità del frumento da agricoltura convenzionale relativamente a resa e contenuto proteico. È ipotizzabile che in condizioni di limitata disponibilità d’azoto tipiche dell’agricoltura biologica, il metabolismo possa dirigersi verso la sintesi di metaboliti secondari come i composti fenolici a elevata valenza salutistica. Anche il mancato uso di prodotti fitosanitari di sintesi nei sistemi biologici potrebbe indurre un contenuto più elevato di composti fenolici. Il metodo di coltivazione biologico è inoltre in grado di influenzare il contenuto in fibra, carotenoidi, vitamina E e in elementi minerali, sebbene siano riportati risultati contrastanti in letteratura.

12.00

La carne biologica: una nuova opportunità

w Elisa Pasquale - PhD

C

on il termine “biologico” si intende ciò che viene ottenuto, pianta o animale, attraverso un metodo produttivo che non ricorra ai prodotti di sintesi e che rispetti una serie di norme che vincolano il produttore nel modo di operare. Più in particolare, il concetto di zootecnia biologica è quello di condurre un allevamento che sia rispettoso dell’animale, dell’ambiente e del consumatore. Gli animali in azienda risultano importanti in quanto: • chiudono il ciclo ecologico dell’azienda; • forniscono letame, ammendante per il terreno e principale fonte di sostanza organica nell’agricoltura biologica; • producono latte, carne e loro derivati; • richiedono aree a foraggio impedendo rotazioni troppo strette delle colture e favorendo la fertilità del terreno. Dal punto di vista e quindi nell’ottica del consumatore l’attenzione va focalizzata nei confronti delle caratteristiche nutrizionali e livelli di contaminazione da residui (pesticidi, antibiotici etc) delle carni ottenute da allevamenti di tipo biologico. A tal proposito sono state indagate le caratteristiche nutrizionali di tipologie diverse di carni provenienti da allevamenti di tipo biologico unitamente a elementi di food safety (presenza di pesticidi, contaminanti persistenti presenti in ambiente e sostanze antibiotiche) al fine di dare una corretta informazione e visione al consumatore in un’ottica di food safety lungo la filiera produttiva.

12.30

DISCUSSIONE

13.00

BREAK

49


z 7 maggio 2016

CEREALI + CELIACHIA + INTOLLERANZE E ALLERGIE

09.30

Micotossine nei cereali: aspetti normativi e tematiche aperte

w Vittorio Dell’Orto - Professore

L

a normativa europea che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali è: • Regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione del 27 gennaio 2009; • Direttiva 152/2009/CCE del Consiglio; • Regolamento (UE) N. 691/2013 della Commissione del 19 luglio 2013; • Regolamento (CE) N. 401/2006 della Commissione del 23 febbraio 2006. La normativa europea che fissa i metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari è: • Regolamento (CE) N. 401/2006 della Commissione del 23 febbraio 2006; • Raccomandazione della Commissione (2006/583/CE) del 17 Agosto 2006; • Regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione del 27 gennaio 2009; • Regolamento (UE) N. 691/2013 della Commissione del 19 luglio 2013. La normativa europea che fissa i limiti massimi ammissibili per le micotossine negli alimenti per animali è: • Direttiva 2002/32/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 maggio 2002; • Raccomandazione della Commissione (2006/576/CE) del 17 Agosto 2006; • Regolamento (CE) n. 466/2001 della Commissione dell’8 marzo 2001; • Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004.

10.00

La Proteomica per lo studio degli allergeni alimentari

w Paola Roncada - PhD, Istituto Sperimentale Italiano L. Spallanzani, Milano

G

li allergeni alimentari sono rappresentati principalmente da proteine, e la scienza che si occupa di studiarle è la proteomica. Questa disciplina studia struttura, funzioni e metabolismo delle proteine, e in campo alimentare può essere sfruttata per determinare la qualità del cibo e illustrare il suo impatto nell’uomo, una volta ingerito e scomposto dalla digestione. La proteomica può veramente fare la differenza nella tutela della qualità e della sicurezza del cibo, e gli allergeni sono di competenza della sicurezza alimentare. Infatti, se da una parte i processi di trasformazione di un alimento garantiscono la sicurezza da un punto di vista microbiologico, è possibile che trattamenti troppo aggressivi o non ben controllati modifichino irreversibilmente la struttura delle proteine che lo compongono dando luogo a prodotti diversi. Tali prodotti potrebbero addirittura non venire digeriti od originare frammenti (peptidi) che non vengono riconosciuti in modo corretto dal sistema immunitario aumentandone quindi il potenziale allergenico. La proteomica quindi è in grado di determinare un potenziale allergene in un alimento e di fornire importanti indicazioni anche sul processo di trasformazione fornendo dati preziosi anche per la valutazione del rischio. Questo discorso è fondamentale soprattutto quando si parla di globalizzazione, perché i nuovi cibi (per esempio insetti) a cui non siamo culturalmente abituati potrebbero contenere nuovi ‘allergeni’, naturalmente anche di natura proteica.

10.30

La proteomica nella valutazione dei grani ancestrali w Vincenzo Cunsolo - Laboratorio di Spettrometria di Massa Organica, Dipartimento di Scienze Chimiche, Università degli Studi di Catania

L

e relazioni esistenti tra lo stile alimentare di un individuo e la sua salute sono ampiamente documentate e sono determinate da diversi fattori, tra cui la composizione e le proprietà delle materie prime alimentari, gli effetti dei trattamenti a cui sono sottoposte, nonché dai prodotti della loro digestione nel tratto gastro-intestinale. Il grano è alla base dell’alimentazione umana e, attraverso la sua trasformazione in farina e semole, permette di ottenere prodotti alimentari a medio e basso costo, ma caratterizzati da un considerevole apporto energetico. D’altra parte, il frumento può causare reazioni avverse in soggetti predisposti (es. allergia e celiachia) mentre sempre più individui, pur non essendo celiaci, soffrono o reputano di soffrire di problemi causati dal grano e/o dall’ingestione di glutine. Negli ultimi anni pertanto è cresciuto l’interesse per i prodotti senza glutine, ma anche per le varietà di grano ancestrali che, pur senza la base di dati scientifici, vengono generalmente considerate meglio tollerate rispetto alle varietà moderne. In tale contesto, studi proteomici comparativi tra le varietà di grano ancestrali e le cultivar commerciali moderne possono fornire le necessarie conoscenze di base per una valutazione delle relazioni che intercorrono tra composizione proteica di una cultivar e sue proprietà tecnologiche, nutrizionali e nutraceutiche.

50


11.00

GAIA: il progetto mangiare bene con allergie e intolleranze

w Paola Minale - UO Allergologia IRCCS San Martino, Ist. Genova

L

e allergie alimentari sono un paradigma di malattia cronica la cui gestione non può essere basata solo su un approccio sanitario. GAIA è un gruppo di cooperazione che riunisce tutte le competenze nell’ambito dell’alimentazione, dagli aspetti sanitari a quelli tecnologici e legislativi, in partnership con le associazioni dei pazienti allergici e celiaci, che hanno avuto un ruolo promotore nel costruire un progetto integrato con gli specialisti. Ogni attore svolge un’azione specifica ma coordinata. IZS.TO PLV svolge una funzione organizzativa e si occupa degli aspetti dei controlli degli allergeni più rilevanti con sviluppo di nuove metodiche; il raccordo con le attività produttive e con gli operatori del settore alimentare è sostenuto dalle Camere di Commercio, Confindustria e associazioni di categoria; la formazione parte dagli istituti alberghieri, per sviluppare le competenze dei futuri ristoratori e creare un collegamento scuola lavoro, estendendosi alla formazione degli OSA e coinvolge le ASL; la Rete allergologica gestisce l’approccio sanitario, dall’appropriatezza della diagnosi al rilievo epidemiologico alla gestione delle emergenze. La Regione Liguria, intesa come ente legislatore, ha dato al progetto una valenza regionale e ha deliberato nel piano di prevenzione interventi programmatici e sostenibili per il prossimo triennio.

11.30

w Antonella Muraro

Le allergie alimentari

12.00

Triticum monococcum: possibili applicazioni nel campo dell’allergia al frumento

w Gianni Zoccatelli - PhD, Assistant professor Department of Biotechnology, University of Verona

I

l frumento (Triticum aestivum) è uno dei principali cereali coltivati al mondo. Allo stesso tempo è causa di diverse patologie allergiche indotte da proteine presenti nelle farine e nei prodotti derivati. Le allergie meglio delineate sono l’asma del panettiere (baker asthma o BA), una malattia respiratoria professionale che colpisce specialmente gli addetti alla lavorazione delle farine, e l’anafilassi al frumento indotta da sforzo (wheat-dependent exercise-induced anaphylaxis o WDEIA). Gli allergeni associati al BA sono per la maggior parte limitati alle proteine della frazione solubile (albumine e globuline), tra le quali spiccano gli inibitori delle alfa-amilasi. L’omega-5 gliadina, appartenente alla frazione proteica insolubile (glutine), è invece stato riconosciuto come il principale agente eziologico della WDEIA. L’unica opzione terapeutica per i soggetti allergici consiste nella continua assunzione di farmaci oltre che nella completa eliminazione dei derivati del frumento dalla dieta. La ricerca di sostituti del frumento in grado di esprimere concentrazioni minime, se non nulle, di specifici allergeni è da considerarsi quindi di primaria importanza. In questo intervento verranno mostrati i risultati di alcuni lavori che hanno evidenziato come alcune linee del frumento “ancestrale” Triticum monococcum o einkorn mostrino un profilo allergenico privo di alcuni tra i maggiori allergeni come l’omega-5 gliadina, oltre che a un’attitudine panificatoria comparabile a quella del frumento moderno.

12.30

Grani antichi e grani moderni a confronto: digeribilità, caratteristiche proinfiammatorie e possibili rischi genetici

w Enzo Spisni - Master in Alimentazione ed Educazione alla Salute, Università di Bologna

I

l grande interesse attuale per i grani cosiddetti antichi, cioè le varietà preesistenti all’introduzione dei grani omologati dei giorni nostri, è soltanto una moda o c’è dell’altro? Esiste una tossicità legata all’utilizzo delle farine moderne o si tratta solo di infondati sospetti instillati ad arte nella coscienza dei consumatori? Questa presentazione analizza come la componente proteica dei grani moderni superproduttivi, messi in commercio a partire dagli anni ’70, sia in grado di aumentare la risposta infiammatoria di enterociti e di cellule del sistema immunitario. I grani moderni potrebbero quindi essere una delle cause dell’aumento della prevalenza della malattia celiaca e della sensibilità al glutine non celiaca. Recenti studi di genetica evoluzionistica suggeriscono inoltre che le popolazioni europee potrebbero essere più inclini agli effetti collaterali legati al consumo delle varietà moderne di grano.

13.00

CHIUSURA DEI LAVORI

51


GREEN CHEMISTRY

14.30

Agricoltura e chimica verde

w Fabrizio Adani - Gruppo Ricicla, DISAA, Università degli Studi di Milano

I

cambiamenti climatici, le tensioni socio-politiche e la necessità di trovare un nuovo assetto economico del mondo hanno portato di fatto la nostra società nell’era della bioeconomia. La chimica verde è un “pezzo” importante della bioeconomia e molte speranze sono riposte in essa per uno sviluppo economico del nostro Paese. La chimica verde rappresenta un settore importante per lo sviluppo futuro dell’agricoltura. Un’agricoltura moderna deve essere in grado di traguardare al futuro con l’innovazione senza per questo perdere il suo ruolo di attività primaria. In tale contesto la chimica verde e l’agricoltura sono fattori imprescindibili: biocarburanti, bio-based compound e molti altri prodotti per usi farmaceutici e nutraceutici sono il prodotto dell’attività fotosintetica, processo, quest’ultimo, naturale ma governato dall’uomo attraverso l’agricoltura.

15.00

L’utilizzo di scarti agro-industriali di diversa origine per la produzione di ingredienti e di materie prime in campo alimentare, cosmetico, farmaceutico

w Barbara Scaglia - Gruppo Ricicla Labs, DISAA, Università degli Studi di Milano

N

el mondo sono prodotti annualmente 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti alimentari, di cui il 7,7% è generato dall’Unione Europea (EU-27) (FAO, 2011). Le più recenti indicazioni europee e italiane pongono l’attenzione sulla valorizzazione di tali biomasse in qualità di feedstock per l’estrazione di molecole a elevato valore aggiunto o per la produzione di materiali ed energia sviluppando il concetto proprio dell’economia circolare e dell’approccio zero-rifiuti. Polifenoli, carotenoidi e fibre costituiscono alcune delle categorie di molecole che potrebbero essere estratte proficuamente dagli scarti dell’agroindustria (per esempio bucce e semi) e impiegate per la produzione di alimenti, prodotti nutraceutici e cosmetici.

15.30

Mais ricco in antiossidanti per l’alimentazione umana

w Roberto Pilu - Professore di Genetica Agraria

N

egli ultimi anni la riscoperta e valorizzazione di antiche varietà tradizionali di mais sta assumendo sempre più importanza anche grazie agli alti livelli di fitonutrienti accumulati nella granella. Tra questi, le antocianine, composti appartenenti alla famiglia dei flavonoidi, sono molecole con proprietà antiossidanti coinvolte nella prevenzione di malattie degenerative legate all’invecchiamento (e.g. patologie cardiovascolari, tumori e obesità) e quindi utilizzate come integratori e coloranti alimentari. In questa presentazione saranno mostrate le metodologie e i risultati ottenuti nella valorizzazione di antiche varietà pigmentate e nell’ottenimento di varietà di neosintesi ricche in queste molecole utili per la salute umana.

16.00

Green technology: tecnica di estrazione da vegetali di composti attivi con anidride carbonica supercritica. Applicazioni in diversi settori: farmaceutico, alimentare, cosmetico

w Antonio Colombo

L’

insieme di imprese che producono principi attivi, integratori alimentari, farmaci naturali, prodotti cosmetici, prodotti erboristici, prodotti omeopatici costituisce un mercato in continua crescita. Il notevole successo dei prodotti fitoterapici nasce dall’interesse dell’opinione pubblica verso estratti efficaci tanto quanto i farmaci di sintesi, ma che siano privi di controindicazioni ed effetti collaterali significativi. Il principio attivo di origine vegetale per poter essere veramente “naturale” deve avvalersi di tecnologie ecocompatibili avanzate, come quelle che utilizzano i fluidi supercritici, che consentano di mantenere inalterati i contenuti biologici dei prodotti naturali senza lasciare residui dannosi nel prodotto finale. Le basse temperature di processo non “stressano” le materie prime vegetali che, in questo modo, conservano tutte le loro caratteristiche. L’utilizzo della CO2 supercritica permette di eliminare l’uso di solventi organici, che sono dannosi per la salute e inquinanti e può essere impiegata con successo anche per la purificazione da pesticidi. La medicina naturale utilizza da sempre fitocomplessi e non la singola molecola di origine sintetica, cioè tutto l’insieme delle sostanze contenute nella pianta, perché è nella loro sinergia che riescono a essere efficaci, rispettando la complessità degli aspetti fisiologici del nostro organismo.

16.30

CHIUSURA DEI LAVORI

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Comitato Scientifico

Dr. Francesco De Seta - Prof.ssa Anna Maria Mattei Dr.ssa Sabrina Anna Nervi - Dr. Franco Vicariotto

z 5 MAGGIO 2016

-PAUSA +BELLA… E SANA

PROPOSTE INNOVATIVE INTEGRATE PER IL BEN-ESSERE DELLA DONNA

Moderatori: Annamaria Mattei / Franco Vicariotto

14.00

Menopausa nel III Millennio: L’altra metà della luna. Bisogni, paure e risorse della donna contemporanea

w Serena Basile - Psicologa, Psicoterapeuta, Referente del Servizio di Psicologia del Centro dNa Milano

L’

aumento della prospettiva di vita fa sì che la menopausa dia avvio a una fase che oggi copre mediamente un terzo dell’esistenza di una donna. Se dunque un tempo si attribuiva al climaterio l’onere di condurre alla vecchiaia, oggi i confini fra il “pieno dell’esistenza” e la sua inevitabile “fase finale” sembrerebbero sfumare dentro dinamiche interne sulle quali immaginario collettivo, immagine corporea e aspettative sociali esercitano un’influenza spiccata, investendo appieno il senso di identità personale. Come evidenziato dalla letteratura, le modificazioni ormonali e le loro ricadute sul tono dell’umore espongono sicuramente a rischi di disagio psichico più o meno conclamato, anche con forme acute di sofferenza che possono esitare nelle donne più fragili in quadri clinici psicopatologici. Ciononostante è indubbia la natura fortemente e intrinsecamente creativa di questa fase di vita. Obiettivo dell’intervento è dunque la legittimazione di bisogni e paure tipiche della donna in menopausa, centrando l’attenzione sull’altra metà della luna, ovvero sulla funzione trasformativa e potenzialmente generativa di questi stessi bisogni e paure qualora debitamente elaborati, per una “fase finale” che è possibile vivere nel “pieno dell’esistenza”.

