Tullio Crali, Vertigini e Visioni

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COMUNE DI CIVITANOVA MARCHE


OFFICINA DEL DOMANI

LABORATORIO DELL’AVVENIRE

OFFICINA DEL DOMANI

LABORATORIO DELL’AVVENIRE


12 LUGLIO - 3 NOVEMBRE 2013 Auditorium di Sant’Agostino Pinacoteca civica Marco Moretti Civitanova Marche Alta


TULLIO CRALI

VERTIGINI E VISIONI

12 luglio - 3 novembre 2013 Auditorium di Sant’Agostino Pinacoteca civica Marco Moretti Civitanova Marche Alta

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica

Comune di Civitanova Marche

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Senato della Repubblica MIBAC MIUR, Ufficio Scolastico Regionale Marche - Direzione Generale Rappresentanza in Italia della Commissione Europea Regione Marche Provincia di Macerata Enti promotori Comune di Civitanova Marche Assessorato alla Cultura Pinacoteca civica Marco Moretti Azienda Speciale Teatri di Civitanova Collaborazioni Futura Festival Civitanova Marche Ufficio Scolastico Regionale Marche Università degli Studi di Camerino Facoltà di tecnologia e conservazione Beni Culturali Mostra e catalogo a cura di Enrica Bruni Stefano Papetti Saggi Enrica Bruni Carla Cace Marzia Crali Giovanni Lista Stefano Papetti Assicurazione AON s.p.a. Insurance & Reinsurance Willis Italia s.p.a. Axa Art D’Ippolito e Lorenzano

Realizzazione grafica Federica Tarchi

MIUR

Ufficio Scolastico Regionale Marche Direzione Generale

Trasporti Montenovi s.r.l. Roma Ufficio stampa Chiara Levantesi, Comune di Civitanova Carlo Scheggia, Teatri di Civitanova Foto Domenico Oddi, Ascoli Piceno

REGIONE MARCHE Provincia di Macerata

Stampa ICONA FX Un vivissimo ringraziamento a tutti gli Enti e i collezionisti privati senza la cui disponibilità la mostra non sarebbe stata possibile Si ringrazia particolarmente Associazione Culturale Futur-Ism Silvia Borroni Massimo Carpi Lavinia Crali Marzia Crali Vibia Crali Anna Bartolozzi Crali Alfredo Di Lupidio Livio Felluga Marina e Michela Mengarelli Osvaldo Mercuri Giovanni Picco Gino Troli Elena Vannucci Simone Vissani Valentina Viti Il Consiglio di Amministrazione Azienda Speciale Teatri di Civitanova Il personale della Delegazione Comunale di Civitanova Marche

La mostra è stata realizzata con il sostegno di

Paciotti s.p.a.

ATAC Civitanova s.p.a.

Gas Marca

Rinaldelli Immobiliare

ICA s.p.a. WOOD COATINGS

Montenovi Trasporti




Con “Tullio Crali. Vertigini e visioni” continuano le mostre d’arte che il Comune di Civitanova Marche propone da oltre un decennio con visibile successo di pubblico e di critica. Il visitatore potrà godere, in spazi monumentali carichi di storia e di fascino, delle ardite prospettive di Crali, un artista mitico che ha eletto le Marche a sua seconda Patria, e potrà farsi prendere dalle forme e dai colori di opere suggestive e armoniose che hanno segnato in maniera originale e superba l’universo fantasmagorico del Futurismo e dell’Aeropittura. L’uomo di cultura, il turista, come il semplice cittadino curioso, potrà inoltre apprezzare la collezione della Pinacoteca civica Marco Moretti, una raccolta accurata e significativa che ripercorre le tappe salienti della storia artistica del ‘900 italiano, potrà ritemprarsi in spiaggia e serenamente ammirare gli scorci suggestivi di Civitanova Alta, le dolci colline, il mare e vivere così quel tempo pacato che predispone l’animo verso le cose belle. I nostri ospiti avranno l’opportunità di apprezzare la rassegna dedicata a Tullio Crali e il Futura Festival, un appuntamento prestigioso nel quale perfettamente è incastonata questa mostra d’arte che ne condivide gli obiettivi e ne completa i modelli, e molti altri eventi di valore che, per ragioni artistiche e programmatiche, sottolineano ed esaltano il ruolo di primo piano che questa Amministrazione da a tutto ciò che gravita intorno alla cultura, alla formazione, alla sperimentazione di quelle forme intellettuali ed artistiche che tra loro si intrecciano, scambievolmente si contaminano, in vari modi coniugano le eccellenze locali a ciò che è generale, la tradizione e ai fenomeni di largo respiro internazionale. Il mio grazie, il grazie di tutta Civitanova Marche, va ai professionisti, agli esperti, alla generosità degli Enti e dei collezionisti, a tutti coloro che hanno saputo magistralmente, di nuovo, manifestare questa Città come un esempio virtuoso e originale sul piano delle idee, dei contenuti, dell’accoglienza. Il pubblico sicuramente ammirerà e valuterà, con le opere d’arte di Tullio Crali e con le opere d’arte dei Maestri storicizzati esposti in Pinacoteca civica, il lavoro di tutti, le competenze e lo slancio professionale, condividerà e sarà partecipe, lieto di cogliere l’occasione di acquisire nuova linfa che gli permetta di allargare i propri saperi, di riscoprire quei valori universali che gli faranno guardare con fiducia oltre al quotidiano.

Il Sindaco Tommaso Claudio Corvatta

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La configurazione così particolare di Civitanova Marche, due città in una, che raccoglie in un unicum l’immagine simbolo delle Marche come Terra delle Armonie: spiagge insignite di un vessillo prestigioso come la Bandiera Blu, colline che regalano morbidi paesaggi, borghi ricchi di storia e di opere d’Arte e quella schietta accoglienza che ha reso famosi i marchigiani, ci concede di articolare molte e originali iniziative, ci permette di utilizzare e valorizzare la ricchezza artistica e architettonica, come quella della Città Alta e viverla come scenografia naturale e spazio ideale di accoglienza per eventi espositivi di rilievo com’ è la mostra d’Arte “Tullio Crali. Vertigini e visioni”. Una rassegna di assoluto prestigio dedicata a uno dei maestri più significativi del movimento Futurista italiano, quell’aeropittore che con impeto, per sessant’anni, tenne in vita quella poetica alimentandola con il suo talento di artista e di intellettuale perché come lui stesso scrive “il Movimento non morirà mai perché è Futuro”. Un nucleo di opere di grande rilevanza pone l’accento alla resa del paesaggio e della veduta, con punti di vista arditi, avveniristici, moderni, con una tecnica inconfondibile e una personale ricerca artistica. La nostra Terra deve qualcosa a Tullio Crali, alla sua statura d’artista e alla sua pur acquisita “marchigianità” e questa iniziativa culturale, che non si risolve con una mostra di dipinti, gli rende omaggio anche perché come uomo del suo tempo lo precorre sentendo l’urgenza di confrontarsi con quel Futuro che è anche il tema di indagine del nuovo progetto culturale civitanovese. Ecco che questa mostra, e la figura di Crali, si inseriscono magnificamente in Futura Festival, lo arricchiscono e autorevolmente connotano la proposta culturale dell’estate 2013 rafforzando la capacità attrattiva della nostra Città sempre più aperta e proiettata oltre i nostri naturali confini. E’ un progetto e un investimento che sottolinea quanto questa Amministrazione crede nel valore della Cultura e dell’Arte per una crescita sociale, civile ed economica della società, soprattutto in tempi complessi come quelli che stiamo vivendo. Civitanova Marche si è sempre dimostrata pronta ad accettare nuove sfide, con coraggio e decisione ha saputo in passato, e lo farà ancora nel presente e nel futuro, dare nuovo corso alla sua storia. E’ un moto di orgoglio che genera energia positiva, quella che muove la Direzione della Pinacoteca civica Marco Moretti e tutti quelli che con amore e tenacia si sono adoperati per la buona riuscita di questo appuntamento di Cultura e che desidero ringraziare anche a nome della città per la professionalità e l’esperienza che dispensano. Un appuntamento che non mancherà di raccogliere meritati consensi, approvazione e successo. Il Vice Sindaco e Assessore alla Cultura Giulio Silenzi 8


Quello che state per leggere sarebbe il terzo intervento istituzionale e preferisco scongiurarlo perché sarebbe una ripetizione di concetti, condividendo le parole di apprezzamento del Sindaco e dell’Assessore sulla nostra città e sul valore della mostra. I ringraziamenti invece mi concedo di riaffermarli perché senza la professionalità, la competenza e la passione della Direzione della Pinacoteca e di quanti con lei si sono prodigati certi risultati non si raggiungerebbero. Detto questo voglio lasciare il mio spazio all’arte, a quel senso di vertigine e di ebbrezza che le immagini di Crali provocano, così come molta parte dell’opera Futurista, da quella pittorica a quella letteraria. “L’aeroplano è simbolo del futurismo. Questo prodigioso congegno alato, che prima corre sulla terra, tanto veloce da potersene alfine staccare per librarsi nell’aria al disopra di ogni via battuta e d’ogni ostacolo” così scrive Filippo Tommaso Marinetti con il quale Tullio Crali ha condiviso la poetica futurista libera e audace, e ad alcuni versi di Marinetti tratti da “Lussuria-Velocità” cedo la parola per salutare: “Udite voi la sua voce, cui la collera spacca.. la sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia… e il tuonar de’ suoi ferrei polmoni crrrrollanti a prrrrecipizio interrrrrminabilmente?... Accetto la sfida, o mio stelle!... Più presto!...Ancora più presto!... E senza posa, né riposo!... Molla i freni! Non puoi? Schiantali, dunque, che il polso del motore centuplichi i tuoi slanci! Urrrrà! Non più contatti con questa terra immonda! Io me ne stacco alfine, ed agilmente volo sull’inebriante fiume degli astri che si gonfia in piena nel gran letto celeste!”

La Presidente dei Teatri di Civitanova Rosetta Martellini

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Futurismi storici e presenti Il Futurismo e Futura Festival. Un connubio naturale, assolutamente necessario, perché quando la direttrice della Pinacoteca, che ringrazio per lo sforzo organizzativo profuso in tempi così stretti, mi propose di inserire l’evento su Tullio Crali tra le iniziative del festival, il legame tra le due cose fu così evidente che il grande pittore futurista e la sua opera apparvero subito come antesignani di ogni avanguardia, ieri come oggi. Qualcuno dirà che il Futurismo poi si trasformò in stampella di un regime e di una ideologia che ne fecero copertura artistica a operazioni politiche di ben altra gravità e significato storico. A noi interessa invece la portata internazionale di un fenomeno inusuale in Italia, un paese in lenta evoluzione ottocentesca, che d’un tratto balza dal secondo decennio del ‘900 al centro di una rivoluzione culturale che da “Le Figaro” si espande in Europa e diventa, chi sa se qualcuno ha mai pensato a questo, l’unico momento di nuovo protagonismo artistico italiano nel continente europeo,addirittura dopo il lontano Rinascimento. In questo quadro, la figura e l’opera di Tullio Crali diventano di estremo interesse e documentano i passaggi fondamentali di un movimento in cui, la stessa natura individualista o meglio superomistica, induce ciascun esponente a percorrere vie personali, a declinare in modi diversi il paradigma generale, a trasformare alla De Saussure una lingua in parola, la parola che i singoli articolano alla loro maniera su una lingua che avrebbe negato la sua stessa radice libertariaanarcoide se avesse imposto l’adeguamento ai parametri dei fondatori. Futurismo spesso significò sperimentalismo, ricerca infinita, rottura con la tradizione e capacità di creazione, rinnovamento della cultura attraverso la navigazione nel mare aperto dell’invenzione tecnica e della provocazione artistica. Basterebbe questo a giustificare un rapporto profondo tra i temi della mostra e il senso, completamente inteso, di un festival come il nostro, che tende il suo arco per scoccare frecce che vadano a cadere lontano, dove l’essere umano intercetta i segni del domani senza essere intrappolato nella eternità supposta del presente. FuturaFestival non brucia musei, non esalta la velocità e la bellezza della macchina, non fa assurgere a idolo l’aereo o la locomotiva, ma guarda lo stesso al nuovo senza paura, senza nostalgia di ciò che è stato, senza incertezza sulle possibilità di emancipazione ulteriore dalle catene che impediscono a desiderio e fantasia di vivere in libertà. I passati futuri ci interessano come quelli presenti, perché le parole di Quasimodo risuonano continuamente dentro di noi: “Sei ancora quello della pietra e della fionda/uomo del mio tempo” e sei ancora quello del Futurismo, contraddittorio, egocentrico, idolatra ma straordinariamente simile a

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quello di ogni tempo, dimentico del passato, deluso dal presente, famelico di nuova vita, il futuro, che domani sarà già passato. Ha scritto Lista, a proposito dell’aerofuturismo di Crali, nel suo contributo al catalogo: ”un legame (tra fumetti e arte ) che s’impone con evidenza e che corrisponde allo scambio osmotico tra bassa cultura e alta cultura, studiato in particolare da Umberto Eco, che è una costante operativa di tutta l’avanguardia storica”. Come definire meglio di così il carattere di divulgazione generale e di emancipazione individuale che ogni festival culturale che si rispetti oggi contiene in sé contemporaneamente? Ci piace ,infatti, proprio questa come sfida, essere capaci di arrivare ai più, senza mai abbassare il livello di qualità del progetto culturale. All’ esposizione dell’opera di Crali andremo con questo proposito: futuristi di oggi alla ricerca di un mondo perduto, di speranze sfumate, di illusioni naufragate. Cioè eternamente futuristi. Il Direttore Artistico di Futura Festival Gino Troli

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Vertigini pittoriche nelle opere di Tullio Crali Stefano Papetti

Tullio Crali, Ballelica 1932, (ritratto di Elica Balla) olio su compensato cm 70x50

Sgombrato il campo dai condizionamenti ideologici che per troppo tempo hanno confinato l’arte italiana degli anni Venti e Trenta del Novecento al margine degli studi, con il passare dei decenni un maggiore distacco rispetto agli eventi del ventennio consente oggi di guardare con relativa obiettività ai fatti artistici che hanno animato la scena italiana. Le recenti mostre dedicate all’arte fra le due guerre organizzate a Frirenze e a Forlì, hanno contribuito a chiarire in modo definitivo il ruolo svolto dalla committenza pubblica e privata, dalle manifestazioni espositive organizzate in Italia e all’estero a favore degli artisti contemporanei. Come scrive Antonio Paolucci nel presentare la rassegna forlivese “…due miti occupano l’immaginario degli italiani fra gli anni Venti e Trenta del secolo e, abilmente sfruttati dalla propaganda, diventano comune sentire. Uno è quello della conquista della terra, del “posto al sole” strappato agli acquitrini dell’ Agro Pontino, ma anche alle ambe etiopiche e alle dune sabbiose della Libia: l’altro è il primato della tecnica che, negli anni delle transvolate atlantiche ha nell’aereoplano il suo simbolo”. La risonanza internazionale dei lunghi voli transoceanici di Italo Balbo, vero cavaliere dell’aria, i progressi compiuti grazie all’ingegneria italiana nel campo del volo a reazione per merito del marchigiano Luigi Stipa, hanno concorso ad alimentare nell’opinione pubblica un interesse inedito per l’aereoplano e per il volo, un settore nel quale l’Italia poteva vantare in quegli anni un indiscusso primato internazionale. Persino fra i protagonisti dei romanzi rosa, divorati dalle lettrici di ogni ceto sociale, la figura dell’aviatore prendeva sempre più piede, sostituendosi a quella dell’aristocratico, del latifondista o del magnate: Gabriele d’Annunzio, artefice di grandi imprese aeree ed autore di vari testi dedicati al volo, coniava per la più fortunata autrice di testi rosa, Amalia Cambiaso Negretti, il nome de plume di Liala, proprio per richiamare il mondo aviatorio che la scrittrice ben conosceva. Oltre al patrimonio artistico e al primato culturale che le derivava dall’essere stata la culla della civiltà romana, l’Italia poteva andare orgogliosa di essere una delle nazioni più progredite nel campo aereonautico: era dunque naturale che il tema del volo così universalmente apprezzato, approdasse anche nel mondo dell’arte, dando vita ad un movimento artistico che coniuga il Futurismo all’ aereoplano. Nel settembre del 1929 Filippo Tommaso Marinetti pubblicava sulla “Gazzetta del Popolo” un’articolo dal titolo “Prospettiva del volo e aereopittura” gettando le basi per il manifesto programmatico apparso nel 1931, sottoscritto anche da Balla,

