Viaggio a Napoli

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Johann Wol f gang Goe t h e

Viaggio a Napoli 1787

traduzione di Eugenio Zaniboni


Johan n Wol f g ang G oe t h e

Viaggio a Napoli

traduzione di Eugenio Zaniboni ISBN 9788895178097 © Edizioni Intra Moenia 2014 Il Distico Srl Via Costantinopoli 94, 80138 – Napoli www.intramoenia.it – info@intramoenia.it Progetto grafico e impaginazione: Luca Mercogliano I titoli dei capitoli sono una scelta redazionale In copertina: Jacob Philipp Hackert, Porto e Golfo di Napoli con il Vesuvio (1771) - particolare


introduzione

Non può essere mai del tutto infelice chi può ritornare con il pensiero a Napoli J. W. Goethe

Nel volume che qui si presenta vengono riportate le pagine del soggiorno napoletano di Goethe, uno dei protagonisti della cultura europea del Settecento e uno dei più famosi intellettuali ad aver intrapreso il Grand Tour, di cui traccia un resoconto puntuale nel suo famosissimo Viaggio in Italia. Il Grand Tour era un viaggio attraverso l’Europa alla scoperta delle città monumentali, e soprattutto dei luoghi dell’antichità, intrisi di mito e storia e perciò esercitanti un irresistibile fascino per i giovani studiosi del Vecchio Continente. La consuetudine del Grand Tour si diffonde tra le classi aristocratiche a partire dal 1600 e perdura per i due secoli successivi, avendo come meta privilegiata l’Italia, terra dal passato glorioso, e più raramente la Grecia. Si parte per un’intima esigenza di affinare le proprie conoscenze, di vedere opere d’arte immortali, di studiare l’antica cultura dei luoghi, di fare, infine, per i giovani aristocratici, una formativa esperienza di vita.

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Johann Wolfgang Goethe, colto e raffinato studioso tedesco, letterato, ma anche pittore e naturalista, uomo energico e curioso, già famoso per il suo I dolori del giovane Werther, non sfugge a questa nobile “pratica” di studio e apprendimento, non resiste alla vorace curiosità, come egli stesso spiega nel suo Viaggio in Italia, che lo attrae e conduce nei luoghi sognati fin dall’infanzia, nel paese dell’arte e del clima felice. E così, dopo lunghi preparativi, a 37 anni d’età, parte da Karlsbad; è il 3 settembre del 1786. Lo scrittore attraversa il paese natio fino al passo del Brennero e poi si introduce in Italia: Trento, Verona, Padova, Venezia, Bologna, sono alcune delle città che visita prima di entrare, finalmente, a Roma, la tanto agognata Città Eterna. Qui si fermerà inizialmente fino al febbraio del 1787, tra appassionati studi e visite al patrimonio artistico romano, per poi partire per Napoli il giorno 22 febbraio e farvi il suo felice ingresso in compagnia del Tischbein, pittore tedesco e grande amico del Goethe. È con occhi di gioia e di stupore che il poeta entra nella città partenopea, ammirando dapprima la natura che ha attraversato durante il tragitto, rigogliosa e ricca di colore, il maestoso Vesuvio con il suo pennacchio di fumo e poi l’architettura delle case, le strade affollate, la spensieratezza della gente che è “sulla strada”, dove tutti “seggono al sole finché finisce di brillare”. “Napoli si annuncia per sé giocondamente”, osserva lo

