Quanno ce vo, ce vo
Offese, minacce, maledizioni, epiteti e ingiurie della lingua napoletana
Claudio Pennino è nato a Napoli nel 1957. Membro fondatore dell’Istituto Linguistico Campano, è vincitore di numerosi concorsi di poesia. Per le Edizioni Intra Moenia ha pubblicato il dizionario italiano-napoletano e napoletano-italiano: Parlammoce accussì (2009), il vocabolario napoletano dei modi di dire Mettere ’a bbona parola (2011) e Elogio del brindisi (2013), storie e aneddoti del bere convivale. Per l’Istituto Grafico Editoriale Italiano, ha pubblicato nel 2010 ’A Scola Salernitana, traduzione in lingua napoletana del testo medievale della “Regola Sanitaria Salernitana”, presentato dal Prof. Nicola De Blasi, ordinario di Linguistica italiana all’Università di Napoli Federico II. Nel 2011 gli è stato assegnato il Premio Masaniello – Napoletani protagonisti e nel 2013 ha pubblicato, per l’Editore Cuzzolin, il Vocabolario di Proverbi Napoletani.
Claudio Pennino
Quanno ce vo, ce vo Offese, minacce, maledizioni, epiteti e ingiurie della lingua napoletana ISBN 9788874211654 © Edizioni Intra Moenia 2015 Edizioni Intra Moenia Via Costantinopoli 94, 80138 – Napoli Tel. 081290988 – Fax 0814420177 www.intramoenia.it info@intramoenia.it I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
Premessa
Si racconta di un alto prelato, un sacerdote investito di cariche superiori nella gerarchia cattolica, il quale, nel bel mezzo di una solenne adunata di cardinali, proprio quando l’assemblea era raccolta in religioso silenzio, si lasciò scappare un rumoroso peto che suscitò lo smarrimento stupito degli astanti. Fatto oggetto delle biasimevoli occhiate dei confratelli, il prelato, candidamente, si giustificò dicendo: Quanno ce vo, ce vo! Ci sono momenti in cui una persona, per una forte arrabbiatura o in preda ad un violento scatto d’ira, non riuscendo a frenare quell’improvviso e irrefrenabile impulso che gli sgorga sulle labbra, sbotta, nonostante la buona educazione ricevuta da bambino, in un colorito epiteto o improperio. Se questa innocente reazione verbale può servire a calmare un iracondo animo, o a porre rimedio a conseguenze altrimenti più gravi, allora ben venga, ogni tanto, un vivace e scoppiettante sfogo liberatorio. D’altronde, una “schietta” invettiva non ha mai fatto del male a nessuno e, come dice il detto, chi la “dice”, l’aspetti. Questa raccolta di offese, minacce, maledizioni e insulti della lingua napoletana non è, e non vuole essere, un prontuario di maleducazione o di volgarità, (essendo queste “virtù” unicamente connesse all’uso che ognuno ne fa), quanto piuttosto uno spaccato popolare e folcloristico della nostra parlata.