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Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Tato e Prampolini: quest’ultimo, in una intervista rilasciata nel 1929 in occasione della seconda mostra del gruppo “Novecento”, aveva stigmatizzato l’orientamento perseguito da Margherita Sarfatti in termini molto espliciti: “....per me non esiste un movimento del Novecento. Non c’è che un movimento ed è il Futurismo”. L’averlo mantenuto in vita è stato uno dei principali meriti di Marinetti che, proponendosi nella veste inedita di talent scout delle giovani promesse dell’arte provenienti dalla provincia, grazie ad una rete di esposizioni locali e nazionali, seppe alimentare la sua creatura con nuovi innesti di forze giovanili. Un esempio della sua indefessa capacità organizzativa ci viene proprio dalla realtà maceratese, certo ben nota a Tullio Crali, dove nel 1922 il giovanissimo Ivo Pannaggi organizzava una esposizione futurista presso il Convitto Nazionale: il catalogo si fregiava del motto: “Marciare non marcire” e presentava opere di Balla, Depero, Prampolini, Boccioni e Sironi. Grazie a questa iniziativa sostenuta in prima persona dallo stesso Marinetti, si sviluppò a Macerata un folto gruppo di giovani futuristi oggetto di un attento studio da parte di Anna Caterina Toni. Come si è detto, l’articolo di Marinetti apparso sulla “Gazzetta del Popolo” già conteneva gli assunti che saranno alla base del Manifesto dell’aeropittura futurista (1931), seguito pochi mesi più tardi da un sorprendente manifesto dell’arte sacra futurista. Sono questi gli anni in cui Tullio Crali, appena ventenne, compie le proprie scelte artistiche rivelando una passione per il volo che aveva radici lontane: già a nove anni, a Zara, era rimasto infatti colpito dalla visione di un idrovolante che dondolava sulle rive del mare. Nel 1928 Crali riceveva il suo battesimo dell’aria, provando per la prima volta la vertigine e l’incanto che derivano dal vincere la forza di gravità, consentendo di ammirare il mondo da inedite angolazioni. Nascono da questa prima suggestione gli aerodisegni del 1929, caratterizzati da un interpretazione dinamica delle forme aeree e dei panorami che spesso includono al loro interno ingranaggi di motore, bussole, carte di volo e sigle numeriche che distinguono i vari veivoli. Da allora in poi Crali ha maturato una grande esperienza nel campo aereonautico, frequentando come pilota le aviosuperfici del secondo conflitto mondiale e praticando il volo acrobatico, esperienze esaltanti dalle quali sortisce il dipinto più noto di Crali “Incuneandosi nell’abitato” (1939). Proprio nell’estate del 1938 era stata organizzata una singolare iniziativa, la “Mostra Nazionale Viaggiante di Aeropittura” che aveva portato negli aereoporti del litorale adriatico le opere dei maggiori esponenti del movimento futurista: l’esposizione, chiusasi a Rimini, fece tappa anche a Falconara in occasione della “Giornata

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dell’Ala”. Nel piccolo aereoporto militare marchigiano furono presentate le opere di Monachesi, Tano, Dottori, Di Bosco, Korompaj, Mariani, delle pittrici Leandra Angelucci e Magda Falchetto nonché di Folin, Montanari, Bravi, Alberti, Massetani e Peschi. Le musiche composte dagli aereomusicisti Chesimò e Ermete Budorini completavano la kermesse artistica e le loro composizioni richiamavano già nei titoli il mito del volo: “Respirare il mare volando”, “Spiritualità aerea”, “Ala spaziale”. La scelta di campo operata da Crali conserva una sua coerenza anche nei decenni successivi al conflitto, quando l’artista soggiorna lungamente a Parigi e in Egitto, chiamato a dirigere la Scuola Internazionale Italiana del Cairo: ovunque si trovi, il pittore continua instancabilmente a testimoniare la sua adesione al Futurismo, non soltanto attraverso le proprie opere, ma anche con l’organizzazione di incontri e di conferenze dedicate a Marinetti, del quale è ormai rimasto l’unico seguace ancora in attività. L’aprirsi negli anni Sessanta della lunga stagione dei viaggi interplanetari e della gara russo-americana per il primato nello spazio, sembra dare nuovo vigore alla sua passione per l’aereopittura: le opere a inchiostro e tempera intitolate significativamente “Cosmica”, risalente al biennio 1964-1966, sembrano riferisi alle visuali planetarie che gli astronauti potevano ammirare dagli oblò delle navicelle che avevano ormai sostituito i velivoli di antica generazione. Sensazioni confermate dalle opere “Rientro nello spazio” e “Vento divino” del 1969, nelle quali la terra si allontana sempre di più dall’inquadratura del dipinto e prevale l’impressione di un vuoto d’aria che risucchia i piloti in un’assenza di gravità eccitante. La nuova stagione di studi sull’arte futurista, inaugurata dalla mostra “Futurismo e Futurismi” allestita a Venezia a Palazzo Grassi nel 1986, vede Tullio Crali ancora presente sulla scena artistica italiana ed internazionale: a Zurigo in occasione della inaugurazione della mostra “Moda controcorrente” viene salutato con uno scrosciante applauso da parte del pubblico che lo identifica come l’unico artista superstite tra quelli ospiti in quella rassegna. Gratificato dalla esposizione di duecento dei suoi dipinti presso il MART di Rovereto nel 1994, Tullio Crali si spegne nel 2000 a novant’anni, pago di aver assaporato, sia pure soltanto per pochi mesi, l’ebrezza di vivere nel terzo millennio, carico di aspettative nel campo della comunicazione e della tecnologia.

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L’aeropittura prospettica e mistica di Tullio Crali Giovanni Lista Ho conosciuto Tullio Crali all’inizio degli anni settanta, mantenendo una fitta corrispondenza con lui e recandomi spesso a trovarlo. Durante i miei soggiorni a Milano alternavo il lavoro in biblioteca alle visite nel suo studio dove mi mostrava e mi commentava i suoi quadri, mi raccontava il futurismo, mi faceva consultare lettere, fotografie e documenti di ogni sorta. Avevamo discussioni infinite e mi invitava anche a casa sua, a pranzare con la madre, la moglie e il figlio Massimo. Un giorno, durante i campionati del mondo di sci, mangiando, volle vedere in televisione la discesa libera di Gustavo Thoeni che vinse in quell’occasione la medaglia d’oro. Ricordo che ammutolì, smise di mangiare e si mise a piangere a dirotto dall’emozione. Era un uomo dal patriottismo esacerbato, come avviene per chi è nato e ha vissuto in un territorio di frontiera. Sincero, vivace e pronto ad accordare la massima attenzione ad ogni cosa, aveva però un carattere rigido e suscettibile che faceva scattare a mo’ di forche caudine ogni volta che doveva concedere la sua disponibilità. Negli anni ottanta e novanta sono riuscito ad inserire le sue opere in diverse mostre internazionali, ma ogni volta ho potuto farlo solo dopo un vero e proprio braccio di ferro con lui. Erano mostre importanti che hanno contribuito a rilanciare l’interesse internazionale per il futurismo, come quella del 1986 sulla scenografia teatrale delle avanguardie alla Schirn Kunsthalle di Francoforte1, o quella di otto anni dopo sull’architettura al Centre Georges Pompidou di Parigi2, e me ne era molto grato. Eppure doveva ogni volta esasperarmi e poi, a cose fatte, raccontava in pubblico e in mia presenza che naturalmente lo avevano invitato i musei, dimenticando tanto il mio ruolo quanto la mia pazienza. Una volta gli strappai l’accordo per la sua partecipazione ad una mostra sul libro e sulla tipografia futurista che stavo organizzando all’Hôtel Galliffet, sede dell’Institut Culturel Italien di Parigi3. Gli feci quindi scrivere dal direttore per la richiesta ufficiale delle sue tavole parolibere alla quale rispose con una lettera che sbalordì e irritò tutti: « Vorrei mi fosse chiarito il perché di quelle date 1932-38, che significano? cosa vogliono limitare? La produzione futurista va dal 1913 al 1954,

Tullio Crali, Monoplano Jonathan, 1988 olio su tela, cm 100x100

1 Cfr. Die Maler und das Theater im 10.Jahrhundert, Schirn Kunsthalle Frankfurt, 1 marzo-19 maggio 1986, Frankfurt. 2 Cfr. La Ville, art et architecture en Europe, 1870-1993, Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, 10 febbraio-9 maggio 1994, Paris. 3 Cfr. Giovanni Lista, Le Livre futuriste, Éditions Panini, Modena, 1984 (testo in francese e in italiano). Il saggio venne pubblicato come catalogo della mostra Le Livre futuriste che organizzai nell’ottobre 1894, con il sostegno della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, che prestò la parte più cospicua delle opere, e di Alitalia che offrì gratuitamente il trasporto e le polizze assicurative, nelle sale dell’Institut Culturel Italien, Hôtel Galliffet, Parigi.

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la mia dal 1931 ad oggi e non accetto limitazioni di sorta poiché le date appartengono ai burocrati e non agli artisti. (…) Tempo fa ricevetti dall’Ambasciata italiana di Londra l’invito a declamare parole in libertà di Marinetti. Le liriche non dovevano essere posteriori al 1919. Rifiutai l’invito date le pregiudiziali politiche che evidentemente gestivano la manifestazione. Nel caso presente, conoscendo le tendenze del curatore, la prego di assicurarmi che la politica sarà bandita nel modo più assoluto da questa manifestazione. Le chiedo questo perché troppo si è abusato sino ad oggi nel confronto del futurismo ». Il curatore, cioè il sottoscritto, gli appariva come un pericoloso comunista. Mi accusava infatti di voler « spostare a sinistra Boccioni » facendone un « antifascista ». E aggiungeva: « Destra e sinistra che significato hanno in arte? Fino a ieri queste erano speculazioni di preti ». Mi scriveva : « Lasci stare le prediche, mi danno il voltastomaco, come la politica soprattutto se mascherata da cioccolatino culturale, e per carità non si preoccupi di mettere ‘limiti storici’ alla mia attività. La storia è amica della politica, perciò puzza! La tenga lontana ». Perché la storia sarebbe amica della politica? Insomma, cosa c’era nel suo passato che aveva deciso di nascondermi? Con l’aria mefistofelica che gli davano il pizzetto e la luce ironica degli occhi, si divertiva a criticare i miei « turbamenti ideologici » perché fin dall’inizio dei nostri rapporti gli avevo detto, con una certa sincerità e onestà intellettuale, che a me interessava il futurismo solo come storia e come volontà di rinascita dell’arte italiana, e che ero del tutto estraneo alle idee politiche del futurismo degli anni fascisti, non perché fossi di sinistra, ma perché trovavo inaccettabili certe idee estreme di Marinetti e perché non mi identificavo ai neofascisti che studiavano il futurismo per evidenti ragioni politiche. Non saprei dire fino a che punto il suo patriottismo non sia stato in realtà un viscerale nazionalismo che lo aveva portato ad una profonda adesione all’ideologia politica futurista e, per questo tramite, al fascismo. Un’adesione che forse non aveva mai sottoposto ad un serio esame di coscienza e di revisione critica. Sul tema del fascismo ho avuto conversazioni valide e pacate con tanti futuristi, tra cui Di Bosso, Diulgheroff, Civello, Anselmi, Carrozza, Ronco, Conti, Miletti, Benedetto, Korompay, Belli, Pozzo, Bruschetti, Sanzin, Marisa Mori, Aschieri, Morpurgo, ma mai con Crali, con lui era impossibile averle. Gli spiegavo che volevo soltanto, in quanto storico, capire il corso degli avvenimenti, il perché di certe scelte dei futuristi, cosa significava per loro il fascismo. Se ne usciva sempre con qualche battuta, caricaturava le mie domande, rispondeva in modo evasivo e con un tono subito aggressivo e duro, insomma si rifiutava sostanzialmente di affrontare l’argomento. Sapevo che era stato un aviatore militare durante la guerra e che quindi aveva certamente cose da raccontare, ma con lui la mia attività di storico, cioè la mia sete di conoscenza, è rimasta inappagata. Al di là

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di questi contrasti, a rendere ancora più difficili i nostri rapporti, c’era poi la sua velleità di essere considerato il solo autentico erede e continuatore del futurismo. Con grande orgoglio mi inviò la lettera che aveva spedito nel 1975 a Enzo Benedetto e al gruppo del manifesto Futurismo-Oggi, che intendeva riaccendere la fiamma del futurismo e da cui si era allontanato rassegnandone le dimissioni: « Avete sempre ignorato tutta la mia attività a sostegno del futurismo (non dei futuristi) e all’esaltazione dell’opera di Marinetti. Continuate a farlo. In anni difficili, quando il futurismo non era di moda ma emarginato, sono stato il solo tra i protagonisti a difenderlo. Continuerò a farlo, da solo come sempre. Non sono un futurista resuscitato restaurato e recuperato, per me il futurismo non è un’etichetta ma la mia ragione di vita. Sono un artista libero e non intendo far parte di alcuna Associazione Nazionale Futuristi in Congedo ». Per orgoglio, affermava anche cose non del tutto vere, poiché durante gli anni in cui visse a Parigi espose quadri banalmente figurativi, ben lontani da ogni ricerca d’avanguardia. E negli ultimi anni ricostituì solo a posteriori gran parte dei suoi archivi recuperando riviste e documenti dai futuristi ancora viventi. Presso quest’ultimi infatti, io trovavo sistematicamente le sue lettere in cui li supplicava, in nome della passata amicizia, di avere in regalo i loro materiali futuristi. La sua aggressività era una difesa istintiva che valeva inquietudine e senso di colpa, come quando scrisse che, recatosi a visitare Severini negli anni sessanta, lo aveva trovato con « quadri futuristi ancora freschi di pittura ». Insomma Crali aveva davvero un carattere difficile anche se l’uomo affascinava per integrità morale, energia e fedeltà ai suoi princìpi di vita. Cronologicamente, l’impegno di Crali nel movimento futurista nasce e si conclude con l’aeropittura. E non si tratta tanto di un’adesione al programma aeropittorico di Marinetti quanto di una passione per il volo e per le macchine aeree che lo ha accompagnato per tutta la vita. Tra le primissime prove che precedono l’aeropittura, quando Crali è ancora un minorenne, Rombi d’aereo è un quadro praticamente astratto, costruito unicamente sul contrasto cromatico di un rosso aranciato crepuscolare con un blu-verde smeraldo che lo attraversa orizzontalmente. Solo ad uno sguardo più attento appare la visione cinetizzata di un aereo dalle ali molto estese, completata dall’elica in rotazione e dalla sagoma del pilota. L’aereo fende l’aria muovendosi nell’asse di luce di un tramonto che il rombo del motore, per effetto empatico di sinestesia, rende ancora più rosseggiante. Il tema del volo si presenta già, in quest’opera giovanile, in piena sintonia con un respiro cosmico. Il raddoppiamento frontale e differenziato delle forme dell’aereo trascrive il movimento di progressione in avanti nello spazio. I piani, trasparenti e sovrapposti, articolano l’immagine traducendo la dimensione effimera della visione. Crali restituisce il volo come cinetizzazione e quindi defigurazione della forma, seguendo l’ortodossia

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futurista che risale a Balla. Altri quadri di questo periodo iniziale, come Aeroplani sulla metropoli o Cutter, risentono invece di un impianto sintetico che li rende piuttosto decorativi. Sopravviene poi la svolta dell’aeropittura che, come semplice espressione del tema del volo e di una visione dall’alto, non è un’invenzione futurista, ma risale agli antichi romani. Basti pensare all’affresco del Volo d’Icaro nella casa del Sacerdos Amandus, negli scavi di Pompei, o all’enorme affresco scoperto quindici anni fa a Roma, vicino alla Domus Aurea di Nerone, che mostra dall’alto un’intera città circondata da mura turrite. Nell’impero romano gli affreschi di spazi urbani visti a volo d’uccello erano frequenti. Venivano dipinti alle entrate degli edifici pubblici dove svolgevano una funzione politica e ideologica: ogni romano, entrando in contatto con le istituzioni e passando davanti all’affresco, doveva sentirsi un civis, cioè vivere la propria coscienza civica di cittadino che partecipava con le sue attività al mondo collettivo e organizzato della città. Le immagini dipinte o incise di una visione aerea della città, di cui parlava perfino Montaigne dopo il suo viaggio in Italia, hanno insomma una storia plurisecolare4. Si tratta di un fatto storico che però non toglie nulla alla validità dell’esperienza creativa tentata dai futuristi in questa direzione. Alla soglia degli anni trenta Marinetti lancia l’aeropittura solo perché due anni prima, pensando certamente alle teorie della guerra nei cieli di Giulio Douhet, Mussolini ha affidato il ministero dell’aeronautica a Italo Balbo incaricandolo di una vasta ristrutturazione industriale dell’aviazione civile e militare. Marinetti vuole allora dimostrare che i futuristi sono gli unici a poter creare, con le loro opere, una mitologia moderna del volo capace di sostenere e rendere popolare questa nuova politica industriale del regime. Sostanzialmente, le ricerche dell’aeropittura futurista sono condotte in due modi ben diversi tra di loro. La maggior parte degli aeropittori indaga la necessità di rielaborare il codice della prospettiva che ha fondato e nutrito la grande tradizione figurativa dell’arte italiana. Affascinati dalle novità e dalle difficoltà che impone la visione aerea, Tato, Dottori, Di Bosso cercano di tradurre il movimento costante dello sguardo, le diverse e rapidamente successive inclinazioni del raggio visivo, la scomposizione stroboscopica del paesaggio, la miniaturizzazione delle città, le distorsioni ottiche. Benedetta afferma che si tratta di dipingere « il risultato plastico del volo ». L’altra linea di ricerca, iniziata da Prampolini e praticata da Fillia, Oriani, Diulgheroff, esplora invece l’esperienza psichica del volo, cioè la mitologia spirituale della conquista dello spazio come sogno ancestrale dell’essere umano. Escludendo la dimensione percettiva e sensoriale del volo, gli aeropittori di questa 4 Ho tentato di ricostruirne le diverse fasi nel testo : Giovanni Lista, Vue aérienne et aéropeinture futuriste: une métaphysique de l’espace, in La Conquête de l’air : les colonies de l’espace, Musée Les Abattoirs, 12 novembre 2002-2 febbraio 2003, Toulouse. Per questa mostra, in cui ho inserito opere di Crali, ebbi la generosa disponibilità di Massimo, il figlio dell’artista.

