La Sicurezza Urbana. Profili Ricostruttivi e Novità Normative

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LA SICUREZZA URBANA PROFILI RICOSTRUTTIVI E NOVITÀ NORMATIVE di Francesca Gili

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LA SICUREZZA URBANA PROFILI RICOSTRUTTIVI E NOVITÀ NORMATIVE di Francesca Gili

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INDICE

PARTE PRIMA I

Sicurezza e Ordine Pubblico

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II

Ordine pubblico materiale e ideale

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Tutela dell’ordine pubblico. Prevenzione e reato

IV

Sicurezza Pubblica. Polizia Amministrativa. Artt. 117 e 118 della Costituzione

V

Polizia e Autorità di Pubblica Sicurezza

VI

Il concetto di “Sicurezza” nella Costituzione

VII

Le funzioni di Polizia Giudiziaria, Amministrativa e di Sicurezza

VIII

Autorità di pubblica sicurezza: nazionale, provinciali e locali

IX

Provvedimenti in materia di sicurezza: le misure di prevenzione

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PARTE SECONDA I

Origine ed evoluzione della Sicurezza Urbana. I poteri del Sindaco

II

Le novità del Decreto Minniti

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III

Dimensione Integrata della Sicurezza Urbana

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IV

Il ruolo di Sindaco quale Garante

V

Daspo Urbani

VI

Prevenzione personale e giurisprudenza costituzionale e CEDU

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Principi Sovranazionali e Costituzionali

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Bibliografia

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Prefazione

L’analisi complessivamente svolta ha evidenziato la poliedricità del significato del bene giuridico “sicurezza” e la sua capacità di adattarsi e al tempo stesso di contribuire ai cambiamenti sociali, politici ed istituzionali, orientando la discrezionalità legislativa nella scelta delle modalità di allocazione delle competenze, specialmente tra organi centrali e periferici. L’elasticità contenutistica del concetto permette inoltre di poter assumere una pluralità di punti di vista e soluzioni con riferimento al coordinamento tra la necessità securitaria e l’insieme delle libertà e dei diritti individuali e collettivi, ma rischia di scontrarsi e di dover arretrare davanti ai punti saldi dell’ordinamento giuridico, capeggiati dal principio di legalità.

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Introduzione

Il problema della sicurezza è sempre stato avvertito nelle società di tutti i tempi; oggi, nella società globalizzata, si è rivelata essenziale una nuova faccia della sicurezza, quella c.d. urbana, strettamente legata al territorio delle comunità locali. L’emersione di tale concetto è avvenuta a partire dagli anni Novanta, periodo di rafforzamento della rilevanza politica ed istituzionale delle autonomie locali, ma la definizione legislativa, seppur generica, è arrivata solo con il Decreto Legge n. 14/2017. La ricerca parte proprio da questa scarsa nitidezza di definizione e si è mossa seguendo due finalità tra loro collegate: definire e verificare i legami tra la “sicurezza urbana” e la “sicurezza pubblica” (unica tipologia di sicurezza costituzionalmente prevista) e ricostruire le modalità attraverso le quali si realizzano in concreto la sussidiarietà e la collaborazione tra Stato ed enti territoriali nella materia sicurezza, così come da modello costituzionale (nuovi artt. 117 e 118 Costituzione). Ciò posto, l’elaborato cerca in primo luogo di chiarificare quali siano il significato e il contenuto della “sicurezza” e come questa sia strettamente legata al concetto “ordine pubblico”, costituzionalizzato nel 2001 e interpretato dalla Corte Costituzionale come “ordinato vivere civile”. Si passa poi a sottolineare come sia fondamentale, nell’idea del legislatore nazionale ed europeo, la convinzione che per raggiungere tale convivenza civile sia necessario assicurare in primis la vivibilità del territorio attraverso la collaborazione e l’integrazione di competenze. Appurato che “sicurezza” è un concetto polisemico e relazionale, si è indagato, nel secondo capitolo, cosa debba specificamente intendersi nel caso in cui la locuzione sia accompagnata dall’aggettivo “pubblica”. La tutela di tale tipologia di sicurezza è oggi attribuita dalla Costituzione alla competenza esclusiva statale; la giurisprudenza costituzionale supplisce alla mancanza definitoria affermando che la sicurezza pubblica debba essere tutelata attraverso attività di repressione e prevenzione dei reati. Per questo fine, la legge statale, in linea di continuità con la legislazione prerepubblicana, disciplina in capo alle Autorità di pubblica sicurezza poteri limitativi della libertà personale. A tali Autorità, inserite nell’ambito del potere esecutivo, sono infatti attribuite funzioni c.d. di polizia, le quali vengono concretizzate attraverso l’emanazione di misure di prevenzione. Lo studio si sofferma sulla disciplina di questi provvedimenti amministrativi sottolineando le analogie e le differenze con la materia penale, in particolare con le misure di sicurezza.

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Ciò che si è cercato di porre in evidenza è l’idea che per far fronte alle nuove richieste di tutela del cittadino sia maggiormente efficace una sicurezza perseguita anche attraverso la disciplina amministrativistica, nell’ottica della collaborazione tra organi dello Stato, anziché soltanto attraverso la normativa penale. A tal fine, sono state esaminate la normativa del nuovo Codice antimafia e la normativa in tema di DASPO sportivo che, rientranti nella materia misure di prevenzione, rappresentano momenti importanti nella transizione della disciplina della sicurezza dal penale all’amministrativo. A questi oggi si aggiunge la “normativizzazione” della “sicurezza urbana”, analizzata nel terzo capitolo nel quale si è cercato di porne in rilievo le caratteristiche e i legami con la sicurezza pubblica. Il punto di partenza di questa analisi è la considerazione che nelle città la sicurezza viene affrontata in una prospettiva più ampia rispetto ai tradizionali interventi statali: diventano rilevanti soprattutto le attività di promozione e di garanzia di migliori condizioni di vivibilità poste in essere dai soggetti più vicini al cittadino, al fine di garantire il decoro e la vivibilità degli spazi urbani. A tal proposito esistono varie tesi circa la collocazione concettuale della sicurezza urbana, la quale può essere intesa come parte integrante dell’ordine pubblico e sicurezza pubblica minore oppure può essere configurata come intreccio e punto di coordinamento fra competenze diverse. L’evoluzione storiconormativa della “sicurezza urbana” è stata studiata necessariamente insieme all’analisi della figura del Sindaco, Autorità di pubblica sicurezza e rappresentante della comunità locale. In seguito al Decreto n°14/2017, i tradizionali poteri di ordinanza sindacale sono stati affiancati dalla possibilità di emanare misure a tutela del decoro e della vivibilità urbana; misure assimilabili alle misure di prevenzione, seppur atipiche per la loro collocazione, per le finalità e a causa della marcata discrezionalità alla base della loro irrogazione. La parte finale della ricerca si è incentrata sulle decisioni giurisprudenziali e sulle analisi dottrinali in tema di misure di prevenzione, tipiche ed atipiche, anche allo scopo di verificarne la tenuta complessiva nel sistema costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Considerato il largo utilizzo nella prassi e l’accentuato dibattito pubblico riguardo le possibilità di limitazione dei diritti costituzionalmente garantiti, questi profili sono stati indagati nell’ultimo capitolo, verificando i profili di possibile incompatibilità delle nuove misure applicabili dal Sindaco a tutela della sicurezza urbana.