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scrittore, abbagliato da tanta vivacità in cui s’imbatte. E certo Napoli gli appare tanto diversa da Roma, meno brulicante e più severa, tanto che, in un passo, lodando la morfologia del territorio sarà spinto a dire: “In questo paese non è assolutamente possibile ripensare a Roma; di fonte alla posizione tutta aperta di Napoli, la capitale del mondo, nella valle del Tevere, fa l’impressione di un vecchio monastero mal situato”. Goethe a Napoli trascorre due mesi, intervallati tra marzo e maggio da un mese di soggiorno, ad aprile, in Sicilia. Lui, uomo di studio e di rigoroso impegno intellettuale, nella capitale del sud si lascerà, non senza un po’ di rammarico, trascinare dall’atmosfera leggera della città, cedendo più d’una volta al clima di rilassatezza che si respira per le vie e dandosi a numerose passeggiate all’aria aperta: “Se a Roma si studia con piacere – afferma quasi rassegnato – a Napoli non si vuole che vivere”. Fa splendide gite tra Paestum, Pompei, Ercolano, Portici, i Campi Flegrei, dove ammira commosso la natura e le tracce della storia antica. Profonda impressione riceverà dalle sue temerarie passeggiate sul Vesuvio di cui raggiungerà più volte la cima, nei giorni dell’eruzione, irresistibilmente attratto da quella natura spettacolare, emozionante, rischiando in qualche caso anche la propria vita. E proprio il Vesuvio e i colori unici del paesaggio eserciteranno un richiamo tale che più volte, al solo pensie-

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ro di dover rinunciare a quella visione per far ritorno a Roma, esprime in qualche passo la propria sofferenza. E poi c’è la bella e dotta società che ruota intorno alla fastosa corte di Ferdinando I di Borbone. Il nostro poeta va a ricevimenti, frequenta salotti ed eminenti personaggi come il giurista Filangieri, l’ambasciatore britannico Hamilton, il ritrattista Hackert, il principe von Waldeck, con il quale fa allegre scampagnate ammirando “la regione più meravigliosa del mondo”, e tesori d’arte, come il museo di Capodimonte. L’occhio curioso e attento di Goethe non si sofferma solo sui tesori d’arte, pur ammirati con grande interesse, né sulla sola sfolgorante natura. Anche il popolo, la gente che gremisce le strade della città, richiamano il fervido interesse del giovane Goethe. Molto belle sono le pagine in cui descrive ciò che vede per le vie, la folla rumorosa e gaia, i mille lavori in cui si affaccendano i napoletani, la laboriosità di ognuno, persino dei ragazzini, i “lazzari”, che sporchi e laceri si danno da fare come possono per guadagnarsi anch’essi la vita. Pagine in cui si affretta a smentire il luogo comune sulla poltroneria dei napoletani, notando come ognuno sia impegnato in qualche attività, come la città brulichi di energia. Arriva persino a spiegare con una sua interessante teoria la differenza tra l’operosità delle popolazioni del nord, costrette a lavorare sodo tutto il giorno a causa di un clima poco generoso,

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e quella della gente del sud, dove “una terra beata e fornita copiosamente di che soddisfare i primi bisogni” ha creato uomini felici, i quali “possono tranquillamente aspettare che l’indomani porti loro quello che ha portato oggi”. E questo non spiega l’indolenza comunemente attribuita a queste popolazioni, ma bensì il fatto che “tutti lavorano non soltanto per vivere, ma per godere e tutti badano a ricrearsi perfino nel lavoro della vita”. A questa operosità si associa poi tutto un mondo di colori, nelle vesti, negli addobbi degli animali, delle bancarelle, delle vetrine dei negozi e persino dei defunti, suscitando grande curiosità in Goethe che pure a questo dedica pagine notevoli. Ne deriva un affresco puntuale della Napoli di fine Settecento, la più grande delle città viste fino ad ora dal poeta, una vera e propria metropoli con 500mila abitanti, la cui esuberanza lo incanterà, lasciando, al pari della natura e della storia dei luoghi, una traccia forte nello spirito dello scrittore, che ammette: “Napoli è un paradiso; tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi. A me accade lo stesso, non mi riconosco più, mi sembra di essere un altro uomo. Ieri mi dicevo, o sei stato folle fin qui, o lo sei adesso”. Concetta Celotto

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Goethe nel 1787 in un ritratto di Angelica Kauffmann