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seconda tendenza dipingono visioni surreali e interiori capaci di tradurre le risonanze spirituali e immaginarie dell’utopia cosmica. All’occhio concreto dell’osservatore preferiscono l’occhio mistico e contemplativo dell’« idealismo cosmico », come recita la formula proposta da Prampolini. Crali ha svolto ricerche in ambedue queste direzioni espressive. L’originalità del suo percorso è tuttavia nel permanere di una vena mistica, che sussiste anche quando si sposterà dall’idealismo cosmico all’aeropittura prospettica. Nei primi anni trenta, in opere dalle fluidità curvilinee come Lussuria aerea o Motore agonizzante, Crali trae ispirazione dall’ultima stagione della cosiddetta « arte meccanica » di Prampolini. Successivamente, da quest’ultimo riprende anche l’afflato visionario dell’idealismo cosmico. Ad esempio in Uomo e cosmo, un dipinto notevole in cui assume però un simbolismo più scoperto, spingendosi fino alla metafora organicistica di un legame analogico tra mente umana e spazio cosmico, associando così microforma e macroforma, cioè la testa umana e l’universo, secondo un’idea platonica declinata dal misticismo medievale che risale a Santa Ildegarda di Bingen. Crali costruisce un’immagine onirica, sospesa in un’atmosfera impalpabile, tra polveri cosmiche, masse stellari e pianeti lontani, che è pervasa da formazioni inconsce, dalle proiezioni e dai fantasmi dell’immaginario tipico dello spazio siderale. Il potere razionale dell’uomo (il cervello) e il mistero che lo circonda (il pianeta) vengono fatti letteralmente corrispondere, scivolare l’uno nell’altro, suggerendo l’antica equazione ontologica tra il cosmo e la creatura umana. In una conferenza in stile parolibero che tiene cinque anni dopo aver dipinto il quadro, Crali si mostra impegnato in un rinnovamento della sua aeropittura: « Ai paesaggi fecondi e perciò nauseanti di mucche cavalli colline case rustiche ruderi pastorelle ruscelli e fiorellini noi preferiamo l’estrema sintesi di questi stessi paesaggi osservati dall’alto in velocità Li preferiamo lontano verticali capovolti oscillanti roteanti nudi imbevuti di luce e di altezze mascherati da ombre violette di temporali divisi tra sole e pioggia purificati da 10 mila metri di quota Non più sottostare alle terrestri leggi della materia ma saettare liberi e dominatori nello spazio e guardare gli orizzonti ubbidienti agli ordini dei timoni e degli alettoni: ecco ciò che ci esalta di orgoglioso ottimismo ».Crali cambia così di ricerca spostandosi sulla prima tendenza, cioè l’aeropittura a tema aviatorio o dell’osservazione aerea. Realizza allora una serie di quadri, come Motore seduttore di nuvole, Aerocaccia, In volo sui campi di battaglia, Superando le vette, in cui appaiono caratteristiche espressive che, ben diverse dalla sua prima maniera aeropittorica, lo accomunano talvolta ai quadri di Tato. Per quanto riguarda il loro contenuto iconografico, sono dipinti che riassumono il mito del volo nelle eliche e nel motore, ambedue sinonimi di potenza, ma soprattutto nel guscio aerodinamico di metallo che ricopre la macchina aerea.

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L’esaltazione del volo avviene per traslato metonimico, cioè attraverso lo splendore estetico della fusoliera a scafo dell’aereo, dipingendo dal basso e tra le nuvole la forma aerodinamica del suo massiccio e penetrante rivestimento metallico. Per quanto riguarda invece la resa stilistica, gli scorci ad angolo, l’immediatezza drammatica e perentoria dell’immagine, la sintesi di una situazione narrativa e la qualità figurativa della composizione richiamano irresistibilmente il linguaggio dei fumetti, in particolare quelli delle avventure aviatorie di origine americana. Intorno alla metà degli anni trenta si diffondono infatti in Italia fumetti come L’Audace o Saturno contro la Terra che si ispirano alle avventure fantascientifiche degli album del Flash Gordon americano. Finora nessuno ha mai scritto sul rapporto che corre tra l’aeropittura futurista, a tema aviatorio o d’osservazione aerea, e la low culture dei fumetti e del cinema popolare. Eppure è un legame che s’impone con evidenza e che corrisponde allo scambio osmotico tra bassa cultura e alta cultura, studiato in particolare da Umberto Eco, che è una costante operativa di tutta l’avanguardia storica. Molte aeropitture appaiono infatti ideate, tanto nell’impostazione del campo visivo, quanto nella definizione dello spazio e del punto di vista, come istanti di uno spettacolo narrativo. Detto altrimenti, come avviene nella vignetta dei fumetti o nel fotogramma cinematografico, l’immagine è inscatolata con un valore sequenziale, cioè produce gli effetti di senso e l’epica dell’azione di un racconto d’avventure in divenire. Ad esempio le diverse aeropitture di Crali sulla figura del paracadutista che si lancia nello spazio sono concepite come veri e propri frammenti visivi di una storia da raccontare. A livello individuale, questa dimensione epica è senz’altro inerente alla psicologia eroica, a volte spinta fino al fantasma dell’annullamento di sé in chiave mistica, con cui Crali accosta l’esperienza aerea. A livello di gruppo, gli aeropittori futuristi cercano di elaborare così, e di rendere popolare, attraverso i codici figurativi dei mass-media dell’epoca, come voleva Marinetti, la mitologia collettiva di un’Italia eroica, guerriera e invincibile nei cieli. L’assurdità dell’avanguardia italiana, ovvero il paradosso estremo del futurismo degli anni trenta, è in questa elaborazione di una cultura artistica del consenso collettivo in funzione di un regime totalitario. Sul finire degli anni trenta Crali dipinge Incuneandosi nell’abitato, intitolato anche In tuffo sulla città, un quadro che è oggi tra le icone più celebri dell’aeropittura futurista. L’opera esiste in almeno tre versioni. La più nota è quella che, conservata nelle collezioni del Mart di Rovereto, appare sulle pagine della rivista Mediterraneo futurista, forse per la prima volta, solo nel 1942. Un’altra, già in collezione Biotto, è caratterizzata dai toni bruniti. Ho invece ritrovato la versione originale, l’olio su tavola intitolato In tuffo che venne esposto alla XXI Biennale di Venezia, aperta dall’1° giugno al 30 settembre 1938, al n. 27 della Sala futurista presentata da Marinetti. Il dipinto, che reca sul retro

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l’etichetta della mostra veneziana insieme al titolo autografo apposto dall’artista sul legno compensato, venne acquistato direttamente alla biennale dall’attuale proprietario e si trova ancora in casa sua. I caratteri specifici e più vistosi dell’opera sono una diversa inclinazione della testa del pilota e una gamma di colori tipica dei quadri di quegli anni. In definitiva Crali ricorre nelle tre versioni alle stesse soluzioni formali: la miniaturizzazione della città trasforma l’architettura in un gioco astratto di volumi geometrici, la velocità di progressione dell’aereo rende diafane e quasi trasparenti le forme dei fabbricati, la prospettiva accelerata in modo vertiginoso impone la compressione dello spazio e una percezione drammatica del volo, la distorsione ottica a imbuto crea la molteplicità dei piani verticali che si aprono dinamicamente come petali o carte da gioco verso l’alto, il paesaggio urbano si smaterializza e sembra dissolversi attraverso colori luminosi, delicati e leggeri, ai quali si oppone la durezza degli elementi scuri della carlinga che si trovano in controluce. La testa del pilota è situata in modo da « raddoppiare » praticamente la posizione dell’osservatore che guarda il dipinto, soggettivizzando così lo sguardo. Nel Manifesto tecnico della Pittura futurista del 1910 Boccioni aveva scritto: « Noi porremo lo spettatore al centro del quadro ». La composizione di Crali utilizza comunque il dispositivo adottato dai pittori del romanticismo tedesco, come Carus e Friedrich, che ponevano in primo piano e al centro un personaggio di spalle in modo da instaurare un riflesso soggettivo nell’osservatore e nello stesso tempo rendere palpabile la profondità dello spazio. Quando feci esporre Incuneandosi nell’abitato al Centre Georges Pompidou di Parigi fui sorpreso dalla reazione dei critici d’arte francesi che, scoprendo un quadro che non avevano mai visto, vi scorsero un’opera bellica in cui un kamikaze, cioè un pilota suicida, si sta gettando su un centro abitato con una bomba a bordo del suo aereo. Per loro, senz’altro influenzati dalla fama guerrafondaia e fascista del futurismo italiano, era evidente che l’immagine fissa l’istante che precede il crash, già prefigurato dai tagli di luce che fendono letteralmente la carlinga dell’aereo. Però nel 1938, la data in cui Crali dipinse il quadro, l’Italia non era ancora in guerra. Il dipinto tradurrebbe semmai la pulsione liberata di un istinto di morte che poteva equivalere, nel 1938, ad una visione allegorica della volontà di entrare in guerra. In realtà l’opera sembra far parte di un trittico che l’associa agli altri due quadri di Crali, egualmente realizzati nel 1938, che sono Looping, già in collezione Perone, e Looping rovesciato, già in collezione Barbi. Anche le altre due opere restituiscono le anamorfosi del tessuto urbano prodotte dalla stessa figura acrobatica del volo. In Looping il paesaggio della città appare letteralmente risucchiato dal volteggio dell’aereo in rotazione verticale, raddoppiandosi così rovesciato nel cielo lungo l’asse di volo. In Looping rovesciato il vassoio urbano si

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deforma gonfiandosi in modo elastico per poi ridursi e riprendere il suo normale assetto geometrico e ortogonale. Il trittico illustra in modo brillante ed efficace il divenire percettivo delle forme urbane durante una figura di volo acrobatico. Il quadro non è quindi da considerarsi un’opera bellica. Almeno così sembra, ma forse l’approccio analitico va spinto ancora più in là. L’anno precedente alla realizzazione del dipinto, il 26 aprile 1937, uno stormo di tredici caccia bombardieri Savoia-Marchetti SM79 della Legione fascista, un reparto d’élite dell’aviazione militare italiana, ha partecipato al bombardamento di Guernica. L’immagine di un looping potrebbe nascondere la celebrazione di un’impresa di guerra, cioè l’esaltazione di un atto aggressivo dell’aviazione militare italiana che anche Crali doveva considerare « eroico ». Si tratta però solo di un’ipotesi esegetica. Un particolare del quadro merita attenzione: la testa del pilota coperta dal casco di cuoio è aureolata da una luce che sale verso l’aereo. È un particolare che appare soprattutto nella versione conservata al Mart di Rovereto che è la più grande e che stata molto probabilmente dipinta durante la guerra. In basso, nel cuore della città, coperta dalla testa del pilota, c’è una sorgente di luce che inonda potentemente tutta l’immagine urbana, la trascolora, l’immaterializza e la spiritualizza, dandole un alone mistico. È difficile pensare ad una fonte di luce naturale o elettrica. Non si tratta né di un incendio, che produrrebbe bagliori contrastati, né dei fasci dei riflettori della difesa contraerea, che produrrebbero una luminosità vettorialmente orientata nello spazio. La luminosità diffusa dell’immagine si irradia invece da un centro, da un unico punto luminoso, come avviene nell’iconografia sacra e religiosa che epifanizza in questo modo la rivelazione o l’apparizione divina. Se non è la luce di gloria del sacrificio che attende l’aviatore, è comunque una luce auratica e mistica che potrebbe tradurre lo slancio estatico del pilota, in altre parole la sfida sprezzante e il fascino della morte durante un looping estremo e particolarmente rischioso. Insomma, anche quando esula dal tema bellico, l’aeropittura prospettica di Crali implica sempre una psicologia del gesto eroico, il soffio mistico di un superamento della condizione umana. Anche se probabilmente sbagliata, perché frutto di un riflesso pavloviano, la lettura esegetica fatta dai critici d’arte francesi di quest’immagine costruita sull’occhio dell’aviatore in discesa zenitale, confrontato drammaticamente da vicino alla materialità senza sbocco della distesa urbana, permette però di capire un aspetto fondamentale di tutta l’aeropittura futurista d’osservazione aerea: lo spazio dipinto è uno spazio cieco, privo di punto di fuga, perché l’occhio urta incessantemente sulla superficie continua e in estensione illimitata della terra. Crali si rende conto del problema perché, come succede contemporaneamente a Dottori, Di Bosso, Tato ed altri, cerca di porre al centro del quadro un fulcro visivo capace di rilanciare lo sguardo

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o di aprirlo sul mistero, creando così l’illusione di una profondità dello spazio. Ad esempio in Vite orizzontale oppone al ribaltamento del vassoio urbano una nuvola luminosa che copre il sole. Gli altri aeropittori ricorrono alla stessa strategia espressiva ponendo al centro del quadro la calma e liquida superficie di un lago, o l’anello cavo di un monumento circolare, come l’Arena di Verona o il Colosseo romano, cioè un fulcro visivo atto a concretizzare una trasparenza o un vuoto che possa funzionare come punto d’abisso e di rilancio dello sguardo prospettico5. Crali sfugge comunque al piatto e meccanico illustrazionismo di tanta aeropittura, che restituisce solo le modalità dell’osservazione aerea, cioè le metamorfosi della superficie abitata della terra che appare in basso come oggetto visivo. Come aeropittore Crali è infatti l’unico a far vivere percettivamente la distanza che separa il punto d’osservazione, cioè l’occhio dell’aviatore, dalla superficie terrestre, condensando così sulla tela un sentimento molto forte dello spazio aereo come sensazione di leggerezza agravitazionale, di libertà, di scioltezza e di movimento. All’inizio degli anni quaranta alcuni futuristi cercano di elaborare un loro contributo diretto alla cultura militare o finanche alla cultura di guerra. Si tratta di un manipolo di fedelissimi incondizionatamente legati a Marinetti. Quest’ultimo insiste infatti nell’orientare il movimento futurista verso questo intento paradossale, sempre più convinto che l’avanguardia futurista italiana debba non solo diventare di fatto la cultura ufficiale e istituzionale del regime, operando al servizio del fascismo al potere, ma addirittura un’arte di Stato, asservita alle peggiori idee egemoniche e imperialiste del Duce. Marinetti citava nelle sue conferenze le macchine da guerra disegnate dal grande Leonardo o i vasti dipinti della « galerie des batailles » della reggia di Versailles. Non si rendeva conto che indicava i modelli di un’arte di Stato, commissionata dal potere politico, per cui era assurdo continuare a parlare di avanguardia per le aeropitture futuriste di guerra, a volte puntualmente destinate a decorare i saloni dei ministeri del regime fascista. Altri futuristi, come Dottori o Depero, ne restarono fuori pur continuando a proclamarsi futuristi. Ma solo una ricerca approfondita, che non è stata ancora fatta, potrà elucidare fin dove il movimento futurista si è lasciato coinvolgere in ciò che è stata la tragedia dell’Italia moderna, cioè il disastro della seconda guerra mondiale che è costato alla nazione italiana ingenti vittime, la perdita delle colonie, l’irreparabile distruzione di monumenti e centri storici, e pesanti penalità politiche di cui paghiamo le conseguenze ancora oggi. Esistono almeno due Marinetti, quello della fondazione 5 Le neoavanguardie italiane del secondo dopoguerra, e in particolare lo spazialismo di Fontana e il matierismo di Burri, cercheranno di risolvere questo problema dello spazio cieco che hanno ricevuto in eredità dall’aeropittura futurista. Cfr. Giovanni Lista, L’eredità del futurismo, in Futurismo 1909-2009: Velocità+Arte+Azione, Palazzo Reale, 6 febbraio-7 giugno 2009, Milano – Edizioni Skira, Milano, 2009.