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PARTE PRIMA Sicurezza e Ordine Pubblico la nascita dei concetti, l’evoluzione storico normativa e l’approdo costituzionale

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I.

SICUREZZA E ORDINE PUBBLICO

L’etimologia del termine sicurezza (dal latino sine : “senza” e cura: “preoccupazione”) suggerisce due diverse letture possibili: in senso soggettivo, come stato d’animo privo di inquietudini o preoccupazioni e in senso oggettivo, come garanzia dell’ordinato vivere civile nell’ambito di una determinata comunità (tranquillitas). 1 Il problema della sicurezza ha da sempre caratterizzato le comunità locali, tant’è che alcuni teorici del diritto hanno ricondotto alla sicurezza della comunità la nascita dello Stato moderno: l’attribuzione allo Stato e a coloro che detengono legittimamente il potere sovrano dell’uso esclusivo della forza è concepita come funzionalizzata al mantenimento della sicurezza dei cittadini. 2 Primo tra i teorici che indagano sulla formazione della società, Thomas Hobbes (1588 - 1679) concepisce la sicurezza come il fine cui tendono gli uomini, non perseguibile restando chiusi nel proprio individualismo (in quanto “homo homini lupus” – ogni uomo è “lupo” per l’altro uomo) ma soltanto perseguibile attraverso la stipula di un patto sociale (pactum societatis). Il patto (essendo un patto di soggezione e fornendo ad un solo individuo, il sovrano, il potere assoluto) pone fine alla naturale guerra di tutti contro tutti e solo in seguito a ciò si può adempiere alla legge di natura, l’autoconservazione: il sovrano infatti, attraverso il potere assoluto che gli viene affidato, deve raggiungere e mantenere la sicurezza del popolo. 3 Sul finire del Settecento la sicurezza viene intesa come un diritto naturale ed imprescrittibile dell’uomo: l’articolo 2 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 la menziona insieme alla libertà, alla proprietà e alla resistenza all’oppressione. 4 Nella prospettiva liberale la sicurezza diventa la precondizione di ogni rapporto giuridico in cui si concretizzano i diritti e le libertà individuali: la sicurezza, insieme

1 T. F. GIUPPONI, La sicurezza e le sue dimensioni costituzionali, in S. VIDA (a cura di) Diritti umani: trasformazioni e reazioni, Bononia University Press, Bologna, 2008, pagg. 275 ss. 2 V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, Milano, 2018, pagg. 1 ss.; l’Autore riprende M. WEBER, La Città, 1922, secondo il quale gli Stati nascono come sistema di sicurezza per le persone e gli scambi commerciali. 3 T. HOBBES, Leviatano, 1651, traduzione italiana di Raffaella Santi, testo inglese e latino, Milano, 2000 4 Articolo 2, Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, 1789: ‹‹Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.››

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al nuovo concetto di “ordine pubblico” viene considerata limite interno ed immanente di ciascuna libertà. Nonostante ancora oggi vi siano documenti che considerano la sicurezza come diritto inviolabile 5 , la Corte Costituzionale ha smentito che tale definizione possa essere assunta nel nostro ordinamento, affermando che ‹‹tra i diritti inviolabili dell’uomo non rientra l’aspettativa dei consociati di vedere tutelata la propria sicurezza mediante una disciplina legislativa.›› 6 Nella Costituzione Italiana dunque la sicurezza è concepita come interesse superindividuale: ‹‹assurge ad interesse della collettività ed è idonea a limitare i diritti di libertà in funzione dell’assicurazione di un ordinato vivere civile.›› 7 La definizione che emerge sembra alludere ad una dimensione ideale di sicurezza, intesa come ordinato vivere civile. 8 Questa definizione ha condizionato quella del più generale concetto di ordine pubblico, di cui la sicurezza è parte costitutiva. Dal punto di vista contenutistico, l’ordine pubblico viene definito dall’art. 159, comma 2, D.Lgs. 31 marzo 1998 n° 112 9 come ‹‹il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale››. I beni fondamentali e gli interessi primari cui questa nozione fa riferimento sono stati specificati dalla Corte Costituzionale, nella sentenza 12 luglio 2001 n° 290: i beni fondamentali ricomprendono l’integrità fisica e psichica delle persone, la sicurezza dei possessi e ogni altro bene che assume primaria importanza per l’esistenza stessa dell’ordinamento; gli interessi pubblici primari sono soltanto quegli interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile 10. Dunque un’eventuale

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Articolo 3, Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: ‹‹Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”; Articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: “Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza.›› 6 Corte Costituzionale, ordinanza 4 giugno 2001 n°187. 7 M. RUOTOLO, Sicurezza, dignità e lotta alla povertà, Napoli, 2012, pagg. 40 ss. 8 Corte Costituzionale, sent. 23 giugno 1956 n°2: ‹‹Esclusa l'interpretazione, inammissibilmente angusta, che la sicurezza riguardi solo l'incolumità fisica, sembra razionale e conforme allo spirito della Costituzione dare alla parola "sicurezza" il significato di situazione nella quale sia assicurato ai cittadini, per quanto è possibile, il pacifico esercizio di quei diritti di libertà che la Costituzione garantisce con tanta forza. “Sicurezza” si ha quando il cittadino può svolgere la propria lecita attività senza essere minacciato da offese alla propria personalità fisica e morale; è l'"ordinato vivere civile", che è indubbiamente la meta di uno Stato di diritto, libero e democratico.›› 9 ‹‹Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali.›› 10 ‹‹(...) non qualsiasi interesse pubblico alla cui cura siano preposte le pubbliche amministrazioni, ma soltanto quegli interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile. Una siffatta precisazione è necessaria ad impedire che una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico si converta in una preminente competenza statale in relazione a tutte le attività che vanificherebbe ogni ripartizione di compiti tra Autorità statali di polizia e autonomie locali.›› Corte Costituzionale, sent. 18 giugno 2001 n° 290.

