PROGRAMMA DI MONITORAGGIO DEL PIANO D’AREA DELLA FASCIA FLUVIALE DEL PO E LINEE GUIDA PER LA SUA REVISIONE E STESURA LINEE GUIDA PER IL PIANO PLURIENNALE ECONOMICO SOCIALE DEL’ENTE DI GESTIONE DEL PO PIEMONTESE
IL MODELLO TERRITORIALE AREA PROTETTA Da laboratori di Natura a laboratori per la Sostenibilità a cura del Dr. Ippolito Ostellino
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Indice. Premessa.
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Introduzione. Parchi e pianificazione. L’esperienza del Po in Piemonte in un contesto europeo.
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Il quadro normativo.
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2.
L’attività di analisi.
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2.1 Analisi delle schede progettuali allegate alle Norme di Attuazione del PdA e dei relativi schemi grafici illustrativi per valutare, alla luce della situazione attuale, quale e quanta parte delle previsioni ivi indicate sia stata completata e cosa rimanga da completare.
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2.2 Individuazione delle parti del Piano d’Area del Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale del Po (PdA) che devono essere sottoposte ad aggiornamento poiché, dopo quasi 25 anni dall’entrata in vigore, sono state attuate.
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2.3 Individuazione di linee guida propedeutiche alla stesura del Piano socio-economico del futuro Parco naturale del Po piemontese, per definirne gli aspetti procedurali e delinearne le fasi attuative, a partire dalla documentazione già prodotta in passato dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese e dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po vercellese-alessandrino;
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2.3.1 - L’esperienza del Po torinese e la collaborazione con la Collina torinese. 2.3.2
- Metodo per lo sviluppo delle linee guida del PPES per l’area del Po piemontese.
2.4 Individuazione delle parti del Piano d’Area del Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale del Po (PdA) che devono essere sottoposte ad aggiornamento poiché, dopo quasi 25 anni dall’entrata in vigore, sono da ritenersi non più adeguate o, ancora, sono da modificare perché inattuabili nella forma inizialmente prevista
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2.5 Proposte per l’inserimento, nel PdA, di obiettivi, di schede progettuali o di nuove parti che rispondano alle mutate esigenze del contesto territoriale e istituzionale entro cui si colloca il Piano
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2.5.1
Premessa.
2.5.2 Assi di sviluppo per l’inserimento, nel PdA, di obiettivi, di schede progettuali o di nuove parti che rispondano alle mutate esigenze del contesto territoriale e istituzionale entro cui si colloca il Piano. 2.5.3
Conclusioni
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Premessa. La presente relazione metodologica è riferita al mandato affidato al redattore incaricato di sviluppare l’attività che si articola nei seguenti 4 campi di lavoro che hanno come area di riferimento territoriale il sistema di pianificazione del tratto torinese del Po comprendente un ambito pianificato oggi vigente che interessa riserve naturali ed aree contigue: 1. individuazione delle parti del Piano d’Area del Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale del Po (PdA) che devono essere sottoposte ad aggiornamento poiché, dopo quasi 25 anni dall’entrata in vigore, sono state attuate o sono da ritenersi non più adeguate o, ancora, sono da modificare perché inattuabili nella forma inizialmente prevista; 2. analisi delle schede progettuali allegate alle Norme di Attuazione del PdA e dei relativi schemi grafici illustrativi per valutare, alla luce della situazione attuale, quale e quanta parte delle previsioni ivi indicate sia stata completata e cosa rimanga da completare; 3. proposte per l’inserimento, nel PdA, di obiettivi, di schede progettuali o di nuove parti che rispondano alle mutate esigenze del contesto territoriale e istituzionale entro cui si colloca il Piano;
Le verifiche sullo stato di attuazione delle schede progettuali identificate dal Piano, come anche gli aspetti di analisi della normativa, dovranno essere estese a tutto il tratto piemontese del Po, coinvolgendo tutti i territori comunali interessati. Il presente modello sviluppato sul tratto torinese costituisce pertanto anche proposta di line guida per gli altri territori e per una iniziativa di pianificazione che per i suoi intrecci e competenze non potrà che essere in capo all’Amministrazione regionale sulla base delle proposte che il percorso di analisi qui tracciato proporrà.
Figura 1 – Dall’alto al basso: Il Po a Saluzzo Il Fiume Po a Torino. Il Monte dei Cappuccini Il Po a Casale Monferrato
4. individuazione di linee guida propedeutiche alla stesura del Piano socio-economico del futuro Parco naturale del Po piemontese, per definirne gli aspetti procedurali e delinearne le fasi attuative, a partire dalla documentazione già prodotta in passato dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese e dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po vercellese-alessandrino; Per lo sviluppo di questo corpo di problematiche, che nel loro insieme si intrecciano con una vasta serie di aspetti sia di carattere generale che di natura locale ed operativa, è redatta la presente relazione metodologica che permette di comprendere la linea di lavoro che sarà utilizzata per lo sviluppo dei diversi aspetti sopra richiamati. Inoltre la definizione dei contenuti programmatici qui descritti sono oggetto di verifiche e valutazioni congiunte con gli istituti di ricerca come IRES e IPLA e Politecnico di Torino, nonché di confronti con ricercatori e urbanisti, attivando scambi e collaborazioni (tirocini, tes e laboratori nell’ambito dei corsi, in particolare con i corsi dei prof.ri Palma-Occelli, Salone, Voghera, Piras e Garnero. Si ritiene infatti molto importante in questa fase di orientamento e riflessione sul Piano costruire una serie di relazioni di scambio che in parte aiutino e in parte arricchiscano le considerazioni in merito alla stato attuativo da un lato e quelle sulle nuove prospettive dall’altro. L’attività di analisi che viene qui condotta per l’area del Po nel torinese, assume valore di approccio metodologico per l’insieme dello strumento del Piano d’Area della Fascia fluviale del Po e i suoi sviluppi non potranno non avere estensione di applicazione su tutto il tratto del Po in Piemonte, interessando pertanto le attività gestionali dei due enti gestori che avranno dal luglio del 2020 competenza sull’asta: L’Ente di gestione delle aree protette del Po piemontese e quello del Monviso.
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Introduzione. 1. Parchi e pianificazione. L’esperienza del Po in Piemonte in un contesto europeo. Ogni processo di revisione di un contesto attuale non può non partire dalla storia e dai fattori che nel tempo lo hanno generato. Così vale anche per il Piano d’Area del Po, che si colloca in una stagione e in una fase storica della pianificazione territoriale in LA STORIA COME Italia definita e specifica. Gli anni ’80 – ’90 nei quali questa esperienza si forma sono CONTESTO DELLO gli anni dell’avvio delle politiche territoriali da parte delle Regioni (appena costituite SVILUPPO DEL PIANO a metà degli anni ’70) e che ebbero in quella fase il compito di applicare a scala intranazionale (locale) il principio della pianificazione, partendo dall’unico strumento legislativo urbanistico vigente in allora (la Legge urbanistica n. 1150 del 17 agosto 1942). Una fase pertanto di imponente trasformazione e applicazione dei principi di piano al territorio nazionale, che specie nel caso del Piemonte riuscì a intercettare l’emergente tema ambientale in una stagione d’oro per i movimenti ambientalisti e per la cultura della natura in senso generale. Si può a ragione sostenere quindi che l’esperienza del Piano d’area del Po (che fonda le sue radici nella legge delle aree protette del 1975, nel progetto operativo del Po del 1989 e poi nella sua approvazione nel 1995) nasce su una curva di interesse in crescita logaritmica. Oggi lo stato di coordinamento e attuazione dei piani non vive invece in quella stagione, e la complessificazione e sovrapposizione normativa dominano la scena al posto di quella fase dove la chiarezza di intenti, non solo nelle intenzioni come testimonia la vasta produzione legislativa di quel periodo, era diffusa e pervasiva. Esaminando quindi il tema pianificazione e aree protette nell’attuale periodo, sul ruolo dei soggetti gestori di area protetta in materia urbanistica e pianificatoria, come attori di politiche territoriali e del paesaggio, le tendenze ad una loro affermazione non permettono di poter registrare uno stato dell’arte del tutto positivo: ad esempio DEBOLEZZE E MANCATE la decisione di scollegare I Piani Paesaggistici dai Piani dei Parchi assunta dal ATTUAZIONI Codice del Paesaggio, rispetto a quanto era stato definito dalla legge nazionale 394/91, ne è un esempio, come anche la mancata approvazione ad oggi della Carta della Natura come strumento di guida della pianificazione nazionale in materie di tutela del patrimonio naturale. Lo stesso scarso stato di attuazione degli strumenti di piano segnano un periodo non felice per il tema del rapporto parchi e piani. Su 161 enti gestori in solo circa il 50% i piani sono redatti e in vigore, un dato davvero basso per uno strumento fondamentale per la gestione di territori speciali (CEDPNN. Politecnico di Torino aggiornamento pianificazione 2016). Casi ed esempi che invece testimoniano come tra queste due politiche, tutela della Natura e pianificazione territoriale, esistano forti legami non mancano: anzi si può sostenere che la politica delle aree protette deve essere una conseguenza, RIAFFERMARE IL per poter assumere un valore cogente ed operativo, di una politica di RUOLO CENTRALE DEL pianificazione territoriale e paesaggistica e pertanto ha sua diretta conseguenza. PIANO DEL PARCO Questo assunto è particolarmente vero e dimostrato dal caso del Fiume Po in Piemonte, e ciò per diverse ragioni sia nominative, che sottendono un pensiero strategico di politiche territoriali, ed anche di sostanza e contenuto.
Nominativamente perché negli anni ‘70 l’area parchi PARCHI “NELLA” PIANIFICAZIONE nell’organizzazione regionale nasce proprio inserita TERRITORIALE: IL CASO DEL PO nell’assessorato alla pianificazione territoriale, come anche nei contenuti, perché applicando la legge di uso del suolo la 56/77 la Regione istituisce uno dei suoi PTO proprio sul Po. Come recita la legge urbanistica regionale a livello sub-regionale e subprovinciale, per particolari ambiti territoriali o per l'attuazione di progetti o politiche complesse, sono previsti i progetti territoriali operativi (PTO) che considerano particolari ambiti subregionali o sub-provinciali aventi specifico interesse economico, ambientale o naturalistico o interessati da progetti specifici o da iniziative di politica complessa. Contemporaneamente fa partire il processo di istituzione del Parco del Po in Piemonte, affidato a tre enti gestori (cuneese, torinese e alessandrino-vercellese) che darà vita nel 1990 alla sua istituzione e che già nel 1995, grazie alla presenza del telaio del PTO del Po, viene dotato del suo Piano del Parco. Ma la concretezza è anche connessa al fatto che proprio all’insieme degli Enti di gestione del Parco del Po viene assegnato il ruolo di monitoraggio e in parte di controllo delle trasformazioni territoriali, affidandogli l’obbligo di emissione di un parere (obbligatorio ma non vincolante) ai Comuni sulle pratiche edilizie interessanti i loro territori municipali. Si tratta di una competenza che la legislazione regionale, si badi bene, non prevede per tutte le aree protette istituite, ma solamente per il Po: infatti in occasione del provvedimento che ne amplia significativamente il territorio nel 1995, su sollecitazione dell’Ente del Po torinese (utilizzando l’onda della approvazione della legge nazionale quadro sui Parchi del 1991 che prevede il nulla osta per gli interventi nelle aree protette nazionali), viene istituto un parere intra procedimentale per gli interventi regolamentati dal Piano d’Area del Po. Un caso che resta unico sino alla riforma del 2012 che inseriva questo istituto per tutte le aree protette (ancorché solo per i cosiddetti nuovi interventi). Quindi non solo la dotazione di un programma urbanistico e di indirizzi, ma anche la definizione di un soggetto che lo monitori e ne segua l’applicazione concreta sul territorio. Una indispensabile congiunzione quindi tra teoria e prassi, tra piano e sua attuazione. In particolare l'Ente del torinese affronta con una serie di azioni importanti le attività di gestione del piano, istituendo commissioni miste di valutazione interdisciplinare per l'emissione dei pareri, fondando con il Politecnico di Torino l'Osservatorio del Paesaggio, promuovendo modelli di manualistica territoriale fino a sviluppare ricerche ed una editoria dedicata con alcuni volumi pubblicati intorno al quadro territoriale del Po sui temi del quadro territoriale generale dell’infrastruttura verde e della biodiversità. IL CONTROLLO ATTUATIVO: IL PARERE
Figura 2 – I manuali guida pilota redatti per il Parco del Po torinese
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I piani-progetti: da Corona Verde al programma MaB CollinaPo, come programmi progettuali di contesto.
VERSO I PIANI E I PROGRAMMI ATTUATIVI: ESPERIENZE DI INNOVAZIONE
Probabilmente anche grazie a questa esperienza operativa, in particolare l’Ente del tratto torinese del sistema di salvaguardia del Po in Piemonte, ha sviluppato successivamente una ulteriore attività, in quello che è il campo del “progetto territoriale” di ispirazione di Alberto Magnaghi che ha dato esiti su diversi strumenti ed iniziative territoriali.
Si tratta di individuare ambiti progettuali specifici nei quali dinamiche identificate hanno necessità di essere indirizzate a scala gestionale ed operativa e quindi di essere declinate e tradotte in progetti. Una sorta di sperimentazione per dotare il Piano stesso ma anche territori circostanti di Piani attuativi. Il primo esempio di questa attività tra piano e progetto è il programma di integrazione tra aree protette regionali e sistemi degli spazi aperti del CORONA VERDE territorio periurbano torinese che va sotto il nome di Corona Verde. Una proposta di integrazione e cooperazione tra le aree protette regionali nate intorno al nucleo urbano torinese e interessante numerosi Comuni della cintura intorno a Torino, che su idea del Parco vengono interpretate come componenti di un mosaico di spazi verdi, una rete ecologica urbana e peri urbana, nata nel 1997. Questa idea basata su un primo documento programmatico, evolve poi in due programmi latti ai fondi europei, con I quali vengono realizzate opere di riqualificazione, mentre l’azione immateriale legata alla governance del sistema del verde, compresa la sua manutenzione e le sue dinamiche di fruizione, vengono rinviate. Prima il tema viene ripreso dal
III piano strategico dell’area metropolitana, poi abbandonato dalla città di Torino, e successivamente ripreso in questo periodo nei progetti del Programma periferie in corso di attuazione. In particolare questa occasione permette di dotarsi di un piano direttore di particolare importanza per l’area metropolitana, redatto dal Politecnico di Torino, che tuttavia non viene mai approvato dall’amministrazione regionale. Il secondo caso citabile è quello del Masterplan del Po dei Laghi che ha rappresentato una proposta per applicare le finalità di recupero dell’ambito delle attività estrattive nel tratto del Po a Sud di Torino, all’insieme del territorio e dei beni ricompresi IL MASTERPLAN PO DEI LAGHI nella piana del Po. Infatti l’asse centrale del Po, pianificato dal Piano d’area del Parco e caratterizzato dai progetti di recupero delle cave e di cessione delle loro aree al patrimonio pubblico dei comuni interessati, può diventare un ricorsa fruibile e sostenibile solo se connessa con l’insieme delle problematiche insediative presenti al suo contorno, e soprattutto con il sistema dei beni culturali di diverso ordine di valore. Il Masterplan ha identificato questo insieme territoriale perimetrandoli e fornendo anche delle proposte di differenziazione delle destinazioni d’uso furtive dei diversi laghi di cava, aspetto che il Piano d’Area del Po non affrontava. Si è così configurato uno strumento del tipo di Piano direttore per la realizzazione di un insieme territoriale analogo alla Rhur tedesca.
Figura 3 – Schemi grafici progettuali tratti dallo studio del Masterplan Po dei Laghi
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Ma le attività nel settore della definizione di programmi intercomunali e di brendizzazione del territorio hanno avuto IL PROGRAMMA INTEGRATO PER LO anche nell’esperienza del Po torinese come anche del Po VC-AL, SVILUPPO SOSTENIBILE PISL un esempio applicativo di grande interesse. In particolare nel caso DELL’AREA CAMPIONE DEL PO TORINESE del Po torinese questa attività, messa in cantiere grazie ai programmi della metà degli anni 2000 attivati dalla Regione Piemonte, si è mossa verso la procedura della costruzione di marchi territoriali di area, quali evoluzione dello stesso programma PISL.
anche all'area del carignanese, con la definizione della marca "Confluenze N-W". Tale azione è stata inserita anche nei "temi a scala di Bacino del Fiume Po" nell'ambito del Protocollo d'intesa per la tutela e la valorizzazione del territorio e la promozione della sicurezza delle popolazioni della valle del Po, stipulato tra l'Autorità di Bacino del Fiume Po e le 13 province rivierasche. La seconda è rappresentata dal Progetto Corona Verde: Pianificazione Strategica e Governance, al quale l'Ente partecipa quale partner del Politecnico di Torino, contribuendo alla ricerca di un metodo per riequilibrare la rete territoriale a partire da un primo percorso di coerenze tra i territori situati a raggiera intorno all'area metropolitana torinese.
Il Programma Integrato presentato dall'Ente di gestione del Parco fluviale del Po Torinese, in qualità di Ente capofila, ha interessato una superficie di 35.801 ha, con una popolazione di 62.222 abitanti residenti nei 16 comuni convenzionati. Per contro, la popolazione interessata indirettamente, relativa all'insieme dei comuni facenti parte dell'area protetta coinvolti dalle azioni del Programma è di 1.123.304 abitanti. Hanno aderito altri 2 soggetti pubblici convenzionati, 7 operatori privati e il Politecnico di Torino. Il programma si fonda sull'idea di coniugare il progetto di tutela ambientale dell'area protetta del Po con il più vasto insieme di territori che ad esso afferiscono, aprendo lo scenario di sviluppo all'area della collina torinese, per la creazione di un unicum territoriale, secondo le linee del documento preliminare al Piano Territoriale della Regione Piemonte. Ha avuto anche l'ambizione di intraprendere un processo di governance del territorio, mediante il raccordo di differenti interventi, coordinati in un quadro unitario. Per lo sviluppo locale del territorio sono stati ritenuti strategici i seguenti 4 obiettivi: investire in termini di infrastrutture ambientali; investire in termini di infrastrutture insediative; sviluppare progetti per la gestione oculata e sostenibile; attuare azioni di sostegno immateriale e culturale ai processi di crescita locale. Rispetto a tali obiettivi sono organizzate e sviluppate le 16 opere pubbliche materiali, le 4 azioni economiche private e le 4 azioni immateriali pubbliche che compongono il Programma. Il programma è inoltre strettamente connesso con due azioni in atto sul territorio: La prima riguarda il progetto di creazione di una marca territoriale turistica, attivato a partire dall'area del chivassese ed oggi in estensione
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E’ dal programma della marca territoriale turistica, poi divenuta Po Confluenze Nord Ovest e registrata dall’ATL I PROGETTI DI GEOBRAND turismo Torino nel novero dei marchi collettivi (che propone TERRITORIALE e diffonde l’articolazione del territorio intra ambiti Po dei Laghi, Po dei Re e Po delle Colline), che nasce alla fine degli anni 2000 il progetto di alleare i due marchi (Po Confluenze Nord Ovest e Strada dei Colori e dei Sapori della Collina torinese- peraltro non ancora registrato come marchio collettivo), per dare vita ad una unica realtà territoriale di identificazione e destinazione di fruizione e turismo CollinaPo, utilizzando anche qui una iniziativa di integrazione della valorizzazione del territorio attivata nel 2008 dalla Regione Piemonte che andava sotto la denominazione dei Piani di valorizzazione integrata PVT emessi dall’allora Assessorato alla Cultura. Sarà poi sulla base di tutta questa attività svolta nel quinquennio 2005-10 che sarà possibile proporre una candidatura del territorio tra Pome colline torinesi ad altre piattaforme internazionali come illustrato di seguito, in un ambito progettuale che sta raccogliendo oggi interesse anche nell’ambito di progetti europei come il recente confronto tenutosi a Bolzano nell’0ambito del programma EUSALP testimonia.
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Un successiva esperienza che è significativo richiamare è quella legata al tema della connettività e mobilità che l’ente del Po torinese ha attivato con l’esperienza da un lato dei programmi di fattibilità delle reti ciclistiche con il grande progetto del Canale Cavour, e dall’altro con il temi della sentieristica collinare, definendo un accordo di collaborazione allargato a ben 53 amministrazioni comunali (con il progetto del Cammino delle colline del Po. Un terreno con il quale si è misurato in particolare anche il tratto Alessandrino Vercellese partecipando attivamente al progetto VENTO ed a altre analoghe attività sulle colline del Monferrato casalese. Le esperienze pilota dell’accordo con la vasta associazione dell’area torinese del Coordinamento dei sentieri della collina torinese, ha costituito un esempio di attenzione a uno dei temi centrali del governo del territorio, che apre questioni già affrontate nel Piano d’Area ma con una visione più allargata e connesse anche alle questioni della gestione.
LA RETE SENTIERISTICA E LE INFRASTRUTTURE DI MOBILITA’
Con il caso infine del MaB CollinaPo si aprono interessanti e importanti prospettive in particolare per lo IL SITO UNESCO MAN AND spazio geografico che interessa la collina torinese. Il BIOSPHERE - RISERVA DELLA programma di candidatura si basa sulla promozione del BIOSFERA COLLINAPO brand territoriale ideato dall’ente e denominato CollinaPo che nasce sull’idea di alleare i due paesaggi del Po e della Collina torinese, partendo dal presupposto delle forti e profonde relazioni esistenti tra di loro con un notevole valore di integrazione uno nell’altro. Infatti il riconoscimento UNESCO per l’ambito fluviale non rappresenta un vettore di natura territoriale di specifica ricaduta per il sistema del Po - che è già oggetto di strumenti come quelli prima ricordati - se non quella ovviamente di proiettare a scala mondiale il ruolo del Po come Infrastruttura Verde e di dare una opportunità in più dal punto di vista della promozione e della partecipazione della cittadinanza ad una maggiore cura del Patrimonio fluviale. Questa esperienza conferisce infatti al sistema collinare nuove opportunità assolutamente di valore innovativo e di natura strategico territoriale, per un ambito che ad oggi non è stato interessato da un pensiero di pianificazione territoriale e urbanistica che tuttavia si trova in stretta congiunzione con il sistema del Po.
Figura 4 – Un tratto del Canale Cavour. Grafo del progetto VENTO. Percorsi principali del Cammino escursionistico della Colline del PO.
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Il PRGC di Torino ha lavorato sulle Spine, ed ha gestito l’ambito collinare come un grande Parco, LA QUESTIONE PARCHI PERIURBANI O DI quasi ad identificarlo come un ampio spazio di AREA METROPOLITANA giardino. Non avere pensiero progettuale può voler dire salvarlo dall’intervento delle trasformazioni urbanistiche classiche, ma può anche significare dimenticarlo e quindi non governarne alcuna dinamica. La collina torinese ha invece diverse dinamiche evolutive: di carattere naturale per i temi di assetto idrogeologico, della gestione forestale, agricola e della biodiversità, di tipo insediativo essendo sede di numerosi centri comunali (residenziali, industriali, commerciali, dei servizi etc...), della fruizione e della viabilità a più livelli.
Figura 6 - La Riserva della Biosfera Collina planimetria
La nomina a Riserva della Biosfera si è distinta in particolare per il fatto di essere una delle principali aree MaB in contesto urbano d’Europa, classificata Urban MaB nella nomenclatura UNESCO. Questo elemento tematico è stato peraltro un fattore di continuità con le elaborazioni fatte nel corso della metà degli anni 2000 intorno alla tematica delle aree protette periurbane condotto dall’ente del tratto torinese, che si rifà al grande dibattito internazionale sul rapporto città campagna. Ma questo profilo legato alle Riserve della Biosfera ha aperto, ovvero riaperto, con particolare efficacia la questione delle politiche integrate di Bacino: infatti al caso di CollinaPo si sono affiancate, ed anzi hanno preceduto, le due nomine a Riserva di UNESCO dell’area del Monviso e del Delta del Po, e recentissimamente quella dell’asse del Po Grande (tra Piacenza e Mantova). Nel caso Piemontese gli strumenti di pianificazione sono elemento fondamentale delle attività che vanno ad essere ricomprese nel Piano d’Azione di una Riserva della Biosfera. Per tale ragione le attività di revisione qui previste hanno un effetto anche sul fronte della gestione di questi riconoscimenti internazionali che non sono da considerare come una sorte di bollino da affiggere al territorio, ma soprattutto una serie di impegni e di azioni che UNESCO verifica nella loro attuazione ogni 10 anni,.
Figura 5 – Il sistema padano delle aree MaB lungo l’asta del Fiume Po.
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E il Piano territoriale del Po interseca in termini molto estesi i due siti del Po, ovvero il Monviso e CollinaPo, con interrelazioni importanti e che costituiscono output del lavoro del Piano anche a scala UNESCO. La riflessione condotta ha portato a più elementi importanti: da un lato elaborare il concept della candidatura del MaB UNESCO CollinaPo (geobrand registrato come marchio collettivo); dall’altro lo sviluppo della rete di collaborazioni attraverso l’adesione all’organizzazione europea di Fedenatur oggi inserita in Europarc Federation; ed infine l’apertura alla collaborazione dell’Ente alla redazione del Piano strategico dell’area metropolitana torinese. Quest’ultimo processo è stato attivato nel 2000, partecipando al tavolo Verde coordinato in allora dal Prof. Socco, per poi completarsi ed evolvere nel lavoro svolto direttamente nella terza edizione di revisione del Piano che ha dato luogo al progetto strategico Corina Verde 2025. All’interno di questi materiali è contenuta la serie di elaborazioni che sono peraltro elementi importanti anche per la collocazione del progetto di Piano alla luce degli indirizzi che la normativa europea ha introdotto in particolare con lo schema SSSE del 1999 che è descritto nel successivo paragrafo. Un fattore questo quindi centrale e che può trovare nelle elaborazioni già condotte un importate momenti di confronto, sostenuto dagli elaborati di piano e progetto contenuti nel Masterplan di Corona Verde.
Figura 7– I materiali elaborati del Piano strategico dell’area metropolitana torinese.