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del futurismo come fase conclusiva del Risorgimento di cui bisognava portare ora la lotta ideale nel campo dell’arte e della cultura, e quello della seconda guerra mondiale, pronto a sostenere senza alcuna distanza critica un’impresa palesemente folle e grottesca in cui Mussolini non esitò a dichiarare la guerra agli Stati Uniti. Imperturbabile nel suo sostegno al regime fascista, che pur si era allineato sulla Germania di Hitler, Marinetti lanciava nel novembre 1940 la fase del « futurismo di guerra » che doveva concludersi con la sua morte, con la fine del futurismo e con il disastro dell’Italia6. I fedelissimi di Marinetti furono allora Bellanova, Trimarco, Scrivo, Giuntini, Acquaviva, Cangiullo, Crali ed altri. Tra i manifesti più noti, pubblicati dal futurismo nel periodo che inizia con la dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940, si possono elencare il Manifesto dell’Aeropittura dei Bombardamenti, il Manifesto dei Giocattoli guerreschi, L’Arte tipografica di guerra e di dopoguerra, il Manifesto dell’aeromusica di guerra, La Nuova estetica della guerra, il Manifesto futurista dell’amicizia di guerra, e l’Illusionismo plastico di guerra e perfezionamento della Terra firmato da Crali. Sono manifesti che non hanno alcun equivalente in tutte le altre avanguardie storiche, in Europa e nel mondo. Non solo perché trattano della guerra, esaltandola, ma perché corrispondono ad una totale afasia in cui Marinetti e i suoi ultimi seguaci parlano per non dire nulla, vociferano a vuoto, pubblicando testi privi di qualsiasi idea, se non la celebrazione ormai ossessiva della gloria di Boccioni, del primato di Sant’Elia, della grandezza del Duce e del fascismo. Tranne qualche eccezione, tra cui appunto il manifesto firmato da Crali, sono testi che documentano il naufragio dell’avanguardia italiana. Nel 1943, l’anno dell’8 settembre, cioè del crollo dello Stato, delle istituzioni, dell’esercito, della fuga indecorosa della casa regnante e dell’inizio della guerra civile in Italia, il futurismo non produce manifesti, ad eccezione di un ennesimo Estetica futurista della guerra di Marinetti e di qualche testo rimasto inedito. L’anno seguente i manifesti riprendono invece a uscire, come se la tragedia che vive allora l’Italia non potesse scalfire in alcun modo la fede futurista nella vittoria finale e nel « genio politico e militare di Benito Mussolini ». Il giornale che accompagna questo periodo è Mediterraneo futurista, fondato e diretto dal mediocre Pattarozzi, che assume posizioni di sostegno oltranzista al bellicismo e all’antisemitismo del regime. Firmato da Crali e Marinetti, Ii manifesto Illusionismo plastico di guerra e perfezionamento della Terra fa dunque parte di questo periodo terribile, segnato dall’agonia del futurismo e del fascismo, ormai strettamente legati e così destinati ad una sorte comune. Crali mi inviò nel 1972 una versione dattiloscritta di questo manifesto che aveva localizzato e datato « Roma, dicembre 1941 ». Nella sua lettera aggiungeva una nota esplicativa: « Il 6 Cfr. F. T. Marinetti, Futurismo di guerra, in Corriere Padano, 3 novembre 1940, Ferrara.

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manifesto fu presentato e commentato per la prima volta da Marinetti e Crali in una serata futurista a Trieste, alla quale partecipò anche il musicista futurista A. Giuntini, il 24 gennaio 1942. Questo manifesto è apparso, con qualche piccola modifica, sulla stampa di allora: La Tribuna di Roma, L’Avvenire, Il Giornale d’Italia, Italia, Il Lavoro fascista e Il Piccolo di Trieste in data 18 luglio 1942 ». Non feci subito caso allo strano ritardo presente nei dati che mi comunicava: la stesura del manifesto sarebbe del dicembre 1941, la sua presentazione al pubblico del mese successivo, però la sua diffusione sulla stampa sarebbe avvenuta solo sette mesi dopo. Perché? La serata futurista del 24 gennaio 1942 a Trieste è esistita davvero, documentata anche da fotografie, per cui non potevo avere dubbi. Fa però parte della deontologia del lavoro di uno storico la verifica dei dati e il confronto continuo delle fonti, cioè la pratica del sospetto permanente alla ricerca della vera verità dei fatti e degli avvenimenti. Più tardi finii infatti per accorgermi che Crali aveva tentato di ingannarmi, anche se non ne ho mai capito le ragioni. Il manifesto Illusionismo plastico di guerra e perfezionamento della Terra nasce in realtà in modo totalmente diverso ed è doveroso ricostruirne la vicenda se si vuole studiare seriamente cosa è stato il futurismo italiano. All’inizio degli anni quaranta Crali stringe amicizia con il colonnello Rocco Silvestri, originario di Udine, Comandante della Sezione Mascheratori della Scuola Centrale d’Addestramento del Genio militare a Civitavecchia. Il colonnello Silvestri, che trascorre le vacanze a Udine, ha pubblicato nel 1941 due trattati sui princìpi teorici del mimetismo militare, cioè sui mascheramenti con cui può essere ingannata l’osservazione aerea o terrestre dell’esercito nemico. I due libri, rispettivamente intitolati Come si maschera e Mimetica, sono illustrati con acquarelli e tempere dell’autore che rivelano un gusto disadorno e vagamente naïf, certamente motivato dalla ricerca di un’efficacia espressiva costretta ad escludere concessioni di tipo soggettivo7. Il secondo libro è dedicato « agli industriali dell’Italia fascista ». Le immagini trattano con metodo dei colori dominanti della terra, dei campi coltivati e della vegetazione durante le varie stagioni dell’anno indicando come ricostituirli su grandi teloni che diano l’illusione di spazi naturali dove in realtà ci sono postazioni militari, campi d’aviazione, depositi di armi. Queste velleità artistiche, probabilmente incentivate anche durante gli incontri con Crali, portano il colonnello Silvestri ad aderire al movimento futurista. I due concepiscono insieme il Manifesto futurista del perfezionamento del Globo terraqueo effettivamente pubblicato nel giugno 1942, ma con un titolo generico, che non rispetta quello del manoscritto, e con l’indicazione che i due autori fanno parte del « gruppo futurista udinese goriziano 7 Rocco Silvestri, Come si maschera, Grafiche Chiesa, Udine, 1941; Rocco Silvestri, Mimetica, prospettiva e scenografia applicata al mascheramento di edifici ed opere di ampie superfici, Grafiche Chiesa, Udine, 1941.

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Augusto Platone ». Crali correggerà a penna: « gruppo futurista udinese Umberto Boccioni». Il manifesto pubblicato è firmato senza rispettare l’ordine alfabetico, quindi prima da Silvestri e poi da Crali. Quindi la versione oggi nota del manifesto è soltanto un adattamento a posteriori dell’originale. Questa vera e propria controversia filologica permette di capire che il manifesto è in realtà del giugno 1942, non del dicembre 1941 come voleva farmi credere Crali, che non è stato declamato alla serata di Trieste del gennaio 1942, e che il colonnello Rocco Silvestri ne è sostanzialmente l’autore. Per ragioni poco chiare, nel luglio 1942, cioè appena un mese dopo, il manifesto riceve qualche modifica nel testo, cambia il titolo in Illusionismo plastico di guerra e perfezionamento della Terra, e viene spedito ai giornali con le firme di Marinetti e Crali. Poiché Silvestri e Crali rimarranno amici e continueranno a frequentarsi, è possibile che il colonnello sia stato richiamato all’ordine dalla gerarchia militare, certamente poco incline a vedere uno dei suoi uomini tra le fila del movimento futurista che la stampa fascista accusava di pagliacciate. Successivamente, oltre a Marinetti, il manifesto sarà ancora firmato da Franco Bagnaresi nel ruolo della mosca cocchiera della favola di Fedro. Conviene quindi restituire in primis la paternità del manifesto al colonnello Silvestri, esponente di un’eccellenza della cultura militare italiana. Bisogna infatti ricordare il ruolo di punta tradizionalmente svolto dal nostro esercito nel mimetismo e nelle strategie d’occultamento. Nel 1928, ad esempio, i tecnici dell’esercito italiano hanno inventato il tessuto mimetico con chiazze di colore intrecciate a tre toni, marrone, verde e giallo sabbia, che ebbe un successo mondiale per le uniformi e le tende militari. La parola italiana camuffare ha ispirato la parola francese camouflage proprio a causa di questo ruolo creativo. Recentemente Alighiero Boetti ha voluto rendere omaggio all’esercito italiano con il quadro astratto Tessuto mimetico che riprende su un telaio questa stoffa necessaria a dissimulare la propria presenza all’osservazione delle truppe nemiche. Specialista del settore, Silvestri aveva scritto due libri mostrandosi un appassionato della disciplina che insegnava. Si era inoltre esercitato nell’aeropittura dipingendo qualche quadro, prudentemente firmato solo con il cognome. Quale fu allora il ruolo di Crali che firmò in seconda posizione il manifesto? Aggiustò forse l’aspetto formale e la retorica futurista del testo, dette senz’altro anche un contributo di idee. Ma il testo, che scorre comunque in modo utopico e visionario superando ampiamente la dimensione strumentale del concetto stesso di mimetismo, documenta soprattutto una passione totalizzante del mascheramento mimetico che è riconducibile al colonnello Silvestri. Il testo inizia ricordando il ruolo dei vorticisti inglesi nel camuffamento delle navi da guerra, ma ignorando, o facendo finta di ignorare, lo stesso ruolo svolto dai cubisti francesi, da Fernand Léger a Auguste

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Herbin, o dai futuristi russi. Enuncia poi la proposta di nove princìpi operativi che vanno dallo sviluppo dell’illusionismo plastico necessario ad ingannare gli aviatori nemici ad una sorta di metafisica del trompe-l’œil in cui non si tratta più di un occultamento strategico della realtà visibile, ma di rimodellare virtualmente tutti gli aspetti visivi del mondo, cioè di perfezionare addirittura l’intero globo terraqueo, come recita appunto il titolo originario che non contiene nessun riferimento alla guerra. L’intento è così « di ingentilire e femminilizzare aggraziandole tutte le durezze le asperità e le brutalità guerresche di paesaggi e urbanismi, di rinvigorire virilizzare e militarizzare tutto ciò che i paesaggi contengono di molle languido voluttuoso carezzevole infantile, di femminilizzare fino alla più svaporata astrazione le sagome e le cubicità concrete e pesanti, di spiritualizzare dovunque la materialità e la volgarità di paesaggi e urbanismi ». Come nella pratica e nella tradizione della cosiddetta « architettura disegnata », c’è nel manifesto la volontà di una proiezione utopica tesa a realizzare e a vivere su grande scala l’habitat umano e la natura attraverso un’immagine interamente riformulata dall’uomo, insomma l’intenzione di rifare il mondo o di conciliare l’uomo col pianeta addolcendone i contrasti, cioè femminilizzando dove c’è troppa virilità, spiritualizzando dove c’è troppa volgarità, e viceversa. Il futurismo come tensione utopica, desiderio d’immaginario e slancio verso una creazione assoluta capace di svincolarsi da tutti i condizionamenti che impone la materia, trova in questo manifesto una singolare e sorprendente applicazione. Il contesto è quello di un paese che subisce una dittatura e si trova in guerra. Come è ovvio, le costrizioni e le angosce opprimenti della realtà spingono talvolta a darsi un risarcimento attraverso l’evasione fantastica, il sogno chimerico e irrealizzabile, ma la modernità del manifesto è tutta nell’ipotesi che sia possibile vivere in un mondo immateriale perché virtualmente e esteticamente rifatto, cioè diventato pura immagine. Ed è in qualche modo ciò che avviene oggi, con la religione sovrana del retouching che invade ogni aspetto mediatico della cultura contemporanea, e con gli schermi elettronici che popolano il nostro spazio esistenziale. Come definire il valore espressivo e la specificità iconografica delle aeropitture di guerra di Crali? Attorno alla metà degli anni settanta mi è capitato di assistere ad una sua declamazione futurista in una galleria di Milano. Mi chiese di accompagnarlo perché voleva mostrarmi dal vivo come si dovevano recitare le parole in libertà. Proprio quando stava per dare inizio alla sua prestazione, ci fu improvvisamente un guasto tecnico: il microfono non funzionava. Allora si rivolse tranquillo e sicuro di sé al pubblico, dicendo che il microfono è sempre stato inutile. Indicò e si toccò la gola e le labbra aggiungendo che il suo corpo disponeva naturalmente dell’energia per farsi sentire e di tutto quant’altro era necessario per la declamazione delle tavole parolibere. Le sue parole mi colpirono perché non si

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rendeva conto di una contraddizione così clamorosa. In quanto futurista non poteva negare il valore della tecnologia, cioè il ruolo strumentale del microfono che, trasformando l’energia sonora e l’impatto fisiologico in energia elettrica, amplifica e potenzia la voce, la distribuisce nello spazio. Si presentava come futurista, eppure con le sue affermazioni delegittimava la tecnologia, confessando apertamente che per lui il protagonismo performativo del fattore umano era molto più importante. Le sue aeropitture di guerra, quasi sempre efficacemente e drammaticamente costruite sulla diagonale, come Paracadutisti o A bassa quota sulla città, inscenano infatti il superuomo dell’eroismo bellico attraverso le figure dell’aviatore ai comandi dell’aereo, del paracadutista che si lancia nel vuoto sopra la città, del mitragliere che spara all’impazzata dall’abitacolo di tiro. Insomma dipingeva e celebrava il gesto umano del soldato nella guerra aerea, smentendo così apertamente Marinetti, che nel coevo manifesto Estetica futurista della guerra esaltava invece la grandiosità della guerra moderna, dominata dalla fredda potenza delle macchine di morte, e derideva i pittori e i poeti nostalgici che erano capaci di elogiare « ancora le guerre di una volta rimpiangendo le bellezze minute di un eroismo individuale solamente umano ». Le aeropitture di guerra di Crali trattano proprio di ciò che apparteneva ormai alla vecchia mitologia bellica dell’eroismo dell’essere umano. Dopo l’8 settembre 1943, Crali si sposta al nord dove, molto probabilmente, poiché era un aviatore militare, fa parte delle truppe della Repubblica di Salò. Con grande fedeltà, ma anche con un senso gerarchico molto forte, rimane al fianco a Marinetti fino all’ultimo. In una sua lettera del 14 agosto 1974 mi scriveva: « Le ‘parole musicali-alfabeto in libertà’ è un manifesto del 1944 con una prima stesura non definitiva e lasciata interrotta per la morte di Marinetti. Di questa prima stesura una copia completa si trova negli incartamenti di Marinetti mentre io conservo una copia incompleta e ciò in seguito agli eventi bellici e ai miei trasferimenti ». Il testo scritto da Crali, che è datato « febbraio 1944 », ha una dimensione sorprendente e surreale. L’Italia si trova sprofondata in una situazione apocalittica, in piena guerra civile e con la certezza della catastrofe imminente, ma il manifesto disquisisce seriamente e serenamente della necessità di « ritrovare le immagini sonore della sensibilità primitiva » sempre presenti nell’essere umano. Questa stupefacente capacità di fare astrazione dal vissuto e dal presente storico, che pur era il terreno privilegiato dall’arte-azione futurista, è convalidata dall’assenza nel testo, per la prima volta, di qualsiasi riferimento alla guerra, a Mussolini e al fascismo. Subito dopo la fine della guerra Crali si trova nelle mani della polizia di Tito e subisce la prigione. Si ignora se è stato catturato o se si è consegnato per evitare di entrare in contatto con i partigiani italiani. Negli anni successivi del dopoguerra abbandona l’aeropittura, soprattutto quando riesce a ricevere dal Ministero della Pubblica Istruzione l’incarico di insegnante di

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educazione artistica presso il Lycée italien « Léonard de Vinci » di Parigi. Vive allora dal 1951 al 1959 nella capitale francese, dove espone qualche vecchio quadro futurista ma soprattutto nuovi dipinti di gusto francese in cui ritrae gatti randagi al sole, fiori, paesaggi naturali o scorci urbani, cantieri e barche a vela8. Torna in Italia in sintonia con il revival degli studi sul futurismo che, creando anche una forte domanda del mercato, lo inducono a riprendere l’aeropittura. Nel 1960 redige il manifesto delle Sassintesi futuriste, che mi illustrò presentandomelo come una sua « nuova ricerca plastica sempre nella linea futurista »�. L’anno seguente Crali presenta in una personale alla Galleria Minima di Milano queste nuove opere collegandole in catalogo alla tradizione del polimaterismo futurista che corre dagli assemblaggi di frammenti di materie della scultura di Boccioni fino alle « trasfigurazioni plastiche del mondo cosmico-biochimico » di Prampolini9. In un altro testo teorico scritto dieci anni dopo, Crali precisa anche il rapporto delle sue sassintesi con l’aeropittura: « Dialogo con la materia. La vita in carlinga o nella capsula missilistica esige fiducia nella macchina, associazione di forze, intesa perfetta; ciò porta ad una maggiore comprensione sensibilità dialogo con i metalli, resine, energie termoelettriche, coesioni molecolari, ecc. Verso una concezione non umana dell’universo. Polimaterismo integrale in cui l’espressione geoplastica della sassintesi si apre ai più svariati interventi materici e meccanici »10. In realtà, il fascino estetico per la forma modellata dal caso e dalle forze atmosferiche, geologiche o naturali, risale al romanticismo o, ancora più indietro, ai Kunst und Wunderkammer, cioè le Camere della meraviglia o Gabinetti di curiosità del Rinascimento europeo. La poetica del nuovo meraviglioso degli objets trouvés, cara ai surrealisti, era nata ben prima, proprio con i sassi modellati dalla natura e dalle acque che Victor Hugo amava collezionare raccogliendoli sulle rive dei torrenti o sulle spiagge marine. L’assetto teorico proposto da Crali è invece valido in un’altra direzione, soprattutto se lo si riferisce alla ricerca polimaterica di Prampolini. Con quest’ultimo, rispetto alla radice aeropittorica da cui deriva, il polimaterismo futurista non lavora più sulla compenetrazione tra i piani della visione per riprodurre la dinamica apertura a ventaglio della prospettiva aerea, ma approfondisce l’effetto di differenziazione percettiva della materia grezza colta dall’alto. Proseguendo poi il processo di progressiva verticalizzazione del piano prospettico già innescato dalla visione aerea, il polimaterismo giunge al suo completo ribaltamento. Il piano prospettico diventa così una superficie fisicamente 8 Vedi ad esempio i cataloghi Peintures de Crali, Galerie 11 Quai Voltaire, 27 dicembre 1951-15 gennaio 1952, Parigi, e Crali, peintures et dessins, Galerie Suillerot, 8-21 giugno 1955, Parigi. 9 Tullio Crali, Sassintesi futuriste, note alla 1° mostra di Milano, in Sassintesi futuriste di Crali, Galleria Minima, 18-30 giugno 1961, Milano. 10 Tullio Crali, L’Aeropittura, in MG-Mostre e Gallerie, n. 5, 15 maggio 1971, Milano.

