tra il dire e il fare NOTIZIARIO DELL’ARCHIVIO OSVALDO PIACENTINI
viale Monte Grappa, 9 - Reggio Emilia tel. 0522.451657 | fax 0522.439336
www.archiviopiacentini.it | aop@caire.it Numero 18, Nuova Serie Anno III - N.4 (7) - Dicembre 2019
EDITORIALE Giampiero Lupatelli LA SCUOLA CHE (NON) ABBIAMO Cesare Moreno, Maria Piacentini, Gruppo di Coordinamento “Laboratorio Appennino”, Don Flavio Luciano, Marco Muzzarelli, Fabio Minucci, Equipe Piccole Officine Politiche, Leopoldo Cassibba, Mauro Giudice POTERI FORTI, POTERI DEBOLI Luigino Bruni, Maria Luisa Parmigiani, DIRE, FARE, AMMINISTRARE L’urbanistica tra città e piano
Carla Ferrari, Maddalena Fortelli, Giovanni Crocioni Paesaggi e parchi Andrea Colombelli, Monica Mantelli, Ippolito Ostellino, Claudio Tensi, Gabriella Bonini, Fausto Giovanelli, Roberto Biagianti Notizie dalle Associazioni del Territorio
Giuseppe Dematteis, Costanza Pratesi, Fabio Renzi, Alessandra Bonfanti L’agenda del Sindaco
Enrico Bini LAVORI D’ARCHIVIO Filippo De Pieri, Chiara Piacentini, Stefano Storchi, Giordano Gasparini, Beniamino Ferroni NOTE DI LETTURA Enrico Bussi, Maurizio Brioni, Carlo Pellacani, Carla Ferrari, Lidia Castagnoli OBITUARY Patrizia Gabellini per Giuseppe Campos Venuti Ippolito Ostellino per Roberto Gambino L’ARCHIVIO E LA SUA RIVISTA Progetti in corso Attività svolte L’Archivio Il Notiziario
tra il dire e il fare EDITORIALE LA SCUOLA CHE (NON) ABBIAMO POTERI FORTI/POTERI DEBOLI: DIRE, FARE AMMINISTRARE LAVORI DI ARCHIVIO
NOTE DI LETTURA OBITUARY L’ARCHIVIO E LA SUA RIVISTA
In copertina: Carta della utilizzazione del suolo d’Italia - Touring Club Italiano 1965
Tra il dire e il fare Notiziario dell’Archivio Osvaldo Piacentini - 18 Nuova Serie Anno III - N. 4 (7) - Dicembre 2019 Direzione, Redazione, Amministrazione Viale Monte Grappa, 9 - 42121 Reggio Emilia Tel. 0522 451657 - Fax 0522 439336 www.archiviopiacentini - aop@caire.it Direttore Responsabile Elisa Pellacani Direttore Editoriale Giampiero Lupatelli Comitato di Redazione Maurizio Brioni, Marina Dragotto, Mauro Giudice, Domenico Gribaudi, Ippolito Ostellino, Costanza Pratesi Comitato Scientifico Sonia Cantoni, Giuseppe Dematteis, Oberdan Forlenza Patrizia Gabellini, Marco Magnani Editore Consulta, librieprogetti, Via Pariati, 2 - 42123 Reggio Emilia Cura editoriale Antonella Borghi - Archivio Osvaldo Piacentini Registro stampa Tribunale di Reggio Emilia n. 9/2017 del 17.11.2017 (n.2594/2017 R.G.V.G.) ISSN 2532-9928 ISBN 978 88 6988 0513 © 2018 Archivio Osvaldo Piacentini - Reggio Emilia. Tutti i diritti sono riservati. È consentita la riproduzione dei testi e delle immagini citando la fonte. La pubblicazione di immagini fotografiche in questo periodico ha finalità scientifica, priva di lucro. Per quelle di cui non è stato possibile individuare gli autori o i proprietari si resta a disposizione per corrispondere i diritti dovuti in base alla legge italiana.
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sommario
EDITORIALE Una conversazione tra rigenerazione urbana e Aree Interne del Paese, Giampiero Lupatelli
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LA SCUOLA CHE (NON) ABBIAMO
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Interventi Maestri di strada scendono in campo, Cesare Moreno Si può, è fattibile, Maria Piacentini Laboratorio Appennino: i giovani e il loro progetto di vita, tra scuola e territorio, Gruppo di coordinamento “Laboratorio Appennino”
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Atti del Seminario Formazione e Competenza di Torino Presentazione Introduzione, Don Flavio Luciano Cambiamenti a tempo indeterminato, Marco Muzzarelli Formazione e competenze per un efficace governo del territorio, Fabio Minucci Presentazione delle Piccole officine politiche, Equipe Piccole Officine Politiche Appunti su “Formazione, competenza e lavoro” e dintorni, Leopoldo Cassibba Per governare il territorio serve competenza, Mauro Giudice
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POTERI FORTI, POTERI DEBOLI
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The economy of Francesco, Luigino Bruni La stagione degli SDGs, Maria Luisa Parmigiani
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DIRE, FARE, AMMINISTRARE
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L’urbanistica tra città e piano Guardare oltre, Carla Ferrari, Maddalena Fortelli La città come sistema resiliente. Pianificazione e dinamiche di mercato nel tempo della crisi, Giovanni Crocioni
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Paesaggi e parchi I riconoscimenti UNESCO: dall’effetto marchio all’obiettivo identitario e di comunità, Andrea Colombelli, Monica Mantelli, Ippolito Ostellino, Claudio Tensi La scuola sul Paesaggio del Parmigiano Reggiano, Gabriella Bonini La montagna e la città, Fausto Giovanelli Piazza San Francesco ed il pulpito di San Bernardino in Montepulciano, Roberto Biagianti
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Notizie dalle Associazioni del Territorio La conferenza di Camaldoli dell’Assemblea dei Territorialisti, Giuseppe Dematteis Nasce il Progetto Alpe del FAI: lavorare con e per la montagna, Costanza Pratesi Symbola e la politica dei cammini, Fabio Renzi L’Italia dei Piccoli Comuni nella iniziativa di Legambiente, Alessandra Bonfanti
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L’agenda del Sindaco Le prospettive locali e nazionali della Federazione delle Aree Interne, Enrico Bini
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LAVORI DI ARCHIVIO
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Osvaldo Piacentini e il villaggio della Nebbiara, Filippo De Pieri L’arte di far vivere gli uomini - il villaggio architetti sessant’anni dopo, Chiara Piacentini Un omaggio a Ugo Baldini, Stefano Storchi Luoghi di incontro, Giordano Gasparini “Terre di Scambio” in Polveriera, Beniamino Ferroni
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sommario
NOTE DI LETTURA Agricoltura e contadini nella Cina di oggi, di Jan Douwe van der Ploeg. Note di lettura di Enrico Bussi Bologna oltre il PIL di Gianluigi Bovini. Note di lettura di Maurizio Brioni L’architettura della Ghiara a Reggio Emilia. Il modello “quadro”, di Franca Manenti Valli. Note di lettura di Carlo Pellacani Un tesoro di suolo - Mostra - Legambiente Emilia Romagna - progetto europeo SOS4LIFE. Riflessioni di Carla Ferrari e Lidia Castagnoli
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OBITUARY
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L’eredità di Giuseppe Campos Venuti, Patrizia Gabellini Ricordo di Roberto Gambino, un maestro dell’urbanistica, Ippolito Ostellino
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L’ARCHIVIO E LA SUA RIVISTA
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Progetti in corso “Tra il dire e il fare” ha un nuovo Comitato Scientifico Seconda edizione del “Premio Ugo Baldini” Festival dell’Architettura Contemporanea - vinto il bando MIBACT Pubblicazione di Antologia di Scritti di Ugo Baldini
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Attività svolte 2019 L’Archivio Piacentini partecipa al dialogo con e per il territorio Presentazione “Terre di Scambio” di Francesca Giangrande a Bologna Seminario“Terre di Scambio” di Francesca Giangrande in Polveriera Non solo centro Storico - conversazioni nei quartieri: il Villaggio Architetti
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L’Archivio - Notizie dall’Associazione Come aderire all’Archivio, Organi dell’Associazione, Consultazione Fondi Documentari Il catalogo del Notiziario Gli autori di questo numero Hanno scritto sul Notiziario dell’Archivio
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dire, fare, amministrare
I riconoscimenti UNESCO: dall’effetto marchio all’obiettivo identitario e di comunità
di Andrea Colombelli, Monica Mantelli, Ippolito Ostellino, Claudio Tensi
Il caso dei MaB UNESCO come strumenti per la crescita dei principi per un’etica territoriale.
