IL TEMPO DI KIRONE ISSUE #06 Photographic open call

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R A C C O N T

IS S UE #06

I A M O

IL TEMPO DI KIRONE photographic open call

I N O S T R I A N Z I A N I


IL TEMPO DI KIRONE

Raccontiamo i nostri anziani, quelli che abbiamo conosciuto, quelli di cui ci è stato solo parlato, quelli che abbiamo fotografato nei nostri reportage. Raccontiamoli con la Fotografia e facciamoli riemergere con tutte le loro storie. Mescolando favole e memorie, altri sorrisi, altri abbracci, quelli che appartengono a tutti coloro che di generazione in

generazione

hanno

sempre

immaginato il miglior futuro per noi.


Emiliano Cribari Gilda Luzzi Ilaria De Vita

Maria Zambon Anna Melis Silvia Garzia

Emanuele Levantaci


Conobbi

Armido

verso

la

fine

del

2016. Era stato ricoverato da pochi giorni nella stessa RSA dove io stavo finendo di lavorare a un progetto fotografico. “È una persona speciale” mi disse C r i s t i n a a l t e l e f o n o . “ Vo g l i o f a r t e l o conoscere”. Cristina

era

la

infermieristica persi

tempo

e

coordinatrice

della andai

RSA.

Non

subito

da

lui.

timido e gentile, come una carezza. Un’ammissione

di

umanità

che

lo

avrebbe accompagnato fino alla fine.

Kirone

accanto al suo letto. Il suo sguardo

Il tempo di

Ho un’immagine di me, in piedi,


Alla televisione il viavai ipnotico di una gara di nuoto. “Ti piace lo sport?” gli chiesi. E dal silenzio che ne seguì iniziai a conoscere Armido.

Dal suo

mezzo sorriso, come a dire “è l’unica cosa che posso fare”. Allora mi sono presentato. Ci siamo dati la mano. Come nell’ultimo giorno, prima che

Kirone

Il tempo di

venisse addormentato.

E MILIANO CRIBARI


Kirone

Il tempo di


Il valore dell’aria Armido ha saputo della sua malattia - una forma di SLA molto aggressiva - nel Settembre del 2016, a seguito di un grave arresto respiratorio. Dal momento del suo ricovero in RSA è iniziata un’atroce e lenta agonia, durante la quale Armido ha vissuto con straordinaria dignità una serie straziante di ultime volte: sempre perfettamente lucido, ha manifestato il desiderio di trascorrere a casa il suo ultimo Natale, di andare per l’ultima volta alla stadio a vedere giocare la Fiorentina

devastanti che possano colpire un essere umano, Armido - amorevole e gentile fino all’ultimo istante - ha acconsentito ad essere sedato. Lasciando il vuoto irreparabile di chi ha impartito, senza volerlo, lezioni di immensa umanità,

Kirone

Dopo quasi un anno di battaglia con una malattia fra le più

Il tempo di

e di essere presente in chiesa alla cresima del nipote.


Dopo avere incontrato Armido per la prima volta, sentii subito la necessità di conoscere meglio la sua storia. Così tornai a trovarlo. Quasi ogni giorno, per alcun giorni. E ogni volta che mi congedavo da lui quest’urgenza cresceva, alimentando la certezza che nel rapporto con questa persona avrei potuto dare e prendere molto. Finché

un

possibilità

giorno di

mi

confrontai

raccontare

con

Cristina

fotograficamente

la

sulla

vita

di

Armido da quel momento in avanti. Poi ne parlai direttamente con lui. Armido mi guardò e sorrise. Certo, sì, mi disse, senza neanche un attimo di

leggera. Avevo forse intuito che stava iniziando qualcosa che avrebbe segnato per sempre la mia vita.

Kirone

E l’aria nella stanza mi sembrò improvvisamente più

Il tempo di

esitazione.


Kirone

Il tempo di


Kirone

Il tempo di


Armido sapeva bene che cosa lo aspettava. Anche per questo - io, gli infermieri, gli operatori sanitari - ci siamo stretti forte intorno a lui. Uniti da un unico, incredulo e sterile,

abbraccio.