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Accanto alle iniziative che possiamo definire locali o di carattere regionale, il periodo di tempo che separa la PROGETTI DI AREA VASTA nascita del Piano d’Area da oggi è stato anche interessato da INTERREGIONAE - IL PROGETTO una importantissima e significatia iniziativa di carattere STRATEGICO VALLE DEL PO DELL’AUTORITA’DI BACINO DEL interregionale, che vede le sue radici nella costituzione FIUME PO dell’organismo della Consulta delle Provincie rivierasche del Po e che poi venne assorbita e rilanciata con un programma ben più vasto e complesso dall’Autorità di Bacino del Fiume Po. E’ infatti del 1999 la costituzione e sottoscrizione dell’Accordo che alleò tutte le 13 amministrazioni provinciali d’allora bagnate dal corso del Po, che promossero su spinta della Provincia di Piacenza l’idea di un coordinamento di lavoro locale, che dai piani generali (in allora il Piano stralcio idrogeologico era stato appena redatto grazie all’avvio della legge 183 del 1989) passasse ad una attuazione di sapore e natura più progettuale, e quindi con la previsione di allocazione anche di risorse economiche specifiche. Con l’avvio delle attività di maggiore ricaduta territoriale, dopo il forte impegno tecnico e programmatorio profuso dalla gestione di Roberto Passino che portò alla approvazione del PAI, con gli anni 2000 l’Autorità avvia un processo di maggiore partecipazione del territorio e grazie alle esperienze già condotte dalla Consulta e di altre iniziative come il Progetto Laboratorio Riva di Po, mette le basi per l’avvio del Progetto speciale strategico che coinvolge molto gli anti di gestione delle Aree protette del Piemonte, visti come strumenti di dialogo e sintesi a scala locale e sovracomunale. Non si tratta pertanto di una programmazione che arriva dall’alto senza consultare e coprogettare le attività con la scala locale, ma di un piano che parte innanzi tutto dalle esigenze locali e che guarda ad un insieme di fattori territoriali, senza limitarsi all’esclusiva visione geomorfologico-idraulica. Qui sta infatti la grande intuizione del capire come la valorizzazione locale si possa raggiungere solo con un approccio di natura sistemica. Sono infatti molteplici e differenziati gli obiettivi che stanno alla base dell’avvio del lavoro e che sono stati sanciti dal Protocollo di intesa, siglato nel maggio 2005, dall’Autorità di bacino con le 13 Province riunite nella Consulta delle Province del Po (capofila Piacenza), per la tutela e la valorizzazione del territorio e la promozione della sicurezza delle popolazioni della valle del Po, con un programma di azioni sui seguenti ambiti: -
uso dei suoli e delle risorse idriche agrarie, forestali ed estrattive; manutenzione e la gestione dei sedimenti; sicurezza idraulica; rinaturalizzazione delle fasce fluviali; promozione dell’agricoltura eco compatibile; valorizzazione del patrimonio architettonico rurale; qualità delle acque; promozione dell’immagine del Po; navigabilità e turismo fluviale.
E’ con la delibera n. 13/2008 - 18 marzo 2008 - Progetto strategico speciale "valle del fiume po" che l’autorità di Bacino formalizza il percorso di lavoro che vedrà la destinazione di oltre 18 milioni di euro grazie alla delibera del Comitato CIPE Delibera numero 62, del 02 Aprile 2008 “APPROVAZIONE, CON PRESCRIZIONI, DEL PROGETTO STRATEGICO SPECIALE 'VALLE DEL FIUME PO' (ATTUAZIONE DELIBERA CIPE N.166/2007) “ (Pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 08 Ottobre 2008, Numero: 236) su un vasto complesso di azioni come testimoni all’indice delle attività previste dal PSS. (vedi di seguito) INDICE 1 Inquadramento del Progetto Strategico Speciale “Valle del Fiume Po” nell’ambito della strategia unitaria dell’Autorità di bacino 2 Le strategie di pianificazione dell’Autorità di bacino del fiume Po 2.1 I processi inclusivi per l’attuazione della pianificazione di bacino 3 La pianificazione e programmazione di bacino Legge 183/89 3.1 Le azioni strutturali 3.2 Le azioni a carattere non strutturale 3.3 La manutenzione 3.4 La programmazione finanziaria negli Stralci funzionali del Piano di bacino 3.4.1 Il Programma triennale di interventi di difesa del suolo 4 Le azioni non strutturali 4.1 Gli studi di fattibilità 4.2 I Progetti strategici 4.3 Le altre azioni non strutturali 4.4 Il progetto di tutela, valorizzazione e sviluppo locale del fiume Po 5 Programmi di manutenzione del territorio 6 Programmi di intervento da realizzare e fabbisogno economico – Proposte formulate al MATTM 7 Il Progetto Strategico Speciale “Valle del fiume Po 7.1 Percorso istituzionale e di condivisione degli obiettivi e delle azioni del Progetto 7.2 Valore istituzionale e territoriale del Progetto 7.3 Priorità e orientamenti della politica regionale di coesione 7.4 Inquadramento del Progetto nell’ambito della strategia della politica regionale unitaria 8 Elenco Allegati
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Il ruolo dell’Europa negli anni ‘90. Contestualmente al progredire dell’azione di piano sopra descritta, il quadro europeo in materia di tutela e gestione del territorio tuttavia è in profonda modificazione EFFETTI DEL NUOVO QUADRO EUROPEO. L’APPROVAZIONE DEL SSSE. apportando elementi anche di indirizzo normativo tuttaltro che secondari. Infatti sulla scia dell’emergere della questione ambientale a livello internazionale (dopo laffermazione della problematica avvenuta con la Conferenza di Rio de Janeiro (1972) nel 1999, a 4 anni dall’approvazione del Piano d’Area del Po ed a circa 10 anni dall’avvio del Progetto Po in Piemonte sotto la guida del gruppo di ricerca del Politecnico di Torino (Prof. Roberto Gambino e Prof.ssa Attilia Peano), l’UE approva lo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (SSSE - Verso uno sviluppo territoriale equilibrato e durevole del territorio dell’Unione Europea - Approvato dal Consiglio informale dei Ministri responsabili della gestione del territorio a Potsdam, Maggio 1999). Questo documento costituisce un elemento strategico fondamentale che giungendo nel corso della cogenza del Piano d’Area, fornisce un riferimento di appoggio formale di importanza elevata, che tuttavia lo stato italiano non recepisce all’interno dei suoi strumenti. Ancora oggi nel 2019 la nostra legislazione si basa sulla vetusta legge 1150 del 1942, a fronte invece di evoluzioni normative a livello europeo che già a ridosso degli anni 2000 sono state avviate da paesi come in particolare la Gran Bretagna e l’Olanda (cfr. A.Voghera, 2004). In queste esperienze estere il tema centrale dell’integrazione tra pianificazione e sostenibilità è centrale e l’esperienza torinese non si deve dimenticare è precorritrice nei concetti e negli strumenti di questa visione, che poi diverrà elemento normativo europeo. Ora, oggi non si può non partire da questa eredità di valore centrale per immaginare l’avvio di un nuovo processo di revisione, recuperando in toto quelle che sono state le elaborazioni partite dal 1999 e mai applicate (anche se l’esperienza nel nostro Pese ebbe delle esperienze come il Progetto ’80), in ragione del fatto che lo stesso Progetto Po fonda in allora le sue basi su una visione equilibrata tra risorse territoriali, sviluppo e tutela dell’ambiente e del paesaggio.
Fig. 8 - Il percorso storico tra esperienze degli anni ’80 e oggi
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D’altro canto la coerenza europea del progetto è anche stata sancita da specifiche dichiarazioni come ad esempio il conferimento del ECTPCEU8th European Urban & Regional Planning Awards 2009/2010, al quale gli enti Torinese e Alessandrino Vercellese aderirono, senza la partecipazione peraltro del tratto cuneese, ed al quale si rifà la figura seguente tratta dagli elaborati presentati in occasione del dossier.
Figura 9 – L’attestato del riconoscimento europeo del 2010
Come afferma in termini molto chiari un passo del documento dell’SSSE europeo: “La relazione Brundtland delle Nazioni Unite definisce lo sviluppo sostenibile non solo come sviluppo economico nel rispetto dell’ambiente, che preservi le attuali risorse per le generazioni future, ma anche come sviluppo equilibrato dello spazio. Ciò significa, in particolare, conciliare le esigenze sociali ed economiche in materia di spazio con le sue funzioni ecologiche e culturali, e contribuire in tal modo alla realizzazione di uno sviluppo territoriale duraturo ed ampiamente equilibrato. In tal modo, l’UE si svilupperà progressivamente, da unione economica, in unione ecologica e, successivamente, in unione sociale, rispettando la diversità regionale (cfr. figura a lato da SSSE, 1999)
Figura 10a - Gli obiettivi del documento SSSE
Si tratta pertanto di affermazioni forti e definite che sanciscono la necessità di abbandonare approcci separati e di seguire la riflessione generale che poco più avanti viene ancora meglio indicata dallo stesso documento: “Vanno pertanto armonizzati i tre obiettivi di sviluppo, di equilibrio e di salvaguardia. Una strategia finalizzata unilateralmente all’equilibrio provoca un indebolimento delle regioni economicamente più forti ed accresce, contemporaneamente, la dipendenza di quelle più deboli. Lo sviluppo di per sè moltiplica gli squilibri regionali. Un’eccessiva protezione o salvaguardia delle strutture territoriali genera il rischio di sclerosi e immobilismo, in quanto pone un freno alle tendenze alla modernizzazione. Solo la combinazione di obiettivi di sviluppo, di equilibrio e di salvaguardia, nonché una valutazione ponderata di tali obiettivi secondo le diverse situazioni territoriali, consentono uno sviluppo territoriale equilibrato e sostenibile.” Ma relativamente al principio della sostenibilità il dibattito si è anche sviluppato per ampliare il concetto alla cosiddetta “quarta dimensione” dello sviluppo ovvero quello della governance e della organizzazione della politica necessarie per raggiungere gli obiettivi legati agli aspetti sociali ambientali ed economici. Come ha lucidamente sostenuto sul Sole 24ore Jeffrey Sachs, professore di Sviluppo sostenibile e di Politica e gestione della salute alla Columbia University, nonché direttore dell'influente "The Earth Institute" della stessa Università, Direttore del programma delle Nazioni Unite "Millennium Project" tra il 2002 e il 2006 (consulente del segretariato generale dell'Onu da tre mandati): “ A mio parere lo sviluppo sostenibile è caratterizzato da quattro dimensioni perché le tre tradizionali – sviluppo economico, inclusione sociale e sostenibilità economica – hanno bisogno di essere supportate da un quarto elemento: una buona
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governance. Quest’ultima avrà un ruolo fondamentale per il successo o il fallimento degli Sdg ed è quindi doveroso far chiarezza sul termine. Governance vuol dire regole di comportamento, soprattutto nelle organizzazioni. Non si tratta solo di politica e di governi, ma anche delle principali organizzazioni che sono attori chiave dello sviluppo sostenibile, tra cui le aziende private. La buona governance riguarda tanto il settore pubblico che quello privato e, all’interno di quest’ultimo, soprattutto le multinazionali.” Ed in questa definizione non si intende in termini esemplificati la dimensione “politica”, ma quella della governance che lo stesso Sachs ha così ben descritto e che è la corretta interpretazione del concetto di governance così come impostato nel libro bianco di Delhors: “ Il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) richiederà grandi investimenti in termini di nuove infrastrutture per l’acqua, l’energia e i trasporti, nuovi sistemi d’istruzione, una nuova sanità eccetera. Quando si parla di costruire il futuro, al centro vi sono sempre importanti investimenti in termini di persone, tecnologie, infrastrutture e capitale naturale. Investimenti indispensabili per raggiungere gli Sdg. Da dove verranno i fondi? E come si riuscirà a metterli in atto grazie a finanziamenti efficaci? In ultima analisi, contribuiremo un po’ tutti, perché in quanto cittadini e consumatori dobbiamo pagare per acquistare i beni e i servizi che fanno parte della nostra vita. E lo facciamo essenzialmente in due modi. 1. Innanzitutto, partecipando in veste di consumatori e fornitori al mercato in cui l’interazione tra domanda e offerta dà vita all’attività economica e promuove gli investimenti. Gli imprenditori investono e costruiscono le fabbriche in vista dei profitti che ne trarranno. 2. In secondo luogo, acquistiamo ciò di cui abbiamo bisogno pagando le tasse, così che i governi possano fornire i servizi pubblici: le strade, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, i servizi di polizia, i finanziamenti alla ricerca, che è alla base del cambiamento tecnologico. In quest’ottica, tutti noi contribuiremo allo sviluppo sostenibile in entrambi i modi: attraverso i mercati e attraverso le istituzioni politiche.“.
essere definiti in un ambito pianificatorio in via diretta, trattandosi di elementi dipendenti dalla struttura organizzativa e democratica del Paese, ma non per questo il piano non può non individuare degli aspetti e misure che favoriscono la governance per l’applicazione del piano: ad esempio elementi riguardanti l’organizzazione di piattaforme unitarie di lavoro di Patti locali che permettano di agganciare l’azione del piano a fattori di organizzazione delle dinamiche per lo sviluppo delle scelte definite dal piano stesso sia mediante atti cogenti che attività di libera adesione consigliati dagli apparati manualistici del Piano. Pertanto è importate sotto il profilo attuativo assumere dai principi della sostenibilità la questione della dimensione politica della sostenbilità . La dimensione politica non è sempre inclusa quando si parla di sviluppo sostenibile, dal momento che ha implicazioni strettamente correlate alla dimensione sociale ed economica: essa cerca la promozione dei processi di democratizzazione e governabilità in funzione del miglioramento delle condizioni di conservazione dell'ambiente e dell'ottimizzazione dello sviluppo sostenibile. Il principale protagonista di questa dimensione è lo stato. Attraverso le sue istituzioni e le sue azioni, deve garantire che tutti i cittadini all'interno dei suoi territori possano essere beneficiari dei risultati dello sviluppo sostenibile. L'esistenza di un quadro giuridico funzionale, istituzioni statali efficienti e l'integrazione tra le comunità dello stesso territorio sono i requisiti fondamentali per uno sviluppo sostenibile efficace. È anche imperativo ridurre il divario tra le richieste dei cittadini e l'attenzione dello Stato. La dimensione politica della sostenibilità è completata dalla dimensione sociale ed economica in quanto le principali decisioni economiche e gli effetti sociali attualmente provengono dal potere esercitato dai governi.
Ecco che quindi interviene il tema dei comportamenti dei due grandi attori presenti sulla scena della gestione della società ovvero i “privati” e le “istituzioni”, legati tra di loro da un fattore di reciproca influenza ma operanti nel quotidiano con rispettive logiche e strumenti. Pertanto negli strumenti che un Piano deve approntare relativamente alla sua applicabilità ed alla definizione delle attuazioni, accordi per il coinvolgimento che interferiscano non solo sul piano della Pubblica amministrazione, ma anche degli attori e delle organizzazioni economiche del territorio interessato e contermine. Un principio questo di forte innovazione ma che è indispensabile attuare, attraverso una miscela di azioni “impositive” ed anche “di incentivazione” e buone pratiche e linee guida virtuose, per permettere il riorientamento dei comportamenti economici ovvero la curvatura dei loro profili verso standard a maggiore performance di sostenibilità. La soddisfazione degli aspetti legati alla dimensione politica della sostenibilità rendono fondamentali le individuazione di misure per garantire che l’assetto di governance dei soggetti pubblici che gestiscono il piano sia legato ad un valore di continuità e coinvolgimento degli altri attori territoriali economici ed anche della società civile. Certamente questi aspetti non possono
Figura 10b - Le prime tre dimensioni della sostenibilità, e la quarta dimensione connessa alle prime quale strumento per la loro realizzazione.
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La questione del monitoraggio dell’efficacia del Piano. Non si può tralasciare in questo excursus che traguarda sinteticamente le esperienze fatte e le questioni di natura generale, il tema delle azioni condotte per garantire il monitoraggio dell’attuazione del Piano.
Sull’argomento, e sulla scarsa o pressoché nulla attività svolta in questi anni dalla Regione Piemonte, è dedicata una sezione più avanti (pg. … ): ma qui è importante ricordare in proposito come gli enti del tratto alessandrino vercellese e soprattutto nel caso del tratto torinese, a patire dagli anni 2004 circa si sono attivate iniziative che permetterono di fare il punto sull’efficacia del piano, Ci si riferisce in particolare all’iniziativa dell’accordo stipulato fra l’Ente del Po torinese e il Politecnico di Torino con la costituzione dell’Osservatorio del Paesaggio del Poe della Collina torinese. Questa iniziativa ha dato modo, con la supervisione scientifica del docente del Politecnico prof. Carlo Socco, di costruire materiai, un isto web di documentazione e pubblicazione di buone pratiche locali e internazionali, ed anche di sviluppare ricerche e tesi che hanno riassunto sia le attività svolte negli anni, sia la prefigurazione di nuove prospettive. Grazie a questa iniziativa si svilupparono in quegli anni sino al 2012 circa attività le più diverse anche di natura comunicativa e di partecipazione come le Biennali dell’Osservatorio Paesaggio zero, occasioni per avviare dibattiti e confronti nonché per pubblicare volumi e ricerche. Un lavoro che in termini anche di obiettivi permise ad esempio di porre in relazione l’approccio del Piano d’Area con le emergenti questioni delle Infrastrutture verdi, dando anche luogo ad un lavoro specifico sul tema.
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Non secondaria, nell’ambito delle azioni legate alla gestione del Piano, è anche stata l’operazione condotta dall’Ente del Po torinese di integrale digitalizzazione del Piano d’Area con la sua messa a disposizione in rete dell’intero apparato cartografico e normativo, comprese attività di contorno che erano connesse al monitoraggio dello stato di adeguamento dei PRGC dei Comuni alle previsioni del Piano d’Area.
LA DIGITALIZAZIONE DEL PIANO
Questo lavoro ha infatti permesso di divulgare e diffondere con particolare efficacia lo strumento di pianificazione territoriale del parco, interessando non solo il tratto di competenza nel torinese, ma tutta l’area del Po in Piemonte. Oggi lo strumento è ancora disponibile in rete dopo che lo stesso pacchetto dati è stato ospitato nella pagina di riferimento regionale, dopo molti anni di allocazione avvenuta sui server del Po torinese per la mancata disponibilità della Regione di affrontare i costi di hosting sui propri servizi di rete. La tipologia dei dati non si è limitata alla collocazione dei materiali di piano, ma ha anche intrecciato i dati relativi ai confini dell’area protetta nonché la collocazione dei confini delle aree inserite in rete natura 2000 e le fasci del Pai, componendo i dati su due mappe sorelle definite per ogni tavola di piano con la sottodenominazione A e B. Tale arricchimento cartografico è stato realizzato al fine di permettere una maggiore semplicità di lettura dei dati che la sovrapposizione intera sulle mappa di piano avrebbe reso oltremodo complessa e di difficile lettura.
Tavola A – Piano d’Area
Tavola B – Confini e Fasce P.A.I.
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IL PIANO DEL PO PIEMONTESE: NUOVE SFIDE E NUOVI TEMI DI PIANO
Aggiornamento e revisione del Piano d’Area. Quale approccio? Una nuova prospettiva per la pianificazione d’area della Fascia fluviale del Po.
Sulla base pertanto delle considerazioni generali prima esposte, che hanno descritto un quadro del tutto nuovo rispetto a quello nel quale era natio il Piano del Po, e dell’attività di analisi che qui di seguito viene descritta nei suoi sviluppi previsti, appare evidente che l’output di tale lavoro prefigura la necessità dell’apertura di una nuova stagione per la pianificazione dell’area del Po piemontese. Non si tratta pertanto e solo di un aggiornamento o integrazione, ma di una revisione sostanziale. Innanzi tutto il mancato inserimento tra gli strumenti di pianificazione delle aree protette nella legislazione vigente dello speciale strumento del Piano per il Po (di cui all’art. 15 della legge Regionale n. 28/90) ha reso in qualche modo orfano questo ambito territoriale di uno strumento guida unitario. Occorre pertanto ed innanzi tutto prevedere di colmare questa lacuna con un adeguamento in primo luogo legislativo. Inoltre l’evoluzione degli aspetti normativi (dall’avvenuta approvazione del PAI dell’Autorità di Bacino nel 2001 e al Piano Paesaggistico Regionale del 2017) nonché delle dinamiche di contesto, quali: a) i criteri sulla Sostenibilità delle azioni per l’equilibrio del Pianeta connessi ai Millenium Goals, entrati in vigore il 1 gennaio 2016 e i documenti come il SSSE Europeo(1999) b) la problematica del consumo di suolo,
f)
l’istituzione di due Riserve della Biosfera MaB in Piemonte con il consolidamento delle politiche Uomo e Biosfera di UNESCO in Piemonte e nel Bacino del Po.
g) la nascita delle politiche di valutazione dei piani e dei progetti con la normativa Comunitaria e locale in materia di VIA e VAS, che costituiscono nel loro insieme nuovi scenari di problematicità, rendono necessaria la definizione di uno strumento nuovo, che sappia affrontare meglio e con maggiore incisività sia le misure di pianificazione dirette come anche il tema delle ricadute di contesto, in quello che già il Piano originario definiva come “ambito di influenza indiretta” del Piano Non secondari sono anche aspetti di natura più tematica e non di cogenza territoriale, in quanto tutti gli aspetti legati al profilo della sostenibilità ed ai Millenium goals prima richiamati, devono trovare una risposta sul fronte della pianificazione, essendo molteplici e diversificati gli aspetti di relazioni complessa tra i 17 obiettivi del millennio e le diverse azioni del Piano. Anche su questo fronte pertanto la presente relazione, nella sua parte finale al capitolo ….. , propone possibili linee programmatiche di lavoro per l’individuazione di un nuovo strumento di pianificazione vasta per la fascia fluviale del Po, oggi tutta inserita in un sistema di protezione (anche di valenza europea), raccordato con gli strumenti della pianificazione territoriale della Legge urbanistica regionale.
c) gli studi e le applicazioni connesse al tema dei servizi ecosistemici ed alle modalità di calcolo e pagamento connesse, d) i temi della pianificazione attraverso le categorie delle Green infrastructur
Figura 9 – Schema relativo alla definizione dei servizi ecosistemici. e) gli effetti del climat change,
Figura 10 – Schema di sintesi tratto dal PTO del Po progetto Po.
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Si tratta nel loro insieme di contenuti che debbono contenere una prospettiva d’innovazione, anche in ragione della mancanza di un quadro nazionale che sino ad oggi abbia inglobato al suo interno quelle indicazioni generali che per la pianificazione europea vigono dal 1999 con l’approvazione dello Schema di sviluppo della spazio europeo.
Il profilo del confronto tra le questioni della sostenibilità, tradotte nei 17 obiettivi del Millennio e la pianificazione territoriale permettono di costruire un albero delle relazioni tra Piano e sostenibilità, quanto mai necessario nella dimensione attuale, dove appare ormai consolidato il rapporto tra complessità delle problematiche della gestione del Pianeta e individuazione delle azioni virtuose ed efficaci. Affrontare il confronto tra obiettivi del Millennio e pianificazione comporta gioco forza l’apertura del fronte della LA QUESTIONE gestione dei problemi complessi, e quindi l’utilizzo della categoria “COMPLESSITA’” epistemologica della complessità che proprio negli anni ’80 si sviluppa nel dibattito delle scienze in generale. Sono proprio le parole di Edgard Morin ad adeguarsi particolarmente bene al caso dei rapporti che la pianificazione tiene con i molteplici profili della gestione del territorio: «v’è complessità quando sono inseparabili le differenti componenti che costituiscono un tutto […] e quando v’è un tessuto interdipendente, interattivo e interretroattivo fra le parti e il tutto e fra il tutto e le parti». Non si intende allargare eccessivamente il discorso, ma con coscienza porsi la problematica della natura del problema che un piano integrato affronta su un territorio, dovendo dialogare con ambiti che spaziano dalle scienze naturali a quelle umane, passando per tutte le molteplici forme intermedie. Le stesse scienze della pianificazione proprio negli anni ’80, nel periodo di gestazione del PTO del PO, non avevano ancora avuto modo di confrontarsi con la questione teorica della complessità, oggetto di riflessioni che si sono poi susseguite negli anni ’90 e successivamente.
Figura 10 – Gli obiettivi dell’Agenza 2030 e il grafo illustrativo connesso al tema del ruolo gerarchico degli obiettivi.
Leggendo in proposito…….. : “Si può pensare alla città come a un tipico esempio di sistema complesso costituito da una rete di tipo socioeconomico di connessioni fra gli agenti, in cui le connessioni sono mutevoli nel tempo e diffuse nel spazio. Il livello di connettività che si realizza in un’area urbana, riferito alla densità dello spazio occupato, evolve nel tempo ed è proprio quello che permette alla città di esistere e funzionare come tale. Il grado di connessione di un’area urbana è conseguito, in realtà, in un insieme di reti non lineari che si distribuiscono su molte scale geografiche e temporali. Quando il detto grado di connessione in un insediamento raggiunge un valore che si può considerare critico, ciò può essere interpretato come indicazione del fatto che il sistema realizzatosi ha raggiunto un livello di autoorganizzazione interna tale da caratterizzare l’insediamento stesso come sistema città. Al di sotto di tale livello, il sistema-città non sarebbe connesso a sufficienza per permetterne il funzionamento. Se, al contrario, la connettività fosse maggiore, lo spazio sarebbe occupato più densamente e la rete conterrebbe ridondanze che diverrebbero fonte di inefficienze. Un insediamento diventa una città, in altri termini, quando le reti delle connessioni non lineari fra gli agenti, evolvendo nel tempo, portano a un fenomeno simile a ciò che in fisica è chiamato una transizione di fase, come quello che si osserva nella condensazione di un vapore o nella solidificazione di un liquido (Batty, 2005, 2008; Wilson, 2006, 2008). Ecco che pertanto a fianco di un problema legato al “ventaglio” delle tematiche si profila anche il problema di comprendere come e con quale strumento logico poter affrontare l’organizzazione di un fenomeno complesso come la pianificazione estesa a tutti gli ambiti del territori, naturali, ed antropici.
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E viene quindi quasi naturale porsi la successiva domanda che contribuisce, purtroppo ad elevare il grado della complessità in gioco. La domanda “pianificare per chi?” cela la suo interno la questione del contesto nel cale l’operazione di pianificazione si pone dal momento che è evidente che l’obiettivo della pianificazione riguarda due ambiti, al posto di uno solo come si pensava sino a qualche anno fa, quando la categoria ambiente e la sua individualità specifica non erano ancora entrate nel pensiero moderno.
PIANIFICARE PER CHI?
Nelle visioni contemporanee è divenuto chiaro, anche se non ancora per tutti, che occorre pianificare innanzi tutto per gli esseri viventi, per permettere all’impronta antropocenica di contenere la sua forza distruttiva verso gli equilibri geochimici e biologici del Pianeta. Un compito non facile visto che le competenze della pianificazione sono in mano alla scuola dei costruttori (architetti ed ingegneri) e non dei non-costruttori (naturalisti, biologi, geologi, pedologi, agronomi, forestali, etc...). Ma tant’è l’ormai evidente denuncia mondiale sulla perdita di ricchezza naturale impone questa necessità.
delle comunità e il continuo aumento del valore della mobilitazione bottom up nei modelli locali è una questione che si pone con differenze sensibili rispetto agli anni 80 del ‘900 quando la strutturazione gerarchica e l’idea di sistematizzare il territorio era legata ad un processo verticale e gerarchico degli strumenti. Un approccio che, a giudicare dallo stato dell’ambiente di oggi, ha peraltro prestato il fianco a numerose debolezze, non riuscendo il più delle volte a raggiungere quell’obiettivo di tutela e salvaguardia che si era prefissato, complice anche un sistema giudiziario a scarso per non dire nulla sensibilità nella tutela dei diritti della natura e del territorio a fronte di quelli della proprietà privata e dei diritti acquisiti di una comunità o meglio di singoli e particolari interessi economici e produttivi.