14.20

Sensualità e sessualità rinnovata e consapevole

w Salvatore Caruso - Ginecologo Sessuologo, Professore Associato Università di Catania

L’

aumento dell’età media ha portato a nuove considerazioni relative allo spostamento in avanti dell’età fertile. La nonna di un tempo adesso è potenzialmente procreativa; è madre ed è madre di figli senza figli. Di conseguenza il nido è sempre più vuoto. In questo scenario la femminilità resta viva o rinasce, animata peraltro da input mediatici di notevole penetrazione, che in sintesi trasmettono stereotipi del tipo “sempre giovane, elegante, ben curata, tutti ti guardano…”. In questa storia si inseriscono amori che finalmente trovano spazio in un’esperienza di vita fin a quel momento occupata da altre preoccupazioni, che in breve vengono condensati in un solo termine: realizzazione socio-personale. E, dall’altra parte, nuovi innamoramenti che soppiantano le vecchie non più gratificanti relazioni, magari con cui si è procreato. In tutta questa visione, la medicina si inserisce con prepotenza a seguito di richieste di counselling per finalità le più varie, come il recupero o il mantenimento della femminilità carica di sensualità, in cui trova spazio la nutraceutica, la chirurgia e la medicina estetica, le terapie ormonali. Il disagio sessuologico diventa una delle lamentele più frequenti; basti pensare alla vulvodinia, alla secchezza vaginale, al dolore pelvico, o alla dispareunia, anorgasmia, disturbo del desiderio, o al deficit erettivo del partner. Ciascuna di queste disfunzioni può ricevere opportuno trattamento in una visione di terapia integrata.

14.50

Menopausa, gestione del presente: parole, numeri e fatti. Economia gestionale in campo sanitario

w Franco Vicariotto - SIM (Società italiana menopausa)

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Q

uando comincia, quanto dura e, soprattutto, quando finisce la menopausa? Non c’è una linea di demarcazione netta né sul piano fisiologico, né su quello psicologico e neppure una sola definizione. La menopausa occupa 20 anni della vita. Per le nostre nonne e bisnonne significava la fine della vita femminile. Ora non è più così, la vita può cominciare a 50 anni. La donna ha una vita piena e ricca di momenti importanti che fino a pochi decenni fa anni fa erano impensabili: lavora , ha figli piccoli da accudire, ha nuovi partner. Ma cosa accade? Nulla di terrificante, ma molti sintomi fastidiosi. Le vampate di calore, l’insonnia, le implicazioni psicologiche della perdita della fertilità, il rischio dell’osteoporosi, l’aumento di peso, la diminuzione della libido e le difficoltà ad avere rapporti per l’atrofia vaginale possono influire sulla qualità della vita e l’equilibrio psicofisico. Se una volta la cultura dominante imponeva di rassegnarsi e accettare e la donna era spesso impreparata e pronta a subire, oggi l’informazione consente di prevenire e risolvere. Ogni donna ha la sua menopausa sia dal punto di vista ormonale sia del suo contesto affettivo, psicologico, familiare, lavorativo e la affronta in modo diverso, influenzato dal suo stile di vita e alimentare, dal suo contesto socioculturale. Il ginecologo, pur restando ancora in Italia il primo referente, non è più solo: è un direttore d’orchestra che ha al suo fianco altri player (psicologo, ortopedico, internista, cardiologo, medico di famiglia) per fornire soluzioni e terapie ormonali e naturali.

15.20

LETTURA MAGISTRALE: Stato dell’arte endocrinologico, nuova frontiera di suggestioni per la ricerca e applicazione della terapia ormonale sostitutiva

w Annamaria Mattei - Professore Scuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia, Università degli Studi di Milano

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a menopausa, ultimo ciclo mestruale nella vita di una donna, sancisce ineluttabilmente il passaggio dall’età fertile all’incapacità riproduttiva, porta della senilità! Cento anni fa l’aspettativa di vita femminile coincideva con l’epoca perimenopausale; la menopausa e la sua coorte sintomatologica quindi erano fenomeni poco frequenti, oggi invece possiamo aspettarci una prospettiva di vita dopo l’evento menopausa di almeno un trentennio e abbiamo il diritto non solo di vivere questa porzione di vita, ma di viverla bene! La caduta degli estrogeni in climaterio rappresenta il primum movens di tutta la cascata negativa di eventi che dal cervello all’osso, all’apparato cardiovascolare, al sistema genitourinario mina il nostro benessere e in molti casi, se non opportunamente riconosciuta e trattata, ci espone a veri e propri rischi di salute. A che cosa possiamo far ricorso? La terapia ormonale sostitutiva, demonizzata una decina di anni fa perché ritenuta causa primaria di una maggior incidenza di tumori della mammella e di patologie cardiocircolatorie, ha ripreso un posto importante nel trattamento della sintomatologia menopausale; si deve parlare comunque di una terapia personalizzata, con i giusti dosaggi e le più corrette vie di somministrazione, utilizzata per il periodo più idoneo alla correzione dei sintomi e alla garanzia di una condizione di vero benessere. Non si deve comunque sottovalutare l’importanza dello stile di vita come fattore imprescindibile che sottende il beneficio di qualsiasi approccio farmacologico: una corretta attività fisica, la riduzione nell’assunzione di caffeina e alcol, un apporto dietetico controllato e non da ultimo l’assunzione di calcio e vitamina D ci garantiranno di ottenere i migliori risultati sia dalla terapia ormonale sostitutiva sia dall’uso di fitoterapici di ultima generazione.

16.00

Microbiota urogenitale e menopausa: equilibrio e salute

w Francesco De Seta - IRCCS Burlo Garofolo, Universita degli Studi di Trieste

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eproductive-aged women are frequently subjected to gynaecological disturbances due to abnormalities in vaginal or gut microbiota and the occurrence of vaginal infections, including vulvovaginal candidiasis (VVC), bacterial vaginosis (BV) and aerobic vaginitis (AV) .VVC is a common yeast infection compromising the quality of life of many women. It has been estimated that about 75% of women experience an acute episode once in their life time and that 30–35% of vaginitis are due to Candida albicans BV is the most common and enigmatic vaginal condition with unknown aetiology and poorly understood pathogenesis (Sobel 2000). BV represents an imbalance in the ecology of the normal vaginal microbiota, characterized by a decrease in the prevalence and concentration of Lactobacillus species, which are predominant in the healthy vagina, and an increase in the prevalence and concentration of several pathogenic bacteria, mainly anaerobes (Machado 2015). AV represents another major abnormality of the vaginal microbiota. In this disorder, lactobacilli are replaced with aerobic organisms, especially enteric commensals or pathogens, such as streptococci, enterococci, Escherichia coli and Staphylococcus aureus (Han 2015). If undiagnosed or untreated, BV and AV might interfere not only with female reproductive health (being associated with an increased risk of sexually transmitted infections) but also they can affect vaginal milieu during menopause. In this phase of life, a decrease of lactobacilli spp (related to the estrogen deficiency) and an increase of a low grade inflammation (inflammaging) in the gut and in the vagina can cause several different sign and tipical symptoms : vaginal atrophy, nicturation, recurrent urinary tract

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infections, dyspareunia etc. Conventional therapies have failed in the treatments of these disorders, due to the poor cure rate and the common recurrences. Instead, the administration of probiotics has been shown to be effective in restoring a normal vaginal/gut microbiota. Taking into account this important health-promoting activity, their exploitation for the preparation of some symbiotics or functional gender food could be a great scientific challenge.

16.30

Aging e anti-aging immuno-neuro-enterico, paradigma della low grade infiammation

w Luciano Lozio - professore

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batteri probiotici intestinali hanno la capacità di gestire gli stress ossidativi in vari modi. La produzione di butirrato e glutatione è essenziale per il mantenimento di una parete intestinale sana ed è notorio che la pelle è lo specchio della salute intestinale. Una pelle “spenta”, poco luminosa o grigiastra, con una tendenza alle rughe in tempi precoci, è indice di sofferenza non soltanto dell’epidermide o del derma, ma lo è soprattutto dello stato infiammatorio-infettivo dell’intestino.

17.00

Mioblasti: attività antiossidanti e metaboliche di PLV w Daniela Miatton / w Laura Tagliaferro - Laboratorio Congiunto ASAcampus, Divisione Ricerca ASA, Dip. di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche, Università di Firenze

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l lievito è un fungo unicellulare, di cui sono state identificate centinaia di specie. Una delle più importanti per la salute e il benessere è Saccharomyces cerevisiae. Questa specie, per la sua ricchezza in micronutrienti e sicurezza, è spesso utilizzata come supplemento alimentare, al fine di integrare le diete caratterizzate da basso rapporto tra micronutrienti e contenuto energetico. Lo studio presentato è stato condotto presso il Laboratorio Congiunto ASAcampus, all’Università di Firenze. In questo lavoro sono riportati i risultati di esperimenti in vitro eseguiti su un modello di mioblasti. Lo scopo è quello di investigare gli effetti del plasmolisato di lievito vegetale Strath (PLV) (Saccharomyces cerevisiae) sul metabolismo energetico cellulare e sullo stress ossidativo. I risultati dimostrano che il PLV aumenta l’attività di alcuni enzimi coinvolti in: glicolisi, ciclo di Krebs e β-ossidazione (vie di produzione energetica). Inoltre, sia in presenza che in assenza di un agente ossidante (H2O2), nelle cellule coltivate con PLV diminuisce la concentrazione di malondialdeide (marcatore dello stress ossidativo) rispetto al controllo privo di PLV. PLV, dunque, ha un duplice effetto potenzialmente benefico: migliora il metabolismo energetico cellulare e protegge le cellule dallo stress ossidativo. (Monica Monici - Laboratorio Congiunto ASAcampus, Divisione Ricerca ASA, Dip. di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche, Università di Firenze)

17.20

La natura una risorsa per la donna w Sabrina Anna Nervi - Specialista in Ostetricia Ginecologia, Uroginecologia, Urodinamica, Uroriabilitazione, Medicina Sistemica Funzionale Integrata, Endocrinologia Immunologica Omeopatia, Fitoterapia, Isoterapia Sanum SAT Terapia, Presidente dell’Associazione Claudio Nervi onlus per lo studio ricerca e divulgazione in medicina integrata biologica

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a presentazione esordirà incuriosendo anche chi è nel campo specialistico da tempo, analizzando in maniera pragmatica il concetto di menopausa, evinto alla luce della nuova visione psico-neuro-endocrino-immunologico-metabolica (PNEIM) senza la cui parte finale, secondo le esperienze del relatore, non si costruiscono i presupposti per spiegare le evidenze patologiche ed elaborare i vari approcci terapeutici che affronteremo. L’analisi della proposta farmacologica fitoterapeutica certo non può esimersi dal dare informazioni scientificamente inconfutabili sulle azioni dei vari tipi di droga proposti, sfatando il mito “naturale, non fa male”. L’epoca del tutto ciò che non è farmaco è consentito non è più ammissibile e la cultura in questo campo oltre che all’evidenza scientifica che determina le varie differenze applicative dei derivati della soia o del trifolio pratensis rispetto ad altre droghe hanno una chiarissima connotazione. È accertato che anche gli estratti secchi titolati della soia e del trifolio hanno un’azione sui recettori steroidei e pertanto, non sono più consigliati come trattamento sintomatico della sindrome post-menopausale. Lo specialista si deve orientare quindi in altre direzioni se vuole essere efficace e propositivo, ma soprattutto all’avanguardia di trattamenti integrati per gestire una migliore qualità della vita delle donne che hanno sintomi invalidanti (instabilità termo-regolatoria, deficit del sonno, sbalzi dell’umore, eretismo, sindrome urogenitale post-menopausale, apatia sessuale). La natura in questo caso può essere una scelta senza controindicazioni a patto che se ne conoscano esattamente le valenze funzionali e la farmacognosia delle droghe. Ben inteso che la qualità dei materiali rispetti tutti i canoni che la farmacopea mondiale ha imposto sia dal punto di vista delle materie prime sia della quota utilizzata standardizzando i risultati e certificando la pertinenza del prodotto. Cimicifuga racemosa, zenzero, bio-collagene, valeriana, passiflora, melissa, bergamotto, salvia, riso rosso… e qualche altro alleato vegetale saranno al centro della nostra analisi. Verrà somministrato una sorta di breviario orien-

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tativo di alcuni principi vegetali, certamente basato anche sulla pratica clinica quotidiana, laddove spesso la bibliografia ne sia tuttora carente. Si cercherà di suggerire nuovi studi applicativi nella possibilità di pubblicazioni di peso scientifico maggiore. Inoltre, uno sguardo all’utilizzo di composti omeopatici per la regolazione dell’umore e un aiuto per la depressione, sempre con rilevazione clinico-applicativa sulle esperienze quotidiane (ignatia, arnica, hisciamum).

17.50

Cibo: Riconoscere e scegliere in salute

w Samantha Di Geso - Biologo Nutrizionista, Responsabile Studio medico interdisciplinare Nutrizione e Psicologia dNa Milano

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n un’epoca in cui il progresso tecnologico avanza minuto per minuto, consentendo l’allungamento della vita media, osserviamo un aumento delle malattie nell’uomo moderno quali l’obesità, il diabete, il morbo di Crohn, l’asma, le allergie, le infiammazioni intestinali e mille infiammazioni silenti. Si vive più a lungo, più tempo malati e con un maggiore numero di tipi di malattie. Siamo diventati maggiormente scaltri e intelligenti, ma sempre più distratti e veloci. Questo si osserva dalle nostre tavole. Sono diventate ormai piene di materiale morto, inodore, incolore e con poca variabilità. La terapia medica attualmente vede la dieta con solo un ruolo marginale e si limita a ridurre il sale se il soggetto ha pressione alta, le proteine se c’ė insufficienza renale, i lipidi nel caso di dislipidemia o ridurre le calorie in caso di obesità, o ancora i carboidrati in caso di diabete. Nutrirsi bene passa attraverso la conoscenza delle nostre origini e delle nostre tradizioni. E così passando attraverso la pasta, l’olio, le verdure, la loro corretta cottura, l’utilizzazione, possiamo arrivare a creare e a definire un’alimentazione da seguire per rendere la “-pausa +bella”. Il tutto passa anche attraverso la corretta lettura delle etichette che ci portano a ragionare sulla bontà e sull’utilizzo di alcuni prodotti. Il concetto di dieta intesa come privazione deve essere sostituito con il concetto del nutrirsi consapevolmente. Pensare al nostro corpo come una bomba calorimetrica è lo sbaglio più grande che si possa fare. Non dare importanza alle molecole che entrano nel corpo e ai rifiuti e alle tossine che si liberano dalla lavorazione metabolica dei cibi è l’inizio della degenerazione del nostro fisico e delle malattie. Conoscere la composizione degli alimenti al fine di poterli scegliere al meglio ci rende partecipi e complici del nostro benessere. Cercare alimenti più ricchi di nutrienti e di vita, ricordandoci che l’industria alimentare per rendere il prodotto più saporito e più conservabile effettua manipolazioni che non sempre preservano la corretta integrità vitale e nutriente del prodotto stesso.

18.30

Quinton, intergazione naturale universale

w Benvenuto Barelli - Laureato in Farmacia, esperto in Terapia Marina

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cqua di mare oceanica prelevata a 20 metri di profondità in una zona specifica dell’Oceano Atlantico particolarmente ricca in plancton e sterilizzata per filtrazione a temperatura ambiente, l’integratore naturale Quinton conserva tutte le qualità dell’acqua marina originale, da dove proviene la vita sul nostro pianeta. Per oltre un secolo l’utilizzo terapeutico in dermatologia, gastroenterologia, ginecologia, malattie delle alte vie respiratorie, nutrizione etc. dimostrano l’interesse della terapia marina e la sua profonda azione sul metabolismo generale e nell’apportare con totale biodisponibilità tutti i minerali e i micronutrimenti di cui il nostro organismo necessita.

18.50

CHIUSURA DEI LAVORI

z 6 MAGGIO 2016

NUTRIZIONE E SPORT NEL BAMBINO E NELLA DONNA

Moderatori: Antonio Paoli / Gian Vincenzo Zuccotti

(SESSIONE IN COMUNE A PIÙ PERCORSI, IL PROGRAMMA E LE RELAZIONI SONO A PAG. 8)

z 7 MAGGIO 2016

IL “LATO OSCURO” DELL’ESSERE DONNE, STRATEGIE INNOVATIVE INTEGRATE PER IL BENESSERE UROGENITALE DELLA DONNA

Moderatori: Franco Vicariotto / Filippo Murina

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09.00

Gestione delle infezioni urogenitali in Italia, un’emergenza sanitaria: parole, numeri e fatti

w Elena Nicoli - Medico in formazione specialistica in ginecologia e ostetricia

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e infezioni del tratto genito-urinario nella donna rappresentano un’emergenza sanitaria a causa di due fattori: l’elevata prevalenza delle stesse e il costo diretto e indiretto che ne deriva. La comune origine embriogenica del tratto genitale e delle basse vie urinarie spiega la frequente concomitanza dei due quadri morbosi e la necessità di trattare contemporaneamente le due patologie. A partire dagli anni ottanta (1989) nel panorama letterario si è prestata attenzione alla correlazione tra infezioni vaginali e delle vie urinarie, inizialmente in pazienti utilizzatrici di diaframma. Gli studi di correlazione, tuttavia, sono stati parcellari sino ai giorni nostri, analizzando la pur evidente correlazione soltanto nelle popolazioni a maggior rischio (gravide, pazienti in menopausa). La grande “rivoluzione” è avvenuta nei nostri giorni ed è rappresentata dalla scoperta e dallo studio del microbiota, ossia il pabulum organo-specifico di agenti commensali e di sostanze a essi correlate che coesistono con le nostre cellule in molti sistemi e apparati; comprendere che anche il tratto urinario possiede un microbiota ricco e vario ha fornito un rivoluzionario spunto al trattamento e alla gestione delle infezioni delle vie urinarie. Sappiamo che una donna su due nell’arco della vita sperimenta almeno un episodio di infezione delle vie urinarie (IVU) e che altrettanto si può dire per le infezioni vaginali. Entrambe sono condizioni predisponenti nella gravida a minaccia di parto prematuro e questo può renderle tanto insidiose e pericolose da richiedere necessariamente il trattamento. La coesistenza delle forme urinarie e genitali è legata all’embriogenesi, alla presenza in entrambi gli apparati di recettori estrogenici: ecco perché il microbiota vaginale e urinario cambiano nelle fasi della vita della donna e si determina maggior rischio infettivo in quelle condizioni in cui il tono estrogenico è alterato (terapia contraccettiva, gravidanza, menopausa). Il ruolo degli ormoni sessuali determina il lifetime risk di sviluppare patologia infettiva. Perché le infezioni genitourinarie rappresentano un’emergenza? La condizione emergente è in medicina un quadro la cui risoluzione richiede provvedimenti immediati, a causa dell’elevato pericolo per la salute del paziente. Possiamo convenire che l’emergenza sia rappresentata dall’elevata prevalenza, sia separate si congiuntamente, di infezioni delle vie urinarie e del tratto genitale nella donna, ma soprattutto in relazione ai provvedimenti che vengono adottati per la cura e la gestione di tali condizioni. È un problema emergente l’uso indiscriminato di terapia antibiotica topica o sistemica, spesso assunta in maniera “empirica”, ossia non sulla base di un’indagine microbiologica, ma in base al convincimento dell’operatore o al trend. Si è assistito al crescente abuso di antibiotici di ultima generazione, in particolare per le infezioni delle vie urinarie; ciò ha determinato la comparsa di ceppi di patogeni resistenti, capaci di vanificare l’azione del chemioterapico e potenzialmente forieri di infezioni più severe e pericolose, soprattutto nei soggetti a maggior rischio (immunodefedati, anziani, gravide). Per poter arginare il grave problema della resistenza agli antibiotici e della selezione dei ceppi di patogeni multi-drug-resistent, le strategie globali hanno previsto -ma la strada da percorrere è ancora lunga- il ritorno ad antibiotici di più vecchia generazione spesso dimenticati. Da non dimenticare le terapie complementari, che hanno assunto un ruolo sempre più importante sia nell’alleviare la sintomatologia, sia nel ripristino del microbiota alterato dal meccanismo patogenetico. Sia il trattamento sia le politiche correttive (nei confronti della scarsa attenzione che abbiamo dimostrato negli anni scorsi) richiedono costi considerevoli; e ciò rappresenta un’altra, ma non meno importante, causa di emergenza legata alle infezioni genitourinarie.