Quell’uomo

che

poteva

essere

nostro padre, nostro nonno, era una parte di noi che stava morendo. Ma

cosa

si

prova

davvero

sapendo

di

essere

a

un

passo dalla morte? Durante le prime settimane di degenza in RSA, Armido si

chiudeva

spesso

nell’espressione

“non

importa”.

Lo diceva piano, guardando in basso. Davanti a qualunque avversità. Esercitandosi forse a sopportare, a relativizzare. Un giorno, in preda al dolore, confessò a Cristina che non gli sarebbe importato nemmeno essere rianimato. Quando arriverà il momento, disse, lasciatemi andare.


Kirone

Il tempo di


Kirone

Il tempo di




“Armido

vorrebbe

trascorrere

Natale

a

casa”.

Così Cristina al telefono una mattina di dicembre. Rimasi senza parole. “Anche un pochino e basta” le disse Armido.

Il suo

bisogno

di vivere

era

troppo

più forte di qualsiasi paura. “Vediamo”

continuava

a

ripetere

Cristina

in

quei

giorni. “Un passo dopo l’altro. Vediamo come arriva a

Natale”.

Nessuna

decisione

ufficiale

era

ancora

stata presa anche se tutto era già stato deciso: se

Kirone

trascorso Natale a casa sua.

Il tempo di

la situazione non fosse precipitata, Armido avrebbe


Kirone

Il tempo di


È Natale. Armido è pronto per uscire. Stiamo finalmente per respirare. In strada fisso l’immagine di Armido: gli occhi incollati al finestrino a farsi sorprendere da tutto. Fuori da casa ad attenderci c’è Duccio, il nipote. È la prima volta che lo incontro. Una delle prime fotografie scattate in camera di Armido è stata proprio a un foglio

a presto. Duccio”.

Kirone

“Ciao nonno, appena posso vengo a trovarti. Ti voglio bene,

Il tempo di

lasciato lì da lui:




Parche ggiamo le macchine e l ’autoambul anza con il f iato sospeso. La sedia a rotelle viene sollevata da tre persone e fatta salire faticosamente per le s c a l e . I o n o n riesco a staccare lo sguardo da Armido. A c h e co s a s t a p e n s a n d o a d e s s o? Non c’ è da fare altro che ascoltare: in rispetto di un dolore impalpabile da quanto è profondo. A r m i d o n o n può

emozionarsi,

questo.

non

può

permettersi

neanche



C’è stato un momento, quel giorno, in cui ho pensato che nessuno nella mia vita sia stato tanto riconoscente nei miei confronti come lui.

Eppure che cosa stavo

facendo di tanto speciale? Stavo soltanto provando a raccontare la sua storia, a lasciare una traccia più profonda della sua persona. “Accomodatevi, prego!”. E c i s e d i a m o a t a v o l a . Tu t t i t r a n n e l u i , A r m i d o . C h e n o n potendo né mangiare né bere e avendo problemi a stare seduto

su

una

sedia

normale

(anche

per

via

del

respiratore al quale deve rimanere quasi continuamente attaccato), resta lì sul divano a rubare sorrisi con battute sulla qualità del pranzo. Oggi però Armido non deve pensarci. È a casa sua e davanti a sé ha la sua famiglia e due nuovi amici. A un certo punto Sara, sua nipote, si alza da tavola e va a sedersi accanto a lui. “Ti vedo in forma, zio”. Per non smentirla, Armido annuisce sorridendo. Ogni tanto prova perfino ad alzarsi, come a dire avete visto?, ce la faccio, sto bene, voi godetevi il pranzo, godetevi la giornata.


Kirone

Il tempo di


Armido non sopporta l’idea che altre persone soffrano per lui. In particolare Silvana, che da quando suo marito è stato ricoverato abita lì sola. E questo Armido non riesce proprio a perdonarselo. Squilla un telefono. Cala i l s i l e n z i o . “ Va b e n e , a r r i v i a m o ” . Sono quasi le quattro: è venuta l’ora di andare. Silvana si avvia a prendere i cappotti mentre Armido la aspetta nel

corridoio.

Noi

rimaniamo

un

passo

indietro.

