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STANDARD & LEGISLATION

STANDARD & LEGISLATION - UCIF Informs

La sostenibilità aziendale è un miraggio?

Marcello Zinno

UCIF – Unione Costruttori Impianti di Finitura, Milano, Italia info@ucif.net

Quando si parla o si legge di sostenibilità spesso ci si imbatte in slogan, strategie di marketing con poca concretezza o ancora in fenomeni e personaggi mediatici. Difficilmente si ragiona a fondo su come le aziende di oggi dovrebbero e potrebbero essere concretamente sostenibili, anche creandosi un vantaggio competitivo, perché i due fattori non sono sostitutivi ma complementari. E allora tutto il tema della transizione verso tecnologie a ridotto impatto ambientale non passa solo per la capacità di intercettare risorse economiche dedicate (spesso pubbliche), ma si pone come fine per cambiare approccio produttivo e presentarsi con una nuova filosofia aziendale che porti diversi benefici. È con questa mentalità che UCIF ha organizzato un incontro digitale, all’interno del proprio format chiamato We Talk, con la partecipazione di due esperti che hanno affrontato il problema con un occhio rivolto alle aziende e ai vantaggi aziendali nell’abbracciare scelte sostenibili. Perché se è vero che spesso i cittadini sono sensibili a questi temi, è anche vero che molti settori industriali non sanno ancora come coniugare l’attenzione verso l’ambiente con i vincoli economici che i mercati (ormai mondiali) impongono. Proprio per comprendere meglio come muoversi all’interno della giungla (anch’essa verde) dei temi ambientali UCIF è partita dall’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030 e dai suoi 17 macro obiettivi, che, insieme all›accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, costituisce la tabella di marcia per un mondo migliore e per il quadro globale di cooperazione internazionale in materia di sviluppo sostenibile e relative dimensioni economiche, sociali, ambientali e di governance. Per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda, l’Europa si è fatta promotrice di una serie di politiche e di obiettivi vincolanti, come la riduzione del 55% di emissioni di gas serra entro il 2030 e quello ancora più ambizioso di neutralità climatica dell’Unione entro il 2050, che passa necessariamente attraverso un processo di decarbonizzazione di ciascuno Stato Membro (declinato poi all’interno del PNIEC). Ma perché economicamente (e non solo per una responsabilità sociale) le aziende dovrebbero andare in questa direzione? Innanzitutto il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevede che il 37% dei fondi venga destinato alla transizione verde, che costituisce una delle 6 missioni del piano, ma anche perché, attraverso modelli di business circolari, si possono creare diverse opportunità, come, per esempio, il modello di simbiosi industriale (gli scarti di un’azienda potrebbero tradursi in risorse per un’altra). A ciò si aggiungono delle misure atte a promuovere il diritto al riuso e alla riparazione e si andrà sempre di più nella direzione di prodotti disassemblabili per consentire il corretto smaltimento di ogni singola componente (ecoprogettazione). E, come se non bastasse, la sostenibilità diventerà anche una “cultura aziendale” per fare engagement su diversi livelli: di azionisti, perché in futuro nessuno vorrà investire in un’azienda che inquina; di dipendenti, perché le giovani generazioni sono attente al tema e non vorranno portare competenze in un’azienda non green; della strategia aziendale stessa, perché nessuna mission aziendale sarà più concepita se non si prevede un rispetto o una tutela dell’ambiente che ci circonda. Di questo e di molto altro si è discusso durante l’incontro digitale, uno dei tanti appuntamenti che l’associazione sta realizzando per supportare le aziende, perché per essere sostenibili è necessario muoversi insieme. Il contributo isolato del singolo, pur utile, è marginale.

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