Elogio del brindisi

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Claudio Pennino

Elogio del brindisi Storie e aneddoti del bere conviviale


Claudio Pennino

Elogio del brindisi

Storie e aneddoti del bere conviviale ISBN Š Edizioni Intra Moenia 2013 Il Distico Srl Piazza Cavour 19, 80137 – Napoli www.intramoenia.it info@intramoenia.it I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.


A mio padre

beviam che non è ria una gentil follia G. Chiabrera



indice

Della tavuliata

pag. 9

Del simposio pag. 19 Della moderazione

pag. 29

Dell’amicizia pag. 37 Delle donne pag. 43 Della goliardia

pag. 51

Dell’attimo fuggente

pag. 59

note pag. 73



Della tavuliata



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Tre comitive del quartiere Sanità, via mare, approdano sulla spiaggia di Marechiaro per trascorrervi una piacevole scampagnata. Sono due coppie di fidanzati, due maeste ncannaccate, con i rispettivi mariti e nu cumpare / viecchio « cap’ ’e suggità ». La tavola è imbandita con ogni ben di Dio, e l’allegria si effonde tra i commensali. Nel bel mezzo del pranzo, ’o cumpare ch’è struito / fa nu brinnese in pulito… Così, il poeta Ernesto Murolo, nella canzone “Napule ca se ne va!” 1 descrive il momento del brindisi proposto dal compare della comitiva. Ma, soprattutto, ci tiene a precisare che questi è una persona struita. È pur vero che il brindisi è un componimento d’improvvisazione ma, proprio per questo, presuppone un minimo di capacità poetica e, quanto meno, la conoscenza della metrica e delle rime. Diciamoci la verità, senza essere struito come si può improvvisare un brindisi in pulito?


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Al compare che ha proposto il brindisi tutta la comitiva risponde, all’unisono: «Addó va…», ovvero, dove il vino va, cioè a coloro che in quel momento stanno brindando nella speranza che l’augurio formulato vada a buon fine. Naturalmente il brindisi è onorato solo quando il convitato vuota completamente il bicchiere, poiché come dice Nicola Vottiero nel suo Calateo napolitano: “Chille che beveno pure hanno d’avé crianza. Chi è nvetato a bevere e resta lo vino dinto a lo bicchiero, fa mala crianza.” 2 Si dichiara subito ed apertamente poco istruito, invece, il povero cieco digiacomiano che, nel corso d’ ’a tavuliata dei poveri della poesia Lassammo fa’ Dio... intende esprimere la propria gratitudine all’ignoto benefattore e se ne rammarica perché non può farlo in pulito, giacché le parole che usa so’ napulitane / e nun so’ ttaliane: Cumpagne e care amice! Permettete c’ a stu bello signore, ca nce ha fatto l’onore ’e ce mmità ccà ncoppa a bevere e a mangià, io gli rivolgio nella sua presenza, come attestato di ricanoscenza, quatto parole p’ ’o ringrazià!


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Grazie, grazie, signo’!… Grazie! Vv’ ’o dico a nomme ’e tutte chiste sfurtunate, ca se so’ saziate, e ca p’ ’a primma vota, senza stennere ’a mano, mmiez’a ll’aria addurosa ’e stu ciardino hanno pruvato ’o broro, ’a carne, ’o vino!… Ccellenza! E cumpatite sti pparole, ca so’ napulitane e nun so’ ttaliane comme ve mmeretate! Io nun aggio pututo sturià ! Nun me pozzo applicà!… Guardate!… io nun ce veco! ’A che so’ nnato io nun beco a nisciuno!… So’ cecato, guardate… So’ cecato!… Ccellenza, e che piatà!… ’A voce lle mancaie. Chiagneva… ’A mano ca teneva ’o bicchiere s’acalaie chiano chiano e ’o pusaie ncopp’ ’a tavula. Isso stesso, comme si ’o vino ’o fosse risturbato, se chiaie lentamente int’ ’e ddenocchie, e, cadenno assettato e abbandunato, fissaie dint’ ’o bbacante ’o gghianco ’e ll’uocchie…3