Tutto il mondo è paese, direbbe qualcuno, e i siti UNESCO non fanno eccezione. Dall’11 al 16 ottobre 2018 si è tenuto il 4° workshop International Academy on UNESCO designations and Sustainable Development, organizzato dalla Fondazione Santagata tra Torino e Milano. Esso ha visto la partecipazione di 23 professionisti, provenienti da 16 paesi, operanti nella tutela, nella gestione e nella valorizzazione dei diversi riconoscimenti UNESCO per valutarne l’effettivo e potenziale contributo al perseguimento dei Sustainable Development Goals definiti dall’ONU nella sua Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. In particolare i riconoscimenti rappresentati erano i seguenti: • World Heritage List; • Lists and Register of Intangible Cultural Heritage; • Man and the Biosphere programme; • Creative Cities Network; • Global Geoparks Network. La “Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura” è stata costituita il 13 aprile 2018 su impulso del Centro Studi Silvia Santagata-EBLA. La Fondazione raccoglie le esperienze e le competenze svolte negli anni passati dal Centro Studi e si propone di proseguire l’attività di studio iniziata da Walter Santagata, che nasceva proprio il 13 aprile 1945. Le aree di lavoro della Fondazione, attiva su progetti di ricerca e trasferimento delle conoscenze, riguardano due filoni tematici principali: un primo legato ai modelli per la gestione del patrimonio culturale, con particolare riferimento allo sviluppo economico dei territori e ai programmi UNESCO, e un secondo legato alla produzione di cultura e all’innovazione culturale. E’ inoltre nella missione della Fondazione il supporto all’internazionalizzazione degli operatori culturali piemontesi e italiani.
Il workshop, in primo luogo, ha permesso ai partecipanti sia di visitare alcuni dei numerosi luoghi del piemonte e del capoluogo lombardo
legati ai riconoscimenti UNESCO appena menzionati, come la cittadina di Pollenzo e la sua Università del Gusto, il Sacro Monte di Crea e la Fondazione Feltrinelli, sia di interagire con chi cura questi siti e ne anima le iniziative. Il secondo merito del workshop è stato quello di favorire lo scambio di esperienze sia tra organizzatori e partecipanti sia tra questi ultimi: la maggior parte del tempo è stata infatti dedicata alle presentazioni delle rispettive designazioni di provenienza, di cui si sono esposte storia, punti di forza, attuali problematiche, nonché preoccupazioni e speranze future, sempre cercando negli ascoltatori nuovi spunti operativi e approcci strategici non considerati. Il clima sempre aperto e dialogico ha quindi favorito il profilarsi dell’estrema somiglianza delle dinamiche, sia positive sia negative, interne alle aree delle designazioni UNESCO, paragonabili non solo a livello globale, ma soprattutto per i riconoscimenti appartenenti allo stesso programma, evidenziandone inoltre la maggiore complessità in territori dove si sovrappongono designazioni diverse. In particolare la dinamica emersa con più frequenza negli interventi del workshop è stata la dicotomia tra l’obiettivo primario di salvaguardia di elementi materiali e immateriali, implicito nella mission dei programmi UNESCO, e l’opportunità del marketing territoriale quale fonte di risorse utili per gli scopi e le attività legate alle diverse designazioni, diminuendone spesso l’efficacia conservativa. Ciò è ancor più evidente nelle Riserve di Biosfera del programma MaB: come vedremo nei prossimi paragrafi, per esse è esplicitamente prevista sia una funzione di conservazione delle aree naturali sia una funzione di sviluppo che, rivolta a tutte le attività di una comunità, rischia facilmente di esaurirsi nel marketing territoriale. Ciò mette in luce una contraddizione: anche in quelle sue forme più
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ecologicamente sostenibili e che superano semplici operazioni di brandizzazione del territorio, come la positiva applicazione di pratiche di ecoturismo, esso produce inevitabilmente degli impatti, soprattutto in quelle aree ad alta naturalità (Buckley, 2001) la cui tutela rappresenta la ragione stessa dell’esistenza delle Riserve di Biosfera. Oltre agli impatti ambientali, come raccontato durante il workshop dalla rappresentante della Riserva di Biosfera West Estonian Archipelago, in cui la popolazione locale non vede favorevolmente le iniziative di potenziamento dell’offerta turistica, esistono degli impatti causati dai nuovi flussi turistici che possono mettere in pericolo le reti sociali e l’identità culturale di specifiche comunità. L’obiettivo del presente articolo è quindi quello di indagare, all’interno del programma MaB, la dicotomia tra salvaguardia e marketing territoriale, verificando contestualmente la relazione con il tema dell’identità locale e dell’adesione etica ad un progetto di identificazione con il territorio che si abita, cercando di mettere in evidenza le opportunità e i vantaggi del suo superamento, proprio attraverso un percorso che, per la comunità coinvolta, passa prioritariamente dalla fase di natura identitaria, per poi approdare ai progetti di sviluppo. L’analisi dei processi MaB sotto questo profilo, che interseca le categorie della partecipazione e della crescita della consapevolezza di una comunità di abitanti di un dato luogo, riveste un interesse ed una attualità specifica in ragione delle stesse nuove linee guida promulgate a Lima dalla Commissione mondiale per le Riserve Unesco, che vedono nei temi dell’ingaggio e del coinvolgimento delle comunità attive nei processi locali la chiave di volta del successo per il raggiungimento degli obiettivi definiti dal programma. Non sfugge inoltre come questa prospettiva rivesta ricadute e riflessioni utili anche per gli altri programmi, analogamente impegnati nel garantire la valorizzazione di beni e territori inseriti, in ogni caso, nel sistema Pianeta, dove il rapporto Uomo / Natura, attività antropiche e risorse ambientali è ormai divenuto pervasivo, sia pur con gradi e intensità differenti.