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concreta, autosignificante e autoevidente a se stessa, pronta ad accogliere frammenti di materia consunti dal tempo o modellati dalla natura, provenienti dalle origini più diverse. Solo in questi frammenti di materia, dotati di una forza plastica autonoma, risiede il potenziale evocativo dell’opera. Sfruttando l’imponderabilità delle forme geoplastiche offerte dalla natura, con le sue « sassintesi » Crali si discosta tuttavia da Prampolini nella misura in cui ne trae anche composizioni ludiche, a volte mimetiche o narrative, come nell’unisasso Maternità cosmica o nella composizione a più sassi L’Opera da tre soldi che si aggancia alla tradizione tutta italiana del « teatrino ». Nel 1969, poco dopo l’allunaggio dell’astronauta americano Neil Armstrong sulla luna, Crali scrive il manifesto Arte orbitale in cui proclama: « Noi intuiamo e già progettiamo grandiosi congegni plastici che domani, in collaborazione con tecnici e scienziati, saranno messi in orbita attorno alla terra: tutti i ritrovati della tecnica più avanzata utilizzati per scatenare spettacoli visuali sonori psicologici programmati che si concludano alla maniera più sorprendente, in gara con arcobaleni galassie comete e supernove ». Questo manifesto, come quello coevo di Depero sull’« arte nucleare », insieme all’egualmente coevo ritorno all’astrazione di Balla o alle composizioni di montaggi meccanici di Severini, implicano la necessità oggi, per la storia dell’arte italiana, di circoscrivere la realtà fattuale di un « neo-futurismo » che si è espresso negli anni cinquanta, sessanta e oltre, costringendo spesso ad un confronto dialettico le neo-avanguardie sorte nello stesso periodo. Anche il ritorno di Crali all’aeropittura intesa come esperienza percettiva del volo appartiene a questa problematica storiografica che non è stata ancora studiata dovutamente. In questi ultimi anni Crali tenta nuove ricerche formali, ad esempio con l’aeropittura Picchiata, cabrata che è un assemblaggio su tavola realizzato poco dopo il suo ritorno da Parigi. La particolarità dell’opera risiede nelle forme irte a sbalzo per rendere la tattilità e la scabrosità volumetrica del paesaggio urbano osservato dall’aereo in movimento. Il rilievo delle case in proiezione anamorfica produce così un forte effetto di materia incrostata. Molto probabilmente l’idea gli è venuta osservando a Venezia la facciata in marmo della chiesa Santa Maria del Giglio, costruita da Giuseppe Sardi tra il 1678 e il 1683. I bassorilievi inferiori che corrono lungo la superficie laterale esterna di questa chiesa barocca rappresentano in rilievo e in prospettiva aerea le sei città che sono state il teatro delle imprese gloriose della famiglia Barbaro. Cercando nuove strade e operando una sorta di approccio sincretista dei linguaggi delle avanguardie storiche, Crali attraversa diverse fasi espressive. Negli anni sessanta, in quadri come Paesaggio in carlinga o Magia in volo, elabora composizioni quasi astratte che risentono formalmente del cubismo tra le due guerre, di cui utilizza le scomposizioni a intreccio o a incastro, o dell’ultimo

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surrealismo, di cui riprende in particolare le trasparenze vitree e le luci cristalline di Dalì per farne piani luminosi che tagliano arbitrariamente l’immagine. Si ispira egualmente alla pittura di Dalì per stilizzare le ali dell’aereo in modo da renderle simili alle lancette di un orologio, suggerendo così lo spazio-tempo come ciclo inerente al misticismo dell’esperienza aerea. Alla maniera di Dalì, Crali utilizza una stesura assai poco materica, eliminando le tracce visibili della pennellata, dando all’opera la sua qualità aerea e la sua leggerezza. Il periodo più felicemente inventivo è quello posteriore alla metà degli anni ottanta, quando Crali scopre palesemente l’architettura decostruttivista, soprattutto l’opera di Zaha Hadid. In quadri come Festa tricolore in cielo e Le frecce tricolori, riprende infatti dai progetti utopici di Zaha Hadid le linee ellittiche filanti, le tesissime fluidità energetiche, la vivacità dei contrasti cromatici, la nitidezza di una plasticità affermata senza esitazioni, le forme destrutturate e aperte. Dipinge così una serie di quadri smaglianti che, trovandosi a riflettere un’estetica come quella decostruttivista, nata da una rielaborazione sui computer delle forme del cubo-futurismo e del suprematismo russi, appaiono privi di ogni scoria affettiva, cioè finalmente emancipati tanto dalla trascrizione sensoriale quanto dal sentimento di potenza o di eroismo che nutrivano e inquinavano ogni resa formale nell’aeropittura futurista.

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Tullio Crali: dalla Dalmazia all’infinito Carla Isabella Elena Cace

Tullio Crali, Lussuria aerea,1931 tempera su faesite cm 71x82

“Crali si può considerare il più grande pittore del momento, la sua serietà nel lavoro è una virtù rara nei pittori di oggi, noi aeropoeti futuristi elogiamo la meravigliosa passione per le altezze e le velocità aeree, passione che costituisce la massima garanzia del trionfo di Crali. Questa passione è, in realtà, l’essenza magica dei maestri del Futurismo”. Così Filippo Tommaso Marinetti, nel 1940, descrive uno dei più giovani aeropittori. La figura di Tullio Crali, esponente di spicco di quella peculiare declinazione del Futurismo chiamata Aeropittura, non cessa mai di stupire e ancora oggi merita una doverosa rivalutazione dal punto di vista storiografico. E’ evidente che, rispetto ad altri artisti appartenenti all’Avanguardia marinettiana, il grande Maestro sia stato trattato meno dalla storiografia e, talvolta, ingiustamente dimenticato. Forse la questione è collegata alle sue origini dalmate? L’interrogativo merita una analisi. Nato a Igalo presso le Bocche di Cattaro nell’attuale Montenegro (dove il padre si trovava per lavoro) da una famiglia dalmata di sentimenti italiani, egli è vissuto a Zara fino al 1922 e poi a Gorizia, dove ha mosso i primi passi verso la sua ricerca artistica. Gli italiani che hanno avuto la “sfortuna” di nascere in quel lembo di Adriatico nella prima metà del XX secolo ne hanno letteralmente passate di tutti i colori: da un primo esodo conseguente alla Prima Guerra mondiale al dramma delle foibe, fino al secondo esodo di 350.000 italiani terminato il Secondo conflitto mondiale. Ma questa travagliata Dalmazia, oggi attuale Croazia, è certamente stata lo scenario ideale per avviare il suo dialogo infinito tra terra e cielo, tanto quanto lo stupore infantile per gli aerei che non lo abbandonerà mai e che iniziò a manifestarsi di fronte al primo idrovolante ammarato nelle acque della sua città. E’ proprio quel crogiuolo culturale dell’area balcanica in cui nasce e cresce a rendere la sua opera così varia. Tullio Crali, infatti, rivolge la sua ricerca tanto alla pittura quanto all’architettura, senza tralasciare la moda (sua l’invenzione del borsello da uomo datato 1951, oppure degli abiti unici per donne uniche), i gioielli, i manifesti, la scenografia, sino alle composizioni dal nome SASSINTESI e UNISASSI. A quindici anni il giovane Tullio, ancora studente presso l’Istituto Tecnico, scopre sulle pagine del “Mattino illustrato” di Napoli il Futurismo: è una folgorazione. Inizia a dipingere acquerelli con lo pseudonimo di Balzo Fiamma. Frequenta la bottega del “sior Clemente”, un intagliatore, doratore e corniciaio che gli prepara i cartoni e che gli permette di entrare in contatto con

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gli artisti goriziani de Finetti, Melius, Gorsè e Del Neri. Nel 1928 vola per la prima volta sopra un idrovolante diretto in Istria e, nel 1929, anno della nascita ufficiale dell’aeropittura futurista, conosce Marinetti ed entra subito a far parte del movimento. Da quel momento si reca sempre più spesso al campo d’aviazione di Merna dove inizia a copiare gli aeroplani. Conosce Sofronio Pocarini, il fondatore del Movimento Futurista Giuliano, che lo sostiene e gli permette di esporre alla “II Mostra Goriziana d’Arte”. A Trieste nel 1931, incontra Marinetti e si approccia a composizioni polimateriche a soggetto cosmico e bozzetti di scenografie per le sue sintesi teatrali. Dopo le prime mostre in Italia, il padre del Futurismo lo invita a esporre a Parigi, nella prima mostra di aeropittori italiani, siamo nel 1932. Da lì la sua carriera si svolgerà tra Roma esponendo per la Quadriennale più volte, poi Venezia, Berlino e ancora Gorizia, Udine, Trieste, Parigi e Il Cairo. Dal 1966 si stabilirà a Milano fino alla morte. Un cosmopolita, insomma, capace di non tagliare mai un filo diretto con la Venezia Giulia, terra attigua a quella sua Dalmazia che dopo la Seconda Guerra mondiale non è esistita più. Possibile che Crali abbia subito il torto di essere collegato ad una parentesi storica da cancellare? Forse. Rimane il fatto che la sua arte è più viva che mai.

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Tullio Crali, Palazzo dello Sport Milano1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota�)

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Ad alta quota. Enrica Bruni Sono 28 i Quaderni di Tullio Crali, il primo Tuyaux de Paris porta la data 1951, l’ultimo Un giorno è del 1985. Sono tutti intitolati in maiuscolo e numerati. N.1 TUYAUX DE PARIS – 1951(15 capitoli). N. 2 TUYAUX DE PARIS – 1952 (18 capitoli). N. 3 TUYAUX DE PARIS – 1952 (16 capitoli). N. 4 TUYAUX DE PARIS – 1952 (23 capitoli). N. 5 TUYAUX DE PARIS – 1953 (21 capitoli). N. 6 TUYAUX DE PARIS – 1953 (20 capitoli). N. 7 TUYAUX DE PARIS - 1954-55 (22 capitoli). N. 8 TUYAUX DE PARIS – 1955 (13 capitoli). N. 9 TUYAUX DE PARIS – 1956-59 (23 capitoli). N. 10 EL GHISA – 1960 (Milano). (18 capitoli) N. 11 NIENTE…..- 1961 (16 capitoli). N. 12 EL MAKTUB – 1961-62 Cairo (21 capitoli). N. 13 EL MAKTUB – 1962/63 (18 capitoli). N. 14 EL MAKTUB – 1963/64 (33 capitoli). N. 15 EL MAKTUB - 1964 (22 capitoli). N. 16 EL MAKTUB – 1965 (16 capitoli). N. 17 H2SO4 – 1966/68 (18 capitoli). N. 18 GREBANI – 1968 (19 capitoli). N. 19 SEDIA VUOTA – 1969 (21 capitoli). N. 20 PROTESTA – 1970 (34 capitoli). N. 21 PQMs - 1972 (37 capitoli). R N. 22 ALTA QUOTA – 1976 (48 capitoli) N. 23 L’UNIVERSO E’ MERAVIGLIOSO – 1979 (21 capitoli). N. 24 AD ALTA QUOTA (15 Capitoli). N. 25 BASTA! – 1980 (23 capitoli). N. 26 …………………………….1981 (36 capitoli). N. 27 ……………………………..1983 (19 capitoli). N. 28 “UN GIORNO” – 1985 (35 capitoli).

Tullio Crali, Cap de la Chèvre, 1957 olio su tela cm 73x60

Non scrive nulla, oppure non ci sono pervenuti i quaderni, negli anni ’71,’72,’73,’74,’75, ’77,’78, ’82, ‘84. Tra il 1979 e il 1980 il Quaderno n. 24 non è segnato con l’anno, ma solo con il titolo Ad alta quota, mentre il Quaderno n. 26 e n.27 non hanno titolo se non una lunga linea di puntini che finisce con la data 1981, 1983. Pensieri, pensierini. Annotazioni, impressioni.

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Appunti di viaggi: Nel sud, a Ginevra,in Dalmazia,Ritorno in Egitto, Da Milano alle Tremiti,Viaggio in Provenza, Viaggio in Olanda, Ritorno a Parigi, Visita a Londra, Ritorno al Cairo. Opinioni sui pittori. Pittori italiani a Parigi. Sulla libertà. Scenette. Gli incontri e le visite: Pranzo con Severini, visita allo scultore Bartelletti,Con Mascherini, Incontro con Palazzeschi, Edith Piaf. Note. Note per le conferenze: Nervi a Milano, conferenza a Bologna, a Brera, Su Marinetti a Trieste, a Torino. 20 luglio 1969-sulla luna, Su Brest e Bretagna, Note egiziane. Conversazioni. Frammenti. Definizioni dei futuristi, dell’Aeropittura, dell’ Arte spaziale. Le mostre d’Arte messicana, dell’argentino Vitullo, la mostra di Campigli, Balla, Zadkine,la Mostra di Aeropittura, Mostra Depero a Bassano, Mostra di Licini al Milione, Mostra Signac, Mostra Dufy. Le personali. I Musei. Gli artisti. I critici. Calvesi critico del futurismo. Commenti. Incontri romani. Serate teatrali. Cronache. Studi di figure. Esercizi prospettici e schizzi a china. Disegni a pastelli colorati. Bozzetti a matita. Vedute aeree. Geometrie. Giudizi a tempo perso e Note autobiografiche, Pensieri di primo mattino e Cose che mi riguardano. Le gite a Verona, a Siena,a Venezia, Da Verona alle Dolomiti. Espressioni: La giornata nera, Cose tristi, Sfogo e Pazzi pensieri a zonzo, Momenti, Nostre amarezze in casa altrui. Cristo che tristezza. Poesie turche e persiane, Poesia cinese, irlandese, giapponese, Poesia turca, spagnola. Appunti: Caffè di Parigi,Tipi a Parigi,Sulla Natura,Critica e stitichezza, Natale sul Mar Rosso. Analisi e Frammenti. I Quaderni di Tullio Crali sono taccuini fascicolati in cartone grigio-verde oppure con la copertina in plastica rossa, grigia, nera, molti scritti su fogli di quaderno e poi di nuovo incollati, accuratamente rilegati, numerati e datati, con tanto di indice. All’interno pagine scritte con una grafia spesso impossibile da decifrare, nervosa, un segno rigorosamente d’inchiostro nero indicato a tratti che ricordano le tracce di un sismografo. Sono pensieri, ricordi, relazioni, racconti, fatti fissati in modo da poterli riprendere più tardi, elaborare quando servirà, idee da perfezionare al momento giusto. Commenti graffianti ed ironici. Chiose polemiche. Considerazioni provocatorie e osservazioni intelligenti. Memorie precise e rigorose. Note acide. Pagine a volte eccentriche dalle quali traspare un carattere singolare, una sincerità genuina fissata sul foglio per se stessi, per un personale sollievo, un libero