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lesione dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari si traduce in una violazione dell’ordine pubblico, ma, poiché né il legislatore, né la Corte hanno specificato in cosa effettivamente consistano i predetti beni e interessi, alla loro individuazione devono provvedere, di volta in volta, gli operatori giuridici. Prima del D.Lgs. 31 marzo 1998 n° 112 il legislatore non aveva mai provveduto a definire il concetto di ordine pubblico, partendo dal Codice Civile francese, il Code Napolèon del 1804, quando questo trova per la sua prima volta espressione. L’articolo 6 del Code Napolèon si limitava, e si limita tutt’oggi, ad affermare che ‹‹le leggi che interessano l’ordine pubblico o il buon costume non possono essere derogate dalle convenzioni particolari›› 11. Una formula nuova in cui l’ordine pubblico viene inteso come sinonimo del carattere inderogabile della legge, come limite dell’autonomia negoziale. Dall’esame dei lavori preparatori si evince infatti che lo scopo dei compilatori del codice francese era quello di recepire nell’art. 6 la regola di Papiniano, secondo cui ‹‹Ius publicum privatorum pactis mutari non potest.›› 12 La nozione di ordine pubblico del Codice Civile Italiano del 1865 è ispirata a quella del Code Napolèon ma neanche in essa vi è definizione, come neanche in altre leggi del Regno d’Italia ove la locuzione compare. 13 Durante il ventennio fascista la nozione di ordine pubblico viene modellata per meglio legittimare i valori emergenti del nuovo stato totalitario, generando un indeterminato potere di polizia. Il Corpo degli agenti di pubblica sicurezza, alle dipendenze del Ministro dell’Interno ha il compito di tutelare l’incolumità delle persone, assicurare il rispetto delle proprietà, prevenire e reprimere i reati, raccoglierne le prove, assicurare alla giustizia i responsabili e tutelare l’ordine pubblico. 14 Il Codice Civile Italiano del 1942 menziona l’ordine pubblico in più occasioni senza definirlo né attribuisce all’espressione un significato costante. L’espressione viene utilizzata talvolta per qualificare un certo tipo di norme come norme di ordine pubblico senza però indicare espressamente quali siano (es. art. 1229,

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Art. 6, Code Napolèon: ‹‹On ne peut déroger, par des conventions particulières, aux lois qui intéressent l'ordre public et les bonnes moeurs.›› 12 ‹‹Il diritto pubblico non si può modificare per convenzioni private››, Papiniano, Digesto, Libro II, 14,39. 13 Il riferimento è alla Legge di pubblica sicurezza - 20 marzo 1865 n°2248; al Codice penale Zanardelli - Regio Decreto 30 giugno 1889, n°6133; alla seconda Legge di pubblica sicurezza Regio Decreto 30 giugno 1889, n°6144. 14 R.D. 2 aprile 1925 n°382 e n°383

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2° comma, c.c. 15), talaltra è correlata al buon costume (es. art. 31 Preleggi 16), altre volte è affiancata al buon costume e alle norme imperative così da sembrare un limite dell’autonomia negoziale diverso da questi (es. artt. 1343 17 e 1354, 1° comma 18, c.c.). Nella Costituzione Italiana del 1948 la locuzione non viene neanche utilizzata fino alla riforma, Legge Costituzionale 18 ottobre 2001 n°3 quando è stato inserito un esplicito richiamo all’Ordine Pubblico nella lettera h) del 2° comma dell’art. 117 Costituzione, classificandolo tra le potestà esclusive dello Stato. Prima dell’esplicitazione, la Corte Costituzionale, già nella sentenza 8 marzo 1962 n°19, aveva segnalato che ‹‹l’esigenza di tutela dell’ordine pubblico non è né estranea né incompatibile con gli ordinamenti democratici e legalitari››, affermando in particolar modo che l’ordine pubblico deve essere identificato con l’ordine istituzionale del regime vigente e che finalità immanente del sistema costituzionale sia il mantenimento dello stesso. 19

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Art. 1229, 2° comma c.c.: ‹‹È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.›› 16 Art. 31 Preleggi, Disposizioni sulla legge in generale, R.D. 16 marzo 1942, n. 262: ‹‹Nonostante le disposizioni degli articoli precedenti, in nessuno caso le leggi e gli atti di uno Stato estero, gli ordinamenti e gli atti di qualunque istituzione o ente, o le private disposizioni e convenzioni possono avere effetto nel territorio dello Stato, quando siano contrari all'ordine pubblico o al buon costume. L'ordine corporativo fa parte integrante dell'ordine pubblico.›› Articolo abrogato dalla L. 31 maggio 1995, n°218. 17 Art. 1343 c.c.: ‹‹La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.›› 18 Art. 1354, 1° comma, c.c.: ‹‹È nullo il contratto al quale è apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.›› 19 ‹‹L'esigenza dell'ordine pubblico, per quanto altrimenti ispirata rispetto agli ordinamenti autoritari, non è affatto estranea agli ordinamenti democratici e legalitari, né è incompatibile con essi. In particolare, al regime democratico e legalitario, consacrato nella Costituzione vigente, e basato sull'appartenenza della sovranità al popolo (art. 1), sull'eguaglianza dei cittadini (art. 3) e sull'impero della legge (artt. 54, 76-79, 97-98, 101, ecc.), è connaturale un sistema giuridico, in cui gli obbiettivi consentiti ai consociati e alle formazioni sociali non possono esser realizzati se non con gli strumenti e attraverso i procedimenti previsti dalle leggi (…). Tale sistema rappresenta l'ordine istituzionale del regime vigente; e appunto in esso va identificato l'ordine pubblico del regime stesso. Non potendo dubitarsi che, così inteso, l'ordine pubblico è un bene inerente al vigente sistema costituzionale, non può del pari dubitarsi che il mantenimento di esso - nel senso di preservazione delle strutture giuridiche della convivenza sociale, instaurate mediante le leggi, da ogni attentato a modificarle o a renderle inoperanti mediante l'uso o la minaccia illegale della forza - sia finalità immanente del sistema costituzionale.›› Corte Costituzionale, sent. 8 marzo 1962 n° 19.

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II.