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Conservazione e sviluppo: le due anime del Programma MaB UNESCO a) Programma MaB: un cammino durato cinquant’anni Avviato nel 1971, il programma Man & Biosphere (MaB) dell’UNESCO è un programma intergovernativo che, fin dalle origini, ha avuto come obiettivo fondante quello di perseguire su solide basi scientifiche il miglioramento delle relazioni tra gli uomini e i gli ambienti dove vivono, mondi non più contrapposti e da contrapporre, ma complementari e da armonizzare. Questo approccio sistemico nel comprendere e affrontare la complessità di un territorio, implicita nel programma MaB, è riconducibile alla presenza, tra i suoi padri fondatori, della figura di Valerio Giacomini (1914-1981). Botanico e pioniere dell’introduzione della fitosociologia francese nella geobotanica italiana, egli ha contribuito all’evoluzione di quest’ultima verso una vera e propria ecologia territoriale che considerasse centrale il ruolo dell’azione umana, necessitando, di conseguenza, di approcci interdisciplinari che mirassero alla complementarizzazione di saperi scientifici e umanistici (Pirola, 1996). Incarnando tale visione, il programma MaB combina quindi l’applicazione pratica delle scienze naturali, sociali ed economiche, sostenute trasversalmente da attività educative e di comunicazione, per promuovere uno sviluppo che sia socialmente e culturalmente appropriato, nonché ecologicamente sostenibile (Unesco, 2017). L’influenza del pensiero e dell’operato di Giacomini si riflette oggi anche nella territorializzazione del programma MaB. In particolare, la sua crescente attenzione all’azione umana nelle dinamiche ecologiche di un territorio, ha influenzato obiettivi, delimitazioni e definizione di strumenti di tutela e gestione dei parchi e delle aree protette italiane, come nello specifico caso del Parco naturale dell’Etna, istituito nel 1987, dove, superando un approccio meramente conservazionistico grazie al coinvolgimento dello stesso Giacomini, si pervenne ad un modello di tutela ambientale non impedente dinamiche di sviluppo della popolazione locale (Poli Marchese, 2014).
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Secondo lo stesso principio il programma MaB viene oggi implementato nelle Riserve di Biosfera. Queste aree fanno parte di un Network mondiale (WNBR) che, istituito nel 1976, si compone oggi di 686 siti, di cui 20 transfrontalieri, distribuiti in 122 Paesi. Tali Riserve promuovono soluzioni che riconciliano la conservazione della biodiversità con lo sviluppo sostenibile a scala regionale. Per adempiere a ciò, ogni Riserva di Biosfera assolve a tre funzioni interconnesse - conservazione, sviluppo e supporto logistico - tramite un’appropriata suddivisione del proprio territorio in tre tipologie di aree, differenziate da un diverso gradiente di perseguimento delle suddette funzioni: • Core area(s), ovvero aree protette legalmente costituite e riconosciute per la conservazione della diversità biologica, il monitoraggio degli ecosistemi e la ricerca scientifica; • Buffer Zone(s), ovvero aree che circondano le core areas, utilizzate sia per attività produttive, soprattutto agricole o forestali, compatibili al contesto ambientale e caratterizzate da solide pratiche ecologiche, sia per attività educative, turistiche e di ricerca; • Transition Area, ovvero il restante territorio della Riserva, caratterizzato da molteplici attività ed insediamenti in cui gli tutti gli attori territoriali lavorano insieme per tutelare e valorizzare, attraverso un Piano d’Azione, le risorse della Riserva. Tale configurazione territoriale del programma MaB, come la sua attuale struttura organizzativa e i suoi più recenti contenuti strategici ed operativi, sono tuttavia il risultato di un percorso iniziato quasi cinquant’anni fa e scandito da alcune tappe fondamentali. Nel novembre del 1971, con la prima sessione del Consiglio Internazionale del programma MaB, ne vennero definiti gli obiettivi generali, i principi scientifici da adottare per il loro perseguimento e le tredici aree tematiche in cui indagare il rapporto tra l’ambiente e le attività umane in esso condotte. Come già richiamato, allo scopo di territorializzare l’applicazione del programma, fu istituito nel 1976 il Network mondiale delle Riserve di Biosfera e, nel 1983, fu convocato a Minsk il loro
primo Congresso Internazionale. In tale sede ne furono stabilite le linee guida operative, confluite l’anno successivo nel primo Piano d’Azione per le Riserve di Biosfera (Action Plan for biosphere reserves). Nel 1995, a Siviglia, si tenne il secondo Congresso Internazionale delle Riserve di Biosfera dove fu elaborata la loro nuova strategia di riferimento (Sevilla Strategy), su cui fu costruito, durante il terzo Congresso Internazionale tenutosi a Madrid nel 2008, il secondo Piano d’Azione per le Riserve di Biosfera (Madrid Action Plan 20082013). La definitiva messa a sistema, anche temporale, tra componente strategica e componente operativa si è tuttavia realizzata solo tra il 2015 e il 2016. Nel 2015, durante il 27° Consiglio Internazionale del programma MaB tenutosi a Parigi, ne è stata redatta la strategia da seguire per il decennio successivo (MaB Strategy 20152025). Con essa sono stati stabiliti i principi del terzo Piano d’Azione per le Riserve di Biosfera (Lima Action Plan 2016-2025), definito durante il loro quarto Congresso Internazionale di Lima. La lettura di questi documenti fornisce un contributo importante alla comprensione delle attuali dinamiche di sviluppo, interne sia al programma MaB sia alle singole Riserve di Biosfera, sempre oscillanti tra il marketing territoriale legato al brand UNESCO e la costruzione di una comunità che sperimenti modelli di sostenibilità per armonizzare le proprie attività al contesto ambientale. b) Programma MaB e marketing territoriale: un rapporto sempre più stretto Il possibile emergere di una dicotomia tra le dinamiche appena richiamate è tuttavia da escludersi nella prima fase del programma MaB. Questo, concepito come programma strettamente dedicato alla ricerca scientifica, si doveva infatti concentrare, pur con approccio interdisciplinare, esclusivamente sullo studio sia della struttura e del funzionamento della biosfera terrestre sia dei cambiamenti provocati dall’attività umana sulle sue risorse. Ciò portava ad adottare come ambiti di indagine non specifici siti, ma ecosistemi di grandi regioni biogeografiche (aree tropicali, aree montane, aree umide,