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abbandono sciolto dalla preoccupazione di farsi leggere. Voglio riportare solo quattro capitoli dei seicentoquarantuno scritti da Crali nei ventotto Quaderni illustrarti riccamente da disegni a china, a matita e a pastelli colorati. Voglio dare al lettore la pagina senza commentarla, integra in tutta la sua acuta e sensibile unicità, nell’assoluto valore storico e documentario perché resti intatto l’onesto e incorrotto esprimersi del Maestro, rimandando ad altro momento lo studio scientifico dei documenti e delle tavole perché se ne riveli adeguatamente il loro apprezzabile contenuto, le caratteristiche salienti e significative di ogni scritto, di ogni disegno, per comprendere a pieno non solo l’uomo, l’artista e la sua opera, ma anche gli aspetti variegati e complessi del ‘900 italiano. Quaderno n. 20, PROTESTA,1970 “Nuove osservazioni sull’aeropittura” Nell’aeropittura non esiste più la verticalità e i suoi parallelismi sull’asse terrestre. Lo Zenit è sbloccato. Lo si ritrova ovunque, da ogni parte. L’”alto” e il “basso” non sono più relativi al centro della terra ma vincolati allo spettatore che si pone autonomamente al centro dell’universo indipendentemente da qualsiasi suo spostamento o nuova posizione. Stanti dunque i piedi a terra l’uomo acquista una nuova condizione azenitale o meglio su libera da un vincolo. Ecco che così ogni cosa, ogni forma, ogni direzione si proiettano liberamente nello spazio e possono venir osservati e registrati in assoluta libertà di “posizione”. Questo si riflette nell’opera realizzata per cui la stessa può venir osservata in tutti i sensi. Non esiste quindi l’alto e il basso del quadro, ma una infinita varietà di rotazione e di inclinazione di questo. Non è dunque risultato di un volo acrobatico, ma quello determinatosi con la possibilità offerta ormai all’uomo di occupare qualsiasi punto dello spazio universale. L’aeropittura può quindi guardarsi come meglio sembra all’artista ed in conseguenza di un rapporto di peso e di richiamo di equilibrio e di respinta (…) che scaturisce dalla composizione plastico-figurativa. Altro punto importante è quello del dinamismo non più condizionato dal violento attrito tra corpi in movimento ravvicinato così come avviene sul piano terrestre. Boccioni studiava questo dinamismo nelle strade nelle stazioni, nelle sale gremite di gente, di case e di aspetti (…). Tutti questi elementi entrarono in cozzo tra di loro sommandosi, contrastandosi, disperdendosi, frantumandosi, compenetrandosi per assoggettarsi alle lineee-forza di uno stato d’animo e creare così l’arabesco grafico di un dinamismo plastico terrestre. Questo dinamismo è in sostanza il risultato di una reazione generata dai limiti posti dalla convivenza di migliaia di ostacoli tutti proiettati nelle direzioni più disparate. Il dinamismo ora invece si svolge nello spazio aereo dove esiste un solo limite che è l’infinito. Questo dinamismo si manifesta (…) come ente condizionato in tal senso dal suo allontanamento (…) e

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dal suo avvicinamento all’infinito. Si potrà assistere così allo spettacolo plastico di un primo piano che definiremo boccioniano e ulteriori piani sempre meno “agitati” (…) tendenti ad una stasi apparente. La stasi assoluta che sta all’infinito senza quindi il punto di maggior distanza dinamica dove la sensazione delle immagini in moto proietta lo spettatore nel dinamismo spirituale. Dal dinamismo di materia al dinamismo dello spirito. La stasi assoluta che è all’infinito non è quindi raggiungibile materialmente e non può in tal modo manifestarsi. Questa graduazione prospettica del dinamismo nel quadro permetterà di rendere la vastità dell’universo e la tensione verso l’irraggiungibile infinito. Lo stato d’animo boccioniano metterà lo spettatore nel centro del quadro; l’aeropittura tende a mettere invece lo spettatore nel centro dell’universo e far entrare il quadro dentro allo spettatore. Il (…) emotivo dunque non si realizza più dentro alla tela, ma questa come un catalizzatore provoca la reazione nell’animo dello spettatore. Questo è un punto di estrema importanza e sta a dimostrare come con l’aeropittura si sia fatto un grosso passo avanti dai primi postulati plastici del futurismo. Senza questa decisa e chiara evoluzione il futurismo si sarebbe ridotto a schema accademico, a sala da museo. E’ questo che la critica non ha ancora capito. Se il primo futurismo (1909-1920) chiude il periodo romantico dell’arte, il secondo futurismo (1930-1940) apre invece una nuova era perché è il primo passo verso un’espressione legata al nuovo rapporto, ormai chiaramente manifestatosi, tra uomo e cosmo. Non è l’innovazione di una tecnica (divisionismo) l’osservazione di un fenomeno (impressionismo della luce) l’introduzione di uno schema (cubismo) l’alterazione della realtà apparente (espressionismo) o l’invenzione di un nuovo simbolismo (astrattismo) a creare una nuova arte ma qualcosa che sta nel profondo dell’uomo e nel profondo dell’universo: una nuova religione spirituale ed estetica.

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Quaderno n. 21, PQMS fratto R, 1972 “Aeropittura” Il volo determina una costante di “vicino-lontano” che si realizza in una simultanea presenza di forme precise e dettagliate e di forme semplificate sino ai limiti dell’astrazione più completa. Concreto e astratto, opposte manifestazioni dello stesso contenuto in funzione dello stato d’animo e in funzione della distanza dall’oggetto e dell’azione da noi. La distanza è importante perché nel suo variare cambia la quantità di energia (una sorta di magnetismo) che scaturisce dal nostro incontro con il fenomeno; questa energia è conoscenza, emozione. Conoscenza ed emozione tendono ad annullarsi col crescere della distanza e ad aumentare col diminuire della stessa. Un volo è un continuo avvicinarsi ed allontanarsi da una quantità di fenomeni, di creature poste o viventi nello spazio. Lo stesso nostro paese a volo radente, a 100° metri, a 1000, a 10.000, 80.000, o dalla luna, cambia nel suo aspetto, ma cambia soprattutto nella carica emotiva che ci provoca sino ad alterarsi completamente e a scomparire del tutto, per non sopravvivere che nell’astrazione man mano che ci allontaniamo negli spazi cosmici. La costante vicino-lontano porta inoltre ad un’altra simultanea presenza cioè l’accelerazione del moto (del dinamismo) e di una decelerazione dello stesso sino ad una sua apparente stasi che può diventare fissità allorché il fenomeno passa la barriera della realtà sensibile per entrare nella metafisica. Così ci sono forme scomposte o del tutto alterate dalla velocità che le investe creando quel groviglio plasticocromatico scoperto da Boccioni, e ci sono altre forme che in rapporto alla distanza recuperano le loro apparenze per fissarsi da ultimo nell’immagine-ricordo. Non si può pensare ad un mondo di immagini fisse come facevano gli antichi perché sarebbe un mondo mummificato, ma nello stesso tempo non si può pensare ad un mondo di immagini sconvolte dal dinamismo come faceva Boccioni perché sarebbe un mondo senza i valori di tempo e spazio che in fondo sono quelli che ci permettono un divenire ed un espanderci. L’aeropittura deve contenere perciò la precisione e la meticolosità, la dinamicità e la fissità perché soltanto con la simultanea presenza di questi valori noi riusciremo a far intuire attraverso l’opera il mistero della vita per il quale si giustifica l’atto creativo. E’ facile intuire come per realizzare questa sintesi della vita il pittore debba valersi di tutte le forme di tutti i mezzi di tutte le materie che sono a sua disposizione. Fare il figurativo o l’astratto, fare l’informale o il delimitato è un assurdo che spezzetta la totalità dei fenomeni per presentarli solamente secondo una sola angolazione cioè in modo incompleto e insufficiente. Il quadro deve contenere TUTTO senza limitazioni senza atteggiamenti intellettuali che ostacolino il suo nascere ed essere ASSOLUTO.

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Tullio Crali, Roteando su Siena 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 25 “Basta�)

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Tullio Crali, Venezia, 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 23 “L’univero è meraviglioso”)

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Quaderno n. 22, ALTA QUOTA, 1975 “Aeropittura” (Appunti) Convivono l’immensamente grande e l’immensamente piccolo. Ogni cosa assume un ordine di grandezza che non è quello terrestre, ma è invece vincolato al momento della vita cosmica. Esiste una situazione determinata dal volo nell’atmosfera ed un’altra determinata dalla traslazione cosmica. La prima è direttamente legata all’aeropittura, la seconda è in fase di formazione e determinerà il destino dell’arte. Dare oggi una previsione è impossibile in quanto davanti stanno due possibilità: 1una trasformazione radicale delle forme e delle finalità dell’arte in conseguenza del mutato rapporto tra uomo e cosmo (rapporto spirituale e rapporto reale quotidiano) 2- l’eventuale alterazione (non esclusa la soppressione) dell’arte conseguentemente alle esigenze sociali che hanno sempre accompagnato tutti i rinnovamenti artistici. La società di domani avrà bisogno dell’arte o non sarà pienamente soddisfatta da una gamma di stimoli e impulsi psicobiochimici e fisiconumerici? Già oggi possiamo chiederci: l’arte è necessaria? O meglio è funzionale? Così com’è fatta, cioè secondo gli schemi tradizionali, è già fuori posto, serve più come fattore economico che come necessità spirituale. Quadri, libri, strumenti musicali, palcoscenici, sculture, architettura singola, non entrano forse ogni giorno sempre più in crisi? La speculazione e l’intervento governativo mantengono in piedi questa gravosa eredità della quale ci si dovrà ben liberare un giorno. L’arte che era nata per la vita e quindi aveva una funzione organica, è ormai entrata nei musei e fatalmente finisce là in questi innumerevoli cimiteri delle cose inutili cioè storiche. E’ il segno!

Quaderno n. 23, L’UNIVERSO E’ MERAVIGLIOSO, 1979 “Aeropittori futuristi” Seguendo un ordine cronologico molto all’ingrosso spetta il primo posto ad Azari per il suo quadro “prospettive aeree”. Azari aviatore, Azari ideatore del manifesto sul teatro aereo, vera anticipazione dei meetings aerei che si tengono oggi in alcuni grandi aereoporti, Azari ideatore del libro imbullonato Depero Azari amatore, matematico, ecc e infine Azari pittore, ed è di questo che voglio parlare. Che io conosca, vi è un solo quadro suo “Prospettive di volo”; cosa abbia fatto non so, non ho visto niente né di aeropitture né altri soggetti. Mi domando: era proprio pittore? Ci sarà qualcuno che andrà a cercare cosa ha fatto, allora discuteremo. Per ora bisogna fermarsi alle prospettive aeree. Prima domanda: è un’ aeropittura? Attimo di riflessione, poi a ben guardare l’opera, direi di no. Di aereo c’è soltanto la visione dall’alto in basso, c’è una prospettiva a più fughe

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intersecantisi, una compenetrazione e sovrapposizione che dovrebbero dare la velocità ed è tutto qua. Spazio? No, colore? No! Sospensione? No! Prospettiva dinamica? No! Metamorfosi visuali? No! Lontano-vicino? No! Spiritualità degli spazi? No! Rarefazione delle altezze? No! Emozione dinamica della velocità? No! Trasfigurazione del paesaggio? No! Allora? E’ semplicemente un quadro a soggetto aereo con alcuni presupposti dell’aeropittura, ma certo senza alcuna concezione dell’uomo ridimensionato dalla vita aerea e lo stesso per il suo operare. Viene esposto nel 1926 nel primo padiglione futurista alla Biennale di Venezia e poi citato da Marinetti nel manifesto dell’aeropittura. E’ un quadro che ha suggerito il tema ad altri aeropittori; primo fra tutti Tato che ha dipinto nel 1926 alcune sensazioni di volo sulla città, che sono indubbiamente superiori in tutti i sensi all’opera di Azari, ma che soprattutto hanno spiccati alcuni caratteri dell’aeropittura. Il torinese Pozzo nel 1928 dipingeva “Metropoli” (…) che è quasi un rifacimento più realistico più statico e per niente aereo. E’ la visione verso il basso dall’ultimo piano di un grattacielo di pochi piani. Aeropittura non di certo, d’altronde la mente e il temperamento di Pozzo non sono certo quelle più consone ad un aeropittore. Pozzo doveva fare il cubista, così come Oriani e Fillia, Diulgheroff e tutti i torinesi in generale. Altro motivo sulla scia di Azari è quello di Crali: “Un tuffo sulla città”. Il soggetto sono i grattacieli della città proiettati verso l’altro contro il pilota in picchiata con una ricerca dinamica talmente carica di emotività da dare le vertigini ad uno stesso pilota da caccia (Mostra personale di Crali a Gorizia nel 1939 inaugurata dal magg. Botto “gamba di ferro”). Qui siamo proprio dentro alla carlinga proiettati in tuffo: velocità, simultaneità, interno, esterno, alterazione delle forme, esasperazione delle linee-forza. Qui il soggetto aereo è vissuto dall’uomo nello spazio. Concreto e astratto creano la suggestione. Però siamo già nel 1939, ma Crali aveva 28 anni. In definitiva va affermato a giusto merito che spetta ad Azari di aver intuito l’intervento creativo dell’uomo nello spazio. Il suo pilota-attore-autore che crea spettacolo di forme dinamiche nello spazio è qualcosa di molto più avanti delle visioni romantiche di Boccioni con i fumi colorati in cielo. Anche questo è diventato realtà e suggestiva al massimo. Boccioni aveva visto giusto, ma egli apparteneva ad un sistema universale che arrivava al massimo al dinamismo terrestre (mai egli si è ispirato o ha dipinto un aeroplano); con Azari si entra in un sistema nuovo, allora solo preannunciato, oggi, dopo lo sbarco sulla luna, in via di sempre più vasta manifestazione. Dopo il sistema tolemaico, quello copernicano, oggi quello nuovo che potremmo definire interplanetario, domani quello galattico. L’aeropittura è la prima e la sola forma d’arte che preannunci ed esprima una situazione spirituale interplanetaria. Ad Azari in arte spetta il primo passo. Dopo Azari, Tato, che come detto che una serie di sensazioni di volo sulla città che restano tra le cose più genuine dell’aeropittura. Tra l’altro egli in quei quadri ha raggiunto un risultato di sintesi che raramente si è visto in altri e neanche in lui stesso. Peccato che un così bell’inizio sia finito troppo

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presto e si sia guastato, da ultimo, definitivamente. Infatti il suo secondo periodo è caratterizzato dalle macchine aeree, grandi, nere, scorciate a tutto effetto. Si ha la sensazione del “più pesante dell’aria” ma si ha anche la sensazione che qualcosa di artificioso sostenga la composizione, suggestione sì, poesia no. La pittura sospinge verso l’immagine fotografica. Il terzo periodo è proprio la fotografia che suggerisce il quadro. “Urbanismi obliqui” è addirittura colorato sulla base grafica di una fotografia scattata da un pilota tedesco sopra a Monaco e pubblicata dalla nostra rivista, degli anni 30, “Lettura”. L’effetto movimento della fotografia aerea è presa come ricerca dinamica pittorica. E’ un quadro che non si può considerare. Dopo quello altri quadri seguono sulla stessa falsa riga fotografica. La mancanza di una composizione il figurativismo di certi paesaggi, e l’affrettato suggerire delle forme fuori da qualsiasi interpretazione, segnano tutta la produzione del periodo bellico. A guerra finita Tato come tutti gli altri futuristi (escluso Crali) si dimentica dell’aeropittura che riprende solo verso il 1970 dopo che Crali ha battuto da solo la grancassa per quasi trent’anni. Il suo paesaggio cerca (…) di questo quinto periodo è un’insalata russa più vicina all’impasto impressionista che alla plastica dinamica futurista; ma ormai il fisico di Tato aveva preso delle sbandate tali da portarlo ben presto ad una fine pietosa.

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Tullio Crali, Milano 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota�)

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Tullio Crali, Firenze 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota”)

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Tullio Crali, Verona 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota”)

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Tullio Crali, Venezia1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota”)

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Tullio Crali, Milano 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota�)

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Tullio Crali, Castello di Cesena 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 25 “Basta�)

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Tullio Crali, Il Colosseo di Roma 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota”)

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Tullio Crali, Il Colosseo 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota”)

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Tullio Crali, Siena 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota”)

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Tullio Crali, Pisa 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota”)

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Tullio Crali, Siena 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 25 “Basta”)

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Tullio Crali, Siena 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 24 “Ad alta quota”)

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Tullio Crali, Roteando su Siena 1979 disegno a china mm 220x160 (quaderno n. 25 “Basta�)

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OPERE



Tullio Crali, Volo,1929, tempera su cartone, cm 20x25, Collezione privata

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Tullio Crali, In alto volo,1929, olio su compensato, cm 45x57 Collezione privata

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Tullio Crali, Duello aereo,1929, tempera su faesite, cm 29x36 Collezione privata

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Tullio Crali, Tramonto di luci ad Ostia,1930, olio su compensato, cm 45x58 Collezione privata

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Tullio Crali, Le forze della curva,1930, olio su tela, cm 69x89 Collezione privata

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Tullio Crali, Raggiungendo il sole,1930, olio su tavola, cm 69,4x57,7 Collezione privata, Andrea Parpaglioni

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Tullio Crali, Bombardament notturno,1930, tempera su cartone, cm 35x46 Collezione privata

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Tullio Crali, Forze dell’infinito,1931, olio su tela, cm 70x50 Collezione privata 78


Tullio Crali, Lussuria aerea,1931, tempera su faesite, cm 71x82 Collezione privata 79


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Tullio Crali, Acrobazia area,1932, olio su tavola, cm 73x100 Collezione privata, Andrea Parpaglioni 81


Tullio Crali, Spazio cosmico,1932, olio su tavola, cm 70x100 Collezione privata, Andrea Parpaglioni

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Tullio Crali, Ballelica,1932, (ritratto di Elica Balla) olio su compensato, cm 70x50 83

Collezione privata


Tullio Crali, I naviganti,1933-34, olio su tela, cm 80x70 Collezione privata 84


Tullio Crali, I sotteranei,1934, olio su tela, cm 80x70 Collezione privata 85


Tullio Crali, Autoritratto,1935, olio su compensato, cm 42x36 Collezione privata

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Tullio Crali, Battaglia sull’aeroporto,1936, olio su tela, cm 59x64 Collezione privata

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Tullio Crali, Aerocaccia II,1936, olio su tavola, cm 79x99 Collezione privata, Roma Courtesy Futur-Ism