09.25

Sindrome urogenitale menopausale: Paradigma della nuova dea

w Annamaria Mattei - Professore Scuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia, Università degli Studi di Milano

L’

apparato genitale femminile e il tratto urinario inferiore hanno una comune origine embriologica dal seno urogenitale e questo spiega come entrambi siano sensibili all’azione degli steroidi sessuali. Recettori per gli estrogeni sono espressi nell’epitelio squamoso dell’uretra prossimale e distale, nella vagina e nell’utero, nel trigono vescicale, nel muscolo pubococcigeo, nella muscolatura del pavimento pelvico e nei legamenti utero sacrali, mentre la volta vescicale e il muscolo elevatore dell’ano non presentano questo tipo di recettori. Così come l’ipoestrogenismo della menopausa modifica l’ecosistema vaginale rendendolo più facilmente aggredibile da sostanze irritanti e più vulnerabile alle infezioni, allo stesso modo a livello vescicale la carenza di estrogeni sottende una riduzione del riempimento e della capacità vescicale, un’alterazione delle difese immunitarie, un aumento della recettività batterica e del rischio di contaminazione, una riduzione dei fattori di difesa e delle secrezioni vaginali che spesso si accompagnano dal punto di vista anatomico a un indebolimento del pavimento pelvico. La terapia estrogenica, somministrata per via vaginale (crema), migliora la continenza in pazienti affette da vescica iperattiva. I fibroblasti della fascia pubo-cervicale di donne affette da incontinenza urinaria da stress migliorano nella velocità di proliferazione quando esposti a estrogeni in coltura. La terapia estrogenica migliora la vascolarizzazione perineale e la sintomatologia in pazienti affette da in-

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continenza da stress. La terapia estrogenica somministrata per via vaginale migliora la sintomatologia da urgenza in pazienti che sviluppano una vescica iperattiva a seguito di TVT. Novità dell’ultima ora l’impiego dell’ospemifene, modulatore selettivo dei recettori estrogenici, il primo trattamento orale alternativo agli estrogeni locali. È indicato e approvato anche per le donne che hanno avuto un tumore al seno e hanno completato il ciclo di trattamento, e per tutte le donne che non amano le terapie locali.

09.50

Intestino organo centrale di controllo neuro-immuno-endocrino e le sue implicazioni in menopausa

w Franco Vicariotto - SIM (Società italiana menopausa)

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a Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI) nasce circa trent’anni fa come convergenza di discipline scientifiche diverse, quali le scienze comportamentali, le neuroscienze, l’endocrinologia e l’immunologia. Rappresenta un modello scientifico di conoscenza del funzionamento dell’organismo umano nella sua totalità. L’intestino come “microcosmo PNEI” e, dunque, come organo di controllo omeostatico. La nutraceutica fisiologica espressione della scienza dell’alimentazione che con nutrienti e integratori alimentari ha strumenti “terapeutici” per: • prevenire condizioni patologiche; • ricondurre un organismo ammalato alle proprie originali funzioni fisiologiche; • contrastare l’infiammazione, agendo sui meccanismi di regolazione omeostatica; • controllare i processi infiammatori intestinali, la low grade chronic inflammation sistemica, madre di tutte le patologie. L’intestino è il bersaglio privilegiato di numerosi trigger flogogeni che creano un danno tissutale. Stress-farmaci-fumo-stile di vita. Meccanisimi autoimmunitari-cibo. In menopausa l’intestino è coinvolto nella sintomatologia e nei rischi di patologie collegate.

10.15

Terapia ormonale e non topica: proposta, razionale e risultati

w Annunziata Mastrogiacomo - Ginecologa

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enitourinary syndrome of menopause (GSM) is the new terminology to describe symptoms occurring secondary to vulvovaginal atrophy. The recent change in terminology originated with a consensus panel comprising the board of directors of the International Society for the Study of Women’s Sexual Health (ISSWSH) and the board of trustees of the North American Menopause Society (NAMS). At a terminology consensus conference in May 2013, these groups determined that the term GSM is medically more accurate and all encompassing than vulvovaginal atrophy. It is also more publicly acceptable. The symptoms of GSM derive from the hypoestrogenic state most commonly associated with menopause and its effects on the genitourinary tract. Vaginal symptoms associated with GSM include vaginal or vulvar dryness, discharge, itching, and dyspareunia. Histologically, a loss of superficial epithelial cells in the genitourinary tract leads to thinning of the tissue. There is then a loss of vaginal rugae and elasticity, leading to narrowing and shortening of the vagina. In addition, the vaginal epithelium becomes much more fragile, which can lead to tears, bleeding, and fissures. There is also a loss of the subcutaneous fat of the labia majora, a change that can result in narrowing of the introitus, fusion of the labia majora, and shrinkage of the clitoral prepuce and urethra. The vaginal pH level becomes more alkaline, which may alter vaginal flora and increase the risk of urogenital infections—specifically, urinary tract infection (UTI). Vaginal secretions, largely transudate, from the vaginal vasculature also decrease over time. These changes lead to significant dyspareunia and impairment of sexual function. The most common therapy used to manage GSM is estrogen. Most recommendations state that if the primary menopausal symptoms are related to vaginal atrophy, then local estrogen administration should be the primary mode of therapyThe Society of Gynecologic Surgeons Systematic Review Group recently concluded that all commercially available vaginal estrogens effectively can relieve common vulvovaginal atrophy−related symptoms and have additional utility in women with urinary urgency, frequency, stress incontinence, urge incontinence, and recurrent UTIs. Personal lubricants and moisturizers are effective at relieving discomfort and pain during sexual intercourse for women with mild to moderate vaginal dryness, particularly those who have a genuine contraindication to estrogen, or who choose not to use estrogen. However, there is a distinction between lubricants and moisturizers, and notable differences between commercially available products. Women should be advised to choose a product that is optimally balanced in terms of both osmolality and pH, and is physiologically most similar to natural vaginal secretions. A series of recommendations for the use of topical hormone therapy and non in GSM is presented.

10.40

Il trattamento dell’atrofia vulvo vaginale: terapia del futuro

w Stefano Salvatore - Unita di Ginecologia e Ostetricia, Ospedale San Raffaele e Università Vita e Salute, Milano

L’

atrofia vulvo-vaginale è un disturbo frequentissimo dopo la menopausa, a causa della scomparsa degli ormoni estrogeni (e del testosterone). Dopo tre anni dall’ultimo ciclo ne soffre dal 40% al 54,4% delle donne, a seconda del Paese (DiBonaven-

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tura et al 2015). Lo lamentano quasi tutte, a 4-5 anni dalla menopausa, con conseguente impatto sulla sessualità e sulla qualità della vita. Sintomi tipici dell’atrofia vaginale includono irritazione, bruciore, perdite e, tra le donne attive sessualmente, dolore al rapporto (RE Nappi; Climateric 2012;15:36-44). Il trattamento scelto dovrebbe essere personalizzato per ciascuna paziente e dovrebbe variare in base alla severità dei sintomi, all’età della donna, al profilo medico, alla preferenza personale della donna stessa e allo stimato rapporto rischio/beneficio. La preferenza delle donne dovrebbe essere il principale criterio di scelta nella decisione di una terapia (Stuenkel et al; J clin Endocrinol Metab, November 2015, 100(11): 3975-4011). Dallo studio Revive europeo è emerso che più del 50% delle donne in post-menopausa è insoddisfatto del trattamento (REVIVE EU. Nappi R, et al. Maturitas 2015; 81: 183). Nel 2015 la società di endocrinologia ha redatto delle nuove raccomandazioni per il trattamento dei sintomi della menopausa, in cui inserisce tra le terapie disponibili una nuova opzione terapeutica: ospemifene. Ospemifene è il primo trattamento orale che non contiene ormoni, indicato nell’atrofia vulvo-vaginale da moderata a severa nelle donne in post-menopausa, che non sono candidate alla terapia estrogenica vaginale locale. Non è un ormone, ma un “modulatore selettivo dei recettori estrogenici” (Selective Estrogen Receptor Modulator, SERM). Ha un effetto agonista estrogenico su tessuti quali la vagina e l’osso, neutrale a livello endometriale e antagonista sul tessuto mammario. Sin dalla prima compressa Ospemifene comincia ad agire sul tessuto vaginale fino a riequilibrarne la composizione cellulare e il valore del pH: ospemifene agisce sulle cause dell’AVV. Dopo 12 settimane la rigenerazione del tessuto vaginale si traduce in una significativa riduzione della secchezza vaginale e del dolore durante i rapporti intimi. Ospemifene è caratterizzato da un eccellente profilo di sicurezza sia per quanto riguarda l’insorgenza di EA, sia per il suo effetto sistemico sui tessuti quali mammella, osso ed endometrio. La dose raccomandata è una compressa per via orale da prendere ogni giorno alla stessa ora. Deve essere assunto con il cibo.

11.05

Laser frazionato in ginecologia

w Filippo Murina - Responsabile Servizio di Patologia del Tratto Genitale Inferiore, Ospedale V. Buzzi, Università di Milano

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a vulvodinia è definibile come un disturbo vulvare cronico caratterizzato da bruciore, irritazione, dolore e dispareunia, in assenza di rilevanti reperti obiettivi o di specifiche alterazioni neurologiche, clinicamente evidenziabili. La forma più frequente di malattia (80% ca dei casi) è quella localizzata al vestibolo vaginale, definita vestibolodinia (VBD). L’eziologia della VBD non è completamente nota, ma numerosi sono gli elementi che portano a identificarla come una sindrome disfunzionale del sistema neuro-sensoriale a patogenesi multifattoriale. Caratteristico è l’incremento di volume e numero delle terminazioni nervose nocicettive vestibolari (sensibilizzazione periferica), con l’innesco a cascata di un’amplificazione dello stimolo dolorifico midollare e sovra spinale (sensibilizzazione centrale). Il processo ha una genesi di tipo neuro infiammatorio (attivazione mastocitaria e incremento di citokine infiammatorie) dove ripetuti fattori trigger (infezioni, microtraumi e fattori ormonali) innescano il sistema che tende ad automantenersi. In particolare la sensibilità ormonale della regione vestibolare è stata oggetto di particolare attenzione. I livelli di estrogeni correlano in modo inversamente proporzionale alla sensibilità delle terminazioni nervose vestibolo-vaginali, mentre il progesterone è in grado di stimolare un incremento della densità delle fibre nocicettive vestibolari. Da tutto ciò deriva che delle variazioni nei tassi ormonali, quale la condizione menopausale o l’esposizione a contraccettivi ormonali a basso livello estrogenico e alto tenore progestinico, possono fungere da cofattore determinante l’insorgenza del dolore e della dispareunia proprie della vestibolodinia. Recentemente una nuova applicazione laser a livello vaginale,definita laser frazionato, si è dimostrata efficace nel trattamento dell’atrofia vaginale attraverso una stimolazione nella sintesi del collagene. Esperienze d’uso del laser nella vestibolodinia hanno riportato risultati non particolarmente soddisfacenti e talora contrastanti. In tutti questi casi si sono usate tecniche ablative, quali alternative meno invasive all’approccio chirurgico tramite vestibulectomia. Un nostro studio clinico ha valutato l’efficacia e la tollerabilità dell’applicazione del laser frazionato in sede vestibolare in pazienti affette da vestibolodinia. Il razionale d’uso è stato quello di associare in un meccanismo sinergico positivo di stimolazione del trofismo e di microdistruzione delle terminazioni nervose superficiali iperalgiche. La tecnica si è dimostrata efficace nel ridurre la dispareunia conseguente a vestibolodinia. Ciò è da ascriversi verosimilmente a due fattori: -azione di micro rimodellamento delle terminazioni nocicettive superficiali; -azione di stimolazione del trofismo dermo-epidermico, sovente alterato nelle pazienti con vestibolodinia. Non si è evidenziata sensibile differenza nella risposta delle donne in post-menopausa rispetto a quelle in età fertile, ipotizzando come il distretto vestibolare sia elemento cardine nell’origine della sintomatologia dolorosa, indipendentemente dalla situazione di partenza. Soprattutto non si sono verificati effetti collaterali rilevanti, spesso paventati nel ricorso a tecniche ablative applicate in sede vestibolare, ciò in conseguenza dell’attivazione mastocitaria e reazione cicatriziale coinvolgente le terminazioni nervose.

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11.30

COFFEE BREAK

Moderatori: Enrico Ferrazzi / Sabrina Anna Nervi

11.45

Riabilitazione integrale per una visione d’insieme

w Anna Chirico - Ostretrica, specialista in Riabilitazione delle disfunzioni perineali

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a riabilitazione del pavimento pelvico ha come obiettivo l’elaborazione di un programma di recupero della funzione “persa” o “alterata” selezionando degli strumenti di valutazione e di trattamento individuali. Considerata la complessità delle strutture e la fisiopatologia delle disfunzioni, la cura può interessare diversi specialisti: ginecologo, urologo, proctologo, neurologo, psicologo. Un approccio verticale, cioè ogni specialista si occupa solo dell’area di sua competenza, potrebbe quindi risultare poco efficace. Si rende quindi necessario un approccio integrato trasversale che permetta ai diversi professionisti di occuparsi del problema della donna nella sua complessità (per esempio, un prolasso rettale non esclude la presenza concomitante di un incontinenza urinaria da sforzo). La presa in carico della paziente necessita di una valutazione globale, quindi una raccolta di informazioni che riguardano non soltanto gli aspetti relativi a un’anamnesi ostetrica, ginecologica, coloproctologica, urologica, neurologica, ma anche lo stile e le abitudini di vita, cioè quello che la donna fa abitualmente e che ritiene normale. Un piano riabilitativo efficace deve tenere conto di una: - rieducazione del comportamento; - riabilitazione muscolare; - collaborazione tra le diverse figure professionali in relazione alla storia clinica della paziente.

12.15

Microbiota, probiotici e salute uro-genitale: evidenze biologiche cliniche

w Heide De Togni - Direttore Tecnico Pegaso Srl

È

stato disegnato ed è in corso uno studio clinico su donne con tampone vaginale positivo a diversi ceppi di Candida, ma senza sintomatologia acuta, con l’obiettivo di valutare la colonizzazione del microambiente vaginale da parte dei ceppi probiotici in uso vs placebo, capacità del S. boulardii di competere con Candida spp. e decontaminare il canale vaginale. Lo studio, randomizzato in doppio cieco vs placebo, ha suddiviso le pazienti in tre gruppi. Primo step: primo gruppo (n°10) 20gg a base di placebo (1cps x 2v/die), secondo gruppo (n°10) Candinorm cps per 20gg (1cps x 2v/die), terzo gruppo (n°10) Candinorm cps per 4 settimane (1cps x 2v/die). Tutte le pazienti ripetono lo screening con TV. Le pazienti ancora positive a Candida spp. utilizzano Candinorm ovuli (1 ovulo/die x 15gg). Al termine viene eseguito nuovamente il TV per la ricerca di miceti. Vengono quantificate interleuchine IL-1 e IL-10 a livello vaginale per valutare il cambiamento della risposta immunitaria locale dopo trattamento con probiotici. I primi risultati mostrano una negativizzazione già dopo i primi 20 giorni di trattamento con probiotico in percentuale maggiore del 65% e maggiore dell’80% dopo 4 settimane; l’ interleuchina IL-1 risulta modificata con aumento della concentrazione sul fluido vaginale,che dimostra attivazione immunitaria locale, tipicamente inibita nella candidosi cronica.