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zone aride e semiaride, ecc.) (Unesco, 1971). Lo scopo strettamente scientifico e l’assenza di una territorializzazione sito-specifica del programma non dava quindi alcuno spazio a dinamiche di brandizzazione del marchio Unesco a scopo di marketing territoriale. Una tendenza questa che nella pratica ha segnato la vita del programma nel suo primo periodo anche se i presupposti teorici e le dichiarazioni generali di finalità tendevano alla ricerca di un modello di convivenza ta Sistema umano e Biosfera naturale. La creazione del Network mondiale delle Riserve di Biosfera (1976) e la stesura del loro primo Piano d’azione (1984) posero tuttavia le basi per il cambiamento di questo paradigma. Le Riserve di biosfera venivano infatti intese come una serie di aree protette che dovevano mettere in evidenza non solo il valore intrinseco della conservazione, ma anche quello derivante da un suo stretto legame con possibili dinamiche di sviluppo. L’innovatività di questa visione risiedeva infatti nell’aprire la tradizionale funzione conservativa, implementabile attraverso specifiche azioni di ricerca e monitoraggio, all’elaborazione di progetti di sviluppo e al coinvolgimento della popolazione locale nella definizione delle strategie di gestione delle singole Riserve. La nuova territorializzazione sito-specifica del programma, coinvolgendo specifiche comunità e inserendosi nelle dinamiche dei loro compositi interessi interni, spinse il programma MaB ad andare oltre i suoi originari scopi scientifici. Questa situazione avrebbe potuto lasciare maggiore spazio anche a casi più marcati di marketing territoriale, laddove veniva riconosciuto che si sarebbero potuti sviluppare conflitti tra le necessità di lungo periodo della conservazione e quelle economiche di breve periodo (Unesco, 1984). Nei dieci anni successivi, grazie a questa nuova impostazione, molte Riserve di Biosfera modificarono considerevolmente il loro operato dall’iniziale focus sulla conservazione ad un approccio di maggiore integrazione tra questa e lo sviluppo, soprattutto attraverso il coinvolgimento e la cooperazione con tutti gli attori territoriali (Unesco, 1995). Il sedimentarsi di questa prassi influenzò in maniera decisiva il delinearsi del nuovo ruolo delle Riserve di Biosfera quali luoghi in cui spe-
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rimentare un rinnovato equilibrio tra gli spesso conflittuali obiettivi della conservazione della biodiversità e della crescita economica, muovendosi verso quello sviluppo sostenibile appena concettualizzato nel Rapporto Brundtland del 1987 (Our common future). Tale ruolo fu recepito e ufficialmente riconosciuto nella Strategia di Siviglia per le Riserve di Biosfera (1995) in cui furono definite, per rimanere in vigore ancora oggi, le tre funzioni a cui esse dovevano assolvere e i tre tipi di aree in cui dovevano essere suddivise. Entrambi questi elementi, già richiamati nel paragrafo precedente, stabilirono in maniera definitiva la pari importanza e la complementarietà tra la funzione di conservazione e quella di sviluppo all’interno delle Riserve e, di rimando, tra le aree dove queste si perseguivano: rispettivamente le aree protette centrali (core areas) e le aree di transizione più esterne (transition areas). Questa impostazione, pur non costituendone indirizzo esplicito, poteva essere intesa come un invito involontario ad avere un atteggiamento più disinvolto verso iniziative di marketing territoriale, come dimostrano i richiami operativi, ripresi anche nel Piano d’azione di Madrid (2008), sia all’utilizzo di attività turistiche, ricreative e di produzioni locali come modi di generare introiti per le comunità locali sia incoraggiando iniziative del settore privato (Unesco, 1995), coerentemente ad una corrispondenza tra funzioni e zonizzazione meno rigida e più multifunzionale (Unesco, 2008). Un preciso indirizzo strategico in questa direzione è stato infine più recentemente fornito dalla Strategia MAB 2015-2025, al cui interno vi è un’area di intervento specificatamente dedicata al sufficient and sustainable funding per le Riserve di Biosfera. Pur con finalità strettamente connesse allo sviluppo sostenibile delle comunità locali, al suo interno si esplicita la necessità di redigere business and marketing plans per le Riserve di Biosfera, sia a livello nazionale sia a scala locale; di potenziare la promozione di prodotti e servizi delle singole Riserve; di stabilire un vero e proprio marchio mondiale del WNBR da affiancare a quelle delle singole Riserve (Unesco, 2015). c) Programma MaB e costruzione di processi identitari e di comunità La dimensione identitaria e di riconoscimento
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di uno spazio abitato è la condizione essenziale per ogni progetto di promozione. Ogni proposta di crescita locale basta sui diversi comparti, da turismo, al commercio, all’industria, alla prodotti della terra, se basati sul presupposto di rispondere ad un mandato esterno, esogeno, non ha mai comportato il radicamento di un progetto di sviluppo locale: anzi le operazioni importate hanno dato esiti negativi se non sono state precedute sia dalla condivisione che dalla identificazione delle realtà locali con gli obiettivi. Ecco che allora la dimensione interna è forse l’elemento propedeutico a immaginare gli sviluppi esterni ai quali un territorio che si fregia del riconoscimento MaB può ambire. Sta qui l’elemento di natura etica a cui le stesse linee guida del ministero dell’ambiente rinviano quasi ad affermare un fattore preliminare all’avvio di politiche locali di sviluppo: se la comunità locale è pronta ed ha accettato l’impegno ad una gestione sostenibile delle sue risorse - includendo in tale processo non solo gli spetti di mera tutela e di “vendita” sul mercato della competitività territoriale dei propri beni e servizi, ma anche l’attenzione a che i processi complessivi di uso del territorio siano ispirati al concerto di lime, rispetto ed equilibro (ciò include quindi le risorse del suolo, dei rifiuti dei cicli produttivi, fino a quelli del rispetto delle culture locali e delle stesse comunità locali in tutte le sue forme comprese le minoranze). Bisogna comunque riconoscere che un’identità ben strutturata ha un duplice fondamento. intanto, un saldo legame localistico, un senso del “noi” che tende necessariamente a escludere “loro” – capitale sociale bonding lo chiamano gli studiosi, “che lega”. ma poi questa tendenza includente si deve accompagnare alla costruzione di relazioni verso l’esterno, il capitale sociale bridging, che tende ad includere, ad allargare i confini del “noi”. un gruppo sociale si assicura una prospettiva di sviluppo durevole solo se asseconda entrambe le tendenze: infatti, il capitale sociale bonding assolve funzioni di auto-identificazione, di reciprocità e di solidarietà, di assistenza ai membri meno fortunati della comunità, di sostegno a progetti che si avviano entro ambiti ristretti; invece il capitale sociale bridging permette di realizzare legami esterni, di integrare nuove possibili componenti, di rispondere, insomma, alle sfide