Prego perché questo folle momento finisca in fretta. Ma quando sollevo la testa da terra, scopro che Armido sta piangendo. Ha lo sguardo nascosto nel bavero del cappotto, preso a scusarsi con Silvana per essersi

Kirone

Il tempo di

ammalato, per averla lasciata improvvisamente così. Poi una mano sul viso a coprire, a proteggere, a dire tutto. Una carezza - quella di Silvana - che ha tutta la forza dell’impotenza. La vita è nuda e noi siamo soli, inutili, davanti a lei.


Il 6 Gennaio fu forse il primo giorno da quando conoscevo Armido in cui tutto mi sembrò realmente irrimediabile. Mi accolse scuotendo la testa. Non lo aveva mai fatto fino ad allora. Quel giorno gli facevano male le ginocchia. Un’infermiera mi raccontò che per la prima volta aveva accettato di assumere morfina. Inutile cercare spiegazioni: sapevamo tutti, lui per primo, che da lì non si tornava indietro. Sembrava di vederle, le poche forze in fila che abbandonavano il suo corpo. Eppure Armido

provava

a

resistere,

non voleva

farsi

mettere a letto “perché non è l’ora” diceva. Tenace fino in fondo. La sua spinta verso l’autocontrollo aveva ancora

corridoio,

dove

un’altra

infermiera

stava

parlando

al

telefono. Quel giorno accadde tutto così, tutto insieme. Quel giorno fu tutto drammaticamente nuovo. Per la prima volta in questa storia, sentii parlare di cure palliative.

Kirone

Essendo di intralcio e basta, presi il cappotto e uscii nel

Il tempo di

uno strato di voce.



Kirone

Il tempo di


Presto i nostri incontri sfumarono in lunghi silenzi forzati. Dove prima il dolore aveva una voce, ora ristagnava l’eco informe di un respiratore. Frustrazione e rabbia impossibili da sfogare se non nel cupo disarmo di un pianto indesiderato. Un a co r r e nt e co nt i n u a e co nt ra r i a t ra s c i n ava u n co r p o a d d o rmentato irreparabilmente lontano. Le lacrime spingevano oltre il bianco degli occhi e Armido faticava a trattenerle tanto quanto a parlare.

una risposta. Armido aveva ogni momento qualcosa in meno.

Kirone

considerato lo sforzo inumano che compiva nel cercare di darmi

Il tempo di

Da qualche giorno mi sentivo in colpa anche a fargli una domanda,


È inverno, il Mugello imbianca, gli uccelli si levano sparsi sui colori tenui del mattino. Guido e penso ad Armido, al suo destino. Alla precarietà di ogni istante lasciato andare. Penso a quanto sono fortunato. A poter guardare fuori dal finestrino e scegliere una direzione. Che cosa darebbe ora Armido per essere qui accanto a me? Guardo il sedile vuoto. Alzo la musica. “M’è venuta un’idea, Armido”. “Dimmi”. Ci sei mai stato a Ponte a Vicchio a mangiare i tortelli?”.

Kirone

Il tempo di

“No”. “Allora ti ci porto. Ti fidi?”. “Certo che mi fido!”


“Ho una voglia di mettere in bocca un sapore che un’ tu ti immagini nemmeno, Emiliano.Manca tanto a arrivare?” “Ci siamo”. Giro a sinistra e faccio il ponticino. Accosto. Q u i a q u e s t ’ o r a c ’ è s e m p r e p o s t o . È m e z z o g i o r n o . L’ o r a migliore, per i tortelli. . La trattoria è vuota. Un tepore inaspettato taglia i vetri e illumina tutto fino in cucina. La porta è socchiusa. Esce un signore. “Sei solo? Mangi qui o porti via?”. Ho l’immagine di Armido a occhi chiusi in quell’enorme letto bianco. “Sono solo, sì”.