Claudio Pennino
Abbreviazioni
accr. accrescitivo agg. aggettivo anat. anatomia antifr. antifrastico arch. architettura avv. avverbio cong. congiunzione corr. corruzione dim. diminutivo escl. esclamazione f. femminile fig. figurato fr. francesismo fras. fraseologia gastr. gastronomia giov. gergo giovanile inf. infantile ingl. inglesismo inter. interiezione itt. ittico lat. latino loc. locuzione m. maschile
mar. marinaresco mus. musicale n.pr. nome proprio onom. onomatopeico pl. plurale pron. pronome prov. proverbio qlc. qualcuno raff. rafforzativo rif. riferito rifl. riflessivo s. singolare scherz. scherzoso signif. significato sost. sostantivo spreg. spregiativo trasl. traslato v. verbo var. variante vd. vedi vezz. vezzeggiativo volg. volgare
A abbàscio, giù, in basso mo me votto abbascio, è l’esagerato gesto minacciato da chi è spazientito o in preda alla disperazione. abbrèo, ebreo, israelita, giudeo | trasl. strozzino si’ peggio ’e n’abbreo, lo si dice all’indirizzo di una persona da cui non ci si può aspettare nessun aiuto, una persona avara, avida (nel 1492 vennero nel Regno un gran numero di Ebrei cacciati dalla Spagna da Ferdinando il Cattolico. A Napoli si sistemarono nella zona della Giudecca, dove praticacavo l’usura a tassi altissimi tanto da arrecare danno gravissimo ai poveri. Nel 1540, assalito dai numerosi reclami contro gli Ebrei che con le loro usure divoravano le sostanze dei poveri, il Vicerè D. Pedro di Toledo decise di scacciarli dal Regno). abbuórto, aborto; mostriciattolo abbuorto ’e natura, così è definita una persona deforme, dal corpo sgraziato, non ben proporzionato. abbunàto, sciocco, sempliciotto abbunato, è questo l’appellativo scherzoso, ma spesso ingiurioso, di una persona sciocca, un po’ tonta. àcca, ottava lettera dell’alfabeto italiano si’ na acca mmiez’ ’e llettere, sprezzante espressione rivolta all’indirizzo di una persona che vale
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poco o nulla (la lettera acca, in italiano, non ha suono proprio, per questo è detta anche consonante muta). accètta, accetta, scure pare fatto cu ’o cuozzo ’e ll’accetta, mordace espressione rivolta all’indirizzo di una persona rozza e grossolana (il cuozzo è il lato piatto dell’accetta, quello opposto alla lama; l’immagine che ci rimanda è di una persona scolpita grossolanamente e non rifinita bene). àccio, sedano mazzo d’accio, così è apostrofata una persona sciocca; imbecille. accusà, accusare; rivelare, manifestare; nel gioco delle carte, dichiarare una particolare combinazione nun accuse e nun cunte, pesante offesa lanciata all’indirizzo di una persona che si ritiene non valere un bel niente; essere un emerito incapace (il riferimento è al mediocre giocatore di carte che non sa né dichiarare i punti né contarli). acìto, aceto iette ’acito, perfido invito, rivolto all’indirizzo di un rivale, a crepare, a tirare le cuoia; si’ gghiuto ’acito, dicesi all’indirizzo di una persona insopportabile, diventata sgradita, aspra; ed ironicamente anche nei confronti di chi perde vigore sessuale. àco, ago si’ appuntuto comm’a n’aco, si dice, con astio, all’indirizzo di una persona dal carattere irascibile, intrattabile.
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àcqua, acqua; pioggia puorte ll’acqua cu ’e rrecchie, frase offensiva rivolta all’indirizzo di chi è troppo servile; di una persona meschina e priva di dignità; si’ cchiù scemo ’e ll’acqua cavera, vd. scèmo. addurmùto, lento e svogliato; indolente addurmuto, epiteto offensivo rivolto ad una persona fiacca, inetta, che ha i riflessi lenti e la mente torpida; che indugia nel fare una cosa. affucà, affogare, soffocare tié, affocate, è la stizzosa esclamazione di chi dà una cosa malvolentieri. agliarùlo, orzaiolo puozze avé n’agliarulo, maledizione o malaugurio che si lancia all’indirizzo di qualcuno (una leggenda popolare vuole che siano colpiti da orzaioli coloro che non soddisfano una voglia di donna incinta). àglio, aglio aglie e fravaglie fattura ca nun quaglia, formula di scongiuro contro il malocchio (forse per il suo particolare odore pungente, l’aglio, da sempre, viene indicato come ottimo rimedio per allontanare gli spiriti cattivi). alifànte, elefante è muorto l’alifante, dicesi, ironicamente, nei confronti di chi ha smesso di godere di certi benefici, o per aver cessato una carica o per essere terminato un privilegio (la frase è riferita al borioso custode dell’elefante donato, nel 1742, da un Sultano turco al Re Carlo di Borbone; questi, montato in super-