Va da se che in seconda battuta occorre anche pianificare per le comunità delle popolazioni umane presenti sul pianeta, e che stanno sempre di più concentrandosi negli ambiti metropolitani, creando un non facile problema, dovendo pianificare in spazi ristretti dove sono presenti un numero elevato di individui: di qui pianificare diventa un tema di pianificazione della città e del territorio, avendo l’ambito urbano ampiamente inglobato il “territorio” un tempo a lui circostante, ed esterno.
Sono un insieme di riflessioni che sono particolarmente sviluppate ad esempio da studi come quelli di Claudio Cipollini che nel suo saggio la Mano complessa, un manuale per gestire lo sviluppo dei territori e delle infrastrutture in questa nostra era dominata dalla complessità, ma anche un saggio che ripercorre le radici storiche, filosofiche, sociologiche e culturali di un’evoluzione che ha visto sempre accompagnare il progresso delle opere e delle realizzazioni con l’accrescimento delle capacità umane e sociali. “La mano complessa” è la metafora simbolica che esprime l’esigenza di un approccio integrato e sistemico alla soluzione dei problemi dello sviluppo infrastrutturale e dei territori. La mano raccoglie le “cinque dita” di un intervento che deve svilupparsi attraverso il criterio della complessità e dell’unicità, proprio come si muovono le dita di una mano. Le cinque dita rappresentano le cinque fasi che dovrebbero oggi guidare lo sviluppo di un progetto di infrastrutturazione e la sua realizzazione su scala territoriale: 1) la conoscenza; 2) l’analisi; 3) il progetto; 4) la realizzazione; 5) la gestione.
Stabilito quindi che i destinatari dell’azione del piano sono due gruppi, dei quali il primo molto più numeroso in termini di individui, è vero che gli appartenenti al secondo gruppo hanno un peso notevole, anzi devastante, e che quindi è necessario domandarsi bene ed in profondità a quali bisogni di questi ultimi la pianificazione debba rispondere. Senza una risposta a questa seconda domanda il rischio di produrre un piano vano e senza futuro è ovviamente altissimo. E qui entrano prepotentemente in campo diverse questioni che alcuni potrebbero definire “generali” ma che invece hanno attinenza anche diretta.
Il volume si sviluppa inevitabilmente nel segno della complessità, testimoniata anche dalla copertina che richiama sia una struttura architettonica sia la rete di un ragno che avvolge paesaggio, ambiente e storia. Sull’importanza del concetto di “rete”, Cipollini insiste fin dal sottotitolo, in cui accenna alla necessità della “condivisione e collaborazione” per la gestione dello sviluppo dei territori: il progetto di una nuova infrastruttura oggi non può tener conto di una quantità quasi infinita di variabili, da quelle fisiche a quelle ambientali e sociali, su cui intervenire con l’azione delle cinque dita della “mano”.
La prima riguarda i bisogni dei giovani, che nel nostro contesto rappresentano più un problema di natura demografica essendo la tendenza alla loro uscita dall’Italia sempre più netta, e quindi diventa un tema anche di bisogni di chi resta, ovvero della terza età.
Ma oltre a tali valutazioni è anche importante partire dalle elaborazioni che già sono state effettuate sulla gestione del tema della sostenibilità del territorio anche a livello regionale.
La seconda è invece riferita alle nuove popolazioni legate ai flussi migratori ed alla inevitabile contaminazione culturale e nell’insieme anche sociale che ne deriva, con bisogni e richieste che devono essere chiarite rispetto alla composizione sociale dell’ambito pianificato. La terza attiene agli oggetti che è opportuno possano vedere una loro realizzazione grazie alla pianificazione definita ed a quali funzioni questi siano utili. Questa terza domanda ha quindi a che fare con le funzioni alle quali il territorio sarà chiamato a rispondere in ragione dei bisogni espressi, ma da entrambi gli ambiti prima individuati (naturale e antropico). La quarta riguarda invece l’ambiente delle policy nel quale l’azione del Piano si muove, ovvero le strutture della governance e del goverment locale, la distribuzione dei poteri: nel secondo decennio del nuovo millennio come all’alba del terzo, la sfera dell’autorganizzazione
Mi riferisco al complesso e ricchissimo lavoro condotto dal team di ricerca di IRES coordinato da Fiorenzo Ferlaino con il contributo di Enzo Tiezzi e che diede l’esito ad esempio delle conclusioni svolte con il Volume La sostenibilità ambientale del territorio del 2004 edito da UTET. Il testo risponde a un bisogno di inquadramento sistematico della problematica ambientale e di conoscenza delle più comuni teorie e dei metodi di analisi più utilizzati per la valutazione della sostenibilità di un territorio. I capitoli seguono un percorso preciso: si delinea la problematica della sostenibilità di un territorio e si fornisce il quadro della contabilità generale che entra in gioco nella valutazione delle risorse ambientali; si inquadra la problematica ambientale dal punto di vista storico attraverso una metanarrazione del concetto di sviluppo (A.Vallega); si evidenziano i rapporti tra azione locale e globale della questione ambientale quindi si passa ad illustrare le più comuni metodologie di valutazione della sostenibilità di un territorio e i relativi indicatori (E. Tiezzi). Nei capitoli seguenti alcune di queste tecniche vengono trattate dagli stessi ideatori: l’EMergia di Howard T. Odum, l’Impronta
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ecologica di Mathis Wackernagel (applicata sia alla scala globale sia locale). Michael Kuhndt ricercatore in uno dei più prestigiosi istituti di ricerca ambientale, il Wuppertal Institut, riflette intorno alle metodologie della contabilità ambientale dei Flussi di materiale (Material Flow Accountig) e, in ambito aziendale, del Material input per Service Unit e del Resource Efficiency Accounting. Si completa il quadro esponendo due articoli che fanno uso di indicatori DPSIR (Determinanti, Pressione, Stato, Impatto, Risposte), applicati alla realtà italiana, esaminata anche attraverso il metodo multicriteri del Dashboard.
rapportocausale tra 1'azione intrapresa e i risultati conseguiti, ma piuttosto di fornire una misura univoca della sostenibilità, di definire una sorta di contabilità ambientale. Un compito arduo dato che l'ambiente è compostoda elementi eterogenei e differenti: suolo, acqua, vento, produzione, scarti, ecc. E, come si insegna alle elementari, "non si possono mischiare le pere con le mele".Parlare di sostenibilità, una parola fin troppo di moda, significa ricondurre questo concetto entro coordinate chiare e misurabili. È quello che si intende fare con questa ricerca sulla "sostenibilità ambientale del Piemonte" la cui finalità è appunto quella di fornire un primo strumento di contabilità della realtÙerritoriale e ambientale a base subprovinciale. Da queste e altre riflessioni il lavoro sul Piano del Po deve partire.
Si tratta di un corpus di conoscenze che hanno anche dato luogo a specifiche indagini quali quella pubblicata da IRES sul Piemonte. Si legge nella presentazione: “Con questa ricerca l'IRES intende proseguire lo studio dei subsistemi territoriali (sistemi locali regionali) fornendo una sintesi e una contabilità del loro quadro ambientale e delle modalità d'utilizzo delle risorse in essi presenti. L' lRES intende altresì muoversi verso un tipo di valutazione che riaffenru con forza l'esperienza e la tradizione quantitativa, oltre chequalitativa, dell'Istituto, la sua capacità di fornire strumenti interpretativi basati su "fatti misurabili" , "esperienze valutabili" e scevre di quegli aspetti ideologici che rischiano di coprire i problemi o di implementarli. Il concetto di "sviluppo sostenibile" è, secondo la CommissioneBrundtland "quello sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la capacità delle generazioni future disoddisfare i loro bisogni". È una definizione aperta che richiede specificazioni e misure, analisi e strumenti di monitoraggio chiari. Non si tratta, come nella valutazione delle politiche, di mettere a confronto gli obiettivi con i risultati conseguiti, di isolare l'effetto prodotto dall'intervento legislativo per verificare, e misurare, il
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Ma per tornare al tema del confronto tra Piano e obiettivi del Millennio è utile nello specifico portare un esempio sul come una tematica specifica possa interfacciarsi e contribuire alla complessità dell’azione con ilprocesso di piano.
E’ di particolare utilità ed interesse l’attività che Europarc ha attivato grazie allo strumento online di Toolkit a supporto alla pianificazione delle azioni che un’area protetta può svolgere nel settore del rapporto con il benessere complessivo della persona. (https://www.europarc.org/toolkit-health-benefits-from-parks/)
A titolo di esempio sul tema del rapporto tra pianificazione obiettivi del Millennio è importante richiamare un caso come quello del rapporto con l’obiettivo 3 relativo al tema della salute.
Questo strumento permette di pianificate con una serie di specifiche attività la definizione delle proprie azioni per raggiungere uno standard efficace nella gestione del parco orientando all’attenzione dei suoi “servizi ecosistemici” a favore delle comunità del territorio in cui sorge ed anche di coloro che lo frequentano per turismo. Uno strumento che è stato messo a punto da una commissione specifica composta da Pete Rawcliffe (Scottish Natural Heritage), Joel Erkkonen (Parks and Wildlife Finlande), Nele Sõber (Conseil Estonie Enviromental), Castell Carles (Députation de Barcelone), Tony Gates , (Parc national de Northumberland autorité), Melissa Desbois (Parc national des Calanques), Bridget Finton (Scottish Natural Heritage) et Carol Ritchie (Fédération EUROPARC Direction).
IL CASO DELL’OBIETTIVO – PARCHI SALUTE E BENESSERE
Riprendendo i contenuti del Goals 3, per raggiungere lo sviluppo sostenibile è fondamentale garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età. Come ripreso dai documenti dell’INU: “Sono stati fatti grandi progressi per quanto riguarda l’aumento dell’aspettativa di vita e la riduzione di alcune delle cause di morte più comuni legate alla mortalità infantile e materna. Sono stati compiuti significativi progressi nell’accesso all’acqua pulita e all’igiene, nella riduzione della malaria, della tubercolosi, della poliomielite e della diffusione dell’HIV/AIDS. Nonostante ciò, sono necessari molti altri sforzi per sradicare completamente un’ampia varietà di malattie e affrontare numerose e diverse questioni relative alla salute, siano esse recenti o persistenti nel tempo. Il quadro fornito in merito alla salute infantile, materna e delle malattie ad alto impatto, presenta ancora sfide di grande portata a livello planetario, e non mancano quadri di necessità di forte miglioramento anche nei paesi cosiddetti sviluppati. In merito ai traguardi individuati dall’ONU in proposito, gli obiettivi di 3.5 Rafforzare la prevenzione e il trattamento di abuso di sostanze, tra cui l’abuso di stupefacenti e il consumo nocivo di alcol 3.6
Entro il 2020, dimezzare il numero globale di morti e feriti a seguito di incidenti stradali
3.9 Entro il 2030, ridurre sostanzialmente il numero di decessi e malattie da sostanze chimiche pericolose e da contaminazione e inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo. costituiscono elementi sui quali anche la pianificazione del territorio svolge un ruolo in parte diretto ed in parte indiretto. Sull’importanza di questi scenari di relazione sul come la gestione ambientale e le attività di istituti di protezione dell’ambiente LE LINNE GIDA DI EUROPARC possono avere un ruolo importante, è peraltro testimone la recente SULLA SALUTEE LE AREE iniziativa di EUROPARC, ripresa nella Giornata Europea dei Parchi 2019 PROTETTE organizzata dalla federazione delle aree protette dell’Europa “Europarc” (https://www.europarc.org/tools-and-training/europarc-webinars/) dedicata al tema con il significativo titolo , “La natura, un bene prezioso per la nostra salute” che punta l’attenzione sul rapporto tra Natura e benessere umano, sulla natura come bene prezioso per la nostra salute fisica e mentale. Intorno all’argomento ruota il programma di lavoro che l’organizzazione propone agli oltre seicento gestori di aree protette in ventotto paesi europei. Fra le attività il webinar sul tema: "parchi in salute, persone in salute" www.europarc.org/europarc-webinars .
Un vero manuale che si compone di una parte introduttiva, di una sulle politiche di contributo delle aree protette, uno sul quadro regionale e nazionale , uno sulle prove dirette che la natura ha sulla salute e infine una dedicata al controllo cecklist delle proprie azioni. Il capitolo sulle politiche richiama come sia definito che una camminata veloce di 30 minuti cinque giorni alla settimana può ridurre il rischio del 20-30% di infarto e ictus dal 30 al 40% per l’insorgenza del diabete, delle fratture dell’anca dal 36 al 68% del cancro al colon del 30%, del Cancro al seno 20% e del 30% per depressione ed demenza. Senza tralasciare che un adulto su quattro incontra problemi di salute mentale ad un certo punto della propria vita e l'attività all'aperto e il contatto con la natura possono aiutare le abitudini del sonno, ridurre lo stress, migliorare l'umore e l'autostima e garantire un contatto sociale significativo. Qui si trova una tale messe di casi esempi di leggi quadro internazionali che possono aiutare concretamente a collocare la propria azione. Molto interessante è poi il capitolo dedicato alle prove scientifiche ed alle indagini che collocano l’attività in un serio quadro complessivo di natura scientifica. Infine la cecklist finalizzata ad individuare il modo migliore per pianificare, gestire e promuovere l’area protetta per migliorare la salute e il benessere generale dei cittadini nonché sul come collegare l’attività gestionale al settore sanitario in modo che le persone a rischio o le vittime di malattie / condizioni di salute specifiche possano essere supportate per utilizzare l’area protetta in gestione. Ma questa occasione è anche utile per poter avere accesso ad una serie di esperienze pilota come quella del Parco Victoria Australiano che propone una serie ricchissima di esperienze. (https://parkweb.vic.gov.au/about-us/healthy-parks-healthy-people) Un particolare sguardo sull’argomento su come lo stare in natura sia di grande importanza, lo forniscono anche le ricerche dell’italiano Giuseppe Barbiero, che con la sua scuola di Biofilia in Italia (con il centro all’Università della Valle d’Aosta http://www.univda.it/barbierogiuseppe) ha già sviluppato una notevole e ricca serie di studi sul valore che l’attività in natura ha anche nell’apprendimento e in generale sulla salute mentale del bambino. In particolare la sua definizione di “ecologia affettiva” ha definito un ambito
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dell’ecologia che si occupa delle relazioni che gli esseri umani instaurano con il resto del mondo vivente. “L’ecologia affettiva si propone di studiare tutti i tipi di relazione – emotive e cognitive – che intratteniamo con la Natura, sia che abbiano una matrice filogenetica, come la biofilia, sia che abbiano una matrice ontogenetica che attiene allo sviluppo dell’intelligenza naturalistica.” Un pensiero che trae origine dal concetto della “biofilia” ovvero l’amore per la vita e per tutto ciò che la ricorda fondato dal grande biologo americano E.O. Wilson, essa si manifesta nella tendenza a farsi attrarre dalle creature viventi e, in alcuni casi, ad affiliarvisi emotivamente. La biofilia è innata, ma non è istintiva. A questo campo di lavoro è anche collegato il progetto ‘Nuova Architettura Sensibile Alpina’ (N.A.S.A.), cofinanziato dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) e dal Fondo Sociale Europeo (FSE) nel quadro del ‘Bando Unità di Ricerca’ della Regione Autonoma Valle d’Aosta che si concretizza nella realizzazione di un ambiente scolastico capace di stimolare la sensorialità del bambino verso le forme di vita non umane, favorendo la rigenerazione dell’attenzione diretta e migliorando l’efficienza scolastica. Appare inoltre evidente che la collocazione delle politiche ambientali in un contesto di pensiero sistemico, che comporta l’intreccio delle proprie azioni con i 17 Obiettivi del Millennio, porta naturalmente, possiamo dire, a connettere parchi e salute in quell’intreccio virtuoso di relazioni che devono esistere tra tutte le azioni individuate dall’ONU e che possono ottenere singolarmente risultati solo se tra di loro sviluppate in stretta e intina correlazione. La stessa pianificazione territoriale deve aprirsi a comprendere come poter lavorare non solo per garantire spazi di natura per la vita nel suo insieme, ma anche come poter favorire lo stato di benessere delle popolazioni umane. Dunque l’agenda di lavoro delle aree protette non può che aprirsi con questa iniziativa sancita da Europarc ad un obiettivo più definito e chiaro delle proprie missioni, riprendendo anche quanto il grande pensatore contemporaneo Yuval Harari ci dice in merito alle prospettive che l’Agenda dell’Umanità del XXI secolo si è data (in particolare nel suo saggio Homo Deus), tra le quali il tema dell’allungamento della vita è uno degli spazi di attività, nei quali però le politiche delle aree protette possono portare un grande contributo non in termini quantitativi ma in termini qualitativi: vivere di più si, ma meglio, respirando in un bosco protetto. Nel contempo oggi è necessaria una forte attualizzazione tematica e territoriale per un nuovo strumento di Piano che includa al suo interno le nuove prospettive connesse alla sostenibilità, ai servizi ecosistemici ed alla problematiche del climat change, recuperando le vigenti, da tempo) indicazioni europee.
Se infatti i problemi e le tematiche che la modernità ha posto con particolare evidenza e forza sul tavolo del territorio tutelato sono così ampie e interrelate tra di loro, sorge spontanea la richiesta di sviluppare un progetto che risponda anche a finalità in parte nuove ed in un concetto solo non così limitate e parcellizzate alla questione della conservazione della natura. Questa, come abbiamo visto comporta infatti contestualmente un intreccio di problemi di gestione territoriale numerosi e importanti perla stessa ricaduta a feedback sulla stessa conservazione. E qui non occorre scomodare nuove teorie o altre riflessioni ma andare semplicemente a riprendere uno dei passaggi che sono stati richiamati prima e che riguarda il percorso del riconoscimento UNESCO del territorio di CollinaPo (comprendente l’80% delle aree protette in gestione all’ente nel tratto torinese), ma anche le aree del tratto cuneese del Po (inserite nel MaB Monviso. ) E’ infatti lo stesso pensatore e inventore del progetto Man an Biosphere in UNESCO Valerio Giacomini a scrivere che le stese finalità generali del progetto MaB dovrebbero condurre ad una riforma del pensiero delle aree protette, per ricondurre queste in sostanza proprio al modello MaB, in quel percorso di rivoluzione tolemaica come lui stesso l’ha definita, del progetto della conservazione delle risorse naturali del Piante. Nel percorso di Piano che si avvia diviene quindi importante immaginare che l’attività conseguente ad un disposto di legge, generi anche e nel contempo un dibattito che porti alla stessa riforma delle finalità della legge in forza della quale quel piano è pensato: potrebbe apparire quasi una considerazione che rende vano il processo, rimettendo in discussione il mandato dato dalla legge. Invece è semplicemente la conseguenza del fatto che le problematiche ambientali si sono palesate così chiaramente nei fatti, per la loro urgenza e profondo o significato nella gestione del territorio, che la raccolta dei problemi legati ad un piano diviene l’analisi dei fabbisogni e dei problemi che se la legge non ha sputo traguardare con attenzione, ebbene non deve fare altro che arrendersi ai fatti, e rimodulare il suo stesso contenuto. E in questo percorso lo strumento e la metodologia MaB assume un ruolo importante ed innovativo ancorché ripreso da un pensiero datato dagli anni ’70, ma oggi molto attuale, non fosse altro che per la semplice ragione di non essere mai stato considerato per quello che era. Anche per questa ulteriore ragione quindi il progetto per un Piano del Po nuovo diviene affascinante, come occasione per riattrezzare il nostro fare e il nostro pensiero per un territorio sostenibile, in tutte le sue “quattro dimensioni”.
Una riflessione conclusiva. IL CASO DELL’OBIETTIVO – PARCHI SALUTE E BENESSERE
Il confronto con le molteplici problematiche qui aperte, e che si sono dipanate naturalmente partendo dall’avvio della politica per il Po degli anni ‘80 per poi attraversare il susseguirsi ricchissimo di fatti, culture di piano, normative, problematiche, emergenze ed approcci che sono stati sinteticamente descritti per punti più sopra, porta anche a porsi una domanda finale che appare naturale: oltre a domamdarci sul pianificare per chi, trattandosi di una pianificazione di un territorio composto da Aree protette, per quale tipo di area protetta di dovrebbe pianificare?
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GLI STRUMENTI DI PIANO PER LE AREE PROTETTE
1. Il quadro normativo.
La normativa regionale del Piemonte in materia di aree protette (Legge regionale 29 giugno 2009, n. 19. Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità - B.U. 2 luglio 2009, 2° suppl. al n. 26 - modificata dalle l.r. 14/2010, l.r. 02/2011, l.r. 16/2011, l.r. 05/2012, l.r. 11/2013, l.r. 01/2015, l.r. 19/2015, l.r. 26/2015, l.r. 11/29019 ) prevede gli strumenti di pianificazione di seguito indicati: Art. 25. - (Piano pluriennale economico-sociale) 1. La comunità delle aree protette promuove lo sviluppo economico e sociale dei territori interessati e di quelli ad essi adiacenti, nel rispetto delle finalità di tutela generali delle aree protette e dei vincoli stabiliti negli strumenti di pianificazione territoriale relativi alle aree medesime ed in sintonia con il documento di programmazione economico-finanziaria della Regione. 2. La comunità delle aree protette, con il concorso della consulta per il territorio e delle parti sociali ed economiche interessate, elabora un piano pluriennale economico-sociale relativo alle aree protette di propria competenza per la promozione delle attività compatibili, individuando i soggetti chiamati alla realizzazione degli interventi previsti anche attraverso accordi di programma. 3. Il piano pluriennale economico-sociale è predisposto dalla comunità delle aree protette competente ed è adottato dal consiglio dell'ente. Il piano pluriennale economico-sociale è inviato alla Giunta regionale che lo approva entro centoventi giorni dal ricevimento, trascorsi i quali il piano si intende approvato. La Giunta regionale può richiedere modifiche ed integrazioni al consiglio dell'ente, sospendendo i termini di approvazione. 4. Per le aree protette in gestione alle province o ai comuni il piano pluriennale economicosociale è adottato dagli organi provinciali e comunali competenti, con il concorso delle parti sociali ed economiche interessate, ed è approvato dalla Giunta regionale con le procedure ed i poteri di cui al comma 3. 5. Il piano pluriennale economico-sociale prevede forme di incentivazione all'utilizzo di sistemi di gestione ambientale finalizzati al conseguimento delle certificazioni ambientali previste dalle procedure europee ed internazionali, con particolare riferimento alla registrazione EMAS. Art. 26 - (Piano di area) 1 bis. Per le aree naturali protette classificate parco naturale è redatto un piano di area che ha valore di piano territoriale regionale e sostituisce le norme difformi dei piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello, fatta eccezione per il piano paesaggistico, di cui all'articolo 135 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). 2. Il piano di area è redatto tenendo conto delle relazioni ecosistemiche, socioeconomiche, paesistiche, culturali e turistiche che legano l'area al contesto territoriale e definisce, in particolare, i seguenti aspetti: a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in zone caratterizzate da forme differenziate di uso e tutela in relazione alle diverse caratteristiche territoriali e naturalistiche; b) vincoli e norme di attuazione relative alle diverse zone; c) sistemi di accessibilità veicolare, ciclabile e pedonale con particolare riguardo alle esigenze dei disabili; d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la fruizione sociale del parco, musei, centri visita, aree attrezzate;
e) recupero e rinaturazione delle aree degradate; f) tutela e riqualificazione del patrimonio storico-culturale ed architettonico; f bis) interventi in materia di sviluppo delle attività turistico-sostenibili e di accoglienza. 3. I piani di area sono adottati dai soggetti gestori che, a seguito dell'adozione, garantiscono: a) la trasmissione degli elaborati di piano agli enti territoriali interessati con richiesta della pubblicizzazione dell'avvenuta adozione mediante notizia sui rispettivi albi pretori; b) la notizia sul BUR dell'avvenuta adozione del piano di area con l'individuazione della sede in cui chiunque può prendere visione dei relativi elaborati al fine di far pervenire nei successivi quarantacinque giorni motivate osservazioni; c) l'esame delle osservazioni pervenute. 4. Il soggetto gestore dell'area protetta, esaminate le osservazioni entro novanta giorni decorrenti dalla scadenza del termine di cui al comma 3, lettera b), adegua di conseguenza gli elaborati del piano di area con provvedimento motivato che trasmette alla Giunta regionale. La Giunta regionale, acquisito il parere della Commissione tecnica urbanistica e della Commissione regionale per gli insediamenti d'interesse storico-artistico, paesaggistico o documentario espresso in seduta congiunta entro trenta giorni dalla richiesta, predispone gli elaborati definitivi del piano di area avvalendosi della collaborazione del soggetto gestore. La Giunta regionale, previo parere della competente commissione consiliare, approva il piano di area entro il termine di centottanta giorni dal ricevimento del provvedimento del soggetto gestore. 5. In caso di inadempienza dei soggetti gestori delle aree protette nell'adozione dei piani di area e nell'esame delle osservazioni, la Giunta regionale, previa diffida, esercita il potere sostitutivo nei confronti dei soggetti inadempienti secondo le procedure di cui all'articolo 14 della legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli enti locali). 6. Dalla data di adozione dei piani di area si applicano le misure di salvaguardia previste per gli strumenti di pianificazione territoriale dalla normativa vigente in materia di tutela ed uso del suolo. 7. Ai piani di area possono essere apportate varianti con le procedure di cui ai commi 3 e 4. 117+> 7 bis. Per l'approvazione di varianti di limitata entità e di superficie trascurabile ai fini della tutela dell'area protetta, localizzate in aree comprese all'interno della perimetrazione del centro abitato di cui all'articolo 12 della legge regionale 5 dicembre 1977 n. 56 (Tutela ed uso del suolo) o in aree esterne alla perimetrazione di cui all'articolo 12 della l.r. 56/1977, confinanti con lotti già edificati e dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali, non è richiesto il parere della competente commissione consiliare; in tali casi il termine per l'approvazione di cui al comma 4 è ridotto a centoventi giorni. 9. I piani di area approvati sono pubblicati per estratto sul BUR e da tale data entrano in vigore ed hanno efficacia a tempo indeterminato nei confronti di tutti i soggetti pubblici e privati, nei limiti previsti dalla legislazione. 10. Ferme restando le misure di salvaguardia di cui al comma 6, fino all'approvazione del piano di area ogni intervento di modificazione dello stato attuale dei luoghi, fatta salva ogni altra autorizzazione prevista per legge, è autorizzato dal comune competente, previa comunicazione al soggetto gestore dell'area protetta, il quale può formulare osservazioni entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, decorso il quale il comune può procedere. 11. Dalla data di approvazione del piano di area la comunicazione al soggetto gestore dell'area protetta e le relative eventuali osservazioni di cui al comma 10 trovano applicazione solo per le nuove opere e per gli ampliamenti di quelle esistenti. 12. Sino a nuova determinazione dell'autorità competente, sono fatti salvi ed esplicano tutti
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i loro effetti, anche con riferimento alle aree contigue e alle zone naturali di salvaguardia, i piani di area vigenti o adottati al momento dell'entrata in vigore del presente titolo. Art. 27. - (Piani naturalistici e piani di gestione) 1. Le aree naturali protette di qualsiasi livello di gestione sono soggette al piano naturalistico che contiene le analisi geologiche e biologiche nonché le indicazioni e le normative per la conservazione e la gestione degli aspetti naturalistici delle singole aree protette. 2. I piani naturalistici sono adottati dal soggetto gestore delle aree protette interessate e sono approvati dalla Giunta regionale a seguito di consultazione degli enti locali coinvolti e delle associazioni ambientaliste e di categoria interessate entro novanta giorni dal ricevimento. 2 bis. I piani naturalistici specificano le norme di tutela e di salvaguardia di cui all'articolo 8, relativamente agli aspetti naturalistici, ed hanno valore di piano gestionale dell'area protetta, le cui previsioni sono recepite dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, fatta eccezione per il piano paesaggistico di cui al d.lgs. 42/2004, nonché dai programmi e dagli interventi pubblici o privati. 5. Per le riserve speciali i piani naturalistici sono sostituiti da piani di gestione che sono adottati ed approvati secondo le procedure di cui al comma 2 bis ed hanno il valore di cui al comma 3. 4 bis. Dalla data di adozione dei piani naturalistici e dei piani di gestione si applicano le misure di salvaguardia previste per gli strumenti di pianificazione territoriale dalla normativa vigente in materia di tutela ed uso del suolo 4 ter. Ferme restando le misure di salvaguardia di cui al comma 4 bis, fino all'approvazione del piano naturalistico e del piano di gestione ogni intervento di modificazione dello stato attuale dei luoghi, fatta salva ogni altra autorizzazione prevista per legge, è autorizzato dal comune competente, previa comunicazione al soggetto gestore dell'area protetta, il quale può formulare osservazioni entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, decorso il quale il comune può procedere. 4 quater. Dalla data di approvazione del piano naturalistico e del piano di gestione, la comunicazione al soggetto gestore dell'area protetta e le relative eventuali osservazioni di cui al comma 4 ter, trovano applicazione solo per le nuove opere e per gli ampliamenti di quelle esistenti. 5. Sono fatti salvi ed esplicano tutti i loro effetti i piani naturalistici, i piani di assestamento forestale ed i piani di gestione vigenti al momento di entrata in vigore del presente titolo.