L’ORDINE PUBBLICO “MATERIALE” E L’ORDINE PUBBLICO “IDEALE”

La nozione di ordine pubblico è una variabile nel tempo e nello spazio. È una clausola generale, un concetto elastico, frutto della combinazione di fattori sociali e di specifiche condizioni di un certo sistema giuridico. 20 Essendo un concetto polisemantico e proprio in relazione all’ampiezza del suo contenuto, la dottrina tradizionale 21 ha operato una fondamentale distinzione tra “ordine pubblico ideale” e “ordine pubblico materiale”. L’ordine pubblico ideale (o normativo) si sostanzia in un sistema coerente e unitario di valori e principi riconducibile allo stato ordinamento. Tali valori e principi costituiscono un limite all’esercizio delle libertà costituzionalmente garantite. L’ordine pubblico ideale si distingue dall’ordine pubblico c.d. costituzionale, il quale ricomprende le sole norme-principio formalmente costituzionalizzate. L’ordine pubblico materiale (o in senso amministrativo o in senso stretto) coincide invece con uno stato di concreta, tangibile, esteriore pace sociale, per la cui realizzazione lo Stato si avvale soprattutto delle forze di polizia. Può essere definito come la tranquillità del corpo sociale nei suoi singoli componenti, in senso soggettivo, e come quiete pubblica, in senso oggettivo. L’ordine pubblico materiale si articola in diverse componenti, quali la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità e la tranquillità pubblica; costituisce un parametro di bilanciamento rispetto ad alcune libertà costituzionalmente garantite. 22 In particolare, la sicurezza pubblica è una componente dell’ordine pubblico in senso materiale. Questa è definita dall’art. 159, comma 2, D.Lgs 31 marzo 1998 n° 112 come ‹‹la sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni››. È evidente la difficoltà di determinare una definizione che non sia relativa e polisensa.

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In tal senso O. FERACI, L'ordine pubblico nel diritto dell'Unione europea, Siena, 2012 e C.IRTI, Digressioni attorno al mutevole "concetto" di ordine pubblico, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 3/2016. 21 Voce Ordine Pubblico, in S. CASSESE, Dizionario di Diritto Pubblico, Milano, 2006. 22 Così Corte Costituzionale, sent. 8 marzo 1962 n° 19 e sent. 5 luglio 1971 n°168:‹‹È ovvio che la locuzione "ordine pubblico" ricorrente in leggi anteriori al gennaio 1948 debba intendersi come ordine pubblico costituzionale (sentenza n. 19 dell'anno 1962) che deve essere assicurato appunto per consentire a tutti il godimento effettivo dei diritti inviolabili dell'uomo.››

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La dottrina prevalente 23 ha a tal proposito affermato che quella di “sicurezza” si caratterizza per essere una nozione “relazionale e plurale”: per poter dare significato concreto al suo contenuto concettuale deve essere completata con una nozione che la specifichi. Il concetto di ordine pubblico non è solo polisemantico ma anche trasversale. Nel diritto costituzionale e nel diritto dell’Unione Europea sono presenti entrambi i concetti. Nel diritto amministrativo e nel diritto penale trova applicazione soltanto la nozione di ordine pubblico materiale, mentre nel diritto civile e nel diritto internazionale 24 vive la sola concezione di ordine pubblico ideale. Con riferimento al diritto civile è possibile effettuare un’ulteriore diversificazione all’interno del concetto ordine pubblico ideale, quella tra ordine pubblico interno e ordine pubblico internazionale. Questi si differenziano esclusivamente per la loro funzione, giacché il primo rileva come limite all’autonomia privata, mentre il secondo come limite al riconoscimento di atti e discipline straniere. L’aggettivo “internazionale” richiama l’attenzione dell’interprete sulla sua funzione, per ribadire che tale concetto serve per giudicare della riconoscibilità di un atto giuridico formato all’esterno dell’ordinamento. 25

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In particolare A. PAJNO, La “sicurezza urbana” tra poteri impliciti e inflazione normativa, in A. PAJNO (a cura di), La sicurezza urbana, Santarcangelo di Romagna, 2010, pag. 9 e T.F. GIUPPONI, Le dimensioni costituzionali della sicurezza, Bologna, 2010, pag.8: ‹‹colta nella sua naturale pluralità di significati, la sicurezza rileva, altresì, la sua natura sostanzialmente relazionale, in connessione con gli specifici oggetti che, di volta in volta, concorrono a delinearne la concreta dimensione operativa: la sicurezza, infatti, non assume un valore in sé e per sé considerata ma solo in relazione a persone o situazioni determinate.›› 24 Nel diritto internazionale privato l’ordine pubblico rileva nel senso di “eccezione di ordine pubblico” nelle regole di applicazione della legge straniera o delle sentenze straniere; nel diritto internazionale pubblico incarna invece le regole dello jus cogens. Voce Ordine Pubblico, in S. CASSESE, Dizionario di Diritto Pubblico, cit. 25 V. BARBA, Note minime sull’ordine pubblico internazionale, in articolo29.it, 15 luglio 2018.

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III.

TUTELA DELL’ORDINE PUBBLICO. PREVENZIONE E REATO

La violazione dell’ordine pubblico ideale è violazione del principio ma non ancora del diritto che attraverso di esso viene protetto; violazione dell’ordine pubblico materiale è, insieme, violazione del diritto e del principio che lo fa essere tale. Nella storia meno recente l’insicurezza era fuori dalla città, negli spazi sottratti ai poteri pubblici e all’interno della comunità i pericoli, intesi come i comportamenti che ledono il bene ordine pubblico in senso materiale, che turbano la sicurezza sociale e producono pubblico allarme, sono stati generalmente sanzionati dal legislatore attraverso la classificazione degli stessi come “reato”. In particolare, secondo la dottrina, tutti i reati sarebbero da considerarsi contro l'ordine pubblico. 26 Il legislatore commina la sanzione della pena, la sanzione più grave, perché il reato (fatto giuridico illecito), oltre che aggredire un bene particolare in modo diretto e immediato, turba anche il senso di sicurezza sociale e produce pubblico allarme, seppur mediatamente, e cioè in tanto esso viola il bene ordine pubblico, in quanto, prima e immediatamente, viola un altro bene. I reati che invece direttamente colpiscono il senso della sicurezza sociale, che ledono direttamente e immediatamente il bene della sicurezza sono definiti come “reati contro l'ordine pubblico”. Questi colpiscono due volte il bene della sicurezza sociale: prima direttamente (danno immediato), poi, come tutti gli altri, indirettamente (danno mediato). La categoria dei reati contro l'ordine pubblico è stata introdotta dal codice penale del 1930 27 attraverso la previsione di fattispecie sia di delitti (libro II, titolo V, codice penale) sia di contravvenzioni (libro III, titolo I, capo I). La Commissione ministeriale incaricata della predisposizione del progetto aveva in un primo tempo respinto tale denominazione perché «troppo generica, in quanto offendono l'ordine pubblico non soltanto i reati preveduti in questo titolo, ma anche parecchi altri collocati altrove» ed aveva proposto di «sostituirvi l'intestazione: Dei reati contro la pubblica tranquillità, che risponde più rigorosamente all'indole dei reati che vi sono compresi» , intestazione corrispondente a quella del codice penale del 1865. Nella relazione al progetto si risponde all'obiezione sollevata in Commissione, affermando che «il progetto considera come reato contro l'ordine pubblico ogni fatto che, per la varietà delle offese o per la diffusione di cui è suscettivo, attacca il buon 26