12.35

Terapie biologiche e naturali integrate per il benessere urogenitale femminile w Sabrina Anna Nervi - Specialista in Ostetricia Ginecologia, Uroginecologia, Urodinamica, Uroriabilitazione, Medicina Sistemica Funzionale Integrata, Endocrinologia Immunologica Omeopatia, Fitoterapia, Isoterapia Sanum SAT Terapia, Presidente dell’Associazione Claudio Nervi onlus per lo studio ricerca e divulgazione in medicina integrata biologica

I

l panorama del “naturale” ha il suo momento di gloria soprattutto alla luce della sindrome urogenitale femminile e delle continue richieste di alternative all’utilizzo dell’antibioticoterapia contro le infezioni delle basse vie urinarie. A varie fasi (alterne) da molti anni, sembrava che tutto il mondo potesse chiedere la soluzione di qualsiasi infezione-infiammazione urogenitale ai semi di pompelmo. Poi ci si è orientati sul dimannosio e ora, dopo aver appurato i limiti del miracolistico cramberry, che cosa ci rimane? Fitoterapia, isoterapia, integratori sequenziali. Quali sono i limiti e le possibilità d’intraprendere dei percorsi alternativi o meglio, sempre di più integrati per contenere i sintomi o i danni da continue terapie antibiotiche reiterate o protratte facendo un bilancio quantitativo e qualitativo dei danni visibili e non visibili sul nostro corpo. Ci si interrogherà sul quesito madre di ogni discussione del terzo millennio: l’importanza del pH. Qui si riporterà la bio-valenza sulla sfera urogenitale e non solo. Verremo trascinati attraverso un viaggio incredibile alla conoscenza di quei micro-eventi che hanno determinato la nostra evoluzione e resistenza verso quegli agenti che a tutt’oggi reputiamo stranieri da sfrattare, mentre, per chi fa ricerca clinica funzionale biologica, sempre più con voce alta e consapevolmente suggerisce il loro utilizzo e solo grazie alla loro vitalità, noi siamo quello

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che siamo. E se ci prendessimo cura di loro, noi saremo decisamente più in salute. Tutti uniti nel far marciare quella macchina, quasi perfetta che è il nostro corpo nel mondo.

12.50

PNEI: infiammazione e apparato urogenitale femminile, stress e sessualità w Maria Corgna - Medico chirurgo Specialista in Endocrinologia, Docente ed esperta di Psiconeuroendocrinoimmunologia. Ideatrice del metodo terapeutico Pnei4u-Pneisystem

I

l sesso è il teatro della vita. Ciò che succede nell’intimità è espressione di chi siamo e dei nostri equilibri interni. Il sintomo sessuale è talvolta segno di disfunzione e/o indice di insoddisfazione con radici nelle relazioni con “l’altro”: lavoro, affetti, sfera sociale, cibo, movimento… La PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) è la chiave per capire come l’iperattività dei sistemi dello stress possa interferire fino a compromettere affettività e sessualità. PNEISystem consente di affrontare in modo adeguato e completo tutte le problematiche della sfera sessuale.

13.10

BREAK

IL “LATO OSCURO” DELL’ESSERE DONNE NUOVA FRONTIERA D’OSSERVAZIONE: I NUOVI INVASORI

Moderatori: Sabrina Anna Nervi / Nadia Rovelli

14.40

Microbiologia in campo oscuro e cwd: nuova visione della realtà

w Carla Marzetti - Direttore sanitario Laboratorio Valsambro, Bologna

L

a microscopia in campo oscuro veniva già utilizzata nei primi del ‘900 da alcuni studiosi che l’applicarono per esaminare il sangue vivente. Essi portarono una grande innovazione nella diagnostica dove l’osservazione era fatta su campioni fissati e colorati. Questa tecnica permette di esaminare il sangue appena prelevato od opportunamente conservato e di osservare l’ambiente interno, lo stato delle cellule ematiche, della loro ossigenazione, della membrana, lo stato dei globuli bianchi, in particolare controllare il movimento dei granulociti. Permette di evidenziare protozoi, batteri, batteri CWD e funghi circolanti nonché la presenza di tossine. Questa tecnica è particolarmente utile per evidenziare i batteri che hanno perso la loro parete e quindi non più facilmente coltivabili nei terreni di coltura identificativi. Attualmente si è passato dalla microscopia a campo oscuro alla nanomicroscopia, dove con l’aggiunta di un condensatore cariode anulare a fluorescenza liquida si è raggiunta la risoluzione ottica a 90 nm. Il microscopio è poi collegato a un sistema iperspettrale nato dalla collaborazione di Università americane e Istituti di nanotecnologie. Esso permette in tempo reale di misurare lo spettro delle nanoparticelle e successivamente darne una caratterizzazione certa. Attualmente insieme con il CNR abbiamo pubblicato la tecnica per caratterizzare il globulo rosso e le librerie degli spettri di diversi suoi componenti. Questa tecnologia all’avanguardia potrà dare in futuro diverse risposte rapide e precise su tutto ciò che è circolante nel sangue.

15.10

Terapia batterica per l’eubiosi gravidica e neonatale

w Francesco Di Pierro - Velleja Research, Milano

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onostante un indubbio successo commerciale, l’uso dei probiotici ha certamente deluso le aspettative di chi vedeva nel loro ricorso la panacea contro gran parte dei malanni. Il parziale insuccesso terapeutico dei probiotici ha diverse spiegazioni. Tra queste, la mancata colonizzazione occupa sicuramente un ruolo rilevante. Il processo è davvero difficile. I batteri residenti non lasciano spazio fisico ai nuovi arrivati e solo lunghe somministrazioni con dosaggi elevati e con ceppi tipizzati ad alta adesività e indice di proliferazione hanno qualche speranza di successo. Nell’arco della sua vita l’uomo attraversa però un momento, seppur brevissimo, nel quale questa situazione sembra essere ribaltata. Un momento cioè dove la colonizzazione non sembra essere difficile, ma, al contrario, avviene con estrema facilità. È il momento della nascita. Il neonato è infatti sterile fino a qualche istante prima della nascita. Durante il parto, e nei momenti che da lì a poco seguiranno, il neonato viene però efficacemente colonizzato dalla flora materna, vaginale e rettale in primis. Si ritiene che gran parte della flora microbica riscontrata già nei primi giorni dalla nascita rifletta nel neonato l’esatta composizione della flora materna. Il fatto che il momento del parto sia un momento di così stretto contatto tra una madre abbondantemente colonizzata da microrganismi e un bimbo

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sterile, ma pronto a essere colonizzato dai ceppi materni, potrebbe essere in qualche modo “sfruttato” per provare a colonizzare il nascituro con ceppi opportunamente selezionati per una determinata caratteristica che in qualche modo potrebbe risultare utile al neonato stesso. Se da un lato appare certa la trasmissione verticale al nascituro di microrganismi commensali per l’intestino e la vagina materna, dobbiamo invece interrogarci su quale sia la possibilità di trasmissione verticale di ceppi esogeni, cioè somministrati volontariamente durante la gravidanza con il preciso scopo di pilotare la colonizzazione del nascituro, e non presenti altrimenti nella flora materna. Per quanto possa apparire miracoloso, il fenomeno sembra avvenire. Da diversi anni sappiamo infatti che alcuni ceppi somministrati alle madri fino al giorno del parto e poi mai più impiegati dalle stesse sono stati ritrovati nelle feci dei loro bambini anche 24 mesi dopo l’ultima auto-somministrazione materna. Il recente utilizzo di Enterococcus faecium L3, selezionato e somministrato in base alle caratteristiche di stabilità, vitalità, aderenza e proliferazione, e dotato di un’evidente azione anti-microbica batteriocina-dipendente, ha dimostrato la possibilità di sfruttare la normale competizione tra ceppi batterici occupanti le medesime nicchie ecologiche per eliminare ceppi “minaccia” caratteristici della fase finale della gravidanza e dotati di potenziale pericolosità per il nascituro, e di ridurre in maniera statisticamente significativa il numero di PROM.

15.40

Apparato urologico bilancio salute e malattia w Orlando Caruso - Ginecologo, Ospedale di Seriate, Bergamo

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a fisiologia e patologia della struttura della parete uroteliale (derivazione embriologica, caratteristiche dell’urotelio caliciale, ureterale, detrusoriale e uretrale) è chiaramente riconosciuta. In base a queste identificazioni anatomo funzionali si osserverà come ci siano delle identiche connotazioni patologiche sulle sovrapponibili possibilità di sviluppare una SIVO (sindrome da sovracrescita batterica intra vescicale). Il passo successivo è l’evoluzione in Leaky Urogenital Syndrome: nome nuovo per spiegare la cistite interstiziale (painful bladder syndrome) e i fatti infiammatori che ne conseguono. Il ruolo cruciale nell’eziopatogenesi è dei fattori intrinseci della parete detrusoriale; decade a questo punto la teoria esterna per via ascendente, della disseminazione batterica. In vescica regnano 700 batteri e muffe che riusciamo a duplicare e molti altri in più che non siamo ancora in grado di duplicare: è il microbiota urinario. La ricchezza dei micronutrienti intrinseci della parete (zinco, manganese e calcio) regolano lo stato di compattezza della parete; una carenza di questi fattori favorisce di fatto le patologie intramucosali. Concentrarsi in futuro sullo stato ossidativo dell’urotelio di transizione e come modulare il microbiota a livello cellulare è la sfida dei prossimi anni.

16.10

Terapie integrate biologiche per il trattamento della Low Grade Inflammation urogenitale femminile w Sabrina Anna Nervi - Specialista in Ostetricia Ginecologia, Uroginecologia, Urodinamica, Uroriabilitazione, Medicina Sistemica Funzionale Integrata, Endocrinologia Immunologica Omeopatia, Fitoterapia, Isoterapia Sanum SAT Terapia, Presidente dell’Associazione Claudio Nervi onlus

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n questa sessione si daranno dei riferimenti pratici orientativi che ci potranno essere utili per riconoscere le differenze di tratti patologici del nostro organo maggiore: l’intestino. L’evoluzione verso situazioni patologiche reversibili, se identificate per tempo. La possibilità di utilizzare un ventaglio di proposte terapeutiche integrate con report clinici applicativi. Affronteremo “i neuroni curiosi” nella possibilità di involvere verso tratti di cronicità e l’interazione di questo network micro-biologico che non prevede défaillance. Un regista preciso e prevedibile che determina ogni nostra risposta tra interno-interno e interno-esterno. Cosa intendiamo per colon irritabile, sindrome da malassorbimento, sibo, yearst syndrome, liky GUT Syndrome fino alla sindrome poliallergica, vero guazzabuglio medico. Credo fermamente nell’importanza dell’interdisciplinarietà con la volontà di tutti gli operatori impegnati nel campo della salute di far circolare le proprie conoscenze, portando a una rivalutazione dell’unica medicina che abbia come scopo la salute dei pazienti (forse sono l’ultima romantica?), ma convinta che noi possiamo fare la differenza per un’evoluzione per una medicina di qualità allargata.

16.50

Le spezie: gusto, prevenzione e terapia delle infiammazioni/infezioni w Paolo Bellingeri - Responsabile Unità di Cure Palliative ASL AL, perfezionamento in Nutrizione e Dietetica applicata, nutrizionista in ambito oncologico, specialista in Patologia Clinica, Idrologia Medica, componente del Comitato Scientifico “Followup stili di vita e nutrizione” della rete Oncologica del Piemonte

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toricamente le spezie hanno plasmato eventi (commerci e guerre) in ogni epoca e oggi sono apprezzate per i loro benefici. Hanno capacità antiossidanti e effetti biologici su cambiamenti nei processi cellulari, quali metabolismo di farmaci, divisio-

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ne cellulare, apoptosi, differenziamento e immunocompetenza. L’FDA le definisce come vegetali o sostanze aromatiche, la cui funzione è di condimento anziché di nutrizione, senza considerarne le conseguenze biologiche da uso. Inibiscono il processo cancerogeno, riducono la formazione di radicali liberi, la divisione cellulare, promuovono l’apoptosi, sopprimono la crescita microbica, regolano l’infiammazione e l’immunocompetenza. Contengono più di 180 composti bioattivi. La curcuma inibisce VEGF; il basilico è antimicrobico, riduce il danno ossidativo, inibisce la crescita vascolare; il cumino dà cambiamenti negli enzimi di fase II; la cannella inibisce l’attività della chinasi di VEGFR2. L’aglio inibisce le nitrosamine intestinali e lo zenzero inibisce la produzione di PGE2 quasi come l’indometacina. L’esame delle abitudini alimentari, in tutto il mondo, ha dimostrato che le popolazioni che consumano più spezie hanno una minore incidenza di cancro.

17.20

Low grade inflammation e micoterapia: nuove evidenze

w Anna Zuppini - Biologa

L

a low grade inflammation è caratterizzata dalla presenza di aumentate concentrazioni di marker infiammatori in assenza di sintomi evidenti ed è riconosciuta come un fattore di rischio per una serie di malattie croniche tra cui quelle tumorali, cardiovascolari, metaboliche e neurodegenerative. In quest’ambito la micoterapia, che prevede l’utilizzo dei funghi medicinali, si colloca come un efficace metodo per controllare l’infiammazione a vari livelli. I funghi medicinali, conosciuti da migliaia di anni per le loro spiccate attività terapeutiche, possono essere considerati delle vere e proprie fabbriche farmaceutiche in miniatura che producono centinaia di principi attivi con azione antiossidante, antitumorale, prebiotica, immunomodulante, antinfiammatoria, di protezione cardiovascolare, antimicrobica e antidiabetica. L’effetto antinfiammatorio si manifesta a vari livelli attraverso diversi meccanismi d’azione. I funghi possono agire per esempio bloccando l’attività della protein kinase B (AKT), inibendo la segnalazione TLR4-JNK a livello macrofagico, riducendo la produzione di NO e radicali liberi, bloccando la produzione d’interleuchina 1-β e IL-6. L’infiammazione è anche una componente importante nell’aterosclerosi e nelle malattie cardiovascolari. L’utilizzo del Reishi ha dimostrato un abbassamento degli stimoli infiammatori legati a queste problematiche, riducendo la capacità delle cellule di aderire alle pareti dei vasi e prevenendo la crescita eccessiva di cellule della muscolatura liscia che portano a irrigidimento delle arterie. Numerosi studi condotti su diverse specie fungine hanno evidenziato la capacità degli estratti polisaccaridici di inibire la perossidazione lipidica, aumentare l’attività di alcuni enzimi antiossidanti (in particolare SOD) e modulare la risposta infiammatoria. In particolare sembra che gli acidi ganoderici estratti dal Reishi (Ganoderma lucidum) abbiano una potente azione nel ridurre l’espressione del NF-kB, sopprimendo parzialmente le vie di segnalazione mediate da MAPK e AP-1, evidenziandone un’elevata potenzialità nel trattamento di infiammazioni TNF-α mediate.

17.50

Alimentazione antinfiammatoria

w Samantha Di Geso - Biologo Nutrizionista, Responsabile Studio medico interdisciplinare Nutrizione e Psicologia dNa Milano

I

l naturale processo d’invecchiamento è caratterizzato da una lenta e fisiologica progressione di uno stato infiammatorio costante, sub acuto e asintomatico detto low grade chronic inflammation. Questo stato di progressiva infiammazione non sempre è controbilanciato da una perfetta regolazione omeostatica ed è influenzato da vari stimoli endogeni ed esogeni, come per esempio lo stress, lo stile di vita sregolato, l’abuso di alcol, di fumo e soprattutto un’alimentazione non corretta. Questo stato infiammatorio determina una minore funzionalità cellulare e attiva fenomeni di stress ossidativi per produzione di radicali liberi non ben gestiti da un sistema ormai stanco e senescente. Uno degli apparati più stressati dal processo infiammatorio è quello gastrointestinale con disfunzioni che a cascata possono determinare varie patologie. L’alimentazione rappresenta sicuramente il principale parametro su cui è possibile agire per meglio gestire i radicali liberi, le infiammazioni e le funzionalità dei tessuti e delle cellule. Una dieta sana ed equilibrata è fondamentale per ridurre il rischio di sviluppare una low grade chronic inflammation. Recenti studi hanno messo in evidenza il ruolo protettivo del microbiota di cui fino a qualche anno fa era ignota l’esistenza, ma che ancora oggi violentiamo troppo spesso. Le giuste scelte alimentari sia in nutrimenti sia in gusto portano ad affrontare con più serenità e coinvolgimento la cura del nostro corpo. Nutrire è il primo atto di amore che la madre fa verso il suo piccolo, perché non farlo noi verso il nostro corpo? Ci buttiamo dentro ogni giorno materiale fatto a volte solo di odori e colori, con un atteggiamento modello zombie.

18.20

CHIUSURA DEI LAVORI

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Responsabile scientifico: Dr.ssa Tiziana Stallone Presidente Enpab

Prof. Armando Piccinni

Presidente BRF In collaborazione con la Commissione Nutrizione Enpab

z 6 MAGGIO 2016

DAL MICROBIOTA INTESTINALE AL COMPORTAMENTO ALIMENTARE Focus sulle influenze, interconnessioni e rapporti tra II e I cervello Moderatori: Armando Piccinni / Giuseppe Calamita

09.50

Saluti del presidente

w Tiziana Stallone

10.00

Il microbioma può influenzare il cervello e contribuire all’origine delle patologie della mente? w Armando Piccinni - M.D. Adjunt Professor of Psychiatry, Department of Clinical and Experimental Medicine

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odelli animali suggeriscono che il microbiota abbia un ruolo fondamentale nella genesi dell’asse HPA, del sistema serotoninergico e di quello immuno-infiammatorio, e che possa influenzare il SNC attraverso numerose vie, ma finora sono stati condotti pochi studi sull’uomo. Recenti scoperte suggeriscono che il microbiota possa avere un’influenza sul comportamento dell’ospite e sul metabolismo dei farmaci, potendo spiegare l’inefficacia o l’aumentato numero di effetti collaterali dei trattamenti psichiatrici. Il microbiota è l’insieme dei microorganismi che vive nell’ambiente intestinale. L’influenza del microbiota sulle funzioni del SNC si manifesta in condizioni normali e patologiche. Esiste un legame fondamentale tra il microbiota intestinale e la maturazione del SNC in condizioni fisiologiche. Nonostante l’attuale carenza di evidenze epidemiologiche che connettono il microbioma con patologie a carico del SNC, diversi studi hanno sottostimato l’importanza del microbioma in un ampio gruppo di disturbi del SNC i quali possono essere classificati come immuno-mediati (per esempio disturbi autoimmuni del SNC come la sclerosi multipla) e non immuno-mediati (per esempio disturbi neuropsichiatrici come autismo, depressione, ansia e stress), secondo le principali eziologie; anche il comportamento alimentare sembrerebbe essere influenzato dalla composizione microbiale.