esterne che derivano dal mutare di condizioni strutturali, e dall’avanzare della storia. Appare evidente che dotarsi di una riconoscibilità locale, che presuppone la costruzione di una propria geografia delle risorse, delle eccellenze, in qualche modo delle unicità distintive, rappresenta il passaggio fondamentale per passare ad un progetto di promozione. Ecco che il processo di qualificazione e identificazione di un bacino di risorse che un processo come il MaB propone e fornisce, assume una forte potenzialità. Soprattutto per una ragione: i programmi UNESCO per loro istituto portano i territori ad aderire ad un impegno prolungato nel tempo, 10 anni nel caso delle RB, proponendo alla base il concetto di programmazione duratura degli impegni, elemento che la gestione territoriale concertata e legata ai contratti elettorali dell’amministrazione pubblica ha via via perso. Appare evidente che pertanto il grado di ingaggio e partecipazione delle comunità locali deve essere elevato e convinto per dare riscontro agli impegni assunti mantenendo vivo nel tempo l’impegno. L’applicazione del Programma MaB UNESCO. Delineate sino a qui le considerazioni di natura generale, è a nostro parere utile dare conto di alcune esperienze concrete che costituiscono, nella pratica, esempi sul come il tema del rapporto conservazione, branding, identità, sia stato affrontato in alcuni casi internazionali, delineando gli elementi che vengono oggi privilegiati dalle RB. Nella gestione quotidiana delle Riserve di Biosfera un approccio orientato alla costruzione di una comunità consapevole e coinvolta nella tutela delle proprie risorse non ne esclude uno volto alla loro promozione e valorizzazione turistica, portando all’implementazione di entrambe le tipologie di progetti. Interessa in particolare con questo contributo dare conto dell’esperienza di un caso campione sviluppato nel MaB CollinaPo per il quale l’autrice del presente contributo Dr.ssa Monica Mantelli, ha svolto attività di progettazione e gestione: si tratta del format Superga Park Tour condotto dal 2012 al 2016 nel territorio della Riserva, e che rappresenta un modello di pro-
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gettazione e coinvolgimento delle comunità e degli attori locali. Inoltre grazie alla partecipazione degli autori Tensi e Colombelli a meeting internazionali di scambio sono di seguito descritti i casi di buone pratiche. Vi segnaliamo Il progetto-evento-processo (PEP) Superga Park Tour. CollinaPo Biosphere Reserve (Italia) Nell’ambito delle attività avviate dal 2011 dall’Ente di gestione regionale delle 14 Aree protette del Parco del Po e della Collina di Torino (Piemonte, Italia) per la costruzione di un innovativo modello di fruizione sostenibile e di valorizzazione olistica delle risorse territoriali, è nato il SUPERGA PARK TOUR, idea figlia del geo-marchio “COLLINAPO”. Il format tra natura & cultura è stato lanciato nel 2012 come best practice che dialoga, fa lavorare in sinergia di rete territoriale e crea scambi virtuosi su obiettivi comuni annesse a ciò che poi, nel 2013 è stato messo in candidatura e dal 2016 è stato nominato a comprensorio Mab UNESCO CollinaPo. Una operazione “collante” che con coraggio è stata portata avanti dall’Ente Parco fluviale del Po e Collina Torinese per superare i campanilismi delle Amministrazioni e Soggetti pubblici e privati dell’Area Metropolitana di pertinenza. L’evento negli anni si è trasformato in un vero Processo – Evento - Progetto di marketing territoriale denominato “PEP” pubblicato poi per IFLA negli atti del Congresso Mondiale dell’Architettura del Paesaggio nell’aprile 2016, e ha avuto molte ricadute di visibilità e promozione sull’area di oltre 17,000 kmq e che coinvolge oltre 1,500,000 abitanti. Con la sua forza di contrattazione il S.P.T. ha creato convenzioni che abbassano i prezzi –es dei trasporti pubblici locali come il trenino a cremagliera, i biglietti delle visite guidate nel parco avventura, basilica e planetario e le proposte enogastronomiche con prodotti locali. La manifestazione gratuita offre inoltre attività escursionistiche in collina (a piedi, in bici o a cavallo), naturalistiche (con guide naturalistiche, geologi, agronomi, birdwatcher, architetti, guardaparco, etc), artistiche e culturali sempre a fruizione gratuita (gran concerto all’aperto, mostre, spettacoli, danza, proiezioni, concorsi fotografici etc) nel contesto di straordinari panorami collinari. Il progetto, che ha coinvolto in particolare e nello
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specifico le città di Torino, Sassi, Superga, Pino, Baldissero, San Mauro e Settimo Torinese è stato ideato e curato da Monica Nucera Mantelli, operatore culturale, giornalista ed esperta di animazione, valorizzazione e marketing territoriale, che ha riunito e concertato i casi pratici più interessanti e le eccellenze del territorio CollinaPo. Per la natura stessa del format che unisce contestualmente valorizzazione di paesaggio a esplorazione della flora e fauna presente nella collina e il fiume Po di Torino con cultura, educazione alla sostenibilità ambientale. L’evento include la valorizzazione della preziosità delle acque fluviali, del patrimonio paesaggistico e rurale, delle produzioni agroalimentari, delle buone pratiche di sostenibilità e attenzione all’ambiente/biodiversità e dei processi di impresa e animazione di territorio attraverso spettacoli di danza, teatro e musica dal vivo all’aperto sul piazzale della Real Basilica che è in vetta al Parco Naturale della Collina di Superga. A corollario, non sono mancati i seminari, tavole rotonde, convegni e presentazioni di libri nel centro visite la stazione di arrivo della Dentera GTT. L’appuntamento ha coinvolto la cittadinanza fra il fiume Po e la collina di Superga al fine di rilanciare la visione circolare di F.Capra e quella ambientale di Aurelio Peccei, per un futuro consapevolmente più sostenibile e si è realizzato periodicamente in collaborazione con Comune di Torino – in particolare Assessorato all’Ambiente, le Realtà operanti intorno alla Basilica di Superga detenuta dai Servi di Maria, il Planetario INFINITO, IREN, Coldiretti, Smat, Fondazione OAT, Associazione Albacherium, Balloon Team, GTT, Parco Avventura Tre Querce, Reale Mutua di Moncalieri, Move Your Life, Arpa, Coordinamento Sentieri, Trekking Italia, Touring Club, Cai Moncalieri, Pro Natura, LIPU, Associazione Architetti del Paesaggio, AIAPP, alcuni dei Comuni del comprensorio di CollinaPo che hanno partecipato alla Candidatura MAB Unesco. A queste si sono aggiunti Testimonial di respiro nazionale interdisciplinare (dall’ambiente alla musica) come Luca Mercalli, Domenico Tropeano, Claude Raffestin, Francesco Mezzatesta, Valter Giuliano, Nicola Campogrande, etc e i titolari di aziende agricole, fattorie didattiche, ristoranti