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Essi sono comunque confermati in validità sino all'approvazione dei nuovi piani naturalistici. 6. Per le violazioni alle norme contenute nei piani naturalistici e di gestione si applicano le sanzioni di cui all'articolo 55, comma 13. Art. 28. - (Valutazione degli effetti degli strumenti di pianificazione) Gli strumenti di pianificazione di cui al presente capo sono sottoposti alle procedure di valutazione previste dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente. 2. Gli effetti ambientali derivanti dall'attuazione degli strumenti di pianificazione sono sottoposti a monitoraggio al fine di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e di adottare le misure correttive ritenute idonee ed opportune. Inoltre la vigente legislazione stabilisce dei termini per la predisposizione dei piani stabiliti dall’art. 59: Art. 59. - (Norme transitorie in materia di pianificazione nelle aree protette) 1. Il primo piano pluriennale economico-sociale è adottato dall'organo competente entro due anni dall'entrata in vigore del titolo II. 2. Per le aree protette non dotate dei piani di area, dei piani naturalistici, dei piani di gestione e dei piani di assestamento forestale, gli stessi sono adottati dai soggetti gestori entro due anni dall'entrata in vigore del titolo II.
In merito all’assetto gestionale generale del Po piemontese, con la L.R. n.11 del 27 marzo 2019 “Modifiche IL NUOVO ENTE DEL PO normative e cartografiche alla legge regionale 29 giugno 2009, n. PIEMONTESE 19 (Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità) B.U. 04 aprile 2019, 1° suppl. al n. 14, l’amministrazione regionale ha inserito una importante modificazione prevedendo la costituzione di un Ente unico di gestione, che assomma al suo interno i precedenti due enti di gestione del Po tratto torinese e vercellese alessandrino e le relative aree protette in gestione, determinando la nascita dal 1 luglio 2020 del nuovo ente che avrà come denominazione Ente di gestione delle aree protette del Po piemontese. Il nuovo soggetto gestionale si trova pertanto ad essere composto dalle seguenti aree protette con una integrazione significativa inserita sempre con la L.R. 11/2019 che amplia molti territori del tratto vercellese alessandrino e istituisce nuove aree protette.
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Degno di nota è segnalare che in realtà l’iniziativa di costituzione di un ente unico del Po è stata formulata dall’amministrazione regionale solo in parte, non giungendo quindi alla vera e reale omogeneità digestione del tratto fluviale del Po: infatti l’ente di gestione del Po
tratto cuneese è rimasto autonoma nella recente riforma ed ha assunto la denominazione di Parco del Monviso.
Scheda Po piemontese: 60 aree protette e siti di Rete Natura 2000 in gestione per un totale di 46.000 ettari di estensione. Aree contigue per 23.000 ettari complessivi. Un territorio che interessa le aree della pianura e delle colline torinesi e del Monferrato, suddiviso tra 4 provincie piemontesi e ricadenti in oltre 60 Comuni interessati dall’insieme dei territori tutelati, per uno sviluppo lineare di complessivi 240 Km di corsi d’acqua per un totale di oltre 330 km di rete idrografica. N. Aree Protette: 28 Nome Riserva Naturale Riserva naturale della Lanca di San Michele Riserva naturale della Lanca di Santa Marta e della Confluenza del Banna Parco naturale della Collina di Superga Riserva naturale dell'Isolotto del Ritano Riserva naturale Arrivore e Colletta Riserva naturale dell'Oasi del Po morto Riserva naturale dell'Orco e del Malone Riserva naturale del Bosco del Vaj Riserva naturale del Meisino e dell'Isolone Bertolla Riserva naturale del Molinello Riserva naturale del Mulino Vecchio Riserva naturale Le Vallere Riserva naturale della Confluenza del Maira Riserva naturale della Confluenza della Dora Baltea Riserva naturale della Palude di San Genuario Riserva naturale delle Sponde fluviali di Casale Monferrato Riserva naturale del Torrente Orba Riserva naturale di Castelnuovo Scrivia Riserva naturale del Boscone Riserva naturale del Bric Montariolo Riserva naturale di Fontana Gigante Riserva naturale di Ghiaia Grande Riserva naturale Isola di Santa Maria Riserva naturale della Confluenza del Sesia e del Grana e della Garzaia di Valenza Riserva naturale della Confluenza del Tanaro Parco naturale del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino
Nome vecchio ente Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
Area ha 236,74
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
164,44
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
801,95 252,63 206,22 502,67 312,82 71,76
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
245,017
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
241,99 203,62 129,80 183,27
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
1614,87
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
301,087
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
119,04
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
257,49 39,54 610,93 65,10 189,08 462,01 765,86
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
2664,09
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
1035,56
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
591,84
Superficie totale Aree protette(ha)
12269,45
Numero Sic, Zsc e ZPS: 20 + 9 Nome Sic o Zsc
Nome vecchio ente
Area ha
Mulino Vecchio (fascia fluviale del Po)
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
413,85
Collina di Superga
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
746,75
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Bosco del Vaj e "Bosc Grand"
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
1346,96
Lanca di Santa Marta (Confluenza Po Banna)
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
164,09
Confluenza Po - Maira
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
178,09
Confluenza Po - Orco - Malone
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
312,06
Baraccone (confluenza Po - Dora Baltea)
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
1573,76
Lanca di San Michele
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
227,70
Po morto di Carignano
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
502,60
Isolotto del Ritano (Dora Baltea)
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
252,80
Fontana Gigante (Tricerro)
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
310,46
Sponde fluviali di Palazzolo vercellese
SIC
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
242,76
Torrente Orba
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
505,713
Basso Scrivia
SIC
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
920,48
Bric Montariolo
SIC
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
545,33
Ghiaia Grande (Fiume Po)
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
462,31
Palude di S. Genuario
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
425,75
Confluenza Po - Sesia - Tanaro
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
4061,23
Isola di Santa Maria
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
720,67
Bosco della Partecipanza di Trino
ZSC Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
1074,73
14988,13
Nome ZPS
Nome vecchio ente
Area ha
Lanca di San Michele
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
227,70
Po morto di Carignano
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
502,69
Lanca di Santa Marta (confluenza Po-Banna)
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
164,09
Baraccone (confluenza Po-Dora Baltea)
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
1573,75
Meisino (confluenza Po-Stura)
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
244,77
Confluenza Po - Orco - Malone
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
312,06
Isolotto del Ritano (Dora Baltea)
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
252,80
Paludi di San Genuario e San Silvestro
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
1247,62
Fiume Po - tratto vercellese alessandrino
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
14107,43 18632,92
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Estensione aree contigue:
Estensione area contigua (ha)
Ente di gestione delle aree protette del Po e della Collina torinese
9896,35
Ente di gestione delle aree protette del Po vercellese-alessandrino
12541,67
Po unico
22438,02
Numero provincie: 4 Alessandria, Cuneo, Torino e Vercelli Numero comuni con aree protette: 50 Brandizzo, Brusasco, Carignano, Carmagnola, Casalgrasso, Castagneto Po, Cavagnolo, Chivasso, Cigliano, Crescentino, La Loggia, Lauriano, Lombriasco, Mazzè, Moncalieri, Monteu Da Po, Pino Torinese, Rondissone, Saluggia, San Mauro Torinese, San Sebastiano Da Po, Torino, Torrazza Piemonte, Verolengo, Verrua Savoia, Villareggia, Villastellone, Crescentino, Moncestino, Fontanetto po, Trino, Tricerro, Camino, Morano sul Po, Pontestura, Casale Monferrato, Frassinetto Po, Valmacca, Bozzole, Valenza, Pecetto di Valenza, Bassignana, Alluvioni Cambiò, Castelnuovo Scrivia, Isola San'Antonio, Casal Cermelli, Bosco Marengo, Predosa, Capriata d'Orba; solo con sic/zps: 11 Rivalba, Casalborgone, Palazzolo Vercellese, Gabiano, Livorno Ferraris, Fresonara, Basaluzzo, Coniolo, Pomaro Monferrato, Molino dei Torti, Guazzora; tot: 61
Fig.11 -Schema grafico riassuntivo dell’impronta territoriale del Po Piemontese (nelle aree buffer indicati rispettivamente le aree riconosciute della Riserva della Biosfera CollinaPo Unesco MaB in giallo, e l’area Turistica del tratto vercellese alessandrino in arancio)
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Sotto il profilo degli strumenti di pianificazione l’Ente di gestione si trova in una condizione di mantenimento in vigenza dello strumento del IL SISTEMA DEL PO ORFANO Piano d’Area della Fascia fluviale del Po (di seguito PAFFPo), che era stato DI UNO STRUMENTO UNITARIO specificamente individuato nella precedente legislazione regionale, ora abrogata, per il complesso territoriale del corso del Po (L.R. 12/90). Il comma 12 dell’art. 26 prevede infatti che “12. Sino a nuova determinazione dell'autorità competente, sono fatti salvi ed esplicano tutti i loro effetti, anche con riferimento alle aree contigue e alle zone naturali di salvaguardia, i piani di area vigenti o adottati al momento dell'entrata in vigore del presente titolo. “
Il Piano d’area, infatti, come confermato dalla legislazione attuale, è strumento solamente previsto per le aree protette classificate a Parco naturale, che nel caso speciale del Po venne con la legge n. 28 del 1990 venne per contro esteso al complesso della fascia fluviale in ragione della sua particolare complessità, nonostante gli istituti di protezione vennero riferiti alle Riserve naturali collegate tra di loro da una fascia di Zone di salvaguardia. Oggi l’assetto normativo, non avendo più riconosciuto il rango di strumento di speciale al PAFFPo, determina pertanto una vigenza in parte extra lege, ed affidata a determinazioni dell’amministrazione stessa.
Art. 15. (Strumenti di pianificazione territoriale) - 1. Il Sistema delle aree protette della Fascia fluviale del Po e' regolato dal Piano di area e dagli strumenti di pianificazione specifica e secondo le articolazioni di cui al presente articolo. 2. La Giunta Regionale predispone, per tutto il territorio di cui alla presente legge, un Piano di area, costituente a tutti gli effetti stralcio del Piano Territoriale ed avente effetto di Piano ai sensi della legge regionale 3 aprile 1989, n. 20, formato ed approvato secondo le procedure di cui ai commi 4, 5, 6 e 7. 3. Il Piano di area del Sistema delle aree protette della Fascia fluviale del Po e' strumento unitario di pianificazione territoriale ma può essere approvato per tratti secondo le articolazioni territoriali di cui al comma 1 dell'art. 5. 4. Il Piano di area e' formato sulla base degli elementi e degli indirizzi contenuti negli elaborati predisposti per la formazione del Progetto Territoriale Operativo di cui alla deliberazione del Consiglio Regionale n. 145-6552, dell'8 maggio 1986: parte integrante del Piano di area e' un Piano settoriale, redatto a norma delle vigenti leggi nazionali e regionali, contenente gli indirizzi per la regimazione delle acque e per la sistemazione delle sponde. 5. La Giunta Regionale, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, adotta il Piano di area e lo trasmette ai Comuni ed alle Province interessate, agli Enti di cui all'art. 5, al Consiglio Generale di cui all'art. 7 e al Comitato Tecnico Scientifico di supporto alla politica regionale dei Parchi e ne da' notizia sul Bollettino Ufficiale della Regione con l'indicazione della sede in cui chiunque può prendere visione degli elaborati. 6. Entro 90 giorni i soggetti di cui al comma precedente fanno pervenire le proprie osservazioni alla Giunta Regionale. Entro lo stesso termine gli Enti pubblici, le Organizzazioni e le Associazioni economiche, culturali e sociali, nonché' le
Amministrazioni dello Stato e le Aziende a partecipazione pubblica interessate possono far pervenire le proprie osservazioni alla Giunta Regionale. 7. La Giunta Regionale entro i successivi 90 giorni, esaminate le osservazioni di cui al comma precedente, provvede alla predisposizione degli elaborati definitivi del Piano di area e, sentito il Comitato Urbanistico Regionale e la Commissione Regionale per la tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, sottopone gli atti al Consiglio Regionale per l'approvazione. 8. Le indicazioni contenute nel Piano di area e le relative norme di attuazione sono efficaci e vincolanti dalla data di entrata in vigore della deliberazione del Consiglio Regionale e si sostituiscono ad eventuali previsioni difformi degli strumenti urbanistici comunali. 9. Il Piano di area individua le porzioni di territorio di interesse forestale sulle quali debbono essere redatti appositi Piani di assestamento forestale. 10. I Piani di assestamento forestale di cui al comma precedente fissano le norme relative all'utilizzazione del patrimonio boschivo e sono redatti ai sensi della legge regionale 4 settembre 1979, n. 57. 11. Le aree istituite con la presente legge a Riserva naturale o Area attrezzata sono oggetto di apposito Piano naturalistico predisposto a norma dell'art. 8, comma 2, della legge regionale 4 settembre 1979, n. 57.
Chiarito il quadro di riferimento, l’amministrazione del Po torinese ha deciso di avviare un primo monitoraggio dello stato di attuazione dello strumento nel caso del tratto torinese che ha avuto assetto di approvazione riassunto nella tabella seguente:
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E’ bene anche ricordare che il Piano d’Area del Sistema di salvaguardia della Fascia fluviale del Po è stato formato secondo le procedure stabilite dalla L.R. n. 12/90 e s.m.i. che ne ha vincolato l’impianto al Progetto territoriale Operativo Po Progetto Po, che è stato formato ai sensi dell’art. 8 ter e segg. della L.R, n. 56/77 e s.m.i., costituendo stralcio del Piano Territoriale Regionale (PTR) e Piano paesistico. L’approvazione del PTO del Po è avvenuta anch’essa con la Deliberazione del Consiglio Regionale del Piemonte n. 981-4186 del 8 marzo 1995.
ADEGUAMENTI E STATO DI COGENZA DEL PIANO AD OGGI
Infine con le Deliberazioni del Consiglio Regionale del Piemonte è invece stato approvato il Piano d’Area del Sistema di salvaguardia della Fascia fluviale del Po per il territorio protetto in allora corrispondente con i confini fissati dalla legge regionale istitutiva del 1990 previsto dalla L.R. n. 28 del 27 aprile 1990 e formato secondo le procedure stabilite dalla L.R. n. 12/90 e s.m.i.. Con la L.R. n. 65/95 la perimetrazione è stata poi modificata, dando luogo ad ampliamenti che ad oggi sono stati aggiornati estendendone il Piano d’Area così come di seguito descritto:
1. Per il tratto dell’Ente di gestione del Parco fluviale del Po tratto cuneese, gli ampliamenti del 1995, alla data del 1.1.2004, non sono stati aggiornati al Piano d’Area. 2. Per il tratto dell’Ente di gestione del parco fluviale del Po tratto torinese, gli ampliamenti del 1995, alla data del 1.1.2004, risultano tutti adeguati con approvazione definitiva del Piano (costituito dai seguenti 4 stralci per i quali sono riportati di seguito gli atti amministrativi relativi) avvenuta con Deliberazione del Consiglio Regionale del Piemonte n. 243-17401 del 30.5.2002: 3. Per il tratto dell’Ente di gestione del parco fluviale del Po tratto vercellesealessandrino, gli ampliamenti del 1995, alla data del 1.1.2004, non sono stati aggiornati al Piano d’Area. Nel quadro di riferimento normativo corre anche l’obbligo di richiamare la questione del Piano paesaggistico regionale che è stato approvato con D.C.R. n. 233-35836 del 3 ottobre 2017 sulla base dell’Accordo, firmato a Roma il 14 marzo 2017 tra il Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC) e la Regione Piemonte, e che prevede che gli strumenti di pianificazione delle aree protette provvedano al loro adeguamento ai sensi dell’art, 145 comma 4 del Codice del Paesaggio.
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2. L’attività di analisi.
I 4 AMBITI DI ANALISI DELL’ATTUAZIONE DEL PIANO E LE SUE INTEGRAZIONI
Il mandato di lavoro progettuale assegnato e richiamato già in premessa, prevede una attività che si articola nei seguenti 4 campi di lavoro che hanno come area di riferimento territoriale il sistema di pianificazione del tratto torinese del Po comprendente un ambito pianificato oggi vigente che interessa riserve naturali ed aree contigue:
1. individuazione delle parti del Piano d’Area del Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale del Po (PdA) che devono essere sottoposte ad aggiornamento poiché, dopo quasi 25 anni dall’entrata in vigore, sono state attuate o sono da ritenersi non più adeguate o, ancora, sono da modificare perché inattuabili nella forma inizialmente prevista; 2. analisi delle schede progettuali allegate alle Norme di Attuazione del PdA e dei relativi schemi grafici illustrativi per valutare, alla luce della situazione attuale, quale e quanta parte delle previsioni ivi indicate sia stata completata e cosa rimanga da completare;
3. proposte per l’inserimento, nel PdA, di obiettivi, di schede progettuali o di nuove parti che rispondano alle mutate esigenze del contesto territoriale e istituzionale entro cui si colloca il Piano; 4. individuazione di linee guida propedeutiche alla stesura del Piano socioeconomico del futuro Parco naturale del Po piemontese, per definirne gli aspetti procedurali e delinearne le fasi attuative, a partire dalla documentazione già prodotta in passato dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese e dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po vercellese-alessandrino; Per ognuna delle singole attività è descritta di seguito la metodologia di verifica che si intende adottare e gli aspetti connessi di natura generale. A premessa occorre tuttavia annotare come le attività prima descritte interessino un’area composta da riserve naturali per circa 5200 ettari di estensione e da aree contigue per complessivi 9900 ettari di estensione, ovvero i territorio di afferenza al tratto torinese anche se le stesse non potranno che avere effetti sul sistema generale del PAFFPo che si connota per la sua unicità di stesura e processi di approvazione. 5
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Nel diagramma qui indicato si può infatti constatare come da un lato, le attività connesse al PPES si debbano collocare in una fase precedente alle PIANO ECONOMICO attività di nuova progettualità del PAFFPo, dovendo preventivamente SOCIALE E PIANO individuare gli assi strategici di programmazione ai sulla pianificazione deve TERRITORIALE INTEGRATI dare continuità ed attuazione nei modelli di uso del suolo previsti. Dall’altro gli esiti dell’analisi alla scala del torinese debbono poi confrontarsi più in generale con gli aspetti territoriali di tutto il tratto piemontese sotteso dal Piano. Per tali ragioni lo schema di sviluppo del processo è organizzato a partire dal report sull’attuazione delle schede progettuali associato all’analisi delle parti del Piano non attuate ed alle relative motivazioni (1 e 1’), per poi passare al tema delle linee guida per il PPES (2) e quindi alle rispettive parti di proposte di temi d’aggiornamento relativi alla normative ed a nuove schede progettuali da proporre (3 e 4) . Una ultima parte riguarda sia l’aspetto dell’estensione dell’analisi a tutto il territorio del Po sotteso dal PAFFPo, sia le proposte di aggiornamento del Piano che coinvolgono tutto il sistema di protezione del Po (5). Tale attività di verifica dello stato di attuazione avrebbe dovuto poggiare la sua specifica definizione su quanto previsto dalla stessa normativa di attuazione del Piano d’Area in merito alle attività di monitoraggio. In materia una parte delle Nda stabiliscono una serie di attività dal previste TITOLO IV della normativa. Le prime afferiscono al tema strettamente attuativo, individuando alcuni strumenti specifici per consentire di porre in pratica la stessa attuazione, che sono tuttavia aspetti che verranno esaminati nella parte del paragrafo 2.4. Le seconde sono invece direttamente legate al monitoraggio dello stato di attuazione del Piano. Legate a queste ultime azioni, ma non previste dalla normativa di attuazione del Pda ma da quella legislativa regionale che le ha introdotte ex IL MONITORAGGIO: IL lege, vi è poi il tema dell’espressione del parere preventivo, obbligatorio ma PERCORSO DEL PARERE OBBLIGATORIO non vincolante, con il quale gli enti gestori dei sistemi di aree protette hanno, dal 1995 sino al 1.1.2012, controllato tutti gli interventi previsti nella Fascia fluviale, e dal 1.1.2012 quelli previsti all’interno delle sole aree protette (escluse le cd Aree contigue) e limitatamente ai “nuovi interventi”. Limitazione questa che successivamente è stata di nuovo ed ancora oggetto di intervento legislativo recente che ha reintrodotto il parere obbligatorio anche per le Aree contigue, ma sulla base di una specifica direttiva applicativa da approvarsi con deliberazione della Giunta regionale. Per le previsioni stabilite dalle NdA del Piano all’ Art. 4.2. Sistemi informativi e valutativi, si prevedeva quanto segue: IL SISTEMA DI MONITORAGGIO INTERNO DEL PIANO: UNA AZIONE NON ATTUATA
1. Il Piano prevede che il processo d'attuazione sia assistito da controllo continuo delle condizioni ambientali nella fascia territoriale di competenza e degli effetti determinati dagli interventi attuati e proposti. A tale fine: a) prevede la costituzione di sistemi informativi e di reti di monitoraggio atti a sorvegliare l'evoluzione delle condizioni ambientali;
b) prevede l'aggiornamento periodico delle valutazioni di stato e di qualità dell'ambiente, con riferimento alle zone di cui all'art. 2.3. delle presenti Norme; c) individua gli interventi che, indipendentemente dalle determinazioni normative nazionali e regionali in materia di valutazione d'impatto ambientale, devono essere sottoposti a preventive verifiche di compatibilità. Inoltre al fine di assicurare l'aggiornamento continuo delle informazioni relative alle condizioni ambientali e il controllo delle condizioni di carico e di criticità, il Piano prevede l'impianto di opportuni sistemi di monitoraggio facenti capo ad un'apposita banca dati, anche in connessione con le reti di controllo stabilite a livello di bacino. Per quanto attiene il monitoraggio delle risorse idriche, il Piano recepisce e prevede il completamento della rete di rilevamento già avviata con il progetto regionale Marius (Monitoraggio Ambientale Risorse idriche, Utenze, Scarichi). Tali sistemi possono essere estesi anche fuori dell'ambito di operatività diretta e devono riguardare in particolare: a) le condizioni ambientali naturalistiche della fascia fluviale (caratteristiche idrometriche, freatimetriche, fisiche, chimiche e biologiche delle acque, ittiofauna, erpetofauna, ornitofauna e teriofauna), con particolare riguardo per i grandi laghi di cava abbandonati; b) le condizioni d'uso della fascia fluviale, con particolare riferimento alle aree ricreative a diversa utilizzazione; d) le condizioni d'uso delle aree interessate da grandi insediamenti industriali. La banca dati deve essere integrata nel sistema informativo territoriale ambientale (SITA) della Regione. Le previsioni di attività di monitoraggio proseguono indicando che la Regione, d'intesa con l'Ente di gestione, procede periodicamente all'aggiornamento delle valutazioni di stato e di qualità dell'ambiente nella fascia fluviale, con riferimento alle procedure valutative adottate in sede di studi per il Piano e all'articolazione in zone di cui all'art. 2.3. a valutazione è operata considerando, per ogni zona: - la qualità ambientale, in base alla rarità delle risorse o degli ecosistemi presenti, al ruolo più o meno strutturale da essi svolto, alla loro rinnovabilità; - lo stato dell'ambiente, in base alla fragilità o vulnerabilità delle risorse o degli ecosistemi presenti ed al tipo ed all'intensità delle pressioni cui sono sottoposti. La valutazione è operata distintamente sotto i diversi profili (naturalistico, agricolo, paesistico-percettivo, storico-culturale) e riassunta in giudizi complessivi di qualità e di criticità. Sono considerate particolarmente sensibili le zone che presentano alta qualità sotto tutti i profili, ovvero alta qualità sotto uno dei profili in condizioni di criticità. L'aggiornamento delle valutazioni può essere operato anche parzialmente quando si presenti la necessità di verificare la compatibilità di rilevanti interventi di pubblico interesse. Occorre rilevare che purtroppo tutta questa attività prevista non è stata eseguita e lo schema di variazione delle condizioni suddiviso per zone non è stato redatto. Per quanto attiene agli strumenti di monitoraggio stabiliti con l’istituto del parere espresso dagli Enti gestori delle aree protette, qui invece l’attività è stata particolarmente
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intensa ed articolata dando anche luogo ad esperienze di gestione interessanti quali ad esempio l’istituzione delle Commissioni di esame dei pareri. Per tale parte il lavoro svilupperà un capitolo specifico essendo anche stati prodotti lavori di analisi in merito, dai quali si evince tuttavia anche un aspetto non positivo legato all’assenza di uno scambio di esperienze e di coordinamento tra le attività dei tre enti gestori che hanno svolto in termini separati tali attività, senza che l’amministrazione regionale sviluppasse una attività di raccordo. Relativamente a questo insieme corposo di attività di natura attuativa e monitorativa dello sviluppo dell’attività di verifica condurrà una attenta analisi, anche sviluppando verifiche parallele legate ad altre attività di politiche ambientali poste in essere dalla Regione Piemonte. Merita a tale proposito anche richiamare le modalità applicative dell’istituto del parere sviluppate attraverso i modelli della manualistica di Piano (argomento particolarmente sviluppato con l’esperienza successiva del Piano paesaggistico regionale) e che costituisce esperienza da riprendere a livello di nuovi strumenti previsti.