E MILIANO CRIBARI


Kirone

Il tempo di


Sulla Strada “Sulla strada” l’ho scattata a Tremonti, che è un piccolo paese d e l l ’ A b r u z z o a 1 . 1 0 0 m e t r i d i a l t e z z a , i n p r o v i n c i a d e L’ A q u i l a . Il paese dei miei nonni dove, nel piccolo cimitero di montagna, riposa mio padre. Non c’è un bar, non c’è un negozio, non c’è neanche a dirlo - un presidio medico. D’inverno ci sono circa trenta anziani che vivono ancora del raccolto dei loro piccoli terreni e del latte delle loro bestie e che si affidano alla volontà di qualcuno - a volte parenti, altre no per farsi portare ogni tanto medicine, carne e altri generi di n e c e s s i t à d a l v i c i n o Ta g l i a c o z z o .

terreno per raccogliere patate o verdura e per custodire le sue mucche. Quando incontra sulla sua strada una persona si toglie il cappello per salutare e se ha con sé i frutti del suo orto te ne offre col sorriso una manciata.

G ILDA LUZZI

Kirone

le mattine, nonostante il suo bastone, a scendere verso il suo

Il tempo di

Lui è Marcello, da tre anni è rimasto solo, però continua tutte



Tra i viottoli di campagna, spesso Biagio va’ a trovare un’amico. Biagio ha sempre fatto il mercante, nella vita ha conosciuto molte persone, ha vissuto molte storie. Aveva una moglie.... Un tempo è stato felice. Adesso ha perso la sua famiglia,

Gli sono rimasti i suoi ricordi.

Kirone

è un’uomo solo.

Il tempo di

I L ARIA DE VITA



Kirone

Il tempo di


Kirone

Il tempo di


L’ h o c o n o s c i u t o p e r c a s o , mi ha trasmesso amicizia e bontà.

Kirone

Il tempo di

I LARIA DE VITA


“Mani che

“Le Generazioni del Cuore”


Fotografie di mia madre Romana di 93 anni. donna forte Friuli

e coraggiosa è partita a 12 anni dal

alla volta di Milano,

per intraprendere il

lavoro di domestica, nel periodo della seconda guerra mondiale. Da parecchi anni non è più autosufficiente; il periodo dell’isolamento

lo abbiamo vissuto insieme.

Un periodo che ci ha unito abbiamo

cercato

di

ancora di più, dove

cancellare

la

paura

ed

il

timore dei contagi con la lettura di favole da lei tanto amate, con fischi e canti. Lei è la mia storia e le mie radici. hanno aiutato, rassicurato ed accarezzato”

M ARIA ZAMBON


Mani vissute, piene di rughe, che accarezzano i grani del Rosario, non è certamente una immagine consueta. Ogni giorno Mamma si raccoglieva in rispettoso silenzio, per dedicare una preghiera al mio adorato Papà. Ricordo quel pomeriggio, quando entrata in camera da l e t t o d i M a m m a , h o s e n t i t o l a s u a v o c e c h e r e c i t a v a l ‘A v e Maria, mentre le sue dita toccavano delicatamente ed in modo

ritmico, il Rosario che teneva fra le sue mani..

Quello era il suo rito quotidiano, una preghiera dedicata a suo Marito, un pensiero per il mio caro Papà, con il quale aveva condiviso più di 60 anni di vita. Ho voluto

fermare

il tempo

con

immortalare un momento unico e

questo

scatto,

per

intimo di Mamma, da

conservare nel mio cuore e nei miei ricordi. Mamma e Papà virtualmente ancora insieme, ed io con loro.


Kirone

Il tempo di

A NNA MELIS



Il passato è fatto di ricordi e immagini che hanno

disseminato il cammino

di ciascuno, la casa ne custodisce tutte le tracce . Durante il lockdown, mentre mi sembrava di impazzire, non ho potuto fare a meno di pensare a come tante persone, delle generazioni passate abbiano vissuto la casa in maniera così diversa dalla nostra. Le mie nonne, ad esempio, non mettevano piede fuori dalla loro abitazione, se non la Domenica per andare in chiesa, poi, nemmeno più per quello. Le ho viste consumarsi dentro quelle mura. Per loro vivere giorni, mesi, anni, decenni, chiuse in casa, rientrava nella consuetudine, nonostante ne avvertissero la sofferenza. Queste immagini però, raccontano un’altra storia, ovvero la storia di Elsa, una donna che non si è mai sposata e che ha dedicato la sua intera vita alla chiesa. Da qualche tempo Elsa ci ha lasciato, ma il suo piccolo erede, un bizzarro adolescente, preso possesso della casa, ne ha lasciato ogni cosa immutata e immacolata. Ora lo spirito di Elsa vive, si percepisce fortemente, in tutti quegli oggetti di cui la sua casa è intrisa, diventando al contempo un punto di riferimento per comitive di adolescenti in cerca di uno spazio per esprimersi.