10.30

Il microbiota intestinale nella salute e nella malattia

w Francesco Franceschi - Istituto di Medicina Interna e Geriatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

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ecenti evidenze sottolineano sempre più il ruolo svolto dal GUT microbiota nelle funzioni metaboliche e immunologiche degli esseri viventi. Il GUT microbiota è costituito non soltanto da batteri, ma anche da virus, protozoi e funghi che attraverso un sofisticato network di contatti influenza notevolmente lo stato di salute o di malattia. Nel corso di infezioni e/o infiammazioni del canale digerente si osserva una rimodulazione della composizione del GUT microbiota, mentre la somministrazione di probiotici può aiutare nella ricostituzione del pattern normale. Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nel mondo occidentale, e diversi studi hanno dimostrato la loro associazione con la sindrome metabolica. Allo stesso tempo anche le neoplasie mostrano una forte correlazione epidemiologica con tale sindrome. Recenti studi hanno dimostrato come i pazienti con la sindrome metabolica mostrano una differente composizione del GUT microbiota rispetto ai soggetti sani. Ciò potrebbe indicare come la predisposizione allo sviluppo di patologie cardiovascolari e/o neoplasie possa derivare dal tipo di microbiota intestinale oltre che da una particolare inclinazione genetica. Tale dato appare di fondamentale importanza poiché intervenendo sul microbiota intestinale si potrebbe arrivare, in un futuro prossimo, a prevenire tali tipi di patologie.

11.00

Microbiota intestinale, cervello e comportamento. Nutrizione e regolazione epigenetica dell’asse cervello-intestino w Giuseppe Calamita - Professore Ordinario di Fisiologia, Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

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S

tudi condotti negli ultimi anni stanno delineando sempre più l’importanza e la criticità del microbiota intestinale nello sviluppo e successiva funzione del sistema nervoso centrale (SNC). L’asse microbiota-intestino-cervello è considerato un’estensione molto critica del già noto asse intestino-cervello. In condizioni eubiotiche, il microbiota intestinale contribuisce a mantenere l’omeostasi del SNC, regolando la funzione immunitaria e favorendo l’integrità della barriera ematoencefalica. I batteri commensali dell’intestino influenzano anche la neurogenesi e i sistemi di segnalazione neuromodulatori, sinaptici e neurotrofici. Grande interesse è suscitato dall’osservazione che disturbi neuropsichiatrici come autismo, depressione, ansietà e stress sono spesso accompagnati da disbiosi intestinale. In linea con la funzione del microbiota di mediare le interazioni geneambiente, l’asse microbiota-intestino-cervello esercita una forte azione epigenetica sulla plasticità della cromatina. Tale azione influenza considerevolmente l’espressione genica neuronale con importanti ripercussioni sul comportamento e sull’umore dell’organismo ospite. Approcci nutrizionali o l’uso di probiotici, opportunamente somministrati per modulare composizione e azione epigenetica del microbiota intestinale, stanno rappresentando una nuova strategia nella prognosi e nella cura di disturbi neuropsichiatrici.

11.30

L’influenza della dieta e dei probiotici sul microbiota intestinale umano

w Enzo Spisni

12.00

Il ruolo del microbioma nelle patologie dementigene e psichiatriche

w Annamaria Cattaneo - Responsabile del Laboratorio di Psichiatria Biologica IRCCS Fatebenefratelli, Brescia

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on il termine microbiota o microbioma intestinale si intendono i componenti della flora batterica intestinale, il cui ruolo primario è di proteggere l’ospite da patogeni, partecipando all’assunzione dei nutrienti introdotti con la dieta, metabolizzando certi farmaci e agenti cancerogeni. La composizione del microbiota si estende oltre il tratto gastrointestinale (GI) e può influenzare il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale attraverso diversi meccanismi, tra cui la modulazione del sistema immunitario e/o attraverso la produzione di metaboliti batterici. Durante il simposio si discuterà come il microbiota intestinale, proprio in funzione della sua capacità di modulare la risposta immunitaria, possa anche essere coinvolto nella patogenesi di diverse patologie infiammatorie e in patologie neurodegenerative. Per esempio, topi transgenici che sviluppano encefalopatia autoimmune, e che sono usati come modello per lo studio della sclerosi multipla, non sviluppano demielinizzazione se crescono in un ambiente completamente sterile. Inoltre, alterazioni nella composizione del microbiota si sono osservate in pazienti depressi; l’uso di probiotici migliora i sintomi depressivi, diminuendo anche la produzione di mediatori dell’infiammazione. Infine, durante il simposio, oltre a discutere il contributo di alterazioni della composizione del microbiota intestinale nelle diverse patologie, verrà valutato anche l’effetto di trattamenti farmacologici e non farmacologici sulla composizione e sulla funzionalità del microbiota.

12.30

Discussione generale

13.00

LIGHT LUNCH

Le abitudini alimentari degli Italiani, la psicopatologia sottosoglia, la dipendenza da cibo e la rete ENPABBRF: risultati della ricerca in corso 14.30

TAVOLA ROTONDA: Impressioni a confronto, difficoltà e facilitazioni di uno studio multicentrico

Moderatore: Rosa Maria Serrao Partecipanti: Tiziana Stallone, Armando Piccinni, Donatella Marazziti, Mauro Mauri, Serena Capurso

15.30

Le abitudini alimentari degli italiani e la dipendenza da cibo, indagine multicentrica della rete ENPAB-BRF, risultati della ricerca in corso

w Tiziana Stallone - Biologo nutrizionista, PhD, Presidente ENPAB, Direttore La Scuola di Ancel

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a Rete ENPAB (Ente nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Biologi) - BRF (Brain Research Foundation) ha la finalità di coordinare un network di biologi nutrizionisti che hanno costituito un osservatorio nazionale per lo studio del

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comportamento alimentare, attraverso i loro studi libero professionali. L’osservatorio ha la finalità di: • Favorire l’aggiornamento professionale sui temi del comportamento alimentare, della psiconutrizione, sulla correlazione tra alimentazione e disturbi dell’umore e più genericamente sui temi correlati alla nutrizione e alla psicologia clinica. • Contribuire all’interdisciplinarietà nel campo della nutrizione e del comportamento alimentare, favorendo il confronto tra diversi professionisti quali: biologi nutrizionisti, psichiatri, psicologi, bioingegneri, esperti della comunicazione. • Promuovere delle indagini all’interno degli studi libero professionali, volte allo studio del comportamento alimentare. • Curare pubblicazioni scientifiche derivate dalle indagini dell’osservatorio ENPAB-BRF. • Promuovere la stesura di linee guida pratiche e scientificamente validate, che sosterranno i biologi nutrizionisti e gli altri specialisti afferenti a questa rete nello svolgere la loro professione con maggiore competenza. • Creare un modus operandi scientificamente validato dell’ambito della psicologia e della nutrizione. La Rete ENPAB-BRF è stata inaugurata a gennaio 2016 con il Progetto start-up Comportamento alimentare e dipendenza da cibo. Il progetto ha la finalità di indagare la presenza nei pazienti che si rivolgono al biologo nutrizionista di un comportamento alimentare ascrivibile alla dipendenza da alimenti, in correlazione alla presenza di eventuali disturbi dell’umore e della condotta alimentare. L’indagine in corso viene effettuata attraverso la somministrazione di questionari di autovalutazione, in pazienti che daranno il loro consenso informato allo studio. I questionari sono stati selezionati e/o elaborati dal Comitato scientifico della Fondazione BRC. Il progetto ha la finalità di indagare le abitudini alimentari degli italiani, la presenza di dipendenza da cibo in Italia e la loro correlazione con i disturbi del tono dell’umore e della condotta alimentare. A oggi la Rete ENPAB-BRF conta 457 biologi nutrizionisti aderenti e sono stati somministrati questionari a circa 800 pazienti. I risultati preliminari (al momento ancora in fase di elaborazione) di 130 pazienti saranno l’oggetto di discussione di questa relazione.

16.00

Quando il cervello perde il controllo sul cibo: dal piacere alla dipendenza

w Donatella Marazziti - Dirigente medico I livello, AOU Pisana, Professore a.c. Università di Pisa

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er quanto le ultime versioni del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR e 5) e del Manuale di Classificazione delle Sindromi e dei Disturbi Psichici e Comportamentali (ICD-X) continuino a proporre una nozione di dipendenza riferita in modo esclusivo all’assunzione di sostanze ad attività psicotropa, questa viene sempre più frequentemente utilizzata anche nell’inquadramento di particolari entità sindromiche derivanti dallo sviluppo di comportamenti assuefativi che si sviluppano in assenza dell’assunzione di qualsiasi sostanza. Queste nuove dipendenze, o dipendenze senza sostanza, si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti anomali: tra esse possiamo annoverare il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo, la cosiddetta new technologies addiction (dipendenza da TV, internet, social network, videogiochi), le dipendenze dal lavoro (workaholism), le dipendenze dal sesso (sex-addiction) e dalle relazioni affettive, e anche alcune devianze del comportamento alimentare come l’ortoressia e la dipendenza da cibo. La dipendenza da cibo è quindi una “nuova” patologia, di definizione recente, che tuttavia risponde al modello generale di una dipendenza. Esistono forme eclatanti per quantità, che inducono la persona a comprarsi il cibo di nascosto, a tenerlo nascosto e portarlo con sé sempre, a consumarlo di nascosto. Vi sono però anche forme subdole, dominate da questa lotta quotidiana tra appetito e intenzione di controllare il comportamento, compensate per quanto riguarda il peso dalla possibilità di saltare pasti, di fare esercizio fisico o altro. Sono stati proposti diversi modelli fisiopatologici del disturbo che sottolineano l’importanza dei circuiti cerebrali della gratificazione e il ruolo cruciale giocato dal sistema dopaminergico con le sue interazioni con altri neutrotrasmettitori e neuropeptidi. Una disfunzione di questi circuiti porterebbe i soggetti vulnerabili, su base genetica o epigenetica, a sviluppare un rapporto anomalo col cibo che diventa una vera e propria “sostanza d’abuso”.

16.30

Il paziente del biologo nutrizionista e la psicopatologia sottosoglia: due presenze sempre più spesso a braccetto w Mauro Mauri - U.O. Psichiatria 2 Universitaria, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa

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egli ultimi anni i Disturbi della Condotta Alimentare sono divenuti un argomento di crescente interesse, considerando che i cambiamenti dello stile di vita e dei modelli socioculturali della civiltà occidentale li hanno fatti emergere in modo dirompente e preoccupante. Si tratta di patologie in costante aumento, che rappresentano un serio problema di salute pubblica, a causa dei costi sociali, degli elevati tassi di cronicizzazione, della comorbidità medica e psichiatrica anche sottosoglia. Non è nemmeno trascurabile il rischio di mortalità e periodicamente la cronaca riporta in luce casi drammatici di Anoressia Nervosa. Purtroppo il contributo dei mass media nella stereotipizzazione di determinati comportamenti sembra determinante, ma finora

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poco si è fatto per impedire la trasmissione di modelli errati. Mentre la Bulimia rappresenta un disturbo più silenzioso, la cui reale prevalenza nella popolazione è difficilmente determinabile, l’Obesità è stata da molti definita come un’epidemia del terzo millennio. Gli elementi diagnostici del Disturbo da Alimentazione Incontrollata sono ancora provvisori e poco definiti. I meccanismi psicobiologici dei DCA quindi sono poco delineati, le stime epidemiologiche approssimative, i confini diagnostici in continua evoluzione: tutto ciò incrementa le difficoltà che ci si trova ad affrontare nella gestione e nel trattamento di questi complessi disturbi. (Claudio Cargioli - U.O. Psichiatria 2 Universitaria, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa)

17.00

I limiti della dieta intesa in modo classico e l’esperienza di un centro di osservazione della rete BRF

w Serena Capurso - Biologo Nutrizionista Nonostante il Dott. Frank negli anni ’90 abbia già messo in luce come un approccio dietetico tradizionale possa, sul lungo termine, essere fallimentare, ancora oggi assistiamo alla prescrizione quasi meccanica di piani dietetici restrittivi e standard per ottenere un calo ponderale. Questo approccio puramente prescrittivo, oltre a essere fallimentare, crea un’ulteriore resistenza da parte della persona in sovrappeso, già di suo resistente al cambiamento del suo errato stile di vita. La modalità vincente può essere solamente quella che permette di creare un rapporto di tipo motivazionale, attraverso le tecniche dell’ascolto attivo: per stilare dei piani nutrizionali che siano realmente sostenibili il nutrizionista ha l’obbligo quindi di comprendere le motivazioni profonde che hanno portato il soggetto all’aumento di peso. Con questo fine è nato il progetto ENPAB-rete BRF, che ha creato una serie di osservatori negli studi professionali dei nutrizionisti, rendendo possibile una vera e propria rete in grado di studiare i disturbi della condotta alimentare. Facendo parte dell’osservatorio ho alla data odierna consegnato circa 30 questionari, dei quali già un 30% mi è stato riconsegnato (dati in via di aggiornamento). La reazione dei pazienti è stata variegata, ma sempre positiva, e in alcuni casi ha portato già con la sola compilazione a una maggiore consapevolezza del proprio atteggiamento nei riguardi del cibo, ha favorito l’instaurarsi di un rapporto umano con la conseguente diminuzione della resistenza al cambiamento, con il risultato di una maggiore personalizzazione del profilo alimentare. Inoltre, mi ha permesso di rafforzare il rapporto con gli psicoterapeuti con cui già collaboravo attraverso lo studio congiunto dei test compilati, che ci ha quindi permesso di iniziare dei percorsi paralleli con alcuni dei soggetti interessati. In quest’ottica attraverso questo progetto si cercherà di favorire l’aggiornamento professionale dei colleghi sui disturbi della condotta alimentare per creare un modus operandi pratico e scientificamente validato per riconoscere e sapere lavorare con i disturbi sfumati o sottosoglia ascrivibili a moltissimi dei soggetti in sovrappeso o nelle fasi di obesità che quotidianamente si rivolgono al nutrizionista.

17.30

Discussione generale

18.30

CHIUSURA LAVORI

69


Con il patrocinio di:

Responsabile: Prof. Damiano Galimberti

Presidente A.M.I.A. (Associazione Medici Italiani Anti-Aging) Specialista in scienze dell’alimentazione

z 7 MAGGIO 2016

FOCUS ON: NUTRIGENOMICA E NUTRACEUTICA. ASPETTI GENETICI E MODULAZIONI NUTRIZIONALI E BIOCHIMICHE NELL‘AGING E NELL’ANTI-AGING

Moderatori: Damiano Galimberti / Samir Sukkar

09.20

Micoterapia in chiave anti-aging

w Bruno Borioni - MMG, Spec. ORL, esperto e consulente in Medicina Antiaging

I

funghi sono stati utilizzati in Medicina Tradizionale Cinese per millenni, sia come nutrizione sia come fitoterapia, per benessere e longevità. Negli ultimi 30 anni sono numerosissimi gli studi scientifici, sia clinici sia molecolari, della “medicina occidentale”, che si è orientata all’isolamento e all’utilizzo di composti farmacologici, per dare una spiegazione agli effetti terapeutici, evidenziati sperimentalmente. I funghi sono oggi considerati superalimenti naturali e la loro azione è mirata al ripristino dell’equilibrio dell’organismo: in quest’ottica sono considerati adattogeni, ossia sostanze che non provocano stress aggiuntivo e non causano la comparsa di effetti collaterali indesiderati. Nella tradizionale accezione della micoterapia di oggi, l’azione dei funghi in medicina anti-aging è quindi mirata soprattutto a conseguire un effetto adattogeno. In questo contesto i funghi medicinali risultano essere una specie di tonici, in grado di permettere una migliore gestione dello stress, di conseguire un riequilibrio generale dell’organismo, ripristinandone in questo modo il funzionamento ottimale. I funghi inoltre contengono vitamine, minerali e molecole farmacologicamente bioattive; sono ricchi dal punto di vista nutrizionale, ma hanno un contenuto calorico basso. La loro ricchezza nutrizionale e farmacologica, grazie alla naturale sinergia dei vari composti, fa sì che questi alimenti, assunti in toto, possano esprimere un potenziale salutistico estremamente positivo e poliedrico. Un aspetto che esula dal contesto di questo congresso è l’azione di alcuni funghi come supporto biologico in oncologia integrata, per la loro capacità di supportare il sistema immunitario, attivando la risposta dell’organismo contro la progressione di queste patologie. Composti bioattivi purificati derivati da funghi medicinali rappresentano così una nuova potenziale fonte importante di presenti, e soprattutto futuri, agenti antitumorali. È di rilievo anche nel contesto della medicina anti-aging il loro uso per le capacità immuno-stimolanti e immuno-modulanti. È noto come i funghi medicinali rappresentino una fonte potenziale di composti biologicamente attivi con attività immunomodulante, scavenger dei radicali liberi, anti-infiammatoria, antibatterica, antimicotica, antivirale, epatoprotettiva e antidiabetica. I funghi pertanto, rientrano sicuramente in quella che viene definita immuno-nutrizione, che è la capacità di modulare l’attività del sistema immunitario attraverso l’utilizzo di specifici nutrienti. L’immuno-nutrizione può essere utilizzata ogni volta che si ritenga necessario riequilibrare la risposta immune cellulare (TH1) e umorale (TH2). Da queste considerazioni il loro impiego non solo in ambiti patologici specifici, ma nel contesto dell’healthy-aging medicine. Molti lavori di sintesi e meta-analisi giungono inevitabilmente alla conclusione che la micoterapia, oggi, abbia necessità di ulteriori ricerche prima di poter essere accettata dalla comunità medica. In Europa i funghi salutari non sono ammessi come farmaci, ma vengono commercializzati come integratori alimentari e nutraceutici. Nella relazione si passano a esaminare le partico-

70


lari caratteristiche medicinali di singoli funghi come: Ganoderma lucidum (Reishi), Lentinus edodes (Shiitake), Coriolus versicolor, Grifola frondosa (Maitake), Agaricus blazei murill (ABM), Cordypecs sinensis, Phellinus linteus (Meshima) e Hericium erinaceus (HE - Pompom Blanc).