R. DE RUBEIS, Voce Delitti contro l'ordine pubblico, in Enciclopedia del diritto, vol. VIII, Milano, 2015; Voce Delitti contro l'ordine pubblico in Enciclopedia Giuridica online Treccani. 27 R.D 19 ottobre 1930 n°1398

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aspetto e perturba il regolare andamento del vivere civile, ancorché non sia stata recata una lesione immediata a verso un diritto privato o pubblico». 28 La lesione necessaria affinché si configuri un reato, dunque, deve consistere in un’offesa alla tranquillità sociale, all’ordine pubblico in senso materiale. Nel mondo contemporaneo le politiche della sicurezza prendono il posto delle politiche sociali, decretando la fine del tradizionale modello del welfare, in quanto l’insicurezza si è trasferita nel tessuto urbano, nelle città 29: il potere pubblico si trova spesso ad essere incapace di far fronte ai rischi di disuguaglianza ed emarginazione dovuti allo sviluppo economico e tarda nel dare risposte alla rivendicazione di nuove tutele. In questo nuovo contesto la (in)sicurezza viene avvertita in entrambe le sue dimensioni, oggettiva ma anche soggettiva. Da qui il nuovo scopo del legislatore: rafforzare l’efficacia dissuasiva delle norme penali e agevolare la repressione dei fenomeni criminali attraverso misure a carattere “parapenale”, generalmente di natura amministrativa, come le misure di prevenzione 30; misure che pur collocandosi formalmente fuori dal campo del diritto penale, sostanzialmente incidono su diritti individuali e libertà fondamentali. 31 L’idea di una sicurezza perseguita attraverso misure amministrative non è una novità degli ultimi decenni: fin dal Diciannovesimo secolo, si sono ipotizzati poteri di prevenzione in capo a soggetti diversi dall’Autorità Giudiziaria, le Autorità di pubblica sicurezza. Queste, inserite nel sistema del potere esecutivo, sono titolari delle funzioni c.d. “di polizia” ed hanno il potere di emettere provvedimenti amministrativi, in materia di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

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Relazione al progetto del codice penale, CXIII, in Codice penale italiano illustrato a cura della Rivista penale, Torino, 1904, così come citata in G. CORSO, voce Ordine pubblico (Diritto Pubblico), in Enciclopedia del Diritto, vol. XXX, Milano, 1980 29 Città, in Vocabolario online Treccani: dal latino civitas ovvero insieme di cives, cittadini. Abbiamo definizioni sul piano sociologico, economico e urbanistico mentre manca una definizione univoca di città sul versante giuridico e normativo. La parola città è entrata nel lessico normativo con la previsione di un nuovo ente locale, la città metropolitana, nella legge 8 giugno 1990 n°142 e con la sua costituzionalizzazione con la riforma del 2001 (Legge Costituzionale 18 ottobre 2001 n°3) L’art 18 D.Lgs. 18 agosto 200 n°267 stabilisce che il titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro degli Interni ai comuni ‹‹insigni per ricordi, monumenti storici e per l’attuale importanza››. 30 ‹‹La fortuna delle misure di prevenzione dipende senz’altro anche dal loro contraddistinguersi, nella loro applicazione, per celerità, certezza ed efficacia rispetto ai classici strumenti della repressione penale, che da anni soffrono una crisi di effettività tanto profonda quanto evidente.›› Così M. PETRINI, Profili processuali delle misure ablative fra codice antimafia e giusto processo, in Archivio Penale 2/2016. 31 Per un’analisi completa della materia si veda M. ALLENA, La sanzione amministrativa tra garanzie costituzionali e principi CEDU: il problema della tassatività-determinatezza e la prevedibilità, in federalismi.it, 22 febbraio 2017.

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Le fattispecie così delineate, spesso corrispondenti ad ipotesi penalmente sanzionate, si sono venute ad allontanare progressivamente, fin dalla metà dell’Ottocento, dall’area del diritto penale strettamente inteso per andare a configurare un autonomo diritto alla prevenzione, alla cui violazione corrisponde una sanzione amministrativa. 32 La dilatazione del concetto di “pericolo”, funzionalizzata ad un maggior controllo e ad un maggior senso di sicurezza, ha consentito a tali provvedimenti di poter incidere sulle libertà personali dei soggetti che vengono sanzionati. L’idea della sicurezza perseguita attraverso la disciplina amministrativistica (di cui la normativa antimafia 33 è un importante tassello) viene completata oggi con la normativizzazione del concetto “sicurezza urbana”. Alla tutela di questa tipologia di sicurezza viene finalizzata la disciplina di alcuni strumenti amministrativi 34 i quali vengono razionalizzati e utilizzati soprattutto per governare i problemi del disordine e del soft crimes 35, avendo ormai il legislatore appurato che la sola repressione penale non è confacente al richiesto bisogno di vivibilità degli spazi di vita quotidiana. 36 L’aggettivo «urbana» designa il luogo dove maggiormente si percepiscono i problemi derivanti dall’insicurezza «globale». 37 In questa tematica il nuovo assetto delle competenze e delle fonti, così come ridisegnato dalla Riforma Costituzionale del 2001, appare centrale, in quanto mirante, tramite l’intreccio tra sussidiarietà verticale ed orizzontale, alla conciliazione tra sicurezza, politiche

32

‹‹Si definisce sanzione amministrativa la misura afflittiva non consistente in una pena criminale o in una sanzione civile, irrogata nell’esercizio di potestà amministrative come conseguenza di un comportamento assunto da un soggetto in violazione di una norma o di un provvedimento amministrativo.›› E. CASETTA, voce Sanzione Amministrativa in Digesto delle discipline pubblicistiche, vol XIII, Milano, 1997. 33 D.Lgs. 6 settembre 2011 n°159 (“Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”). 34 Tali strumenti non sono nuovi (ordinanze, regolamenti municipali, delibere amministrative, protocolli e contratti di sicurezza) ma è nuovo il loro utilizzo nel campo del contrasto alla criminalità o alla sua dissuasione. 35 Espressione utilizzata per indicare fenomeni come la prostituzione, gli atti vandalici e lo spaccio di stupefacenti. Così D. FORTIN, F. COLOMBO, Sentire sicurezza nel tempo delle paure, Milano, 2011, pag 105. 36 Così G. TROPEA, I nuovi poteri di Sindaco, Questore e Prefetto in materia di sicurezza urbana (dopo la legge Minniti), in Federalismi.it, 3 gennaio 2018, 1/2018. 37 Il riferimento è sia alla insicurezza socio-economica, legata soprattutto alla crisi del 2007, sia a quella c.d. “strategica”, oggi rappresentata soprattutto dal fondamentalismo islamico.