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e agriturismi convenzionati anche con la Camminata Golosa del Duca oltre ad altri Soggetti Privati che hanno sostenuto volontaristicamente e in partnership tecnica la manifestazione, come Decathlon, Bonfante, Gallizioli, Team KaroVision e la vivace community di bailarinos Etnotango LCMM. Oggi, grazie al solco tracciato dal Superga Park Tour, un vasto comprensorio di 85 Comuni del Piemonte si collega idealmente su valori e obiettivi annessi al Programma Man and Biosphere che sancisce l’unione fra la tutela dell’ambiente la necessità di una comunità più cosciente della modalità sistemica tra Uomo e Natura e più attenta alle buone pratiche di sostenibilità durevole. Altri esempi di iniziative focalizzate ognuna su uno di questi due possibili ambiti di intervento e messe in atto da specifiche Riserve di Biosfera, sono descritti di seguito. In generale, sebbene singole azioni volte a implementarne la funzione di conservazione o quella di sviluppo possono portare a risultati positivi, è necessario che per non perdere di efficacia esse siano messe a sistema le une con le altre. Nedre Dalälven River Landscape Biosphere Reserve (Svezia) La Riserva di Biosfera dei paesaggi fluviali del basso Dalälven, riconosciuta nel 2011, si trova a nord di Stoccolma e Uppsala e include numerosi ambienti naturali collegati sia al Fiume Dalälven, come tributari, laghi, incolti sulle rive, formazioni riparie, aree umide sia alle attività umane presenti nella zona, come microhabitat collegati ai coltivi e pascoli per l’allevamento di animali. La riserva si trova anche sul limite tra l’areale della regione delle foreste di latifoglie decidue europee e la regione delle foreste di conifere del nord. Il fiume insieme ai prati sono una risorsa inestimabile per gli abitanti locali e per la conservazione della biodiversità. Oggi l’uso tradizionale dei prati alluvionali è praticamente scomparso e il paesaggio precedentemente aperto sta subendo un processo di rimboschimento che porta alla perdita di biodiversità e alla diminuzione dei servizi ecosistemici, come la regolazione delle acque, la produzione di foraggi e i valori ricreativi. Quando sono intervenuti gli organi di gestione della Riserva di Biosfera già numerose azioni
erano state implementate, come ad esempio gli inventari ecologici, l’identificazione delle aree adatte al recupero e degli allevatori i cui animali potessero pascolare nelle aree, ma c’era ancora la necessità di trovare una mediazione tra tutte le parti. Nel 2012 è stato messo in campo un progetto per ragionare su come creare le condizioni di conservazione a lungo termine degli habitat e delle specie legate ai prati alluvionali; questo tipo di ambiente ha necessità di essere gestito ed è legato a una serie di attività umane collegate all’allevamento di bestiame come lo sfalcio periodico dei prati e il pascolo. Infatti, oltre alla biodiversità, il progetto mirava anche al miglioramento delle opportunità lavorative per la popolazione che vive o lavora nell’area interessata. Grazie all’intervento degli organi della Riserva di Biosfera è stata possibile una mediazione tra tutti gli attori, un coordinamento transettoriale delle attività e, di seguito, la possibilità di fare richiesta per dei fondi triennali. L’iniziativa ha permesso quindi di creare delle collaborazioni tra gli enti territoriali, i possessori delle terre e i proprietari degli animali da pascolo; inoltre ha sottolineato il valore economico, sociale ed ecologico connesso ad una gestione attiva dei prati alluvionali come l’aumento dei livelli di biodiversità e i vantaggi degli imprenditori locali per le ricadute lavorative e turistiche; in più ha permesso di accrescere la consapevolezza generale della popolazione riguardo l’importanza di questi ambienti e il bagaglio di conoscenze antiche ad essi connesse. Come diretto risultato del progetto, sono stati recuperati 170 ettari di terra a pascolo e sono stati firmati accordi di gestione a lungo termine. Nonostante il progetto si sia concluso nel 2015 le collaborazioni tra i proprietari terrieri e gli allevatori sono ancora valide (Lisen S., Malena H., 2017). La Riserva di Biosfera de La Palma (Spagna) Nel 2002 la vecchia Riserva di Biosfera di Los Tiles è stata ampliata fino a ricoprire l’intera area dell’isola di La Palma, nell’arcipelago delle Canarie, assumendone anche il nome. La riserva contiene ora tutta la diversità tipica dell’isola: dalle aree costiere fino alle zone montuose centrali, con le attività umane ad esse correlate. Essa si sviluppa su di un’area ampia 80,702 ha, di cui
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il 53% area protetta, e racchiude 14 municipalità con 85.000 abitanti; le attività più importanti al suo interno sono la coltivazioni di banane, l’allevamento, l’apicoltura e la pesca. Con la crescita, soprattutto negli ultimi anni, del turismo agricolo e dell’artigianato, i gestori della RB hanno pensato di creare un marchio da utilizzare per sponsorizzare i prodotti e le offerte locali. Questo ha permesso di identificare con precisione tutte le risorse turistiche (ristoranti, strutture ricettive, negozi tipici, ecc.), stabilire un’organizzazione tra queste attività attraverso dei meeting settoriali e facilitare l’apertura di nuove attività, anche attraverso un lavoro di informazione sulle opportunità del marchio. Questo progetto ha permesso di richiamare importanti collaboratori internazionali come l’European Network for Sustainable Tourism Development (EcoTrans) e di mettere in campo strumenti utili al marketing dei territori come la piattaforma DestiNet, che attraverso la sua Green travel maps permette di identificare, mappare e accrescere il numero delle attrazioni turistiche e dei prodotti certificati e premiati con riconoscimenti per il turismo sostenibile. Questa prima esperienza ha poi dato vita a nuove strategie di ecoturismo che la Riserva di Biosfera La Palma sta implementando attualmente. Uno di questi è MAELS, una rete di aree litorali destinate al “micro” ecoturismo e allo sviluppo di alcune attività sostenibili da svolgere in piccole aree, con superfici intorno ai 50 ha, ad alta naturalità e gestite per lo più dalle amministrazioni locali, dove gli utenti stessi potranno collaborare al loro recupero e conservazione. Attraverso questa strategia si vuole inoltre creare una nuova alternativa al turismo dell’isola, promuovendone attività marine sostenibili come ad esempio lo snorkeling, il nuoto in apnea e il surf (De León C., 2017). Geoparco Hateg Country Dinosaurs (Romania) Il Geoparco Hateg Country Dinosaurs, gestito dall’Università di Bucarest, ha ricevuto il suo riconoscimento UNESCO nel 2005 e comprende un’area di 103.400 ettari con 78 villaggi, 11 comuni e un totale di 12.549 abitanti. Il geoparco è situato in una regione della Romania dove si trovano alcune delle più antiche chiese a nord del Danubio, la più alta concentrazione nazionale di siti e monumenti medievali e un numero elevato di ulteriori emergenze architettoniche già inseri-