09.40

La micoterapia nel recupero dell’omeostasi dell’organismo

w Stefania Cazzavillan - Biologa, Specializzata in Genetica, Naturopata

I

funghi medicinali sono stati utilizzati per millenni in Oriente a scopo terapeutico; il loro “leggendario” effetto sulla promozione della salute, della vitalità e delle capacità adattative dell’organismo è supportato da un numero sempre crescente di studi scientifici, ragion per cui il loro utilizzo ha destato l’interesse anche di medici, biologi e nutrizionisti. La maggior parte degli studi sui funghi e sulle molecole bioattive da essi isolate ha l’obiettivo di dimostrare meccanismi che potrebbero essere di supporto nel trattamento di situazioni patologiche. Si tratta in realtà di rimedi contenenti numerosissimi composti con varie attività biologiche la cui azione è sinergica e “adattogena”, quindi molto più complessa e completa di quella di una qualsiasi molecola da essi isolata. I funghi sono “modulatori di risposta biologica” e “potenziatori delle difese dell’organismo”, in grado di aumentare la resistenza aspecifica ad agenti stressogeni, siano essi di natura fisica, chimica o psico-emotiva. Recenti studi scientifici hanno evidenziato i meccanismi di regolazione omeostatica a livello immunitario e neuroendocrino, che sottendono alla loro azione, ma soprattutto al sostegno dell’organismo in presenza di un carico allostatico; questo è il motivo per cui i funghi sono parte integrante di supporti integrativi in corso di terapie farmacologiche anche antioncologiche (terapia Fu Zheng secondo la Medicina Tradizionale Cinese). Ciò fornisce un razionale per il loro utilizzo per il mantenimento della salute e per la gestione di situazioni di stress, di malattia e come supporto terapeutico.

10.00

Sistema immunitario intestinale GALT e miceti: l’Overgrowth dei lieviti

w Herbert Rainer - Specialista in Gastroenterologia ed endoscopia digestiva

I

l concetto di microbiota micotico è una scoperta relativamente recente, ma viene già considerato parte integrante dell’ecosistema gastrointestinale con una presenza fino a 106 microrganismo x grammo di feci. Il fungo più noto e più studiato è la candida, ma esistono più di 400 specie di funghi che popolano l’organismo umano in almeno il 70% della popolazione sana, ed è evidente che questi miceti più che da patogeni si comportano più spesso come commensali e costituiscono una componente importante del complesso ecosistema gastroenterico umano. Le interazioni tra miceti e batteri e la risposta immunitaria ai funghi a livello del tratto digerente possono condizionare la fisiopatologia di molte malattie gastrointestinali. Alcuni metaboliti dei miceti come le micotossine possono fungere da promotori del danno alla barriera gastroenterica e intervenire nella modulazione immunitaria e vengono associati sia alle malattie infiammatorie sia a tumori del fegato, dell’esofago e dello stomaco. Non sorprende perciò che lo squilibrio tra flora micotica e microbiota batterico si dimostra cruciale nelle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), ma anche nell’ulcera peptica, nella sindrome dell’intestino irritabile (IBS), nella diarrea associata ad antibiotici (AAD), come anche nei disturbi gastroenterici in corso di chemioterapia.

10.20

Intolleranze, allergie alimentari e sistema immunitario w Giovanni Battista Gidàro - Consulente di Biostatistica e Genomica Funzionale, Segretario Generale SINE, Società Italiana di Nutrigenomica ed Epigenetica

L

e intolleranze alimentari riguardano il 20% circa della popolazione occidentale e sono perlopiù reazioni di tipo non-tossico e non-immunologico dovute ad alterazioni enzimatiche quantitative o qualitative (es deficit di lattasi, deficit di enzimi di degradazione dell’istamina) oppure all’azione di principi attivi, conservanti e coloranti presenti negli alimenti. Un’altra parte di reazioni sono di tipo immunologico non-IgE (es. gluten sensitivity), mentre solo una minoranza (2-5%) è IgE mediata (vere allergie). Tra le principali intolleranze alimentari ci sono quella al lattosio, glutine e all’istamina, caratterizzate da una sintomatologia in parte sovrapponibile che rende la diagnosi laboriosa e complessa. Recenti studi indicano una sovrapponibilità tra test genetico e breath test nella diagnosi dell’intolleranza al lattosio, mentre è ormai consolidato l’utilizzo del test genetico per l’esclusione della patologia celiaca e per la valutazione della suscettibilità alla celiachia e gluten sensitivity. Parimenti il test genetico permette la valutazione dei polimorfismi degli enzimi di degradazione dell’istamina che sono stati associati a un accumulo di istamina sierica e/o intracellulare. Il test genetico (buccal swab) permette di profilare queste tre aree facilitando il processo diagnostico e la prevenzione tra i familiari di I°grado (screening) soprattutto per la celiachia.

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10.40

Caloric Restriction Mimetic: quale dieta?

w Pietro Morini - Scientific Advisor ICANS, Università degli Studi di Milano

L

a restrizione calorica (CR) è ritenuta in grado di ritardare la senescenza, il declino funzionale e migliorare la resistenza allo stress. Dato che la CR rappresenta un modello dietetico fortemente restrittivo (riduzione del 30%-50%), essa non può essere accettata come dieta nel lungo termine. L’attenzione degli studiosi si è quindi rivolta a un modello alimentare che imitasse le risposte metaboliche e ormonali della CR, attraverso sostanze attive sulle stesse vie di segnalazione della restrizione calorica. Si è così definito un modello dietetico, che inibendo l’utilizzo di energia, ne mimasse gli effetti CR-like: Caloric Restriction Mimetic, o CRM. Le ricerche riguardano molecole con azione antiglicolitica, inibitori dell’assorbimento dei lipidi, attivatori delle protein-chinasi, stimolatori dell’autofagia, inibitori di mTOR, attivatori PPAR-α, polifenoli e altri antiossidanti, α-lipoico, sirtuine, poliammine, e molecole con azione sui recettori dell’insulina, sui recettori IGF-1, e con azione antiinfiammatoria. Le risposte fisiologiche, quali la riduzione della temperatura corporea e dell’insulinemia, così come la maggiore attività mitocondriale, dopaminergica e dei fattori neurotrofici sono promettenti; ma non v’è ancora consensus sulla strategia dietetica: la restrizione proteica? Il digiuno intermittente? O semplicemente la dieta mediterranea frugale?

11.00

Microbiota intestinale e superficie oculare nell‘aging

w Giuseppe Chisari - Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche, Università di Catania

I

l nostro sistema digestivo contiene centinaia di specie di microrganismi. La flora batterica intestinale che caratterizza questo sistema rappresenta il vero motore vitale dell’intestino ed è fondamentale nel mantenere la salute generale dell’organismo umano. Questi costituiscono un microbiota intestinale caratterizzato da almeno 400 specie batteriche che determinano nel suo complesso un’elevatissima popolazione batterica. La flora batterica può essere considerata la prima linea di difesa naturale dell’intestino: interviene nei processi digestivi, partecipa alla sintesi delle vitamine, costituisce una vera e propria barriera biologica di protezione nei confronti delle aggressioni da batteri o virus o da tossine. L’efficienza della flora gastrointestinale è essenziale non solo per il buon funzionamento dell’intestino, ma anche per rafforzare le naturali difese immunitarie con una normalizzazione delle funzione dei vari apparati ghiandolari come quello oculare. Il film lacrimale è costituito da una serie di sostanze eterogenee (lipidi, protidi, mucina, acqua) che si integrano per formare una struttura biologica altamente specializzata nel trofismo e nella difesa della superficie oculare. L’alterazione di questa struttura può determinare una varietà di disordini oculari a patogenesi diversa, di cui la sindrome da occhio secco è sicuramente la più importante. L’iposecrezione spesso determina un’alterazione del metabolismo dell’epitelio corneale associato a un’instabilità del film lacrimale. Da recenti studi sembrerebbe che appunto l’ecosistema oculare sia anche un’espressione del grado di funzionalità eco biologica dell’intestino e quindi del sistema immunitario. Presumibilmente, le alterazioni quali-quantitative della flora batterica intestinale determinano una conseguente modificazione del microbiota oculare con alterazione del sistema della superficie oculare e del film lacrimale e quindi con riduzione delle difese immunitarie oculari.

11.30

Il microbiota: ruolo nel metabolismo energetico dell’ospite w Calogero Caruso - Sezione di Patologia generale, Dipartimento di Biopatologia e Biotecnologie Mediche, Università di Palermo

I

l microbiota del tratto gastrointestinale rappresenta un ecosistema dinamico che gioca un ruolo chiave nell’omeostasi dell’organismo e che possiede un’altissima variabilità interindividuale. Una sua alterazione può determinare uno stato definito disbiosi che porta a una variazione quali-quantitativa nella popolazione residente e all’instaurarsi di processi infiammatori. I batteri intestinali effettuano reazioni di riduzione quali la metanogenesi, l’acetogenesi, la riduzione dei nitrati e dei solfati. In particolare, i Bacteroidetes e i Firmicutes sono i principali responsabili della digestione dei residui alimentari e agevolano quella delle fibre e dei polifenoli. Studi in vivo hanno mostrato che il trapianto del microbiota intestinale da topi obesi a topi “germ-free” conferisce, a questi ultimi, un fenotipo obeso, dimostrando la trasmissibilità dei fenotipi metabolici e la variazione quali-quantititativa di specifiche popolazioni quando si verifica una variazione sostanziale di peso. Anche l’ingestione incontrollata di probiotici sembra promuovere l’obesità, alterando la normale flora batterica intestinale. Di contro, alcuni ceppi, attraverso la produzione di specifiche molecole, come l’acido linoleico coniugato (CLA), hanno mostrato un effetto antiobesità in modelli sperimentali e uomo. Analisi in vivo e in vitro di modificazioni fisiologiche apportate dal CLA sull’espressione genica e proteica suggeriscono che esso eserciti i suoi effetti sul metabolismo lipidico. In particolare, l’aumento dell’espressione di geni codificanti proteine potrebbe essere un meccanismo primario attraverso il quale il CLA aumenta il dispendio energetico,

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producendo un effetto antiobesità. (Giulia Accardi, Anna Aiello - Sezione di Patologia generale, Dipartimento di Biopatologia e Biotecnologie Mediche, Università di Palermo)

12.00

Vitamina D: immunomodulazione in chiave anti-aging

w Maurizio Salamone - Biologo, Responsabile scientifico Metagenics Italia

L

a vitamina D è a tutti gli effetti uno dei principali modulatori metabolici del nostro organismo essendo in grado di regolare, insieme ad altri ormoni e citochine, il metabolismo del calcio e dei fosfati, la risposta immunitaria, la duplicazione cellulare e di influenzare in maniera considerevole i processi di invecchiamento. Negli ultimi 20 anni sono stati scoperti gli effetti epigenetici della vitamina D, ovvero la sua capacità di influenzare l’espressione di centinaia di geni legati ai processi di divisione cellulare e riparazione del materiale genetico. La vitamina. D, Ca e vitamina K sono nutrienti universalmente riconosciuti come essenziali per la formazione e il mantenimento di un apparato muscolo-scheletrico sano. I LARN della SINU del 2012 hanno indicato gli apporti di riferimento (A.R.) e definendo i Livelli di assunzione massima sicura giornaliera. Anche l’EFSA si è pronunciato sull’opportunità di integrare la vitamina D, in particolare nelle fasce di popolazione a rischio di carenze. La CE ha approvato numerosi claim salutistici per la vitamina D, molti dei quali legati alla salute delle ossa e al metabolismo minerale, ma ha anche riconosciuto gli effetti extra-scheletrici come il mantenimento delle normali difese immunitarie. La vitamina D rappresenta oggi un valido investimento in salute, visto il profilo di tollerabilità ottimale del colecalciferolo e il vantaggioso rapporto costo/efficacia.

12.20

Alimentazione e cute: esiste la possibilità di intervenire sull’invecchiamento?

w Adele Sparavigna - Dermatologa, Presidente DermIng, Istituto di ricerche cliniche e Bio-Ingegneria

R

ughe, atrofia cutanea, perdita di tono ed elasticità sono solo alcuni dei segni visibili derivati dal processo di invecchiamento cutaneo, il cui andamento è strettamente correlato a fattori intriseci (genetici, alterazioni ormonali e metaboliche) e fattori esterni all’individuo (esposizione ai raggi UV, inquinamento, stile di vita). Il comprovato legame tra un’alimentazione sbilanciata e la salute della pelle è confermato da una sostenuta letteratura scientifica riguardante diverse dermatosi (acne, dermatite atopica e psoriasi sono solo alcuni esempi). Quello che ancora risulta di difficile indagine è capire quali sostanze, in presenza di una dieta bilanciata, siano in grado di contrastare efficacemente l’invecchiamento cutaneo, migliorando la salute e l’aspetto della nostra pelle. Ciò risulta particolarmente rilevante alla luce dei recenti progressi dell’epigenetica. È sempre più chiaro infatti che il nostro patrimonio genetico non è un elemento statico, ma si modella in risposta a diversi stimoli ambientali, di cui la dieta è tra i più importanti.

12.40

La dieta Mediterranea in chiave anti-aging w Damiano Galimberti - Presidente di AMIA, Specialista in Scienza dell’alimentazione e dietetica, professore a.c. di Medicina Anti-Aging e Nutrigenomica, Università di Catania, Cattedra di Biochimica e Patologia Clinica, Docente in Nutrigenomica Corso di Alta Formazione in Metodologie Anti-Aging, Università La Sapienza, Roma

L

a dieta Mediterranea è associata a una bassa mortalità per tutte le cause, andando a contrastare le malattie cronico-degenerative e la sindrome metabolica. Può essere considerata come un pool nutrizionale, comprendente diversi nutraceutici in grado di influenzare favorevolmente la salute. La dieta mediterranea è positivamente associata con la longevità: studi recenti hanno anche associato a questa impostazione nutrizionale il riscontro di una maggiore lunghezza dei telomeri, uno dei biomarker dell’invecchiamento e in generale gli individui che seguono questo regime dietetico hanno quindi un’aspettativa di vita più lunga. Il basso contenuto di proteine ​​animali e il basso indice glicemico della MedDiet modulano direttamente le vie mTOR e i livelli di IGF-1, noti per essere coinvolti nel processo di invecchiamento e nella longevità. In particolare, la riduzione di assunzione di proteine ​​animali può ridurre significativamente i livelli sierici di IGF-1 e inibire l’attività mTOR con una down-regulation del segnale che porta all’attivazione di FOXO3A e, conseguentemente, alla trascrizione di geni omeostatici che favoriscono la longevità. Ne deriva che da un lato l’adesione a modelli alimentari sani e dall’altro un corretto apporto calorico sono indiscutibilmente associati con la longevità e con la riduzione del rischio di comparsa delle malattie correlate all’età.

13.00

Presentazione «La medicina dell’aging e dell’antiaging»

w Damiano Galimberti

13.30

BREAK

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Moderatori: Massimo Spattini / Filippo Ongaro / Stefano Govoni

14.10

Strategia anti-aging dell’Ossigeno-ozonoterapia: dalla filiera alimentare al trattamento delle patologie cronico-degenerative w Fortunato Loprete - Specialista in Chirurgia Pediatrica, Università di Padova, Diploma di Master Universitario di II° Liv. in Master internazionale in Nutrizione e Dietetica, Università Politecnica delle Marche; docente universitario al Master di II° Liv. in Ossigeno-Ozonoterapia, Università di Pavia

I

l nostro stato di salute non è scritto in anticipo; sono soprattutto le nostre scelte di vita che, influenzando l’interazione dei geni con l’ambiente esterno, incidono in maniera importante sul rischio di essere colpiti da una malattia cronico-degenerativa più o meno grave. A questo punto la domanda sorge spontanea: possono gli alimenti essere considerati tutti uguali nell’azione preventiva? Certamente non è così. Studi epidemiologici hanno dimostrato che gli alimenti esplicano i loro effetti sull’infiammazione tissutale, sia per azione diretta sulle cellule, sia perché regolano la composizione del microbiota intestinale, dotato di sistemi complessi per “sentire” gli alimenti e per rispondere a essi. Esistono molte cause note e non note di infiammazione cronica silente; quelle note e quelle meno note a cui non si dà magari la giusta importanza e che sono rappresentate da: acidosi tissutale, metalli pesanti (piombo, mercurio, cadmio, alluminio…), batteri, abitudini personali scorrette (alimentazione, fumo di tabacco, alcool, droga, sedentarietà) e contaminazione ambientale (inquinamento atmosferico, inquinamento idrico, contaminazione alimentare). Da oltre vent’anni, l’ozono, molecola triatomica dell’ossigeno (il cui simbolo è O3), viene utilizzato con successo in diverse realtà produttive alimentari, offrendosi come una naturale alternativa ai processi chimici di disinfezione e sanificazione tradizionali; dal 26 giugno 2001 può inoltre fregiarsi del riconoscimento dell’agenzia americana FDA che ne convalida e ne attesta l’efficacia. Nell’industria alimentare viene utilizzato l’ozono sia nella lavorazione sia nel confezionamento dei prodotti; l’ozono ha, infatti, mostrato una particolare efficacia (rispetto ad altri sterilizzanti come il cloro) nella distruzione di vari patogeni come virus, batteri, muffe e funghi. Grazie al suo potere ossidante, è in grado di inattivare in modo rapido e sicuro virus, distruggere batteri, muffe, polveri, lieviti e gli inquinanti presenti nell’aria, disinfettando anche i punti difficilmente raggiungibili dai tradizionali prodotti di sterilizzazione. Essendo instabile e reattivo, si decompone molto rapidamente e per questo motivo deve essere utilizzato subito dopo la sua produzione. Nel Luglio 1996 con Protocollo n. 24482, il Ministero della Sanità ha riconosciuto l’ozono come “Presidio naturale per la sterilizzazione di ambienti”. L’ozono è ampiamente utilizzato per la potabilizzazione dell’acqua destinata all’imbottigliamento, la disinfezione di superfici e utensili e per l’ossidazione di inquinanti chimici dell’acqua (ferro, arsenico, acido solfidrico, nitriti e complessi organici).