Attraverso la campagna verdeggiante 25 febbraio 1787 Eccomi finalmente arrivato, e sotto buoni auspici. Di questa giornata di viaggio basti dire che abbiamo lasciato S. Agata al levar del sole, con un vento che soffiava con violenza alle nostre spalle: un vento di tramontana durato tutta la giornata, ma che a mezzogiorno ha spazzato via le dense nuvole. Il freddo ci ha fatto soffrire non poco, mentre percorrevamo una via sempre attraverso colline vulcaniche, nelle quali tuttavia mi è parso di notare ancora la presenza di qualche roccia calcarea; finalmente abbiamo raggiunto la pianura di Capua, e poco dopo Capua stessa, dove abbiamo fatto la nostra sosta meridiana. Nel pomeriggio si è aperta innanzi a noi una bella campagna pianeggiante, mentre la via maestra tagliava in due i solchi delle messi verdeggianti. Il grano si stende come un tappeto alto non meno di una spanna, i pioppi sono piantati in fila nei campi, e sui rami bene sviluppati si arrampicano le viti. Questo spettacolo continua fino a Napoli. Il terreno è meravigliosamente pulito, friabile ed egregiamente lavorato. Le viti sono di un vigore

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e di un’altezza straordinaria, i pampini ondeggiano come una rete fra pioppo e pioppo. Il Vesuvio si manteneva sempre alla nostra destra, fumigando con violenza ed io mi compiacevo con me stesso di poter finalmente contemplare coi miei occhi anche questo meraviglioso spettacolo. Il cielo si rasserenava sempre più, tanto che alla fine il sole batteva fin troppo caldo su quella nostra cameretta a quattro ruote. Avvicinandoci a Napoli, l’atmosfera si era completamente liberata dalle nubi e noi ci trovammo veramente in un altro mondo. Le abitazioni coi tetti a terrazza facevano comprendere che eravamo in un clima diverso, ma non credo che all’interno le case fossero molto ospitali. Tutti sono sulla strada, tutti seggono al sole finché finisce di brillare. Il napoletano crede veramente di essere in possesso del paradiso e dei paesi settentrionali ha un concetto molto triste: “Sempre neve, case di legno, grande ignoranza, ma denari assai”. Questa è l’idea che essi hanno delle cose nostre. A edificazione di tutte le popolazioni tedesche, questa caratteristica, tradotta, significa: “Immer Schnee, hölzerne Häuser, grosse Unwissenheit, aber Geld genug”. Napoli per sé si annuncia giocondamente, piena di movimento e di vita;

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una folla innumerevole s’incrocia per le vie, il re1 è a caccia, la regina incinta2 e non si potrebbe desiderare nulla di meglio.

1.  Re Ferdinando IV di Borbone era un appassionato cacciatore. 2.  Maria Carolina, sorella di Giuseppe II d'Austria e moglie di Ferdinando IV di Borbone, ebbe diciassette figli.

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indice

introduzione

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Attraverso la campagna verdeggiante pag. 11 Nella locanda al Largo del Castello 15 Mai del tutto infelice chi pensa a Napoli 18 Con il pittore Filippo Hackert 20 Con il principe di Waldeck 21 Vedi Napoli e poi muori! 23 A Napoli non si ripensa a Roma 27 La personalitĂ di Gaetano Filangieri 30 Una escursione sul Vesuvio 33 La testa di cavallo nel palazzo Carafa 41 Visite ai nobili della cittĂ 43 Tra gli scavi di Pompei 47 A cena dalla principessa Teresa Ravaschieri 51 Colazione in riva al mare 59 Vanno e vengono tutto il giorno in un paradiso 63 Visita agli scavi di Ercolano 67 La festa di San Giuseppe 70 Sopra un torrente di lava 75 La villa dell'ambasciatore inglese Hamilton 79 Tra i templi di Paestum 83


Una veduta di Napoli pag. 89 La partenza per Palermo 92 Rischio di naufragio 95 Lettera a Herder 104 Tutti mi mostrano cortesia 108 L'ammirazione per il Werther 109 Le stravaganze della principessa Ravaschieri 111 Lady Hamilton, una creatura senza anima 114 Il popolo di Napoli 119 La cittĂ tra colori e costumi 131 I riflessi della luna sul mare 137 Robivecchi al Largo del Castello 138 Congedo dagli amici 141 Lo spettacolo incantato del golfo 145 Un addio 150 Fra Napoli e Roma 152 avvertimento Tischbein a Goethe

pag. 154 155


finito di stampare nel marzo 2014

per conto delle edizioni Intra Moenia presso GFC Stampa Srl - Napoli


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