2.1 Analisi delle schede progettuali allegate alle Norme di Attuazione del PdA e dei relativi schemi grafici illustrativi per valutare, alla luce della situazione attuale, quale e quanta parte delle previsioni ivi indicate sia stata completata e cosa rimanga da completare. L’ATTUAZIONE DELLE SCHEDE PROGETTUALI
Per l’analisi delle schede progettuali del piano la metodologia scelta prevede di sviluppare le seguenti attività di reporting individuate per ognuna delle diverse previsioni individuate nelle schede e distinte nelle due categorie degli Interventi direttamente realizzabili e di quelli soggetti a verifica di compatibilità ambientale ed al parere dell'Ente di Gestione. E’ importante richiamare come la normativa della NdA abbiano individuati le schede progettuali come di seguito indicato:
Un dato tuttavia e purtroppo emerge su tutti: l’attività auspicata dalla normativa che prevedeva una azione di intesa della Regione con i tre enti gestori, nel suo insieme non è stata svolta, nemmeno per quelle parti legate alla verifica congiunta delle modalità di gestione degli stessi pareri obbligatori, esterni alla normativa delle Nda.
3. Il Piano individua ambiti nei quali gli interventi da effettuare sono coordinati e specificati in relazione alla complessità delle trasformazioni attese e/o alla criticità delle situazioni in atto. Gli interventi e le azioni da compiersi entro detti ambiti sono individuati nelle apposite schede progettuali (1-16), corredate da schemi grafici illustrativi in scala 1/10.000, poste in calce alle presenti norme. Tali schemi grafici costituiscono cartografia di riferimento e di dettaglio nel caso si riscontrino discrasie con le Tavole in scala 1/25.000. 4. Le Schede definiscono per ciascun ambito: a) gli interventi direttamente realizzabili, purché conformi alle indicazioni delle schede stesse e alle indicazioni localizzatrici dei relativi schemi grafici; b) gli interventi soggetti a studio di verifica di compatibilità ambientale ai sensi dell'art. 4.2. 5. Le indicazioni delle schede progettuali e degli schemi grafici di cui al comma 3 possono essere variate, senza che ciò costituisca variante al Piano, ai fini di una miglior aderenza alle situazioni effettivamente in atto, di una più efficace rispondenza agli obiettivi progettuali o della più razionale fattibilità economica degli interventi, sulla base di adeguate motivazioni e di approfondimenti analitici e progettuali, purché: a) sia garantita la sicurezza idraulica ed idrogeologica, anche alla luce degli approfondimenti indicati dal Piano a tale proposito, nonché delle ulteriori indicazioni dell'Autorità di Bacino;
b) siano garantiti gli obiettivi di riqualificazione ambientale, ecologica e paesistica individuati dalle schede progettuali; c) non sia pregiudicata l'organizzazione complessiva dell'ambito, né i confini del medesimo, soprattutto ai fini della fruibilità e della funzionalità pubblica e con particolare riferimento alla localizzazione di massima delle infrastrutture, degli impianti, delle attrezzature e dei percorsi d'interesse pubblico; d) siano rispettate tutte le altre norme del Piano, con particolare riferimento alle delimitazioni di cui al Tit. 2 delle presenti Norme. Le modifiche progettuali che interessino in modo non sostanziale il perimetro, la superficie e la profondità di scavo delle aree estrattive sono regolate dalle convenzioni di cui all'art. 3.10 delle presenti Norme. Le modifiche progettuali che interessino in modo sostanziale il perimetro, la superficie e la profondità di scavo delle aree estrattive sono regolate dalle convenzioni di cui all'art. 3.10 delle presenti Norme nel rispetto delle indicazioni del Piano di settore previsto dall'art. 2 della LR 69/78 o di suoi stralci operativi o, fino all'approvazione di questo, da strumenti urbanistici generali o esecutivi di cui all'art. 32 della LR 56/77, adeguati al presente Piano. Questi ultimi potranno altresì prevedere modifiche sostanziali agli spazi pubblici, ai percorsi ed agli impianti.
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Le attività previste sono le seguenti: MODALITA’ DI ANALISI DELLE SCHEDE PROGETTUALI
1. Descrizione generale stato dei luoghi attuale con confronto stato dei luoghi Ortofoto 1998-1999 (CGR IT 2000)/ World Imagery (ESRI), corredato di analisi dello stato di consumo del suolo a scala comunale di riferimento e analisi a campione dello stato locale per un ambito sotteso significativo con l’indice bioecologico.
2. Verifica stato di attuazione. Interventi progettati Interventi eseguiti
Stato manutentivo e di gestione
3. Giudizio finale di attuazione della scheda secondo una scala di qualità che prevede 4 livelli (0 – nessuna azione realizzata, 1 – scarsa attuazione, 2 – parziale attuazione, 3 – buona attuazione, 4 – completa attuazione) Per quanto attiene al confronto sullo stato dei luoghi i dati utilizzati sono quelli derivati dalla consultazione online dei dati cartografici disponibili sul sito dell’ARPA Piemonte e sono riferiti agli standard Ortofoto 1998-1999 (CGR IT 2000)/ World Imagery (ESRI). (http://webgis.arpa.piemonte.it/geoportale/) (https://webgis.arpa.piemonte.it/Geoviewer2D/index.html?title=Arpa+Piemonte+-+Riprese+aerofotogrammetriche++Fotoindice+volo+GAI&resource=agsrest%3Ahttps%3A%2F%2Fwebgis.arpa.piemonte.it%2Fags101free%2Frest%2Fservices%2Fto pografia_dati_di_base%2FRiprese_aerofotogrammetriche_fotoindice_volo_GAI%2FMapServer)
con descrizione progetto e iter di attuazione, con parallelo e contestuale report fotografico dei luoghi con MAPPA PUNTI RIPRESE FOTOGRAFICHE e ATLANTE FOTOGRAFICO. Per quanto riguarda la descrizione generale stato dei luoghi e a corredo l’analisi dello stato di consumo del suolo a scala comunale di riferimento questa è condotta sulla base delle elaborazioni sviluppate dagli uffici della Città Metropolitana e gruppo di lavoro del PTCP2, con elementi tratti dalle analisi di ARPA Piemonte. Tale aspetto è ritenuto di articolare valore in quanto la definizione delle dinamiche al contesto della fascia fluviale, in una visione di bacino del Po, sono elementi che devono essere presi in considerazione, anche per dare spunti di ragionamento sui possibili aspetti di ricaduta del piano su ambiti immediatamente afferenti, niuna logica di visione sistemica del funzionamento del sistema territoriale locale.
Relativamente invece alla e analisi a campione dello stato locale per un ambito sotteso significativo con l’indice bioecologico, la una verifica degli indici ambientali locali viene prodotta sulla base della metodologia messa a punto da Politecnico di Torino con Uffici della Città metropolitana ed ENEA, che applica l’indice bioecologico basato su 5 indicatori ((naturalità, rilevanza per la conservazione, fragilità, estroversione, irreversibilità). Relativamente al report fotografico dei luoghi con MAPPA PUNTI RIPRESE FOTOGRAFICHE e ATLANTE FOTOGRAFICO questa parte intende utilizzare lo strumento della analisi territoriale a livello percettivo al fine di costruire una mappa dei luoghi non solo di scala classica ortogonale/aerea, ma anche legata alla percezione che le trasformazioni locali hanno determinato alla scala di paesaggio percettivo e delle relative viste locali. La produzione dei materiali è effettuata con fotocamera di Iphone 8plus, doppia e con stabilizzatore ottico da 12 Megapixel.
Figura 12 – Esempio carta strutturale indicatori (da A.Voghera)
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Figura 13 – Esempio visualizzazione caricamento immagini di documentazione dei luoghi su google maps
Per una visualizzazione che possa poi essere anche oggetto di condivisione, il lavoro fotografico sarà gestito con caricamento su Google tramite la creazione di una mappa di mymaps dedicata, in cui saranno caricate le immagini realizzate nonché minivideo di documentazione. Le icone puntatori saranno differenziate per le diverse tipologie di oggetto ripreso:
intervento direttamente realizzato dall’Ente intervento realizzato da altro soggetto vista paesaggio
Tale ha peraltro visto una evoluzione metodologica e disciplinare importante sancita dal Piano Paesaggistico regionale e che quindi vede intrecci con la normativa in materia di Paesaggio del Piano d’Area. Infatti tra la manualistica del PPR è stato inserito il “LINEE GUIDA PER L’ANALISI, LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DEGLI ASPETTI SCENICO‐PERCETTIVI DEL PAESAGGIO” che forniscono una dettagliata descrizione degli aspetti di ricaduta locale percettiva della qualità degli interventi progettuali realizzati.
Figura 14 – La manualistica del PPR regionale sul tema della analisi percettiva del paesaggio. E’ utile richiamare a tale proposito che questo campo dell’analisi del territorio ha avuto anch’essa una importante evoluzione specie negli ultimi anni. Come testimonia Vittorio Curzel nel suo saggio “Fotografia, territorio, paesaggio: elementi per una strategia della memoria e del progetto “ : “La fotografia di paesaggio può essere utilizzata come strumento per osservare e analizzare la parte di territorio che vi è raffigurata, da punti di vista diversi, multidisciplinari e interdisciplinari. Tuttavia, nonostante il suo apparire, proprio in quanto fotografia, una fedele riproduzione del reale, si tratta di una fonte da interrogare piuttosto che da assumere acriticamente, sia confrontandola con altre tipologie di fonti (bibliografiche, cartografiche, documentali, orali) e con visite in loco, sia comparando immagini fotografiche dello stesso luogo, realizzate in tempi diversi o nello stesso momento, per motivazioni o con intenti differenti. Fatte queste promesse la fotografia si presenta come una fonte non solo utile, ma insostituibile. Le questioni da affrontare sono sostanzialmente due: - quali siano le modalità di attribuzione di significato e di valore a un paesaggio e alle sue rappresentazioni e i fattori che influenzano tale attribuzione, a livello individuale e sociale, nel corso del tempo e con riferimento all’essere o no nativi e/o abitanti di un dato luogo;
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- in qual modo si possa considerare la fotografia un documento, con riferimento ai suoi contenuti, ma anche al contesto della sua produzione e della sua fruizione.”(pg. 37).
sono stati alla base della ricerca e del lavoro del Prof. Carlo Socco nel suo saggio Il Paesaggio imperfetto”
E lo stesso Curzel evidenzia ancora il ruolo che l’amministrazione pubblica ha avuto nella storia della documentazione del territorio nel capitolo dedicato proprio alle campagne fotografiche sul territorio e la committenza pubblica: “ In Europa e nel Nord America, fin dai primi decenni della storia della fotografia, organismi statali ed enti pubblici di varia natura hanno commissionato la realizzazione di campagne fotografiche sul territorio. Il proposito che ha guidato tali iniziative era di indagare e documentare il territorio e la società in un dato momento della loro storia, registrandone da diversi punti di vista le trasformazioni in atto o, in previsione di cambiamenti profondi, documentandone lo stato a futura memoria.”
Esempi altri in merito alla documentazione che oggi è possibile produrre in materia di presa visione dello stato attuale delle aree sotto il profilo del loro stato di conservazione o trasformazione sono anche reperibili su piattaforme che sommano al loro interno masse di dati ancora più ricche edi consultazione esperta come ad esempio il progetto di Landscapefor coordinato dal Prof. Paolo Castelnovi.
Esempi sono presenti anche nel nostro paese con iniziative come ad esempio quella del MIUBACT con il Gabinetto Fotografico Nazionale. Come riportato dallo stesso portale del MIBACT, fotografare il paesaggio e i beni culturali è stato uno dei primi utilizzi della fotografia. A pochi anni dalla sua invenzione (1839), la documentazione fotografica del paesaggio e dei monumenti fu una pratica messa in atto da molti Paesi, dall’Europa agli Stati Uniti, che intravidero nell’uso del nuovo “mezzo” una possibilità straordinaria di mappare il territorio con fini di ricognizione, tutela e catalogazione, attivando a tale scopo una serie di campagne fotografiche ritenute ancora oggi fondamentali. Anche in Italia fu adottato questo approccio e, nel 1895, venne istituito un Gabinetto Fotografico proprio con l’intento di documentare lo smisurato patrimonio storico, artistico e paesaggistico del Paese da poco unificato. Da allora il Gabinetto Fotografico non ha mai interrotto la sua attività e, attraversando diverse vicende storiche e molteplici riassetti istituzionali, è confluito nel 1975 nell’attuale ICCD, di cui costituisce appunto uno dei nuclei principali. L’interazione tra l’archivio storico e la fotografia contemporanea è uno dei cardini della ricerca che l’ICCD sta portando avanti dal 2011 per contribuire al dibattito, più che mai attuale, su significato, usi e lettura delle raccolte fotografiche nella contemporaneità. In proposito è infine molto utile richiamare il tema della stessa rappresentazione cartografica del materiali di piano che oggi presenta una particolare sovrapposizione fra utilizzo dell’immagine in termini multipli ovvero zenitale, o attraverso le riprese con drone o con gli strumenti delle immagini a 360 altrimenti dette dei “virtual tour” .Rispetto agli annidi redazione del Piano la tecnologia in proposito ha fatto passi da gigante in avanti e sul tema è importate ricordare la convenzione in essere tra l’Ente Parco e il Politecnico di Torino con il corso del Prof. Gabriele Garnero, che ha già sviluppato dei risultati di natura pilota nella documentazione del territorio protetto.
Figura 15 – Il Quaderno del pianificatore messo a punto dal Politecnico di Torino prof. Garnero
E’ da richiamare in proposito lo strumento del Quadernetto del Pianificatore sviluppato proprio dal Dipartimento del Politecnico di Geomatica che fornisce un primo esempio di quali strumenti oggi siano sulla scrivania dell’urbanista e di come questi possano modificare le stesse visioni operative e di elaborazione nella costruzione di un progetto di pianificazione. D’altro canto sulla questione del valore “finale” che le opere di trasformazione del territorio hanno rispetto agli usi ed alla dimensione percettiva dell’abitante o del frequentatore del paesaggio (gli indiser e outside di Eugenio Turri) è anche utile richiamare i forti legami che
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In merito invece al giudizio finale di attuazione della scheda secondo una scala di qualità che prevede 4 livelli (0 – nessuna azione realizzata, 1 – scarsa attuazione, 2 – parziale attuazione, 3 – buona attuazione, 4 – completa attuazione ), questa verifica la si ritiene utile e necessarie al fine di poter dare una lettura di sintesi che permetta di poter comprendere anche ad un livello generale e di immediata comunicazione lo stato dell’arte sull’operatività del piano. Per facilitare
ulteriormente la visualizzazione ogni scheda verrà pertanto anche visualizzata su mappa con un colore di riferimento come da legenda che segue:
0 – nessuna azione realizzata 1 – scarsa attuazione 2 – parziale attuazione 3 - buona attuazione 4 – completa attuazione Le schede progettuali per l'area della Fascia fluviale del Fiume Po sono le seguenti, e sono elencate di seguito (evidenziate quelle ricadenti nel tratto torinese): 1 - Comune di Isola S.Antonio (Zone interessate: 7T, 8N1, 9A2) 2 - Comune di Bassignana (Zone interessate: 19A2, 23T, 26A3, 30U1, 31A3) 3 - Comune di Valenza (Zone interessate: 32A2, 36T, 37U1, 38A3, 39A3) 4 - Comune di Casale Monferrato (Zone interessate: 78A2, 80T, 81T, 83N3) 5 - Comune di Casale Monferrato (Zone interessate: 87T, 88T, 89N3, 90A2) 6 - Comune di Chivasso (Zone interessate: 174T, 178N3, 180N3) 7 - Comuni di S.Mauro e Settimo (Zone interessate: 197N3, 199U1, 200A2, 201U2) 8 - Comune di Torino (Zone interessate: 202N2, 204T, 205T, 206N2, 207T, 208T) 9 - Comuni di Torino, Moncalieri e Nichelino (Zone interessate: 211N2, 212T, 214N2) 10 - Comune di Moncalieri (Zone interessate: 220N3) 11 - Comune di La Loggia (Zone interessate: 221T, 221bisT, 223A1) 12 - Comuni di La Loggia e Carignano (Zone interessate: 227A1, 228T, 232A2) 13 - Comune di Carignano (Zone interessate: 235N3) 14 - Comuni di Carignano e Carmagnola (Zone interessate: 235N3) 15 - Comuni di Carignano e Carmagnola (Zone interessate: 239A2, 240A3, 241N1, 243N3) 16 - Comuni di Casalgrasso, Faule e Polonghera (Zone interessate: 252A2, 254T, 255A3, 256A2
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Infine occorre sottolineare che l’attività di analisi nel suo complesso, come anche le considerazioni che andranno a comporre l’insieme del lavoro qui esposto, sono condotte con l’ausilio e il supporto di confronto degli istituti di ricerca dell’area torinese come L’istituto
Ricerche Economiche e sociali della Regione Piemonte (IRES), l’Istituto per le piante da legno e l’Ambiente (IPLA), il Politecnico di Torino in varie articolazioni e professionalità intende nonché l’Università di Torino.
2.2 - Individuazione delle parti del Piano d’Area del Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale del Po (PdA) che devono essere sottoposte ad aggiornamento poiché, dopo quasi 25 anni dall’entrata in vigore, sono state attuate o sono da modificare perché inattuabili nella forma inizialmente prevista.
2.6 Zone U, urbanizzate 2.7 Zone T, di trasformazione 2.8 Tabella riepilogativa degli usi, delle modalità e delle condizioni di intervento, per zone
AZIONI MILTIPLE DEL PIANO OGGI SVILUPPATE DA ALTRI STRUMENTI
A 25 anni dall’approvazione del PAFFPo si sono avvicendate una serie di procedure inerenti piani e programmi che hanno avuto effetti diretti e indiretti sull’attuazione degli obiettivi dello strumento. Sotto questo profilo per quanto attiene soprattutto e in specifico le parti che sono state attuate, occorre fare una analisi
specifica. Appare importante richiamarle qui in quanto la natura omnicomprensiva del Piano d’Area, mutuata dall’approccio integrato e sistemico del PTO Progetto Po, ha visto l’inserimento nei suoi obiettivi di argomenti e temi che negli anni ’80 non erano affrontati praticamente da nessun strumento di governo territoriale. Lo testimonia la stessa articolazione dei temi definita nell’indice delle Norme di Attuazione del Piano: INDICE DEL PIANO 1. Norme generali 1.1 Norme generali di tutela 1.2 Efficacia e campo d'applicazione 1.3 Contenuti ed elaborati 1.4 Finalità ed obiettivi 1.5 Strategie ed opzioni di fondo 1.6 Categorie normative 2. Norme per ambiti territoriali 2.1 Articolazione in fasce ed in zone 2.2 Fascia di pertinenza fluviale (FPF) 2.3 Classificazione delle zone 2.4 Zone N, di prevalente interesse naturalistico 2.5 Zone A, di prevalente interesse agricolo
3. Norme per particolari categorie di risorse, d'opere e d'attività 3.1 Opere di sistemazione e difesa idraulica 3.2 Uso e qualità delle acque 3.3 Aree ed elementi di interesse naturalistico 3.4 Gestione forestale 3.5 Gestione faunistica 3.6 Aree ed attività agricole, aree verdi 3.7 Aree ed elementi di specifico interesse storico, artistico, culturale e paesaggistico 3.7.1 Centri e nuclei storici 3.7.2 Beni Culturali isolati e loro pertinenze 3.7.3 Siti di interesse archeologico 3.7.4 Aree ed elementi di specifico interesse paesaggistico ambientale 3.8 Strade, percorsi e circuiti d'accesso e di fruizione 3.9 Impianti, attrezzature turistiche, sportive e del tempo libero, strutture d'interesse dell'area protetta 3.10 Aree ed attività estrattive 3.11 Aree degradate ed insediamenti marginali, insediamenti arteriali 3.12 Infrastrutture, impianti ed attrezzature tecnologiche, impianti produttivi 4. Norme di gestione 4.1 Strumenti attuativi 4.1.1 Piano di regimazione delle acque e di sistemazione delle sponde 4.1.2 Ambiti d'integrazione operativa 4.1.3 Schede progettuali e schemi grafici 4.2 Sistemi informativi e valutativi 5. Norme finali 5.1 Norme finali
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Solo a partire dagli anni ’90 si avviano tutta una serie di procedure di approvazione di piani settoriali che però vedranno la luce solo negli anni 2000. Ecco che quindi non si può valutare l’efficacia di un piano se le sue materie sono state poi assunte e prese incarico da strumenti che hanno preso ad ampie mani proprio dalla sua origine, per poi svilupparne l’attuazione secondo altri percorsi di natura pianificatoria.
Art. 1.4. Finalità ed obiettivi 1. Le finalità generali che il Piano persegue sono la tutela e la valorizzazione ambientale, ecologica e paesaggistica, la qualificazione in tal senso dell'attività agricola, la promozione e il miglioramento dell'utilizzazione culturale, ricreativa e sportiva del fiume, delle sue sponde e dei territori limitrofi di particolare interesse a questi fini; nonché, in relazione a tali scopi, la razionalizzazione dello sfruttamento economico delle risorse e il miglioramento della qualità delle acque e della sicurezza idrogeologica nei territori interessati. 2. Per tali fini, il Piano articola i propri obiettivi in funzione di: a) la tutela e la riqualificazione paesaggistica ed ambientale, con la ricostruzione e la rinaturalizzazione degli ambienti degradati, il recupero e la salvaguardia delle risorse idriche; b) la riorganizzazione urbanistica e territoriale, col miglioramento selettivo dell'accessibilità e delle reti di fruizione, la disciplina degli usi del suolo nelle fasce spondali, il recupero e la valorizzazione degli impianti, delle attrezzature e dei servizi per la fruizione delle risorse fluviali; c) il coordinamento e l'orientamento per le finalità su indicate, delle politiche settoriali coinvolte, in particolare per l'uso e la qualità delle acque, per le attività agricole, per le attività estrattive, per il riassetto idrogeologico, per la navigabilità, per il turismo e il tempo libero.
Art. 1.5. Strategie ed opzioni di fondo Le strategie da attuare per perseguire gli obiettivi di cui all'art. 1.4 sono coordinate a livello interregionale ai sensi della L.183/89. Il coordinamento interregionale riguarda la sistemazione idraulica del fiume e dei suoi affluenti, il risanamento, il disinquinamento e la tutela controllo degli usi del suolo, dell'assetto insediativo e dell'assetto infrastrutturale. 2. Nel quadro interregionale, le strategie da perseguire per la fascia fluviale tendono a: a) far passare le piene di dato ritorno senza rischio per le persone e con rischio calcolato e conveniente (in termini tecnici, economici ed ambientali) per le cose; b) proteggere in particolare luoghi e ambienti di riconosciuta importanza da sommersioni e da dissesti; c) contribuire ad evitare magre ed impoverimenti delle falde; d) permettere in modo vigile e sicuro l'evoluzione morfologica vitale; e) difendere la qualità dei corpi idrici; f) difendere i valori naturalistici e paesistici;
Sono chiaramente individuabili le finalità multiple che il Piano ha assunto a partire proprio dai primi articoli delle Norme di Attuazione che sancivano le finalità gli obiettivi e le strategie:
g) difendere la presenza e la vitalità degli insediamenti agricoli. 3. Per quanto di competenza dei rispettivi soggetti istituzionali, le linee strategiche sono orientate dalle seguenti opzioni di fondo, ordinate per priorità in ragione della maggiore o minore sostituibilità dei vari tipi di risorse, della loro vulnerabilità e sensibilità, del loro ruolo nelle relazioni di causalità od interdipendenza che caratterizzano gli ecosistemi fluviali: 1) restituire il più possibile al fiume la fascia fluviale, salvaguardarne al massimo la libertà di divagazione, ridurre al minimo le interferenze nella dinamica evolutiva del fiume e degli ecosistemi fluviali; 2) ridurre e prevenire l'inquinamento, riequilibrare il regime idrologico nei periodi di magra, recuperare e mantenere condizioni di naturalità negli scambi idrici fiume-falda, ridurre sprechi e cattivo uso delle risorse idriche, migliorare la qualità delle acque e dell'ambiente fisico; 3) salvaguardare le aree sensibili ed i sistemi di specifico interesse naturalistico, garantire la continuità ecologica della fascia fluviale; 4) salvaguardare la riconoscibilità della struttura storica del territorio, garantire la conservazione e promuovere la valorizzazione dei beni culturali; 5) salvaguardare le risorse agricole, rispettarne le aree ed i sistemi infrastrutturali e valorizzarne le attività, compatibilmente con le opzioni precedenti; 6) salvaguardare e migliorare la fruibilità sociale della fascia fluviale, l'accessibilità e percorribilità delle sponde e la navigabilità del fiume, compatibilmente con le opzioni precedenti e, in particolare, con le capacità di carico dei diversi ambienti; 7) salvaguardare la struttura percettiva del paesaggio fluviale, migliorarne la leggibilità, la varietà e la continuità d'immagine, compatibilmente con le opzioni precedenti.