S ILVIA GARZIA



“Tracce”


Kirone

Il tempo di

S ILVIA GARZIA


Kirone

Il tempo di


Kirone

Il tempo di


Giorni Futuri Passando per una delle vie del mio paese, Morciano di Leuca, nel sud Salento, mi sono soffernato su di una donna anziana. Uscita dalla sua dimora si è seduta sull’uscio, dando le spalle a tutto ciò che le passava dietro, con lo sguardo rivolto verso la piccola corte chiusa di fronte. Ho aspettato un po’, nascosto dietro ad un muro, in attesa di qualche suo movimento. È rimasta invece immobile

a fissare un portone e qualche

pianta che rappresentano il suo giardino. Che senso aveva guardare ciò che già conosceva, che era suo ed immutato da chissà quanto tempo? Quella donna, come tante altre contadine della mia terra, non ha mai vissuto una dimensione esterna a quella dei campi da coltivare e alla casa da mantenere. E proprio per questo, guardando al suo cortile, al suo spazio, alla sua dimensione, ignorando le macchine che passano, l’asfalto, una macchinetta fotografica, dà le spalle ad un mondo non suo, e guarda al futuro.

E MANUELE LEVANTACI


IL TEMPO DI KIRONE si pone come un momento di riflessione sul ruolo della Fotografia ai tempi del Coronavirus. Quali immagini abbiamo per costruire restituire una testimonianza del tempo che stiamo vivendo, quali storie vogliamo raccontare?

Il Covid-19 sta marcando dei limiti e delineando nuovi scenari possibili. Un risveglio delle coscienze che suggerisce di rivedere le nostre priorità da un’ottica diversa, più pura, mettendo a confronto l’esperienza del nostro presente con il ricordo di tutte le persone, i luoghi, gli oggetti, con i quali ci siamo relazionati in passato.

“È la fine del mondo come lo conoscevamo e tutto sembra sottile come porcellana, come vetro. Tutto sembra così sottile e fragile, così degno di essere salvato ”…fragile e degno di essere salvato come i nostri anziani,

OBIETTIVO DELLA CALL

IL TEMPO DI KIRONE, il Tempo della Guarigione vuole essere riflessione, testimonianza, ricerca e proposta artistica attraverso la Fotografia. Un moto per

Kirone

vivendo ora. Icone di rinascita e resilienza.

Il tempo di

i nonni, che hanno affrontato drammi e tragedie più gravi di quella che stiamo


la ripartenza; un moto d’affetto e vicinanza, di consapevolezza matura, perché questa esperienza di lutto collettivo che colpisce gli anziani nella loro vulnerabilità fisica è cosa ben diversa da un lutto che sappiamo essere esperienza ineludibile per il privato di ciascuno di noi.

Come sottrarci a questo ? P r e s e r v a n d o s t o r i e , r a c c o n t a n d o , mescolando f a v o l e e m e m o r i e , a l t r i sorrisi, altri abbracci, quelli che abbiamo conosciuto, quelli che ci sono stati donati, quelli che non vogliamo vadano persi, quelli che appartengono a tutti coloro che di generazioni in generazione hanno sempre immaginato il miglior futuro per noi. Raccontiamo i nostri anziani, quelli che abbiamo conosciuto, quelli di cui ci è stato solo parlato, quelli che abbiamo fotografato nei nostri

Il tempo di Kirone grandtourthesenseofbeauty @GrandTourdiStudioLightBOX issuu.com/issuu-grandtour

Kirone

con tutte le loro storie.

Il tempo di

reportage. Raccontiamoli con la Fotografia e facciamoli riemergere


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