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“situazionali 38 ” e di c.d. “tolleranza zero 39 ”, e politiche sociali di prevenzione ed inclusione. La legislazione statale degli ultimi anni ha però finito per sviare dall’intento originario della Riforma, attirando in una forma di sussidiarietà “ascendente”, l’individuazione delle policies, rendendo tutto come forma di “sicurezza pubblica minore”. 40

38 La c.d. prevenzione situazionale è volta a limitare le opportunità criminali attraverso l’uso di sistemi di videosorveglianza, l’incremento di agenti di polizia per le strade e l’approccio del CPTED (Crime Prevention Through Environmental Design - il ricorso a soluzioni architettoniche ispirate alla teoria dello spazio difendibile di Oscar Newman, secondo il quale esistono spazi urbani che favoriscono la criminalità e gli architetti dovrebbero realizzare progetti volti ad evitare la devianza.) Per una migliore analisi vedi F. BATTISTELLI, La sicurezza urbana tra prevenzione strutturale e prevenzione situazionale: il caso degli enti locali del Lazio, in Democrazia e sicurezza, anno I, 2/2011. 39 La strategia nota come Tolleranza Zero è stata attuata nell’opera condotta a New York da Rudolph Giuliani, Sindaco della città dal 1994 al 2001. La strategia è caratterizzata dall’anticipazione dell’intervento repressivo, orientato a eliminare situazioni di fastidio, degrado o inciviltà (signs-of-crime policing: segni di politica criminale) ed è ispirata alla cd. Broken Windows Theory (Teoria delle finestre rotte, James Q. Wilson e George Kelling, 1982) secondo la quale ogni vetro rotto e non riparato immediatamente può essere considerato come un incoraggiamento al degrado, quindi all’emarginazione della zona, quindi all’aumento del numero dei delitti commessi. Ibidem. Si legga anche F. CARINGELLA e O. TORIELLO, Manuale di diritto amministrativo. Parte speciale. Roma, 2019, pag. 645. 40 Testualmente G. TROPEA, I nuovi poteri di Sindaco, Questore e Prefetto in materia di sicurezza urbana (dopo la legge Minniti), cit.

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VI.

SICUREZZA PUBBLICA. POLIZIA AMMINISTRATIVA. ARTT. 117 E 118 DELLA COSTITUZIONE

La riforma Costituzionale del 2001, Legge Costituzionale 18 ottobre 2001 n°3, ha avuto la finalità di dare piena attuazione all’art. 5 della Costituzione, il quale riconosce e tutela le autonomie locali 41. Tale opera, comportante un forte decentramento politico, ha avuto immediate conseguenze sulle modalità di ripartizione delle competenze legislative ed amministrative tra Stato ed enti territoriali. La legge statale ha perso così la posizione di prevalenza che aveva nel sistema previgente, venendo affiancata nella gerarchia delle fonti dalla legge regionale 42. Lo Stato ha inoltre perso la potestà legislativa generale, acquistandone una limitata alle materie espressamente previste dal

41 Art. 5 Costituzione: ‹‹La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.›› 42 Art. 117, 1° comma, Costituzione: ‹‹La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.››

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comma secondo dell’art 117 Costituzione 43. Tra queste, alla lettera d) si attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di “sicurezza dello Stato”; in linea di continuità, alla lettera h) si sancisce la competenza esclusiva statale in materia di “ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale”. La Costituzione introduce ma non definisce la materia “ordine pubblico”, così come la materia “sicurezza” e la materia “polizia amministrativa locale”. La dottrina ha tenuto a sottolineare che l’introduzione del riferimento all’ordine pubblico nella Costituzione deve essere interpretato in maniera sistematica, limitandolo cioè ai soli casi già previsti dalla Costituzione con rinvii a locuzioni assimilabili all’ordine pubblico. La Corte Costituzionale, su tale scia, con la sentenza 12 luglio 2001 n° 290, ha affermato anch’essa la necessità di un’interpretazione restrittiva, ragionando sul fatto che ‹‹la portata implicita della nozione potrebbe aprire ad una smisurata distorsione della nozione di sicurezza e ordine pubblico che finirebbe per vanificare la logica che ha ispirato l’affermazione del maggior decentramento.›› Le ragioni sottese all’attribuzione allo Stato della potestà legislativa esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza

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Art. 117, 2° comma, Costituzione: ‹‹Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b)immigrazione; c)rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza, sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali .››

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sembrano molto simili a quelle che legittimano la potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento penale. 44 Secondo una teoria del reato costituzionalmente orientata, se ogni reato è costituzionalmente legittimo soltanto a proteggere nel modo più forte le azioni od omissioni che ledono i diritti e i beni costituzionalmente rilevanti, allora, oltre alla configurazione dei reati e delle pene, sono altrettanto necessarie a tale protezione anche misure di carattere amministrativo che contribuiscano a prevenire il compimento della medesima azione od omissione che comporta una lesione prevista e punita come reato. 45

44

Così P. BONETTI, La giurisprudenza costituzionale sulla materia "sicurezza" conferma la penetrazione statale nelle materie di potestà legislativa regionale, in Le Regioni, 6/2006. 45 Ibidem

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V.