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Tullio Crali, Incuneandosi nell’abitato,1938, olio su tela, cm 79,3x90,7 Collezione privata, Roma Courtesy Futur-Ism

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Tullio Crali, Incursioni su Alessandria,1941-42, olio su tavola, cm 97,5x67,5 Collezione privata, Roma Courtesy Galleria Russo

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Tullio Crali, Cintura di sgancio in volo,1946, olio su compensato, cm 38x62 Collezione privata

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Tullio Crali, Lancio, fuori!,1949, olio su tela cm 80x59 Collezione privata

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Tullio Crali, Belle Isle,1957, olio su tela, cm 60x72 Collezione privata

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Tullio Crali, Rada di Camaret,1957, olio su tela, cm 72x60 Collezione privata

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Tullio Crali, Cap de la Chèvre,1957, olio su tela, cm 72x60 Collezione privata

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Tullio Crali, MaternitĂ cosmica, 1960, olio su tela, cm 73x60 Collezione privata

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Tullio Crali, Forme paracadutate,1962, olio su tavola, cm 23,5x29,5 Collezione privata, Gorizia

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Tullio Crali, In fase di atterraggio,1962, olio su tela, cm 80x100 Collezione privata

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Tullio Crali, Calando luce sul lago, 1963, olio su tela, cm 53,5x63,5 Collezione privata, Gorizia

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Tullio Crali, Incontro con l’Africa,1964, olio su tela, legno, selce, cm 60x80 Collezione privata, Trieste

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Tullio Crali, Paracadutista piĂš luce,1965, olio su tela, cm 92x73 Collezione privata

Tullio Crali, Paesaggio paracadutato, 1964, tempera, olio su tela, cm 94x73 Collezione privata

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Tullio Crali, Paesaggio in carlinga, 1966, olio su tela, cm 95x75 Collezione privata

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Tullio Crali, Assalto dei motori, 1968, olio su tela, cm 80x100 Collezione privata

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Tullio Crali, Magia in volo,1969, olio su tela, cm 80x100 Collezione privata

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Tullio Crali, Vento divino, 1969, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, Involucro aperto, 1970, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, Cielo in acrobazia, 1970, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, Cielo veloce, 1971, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, SerenitĂ di vette, 1973, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, SimultaneitĂ area, 1973, olio su tela, cm 80x100 Collezione privata

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Tullio Crali, Muro del suono, 1984, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, Macchine in cielo, 1980, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, Incontro aereo con Ponza, 1984, olio su tela, cm 58x71 Collezione privata

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Tullio Crali, Veleggiando in caduta libera, 1985, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, Geometri di volo,1986, olio su tela, cm 72x60 Collezione privata

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Tullio Crali, Festa tricolore in cielo, 1986, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, Tonneau contro sole, 1989, olio su tela, cm 100x80 Collezione privata

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Tullio Crali, Monoplano Jonathan, 1988, olio su tela, cm 100x100

Tullio Crali, Forme essenziali, 1991, olio su tela, cm 80x60

Collezione privata

Collezione privata

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Tullio Crali, Di sotto in su, 1991, olio su tela, cm 100x80

Tullio Crali, Non finito II, 1999-2000 circa, grafite, matita e tempera su tela, cm 100x100

Collezione privata

Collezione privata

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Tullio Crali, Non finito I, 1999-2000 circa, grafite, matita e tempera su tela, cm 100x100 Collezione privata

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Tullio Crali “Nelle mie aeropitture c’è sempre quell’orizzonte marino che da ragazzo portai via con me quando lasciai Zara affondare nella nostalgia”. Quaderno n. 28, UN GIORNO, 1985, “Aeropittura”


Biografia di Tullio Crali Marzia Crali 1910 – 1924 Tullio Crali nasce nel 1910 Igalo, nell’attuale Repubblica del Montenegro, terra degli antenati materni, durante un breve viaggio di lavoro del padre, geometra di origine dalmata incaricato di eseguire i rilievi delle coste del fiordo. Ha soli pochi giorni quando, con la sua famiglia, si trasferisce a Zara, dove rimane fino all’età di dodici anni. Scriverà più tardi: ”di allora non mi è rimasto che un fagotto di stupori, curiosità, scoperte, sogni, incomprensioni.” Nel 1919 contempla per ore un idrovolante ammarato davanti alla sua casa; da questo primo incontro nascerà la sua passione per l’aeroplano, che lo accompagnerà per tutta la vita. Nel 1922 si trasferisce a Gorizia, in una casa di piazza Vittoria. Frequenta l’Istituto Tecnico dove è allievo della sorella di Scipio Slataper, insegnante di lettere. 1925 A quindici anni, sulle pagine del “Mattino illustrato” di Napoli, scopre l’esistenza del Futurismo, movimento al quale rimarrà legato per tutta la sua carriera artistica. Dipinge i suoi primi acquerelli, caratterizzati da immagini stilizzate e astratte e intersezioni ispirate ai maestri futuristi. Firma queste aspirazioni giovanili con lo pseudonimo di “Balzo Fiamma”. 1926 Nella bottega del “vecio Logar” acquista, scambiandoli con i libri della biblioteca paterna e con i propri testi scolastici, alcuni libri futuristi di Marinetti, Boccioni, Russolo, Soffici e altri. Risale a questa data Autocorsa, il primo quadro futurista dipinto da Crali usando colori ad olio preparati personalmente. 1927 Grazie ai fratelli Cossar di Gorizia conosce la rivista “Noi” di Prampolini; ammira il dinamismo plastico di Boccioni; l’astrazione di Balla, il lirismo formale di Prampolini, i pupazzi di Depero, ma un avvenimento lo aiuta a trovare la sua strada personale: il volo transoceanico di Lindbergh, che alimenta il suo interesse per gli aeroplani e lo ispira artisticamente. 1928 Frequenta la bottega “sior Clemente”, intagliatore, doratore, corniciaio, che gli prepara i cartoni e gli fa conoscere gli artisti goriziani de Finetti, Melius, Gorsè e Del Neri. Si reca spesso nel campo dell’aviazione di Merna, dove inizia a copiare gli aeroplani e compie il suo primo volo su di un piccolo idrovolante raggiungendo l’Istria. Quest’esperienza, dichiara: “colmò tutta la mia avidità di

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vedere, sentire, conoscere: l’ondata del decollo, la voce prepotente dei motori, l’intransigenza dell’elica, la sorpresa della sospensione a cento, cinquecento, mille metri sul mare, l’ubbidienza dei comandi, l’indisciplina della vora, vuoti, impenna, tutto era meraviglioso e quando mi trovai a terra era come se m’avessero derubato”. 1929 Nell’anno che sancisce la nascita ufficiale dell’Aeropittura, Crali stringe contatti con Marinetti ed entra nel Movimento Futurista. Conosce Sofronio Pocarini – fondatore, nel 1919, del Movimento Futurista Giuliano – che lo fa esporre alla II Mostra Goriziana d’Arte. Dipinge Squadriglia aerea e Duello aereo. 1930 Scrive sintesi teatrali e crea scenografie. Con il poeta Gian Giacomo Menon, conosciuto l’anno prima, mette in scena Delitto azzurro al Teatro Petrarca, dove entrambi svolgono il ruolo di registra e attore. Affascinato dai progetti di Sant’Elia, disegna architetture futuriste; entra in contatto con i futuristi Cangiullo, Janelli, Dormal, Farfa e Fillia ed espone alla Mostra Universitaria Triveneta di Treviso opere come Bombardamento notturno, Tango e Aeroporto. 1931 A Trieste incontra per la prima volta Marinetti, al quale lo legherà sempre un sentimento di grande ammirazione e affetto. Realizza composizioni polimateriche a soggetto cosmico e bozzetti di scenografie per le sue sintesi teatrali. E’ questo un anno molto intenso per quanto riguarda l’attività espositiva di Crali. C.M. Dormal lo invita ad esporre a Padova alla mostra “Sette futuristi padovani”, che sarà presentata anche a Trieste (arricchita dei quadri presentati alla prima mostra di Aeropittura, tenutasi a Roma) e a Gorizia, integrata dalla prima mostra personale di Crali. Su invito di Prampolini partecipa alla I Mostra d’Arte Coloniale a Roma. Nello stesso anno espone anche a Trieste alla “Mostra d’Avanguardia” organizzata da Manlio Malabotta, alla Galleria di Pesaro di Milano, e alla prima “Mostra di Aeropittura” all’estero presentata Parigi, Bruxelles, Atene e Vienna. 1932 Entra in contatto con Marasco, Tato, V.Marchi, A.G. Bragaglia, Depero, Russolo e frequenta lo studio di Balla. Espone in varie mostre futuriste a Padova, Torino, Trento, Piacenza, Roma e Gorizia. Consegue il diploma di maturità artistica all’Accademia di Venezia. Realizza cartelloni pubblicitari e bozzetti di moda futurista. 1933 Partecipa alla Mostra futurista di Scenotecnica e cinematografia a Roma.

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Interviene al Congresso Futurista di Milano con una relazione su “L’uomo e la macchina”. 1934 Avvertito da Marinetti di preparare un’aeropittura importante per la Biennale di Venezia, dipinge Rivoluzione di mondi, ma, scontento del risultato, distrugge l’opera subito dopo l’esposizione. E’ presente alla I Mostra di Plastica Murale a Genova con un progetto di decorazione polimaterica per aeroporto. 1935 Espone alla mostra di aeropittura alla Kulturbund di Vienna e alla II Quadriennale di Roma, dove presenta l’opera Uomo e cosmo. 1936 E’ nuovamente presente alla Biennale di Venezia con le opere I sommersi, Gli aeronauti, I naviganti, che segnano il raggiungimento della sua maturità stilistica. Con Dottori e Prampolini espone alla Mostra Internazionale d’Arte Sportiva organizzata in occasione delle Olimpiadi di Berlino. Firma il Manifesto di Plastica Murale con Marinetti, Prampolini, Tato, Dottori, Ambrosi, Diulgheroff, Voltolina e altri. Frequenta la Scuola Ufficiali di Artiglieria di Moncalieri; durante questo soggiorno piemontese fu visita, a Torino, a Luigi Spazzapan. 1937 Prende servizio in una caserma di Rovigo, dove dipinge una serie di quadri ispirati ai Fiori del male di Baudelaire. Progetta il Sacrario ai Caduti di Gorizia, realizzato dall’ingegner Casasola. Partecipa ad una mostra di aeropittura a Roma ed espone un polittico a quattro ante dedicato alla conquista dell’Abissinia alla III Mostra Sindacale della Dalmazia a Zara. 1938 Declama poesie futuristiche di Marinetti. Partecipa ad una mostra di Aeropittura a Torino alla XXI Biennale di Venezia, dove frequenta Marinetti, Balla e Govoni. Il presidente dell’Ala Littoria, il colonnello Umberto Klinger gli concede un “volo gratuito per ragioni d’arte” su tutte le linee della compagnia. 1939 Rientrato a Gorizia, frequenta l’aeroporto di Merna dove il maggiore Ernesto Botto gli concede di volare sulle sue carlinghe da caccia per “derubare il cielo di tutti i suoi acrobatismi fuori orizzonte”. Nascono, da quest’esperienza, dipinti come Looping, Tonneau, Scivolata d’ala, A foglia morta, Looping rovesciato, In candela ecc.., che espone alla III Quadriennale romana. Presso la sede del

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Circolo Professionisti e Artisti di Gorizia, organizza una serata futuristica con Marinetti, che nel suo discorso afferma: “Crali fra gli artisti italiani e stranieri si può considerare il più grande aeropittore del momento. Ho il piacere di esaltarlo in questa città dove lavora la quale deve essere orgogliosa d’annoverarlo tra i suoi cittadini. La sua coscienza e serietà nel lavoro è una virtù rara nei pittori d’oggi. Mi ha sempre impressionato nelle sue opere la drammaticità dell’espressione la purezza della composizione la straordinaria sensibilità coloristica. Dei suoi quadri che ho presentato nell’ultima Biennale ricordo Incuneandosi nell’abitato ove è reso mirabile lo sviluppo delle forze e dei colori, la fantasmagoria di prospettive in velocità. Bisognava essere a Roma alla Quadriennale e vedere gli aviatori a grappoli davanti ai suoi quadri: essi vi riconoscevano ammirati e commossi le loro sensazioni”. 1940 Viene allestita a Gorizia una sua mostra personale di opere aeropittore, dedicata al maggiore pilota E. Botto e da lui inaugurata. Tiene una mostra personale alla XXII Biennale di Venezia, dopo quelle di Prampolini e di Depero nel 1932, che ottiene un grande successo di critica e di pubblico. Richiamato alle armi destinato all’Ufficio Osservazione II Armata di Idria. Durante una licenza sposa Ada Savelli, futura interprete del film di Olmi “La circostanza”. 1941 Scoppiata la guerra con la Jugoslavia, è in prima linea a Circhina. Entra in contatto con i pittori e musicisti di Lubiana. Con Marinetti organizza una serata futurista al Circolo Artistico di Trieste. 1942 Organizza serate futuriste di poesia, musica e pittura a Udine, Gorizia e Trieste, dove legge il manifesto intitolato Illuminismo plastico di guerra e perfezionamento della terra, redatto assieme a Marinetti. Partecipa alla XXIII Biennale di Venezia con il dipinto Battaglia danzata di paracadutisti, che viene premiato dal Ministero della Cultura. La Galleria d’Arte Moderna di Roma acquista il quadro Paracadutisti. 1943 E’ trasferito al Centro Mascheratori di Civitavecchia dove sperimenta un nuovo tipo di mimetizzazione per aerei e mezzi bellici da deserto. Passato nel corpo dell’Aeronautica, è impegnato nelle operazioni belliche. Espone sei aeropitture alla IV Quadriennale di Roma. Partecipa alla Mostra d’Arte Aeronautica di Roma e riceve l’incarico di progettare la sala Aeronautica per l’E42. Ritorna a Gorizia.

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1944 Nasce il figlio Massimo. Partecipa al Convegno dei Futuristi a Venezia dove mostra a Marinetti la bozza del suo manifesto “Parole musicali dell’alfabeto in libertà”. A Gorizia organizza raduni di poesia. 1945 Nonostante la guerra, prepara altri cinque raduni di poesia futurista. I suoi interventi trattano temi come “Impressionismo e Futurismo”, ”Espressionismo e Aeropittura”, “A tu per tu con l’arte moderna”, “L’architettura di Sant’Elia”. Alla fine della guerra, accusato di aver organizzato i Raduni di Poesia, viene deportato dalla polizia di Tito e incarcerato per quarantacinque giorni, dapprima nel Castello di Idria e poi in una caserma di Aidussina. 1946 Per sei mesi è nominato preside del Liceo Scientifico. Organizza il “Premio Dama Bianca” di pittura e poesia a Torino. 1947 Attraversa un periodo difficile, che impone una svolta stilistica alla sua arte. Scrive, infatti, “I disegni della deportazione, che per non consumare il mozzicone di matita, erano di sola linea, senza chiaroscuro, hanno determinato a dare una nuova impronta al mio segno. Capisco di seguire lo stesso solco tracciato da Modigliani, Picasso, Matisse. Scopro che ciò mi porta all’essenziale. Il disegno si allontana dalla verosimiglianza per dare all’immagine il segno dell’esistenza”. Commemora Marinetti ai Convegni d’Arte di Palazzo Attems di Gorizia. Tiene conferenze sul Futurismo e sull’Aeropittura a Torino e a Udine. 1948 Compie un suggestivo volo, fino a cinquemila metri, con i paracadutisti per un lancio dimostrativo sul cielo di Torino. Espone alla V Quadriennale di Roma 1949 Parla di poesia futurista e commemora Marinetti alla Sala Vigliardi di Torino. Decora l’Ospizio Marino di Grado. 1950 Partecipa ad una riunione di Futuristi a Milano, dove contesta il progetto di Benedetta Marinetti di storicizzare il Futurismo. Alla Galleria Bergamini di Milano tiene una personale e organizza una serata di poesia futurista con Scurto. Gli viene assegnata una cattedra al Lycèe Italien di Parigi. Qualche mese più tardi parla per la prima volta alla Sorbona di Marinetti e di letteratura futurista.

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1951 Visita i musei parigini e riempie i suoi cahiers di note, schizzi e scritti e tiene delle conferenze sul Futurismo e l’Aeropittura. Partecipa con i cinquanta pittori italiani alla grande mostra Jeune Peinture Italienne alla Galerie La Boètie di Parigie, di seguiti, allestisce una personale alla Galerie Quai Voltaire. 1952 Espone più volte in Italia, dove partecipa al Premio Parigi di Cortina, alla Mostra Nazionale Futurista di Bologna e alla Mostra d’Arte ispirata al volo di Roma. Visita la costa bretone e ne rimane affascinato; da questa esperienza nascerà più tardi l’idea delle “sassintesi“. 1953 Incontra Villon, Zadkine, Severini, Magnelli e Campigli. Invitato a partecipare alla Mostra del Gioiello Firmato alla Galleria Montenapoleone di Milano, crea un Aerogioiello. Espone a Venezia, a Trieste, e alla X Biennale degli artisti Triveneti di Padova. 1954 Partecipa al premio Modigliani di Viareggio e tiene una mostra personale alla Galleria Montenapoleone di Milano. Scrivono di lui Buzzi, Mazza, Pica, Marussi e Nebbia. 1955 Espone Strutture aeronautiche alla mostra Artistes Entrangers en France al Petit Palais di Parigi e tiene una personale alla Galerie Suillerot. Incontra Prevert e scopre di abitare nel suo stesso palazzo, a Bld. Du Temple. 1956 Rientrato in Francia da un viaggio a Londra, si reca con la moglie e il figlio di Fontainebleau e scopre dei calchi preistorici in seguito esposti al Musèe de l’Homme. 1957 A.Selvi, da New York, chiede a Crali di illustrare il suo libro “Folklore of Other Lands”. Viene anche incaricato di eseguire una decorazione murale al Comando Marittimo di Augusta. 1958 Raccoglie silici sulle coste bretoni e realizza le prime composizioni litiche. Realizza l’opera aeropittorica Picchiata, cabrata, il primo di una serie di quadri tridimensionali, prima costruiti e poi dipinti.