14.30

Molecole nutraceutiche in chiave anti-aging: il picnogenolo e le sue molteplici applicazioni

w Marco Tullio Cau

I

l picnogenolo è un complesso di fitonutrienti molto poliedrico: a livello cardiovascolare esercita un notevole influsso sulla vasodilatazione endotelio-dipendente e sul flusso ematico, favorendo la normalizzazione della pressione sanguigna, della funzione piastrinica e il miglioramento dei valori lipidici e glicemici. Per quanto riguarda la salute dei vasi sanguigni il picnogenolo ne rafforza le pareti impedendo un eccessivo rilascio di fluidi nei tessuti ed è in grado di migliorare anche le ulcerazioni sulle gambe spesso presenti nelle patologie venose. Peraltro la salute della pelle in generale trae grande giovamento dalla sua assunzione e somministrazione per via topica: la sua elevata capacità antiossidante protegge efficacemente dall’esposizione solare, sia nei confronti dei semplici eritemi sia nella prevenzione e cura dei tumori cutanei. La capacità di questa sostanza di legarsi con il collagene e l’elastina apporta numerosi benefici anche a livello estetico, con una riduzione delle rughe. Notevoli sono anche gli effetti antinfiammatori, in grado di ridurre i problemi legati all’osteoartrite, grazie a una marcata diminuzione dei marker infiammatori, dei ROS e anche delle algie. La sua potente azione stimolante l’eNos ne consiglia l’utilizzo nella cura dei deficit erettili. Recenti studi stanno investigando nuove potenzialità di questo fitoestratto.

14.50

Alimentazione e risposte ormonali nell’attività fisica w Dr. Filippo Ongaro - Vice Presidente AMIA, Vice Presidente AFFWA - Prof. a.c. Università di Bologna, Direttore Scientifico ISMERIAN

L’

attività fisica è un potente agente stressante che non esercita alcuna azione benefica se l’organismo non riesce ad adattarsi positivamente ai carichi di lavoro. Sul piano metabolico questo adattamento è caratterizzato dal passaggio da una fase pret-

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tamente catabolica, tipica dello sforzo e dei momenti immediatamente successivi a esso, a una successiva anabolica durante la quale avvengono i processi di riparazione e crescita che portano al miglioramento della capacità di prestazione. Questa delicata transizione è indotta in particolare dall’assunzione di cibo e da specifici rapporti tra i vari macronutrienti. Questo stimolo a sua volta innesca una risposta ormonale che porta all’aumento degli ormoni anabolici che permettono l’adattamento a lungo termine allo stimolo dell’allenamento.

15.10

Alimentazione vegetariana e vegana in chiave anti-aging: pro e contro

w Daniele Cozzini - Specialista in Medicina dello Sport, Diplomato in Medicina tradizionale cinese e Agopuntura

L

e ragioni che comunemente stanno alla base della scelta vegetariana includono motivazioni salutistiche e attenzione per l’ambiente e per il benessere degli animali. Le diete vegetariane sono spesso associate a numerosi vantaggi per la salute, tra questi: livelli di colesterolo ematico, un ridotto rischio di cardiopatia, un più basso rischio di ipertensione e di diabete mellito di tipo 2, un più basso BMI. Nelle diete vegetariane troviamo un contenuto di grassi saturi e di colesterolo ridotto, e più elevate quantità di fibre, magnesio, potassio, vitamina C, folati, carotenoidi, flavonoidi e altri fitocomposti. Queste differenze nella composizione nutrizionale possono spiegare alcuni dei vantaggi salutistici negli individui che seguano un’alimentazione vegetariana variata e bilanciata. I vegani e i vegetariani possono presentare ridotte assunzioni di vitamina B12, calcio, vitamina D, zinco e acidi grassi omega-3 a lunga catena. Le diete vegetariane equilibrate sono manifestatamene salutari, nutrizionalmente adeguate, e possono conferire benefici nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie come artrite reumatoide, tumore alla prostata, asma bronchiale. Le diete vegetariane si sono dimostrate appropriate per tutte le età e per le attività sportive sia di endurance sia di potenza.

15.30

La relazione cibo e dolore w Massimo Spattini - Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Specialista in Medicina dello Sport, Presidente dell’Accademia del Fitness

I

l dolore è un fenomeno fisiologico che funge da campanello d’allarme per segnalare al nostro organismo che qualcosa si sta danneggiando o è danneggiata e quindi poter mettere in atto meccanismi di prevenzione o contenimento del danno. Il problema è quando il dolore diventa cronico perché a questo punto diventa patologico e può portare a severe condizioni di disabilità e non permettere un’attività sportiva costante. È indubbio che oggi sono aumentati in modo naturale le patologie croniche di tipo doloroso, quindi osteoartrite, fibromialgia, mal di schiena e di conseguenza l’uso di farmaci antidolorifici, e molti scienziati ritengono che questo sia in parte dovuto al cambiamento di alimentazione avvenuto recentemente e sbilanciato verso cibi di origine industriale. Una corretta nutrizione è alla base di ogni processo fisiologico, cattive scelte alimentari apportano “tossine” che alterano i sistemi biologici dell’organismo e “veleni” che ritardano i processi di guarigione; scelte alimentari corrette apportano tutte le sostanze necessarie per la guarigione spontanea del corpo e deve essere chiaro il concetto che la nutrizione per la sua influenza epigenetica è più importante della genetica.

16.00

COFFE BREAK

16.20

w Alfonso Mastropietro - Specialista in neurologia e psichiatria

Nuovi approcci nella prevenzione e trattamento del deficit cognitivo

R

ecenti progressi nei campi della genomica, della proteomica e dell’informatica applicata alla medicina stanno portando alla scoperta di nuovi marcatori biologici associati al decadimento cognitivo. L’individuazione della predisposizione diventa quindi oggi un punto di forza poiché è possibile nei soggetti predisposti attuare pratiche di prevenzione primaria, secondaria o terziaria allo scopo di annullare il rischio di malattia o di ritardarlo di molti anni. L’applicazione dell’elaborazione statistica derivata dalle reti neurali ci ha permesso di selezionare le variabili rilevanti per il decadimento cognitivo e per la demenza. I dati di questo studio sono stati oggetto di relazioni congressuali sia in Italia sia all’estero. In base alla presenza delle diverse variabili sia genetiche sia biochimiche è possibile assegnare al singolo individuo un punteggio che lo colloca in una determinata categoria di rischio. - Ai soggetti sani con rischio intermedio e alto, come determinato dall’applicazione della carta del rischio, saranno proposte terapie o protocolli atti a diminuire il peso delle singole variabili di rischio al fine di ridurre il rischio complessivo individuale. - Nei soggetti con deficit cognitivo documentabile o con diagnosi clinica di demenza saranno proposte terapie o protocolli atti a diminuire il peso delle singole variabili di rischio per diminuire la probabilità di progressione del deficit in atto.

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16.40

TRT (Testosterone Replacement o Restoration Therapy): leggenda metropolitana, mito o realtà? w Francesco Romanelli - Università La Sapienza di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia Medica, Scienze dell’Alimentazione ed Endocrinologia L’ipogonadismo età correlato (late-onset hypogonadism, LOH) è un processo graduale causato da un’alterata funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo. Le linee guida definiscono il LOH come una sindrome clinica e biochimica caratterizzata da sintomi tipici (diminuzione del desiderio sessuale, diminuzione della massa magra e aumento di quella grassa, alterazioni dell’umore, ecc) e da un livello plasmatico di testosterone (T), generalmente, al di sotto di 8 nmol/L (2,31 ng/ml). Un valore compreso fra 8 nmol/L e 12 nmol/L (3,46 ng/ml) richiede una valutazione del testosterone libero (FT) o, meglio, dell’albumina e della Sex Hormone Binding Globulin (SHBG) per il calcolo indiretto dell’FT. Un valore di FT al di sotto di 220 pmol/L è indicativo di ipogonadismo. Accertata e confermata la carenza androgenica, le linee guida suggeriscono una terapia sostitutiva (testosterone replacement therapy) con testosterone nelle diverse formulazioni quali esteri iniettabili, gel, cerotti transdermici, T undecanoato orale o iniettabile. In alternativa si è ipotizzata una terapia “ricostruttiva” atta a incrementare il livello del testosterone endogeno (testosterone restoration therapy) tramite clomifene, LHRH, gonadotropina corionica, inibitori dell’aromatasi, ecc. La terapia è controindicata in presenza di carcinoma prostatico o mammario e richiede regolare monitorizzazione clinica ed ematochimica (emocromo, PSA, ecc.). (Sansone Andrea, Sansone Massimiliano, Lenzi Andrea - Università La Sapienza di Roma, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia Medica, Scienze dell’Alimentazione ed Endocrinologia)

17.00

Epigenetica nell’invecchiamento cerebrale: dalla nutrizione al nutraceutico

w Stefano Govoni - Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università di Pavia

F

attori genetici e ambientali contribuiscono alla relazione tra età, demenza, funzione cognitiva e neuropatologia. Nell’invecchiamento sono state osservate variazioni dei processi di metilazione del DNA con conseguente alterata espressione di enzimi coinvolti nella sintesi, nella liberazione, nel riconoscimento e nella trasduzione del segnale di diversi neurotrasmettitori. Tali osservazioni costituiscono la base razionale per il riconoscimento di nuovi meccanismi nella fisiopatologia dell’invecchiamento e l’individuazione di bersagli epigenetici per molti psicofarmaci. Quando si va oltre l’intervento con i farmaci e si studiano azioni preventive acquistano importanza i rapporti tra alimentazione, epigenetica e invecchiamento cerebrale. Dati sperimentali preclinici e clinici mostrano che effetti biochimici legati alla nutrizione possono influenzare i processi degenerativi ed essere considerati in programmi di prevenzione/associazione con altre terapie. Dai trial clinici è emerso che specifiche combinazioni di nutrienti agiscono in maniera sinergica nel modulare la formazione e la funzione della membrana neuronale e, di conseguenza, modulano la funzione sinaptica, la neurotrasmissione e le performance cognitive.

17.20 Medicina Quantica: influenza dei Campi Elettromagnetici (C.E.M.) naturali e artificiali sull’uomo ed Elettrosensibilità Soggettiva (E.S.) w Alessandro Gelli - Presidente Accademia delle scienze Uranus-Salute e Benessere Globale, coordinatore e docente corsi ECM Alta Formazione in “Metodologie Anti Aging e Anti Stress” (SIAMEG). Head Master Accademico in Aging and Stress Management. Responsabile Scientifico e Docente corso ECM, in “Strategie e Metodologie pratiche Anti Aging e Anti Stress” (Omceo) Ordine dei Medici di Roma

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a Medicina Quantica integra molti argomenti tra cui il rapporto tra bio-elettromagnetismo endogeno (emesso e generato dal corpo) e l’elettro-magnetismo esterno (esogeno), nonché le differenti reazioni soggettive a quest’ultimo e come poter utilizzare in pratica, tali conoscenze. Si occupa di come misurarlo e come agire per ottenere, per quanto possibile, un ambiente di lavoro e d’abitazione ottimizzato, che con piccoli adattamenti può aiutare a viver meglio. I Campi elettromagnetici (CEM) hanno un range in Hz molto ampio: frequenze basse, medie e alte (L.F.50Hz-15 KHz, R.F. da100 Mhz a 8GHz); 50Hz è la frequenza della corrente di rete 230V. A.C., altre frequenze sono quelle delle trasmissioni radio, quelle più alte sono tipiche del forno a microonde con i noti effetti termici. Le frequenze ultra basse (da 1 Hz a 30-40 Hz) sono le stesse emesse dal cervello in base alla sua attività e registrate dall’EEG. Oltre alla frequenza (e alla forma dell’onda), va valutato il tempo di esposizione del soggetto nonché l’intensità che, se eccessiva, altera le funzioni psico-fisiologiche soprattutto di alcuni soggetti, definiti elettrosensibili, che presentano disturbi quali ansia, irrequietezza, dolori fisici, mal di testa, disorientamento, ecc., mentre altri esposti al medesimo CEM non percepiscono alcuna alterazione. L’uomo ha magnetite nei magnetotici e la diversa quantità soggettiva potrebbe influenzare l’elettrosensibilità soggettiva.

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17.50

Psico-biologia dell’invecchiamento sessuologico: un itinerario fuori dagli schemi

w Riccardo E. Perris - Psicologo, psicoterapeuta, sessuologo e formatore

S

econdo l’OMS l’aumento della popolazione mondiale nel 2050 sarà tale da costituire un serio problema per la distribuzione del benessere. Il presente lavoro analizza il comportamento sessuale degli individui over 50 di entrambi i sessi e i pregiudizi che condizionano l’utilizzo della sessualità: si sottolineano le varie componenti psicologiche, sessuologiche, socioculturali, mediche, che attualmente la società scientifica riconosce come elementi importanti per il benessere degli over 50. Contrariamente a certe idee preconcette, la sessualità non scompare con l’età, ma segue piuttosto un principio di continuità, in base al quale la vita sessuale in età avanzata dipende da quella che l’individuo ha esercitato e vissuto nel corso dell’intera esistenza. L’atteggiamento nei confronti degli over 50 sta cambiando: arrivati a cinquant’anni, molti si rendono conto di avere davanti a sé ancora un lungo periodo da vivere (arrivare a 70, 80 anni non è più l’eccezione) e cercano di prepararsi a viverlo al meglio, nelle migliori condizioni fisiche e psichiche, per rimanere attivi e dinamici sia nella vita di relazione sia in quella intima sessuale. Per l’anziano il sesso non deve essere qualcosa da vivere con disagio, ma un valore da vivere tranquillamente, con la serenità che l’anziano sente di esprimere, senza ostentazione ma anche senza vergogna, nel rispetto di sé e del partner. La sessualità è un importante fattore naturale che contribuisce alla qualità della vita e il senso di benessere che ne deriva può fornire un’energia vitale che collabora a rinforzare le energie aggiuntive necessarie per continuare ad allontanare l’innata paura della morte. Tutti gli adulti hanno il diritto di esprimere la propria sessualità, indipendentemente dalla loro età.

18.10

DISCUSSIONE

18.30

CHIUSURA DEI LAVORI

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Responsabile scientifico: Dr.ssa Nadia Cerutti Responsabile della Struttura di Dietologia e Nutrizione Clinica dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano

z 6 MAGGIO 2016 LIPIDOMICA: INNOVATIVA RISORSA CONTRO LE INFIAMMAZIONI CELLULARI Moderatore: Mario Pappagallo

15.00

15.15

INTRODUZIONE w Mario Pappagallo

I grassi e la lipidomica: cosa ci dice il profilo di membrana w Carla Ferreri - Primo Ricercatore Consiglio Nazionale delle Ricerche, Bologna

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o sviluppo delle ricerche molecolari ha chiarito che il fisiologico svolgimento delle attività metaboliche e la regolazione di tutti i cicli vitali, compreso l’invecchiamento, avviene anche mediante il mantenimento della quantità di grassi, in un equilibrio di composizione qualitativa e quantitativa ideale. Proprio i grassi, considerati ancora dalla maggior parte del pubblico come elementi da ridurre, se non da evitare, sono stati rivalutati dalla scienza della lipidomica (lipidi=grassi), soprattutto focalizzando la membrana cellulare come risultato di alimentazione abituale e metabolismo dell’individuo. La membrana, che è indispensabile per l’esistenza stessa, il nutrimento e la respirazione della cellula, è fatta da un insieme di fosfolipidi, contenenti grassi saturi e insaturi, gli stessi grassi ampiamente dibattuti da esperti e dai media, ma spesso senza aggiornare la visione con il loro ruolo fondamentale nella membrana cellulare. Partendo dall’eritrocita maturo, utilizzato come cellula di riferimento, la sua membrana viene ottenuta e migliaia di persone sono esaminate, creando una banca dati di espansione mondiale, con lo scopo di tracciare i profili di membrana e l’insieme dei valori che rappresentano il profilo di normalità. In linea con l’armonia delle componenti grasse della dieta raccomandata da tutte le organizzazioni internazionali, si può oggi conoscere lo stato della membrana individuale e operare la scelta dell’integratore alimentare e degli oli da utilizzare abitualmente, in base all’analisi lipidomica. La biodiversità degli oli naturali esprime proprio la necessità della membrana di essere formata da varie componenti sature, monoinsature e polinsature omega-6 e omega-3, senza commettere l’errore di bandire i grassi dalla tavola, senza saperne il perché. E la cucina diviene anche più creativa! Con il ricercatore del CNR si parlerà dei grassi e della membrana cellulare, della grande innovazione che la lipidomica ha portato nell’alimentazione e nelle strategie di prevenzione e valutazione molecolare, da cui ogni categoria professionale sanitaria, e anche il pubblico, trarrà un’idea innovativa che dalla ricerca si può applicare alla vita quotidiana.