POLIZIA E AUTORITÀ DI PUBBLICA SICUREZZA

Declinata la sicurezza in una prospettiva così pluralistica, è apparso necessario introdurre nuove forme di coordinamento tra i diversi livelli di Governo ed amministrazione, nell’ottica del principio della leale collaborazione nei rapporti tra Stato e Regioni, principio intorno cui ruota tutta la Riforma del 2001. Già con la legge 15 marzo 1997 n°59 (c.d. legge Bassanini) si sancisce, all’articolo 1, che le funzioni e i compiti amministrativi debbano essere attribuiti all’Autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati, intendendo il principio di sussidiarietà inerente alla necessaria correlazione tra la competenza amministrativa e la dimensione dell’interesse da soddisfare. L’esigenza di collaborazione ha trovato un esplicito riconoscimento nel comma 3 dell’art. 118 Costituzione 46, il quale ha per la prima volta costituzionalizzato, nel nostro ordinamento, il principio di sussidiarietà 47.In particolare sono state sviluppate in Costituzione le due connotazioni del principio. Sul versante della sussidiarietà verticale si è assegnata la generale allocazione delle funzioni amministrative a favore dei comuni, fissando, quale eccezione rispetto alla regola generale, il principio in base al quale, in presenza di esigenze che richiedono esercizio

4646 Art. 118 Costituzione: ‹‹Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.›› 47 Nella Costituzione Italiana del 1948 il principio è implicitamente fatto proprio dagli articoli 2 e 3: la Costituzione valorizza il ruolo delle formazioni sociali proiettandole tra i soggetti abilitati a perseguire le finalità proprie dell’intera società. Così L. VIOLINI, Il principio di sussidiarietà, in Sussidiarietà, la riforma possibile (a cura di G. CITTADINI), 1998, pag. 58, così come citato in L. MELICA, voce Sussidiarietà, in Dizionario di Diritto Pubblico (a cura di S. CASSESE), cit. Il principio di sussidiarietà si sostituisce al parallelismo delle funzioni presente nel sistema previgente: ad un criterio formale di attribuzione delle funzioni amministrative subentra uno sostanziale e flessibile, che guarda soprattutto alle finalità da perseguire.

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unitario, tali funzioni possono essere conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione 48 ed adeguatezza 49. L’azione degli enti centrali deve avere carattere sussidiario rispetto alle articolazioni periferiche più vicine ai cittadini, nel senso che i primi devono intervenire solo laddove si riveli non sufficiente ed adeguata l’azione dei secondi. 50 Tale principio è stato puntualizzato dalla Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza 25 settembre 2003 n° 303, ha fissato le modalità per trasferire, con legge statale, le funzioni amministrative, dal livello inferiore a quello superiore. Sul versante della sussidiarietà orizzontale, il comma 4 dell’art. 118 Costituzione ha stabilito che Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale. L’intervento pubblico si giustifica in questo ambito solo ove i privati e le associazioni libere non siano in grado di soddisfare efficacemente interessi ed esigenze meritevoli di tutela. 51 La Corte Costituzionale, con la sentenza del 20 gennaio 2004 n°43, chiarifica ulteriormente cose debba intendersi con la locuzione: ‹‹il principio di sussidiarietà è il criterio di allocazione delle funzioni amministrative in una logica che esprime una preferenza generalizzata per gli enti più vicini ai cittadini.›› La natura relazionale e plurale della sicurezza fa sì che questa sia imprescindibilmente legata al territorio 52 cui si fa riferimento: è qui che la sicurezza si colloca all’intersezione tra le due dimensioni costitu-

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Principio in base al quale, nell’allocazione delle funzioni da conferire, si tiene conto delle diverse caratteristiche (strutturali, organizzative, territoriali, demografiche, associative) degli enti riceventi. Così F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2018, pag. 740 49 Principio che impone che l’Amministrazione che riceve il conferimento di funzioni e compiti sia idonea, organizzativamente, a garantirne l’esercizio. Ibidem 50 Ivi, pag. 737. 51 Ibidem 52 Il territorio assume rilevanza quale luogo sociale identificandosi come elemento costitutivo della società (gruppo organizzato stanziato in un determinato territorio); nella sua proiezione amministrativa il territorio assume la forma della “circoscrizione”, intesa come l’ambito territoriale assegnato alle varie Autorità pubbliche per l’esercizio delle rispettive funzioni.

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zionali della sussidiarietà. Di necessità di collaborazione tratta oggi, sul piano Europeo 53, anche il Trattato di Lisbona 54, il quale ha ribadito che la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro ed ha rafforzato gli strumenti per una sicurezza comune. In particolare sono state modificate in un’ottica collaborativa le competenze dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza 55. Emerge dai dati normativi la convinzione, propria del legislatore sia nazionale sia Europeo, che una comunità più integrata, in cui gli organi collaborano, attua a suo modo una rete di protezione e controllo che contribuisce ad impedire il radicamento di fenomeni criminali, raggiungendo più efficacemente “l’ordinata convivenza civile” auspicata dalla Corte Costituzionale. In particolare, affinché ci sia collaborazione è preliminarmente necessario assicurare la vivibilità nel territorio, partendo dalla città, la forma più piccola in cui può suddividersi amministrativamente lo Stato. La maggiore vivibilità degli spazi cittadini dovrebbe migliorare la qualità della vita delle persone, rafforzando la percezione della sicurezza e allo stesso tempo dovrebbe funzionare come prevenzione e deterrenza per la criminalità. Da qui la nascita del concetto di “sicurezza urbana”: la radice dell’aggettivo “urbano” rinvia alla parola latina urbs, città 56; la nozione allude ad un fenomeno proprio della città, come fosse in contrapposizione con la dimensione statale della sicurezza pubblica. La questione della sicurezza impone al giurista di aggiornare la propria “cassetta degli attrezzi” aiutandolo a definire in modo più preciso il significato ed il valore da attribuire ad

53

Il concetto di sussidiarietà ha acquisito una significativa importanza per la letteratura giuridica solo a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo quando è stato recepito nel Trattato Europeo di Maastricht del 1992. Prima di tale momento il dibattito attorno alla sussidiarietà si era per lo più mantenuto su un piano strettamente politico-filosofico. Un’espressa menzione della sussidiarietà era stata inserita nella Carta Europea delle autonomie locali, redatta dal Consiglio d’Europa e firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985. Il Trattato ha però regolato il principio nella sola componente verticale. Così S. CASSESE, L’aquila e le mosche. Principio di sussidiarietà e diritti amministrativi nell’area Europa, in Foro Italiano, 5/1995, e L. MELICA, voce Sussidiarietà, in Dizionario di Diritto Pubblico (a cura di S. CASSESE), cit. 54 Composto dal Trattato dell'Unione europea (TUE) e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), il Trattato di Lisbona è stato firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato ufficialmente in vigore il 1 dicembre 2009. 55 L’organo, introdotto dal Trattato di Amsterdam (entrato in vigore il 1 maggio del 1999), aveva il nome di “Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune”. Ai sensi degli articoli 15, 18, 26, 27, 30, 42, 43 del Trattato sull'Unione europea come modificato dal Trattato di Lisbona, è nominato dal Consiglio Europeo con l'accordo del presidente della Commissione europea, presiede il Consiglio "Affari esteri", composto dai ministri degli esteri degli Stati membri e guida l’attuazione della politica estera e di sicurezza comune dell'Unione sulla base degli obiettivi stabiliti dal Consiglio Europeo. 56 Voce Urbano in Enciclopedia Giuridica online Treccani

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alcune categorie ed il modo in cui queste vanno utilizzate al fine di mantenere la coerenza del sistema. 57 Dunque, prima di giungere a conclusioni suggerite dalla semplice nomenclatura, è necessario indagare cosa si intenda oggi per “sicurezza”, prendendo in considerazione soprattutto la species della “sicurezza pubblica”, per poi passare ad analizzare il concetto di “sicurezza urbana” e le sue effettive e concrete relazioni con i concetti di “ordine pubblico” e “sicurezza pubblica”.