I profili tematici sui quali si sono avvicendate una serie di iniziative sono: Sul fronte delle finalità idrauliche e dell’assetto geomorfologico del Po e del suo Bacino. Il processo di STRUMENTI ED AZIONI DI pianificazione del Bacino del Po che ha portato all’approvazione OGGI nel 2001 del PAI (Piano di assetto idrogeologico del Bacino del Po) che ha generalizzato per tutto il sistema idrografico sotteso il concetto della “fasciatura dei corsi d’acqua”, determinando effetti sull’applicazione dell’istituto della Fascia di pertinenza fluviale del Piano. Inoltre l’approvazione del PAI ha comportato a ricaduta l’adozione di una serie di direttive di attuazione come la Direttiva Sedimenti o la Direttiva Rinaturazione.
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Sul fronte dei programmi quadro o strategici. I grandi programmi di contesto quali Corona Verde, il Masterplan Po dei Laghi e forme di attuazione progettuale come i Programmi integrati di sviluppo locale PISL o i PTI Piani territoriali integrati, hanno portato negli anni nuove piattaforme strategiche ed attuative.
Sul fronte della pianificazione di scala sovracomunale intermedia. Nel corso degli anni 2000 si sono attuati una serie di strumenti di natura locale a valore di cogenza pianificatoria come il Piano territoriale comprensoriale della Provincia di Torino, oggi in revisione per adeguarlo alla normativa della legge cd Del Rio, che hanno sviluppato una serie nuova di ragionamenti ed indicazioni attuativi urbanistiche sulle tematiche della rete ecologica nonché sui temi delle misure compensative e di mitigazione.
Sul fonte della conservazione della Natura. L’attuazione di Direttive Comunitarie che ha portato alla approvazione di Rete Natura 2000 anche per l’Italia con la conseguente istituzione dei Siti di Interesse Comunitario che sono stati affidati alla diretta gestione dell’ente per i territori di competenza. SIC e ZPS sono individuati sulla base della presenza di specie animali, vegetali e habitat tutelati dalle Direttive comunitarie 79/409/CEE "Uccelli", sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE, e 92/43/CEE "Habitat". L'Italia ha recepito la Direttiva "Uccelli" con la L. 157/1992 e la Direttiva Habitat con il DPR n.357/1997, modificato dal DPR n.120/2003. La Regione Piemonte ha in merito con la legge 19/2009 e s.m.i. integrato in un unico provvedimento legislativo le due materie, attuando laddove possibile misure di semplificazione e coordinamento tra gli strumenti di piano rispettivi (Piani di gestione e Piani delle Aree protette).
Sul fronte della tutela e valorizzazione del paesaggio. L’approvazione di nuovi strumenti di gestione internazionale come la Convenzione Europea del Paesaggio del 2000, nazionale a partire dal Codice urbani del 2004 e dalle sue modificazioni, passando per l’approvazione del Piano Paesaggistico recentissima, hanno fornito una serie molto articolata di nuovi profili normativi e di indirizzo con i quali è necessario rivedere la collocazione del Piano. Nel quadro di riferimento normativo corre anche l’obbligo di richiamare la questione del Piano paesaggistico regionale che è stato approvato con D.C.R. n. 233-35836 del 3 ottobre 2017 sulla base dell’Accordo, firmato a Roma il 14 marzo 2017 tra il Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC) e la Regione Piemonte, e che prevede che gli strumenti di pianificazione delle aree protette provvedano al loro adeguamento ai sensi dell’art, 145 comma 4 del Codice del Paesaggio.
Sul fronte della tutela normativa in materia forestale L’approvazione di nuovi strumenti di gestione anche su questa materia ha fornito un quadro normativo e gestionale completamente nuovo. In particolare l’istituto del Piano Forestale Aziendale (PFA), come strumento operativo di gestione delle foreste, rappresenta l'evoluzione del Piano di Assestamento Forestale, di cui conserva tutte le caratteristiche, ma alle quali si aggiungono anche tutti gli elementi conoscitivi necessari per l'attuazione di una gestione forestale sostenibile. Il Piano Forestale Aziendale è lo strumento di programmazione e gestione degli interventi selvicolturali delle proprietà forestali e di programmazione delle opere connesse e rispecchia l'esigenza di mantenere la pianificazione a livello particolareggiato in determinate realtà caratterizzate da interesse nella continuità produttiva del bosco, nella valenza economica dei prodotti, nelle istanze dei proprietari e/o dei soggetti gestori (consorzi, associazioni, enti parco, ecc.). Il piano rappresenta inoltre un punto di forza nelle attività di pianificazione della Riserva della Biosfera UNESCO CollinaPo. La "Legge forestale" piemontese (l.r. 4/2009) riconosce la funzione dei piani forestali aziendali all'interno del sistema della pianificazione forestale regionale (art. 8) e attribuisce l'iniziativa della redazione dei PFA ai proprietari boschivi pubblici o privati (art. 11). I Piani hanno una validità massima di 15 anni e sono approvati dalla Giunta Regionale, previa analisi e verifica della sua conformità alle prescrizioni di legge. L'approvazione che la Giunta regionale del Piemonte ha fatto nel 2018 per la Fascia del Po, costituisce implicita autorizzazione agli interventi previsti nel PFA stesso. La realizzazione degli interventi è soggetta a sola comunicazione. La metodologia per i Piani Forestali Aziendali è contenuta nella D.G.R. n. 53-12582 del 16 novembre 2009, che definisce le norme tecniche per la redazione del piano, lo schema per gli allegati di piano e le indicazioni amministrative per la sua approvazione. Con la D.G.R. n. 27-3480 del 13 giugno 2016 sono state approvate le nuove indicazioni tecnicometodologiche per la redazione dei Piani Forestali Aziendali (scarica le indicazioni per la redazione dei PFA e l' Allegato A). A partire dal 2004 in Piemonte sono stati redatti circa 70 Piani Forestali Aziendali, interessando una superficie forestale di oltre 100.000 ettari. Con la Deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte del 5 ottobre 2018 è stato approvato, su proposta dell'Assessore all'Ambiente e alle Aree Naturali Protette, Alberto Valmaggia, il nuovo Piano Forestale Aziendale del Sistema delle protette della fascia fluviale del Po. Il piano riguarda le superfici ricadenti nella Rete Natura 2000 o classificate come Riserva Naturale lungo tutto il tratto del Po in Piemonte. Il nuovo piano è valido dal 1 settembre 2018 al 31 agosto 2033. Gli obiettivi da raggiungere col nuovo piano sono: - adeguare il patrimonio forestale alla normativa nazionale e regionale - concorrere alla diminuzione dei costi di intervento, facilitando la programmazione economica, così come stabilito dal Piano forestale regionale 2017-2027
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Sul fronte della valutazione degli impatti delle opere come anche degli stessi strumenti di pianificazione.
Il D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. ha dato attuazione alla delega conferita al Governo dalla legge n. 308 del 2004 per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale. Dalla sua data di entrata in vigore (29 aprile 2006) ad oggi il Codice ha subito numerose modifiche ed integrazioni. La Parte seconda è dedicata alle Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC). All’interno della Parte seconda (Tit. I, Art. 4, punto 4b) si legge: b) la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita. A questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:
il Quadro Programmatico: fornisce gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l’opera progettata e gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale; il Quadro Progettuale: descrive il progetto e le soluzioni adottate a seguito degli studi effettuati, nonché l’inquadramento nel territorio, inteso come sito e come area vasta interessati; il Quadro Ambientale: considera le componenti naturalistiche ed antropiche interessate e le interazioni tra queste ed il sistema ambientale preso nella sua globalità (Atmosfera, Ambiente idrico, Suolo e sottosuolo, Vegetazione, Flora e Fauna, Ecosistemi, Rumore e Vibrazioni, Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, Salute pubblica, Paesaggio).
Per reperire le informazioni necessarie alla caratterizzazione di alcune componenti ambientali (atmosfera, suolo- sottosuolo e ambiente idrico, paesaggio), ISPRA ha elaborato Dati e informazioni per la caratterizzazione delle componenti e fattori ambientali nella redazione degli Studi di ImpattoAmbientale (SIA)”. Questa parte del lavoro procederà pertanto ad analizzare le questioni di intreccio attuativo con questi profili prima indicati tracciano lo schema di sviluppo tra il 1995 e oggi.
1) l'uomo, la fauna e la flora; 2) il suolo, l'acqua, l'aria e il clima; 3) i beni materiali ed il patrimonio culturale; 4) l'interazione tra i fattori di cui sopra.
Per quanto invece riguarda più da vicino le parti del Piano da modificare perché inattuabili nella forma inizialmente prevista, è invece necessario individuare una serie di punti che afferiscono alla definizione di obiettivi che tuttavia prendano le mosse dagli aspetti di natura strategica del Piano, che non può essere svincolata dal processo di redazione del Piano pluriennale economico sociale e dalle sue interpretazioni di natura da Piano strategico oltre che dai nuovi profili contemporanei che il tema territoriale e ambientale ha assunto (vedasi a questo proposito pg. 9).
Lo Studio di Impatto Ambientale rappresenta il documento principale del procedimento di VIA e deve essere redatto conformemente alle prescrizioni relative ai Quadri di riferimento Programmatico, Progettuale ed Ambientale, come indicato nelle Norme Tecniche per la redazione degli Studi di Impatto Ambientale:
2.3 - Individuazione di linee guida propedeutiche alla stesura del Piano socio-economico del futuro Parco naturale del Po piemontese, per definirne gli aspetti procedurali e delinearne le fasi attuative, a partire dalla documentazione già prodotta in passato dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese e dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po vercellese-alessandrino;
PIANO ECONOMICO SOCIALE E PIANO TERRITORIALE INTEGRATI
L’attività connessa alle linee guida propedeutiche alla stesura del Piano socio-economico del futuro Parco naturale del Po piemontese assume, nel quadro delle azioni previste dall’attività di aggiornamento del PAFFPo, un ruolo non di carattere accessorio, come purtroppo spesso sono considerati i
PPES anche a livello nazionale, in particolare nelle esperienze dei Parchi nazionali, che sono chiamati con maggiore puntualità dal Ministero dell’Ambiente a rispondere alle disposizioni di legge in merito. In questi casi il PPES costituisce in sostanza una collezione di progetti strategici che sono tuttavia spesso sganciati dal contesto economico sociale e srategico delle Regioni nei quali sono collocati, e non si accompagnano parimenti a patti attuativi specifici, rischiando di restare in realtà documenti che duplicano gli obiettivi di lavoro ordinari dell’istituto e dell’Ente di gestione dell’Area protetta. I documenti oggi disponibili ed anche approvati si configurano più come “programmi” di attività che come Piani, e come tali sono interpretati e trasformati in soli e semplici cataloghi di progettualità. Ora, l’attività progettuale deve far parte in modo efficace di
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un piano, premettendo la visualizzazione degli obiettivi del piano stesso: ma senza la dichiarazione e la motivazione degli obiettivi, ovvero senza l’analisi e la contestualizzazione del perché e del come sia utile perseguire attività definite dal piano, il piano si trasforma appunto in un catalogo di intenzioni progettuali. Un rischio forte anche di inefficacia in quanto la mancanza di identificazione chiara delle risorse umane e finanziarie per il raggiungimento degli obiettivi dati trasformano lo strumento in un mero adempimento amministrativo senza raggiungere il senso stesso della sua natura. La mancanza di un adeguato lavoro di analisi e sviluppo dei profili descrittivi di natura economica, sociale, culturale ed infine antropologica del contesto nel quale sorge l’area protetta, non permette di fornire quella ”forza di indirizzo” che invece il PPES deve assumere. La necessità di redigere infatti un Piano Pluriennale Economico Sociale (da qui in poi denominato in sigla PPSE) risponde, oltre che ad un adempimento normativo, soprattutto ad un obiettivo di integrazione tra sviluppo locale e tutela ambientale che deve intrecciarsi con la Pianificazione strategica di un territorio. Spesso, infatti, le comunità locali avvertono l’azione di salvaguardia del territorio come un vincolo che, interferendo con parte delle attività con ricaduta socio-economica, non genererebbe ricadute territoriali positive, nemmeno alla scala locale.
IL RUOLO CENTRALE E PROGRAMMATORIO DEL PPES
Il ruolo quindi non accessorio ma strutturale al processo di Piano che qui viene assegnato a questo strumento previsto dalla legislazione regionale del Piemonte e che deriva da alcune considerazioni di seguito richiamate. La prima afferisce al tema generale del rapporto tra programmazione e pianificazione, che nel nostro Paese negli ultimi anni ha segnato in parte il passo, generando piani dell’uso del suolo che non sapendo rispondere ad obiettivi strategici generali di sviluppo, hanno per lo più cercato di gestire l’ordinario e le tendenze già avviate nel mercato, senza essere in grado di costruire vere dinamiche stabili di sviluppo e soprattutto di orientamento, andando pertanto “al traino” delle scelte operate a scala esclusivamente IL MODELLO PILOTA DEL PO economica e non territoriale. E COLLINA TORINESE
Il secondo riguarda il rapporto tra Pianificazione strategica e PPES delle aree protette che vede una lettura integrata tra questi due strumenti, in termini di evoluzione e adeguamento degli stessi obiettivi dei PPES che la legge gli riconosce, rifacendosi ad un dibattito sul tema del rapporto territorio-sviluppo, che data gli anni ‘80. In quel periodo le esperienze della pianificazione strategica non erano per nulla partite in Italia, e solo dopo, a partire da quella di Torino della fine degli anni ’90, hanno iniziato a diffondersi. Sull’argomento il dibattito disciplinare a livello italiano vede alcuni contributi che sono richiamati in bibliografia. Il terzo ordine di considerazione riguarda l’approccio che venne utilizzato nell’esperienza svolta dal parco del Po torinese nel 2010-2011 ed a cui il mandato di progetto si rifà allorquando viene indicato che l’attività parta dalla documentazione già prodotta in passato dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese e dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po vercellese-alessandrino.
A tale proposito nell’esperienza condotta dal Parco del Po torinese con la stesura delle Linee guida a cura di F. Prizzon - A. Peano - M. Gilli Politecnico di Torino e Università del Piemonte Orientale), ha sviluppato un processo nell’ottica di capovolgere il meccanismo classico di pianificazione strategica per obiettivi linee di azione interventi, partendo invece dalla presa incarico dei contenuti di cui al documento programmatico “POTO.2010 Prospettive del Parco fluviale del Po torinese: 10 azioni per il Grande Fiume”, che ha assunto il valore di Piano strategico articolato per i diversi ambiti (Po dei laghi, Po dei Re, Po delle Colline e Collina Torinese) e per temi territorializzati (agricoltura, attività economiche, emergenze storico culturali, ambiente e paesaggio) per poi verificare la pre-fattibilità di scenari di intervento, con particolare riguardo non solo all’investimento iniziale, ma anche ai costi futuri connessi alla gestione. Queste valutazioni di carattere generale sono poi ed inoltre da connettere allo sviluppo in questi ultimi anni di una serie di strumenti e politiche che hanno definitivamente ampliato e consolidato quella visione sistemica e strategica che il tema ambientale necessita per essere davvero e sino in fondo affrontato e gestito, abbandonando approcci separativi, sia tematicamente che territorialmente. GLI AMBITI DI LAVORO Ci si riferisce a tre grandi ambiti di riflessione ed operatività a cui oggi ci si deve rifare: 1. da un lato il tema dei Millenium Goals e della necessità di integrare maggiormente le tematiche del progresso locale con la piattaforma della sostenibilità. 2. dall’altro l’esperienza di natura complessiva e globale che l’area del torinese ha sviluppato con il riconoscimento MaB CollinaPo nel programma Man and Biosphere, al cui interno sono contenuti elementi di forte innovazione ed evoluzione in ordine alle tecniche ed ai modelli da utilizzare per la stesura di una azione, di piano, che permetta di gestire i temi del territorio e del rapporto proprio con lo sviluppo sostenibile. Ci si riferisce in particolare ai Piani d’azione delle Riserve della Biosfera ed alle finalità generali di questi istituti di UNESCO che nello sviluppo del presente lavoro devono essere pertanto presti in considerazione. 3. In terzo luogo la maturazione delle attività svolte dalla Pianificazione strategica, che nel territorio dell’area metropolitana torinese ha visto ben tre fasi di aggiornamento, per giungere con l’ultima, terminata nel 2016 a regia dell’Associazione Torino Internazionale, alla stesura del Piano strategico dell’area metropolitana III edizione, nel quale l’ente di gestione del Po torinese ha avuto un importante ruolo di candidatura dei temi latamente intesi come afferenti all’argomento ambientali e degli spazi verdi, che ha dato luogo al progetto dell’Infrastruttura verde coordinato con la progettualità di Corona Verde. Fatte queste premesse di seguito sono quindi sinteticamente richiamate le modalità di sviluppo dell’indagine svolta nell’esperienza condotta per tale parte, profilando le linee con le quali si svilupperà la definizione delle nuove linee guida per il sistema del Po piemontese.
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2.3.1 - L’esperienza del Po torinese e la collaborazione con la Collina torinese.
UN MODELLO A INCROCIO TRA DINAMICHE SOCIALI, ECONOMICHE E ANTROPOLOGICHE
L’indagine condotta dal Parco torinese è partita comprendendo l’ambito amministrativo dei 37 Comuni in cui ricadono le aree protette della fascia fluviale del Po tratto torinese e quelle della Collina Torinese. Per quest’ambito il progetto è volto ad individuare gli elementi culturali e simbolici, di cui occorre tenere conto in un’azione di rivitalizzazione dell’area fluviale e della Collina. In particolare, sono stati individuati gli aspetti di seguito riportati:
a) la ricostruzione del mito del Po, recuperandone i contenuti attraverso l’analisi di feste, cerimonie, leggende, canzoni, proverbi, modi di dire, etc., e verificandone lo spessore attraverso il richiamo a testimonianze della vita materiale (piloni e cappelle, memorie di mestieri e attività imprenditoriali pertinenti, etc.); b) il tracciato dei confini del Fiume, vale a dire, le aree peri-fluviali e i siti paesaggistici in cui tale complessità di simboli è operante indagando in particolare il rapporto con i territori circostanti e con l’area collinare con la quale esiste una forte integrazione dal punto di vista territoriale(e può quindi plausibilmente venire riproposta ai visitatori attraverso percorsi, eventi, etc.); c) i territori della collina come ambito interessato sia dalle sue connessioni con il Po che la cinge, sia con la realtà più ampia e più prettamente di entroterra che guarda al versante sud del sistema collinare di Torino e che costituisce il contesto di riferimento e di relazione, sia nei suoi rapporti con la storia che con le recenti dinamiche di suo uso scientifico e didattico (come anche testimoniato, ad esempio, dal rilancio del centro dell’osservatorio Astronomico di Pino Torinese). Le linee guida per la redazione del PSE sono state strutturate su quattro temi strategici, ritenuti prioritari per lo sviluppo economico e sociale dell’ambito territoriale considerato (aree protette della fascia fluviale del Po e della collina torinese): - sviluppo delle attività agricola e loro inserimento all’interno di un sistema di marchio integrato, individuazione di pro dotti tipici, filiere, etc., quali attività fondamentali per il miglioramento dell’assetto paesaggistico ed ambientale generale delle aree e come aspetti di presidio sul territori volto a garantire adeguati standard di manutenzione ed anche di sicurezza; - fruizione dei territori sia in termini naturalistici (ad esempio con la realizzazione di sentieri pedonali e ciclabili, di accessi puntuali alle aree a parco, di capanni e punti di osservazione naturalistica) sia in termini turistici, attraverso l’attivazione di nuovi percorsi di navigazione (anche solo per sotto ambiti, non prevedendo la totale percorribilità del Fiume) e di rinaturazione dei laghi di cava (con fruizione balneare, sportiva e turistica). Un insieme di azioni volte ad interpretare l’organizzazione della fruizione come strumento per la tutela, come risposta organizzativa all’aumento della efficienza della tutela e della salvaguardia dei
valori ecologici che devono rimanere inalterati ed anzi trovare forme di sostegno all’incremento del loro stato di equilibrio; - tutela e valorizzazione delle emergenze e dei sistemi storico-culturali, attraverso azioni di salvaguardia, di diffusione della conoscenza e di promozione per il corretto collocamento della straordinaria rete dei beni storici presenti in entrambi i territori collinari e fluviali, anche in stretta correlazione con elementi di carattere culturale afferenti al tema dei parchi letterari ed alle locali attività di recupero delle tradizioni e della memoria storica; - valorizzazione ambientale, naturalistica e paesaggistica con particolare riferimento alle attività compatibili localizzate nelle aree protette e ad eventuali elementi di criticità da contestualizzare relativamente alla pianificazione strategica di area ed al nuovo Piano paesaggistico regionale ovvero agli ambiti di paesaggio individuati. I quattro temi strategici sopra riportati trovano definizione in progetti di area che si riferiscono a unità territoriali caratterizzanti gli ambiti significativi del PSE che trovano riferimento nei seguenti territori così denominati: 1. il Po dei Laghi, cioè l’area a sud della città di Torino compresa AMBITI SPAZIALI OMOGENEI tra Racconigi e Moncalieri; 2. il Po dei Re, cioè il tratto metropolitano della fascia fluviale; 3. il Po delle Colline, cioè l’area a ovest della città di Torino compresa tra Chivasso e Crescentino; 4. la Collina Torinese, cioè l’area compresa tra la Città di Torino e il Comune di Chieri. Gli ambiti significativi configurano i contenitori delle diverse progettualità alla scala locale ma, allo stesso tempo, costituiscono sistema organizzato di scala territoriale riferito al territorio del fiume e alle sue colline. Per progettualità devono intendersi tutte le progettualità materiali ed immateriali volte a porre in essere sia le azioni di indirizzo delle attività presenti sul territorio da riorientare, sia quelle da incentivare e da attivarsi ex novo. Per ciascun ambito sono state scelte alcune realtà locali significative e differenti per caratteristiche paesaggistiche e socio-economiche. Tali aree sono divenute oggetto di indagine della prima fase di lavoro avviata. Si riportano di seguito i 7 comuni hot spot, rappresentativi dei quattro ambiti territoriali del PSE: 1. 2. 3. 4.
Carignano (Po dei Laghi); Rivalta di Torino e San Mauro Torinese (Po dei Re); Chivasso e Verrua Savoia (Po delle Colline); Pino Torinese e Castagneto Po (Collina Torinese).