16.00

Perché biologico? Glifosato - I semi oleosi nel processo di trasformazione w Denis Brazzo - Chimico

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utto è veleno e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto (Philippus Theophrastus Bombast von Hohenheim, detto Paracelsus o Paracelso (1493-1541), alchimista, astrologo e medico svizzero). È del tutto accettabile affermare che tutta la normativa mondiale relativa alla regolamentazione dell’impiego di fitofarmaci in campo agroalimentare si avvale di questo fondamento ideologico di circa 500 anni fa. Allargando il campo di applicazione dell’assunto riportato non al singolo fitofarmaco (es: pesticida, regolatore di crescita, diserbante, etc.), ma a più sostanze presenti contemporaneamente in un alimento si giunge, per esempio, alla presa in considerazione del rischio cumulativo da residui multipli di pesticidi, chiamato multiresiduale. I livelli massimi di residui (LMR) indicano la concentrazione più alta legalmente autorizzata per singoli residui di pesticidi all’interno o sulla superficie di alimenti o mangimi, sulla base delle buone prassi agricole e della minima esposizione del consumatore necessaria a tutelare i soggetti vulnerabili. Una postilla: nel bugiardino di un qualsiasi farmaco il capitolo “interazioni con altri farmaci” è uno dei più importanti. Purtroppo questa considerazione non vale per i pe-

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sticidi che si ritrovano negli alimenti. Da uno degli ultimi rapporti ufficiali Legambiente si è determinato che abbiamo dei record di presenza simultanea: fino a 9 pesticidi nell’uva; 8 nel vino; fino a 6 nelle mele; fino a 5 nelle arance/pere. Una possibile arma di difesa? L’alimentazione biologica, ovvero consumare cibi e prodotti derivati (es: oli, panificati, pasta, farine, etc.) provenienti da cicli agroindustriali pensati e attuati per: - tutelare la propria salute e quella dei propri figli; - salvaguardare la biodiversità e rispettare l’ambiente; - allevare gli animali più rispettosamente.

16.30

BREAK

16.45

Ruolo dei Grassi insaturi nella Dieta Mediterranea

w Mario Mauro Mariani - Specialista in Angiologia

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a Dieta Mediterranea è stata designata patrimonio immateriale dall’Unesco nel 2010 per le sue caratteristiche salutari, basate sul consumo continuo e quotidiano di frutta fresca e secca, olio extravergine di oliva e semi oleosi, cereali integrali, verdure, legumi e una moderata quantità di pesce e carni bianche e un bicchiere di vino. La formula della Dieta Mediterranea consiste nelle proporzioni tra carboidrati, grassi e proteine: 55/30/15. In un mondo fatto di “diete” si fa un gran discutere sulle percentuali di carboidrati e proteine da combinare, dimenticando spesso il ruolo fondamentale dei grassi. Il nostro organismo ha un assoluto bisogno di grassi, ma non tutti i grassi sono uguali! I grassi sono molecole complesse caratterizzate dalla presenza di acidi grassi che si distinguono in grassi di origine animale contenuti in carne, pesce, uova, latte e nei suoi derivati quali formaggi e burro, e quelli di origine vegetale contenuti nell’olio di oliva, nei semi oleosi in genere, nelle noci e nelle mandorle. A seconda della complessità della molecola e per l’assenza o la presenza minore o maggiore di doppi legami si classificano come saturi o insaturi. I grassi saturi sono acidi grassi naturali generalmente presenti nei grassi animali, nelle carni rosse, nella pelle dei volatili da cortile, nel tuorlo d’uovo e nei latticini. Innalzano la colesterolemia e sono diretti responsabili dei processi di aterosclerosi (fenomeno che determina l’indurimento e l’occlusione delle arterie) e di danno vascolare. Se non da bandire, sono da limitare al massimo nella dieta, al massimo 10% dell’apporto. I grassi insaturi invece sono grassi protettivi per le nostre arterie, alzano il colesterolo buono e abbassano quello cattivo. Possono avere diverso grado di insaturazione. I monoinsaturi sono quelli presenti nell’olio extravergine di oliva, nelle olive, nelle mandorle e nelle noci. Fra i polinsaturi distinguiamo gli Omega-6 contenuti in frutta secca, cibi proteici e olii vegetali e gli Omega-3 contenuti nel pesce e in certi semi oleosi.

17.15

Ricette della cucina mediterranea e gli oli della salute in cucina w Alessandro Circiello

18.00

DISCUSSIONE

18.15

CHIUSURA DEI LAVORI

z 7 MAGGIO 2016 09.00

APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE ALLA SINDROME METABOLICA IN MENOPAUSA Sindrome metabolica nella donna in menopausa w Nadia Cerutti - Responsabile S.S. Dietologia e Nutrizione Clinica ASST Fatebenefratelli Sacco, Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico

L

a sindrome metabolica è una condizione clinica a elevato rischio cardiovascolare caratterizzata dall’associazione di una serie di fattori di rischio quali l’ipertensione, l’obesità viscerale, uno stato di insulino resistenza, la dislipidemia e un alto rischio trombotico. L’associazione di sindrome metabolica e menopausa è motivo di diffusa preoccupazione poiché le pazienti che ne sono affette presentano un rischio maggiore di sviluppare diabete mellito di tipo 2, malattia cardiovascolare, osteoporosi e malattie neurologiche degenerative.

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09.30

Menopausa: il punto di vista del cardiologo

w Roberto Adriano Latini - Cardiologo Interventista, ASST Fatebenefratelli Sacco, Milano

L

e malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in entrambi i sessi. Le donne tendono a sviluppare le malattie cardiovascolari a un’età leggermente più avanzata rispetto agli uomini e ciò verosimilmente in relazione al calo estrogenico che fa seguito alla menopausa. È dimostrato che con la menopausa vi sia una ridotta sensibilità all’insulina e di conseguenza un rischio incrementato di sviluppare diabete mellito e sindrome metabolica, aumentano i livelli di colesteroloLDL e si riduce il colesterolo-HDL. Nel corso degli anni la mortalità legata alla cardiopatia ischemica è globalmente diminuita, ma non nella donna. La spiegazione va ricercata, indipendentemente dalla menopausa, nelle differenze peculiari della donna rispetto all’uomo, in termini di presentazione clinica e diversa fisiopatologia delle malattie cardiovascolari che giustificano nelle donne un trattamento più tardivo e meno aggressivo. Inoltre il genere femminile è scarsamente rappresentato nei trial clinici. Di conseguenza le raccomandazioni sul trattamento della cardiopatia ischemica sono derivate da studi condotti in popolazioni di pazienti costituite da uomini. La corretta stratificazione del rischio cardiovascolare nella donna è fondamentale e si ottiene valutando il rischio globale, piuttosto che i singoli fattori di rischio. Particolare attenzione va prestata ai fattori di rischio cardiovascolare esclusivi del genere femminile o più frequenti nelle donne.

10.00

Menopausa: il punto di vista dell’ortopedico w Roberto Capelli - Direttore SC Ortopedia e Traumatologia ASST Fatebenefratelli Sacco, Milano w Valter Galmarini - Responsabile ambulatorio di prevenzione e cura dell’osteoporosi e delle malattie metaboliche dell’osso; SC Ortopedia e Traumatologia ASST Fatebenefratelli Sacco, Milano

L’

osteoporosi, secondo la definizione dell’OMS, è una patologia caratterizzata da bassa massa ossea e da deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo, che determinano un aumento della fragilità ossea e del rischio di fratture (tipiche sono quelle del femore, delle vertebre e del polso). L’assenza della produzione di estrogeni rappresenta il principale fattore di rischio nella post-menopausa. Altri fattori di rischio accertati sono età avanzata, inattività fisica, alimentazione povera di calcio e vitamina D, magrezza costituzionale, amenorrea prolungata, fumo di sigaretta, elevato consumo di alcool, predisposizione genetica e utilizzo di farmaci osteopenizzanti (es. corticosteroidi). L’aver subito una frattura da fragilità è il principale fattore di rischio per l’insorgenza di altre fratture, anche indipendentemente dai valori della BMD. Una riduzione del 10%-12% di BMD, in qualsiasi sito, raddoppia il rischio di frattura. Una frattura del collo del femore aumenta di 6-8 volte la probabilità di una seconda frattura femorale; si verifica exitus nel 20% dei casi entro un anno dall’evento fratturativo; a un anno il 40% non è in grado di camminare autonomamente. Fondamentale è l’importanza della prevenzione della prima frattura, obiettivo di un appropriato approccio terapeutico con interventi su abitudini di vita, nutrizionali, di attività fisica e con farmaci.

10.30

BREAK

11.00

Menopausa: il punto di vita del neurologo

w Vincenza Fetoni - SS Neurologia, ASST Fatebenefratelli Sacco, Milano

L’

azione degli estrogeni sul Sistema Nervoso Centrale non è ancora del tutto nota a causa di numerose variabili quali il tipo di estrogeno, la relativa concentrazione ormonale ematica e/o tissutale, il legame con il recettore, l’ambiente neuroendocrino in cui avviene la reazione chimica. La presenza dei recettori per gli estrogeni è stata dimostrata su studi animali con effetti neuroprotettivi tramite la trascrizione di geni antiapoptosi, aumentato fattore di sopravvivenza (survivina) dopo ischemia ippocampale nel ratto e aumentata espressione del fattore neurotrofico (BDNF). Anche nell’uomo è dimostrato un effetto sulla neurogenesi con un’azione neuroprotettiva contro la neurodegenerazione per stimolazione di fattori di crescita (Nervous Growth Factor, Insulina-like growth factor), influenza sulla risposta immunitaria e controllo della reattività della microglia e della funzione vascolare. Con la menopausa queste azioni positive a livello cerebrale vengono meno e dati epidemiologici evidenziano l’aumentata incidenza di alcune patologie neurologiche quali la malattia cerebrovascolare, la Malattia di Parkinson e la Malattia di Alzheimer. Rimane controverso e incerto il trattamento con estrogeni esogeni post-menopausa sia ad azione preventiva, sia sintomatica.

11.30

Menopausa: il punto di vista dello psichiatra

w Roberta Anniverno - Medico psichiatra, Responsabile Centro Psiche Donna, P.O.M.Melloni, ASST FBF-Sacco, Milano

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G

li estrogeni esercitano anche un ruolo specifico nella modulazione della neurotrasmissione cerebrale e in particolare sul controllo dei circuiti implicati nella patogenesi dell’ansia e della depressione; questo rende il climaterio, soprattutto della fase perimenopausale, durante la quale si assiste al declino della funzione estro-progestinica, un periodo particolarmente esposto all’insorgenza di alcuni disturbi psicopatologici, come ansia, insonnia, irritabilità e instabilità dell’umore, che fanno parte, insieme con le manifestazioni metaboliche e disautonomiche tipiche, della sindrome menopausale. Concorrono a delineare il quadro clinico della sindrome depressiva in epoca menopausale, oltre ai fattori eziopatogenetici biologico-ormonali anche quelli ambientali e psicologici. La menopausa rappresenta un momento di profonde modificazioni, di fronte alle quali la donna si ritrova a fronteggiare cambiamenti radicali di prospettiva, incentrati prevalentemente sui vissuti legati al declino della fertilità e della femminilità. L’adattamento al climaterio è direttamente dipendente dalle capacità del singolo individuo di fare fronte agli avvenimenti della vita, in base alle proprie risorse e competenze e alle caratteristiche di personalità di ogni singola donna. La durata del periodo climaterico sembra direttamente correlata con il rischio di insorgenza di un disturbo dell’umore in menopausa. Alcune donne mostrano inoltre una specifica vulnerabilità ai disturbi dell’umore correlati alle variazioni ormonali: esistono infatti dati epidemiologici che dimostrano come le donne che hanno sofferto durante l’età fertile di disforia premestruale e/o di depressione postpartum sono colpite con maggior frequenza dalla depressione in menopausa. Anche precedenti anamnestici di depressione e ansia possono indicare un aumentato rischio di disturbi dell’umore peri e postmenopausali. La presenza di fattori di stress relazionali e sociali aumenta questo rischio, come anche la compresenza di malattie organiche croniche o ricorrenti. Il trattamento dei disturbi dell’umore in menopausa si avvale essenzialmente dell’utilizzo di antidepressivi e di estrogeni. Alcuni antidepressivi, appartenenti sia alla classe degli SSRI, sia alla classe NSRI hanno mostrato un’efficacia clinica nel controllo delle vampate di calore oltre a essere efficaci sul timismo e sui disturbi del sonno. Gli effetti positivi sull’umore derivanti dalla terapia estrogenica sono sia diretti che indiretti; i primi risiedono nella capacità di migliorare il tono dell’umore e la percezione soggettiva di benessere, i secondi si basano invece sul controllo dei sintomi neurovegetativi, come le vampate, a cui consegue anche un ripristino della continuità del sonno e un miglioramento dei sintomi cognitivi, soprattutto della memoria a breve termine. (Claudio Mencacci - Medico psichiatra, Direttore Dipartimento Neuroscienze Fatebenefratelli, ASST FBF-Sacco, Milano)

12.00

Menopausa: il punto di vista del diabetologo

w Benedetta Masserini - Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio

L

e modifiche della composizione corporea e il relativo incremento degli androgeni che avvengono durante la menopausa possono influenzare negativamente il metabolismo glucidico in questa fase della vita femminile. Importante quindi porre l’attenzione su una precoce diagnosi di alterazioni del metabolismo glucidico e adeguati interventi terapeutici. Tra gli interventi terapeutici il diabetologo deve incoraggiare una modifica dello stile di vita e in caso di necessità prescrivere la terapia farmacologica più idonea per la paziente. Nella scelta terapeutica è opportuno tenere conto non soltanto del controllo glicemico, ma anche di possibili effetti extraglicemici dei farmaci attualmente disponibili, come per esempio il peso corporeo e la pressione arteriosa. Importanti risultano anche essere le considerazioni sugli outcome cardiovascolari in una popolazione come quella delle donne diabetiche che presenta una mortalità cardiovascolare quadruplicata rispetto alla popolazione generale. Da considerare nella scelta terapeutica anche i possibili effetti scheletrici di alcuni farmaci ipoglicemizzanti in una popolazione di per sé ad aumentato rischio di frattura.

12.30

Dieta certo, ma quando dieta e un corretto stile di vita non bastano?

w Sabrina Argenti - Dietista

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ome in ogni fase della vita, anche in menopausa l’alimentazione e l’attività fisica rivestono un ruolo fondamentale sia nell’attenuare alcuni sintomi, sia nel controllo del peso, dei livelli lipemici, della glicemia e dell’ipertensione arteriosa. Adeguate correzioni dietetico-comportamentali possono contribuire ad apportare benefici al nostro organismo tenendo conto di ulteriori consigli aggiuntivi a un sano stile di vita alimentare. In alcuni casi dieta e corretto stile di vita non sono sufficienti a colmare eventuali carenze alimentari e alleviare i disturbi tipici della menopausa. In commercio esistono diverse soluzioni di integratori alimentari i quali hanno dimostrato effetti benefici sia sulla riduzione del peso che sull’equilibrio energetico. L’uso degli integratori deve essere guidato dalla medicina basata sull’evidenza (EBM) e quindi supportato da studi prospettici randomizzati.

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13.00

Nutraceutici nella prevenzione della sindrome metabolica

w Paola Silvia Anna Morpurgo - ASST Fatebenefratelli - Sacco Milano

I

nutraceutici sono quei prodotti per uso orale contenenti alte concentrazioni di principi attivi derivati da alimenti funzionali e che forniscono benefici sulla salute in senso preventivo e terapeutico. L’interesse verso questi ritrovati da parte degli operatori sanitari e da parte dei possibili fruitori è in continuo aumento come lo è il numero di prodotti disponibili sul mercato e il loro conseguente utilizzo. La sindrome metabolica e la prevenzione cardiovascolare risultano essere interessanti campi di applicazione dei nutraceutici e possibili effetti utili a tale fine sono: 1) azione antiossidante; 2) riduzione del colesterolo LDL; 3) riduzione dell’insulino-resistenza. Nella relazione verranno trattate le evidenze scientifiche relative all’efficacia sulla sindrome metabolica di alcuni tra i nutraceutici più utilizzati.

13.30

CHIUSURA DEI LAVORI

82



Supplemento al n. 2-2016

Direttore Responsabile: Raffaella Tavan raffaella@inpharmamag.it General Manager: Stefano Mazzù stefano@glmmedia.it Art Director: Emanuela Gazzetta emanuela@inpharmamag.it Marketing e pubblicità: Mary Mazzù - mary@glmmedia.it Pasquale Carosella - pasquale@glmmedia.it Iscrizione al Tribunale di Milano: Registrazione n. 151 del 23.04.2014 Direzione, Redazione e Amministrazione: GLM Media, Via Medeghino, 10 - 20141 Milano Ph. +39 02 84216680 Fax +39 02 39195775 e-mail: redazione@inpharmamag.it Amministrazione e abbonamenti: Cristina Brambilla - cristina@glmmedia.it Stampa: Arti Grafiche Turati Srl - Desio MB

Segreteria organizzativa/Organizing secretariat:

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