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bia per la carica che ricopriva, alla morte dell’elefante, divenne oggetto di derisione e di scherno); nu polece cecaie n’uocchio a n’alifante, vd. pólece. alléssa, castagna lessa cuopp’ ’allesse, vd. cuóppo; scampulo d’allesse, epiteto ingiurioso rivolto a una donna sfiorita, sfatta e non più bella (lo scampulo d’allesse è il residuo delle castagne lesse, fredde, rammollite e tutte spappolate). alliggerì, digerire | trasl. sopportare, tollerare nun t’alliggerisco, si dice all’indirizzo di una persona insopportabile, intollerabile; indigeribile. ànema, anima; individuo anema dannata, così è apostrofata una persona malvagia, un cattivo soggetto; anema nera, epiteto attribuito a una persona senza scrupoli; ll’anema d’ ’o Priatorio, si dice di una persona piagnucolosa, che si lamenta continuamente (l’anima penante nel Purgatorio invoca continuamente suffragi per la sua salvezza); mallanema ’e chi t’è mmuorto, maledizione che si scaglia contro una persona malvagia e che letteralmente vuol dire: che possano, le anime dei tuoi defunti, dannarsi in eterno (mallanema equivale a ‘male all’anima’; var.: mallanema ’e chi t’è bivo, maledizione scagliata contro le anime dei parenti ancora in vita); mallanema ’e chi te sona ’e ccampane a muorto, imprecazione con la quale si augura la morte a qualcuno (ma in realtà la maledizione è doppia, poiché è rivolta anche all’indirizzo di colui che suonerà le campane al funerale della persona di cui si desidera la morte);
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me staie zucanno ll’anema, si dice nei confronti di una persona asfissiante, noiosa, fastidiosa; pare n’anema accumparente, ironica espressione rivolta all’indirizzo di una persona dalla corporatura esile e sottile, molto magra, tanto da sembrare un fantasma. àngiulo, angelo te faccio fà ’o vuolo ’e ll’angiulo, minacciare qualcuno di fargli fare un volo dalla finestra o buttarlo di sotto (il riferimento è al volo, in onore di San Michele, che compie, in alcune città campane, un ragazzo vestito da angelo appeso ad una carrucola che scivola su una robusta corda tesa tra due palazzi). anguìlla, anguilla te faccio torcere comm’ ’anguilla, lo dice chi minaccia di procurare tali sofferenze da far piegare in due il povero malcapitato, alla stessa stregua di un’anguilla fatta a pezzi. antìco, antico te si’ ffatto antico, frase rivolta contro una persona ripetitiva e petulante. aréfece, orefice, orafo, gioielliere | topon. il borgo degli orefici si’ nu buono arefece, si dice in tono sarcastico all’indirizzo dell’avaro, del risparmiatore accanito (var.: si’ na scada ’arefece); ì abbascio â ’refece, si dice ironicamente nei confronti di chi si mostra eccessivamente zelante e pignolo, di persona moderata e parsimoniosa, che rasenta l’avarizia (l’espressione trae origine dal lavoro degli orafi che pesano l’oro con bilancini di estrema precisione. Il Borgo degli Orefici o anche
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semplicemente abbascio â ’refece, così detto per l’alta concetrazione di botteghe per la lavorazione e la produzione di gioielli e manufatti in oro, è una vasta zona di Napoli compresa tra Via Marina e il tratto orientale di corso Umberto meglio conosciuto come rettifilo). arpìa, donna brutta e malvagia arpia, ingiuria rivolta a una donna di aspetto sgradevole e di carattere astioso; brutta, sporca, scarmigliata, perfida e rapace (nella mitologia greca le arpie erano creature orripilanti e puzzolenti, dal volto di ragazza, dal corpo e dalle membra di uccello; erano dee velocissime che rapivano gli uomini, i quali scomparivano senza che se ne trovasse traccia). arrunzóne, arruffone, pasticcione arrunzone, così è apostrofata una persona disordinata e confusionaria (deverbale di arrunzà, nel significato di compiere affrettatamente e senza ordine un lavoro o una faccenda). arruzzùto, arrugginito arruzzuto, epiteto attribuito a una persona mal vestita, rozza, grossolana. àrte, arte, mestiere, lavoro faie ll’arte ’e Michelasso, si dice all’indirizzo di conduce una vita sfaccendata, disordinata e dissipata; senza pensieri, all’infuori di mangiare, bere e andare a spasso; quanno nun è arta vosta, iate a fà nculo ê mmamme voste, mordace espressione rivolta contro coloro che si arrogano una capacità che non hanno, che si danno arie da competenti o da saccenti.