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2.2.1.1 - Metodologia e obiettivi dell’indagine Il PSE sviluppa una metodologia di lavoro multidisciplinare fondata sull’integrazione di tre settori di analisi – territoriale e urbanistica, sociologica, socioeconomica – al fine di giungere ad impostare un quadro condiviso di linee di azioni per la valorizzazione e riqualificazione dei territori del Parco fluviale del Po tratto torinese e della Collina torinese. Aspetti territoriali e urbanistici Per quanto riguarda l’analisi e l’interpretazione degli aspetti territoriali ed urbanistici l’obiettivo di questa prima fase del lavoro ha riguardato l’individuazione delle prospettive di trasformabilità dei territori del Parco del Po, prestando attenzione agli ambiti che più direttamente sono interessati e/o coinvolgibili nelle azioni di valorizzazione. Con riferimento ai quattro temi strategici individuati (sviluppo dell’attività agricola, fruizione dei territori, tutela e valorizzazione delle emergenze e dei sistemi storico-culturali, valorizzazione delle emergenze e dei sistemi storico-culturali) si è proceduto, per i sette comuni hot spot, a comporre il quadro delle aspettative di trasformabilità territoriale e delle iniziative di valorizzazione paesaggistica. In particolare, per ciascun comune sono state analizzate: 1. le previsioni urbanistiche, al fine di definire le attese di trasformabilità territoriale e il sistema dei vincoli e delle tutele emergenti dai PRG vigenti; 2. le proposte e i progetti di valorizzazione in corso di realizzazione di scala locale e sovralocale. Il risultato di questa prima fase di analisi ha portato alla restituzione, per i territori dei sette comuni selezionati, dei seguenti temi strategici. In quest’ottica sono stati quindi così articolati: per lo sviluppo dell’attività agricola – sono stati individuati quei territori che per capacità d’uso del suolo, per destinazione d’uso e per LA METODOLOGIA previsioni urbanistiche sono potenzialmente valorizzabili anche per nuove produzioni o per estensione/ potenziamento di quelle esistenti. per la fruizione dei territori – sono state individuate le esigenze di riqualificazione e valorizzazione di aree (es. rinaturazione di aree di cava), infrastrutture e servizi già esistenti o previsti e di nuovi collegamenti, trasporti e servizi di vario genere (es. aree di sosta, punti ristoro, strutture ludiche e sportive, …) necessari per costituire un sistema di fruizione portante della Collina e del rapporto tra Collina e Fiume. - per la tutela e valorizzazione – sono state individuate le emergenze e dei sistemi storicoculturali verrà ripreso da studi esistenti il patrimonio già individuato, al fine di metterlo in relazione con i luoghi e i sistemi di fruizione che emergeranno dagli studi per la fruizione e dalle indagini sulla percezione sociale dei luoghi. - per la valorizzazione ambientale, naturalistica e paesistica, sono stati individuati ambienti e paesaggi direttamente connessi allo sviluppo delle attività agricole e alla fruizione dei
territori, al fine di indicare le esigenze di tutela e le criticità da superare in termini di conflitti d’uso del suolo. A conclusione dello svolgimento dell’analisi territoriale e urbanistica, gli elementi emersi sono stati sintetizzati in matrici finali che individuano i principali elementi di forza e di debolezza per ciascun comune in relazione ai 4 temi strategici di (vedi § 3.2, 3.3). Aspetti sociologici: caratterizzazione delle comunità locali L’analisi sociologica sviluppata per questa Ricerca si propone di indagare forme e intensità delle relazioni esistenti tra le comunità e i loro territori, in particolare verso quei fiumi e colline che definiscono l’identità dei Parchi e attorno a cui si organizzano le rispettive attività. Perché una ricerca di questo tipo? I Parchi, con la loro esistenza, individuano aree di tutela che sono anche aree di fruizione per soggetti per lo più residenti in loco: agricoltori, proprietari di immobili, pastori itineranti, pescatori della domenica, turisti. Per sviluppare le attività di tutela e di fruizione dei parchi in sinergia con tali comunità risulta importante comprendere quanto fiumi e colline che tali parchi caratterizzano ‘siano tenuti presenti’ nella vita degli individui. ‘Essere presenti’ può significare cose diverse: dal livello minimo, in cui i soggetti avvertono appena di abitare vicino a fiumi/colline, se non in caso di esondazioni o frane, a coloro che in questi luoghi svolgono attività ricreative varie, sino ad un livello massimo, in cui il vivere accanto a un fiume o a una collina è considerato parte del proprio bagaglio identitario. Costruire la propria identità anche su base territoriale ha indubbi e innumerevoli vantaggi, non solo per il singolo, ma per tutta la comunità e per gli Enti preposti al governo dei beni pubblici. Sentire di appartenere a un luogo ha conseguenze importanti anzitutto per la definizione della propria identità, tale per cui un soggetto si muove più consapevolmente nel mondo se ha un luogo a cui tornare; vi sono poi conseguenze sui comportamenti di consumo/fruizione, che saranno orientati a rispetto e simpatia, e perfino a un maggiore senso del dovere. Di fatto, senso di appartenenza e di attaccamento ai luoghi alimenta nei singoli identità e partecipazione ed è considerato anche oggi, pur di fronte a uno scenario postmoderno di grande complessità e a un ampliamento dei propri orizzonti territoriali, un elemento in grado di generare qualità della vita (Nuvolati 2003: 71). Più nello specifico, tale comportamento permette di rafforzare enormemente, e a costo zero, quel presidio territoriale che gli enti parco hanno come mission istituzionale. Infine, esso costituisce la condizione ottimale per sviluppare qualsiasi iniziativa sui fiumi e sulle colline: da attività di volontariato (manutenzione e pulizia dei luoghi), a quelle turistico - ricreative di vario tipo. Fatta questa premessa sugli obiettivi di questo lavoro ne consegue che la “caratterizzazione delle comunità locali” non intende mettere in luce tutti gli aspetti che possono interessare una comunità (livello di integrazione, stratificazione sociale, stile di vita, partecipazione, etc.) ma individuare lo scenario entro cui si collocano, oggi, le relazioni tra comunità e luogo. A questo scopo alcune brevi precisazioni terminologiche, a partire dalla definizione di “comunità” (un termine così diffuso, di uso quasi ‘popolare’) potranno richiamare brevemente tutte le implicazioni di significato che l’uso di tale termine comporta. Il termine “comunità” (Gemeinshaft) è stato introdotto negli studi sociologici alla fine del XIX secolo (Tönnies 1887) in opposizione a “società” (Gesellschaft). In questa opposizione, “comunità” significava un tipo di organizzazione sociale in cui prevalevano relazioni “calde” tra i soggetti,
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improntate a intimità e senso di appartenenza, garanzia di cooperazione di ogni membro e di coesione del gruppo stesso. Al contrario, “società” si riferiva a quelle organizzazioni sociali in cui sul bene comune prevalgono gli interessi individuali, che improntano in senso “freddo” le relazioni, e che si esprimono in competitività, indifferenza e che hanno nello scambio commerciale il loro tipico esempio. Tönnies, infine, individuava comunità di sangue (es:la famiglia), spirituali (i gruppi religiosi) e di luogo, ovvero comunità basate sulla condivisione di un luogo, tipica dei villaggi o delle comunità rurali. Questo riferimento al luogo ci sembra un primo passo di avvicinamento a una definizione operativamente utile di comunità. Tra le diverse definizioni moderne quella che indica un tipo di collettività “i cui membri condividono un’area territoriale come base di operazione per le attività giornaliere” (Parsons 1951) appare adeguata alla ricerca in oggetto, con la precisazione che tale definizione debba tenere conto di nuove caratteristiche della società postmoderna. Le comunità locali oggetto della nostra Ricerca sono infatti comunità che vivono in città di piccole dimensioni, o addirittura in paesi. Nella prospettiva di Tönnies, che viveva in una società in cui la contrapposizione città/campagna aveva ancora un suo riscontro empirico, vivere in una piccola cittadina significava, quasi automaticamente, godere di relazioni di tipo, appunto, comunitario. In realtà questa equivalenza grande città = relazioni societarie/contrattuali/fredde e piccola città = relazioni comunitarie/affettive/calde oggi non è più così automatica: nell’importante dibattito avvenuto a partire dagli anni ’80 del Novecento sulla presunta “morte delle città”, è emerso chiaramente come il modello urbano anziché in fase di declino sia divenuto un modello talmente pervasivo da rendere sempre più offuscata quella distinzione tra città/campagna che reggeva larga parte delle riflessioni urbane (Bell 1980; Marra et al 2004) Ciò significa anche, con riferimento alle nostre comunità, che non è detto che vivere in una città di piccole dimensioni garantisca ancora quelle relazioni “calde” tra gli individui teorizzate da Tönnies: la pervasività del modello urbano non ha infatti solo riscontro sul piano territoriale, attraverso le note dinamiche di sprawl, ma ha anche importanti conseguenze sulle comunità, sul tipo di relazioni sociali e sullo stile di vita, sempre più urbanizzato. Per delineare la relazione comunità/luogo risulta allora importante ricordare alcune caratteristiche della società attuale. Una prima caratteristica è l’accresciuta mobilità, un dato che accomuna le grandi metropoli ai piccoli paesi. L’importanza del fattore mobilità nella società attuale è tale che essa ha determinato una trasformazione nei modelli di analisi dello spazio urbano. Dallo studio tradizionale sulle città in base a dati quali densità demografica, o dimensioni si è passati allo studio della città come luogo di consumo per diverse popolazioni metropolitane (residenti, pendolari, cityusers e businessmen) (Martinotti 1993). Di fatto questa nuova mobilità (dal trasferimento per lavoro al pendolarismo quotidiano) significa anche un ampliamento del proprio raggio territoriale di azione, e va proprio a toccare la definizione di “comunità” di Parsons, in cui l’area territoriale era la base di operazione per le attività quotidiane. Quest’area territoriale si è dunque ampliata e, inoltre, ciascun soggetto ha come riferimento un’area territoriale di dimensioni diverse da quella degli altri, mentre, anche in questo caso, nel passato vi erano comportamenti di uso dello spazio più uniformi. Un altro dato importante, che ha influenza sul legame tra luogo e comunità è la possibilità di avere relazioni sociali anche in assenza di interazione diretta (Luhmann 1984), grazie alle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione nella nuova società delle reti (Castells 1996). In conclusione, le comunità oggetto di questa ricerca sono tutte comunità che abitano in città di
piccole dimensioni, se non veri e propri paesi. La maggior parte di esse fa parte, allo stesso tempo, o dell’area metropolitana di Torino, o ne è cintura. La vicinanza con Torino, ma anche con altre città minori, quali Chivasso, e perfino grandi centri urbani più lontani, come Novara o Milano, costituisce un polo di attrazione che finisce per avere un ruolo non solo nelle dinamiche di mobilità ma anche in quelle che definiscono il senso di appartenenza territoriale. Le comunità vanno quindi indagate tenendo conto del fatto che il rapporto con il luogo è strettamente influenzato dalle dinamiche postmoderne sopradescritte: da un lato, l’accresciuta mobilità, che amplia la dimensione territoriale di riferimento dei singoli individui; dall’altro, la possibilità di istituire relazioni anche in via indiretta, attraverso i nuovi media, ridimensionando, di fatto, il ruolo della territorialità come condizione essenziale della socialità. Aspetti socio-economici Per quanto riguarda l’analisi e l’interpretazione degli aspetti socio-economici, l’obiettivo di questa prima fase del lavoro ha riguardato l’individuazione delle progettualità promosse dai territori del parco del Po e della Collina torinese, prestando attenzione agli aspetti preliminari di fattibilità. Con riferimento ai quattro temi strategici individuati (sviluppo delle attività agricole, fruizione dei territori, tutela e valorizzazione delle emergenze e dei sistemi storico-culturali, valorizzazione ambientale, naturalistica e paesistica) si è proceduto, per i sette comuni hot spot, a comporre il quadro degli interventi “programmati” per la trasformazione e valorizzazione dei territori. In particolare, per ciascun comune sono stati analizzati: 1. gli interventi promossi nell’ambito del bando regionale PISL (Programmi Integrati per lo Sviluppo Locale per gli anni 2005-2006, di cui alla D.D. n. 6 del 14/03/2005 pubblicata sul BUR n. 13 del 31/03/2005); 2. gli interventi promossi nell’ambito del bando regionale PTI (Programmi Territoriali Integrati per gli anni 2005-2006, di cui alla D.G.R. n. 55-4877 dell’11/12/2006, pubblicata sul BUR n. 1 del 04/01/2007); 3. gli interventi realmente oggetto di Programmazione Triennale da parte delle Amministrazioni pubbliche considerate (Comuni hot spot); 4. altri interventi candidati a finanziamento regionale (ad esempio L.R. 4/2000). Il risultato di questa prima fase di analisi ha portato alla restituzione grafica della distribuzione territoriale degli interventi per i temi strategici sopra individuati. Ciascuna carta di sintesi individua i territori che “programmano” interventi e/o azioni (evidenziandone le vocazioni prevalenti) ed evidenzia l’integrazione interna all’ambito ovvero esterna, tra gli ambiti in cui sono state suddivise le aree del Parco del Po torinese e del Parco della Collina torinese. Per lo sviluppo dell’attività agricole sono state individuate le iniziate volte al miglioramento qualitativo del processo e dei prodotti, con particolare attenzione alla possibile creazione di reti/filiere/sinergie territoriali. Per la fruizione dei territori sono state trattate in particolare le iniziative per un utilizzo e un godimento non solo naturalistico delle aree protette.
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Per la tutela e valorizzazione delle emergenze e dei sistemi storico-culturali si è scelto di evidenziare la densità di interventi per ciascun ambito, nell’ottica di programmare future connessioni “trasversali” per temi non classicamente collegati. Per la valorizzazione ambientale, naturalistica e paesistica sono stati considerati, infine, gli interventi per la conservazione e la salvaguardia dei sistemi naturali protetti. In accordo con gli Enti di gestione non sono stati oggetto di valutazioni per il PSE quelli di tipo idraulico e di difesa del suolo. Gli elementi emersi dall’analisi sono stati sintetizzati in alcune schede che individuano, a conclusione delle analisi preliminari di fattibilità svolte, i principali punti di forza e le criticità di ciascun intervento in relazione agli obiettivi generali di promozione, valorizzazione e sviluppo locale (vedi § 5.2, 5.3).
2.1.2 - Elementi di comunicazione e governance Gli aspetti di comunicazione e di condivisione degli obiettivi del progetto sono stati tenuti presenti in quasi tutte le fasi della Ricerca, dal momento che il Piano Socio-economico aveva come destinatari finali proprio le comunità locali afferenti al Parco del Po torinese e al Parco della Collina torinese e perseguiva, tra gli obiettivi, un irrobustimento dei legami con tali comunità, attraverso forme concertate di governo. A tal fine le iniziative di comunicazione e discussione dei contenuti della Ricerca si sono svolte a più livelli, avendo come destinatari soggetti di vario tipo, e più precisamente: Tavoli di lavoro/convegni/workshop Destinatari: Sindaci dei 37 comuni coinvolti, Presidenti delle Assemblee dei Sindaci, Organi gestionali e personale degli Enti Parco del Po torinese e della Collina torinese. In tali incontri si è presentato lo schema di lavoro e gli obiettivi da perseguire per ciascun ambito di ricerca (territoriale-urbanistico, sociologico e socio-economico) con successivi aggiornamenti su eventuali modifiche nel corso del lavoro e comunicazione dei primi risultati. Sezione su Internet e Forum del Piano Socio-Economico Destinatari: enti pubblici, aziende, cittadini, fruitori di varia natura. All’interno del sito internet dell’Osservatorio del Paesaggio dei Parchi del Po e della Collina Torinese è stata predisposta una sezione (http://www.paesaggiopocollina.it/piano) dedicata al Piano Socio-Economico, con pagine specifiche su: contenuti e finalità del Piano, modalità di costruzione del Piano e Comuni interessati, temi affrontati (aspetti territoriali - urbanistici, sociologici e socio-economici) e un Forum di discussione aperto a tutti i fruitori di Fiume e Collina, residenti o visitatori. Interviste ad attori individuali e costruzione di reti locali Destinatari: amministratori, ‘esperti’ del territorio. Una parte della Ricerca è consistita in interviste in profondità ad attori istituzionali, professionisti che svolgono la propria attività sul territorio e ‘esperti’ di Fiume e Collina a vario titolo. Queste interviste, che costituiscono l’ossatura portante della sezione “aspetti sociologici” della Ricerca, sono state realizzate grazie
a una preliminare costruzione di reti e attività di comunicazione sugli obiettivi del Piano e della Ricerca che ha poi permesso l’individuazione di testimoni privilegiati da intervistare.
Consultazione web degli elaborati di piano Durante la fase di elaborazione del Dossier Preliminare di Piano, al web sono stati affidati tre compiti comunicativi: 1. informazione su contenuti e modalità di redazione sia del Dossier Preliminare stesso sia del piano completo (sezione “come costruire il Piano”); era necessario di fatto esporre con chiarezza agli utenti la linea di lavoro stabilita: un primo step di impostazione metodologica del Piano, supportato dagli approfondimenti esemplificativi sui sette comuni hot spot, sinteticamente ben illustrato dalla bozza di indice del dossier; un secondo step di lavoro che consterà nella redazione effettiva del Piano, completa delle analisi su tutto il territorio di cogenza amministrativa; 2. descrizione del territorio (sezione “il territorio del Piano”), IL FATTORE COMUNICAZIONE E dove è meglio puntualizzata l’articolazione spaziale dell’area GOVERNANCE di studio in aree di lavoro, l’individuazione all’interno di esse dei comuni hot spot, il tutto integrato in una visione strategica preliminare declinata per temi (finalità è lo sviluppo economico e sociale del territorio meglio declinata nella sezione “Temi”) e organizzata temporalmente secondo step di lavoro precedentemente definiti. Come supporto conoscitivo e documentario, già in questa fase il web è stato predisposto per accogliere informazioni e dati su tutta l’area di azione del Piano: la “Mappa navigabile del territorio” è interrogabile per tutti i comuni su dati statistici di popolazione e superficie (con il supporto di una carta e relativa legenda, definizioni statistiche e valori medi di riferimento calcolati sia sui 37 comuni di cogenza sia sui 41 dì influenza del Piano). Il meccanismo di navigazione per la consultazione di tali dati è stato predisposto come strumento pilota applicabile in prima battuta per la comunicazione delle analisi prodotte per il Dossier Preliminare (che i dati abbiano un output cartografico o tabellare), sia per quelle analisi di inquadramento territoriale (in prevalenza cartografiche) condotte sull’area di studio sia per quelle puntuali (in fase preliminare condotte sui comuni hot spot); 3. discussione sincrona (sezione “Forum di discussione”) e asincrona (sezione “Invia e-mail”) aperta con gli utenti (indirizzati nel forum a muoversi secondo la propria categoria di appartenenza nella società dei fruitori, ad esempio pescatore, imprenditore, amministratore pubblico, ecc) sui temi emersi dai primi risultati delle analisi settoriali dei gruppi di lavoro. Tra i due step di lavoro si pone e si impone un importante mediazione comunicativa da parte della rete: con il completamento del Dossier Preliminare è infatti necessario passare alla sua condivisione pubblica e il web bene si presta per una rapida e capillare diffusione degli elaborati.
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Un utile ed autorevole esempio di consultazione di un piano anche tramite web (intendendo la finestra temporale di consultazione pubblica come parte dell’iter procedurale che tra adozione ed approvazione di un piano durante cui vengo raccolte le osservazioni da parte dei cittadini) è la procedura predisposta dalla Regione Piemonte per il Piano di Tutela delle Acque regionale, che nella sua versione adottata dalla Giunta Regionale il 6 aprile 2004 con deliberazione n. 2112180, ha pubblicato sul proprio portale istituzionale tutti i documenti costitutivi il Progetto di Piano con la possibilità di esprimere osservazioni ad esso anche tramite e-mail, affiancando tale procedura a quella tradizionale di consultazione della versione cartacea nelle sedi istituzionali preposte e lasciando lì memoria della presa visione e di eventuali commenti. La versione approvata dal Consiglio Regionale il 13 aprile 2007 ha preso atto in egual modo di tutte osservazioni pervenute con le tutte le modalità a disposizione degli utenti. Questa via di interlocuzione virtuale per la scelta del medium, ma reale per efficienza ed efficacia, ha trovato possibilità di maturazione grazie al background creato a partire dalla Convenzione di Aarhus, attuata a livello comunitario con la direttiva 2003/4/CE in materia di accesso del pubblico alle informazioni ambientali. Tornando al Piano Economico-Sociale, l’ambito disciplinare, o meglio, multidisciplinare che va ad analizzare e programmare è per definizione legato a temi non specificamente ed esplicitamente ambientali. Ma il fatto stesso che siano degli Enti Parco ad avere la titolarità dell’iniziativa implica che a buon vedere sia plausibile riferirsi al framework ambientale per gli aspetti qui trattati legati alla comunicazione. Nello specifico, i documenti che compongono il Dossier Preliminare di Piano verranno così trattati in ambiente web, andando ad arricchire in particolare la sezione “Documenti di Piano”, ma anche le sezioni “Temi” e “Territorio”, scomponendo e ricomponendo i tanti materiali a seconda delle chiavi di lettura che si propongono agli utenti. Certamente non sarà trascurata la possibilità di consultare gli elaborati in modo fedele rispetto al prodotto cartaceo, che ad oggi non è ancora comunque rinunciabile o eliminabile. Trasposizione del materiale cartografico in formato navigale sul web. Sfruttando quanto già implementato per la predisposizione della “Mappa navigabile del territorio”, l’applicazione vettoriale di costruzione dei una mappa sensibile e cliccabile come guida alla navigazione tematica per comune è la soluzione tecnica più immediata e di facile utilizzo e comprensione per l’utente, riproducibile, con riferimento agli aspetti territoriali e urbanistici, sia per le tavole di inquadramento che per le monografiche sui comuni hot spot. L’interrogazione della mappa può avvenire per livelli e temi: - i livelli sono rappresentati dalle aggregazioni territoriali e dalle entità amministrative; - i temi sono quelli specifici di ogni carta, leggibili singolarmente e sovrapponibili fino ad avere l’output fedele al cartaceo (procedura di overlay mapping). L’interrogazione per livelli può portare alla sovrapposizione sull’unità spaziale selezionata (il singolo comune o anche una delle quattro aggregazioni territoriali individuate) dei differenti tematismi specifici di una determinata carta, senza escludere tra l’altro che, durante l’implementazione del sistema, non risulti interessante dare la possibilità agli utenti di intersecare diverse carte senza snaturarne il significato e la significatività.
L’interrogazione per temi ha come obiettivo quello di leggere nel complesso dell’area di studio un singolo tema e la sua struttura territoriale come elemento unitario ed indivisibile. Anche in questo caso, la costruzione delle mappe interattive può portare alla produzione e alla visualizzazione di ibridi non privi di significato, che in una restituzione cartacea non avrebbe l’appeal giusto e la chiarezza di lettura necessaria. I sette comuni hot spot rappresentano poi un’utile palestra per la messa a punto di un giusto linguaggio comunicativo delle previsioni urbanistiche sui territori comunali, risultato della cogenza di tanti strumenti della pianificazione regionale e locale e del quadro vincolistico ambientale in senso ampio. Qui si va a sperimentare la creazione di un database unificato di informazioni, che tanto risulta utile e necessario nella pratica quotidiana degli enti che gestiscono il territorio. Trasposizione del materiale analitico-tabellare in formato navigale sul web. Anche i risultati rappresentati da tabelle, descrittive o sinottiche di presenza/assenza di specifiche caratteristiche, possono essere scomposte e riaggregate con diverse chiavi di interrogazione. Prendendo ad esempio le tabelle di confronto che per ciascuna area territoriale incrocia temi e ambiti di studio: - si può procedere con letture a partire dall’aggregazione territoriale o, dove possibile, dall’unità amministrativa comunale, che presentino per ciascun tema i diversi riscontri disciplinari; - si può altresì procede per ambiti tematici ed isolare le informazioni di ciascun tema relative allo specifico quadro di analisi; - si può discriminare il dato per tipologia di analisi: punto di forza o di debolezza, opportunità. Anche in questo caso non è da escludere che nella progettazione esecutiva delle carte di navigazione non risulti interessante la possibilità di far disegnare virtualmente una carta-utente che nasce dall’aggregazione personalizzata, nuova e diversa da ciò che per chiarezza e rigore è possibile restituire in cartaceo, fermo restando che il prodotto scientifico e’ il medesimo ed indiscusso, ma alla ricerca dell’adeguato sistema di comunicazione sulla piattaforma prescelta. Ribadendo che quanto è in fase di predisposizione per la comunicazione del Dossier Preliminare è la struttura pilota necessaria per la pubblicazione del Piano completo, è bene ricordare che tutte le parti che formano il Dossier possono essere strutturate con molteplici forme ipertestuali di consultazione e navigazione in ambiente web, sfruttando le potenzialità implicite dello strumento e di arricchimento di materiali di supporto sotto forma di riferimenti esterni ad altri siti.
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Inoltre, la scelta del web non deve limitarsi a fornire un luogo per la pubblicazione e la consultazione dei documenti di piano, ma essere luogo di interlocuzione e confronto, dove dinamicamente gli attori che lavorano alla formazione del piano abbiano la possibilità di incontrare e informare gli utenti, che non sono solo virtuali fruitori della rete, ma più che reali utilizzatori del territorio, fornendo materiali non solo tecnici per esperti, ma anche divulgativi
2.3.2 – Metodo per lo sviluppo delle linee guida del PPES per l’area del Po piemontese. Sulla scorta delle premesse prima richiamate, inerenti il contesto nel quale si pone la problematica del PPES per l’area del Po piemontese, e della metodologia adottata nell’esperienza condotta dal Po torinese in collaborazione con l’Ente della Collina torinese, si può prefigurare pertanto una metodologia di lavoro che sviluppi i seguenti temi che saranno oggetto dello sviluppo di questa parte dell’indagine di redazione delle linee guida: UN PPES PER IL PO PIEMONTESE
A. INDIVIDUAZIONE OBIETTIVI E STRATEGIE. Redigere un modello ispirato alla Pianificazione strategica che individui preliminarmente le linee strategiche del tipo di quello redatto dal Po torinese con POTO.2010 ma riferita al contesto territoriale del Po Piemontese per la preliminare definizione dei campi di attività meritevoli di promozione connessi alle politiche territoriali e di programmazione regionali del Piemonte ed a quelle di scala di bacino (Manifesto per il Po e Progetto strategico Po dell’Autorità di Bacino). In questa prima fase è importante definire quali linee politiche ed amministrative vengono incrociate dal territorio dell’area protetta e delle proprie aree contigue, per poter definire quali soggetti e quali aree di investimento debbano essere individuate e coinvolte per l’avvio dei progetti di piano. Per l’avvio di tale attività è indispensabile una preliminare ricostruzione storica delle attività svolte precedentemente per il sistema del Po da parte dei due enti coinvolti (torinese e alessandrino-vercellese) sulla falsa riga della prima parte della presente relazione illustrata a pag. 4 nell’introduzione.
per utenze di non specialisti del settore. Ciò può avvenire fornendo continui aggiornamenti sull’iter che sta percorrendo il Piano, non abbandonando le pagine create fino al necessario aggiornamento per motivi amministrativi, ma mantenendole sempre un passo più avanti rispetto a ciò che la burocrazia impone al cartaceo.
delle mappe di comunità, quindi in equilibrio tra dato puro e schemi interpretativi delle comunità locali. C. REDAZIONE CATALOGO DEI PROGETTI MATERIALI ED IMMATERIALI AD IMPATTO POSITIVO IN CORSO. Monitoraggio delle progettualità esistenti aventi ricadute dirette e indirette sulle condizioni di progresso e sviluppo delle attività antropiche del territorio. D. REDAZIONE CATALOGO DEI PROGETTI MATERIALI ED IMMATERIALI AD IMPATTO CRITICO IN CORSO. Monitoraggio delle progettualità esistenti aventi ricadute dirette e indirette negative sulle condizioni di progresso e sviluppo delle attività antropiche del territorio e individuazione delle relative misure di compensazione e mitigazione. E. REDAZIONE CATALOGO NUOVE PROGETTUALITA’. Definizione con il supporto degli attori coinvolti dei nuovi campi di progetto da attivarsi sul territorio orientati a favorire le condizioni di progresso e sviluppo delle attività antropiche del territorio. F. DEFINIZIONE DEGLI STRUMENTI ATTUATIVI. Individuare il set di strumenti attuativi che permettano di mobilitare le risorse intellettuali e finanziarie per il raggiungimento degli obiettivi individuati, sia da inserire nel PPES che da suggerire come componenti del Piano territoriale d’area. Il presente lavoro individuerà contestualmente le modalità tecnico operative e di ufficio di piano per l’attuazione del PPES e la relativa stima di costo.
B. ANALISI LINEAMENTI DELLO SPAZIO GEOGRAFICO DEL PO PIEMONTESE. Individuazione e descrizione degli aspetti territoriali/urbanistici, sociologico/antropologici, ed economico-sociali. Redigere uno schema descrittivo che permetta di poter prendere visione dell’assetto territoriale anche in una prospettiva di visualizzazione sul modello
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Figura 15 – Schema articolazione PPES.
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2.4 - Individuazione delle parti del Piano d’Area del Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale del Po (PdA) che devono essere sottoposte ad aggiornamento poiché, dopo quasi 25 anni dall’entrata in vigore, (….) sono da ritenersi non più adeguate o, ancora, sono da modificare perché inattuabili nella forma inizialmente prevista. Da un esame generale, connesso soprattutto all’operatività in corso dello strumento garantita dallo strumento del parere obbligatorio, occorre affermare che sostanzialmente nel suo insieme lo strumento ancora oggi conserva una elevata capacità di intervento ed attualità, pur nell’approccio fortemente “zonale” che lo connota.