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Il vino è presente nelle abitudini degli uomini da almeno quattro, cinquemila anni. La vite veniva già coltivata millenni prima della nascita di Cristo lungo il corso dei fiumi che scorrevano nella pianura mesopotamica, sulle colline dei Sumeri, sulle alture dell’Assiria, nelle campagne della città sacra di Babilonia. Anche se per gli Ebrei la sua invenzione è attribuita a Noè4, si narra che il vino nacque per caso. Così vuole il mito di Dioniso, figlio di Zeus e di Semele, figlia di Cadmo, re di Tebe. Zeus per piegare la mortale Semele alla sua volontà, le aveva nascosto il suo vero aspetto, ma la donna, istigata dalla gelosa Era, moglie tradita di Zeus, gli chiese di poterlo ammirare nella piena maestà della sua gloria, sul suo rilucente carro di fuoco. Allora Zeus le si presentò brandendo la folgore, e fu così splendente e sfavillante che Semele restò incenerita non potendone sopportare la visione. Zeus allora salvò dal suo grembo il piccolo Dioniso, lo pose all’interno della propria coscia e qui lo tenne fino al compiersi dei nove mesi; quando il bimbo nacque, lo affidò a Sileno e alle cure delle Ninfe del monte Nisa affinché lo allevassero nella solitudine dei boschi. Un giorno, nel tentativo di sfuggire alla calura, mentre oziava al fresco di una grotta completamente ricoperta dai tralci delle viti, Dioniso colse un grappolo d’uva


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e incominciò a schiacciarne gli acini facendone colare il succo in una coppa d’oro. Inebriato dal fragrante profumo e tormentato dalla sete bevve lo spumoso contenuto tutto d’un fiato. Immediatamente il suo corpo prese nuovo vigore, sentendosi scorrere nelle vene quel potente fluido vitale. Scoperto il vino e il suo valore divino e inebriante, Dioniso decise di far conoscere il prelibato “nettare” a tutta l’umanità. Così il Dio vestito di pelli di volpe5, insegnò agli uomini la viticoltura percorrendo il mondo su un carro trainato da due tigri, simbolo dell’irrazionalità, con al seguito un corteo di musici, fauni, danzatrici, menadi e divinità minori. E fin da quando il primo uomo alzò una coppa ricolma di vino verso l’alto, per ringraziare la buona terra per il dono dei suoi frutti, il cielo per la pioggia benefattrice e il sole per il giovevole calore, fu pronunciato il primo brindisi. Letterariamente esso non è altro che una specie di Ode conviviale, quell’invito o saluto che si fa alla tavola imbandita o si usa recitare alla fine di un banchetto. Non ha un metro ben definito, ma è basato sull’improvvisazione, con versi di varia natura. Il suo carattere è senz’altro allegro e brioso, e consiste in un augurio, fatto in onore


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degli ospiti o anche degli assenti, levando i calici. L’importante è che sia espressione di gioia. Regola principale per comporre un brindisi è di esprimerlo brevemente con immagini vivaci, con tratti divertenti, con naturalezza di stile, con versi armoniosi, con facilità di rime, senza maestria, senza espedienti per conseguire un particolare effetto, avendo, come unico scopo, quello di rallegrare i commensali. L’invito che il poeta Giuseppe Gargano, solerte cultore del dialetto napoletano, autore di un Vocabolario domestico napolitano italiano pubblicato nel 1841, rivolge agli amici riuniti intorno al tavolo è quello di vivere tanti anni in buona salute quante sono le gocce di vino che ognuno beve: Quanta belli voccune ve mmoccate, quanta gocce de vino ve vevite, tant’anne, ammice mieje, campà pozzate, senza contare chille che tenite: Pozzate sempe avé bona ventura, e non ce pozza maje la jettatura. E si la mmidia ch’a lo munno regna pe dispietto che n’ave abboffa e ngrogna, lassammola crepare la malegna, lassammo che se roseca chell’ogna;


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E mente essa lo ttuosseco se magna, vevimmoce no poco de sciampagna.6 Senza dubbio il territorio campano, grazie alle sue caratteristiche e alle raffinate tecniche di coltivazione e di vinificazione, è stato uno dei primi e più importanti siti di coltivazione della vite e del vino nel mondo. In epoca romana, i migliori vini, come il Falerno, il Greco, il Faustiniano, il Caleno, sono stati celebrati e lodati da Cicerone, Plinio, Marziale, Orazio, Virgilio. Attualmente il territorio vanta oltre 100 varietà di viti, un numero molto elevato non riscontrabile in nessuna altra area vitivinicola della penisola. Il successo dei vini campani è dovuto principalmente alla varietà e alla esclusività di certi vitigni che sono assolutamente irripetibili come Ischia, Capri, le pendici del Vesuvio, le colline irpine e beneventane. Vitigni che, grazie al particolare territorio e al clima, nel corso dei secoli si sono perfettamente adattati e acclimatati in assoluta sintonia con l’ambiente e il territorio.


Finito di stampare per conto delle edizioni Intra Moenia nel settembre 2013 presso TipolitoGiglio Srl




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