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artigliarìa, artiglieria nu malo piezz’ ’artigliaria, così è soprannominato il briccone, il rissoso violento, una persona di malaffare. àseno, asino | vd. anche ciùccio aseno si’ gghiuto e aseno si’ benuto, si dice, con delusione, contro coloro che non traggono nessun profitto o insegnamento dalle proprie esperienze o da una scuola d’istruzione. àsso, asso me pare ll’asso ’e coppe, irridente similitudine usata per schernire una persona dalla figura tozza (l’immagine è quella del tipo basso e grassoccio con le mani appoggiate sui fianchi). astròleco/stròleco, astrologo, indovino | trasl. sapientone nun fà ’o stroleco, si dice all’indirizzo del saccente, del presuntuoso, per riportarlo a proporzioni minori e più realistiche. aucellóne, strillone, urlone aucellona nzevosa, locuzione offensiva rivolta all’indirizzo di una donnicciola appariscente, dall’abbigliamento chiassoso, ma sporca, lercia; aucellone, appellativo che si dà, per dileggio, a una persona che parla a voce molto alta, che è solita alzare la voce per far valere le proprie ragioni; ma anche a chi spiffera ad alta voce cose che andrebbero taciute e tenute segrete (aucellone è l’accrescitivo di auciello, e da certi uccelli è ricavata la metafora del canto a voce spiegata e all’aria aperta).
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auciéllo, uccello auciello ’e malaurio, così è apostrofata la persona con fama di iettatore, che preannuncia sempre disastri (forse la frase deriva dall’antica tradizione romana di trarre gli auguri, cioè gli auspici, dall’osservazione del volo degli uccelli. Ma potrebbe anche alludere alla superstizione popolare che ritiene di cattivo augurio il verso di certi uccelli come la civetta e il gufo); auciello ’e passaggio, così è definita, in senso canzonatorio, una persona dabbene, ma tanto educata da essere considerata sciocca; ll’aucielle s’accocchiano ncielo e ’e chiaveche nterra, espressione spregiativa rivolta a due cattivi soggetti che si frequentano per fini disonesti (var.: ll’aucielle s’apparano ncielo e ’e fetiente nterra. L’adagio ricalca la sentenza latina Similia cum similibus congregantur, i simili si accompagnano con i loro simili). avvucàto, avvocato ll’avvucato d’ ’e ccause perze, si dice, spregiativamente, di chi senza che gli venga richiesto e senza che la cosa lo riguardi si mette a perorare appassionatamente la causa altrui (var.: ll’avvucato d’ ’e povere); ’o figlio ’e ll’avvucato Pescolamazza, vd. fìglio.
Bibliografia
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Indice
Premessa
pag. 5
Abbreviazioni
» 6
A-Z
» 7
Bibliografia essenziale
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Finito di stampare per conto delle edizioni Intra Moenia nel luglio 2015 presso Vulcanica Print di Torre del Greco (NA)