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1959 Lascia Parigi e si stabilisce a Milano. Si reca a Zurigo ad eseguire delle litografie per “l’Arta” di Herr Grossenbacher, ma questa tecnica gli è poco congeniale, visti i tempi necessari prima di vedere il risultato finale. Partecipa con l’opera Sottomarino, del 1930, alla mostra Quaranta futuristi alla Galleria Tondelli di Milano. Scrive il Manifesto della Sassintesi. 1960 Alla Galleria Comunale di Trieste allestisce una piccola antologia con i lavori dal 1930 all’Aeropittura, fino alle opere del periodo parigino. 1961 A Milano, alla Galleria Minima di Tonitelli, allestisce la sua prima mostra di Sassintesi, che suscita l’interesse di critici e artisti, tra i quali Fontana, Munari, Dottori e il giapponese Azuma. 1962 Si trasferisce al Cairo dove, invitato dal Ministero degli esteri, dirige la sezione di pittura della Scuola d’Arte Italiana, apportando sostanziali rinnovamenti nell’impostazione didattica. 1963 Espone alla Galleria Akhenon e al Salon del Cairo. Compie un suggestivo volo sulla Nubia,da Assuan ad Abu Simbel; il rientro al Cairo gli ispira il dipinto in fase di atterraggio. 1964 Espone a XL Salon del Cairo, dove le sue opere vengono premiate con la medaglia d’argento della Direzione Belle Arti. Si reca spesso a raccogliere pezzi di silice nel deserto e coralli sulle coste del Mar Rosso. 1965 Compie dei viaggi in Nubia, Libano, Siria, Giordania e Turchia. Espone al XXXI Salon del Cairo e tiene una conferenza su Marinetti all’Istituto di cultura.

1966 Radio Cairo accoglie la sua proposta di commemorare i poeti italiani d’Egitto, Marinetti, Ungaretti e Pea, in un ciclo di 14 trasmissioni.

1967 Allestisce una mostra personale al Circolo Galileo di Piombino. IL Lions

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Club di Latina, in occasione del XXXV anniversario della fondazione di Littoria, organizza una mostra personale di Crali e una conferenza su Marinetti, il Futurismo e l’Aeropittura.

1968 Partecipa, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, alla mostra “Arti figurative e Architettura della Venezia Giulia e Tridentina”. Compie un viaggio in Dalmazia, per ritrovare i luoghi della sua infanzia. 1969 E’ presente, a Trieste, alla mostra documentaria sul Futurismo giuliano organizzata dalla Biblioteca Popolare. Partecipa alla mostra documentaria dal titolo “Marinetti e il Futurismo” promossa dalla Biblioteca Sormani di Milano, dove declama poesie di Marinetti. Tiene una personale alla Gallerie 1+1 di Padova; Commemora Sofronio Pocarini, fondatore del Movimento futurista giuliano, sulla rivista “Iniziativa isontina” di Gorizia. 1970 Allestisce una sala personale alla mostra Quindici futuristi a Prato. Collabora con Palazzoli e Passoni alla realizzazione di una mostra di Aeropittura alla Galleria Blu di Milano. Declama poesie di Fortunato Depero in occasione della serata inaugurale della mostra sul pittore trentino, organizzata da Bruno Passamani a Bassano del Grappa. La serata viene ripetuta a Rovereto, città natale di Depero, dove Crali rende omaggio all’amico con una mostra personale allestita alla Galleria Pancheri.

1971 La Galleria Tribbio di Trieste ospita una mostra di Sassintesi e Cosmiche, mentre la Galleria Borgonuovo di Milano ospita una sua antologica. E’ presente alla Rassegna futurista della Galleria Schettini di Milano, alla Collettiva futurista di “Vivolo due” di Genova, che nello stesso anno ospiterà anche una personale di Crali, e alla Mostra d’Arte Aeronautica di Roma. 1972 A Milano tiene una conferenza al Circolo Sociologico Zenit e un’altra all’Accademia di Brera. Allestisce una mostra antologica di aeropittura alla Galleria Pinacoteca di Roma. 1973 Presenta a Verona una mostra personale alla Galleria Ghelfi ed espone una trentina di aeropitture alla Galleria Giraldi di Livorno.

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1974 Espone opere grafiche al Circolo Artistico di Bologna. Il Centro Internazionale di Cultura di Asiago inaugura l’attività con una sua mostra personale. Interviene ad una tavola rotonda sul Futurismo a Torino. 1975 Espone a Mestre, Milano, Como e alla mostra Triveneta di Piazzola sul Brenta. Partecipa al X Convegno Mitteleuropeo a Gorizia sulla pittura tra il 1890 e il 1930, con un discorso sui primi vent’anni del Futurismo nella Venezia Giulia, che verrà pubblicato due anni più tardi. 1976 E’ presente ad una mostra di Aeropittura alla Galleria Arco di Como. Al Palazzo Costanzi di Trieste l’Azienda Automa di Soggiorno e Turismo organizza una sua mostra antologica, presentata da Maurizio Calvesi. 1977 Nel suo studio di Milano crea un Centro di documentazione futurista rivolto agli studenti. Espone a Trieste e a Udine tavole di poesia, aeropittura e cartellonismo. 1978 Luciano Chinese cura una mostra di Crali alla Galleria Spazio Due di Venezia. Nella prefazione al catalogo scrive: “Io penso agli aeroplani da quando ragazzino incontrai il piccolo idrovolante che si gongolava vicino alla riva di Zara. Io mi ero fatto grande e pure lui. Divenne più forte, più agile, più veloce, ma restammo sempre vicini, diventammo amici, vivemmo insieme anche momenti di tensione e di entusiasmo. Così lo potei osservare, studiare, capire e parlare con lui come si parla di pittura. Aeroplano e pittura si fusero, diventarono una cosa sola e nacque l’aeropittura. E’ stato l’aeroplano che, come una donna meravigliosa o un poeta, mi ha portato fuori dal terrestre quotidiano. Io non ho mai fatto il volatore di professione ed è perciò che ho mantenuto intatto il mio entusiasmo per il volo e sempre calda la simpatia. In pittura io non considero l’aeroplano come un personaggio, bensì come un fenomeno di forze armoniche in simbiosi con il pilota quindi assai più importante di quanto non si creda e di più vasta, immensa, portata. E’ grazie alle macchine aeree che noi stiamo scoprendo nuovi valori spirituali che scaturiscono dal rapporto UOMO e COSMO. In questo contesto nascono i miei quadri. “Espone i suoi progetti di architettura del 1931 alla XXXVIII Biennale di Venezia. 1979 E’ invitato ad inaugurare il Premio Malatesta di Rimini, dove parla di

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“Futurismo e società di oggi” e chiude l’intervento declamando Marinetti. Tiene una mostra personale alla Galleria del Girasole di Udine. L.Tallarico pubblica sul “Secolo d’Italia” dell’8 dicembre un’intervista intitolata “Crali commesso viaggiatore dell’ideale”. 1980 E’ presente alla mostra “Ricostruzione futurista dell’Universo”, allestita presso la Mole Antonelliana di Torino. All’Università Popolare di Udine svolge il tema “Da Boccioni all’Aeropittura”. La Galleria “Il dialogo” di Milano ospita una sua mostra di Sassintesi; in chiusura della mostra C.Marsan presiede la serata “Omaggio a Crali”, durante la quale viene consegnato al pittore l’Ambrogino d’oro del Comune. 1981 Su proposta di Crali, il direttore della Galleria “Il dialogo” di Milano organizza una mostra sul “Dinamismo sportivo”, nella quale vengono esposti i lavori di Prampolini, Crali e Dottori presentati alle Olimpiadi di Berlino. 1982 E’ presente alle mostre “Anni Trenta” di Milano e alla mostra “Arte e sport” di Firenze. ”Espone a Teramo, Macerata, Rieti e Trieste. A Trieste, in Piazza Vecchia, lancia la Poesia in piazza, con una declamazione notturna delle poesie parolibere di Marinetti. E’ invitato da F.Mauri a partecipare allo spettacolo “Grande serata futurista”, presentato al Teatro Olimpia di Roma e al Teatro Nuovo di Milano. A Palazzo Sormani di Milano espone i suoi Futuristi in linea, immagini di futuristi accanto ai manifesti del Movimento. 1983 Espone progetti di architettura alla mostra Futurama di Torino. Pubblica a tiratura limitatissima la raccolta Parole nello spazio, una trentina di tavole di poesia fra le molte fatte dopo il 1930. Improvvisandosi carpentiere e muratore. Ricostruisce una vecchia cascina nelle Langhe. Tiene una personale presso la Banca Popolare di Milano. Sulla rivista “Müveszet” di Budapest, Irene Kiss pubblica una sua intervista sull’Aeropttura. 1984 Alcuni progetti architettonici futuristi vengono esposi alla Galleria Fonte d’Abisso di Modena. La Galleria Tribbio di Trieste ospita una sua mostra personale di opere del periodo egiziano. In un’asta a Lione ricompaiono alcuni quadri di aeropittura esposti cinquant’anni prima alle mostre di Parigi e Bruxelles e andati da allora perduti.

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1985 Si reca a Latina dove, in occasione su “Futurismo, pittura e poesia” ed “Essenza del Futurismo”. Viene intervistato dalla RAI di Torino assieme all’architetto Rigotti sul tema del Futurismo torinese. E’ presente con un’ampia selezione di opere alla mostra “Frontiere di avanguardia. Gli anni del futurismo nella Venezia Giulia “organizzata dai Musei provinciali di Gorizia. 1986 Su invito della “Società Artisti Comaschi” tiene una conferenza sul tema “Dinamismo plastico e letterario”. F.Derme organizza a Latina una mostra di Sassintesi. A Venezia, in contrapposizione alla mostra Futurismo e futurismi, prodotte tra il 1928 e il 1985, alla Galleria Spazio Due. A distanza di trentatrè anni dalla loro creazione, gli aerogioielli di Crali vengono esposti con un allestimento aeropittorico alla Fiera del gioiello di Vicenza. 1987 Dipinge teli di 2x1,5 metri “per mettere dentro tutte le scie degli MB339. Arrotolarsi nel cielo tra velocità, macchina, fissità di azzurro. Nessuno ha mai affrontato questa realtà meravigliosa. Non è l’immagine che interessa, è lo stato d’animo da chi da terra si sente in carlinga, dentro alle orbite sgravitate, nel radiodialogo dei comandi irretiti di tattilismi elettronici. Non si può costruire con il cervello, si deve creare intuitivamente. Chi non ama il cielo e la macchina non sa, non può capire. Si può uscire da se stessi? E’ inevitabile! Mi ritrovo così con due quadri d’alta quota che susciterebbero l’invidia dei primi Futuristi, eppure basta, il cielo è pieno di meraviglie che attendono di essere colte. Non c’è che da buttarsi dentro e cadere, cadere in Caduta nell’infinito. Nessuna ha mai fatto questo viaggio. La strada è spalancata. Il corpo si libera dal peso, acquista spazio, ne è invaso, perde i profili, si colma di luce poi atomo, elettrone, Universo. Non lo so, ma forse sono arrivato per altra strada al limite di un’arte sacra futurista”. 1988 Espone delle litografie di soggetto meccanico alla mostra degli artisti giuliani a Kiev, Riga, Leningrado e Mosca ed è presente ad una collettiva di Arte Giuliana a Melbourne. Presenta sue Strutture aeronautiche ad una mostra dei Maestri dell’arte italiana a Lima, in Perù. Sulla rivista “Periscopio” di Como Crali pubblica un articolo sull’architetto Sant’Elia. 1989 Vengono esposte alcune sue opere alla mostra di Aeropittura di Napoli, che l’anno successivo verrà trasferita a Londra. I suoi progetti architettonici vengono esposti alla mostra “Futurismus und Rationalismus” di Kassel. Detta a D.Cammarota le sue memorie artistiche, intitolate Con Crali il futurista, tuttora inedite.

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1990 Per una mostra dedicata all’aeronautica, tenutasi a Villa d’Este di Cernobbio, Crali cura la parte del catalogo relativa all’Aeropittura Futurista. Il Rotary di Gorizia gli conferisce il Premio Aesontius. Collabora con Rebeschini, Salvan e altri all’organizzazione della mostra Futurismo Veneto, realizzata alla Cassa di Risparmio di Padova. 1991 Parla del Futurismo e declama poesie di Marinetti in varie serate a Padova, Arese, Milano, e Pavia. 1992 E’ presente, a Trieste, alla II Mostra di pittori dalmati, istriani e giuliani. Partecipa alla mostra “Gegen den Strich” (Controcorrente), sulla moda e gli artisti, allestita al Museo Bellerive di Zurigo e trasferita, l’anno dopo, a Losanna. Collabora con Rebeschini alla retrospettiva su Voltolina a Rovigo. Lavora alle tele Poesia dello spazio, La Bomba e Lomçovak. 1993 Conclude l’opera ispirata alle Frecce Tricolori Poesia dello spazio, assillato dal “desiderio di realizzare delle sintesi di piloti + paesaggi + strumentazione in acrobazia. 1994 Il Museo di Arte Moderna di Trento e Rovereto gli dedica una grande mostra antologica che ripercorre tutta la carriera artistica di Crali, nella duplice veste di futurista e aeropitture, attraverso i dipinti, le sculture, i polimaterici, le illustrazioni, i manifesti, i progetti architettonici, i bozzetti per abiti etc.; il catalogo, curato da Claudio Rebeschini, include anche una lunga autobiografia di Crali. 1995-2000 Le sue opere sono presenti alle più importanti mostre dedicate al Futurismo, tenutesi a Milano, a Firenze e a Roma. Nel 1997 dona il materiale documentario sul Futurismo, da lui raccolto e ordinato negli ultimi vent’anni di vita, al Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. Allo stesso museo lascia una quarantina di opere della sua eclettica produzione artistica. Si spegne a Milano all’età di novant’anni, il 5 agosto 2000

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SUPPLEMENTO


Giovanni Picco, Presidente Regionale ANMIG Commissario ANMIG sezione di Gorizia Fin da ragazzo ho avuto la passione per l’arte e mi piaceva visitare musei. Ricordo di essere stato particolarmente colpito dall’opera di Tullio Crali esposta al Castello di Udine dal titolo “Scivolata d’ali” del 1940, ora a “Casa Cavazzini”, museo d’arte moderna e contemporanea a Udine. Aveva colpito la mia mente di ragazzo il particolare punto di vista del pittore: il paesaggio friulano visto dall’alto, la figura del paracadutista che come un demone nero si lancia dall’aereo ed i colori utilizzati. Successivamente potei fare la conoscenza del pittore la cui opera mi aveva tanto colpito fin da ragazzo, fui ricevuto nella sua casa e potei apprezzare il suo garbo e la gentilezza nell’illustrarmi le varie opere. Ho avuto una gradita sorpresa quando sono stato nominato Commissario dell’ANMIG della sezione di Gorizia, non molto tempo fa. Nel palazzo, sede dell’associazione, oltre alle memorie storiche dei mutilati ed invalidi della prima e seconda guerra mondiale vi sono tre opere di Tullio Crali, frutto probabilmente di una committenza giovanile, che pochi conoscono: “Il mietitore”,”Allegoria del pane”, “Il lavoro e la forza”; vogliono rappresentare la vitalità di una realtà locale che doveva risorgere dopo le distruzioni pressoché totali dovute alla prima guerra mondiale, dimostrando una fiducia nel futuro, attraverso la tecnica ed il progresso.

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I dipinti, “Il mietitore” (cm 270 x 370) e “Il lavoro e la forza” (cm 460 x 340), decorano le pareti del palazzo dove ha sede l’Associazione dei mutilati ed invalidi di guerra, edificato nel 1872 su progetto dell’architetto Leopoldo de Claricini. Entrambi i lavori sono firmati sono firmati dal Maestro Tullio Crali che li ha realizzati presumibilmente negli anni ‘30, dipinti a secco su intonaco.

Tullio Crali “Il lavoro e la forza”, cm 460 x 340

Tullio Crali “Il mietitore”, cm 270 x 370

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INDICE

SAGGI

pag.

OPERE

pag. 69

BIOGRAFIA

pag. 130

SUPPLEMENTO

pag. 143

147

7


Finito di stampare nel mese di luglio 2013 presso ICONA FX Civitanova Marche 148


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