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te nel patrimonio nazionale. Il grande interesse geologico dell’area deriva dalla sua generale geodiversità e dalla presenza, collegata agli avvenimenti del periodo cretaceo, di una grandissima quantità di reperti fossili di dinosauro. Il progetto “Volunteers for Geopark” è stato lanciato nel dicembre 2013 e riunisce attualmente oltre 280 volontari. Il suo nucleo principale è rappresentato dagli studenti delle scuole superiori “I.C. Bratianu” di Hateg, ma la partecipazione è aperta a tutti. Il progetto opera in ottemperanza alla legge rumena sulle attività di volontariato e segue le linee guida di organizzazioni specializzate quali ProPark, VOLUM Federation e Pro Vobis. I volontari ricevono un riconoscimento attraverso la consegna di attestati di partecipazione e, superando le 120 ore di lavoro volontario, ricevono, presso l’Università di Bucarest, un Certificato di volontariato - VoluntPass - che ne riconosce le competenze secondo lo standard europeo. In particolare i volontari che vogliono partecipare alle attività del geoparco possono contribuire a due tipi di progetti: permanenti o temporanei. Le azioni comprese nei progetti permanenti sono, ad esempio, quelle legate al presidio dei punti informativi per i turisti, alla redazione del bollettino InfoGeoparc e alla gestione del sito istituzionale e dei profili social del geoparco. Attraverso i progetti temporanei, invece, si possono anche mettere in atto azioni maggiormente dinamiche come l’organizzazione e la realizzazione di eventi, la scrittura e la gestione dei progetti, la partecipazione a ricerche sul campo, la manutenzione di percorsi esistenti e la creazione di nuovi itinerari. La creatività, lo spirito di iniziativa, l’apertura mentale e la capacità di dialogo verso tutti i segmenti, generazionali o sociali, della popolazione locale che i giovani coinvolti nel progetto di volontariato del geoparco mettono in campo stanno risultando fondamentali per la costruzione di una comunità più consapevole delle proprie risorse e maggiormente coesa nella definizione di strategie per la loro tutela e valorizzazione, anche in ottica di marketing territoriale.
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Conclusione Riprendendo il tema indicato in apertura sulla presunta dicotomia tra salvaguardia e attività di marketing territoriale e di come ciò sia intrecciato con le azioni per una dell’identità locale e di adesione etica ad un progetto di identificazione con il territorio che si abita, sulla scorta delle considerazioni illustrare più sopra e degli esempi campione riportati, possiamo tentare di fornire una lettura sul rapporto tra marketing ed etica, tra promozione e identità locale. Come poter compendiare dunque le necessità apparentemente opposte? Si tratta di un tema che ha a che fare in termini più generali con il grande dibattito, tutt’altro che risolto, sull’individuazione del nuovo modello di sviluppo, intorno al quale già Enzo Tiezzi nel suo fondamentale Tempi storici Tempi biologici ha delineato la profonda necessità di una revisione del nostro approccio alle condizioni che consentano la permanenza della specie umana sul Pianeta. Appare quanto mai indispensabile quindi sottolineare che la strada per contemperare da un lato il necessario fondamento etico di un progetto di riqualificazione e reidentificazione di un territorio a dall’altro il rispetto e conservazione delle risorse naturali, non possa che essere fondato utilizzando contestualmente due aspetti di uno stesso strumento, come può essere rappresentato in una figura ad esempio dal come viene emesso il suono della chitarra, ovvero pizzicando da un lato la corda in se, il progetto etico, per modularne poi però gli effetti premendo la corda negli spazi distribuiti lungo l’estremità della tastiera. Da un lato quindi un progetto di riconoscimento dei valori di un territorio deve essere accompagnato da un processo - che non si deve temere di chiamare esplicitamente di natura educativa - intorno al grande tema dell’Etica territoriale: non possono quindi mancare iniziative di avvicinamento ai temi della cultura della sostenibilità, ai valori dei beni territoriali, nelle loro diverse declinazioni in primis naturalistica e paesaggistica, che comprendano il trattamento delle culture ambientali e le loro categorie generali e di riferimento sulla storia del concetto di ambiente a partire dalle visioni dei principi Gaia o del Club di Roma elaborati negli anni ’70 con il loro saggio sui Limiti dello sviluppo o anco-
ra quelli di Valerio Giacomini, il proponente in UNESCO del programma Man and Biosphere, per citare solo alcuni esempi tra i tanti. Un insieme di saperi e culture che rappresentano l’abbecedario essenziale per poi affrontare le diverse sfaccettature che il rapporto tra attività antropiche ed ambiente assume, sotto i mille profili economico, industriali, turistici dei servizi etc.. Senza questa preliminare, o quanto meno contestuale, azione di preparazione di un terreno sociale informato sulle problematiche dello sviluppo sostenibile, l’avvio di un progetto di adesione a piattaforme come quelle proposte da UNESCO, particolarmente costituite da un alto valore di natura etica, rischiano di non permettere il reale avvio di processi virtuosi per l’utilizzo del territorio. Le modalità non devono necessariamente essere svolte con corsi veri e propri e dispendio di attività formative di particolare intensità, ma possono essere anche realizzate con moduli leggeri e di coinvolgimento anche temporalmente limitato, che permettono tuttavia, se accompagnate anche da educational sul territorio, di stimolare una curiosità ed una prima informazione sugli aspetti in particolare della interdisciplinarità che i temi dello sviluppo territoriale locale comportano. Un esempio recente di una attività condotta nella realtà territoriale del torinese è stata l’iniziativa che è andata sotto il nome di #conoscerepergestireilterritorio, varata dal Comitato territoriale IREN di Torino ed attuata dall’istituto di formazione internazionale ENGIM sempre di Torino, il cui format è riassunto nella scheda qui a fianco. Una iniziativa che è stata attuata nel territorio del MaB CollinaPo a riconoscimento avvenuto ma che ha permesso di proporre una attività di sensibilizzazione culturale che ha coinvolto oltre 130 soggetti delle categorie e fasce d’età le più disparate e che ha permesso anche di organizzare uscite sul territorio con 4 moduli replicati in altrettante aree omogenee della Riserva della Biosfera. Ma dall’altro è necessario che l’azione di progetto per il territorio coinvolto nel processo strategico di valorizzazione o di riconoscimento UNESCO, venga affiancata da una iniziativa che miri alla messa in evidenza dei valori bandiera di quel dato territorio, come strumento di marketing che consenta sin dai primi passi del
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processo di messa in valore, di trovare interesse e stimoli da parte non solo dei cittadini ma anche dei potenziali fruitori e turisti che in quel territorio potranno arrivare avendolo identificato come una vera “meta”. Qui gli aspetti di natura più pratica e di estrazione dal contesto complessivo dei beni, materiali ed immateriali, che compongono il tessuto locale, vengono alla ribalta ed assumono importanza per dare forma e valore di destinazione. Qui ogni operazione di scelta che spazi tra i beni naturali, quelli architettonici, storici, enogastronomici, delle produzioni speciali come anche delle unicità legate all’artigianato ed alle attività della cultura immateriale, sono elementi fondamentali per dare contenuto a quell’impianto etico a cui le prime attività fanno riferimento.