3.7.4 Aree ed elementi di specifico interesse paesaggistico ambientale 3.8 Strade, percorsi e circuiti d'accesso e di fruizione 3.9 Impianti, attrezzature turistiche, sportive e del tempo libero, strutture d'interesse dell'area protetta 3.10 Aree ed attività estrattive 3.11 Aree degradate ed insediamenti marginali, insediamenti arteriali 3.12 Infrastrutture, impianti ed attrezzature tecnologiche, impianti produttivi
Certamente nel tempo diverse questioni che il piano ha cercato di affrontare hanno subito dinamiche e sviluppi che hanno in parte modificato l’assetto previsionale nel complesso della ricchezza e differenziazione stessa degli obiettivi che lo strumento ha al suo interno e che sono riassunti nello stesso indice delle Norme di Attuazione:
4. Norme di gestione 4.1 Strumenti attuativi 4.1.1 Piano di regimazione delle acque e di sistemazione delle sponde 4.1.2 Ambiti d'integrazione operativa 4.1.3 Schede progettuali e schemi grafici 4.2 Sistemi informativi e valutativi
INDICE DEL PIANO
5. Norme finali 5.1 Norme finali
1. Norme generali 1.1 Norme generali di tutela 1.2 Efficacia e campo d'applicazione 1.3 Contenuti ed elaborati 1.4 Finalità ed obiettivi 1.5 Strategie ed opzioni di fondo 1.6 Categorie normative 2. Norme per ambiti territoriali 2.1 Articolazione in fasce ed in zone 2.2 Fascia di pertinenza fluviale (FPF) 2.3 Classificazione delle zone 2.4 Zone N, di prevalente interesse naturalistico 2.5 Zone A, di prevalente interesse agricolo 2.6 Zone U, urbanizzate 2.7 Zone T, di trasformazione 2.8 Tabella riepilogativa degli usi, delle modalità e delle condizioni di intervento, per zone 3. Norme per particolari categorie di risorse, d'opere e d'attività 3.1 Opere di sistemazione e difesa idraulica 3.2 Uso e qualità delle acque 3.3 Aree ed elementi di interesse naturalistico 3.4 Gestione forestale 3.5 Gestione faunistica 3.6 Aree ed attività agricole, aree verdi 3.7 Aree ed elementi di specifico interesse storico, artistico, culturale e paesaggistico 3.7.1 Centri e nuclei storici 3.7.2 Beni Culturali isolati e loro pertinenze 3.7.3 Siti di interesse archeologico
Tra queste certamente alcune questioni sono da verificare nell’efficacia di applicazione dello strumento quali ad esempio: il caso delle attività estrattive, per le quali non si è raggiunto lo schema di destinazione completa dei territori ad attività di fruizione e la loro cessione a patrimonio pubblico;
MISURE DEL PIANO DA SOTTOPORRE A REVISIONE ATTUATIVA
le problematiche connesse ai sistemi viari e delle infrastrutture, che spesso hanno seguito linee pianificatorie ed autorizzative che hanno scalvato, soprattutto per i temi di pubblica utilità, le stese previsioni del Piano d’area; gli strumenti per gestire le questioni connesse ai siti segnati da particolare degrado ambientale e territoriale, a volte rinviati alle normative nazionali per i Siti inquinati, ed altre invece lasciate in aree di limbo normativo in quanto non classificate ad alto rischio, pur costituendo fattori di disturbo non secondari sul territorio. gli aspetti di gestione più propriamente naturalistica (forestale e faunistica) integrati dalla legislazione in materia in particolare di rete natura 2000 e dai conseguenti provvedimenti di adozione dei Piani di gestione e delle Misure Minime di Salvaguardia. Da un confronto pertanto su elementi specifici che verranno individuati sulla base di un confronto con i temi affrontati soprattutto tramite l’istituto dei pareri, verranno individuale le parti normative che necessitano di aggiornamento in quanto non più adeguate o inattuabili nella forma inizialmente prevista.
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2.5 Proposte per l’inserimento, nel PdA, di obiettivi, di schede progettuali o di nuove parti che rispondano alle mutate esigenze del contesto territoriale e istituzionale entro cui si colloca il Piano.
Paesaggistico Regionale del 2017), prevedendone quindi una sua maggiore leggerezza e piuttosto la parallela crescita degli aspetti progettuali e di integrazione delle politiche altre rispetto alla conservazione della natura, specie tramite gli strumenti della manualistica di Piano.(vedansi in proposito gli esempi straordinari elaborati dall’Agenzia della Buiodiversità francese dell’Ile de France)
2.5.1 Premessa. Come già evidenziato nella parte introduttiva della presente relazione, per questa ultima parte del lavoro è necessario immaginare non già e LA NUOVA PROSPETTIVA DI solamente una operazione di innesto nello strumento attuale di elementi PIANIFICAZIONE INTEGRATA di aggiornamento. Infatti l’insieme dei fattori al contesto che sono incorsi PER IL PO PIEMONTESE dal 1995 ad oggi, rendono indispensabile la definizione di “nuova prospettiva per la pianificazione d’area della Fascia fluviale del Po”, che si può collocare nell’ambito anche della revisione dei paradigmi legati alle aree protette sintetizzabili nell’assioma Aree protette da laboratori di natura a laboratori perla sostenibilità.
2.5.2 - Assi di sviluppo per l’inserimento, nel PdA, di obiettivi, di schede progettuali o di nuove parti che rispondano alle mutate esigenze del contesto territoriale e istituzionale entro cui si colloca il Piano.
Su tale filone di interpretazione del tema del ruolo che l’area protetta debba svolgere sul territorio, individuando non solo la struttura della sua gestione interna ma anche l’insieme dei suoi aspetti di ricaduta al suo esterno (l’esoscheletro di piano), aspetti sui quali già i documenti e le elaborazioni del Convegno mondiale di Durban dell’IUCN del 2003 fissarono una serie di linee strategie molto chiare.
a. Adeguamento normativo. Si tratta in tale ambito di individuare le necessarie modifiche legislative che ridiano un ruolo ad uno strumento unitario di pianificazione della fascia del Po, messo per ora in un limbo nell’articolato della legislazione vigente. In tale campo si prevede in particolare di verificare le relazioni con gli strumenti territoriali operativi della legge generale Urbanistica vigente ovvero con gli strumenti di approfondimento del Piano territoriale regionale (vedasi il caso dell’area del Ticino piempontese), al fine di recuperare il ruolo di schema operativo territoriale nonché il rapporto con l’istituto delle aree protette del Po, mutuando però un percorso per così dire inverso a quello sviluppato negli anni ’80 tra PTO del Po e poi Piano d’Area del sistema delle are protette della fascia fluviale. Nella precedente fase pianificatoria, infatti, il territorio da non essere dotato di una strategia per il Po, è stato dotato con il PTO del Po, di una prima fase di elaborazione, a cui poi è seguita la nascita del Piano d’Area, essendo poi state istituite le aree protette lungo il suo corso. In questo caso invece ci troviamo di fronte ad un assetto ribaltato, definito da una politica speciale (oggi costituita da Riserve naturali, aree contigue e sistemi di Rete Natura 2000) che deve raccordarsi con la pianificazione ordinaria soprattutto con il contesto mutato e gli obiettivi globali più vasti e complessi che fanno parte delle problematiche inerenti il punto successivo. Ieri la pianificazione urbanistica ordinaria è andata verso l’area protetta, mentre oggi questa deve muoversi verso il territorio, conscia che solo strategie allargate possono permettere il raggiungimento dei suoi veri obiettivi di conservazione dei beni naturali e della biodiversità. Si tratta pertanto di indagare un assetto normativo in materia di aree protette che definisca uno strumento integrato tra istituti delle aree protette ed ambiti territoriali vasti di contesto (riprendendo ma connettendo a normative applicative più stringenti gli stessi concetti degli Ambiti di Integrazione Operativa già individuati dal Piano di Roberto Gambino.
Il mancato inserimento tra gli strumenti di pianificazione delle aree protette nella legislazione vigente dello speciale strumento del Piano per il Po (di cui all’art. 15 della legge Regionale n. 28/90) ha reso in qualche modo orfano questo ambito territoriale di uno strumento guida unitario. Occorre pertanto ed innanzi tutto prevedere di colmare questa lacuna con un adeguamento in primo luogo legislativo. Inoltre l’evoluzione degli aspetti normativi (dall’avvenuta approvazione del PAI dell’Autorità di Bacino nel 2001 e al Piano Paesaggistico Regionale del 2017) nonché delle dinamiche di contesto quali: a) i criteri sulla Sostenibilità delle azioni per l’equilibrio del Pianeta connessi ai Millenium Goals, entrati in vigore il 1 gennaio 2016 e i documenti come il SSSE Europeo(1999) b) la problematica del consumo di suolo, c) gli studi e le applicazioni connesse al tema dei servizi ecosistemici ed alle modalità di calcolo e pagamento connesse, d) i temi della pianificazione attraverso le categorie delle Green infrastructur, e) gli effetti del climat change, che costituiscono nuovi scenari di problematicità, rendono necessaria la definizione di uno strumento nuovo, che sappia affrontare meglio e con maggiore incisività sia le misure di pianificazione dirette come anche il tema delle ricadute di contesto, in quello che già il Piano originario definiva come “ambito di influenza indiretta” del Piano. Inoltre la sua struttura non deve più essere ispirata ad una azione omnicomprensiva rispetto a valori e problemi affrontati nel tempo da altri strumenti vigenti (vedansi il PAI dell’Autorità di Bacino nel 2001 e il Piano
In sintesi la metodologia di lavoro che è prevista prenderà in esame a titolo di esemplificazione le seguenti aree di lavoro che sono desumibili dall’approccio metodologico individuato nella presente relazione.
5 ASSI DI LAVORO
b. Adeguamento degli obiettivi e nuove previsioni. In ossequio ai temi trattati nella premessa che tracciano obiettivi di natura più generale e complessiva collegati sia alle emergenze contemporanee che alla necessità di dare forma ai concetti elaborati a partire dai documenti di IUCN di Durban, il piano deve prevedere una serie di adeguamenti d’obiettivo in particolare volti a:
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Raccordare meglio e sviluppare nel contempo una sorta di alleggerimento normativo del Piano, definendo meglio i rapporti con gli obiettivi relativi al tema dell’uso delle acque e della regimazione/assetto idrogeologico inseriti nella strumentazione approvata dall’Autorità di Bacino del Fiume Po, che ha per molti versi sviluppato un ambito che il Piano prevedeva di elaborare al suo interno, ma che è poi stato superato dalla legge 183/89 e da tutti gli strumenti connessi. Dello stesso tenore deve essere l’approccio sul piano paesaggistico, in qualche modo creando un link esterno al Piano che rinvii a queste strumentazioni vigenti, non costituendone più elemento d’originalità specifica al proprio interno. Prevedere nuovi obiettivi connessi ai seguenti macroprofili: 1.
Il tema della ricaduta economico sociale del Piano negli aspetti del progresso territoriale locale derivanti dalla sua integrazione con il Piano Pluriennale economico sociale,
2. le indicazioni provenienti dalla matrice di sostenibilità applicata al Piano e che riguardano a titolo di esempio le politiche di adattamento al climat change o quelle afferenti ai rapporti tra pianificazione e qualità della vita delle comunità locali a partire dal tema della salute e degli effetti delle previsioni di destinazione ambientale del territorio sul sistema sanitario.
misure di mitigazione ed ai piani compensativi nonché agli strumenti di natura perequativa in un contesto territoriale comprensivo delle aree circostanti alla fascia di influenza diretta del Piano (vedasi aspetti normativi legati al PTCP della Provincia di Torino). 5. Le problematiche legate agli indirizzi del documento SSSE Europeo che traccia in specifico i seguenti obiettivi: 1. Le città policentriche. Sviluppo di un sistema di città policentrico e più equilibrato e rafforzamento della partnership tra città e campagna. Ciò implica anche il superamento del dualismo cittàcampagna che oggigiorno non ha più ragione di esistere. 2. La comunicazione. Incentivazione dei metodi di trasporto e di comunicazione integrati che favoriscano lo sviluppo policentrico del territorio europeo e che rappresentino una premessa essenziale per il coinvolgimento attivo delle città e regioni europee nell’UEM. Va inoltre realizzata, gradualmente, la parità di accesso alle infrastrutture e alle conoscenze, tramite adeguate soluzioni regionali. 3. La tutela. Sviluppo e cura del patrimonio naturale e culturale tramite una gestione prudente, a tutela anche e ai fini di un ulteriore sviluppo dell’identità regionale, nonché della preservazione della molteplicità naturale e culturale delle regioni e città europee nell’epoca della mondializzazione.
3. gli aspetti di relazione con la questione del riconoscimento dei servizi ecosistemici con l’inserimento negli strumenti attuativi delle procedure per la loro contabilizzazione e pagamento. 4. le problematiche legate all’attuazione delle reti ecologiche e dell’approccio della pianificazione delle Green infrastructur e quindi alle
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c. Schede progettuali. 1. Alla luce dello sviluppo delle azioni condotte nel territorio e delle problematiche individuate si prevede di proporre la individuazione di nuove schede progettuali in coincidenza di territori che hanno espresso problematicità specifiche e per la cui soluzione appare importante l’apertura di schede di progetto specifiche, che vengano tuttavia agevolate nelle loro attuazioni da nuovi strumenti attuativi di cui al punto successivo. Tali schede possono riguardare sia ambiti in aree protette che in aree contigue, riconsiderando in articolare la definizione di schede anche negli ambiti urbani di Torino nel tratto sotteso tra Moncalieri e San Mauro torinese. 2. A fianco di tale previsione dall’analisi preliminare condotta si ritiene utile affrontare e ripresentare una riconsiderazione degli Ambiti di integrazione operativa (considerati come strumenti attuativi nella vigente edizione del Piano d’Area come meglio descritto di seguito e macrocontenitori delle schede progettualio). L’ipotesi è infatti quella di andare a realizzare delle “macro schede progettuali, che permettano di definire con maggiore concretezza e destinazione una serie di dotazioni territoriali, da declinare più nel dettaglio con le schede progettuali e da utilizzarsi come territori di Accordo per poter collegare meglio la fase di piano con quella attuativa.
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d. Strumenti attuativi. -
La possibilità di raggiungere gli obiettivi del piano, come è peraltro previsto in tutta la materia pianificatoria e urbanistica, è affidata agli strumenti cosidetti “attuativi”. La normativa del Piano vigente ha previsto una specifica indicazione che recita come segue: Art. 4.1 Strumenti attuativi 1. Ai fini della gestione delle azioni di tutela e valorizzazione della fascia fluviale, il Piano prevede: a) Piani di settore, in particolare il Piano di regimazione delle acque e di sistemazione delle sponde, di cui all'art, 4.1.1; b) Ambiti di integrazione operativa (A1, AM, A2, A3) di rilievo regionale, comprendenti ampi tratti della fascia fluviale, anche esterni all'area protetta, ma ad essa correlati; c) schede progettuali, corredate da schemi grafici illustrativi in scala 1/10.000. 2. Il Piano individua gli Ambiti di integrazione operativa (AIO) nei quali è opportuno assicurare, anche mediante appositi progetti regionali, il coordinamento e l'integrazione di azioni ed interventi diversi, facenti capo a soggetti e settori di competenza differenti ed interagenti: A1 per il tratto Faule -Moncalieri AM per il tratto Moncalieri-Chivasso A2 per il tratto Crescentino-Casale A3 per il tratto Casale-Bassignana In tali ambiti, ai fini di una efficace tutela e valorizzazione dei siti e delle risorse, è necessario approfondire e specificare le valutazioni e le scelte del Piano anche alla luce di analisi più specifiche e dettagliate. Al fine di facilitare il processo attuativo ed i necessari accordi programmatici tra i soggetti interessati, tali ambiti possono articolarsi in "sub-ambiti di concertazione operativa", quali quelli già individuati dal Piano per l'ambito A1. Il Piano definisce i termini di riferimento per assicurare l'operatività integrata nei suddetti ambiti e, più precisamente, i campi d'applicazione e di operatività, i principali problemi da affrontare, gli obiettivi da perseguire e gli indirizzi progettuali da seguire nel quadro delle norme generali stabilite per tutta la fascia fluviale; i termini di riferimento sono sinteticamente esposti negli articoli che seguono. In realtà questa parte del Piano ha fatto riferimento, per i piani di settore, Piano di regimazione delle acque e di sistemazione delle sponde, che è stato poi ripreso dal PAI dell’Autorità di Bacino e non ha previsto specifiche misure attuative; per quanto attiene agli Ambiti di integrazione operativa, ci si è limitati ad individuare delle sottoaree di intervento per le quali tuttavia si è rinviato per la loro attuazione a generici “progetti regionali”, e pertanto a nessun strumento che afferisca invece all’armamentario della famiglia urbanistica (Piano particolareggiati, Piano esecutivi convenzionati e altri piani progetto previsti dalla strumentazione nazionale e regionale, ovvero ad “accordi territoriali”). Infine anche le schede progettuali, meglio descritte più sopra, si sono configurate come perimetrazioni che non hanno fornito e indicato strumenti attuativi specifici. Solo nel caso della regolamentazione relativa alle modifiche sostanziali delle schede legate al proseguimento delle attività estrattive, si è
previsto, ma non nel piano bensì con specifica deliberazione della giunta regionale in fase di attuazione (nel 1997) il PEC per i casi di progetti estrattivi che andavano oltre le modifiche non sostanziali degli schemi grafici. Inoltre ed infine in questa parte sono inserite misure che rappresentano più che condizioni di natura attuativa, costituiscono strumenti per la sua corretta applicazione del Piano. Si tratta di quanto stabilito al comma 4 dell’art. 4.2 laddove i progetti degli interventi espressamente indicati nella tabella di cui all'art. 2.8. e da questa assoggettati alle condizioni C2, C3, C4 o da altre prescrizioni delle presenti Norme devono essere corredati da uno studio di verifica di compatibilità ambientale (VCA). Lo studio di VCA deve contenere i seguenti elementi informativi e valutativi: a) la descrizione dell'ambiente interessato anche indirettamente dal progetto (risorse e componenti, condizioni e pressioni in atto, prima dell'attuazione e processi evolutivi); b) la descrizione del progetto (con particolare riguardo al consumo delle risorse ed alle emissioni previste) e delle alternative considerate, compresa quella di non realizzazione del progetto; c) l'identificazione e la valutazione degli impatti prevedibili sull'ambiente, nelle fasi di costruzione, di esercizio e di dismissione delle opere previste, e delle diverse alternative; d) la descrizione delle misure previste per eliminare o mitigare gli impatti previsti, per monitorare le condizioni ambientali. Nella relazione, redatta e firmata da tecnici di comprovata esperienza, deve essere inoltre contenuta una esplicita valutazione della congruità dell'intervento di trasformazione proposto rispetto agli obiettivi del Piano e deve essere accompagnata da un riassunto in linguaggio non tecnico dei punti precedenti. Gli studi di VCA sono sottoposti alla valutazione delle Amministrazioni competenti al rilascio dei provvedimento autorizzativi, previo parere dell'Ente di gestione. Gli studi di VCA integrano anche i progetti relativi agli interventi diversi da quelli già richiamati nel presente comma qualora sussistano fondati timori di rischio ambientale o di impatti meritevoli di attenzione. Alla luce di questi richiami appare evidente che su questo fronte occorre prevedere invece l’allestimento di strumenti attuativi specifici che permettano alle indicazioni pianificatorie di poter essere sviluppate lungo modalità e procedure possibilmente mutuando gli strumenti attuativi già previsti per la pianificazione di area vasta. Da un lato si fa riferimento al tema dello strumento attuativo diretto (quali sono le tipiche modalità urbanistiche dai PEC ai PP) e dall’altro al tema degli “accordi”, come metodi per consentire la convergenza degli attori pubblici ed anche privati nel raggiungimento degli obiettivi di progetto del Piano (a tale proposito le esperienze condotti dalle varie piattaforme quali PTI, PISL, PRUSST etc… costituiscono schemi di riferimento utili ai quali ispirarsi per la definizione di “progetti regionali” specifici per l’attuazione del piano). Le elaborazioni fatte sul tema degli ambiti territoriali dallo stesso Piano vigente possono fornire un importante suggerimento ed indirizzo laddove si vogliano identificare ambiti di
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operatività (gli AIO o le scheda progettuali) per i quali occorre tuttavia specificare meglio modalità, attori e obiettivi, proceduralizzando le metodiche di attivazione delle previsioni del Piano. e) Manualistica di Piano
Sulla scorta delle esperienze prodotte a livello della gestione degli enti gestori e mutuando le attività sviluppate in occasione del PPR regionale, sviluppare un set di manuali di intervento per la guida delle attività di gestione del Piano . (vedasi materiali in sitografia del PPR regionale e i materiali dell’Agenzia Naturparif francese)
Figura 17 – Esempio di manualistica scaricabile dal sito di Naturparif dell’Agenzia dell’Ile de France
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2..5.3 Conclusioni In conclusione il lavoro che verrà stilato in relazione agli obiettivi ed alle problematiche di contesto qui descritte, si configura ancora come una operazione dai contenuti di laboratorio d’innovazione, in quanto l’impianto originario del Piano d’Area rispondeva alle migliori tendenza in via di affermazione nel quadro delle strategie europee, che tuttavia dagli anni ’90 ad oggi non sono state recepite nel nostro ordinamento.
molteplicità naturale e culturale delle regioni e città europee nell’epoca della mondializzazione. Articolato in: Il patrimonio naturale e culturale: potenziali di sviluppo Conservazione e sviluppo del patrimonio naturale Gestione oculata delle risorse idriche: una sfida particolare per lo sviluppo territoriale Gestione creativa dei paesaggi culturali europei Gestione creativa del patrimonio culturale urbano
Attualmente, se si intende mantenere coerenza con le linee guida internazionali e mantenere nel contempo coerenza con l’impianto di pensiero del Piano d’Area per le sue componenti di forte innovazione ancora presenti, occorre proseguire sulla strada del concetto dell’integrazione sintetizzato nel triangolo descritto dallo SSSE, arricchendolo però di strumenti attuativi e di un maggiore grado di territorializzazione, rifacendosi in particolare agli obiettivi generali stabiliti dal documento SSSE che ha articolato le tre opzioni di fondo sopra ricordate (Città policentriche, Comunicazione, Tutela):
Nel complesso l’operazione mira pertanto a mettere a punto, mutuando una figura concettuale vicina alla progettazione dell’automotive consona al pensiero piemontese, un nuovo veicolo usando però anche molti ricambi provenienti da veicoli già in commercio, specie di marca straniera, coinvolgendo per ovvie ragioni di coerenza tutta la fascia del Po e non solo il territorio direttamente afferente alla gestione del nuovo Ente del Po piemontese. Altra rappresentazione figurata che possiamo utilizzare è quella delle bisarche illustrata di seguito a pag. 52 .
1 - Sviluppo di un sistema di città policentrico e più equi- librato e rafforzamento della partnership tra città e campagna. Ciò implica anche il superamento del dualismo cittàcampagna che oggigiorno non ha più ragione di esistere. Articolato in: Verso uno sviluppo policentrico ed equilibrato del territorio europeo Città e aree urbanizzate dinamiche, attraenti e competitive Sviluppo endogeno, diversificazione e produttività degli spazi rurali Partnership tra la città e la campagna
Inoltre le problematiche generali incorse dagli anni ’90 ad oggi consigliano di individuare un approccio di forte integrazione con gli strumenti oggi vigenti su fronti di area vasta che prima il Piano d’Area inglobò in se (come il PAI o il Piano Paesaggistico) per sviluppare una maggior incisività attuativa e progettuale. Nello schema seguente sono in sintesi richiamati i diversi aspetti individuati per la definizione di uno strumento unitario di gestione della Fascia fluviale .
Il percorso può essere cosi definito mediate: 2 - Incentivazione dei metodi di trasporto e di comunicazione integrati che favoriscano lo sviluppo policentrico del territorio europeo e che rappresentino una premessa essenziale per il coinvolgimento attivo delle città e regioni europee nell’UEM. Va inoltre realizzata, gradualmente, la parità di accesso alle infrastrutture e alle conoscenze, tramite adeguate soluzioni regionali. Articolato in: Un approccio integrato per migliorare i collegamenti alle reti di trasporto e l’accesso alle conoscenze Lo sviluppo policentrico: una prospettiva di una migliore accessibilità Utilizzazione efficace e sostenibile delle infrastrutture Diffusione del sapere e delle capacità d’innovazione 3 - Sviluppo e cura del patrimonio naturale e culturale tra- mite una gestione prudente, a tutela anche e ai fini di un ulteriore sviluppo dell’identità regionale, nonché della preservazione della
1. una modifica legislativa che dia copro ad un nuovo strumento per la gestione delle aree protette integrato con le aree contigue e rete natura 2000 (una Po Piemont Green Infrastructur); 2. una contestuale azione di Piano programmatica a regia regionale che si fonda sulle procedure della vigente legislazione urbanistica di area vasta con la quale recuperare la cogenza delle azioni “al contorno” per rimettere in gioco gli spazi degli ambiti di influenza indiretta del Piano del Po di Gambino ma secondo un percorso anche coordinato di governance e ruolo dell’Ente digestione dell’area protetta, letto come soggetto avente due scopi: la gestione del suo interno , il ruolo di guida e facilitatore come un agenzia per l’area esterna definita programmaticamente dalla Regione con Piano di area vasta (la buffer della Green infrastructur del Po piemontese)
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PIANO REGIONALE DELLA FASCIA INTEGRATA DEL PO
PO PIEMONT GREEN INFRASTRUCTUR AREE PROTETTE E AREE CONTIGUE
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Nello schema seguente è riassunto in sintesi, per elementi di riferimento principali e non esaustivi, lo schema generale secondo il quale si muoverà pertanto l’azione complessiva per la stesura delle linee guida di aggiornamento del Piano d’area.
Figura 19 – Schema temi e argomenti per una nuova pianificazione della fascia fluviale del Po
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Nei grafi seguenti sono rappresentate infine le figure ideali alle quali si fa riferimento per l’individuazione dello schema generale finale del Piano riportate per visualizzare in modo semplice la natura dell’approccio proposto. Nella figura A, è rappresentata la rete bioculturale che rappresenta il capitale naturale e socio-culturale del territorio coinvolto nel progetto Po, mentre la successiva figura B fornisce il quadro della rete insediativa antropica che con la sua impronta ha modificato gli utilizzi del suolo del territorio interessato dalla Fascia fluviale del Po e dei territori circostanti. In entrambe
le raffigurazioni sono evidenziati i due ambiti di influenza del Piano, uno diretto ed uno indiretto. Queste due reti sono costruite nell’ambito del processo del PPES e su queste interviene successivamente lo strumento del Piano d’Area e la pianificazione territoriale regionale, operando in due modalità: -
da un lato quella diretta sul sistema delle aree protette con uno strumento di gestione di continuità della fascia fluviale (da inserire con modifica della normativa delle aree protette) avente efficacia sia sulle aree protette che sulle aree contigue e
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ricomprendendo integralmente al suo interni i processi di pianificazione delle singole riserve naturali; -
dall’altro una seconda dedicata all’area di influenza indiretta del Piano che assume efficacia attraverso l’applicazione di un istituto pianificatorio a regia della Regione Piemonte che può essere rappresentato da un nuovo PTO del Po ovvero da un approfondimento del Piano territoriale regionale.
In sintesi il processo dovrebbe vedere l’avvio coordinato di una iniziativa di pianificazione che la Regione Piemonte avvii sul tema della fascia fluviale del Po in un processo unitario che sviluppi azioni da un lato sul fronte delle aree protette e dall’altro su quello dell’ambito esterno a queste e immediatamente influente su di esse.
Figura .20 – Grafo della visione della connessione dei sistemi ecologici e storico sociali della fascia del Po
Figura 21 – Grafo della visione ideale del sistema degli insediamenti antropici nella fascia del Po
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Figura 22 – Grafo della visione ideale del sistema degli ambiti di progetto e delle singole schede progettuali da attuarsi attraverso un cogente ed efficace sistema di strumenti attuativi e progetti regionali accompagnati da procedure efficaci.
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