La formazione per una area MaB nel comprensorio di Torino l’iniziativa di educazione #conoscerepergestireilterritorio sul MaB CollinaPo Grazie all’iniziativa del Comitato territoriale IREN di Torino e con il coordinamento di ENGIM, nel 2019 è stata avviata una esperienza innovativa nel settore dell’informazione ambientale “green”. Un percorso di sperimentazione “pilota” smart in quanto, tramite un rapido ed efficiente percorso formativo su cosa significa essere Riserva di Biosfera MAB, si è sperimentato un metodo che abbina interdisciplinarmente parte teorica e pratica a attività di laboratorio, oltre e una uscita sul territorio. Il corso prevede moduli formativi attuali e contemporanei, non solo legati alla conoscenza dei temi, ma anche allo scambio delle conoscenze tra i partecipanti e la rete naturale incarnata dagli attori di territorio, a partire dalle loro singole esperienze, desideri, sogni e necessità. Una proposta destinata a tutti quei cittadini “attivi” che desiderano dare un contributo allo sviluppo delle qualità territoriali locali per incrementare – attraverso le loro attività – il turismo e l’uso sostenibile delle tante risorse che compongono il MaB CollinaPo. Il format punta a far sviluppare ai partecipanti una ipotesi di piano di fattibilità. Il pacchetto formativo è stato ripetuto nei suoi contenuti chiave presso 4 diverse sedi comunali per avvicinare e raggiungere una selezione di partecipanti provenienti dalle aree di pertinenza degli 85 Comuni inseriti nel territorio del MaB. Per approfondimenti: lanaturatornaadarte@gmail.com
La vastità e profondità dei giacimenti di beni che specie il nostro paese offre, rendono spesso questa fase molto complessa perché legata ad una obbligatoria scelta, e quindi con l’auto-
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maticamente esclusione di molti valori, solo dei principali e più significativi elementi per ognuna delle categorie di beni individuata: questo può rappresentare un momento importante per favorire l’identificazione di una comunità con il proprio spazio dell’abitare. E’ utile richiamare come questi due volti del processo di qualificazione e riconoscimento di un ambito territoriale ottenibile con un riconoscimento come quello di UNESCO, che oscillano tra grado della consapevolezza etica di attaccamento al proprio territorio e volontà di porlo all’attenzione del marketing per ottenere una maggiore attrattività e quindi l’effetto di ricaduta economica, siano da vedere nel loro insieme come risultante di quel processo di ri-territorializzazione così bene descritto da A. Magnaghi: “ Nelle nostre ipotesi di ricerca pensiamo che sia necessario un processo di riterritorializzazione, di ricostruzione di una relazione tra l’uomo e l’ambiente, tra la natura e la storia, e che questo rapporto (e non semplici protesi tecnologiche) sia quello che può produrre una sostenibilità e una durevolezza dei modelli insediativi che oggi sono andati perduti.” Tra questi due vertici del problema della valorizzazione, resta e si palesa il tema dell’importanza fondamentale del raccordo tra di loro, riprendendo la figura analogica del suono prodotto dalla chitarra richiamato più sopra, e di come sia possibile muoversi tra una sfera e l’altra senza perdere coerenza e omogeneità del processo nel suo insieme, al fine di emettere un suono, ovvero un progetto, dotato di efficacia e coerenza complessiva positiva. Sotto questo profilo riteniamo che un elementi cardine da rivalutare e promuovere sia quello legato ad una figura professionale specifica, oggi molto poco diffusa nel nostro paese ma invece presente con una certa densità in altri contesti europei ed in particolare in Francia. Ci riferiamo all’attività di cerniera che solo una figura mista può condurre personificata dal “facilitatore di territorio”, un soggetto o pull di soggetti di formazione che coincide con quella del Facilitatore di comunità (community organizer). Un soggetto che mira a promuovere il dialogo tra le diverse componenti, anche formando a sua volta agenti in attività di facilitazione dei processi decisionali, analisi dei contesti organizzativi e progettazio-
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ne partecipata territoriale, in riferimento a processi complessi in cui siano coinvolti più attori e sviluppando competenze specifiche per la programmazione di interventi a livello sia locale sia internazionale e con expertise negli aspetti relativi alla teoria e alla pratica della trasformazione dei conflitti. Recenti iniziative formative in Italia hanno esplorato questo campo ma siamo ben lungi dall’aver consolidato una qualifica in tale settore, che invece rappresenterebbe davvero una chiave di volta per aiutare a sviluppare una azione di “interpretazione” e di traduzione del progetto di sviluppo locale verso gli attori coinvolti. Moduli educativi dedicati ai temi dell’Etica del territorio ed alle culture della sostenibilità, affiancati a percorsi conseguenti di valorizzazione organizzati in piani di azione locale ed infine la presenza di professionalità di facilitazione che consentano di mantenere il dialogo tra questi due piani, teorico e pratico, etico e di valorizzazione, dei principi e delle azioni dirette, sono a nostro parere tre dei fattori chiave fondamentali perché un progetto di gestione di un territorio eletto ad Riserva della Biosfera possa raggiungere i propri obiettivi in termini equilibrati, evitando derive troppe generali da un lato ma sopratutto iniziative che concedano troppo alla mercificazione e traduzione in solo e semplice marketing dei beni, aspetto che per nulla coincide con le finalità generali dei programmi di ispirazione UNESCO. Una ricetta che è in realtà utile a tutte sulle operazione che intendano utilizzare le piattaforme UNESCO per tentare di apportare un fattore plus ad un territorio, come la World Heritage List, I Global Geopark, e che nel caso delle Riserve di Biosfera assume ancora di più un forte significato in considerazione degli elevati contenuti di cultura ambientale che questo programma sta sempre di più acquisendo come testimoniato anche dalle elaborazioni sviluppate in diverse realtà internazionali che lo connettono strettamente con il programma del Millenium Goals.
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Paesaggi Area MaB - Abbazia di Vezzolano (sopra) e vigneti a Cocconato
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