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Testualmente A. PUNZI, Diritto certezza sicurezza, Torino 2017, p. 9

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VI.

IL CONCETTO DI “SICUREZZA” NELLA COSTITUZIONE

La nozione di ordine pubblico è una variabile nel tempo e nello spazio. È una clausola Per effettuare una corretta analisi giuridica e ricostruire cosa si intenda oggi per “interesse alla sicurezza” e per capire come questo sia concretamente tutelato, è fondamentale una lettura che parta dalla Costituzione. 58 In particolare è qui rintracciabile una doppia dimensione in cui vive il concetto: una pubblica, nella quale la sicurezza è intesa come funzione al servizio dell’interesse pubblico; una individuale, nella quale essa è concepita come diritto del singolo. In Costituzione la sicurezza è costruita come limite interno alle libertà e ai diritti costituzionali, in funzione di un miglior godimento ed esercizio degli stessi 59, pur essendo indicata in vari modi: come incolumità pubblica, come sanità, come buon costume e come sicurezza nazionale. Non vengono però indicati né la natura né i contenuti delle funzioni necessarie al perseguimento della sicurezza, né i singoli soggetti competenti a svolgerle. Nell’articolo 13 della Costituzione si prevede la figura dell’“Autorità di pubblica sicurezza” la quale in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, può adottare provvedimenti provvisori limitativi della libertà personale e della libertà di domicilio. 60 Da ciò si ricava che vi è una pubblica sicurezza che può essere distinta dalla più generica e comprensiva nozione di sicurezza e che deve esserci un’Autorità che se ne occupi. La giurisprudenza Costituzionale ha tentato, seguendo la corrente che intende la sicurezza come concetto relazionale e plurale 61, di riempire di significato la nozione di “sicurezza pubblica” affiancandola al più generale concetto di ordine pubblico, affermando che per sicurezza pubblica ‹‹deve intendersi la funzione inerente al mantenimento dell’ordine

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T. F. GIUPPONI, La sicurezza e le sue dimensioni costituzionali, in S. VIDA (a cura di) Diritti umani: trasformazioni e reazioni, cit., pag. 8, individua tre possibili dimensioni giuridiche della sicurezza: esterna/interna; individuale/collettiva; materiale/ideale. 59 M.DOGLIANI, Il volto costituzionale della sicurezza, in ASTRID Rassegna, 2010 osserva che la sicurezza può essere definita come ‹‹il ragionevole bilanciamento dei beni costituzionali.›› 60 Tali provvedimenti ‹‹devono essere comunicati entro quarantotto ore all’Autorità Giudiziaria e se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.›› Art. 13, comma 3, Costituzione. 61 Vedi Cap. I

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pubblico››. 62 Le attribuzioni dell’Autorità di pubblica sicurezza sono disciplinate dalla legge statale, la quale può individuare anche soggetti appartenenti a corpi diversi a tutti i livelli, inclusi quelli regionali e locali. È infatti costituzionalmente prevista, dall’art.118 comma 3, una forma di coordinamento in materia di sicurezza tra Stato e Regioni. 63 La localizzazione della sicurezza e il coinvolgimento degli enti territoriali nelle politiche pubbliche pongono oggi un duplice problema: circoscrivere funzioni e competenze dei soggetti investiti di tale compito ed individuare i reciproci rapporti tra di essi.

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‹‹La funzione di polizia di sicurezza riguarda le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico e, pertanto, si riferisce alla attività di polizia giudiziaria e a quella di pubblica sicurezza.›› Corte Costituzionale, sent. 12 luglio 2001 n°290. 63 Art. 118, 3° comma Costituzione: ‹‹La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.››

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VII.

LE FUNZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA, AMMINISTRATIVA E DI SICUREZZA

Il Testo Unico delle Leggi di pubblica sicurezza - TULPS (Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773) e il Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza (legge 1 aprile 1981, n°121), così come altre leggi statali, attribuiscono alle Autorità di pubblica sicurezza e ad altri soggetti le potestà necessarie per la concreta tutela dell’interesse alla sicurezza pubblica, le c.d. “funzioni di polizia”. Il termine “funzione” non è univoco ma è anch’esso polisenso e relazionale. Nella Costituzione il termine è usato in assenza di definizione e sembra corrispondere ad un sinonimo del termine “attività”. Nell’art. 102 Cost. si fa riferimento alla funzione giurisdizionale mentre tale espressione non viene utilizzata con riferimento all’amministrazione, con riguardo alla quale si parla di attività amministrativa, con l’eccezione dell’art.118 Cost. in cui si parla di funzioni amministrative. Si può generalmente dire che la funzione amministrativa ‹‹altro ruolo non ha se non quello di connettere ogni decisione che venga assunta in un ordinamento agli interessi fondamentali della comunità che quello stesso ordinamento organizza››. 64 La dottrina oggi, avendo abbandonato la concezione materiale di funzione 65, concorda nell’ammettere che vi è una tendenziale coincidenza tra funzione amministrativa e discrezionalità, a prescindere dall’agire provvedimentale: l’amministrazione è indefettibilmente funzione nel momento in cui si realizza il confronto fra la norma e il fatto, nel momento in cui si compie la scelta che determina il successivo corso dell’agire 66; la funzione è il concretarsi del potere 64

G. MARONGIU, voce Funzione Amministrativa in Enciclopedia Giuridica Treccani. Con l’espressione “funzione amministrativa” si indicava ‹‹l’attività pratica che lo Stato dispiega per curare, in modo immediato, gli interessi pubblici che assume nei propri fini››. Ibidem ‹‹Una caratterizzazione oggettiva della funzione amministrativa non esiste più ma la locuzione funzione amministrativa è un’espressione verbale con cui si vogliono indicare l’insieme delle attività svolte dall’insieme degli apparati amministrativi dello Stato e degli altri enti pubblici e comunque delle altre figure soggettive del settore pubblico. Sotto tale profilo non è improprio e neppure scorretto utilizzarla, a patto però di non porsi il problema di una sua definizione, perché questa non c’è.›› M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1970 in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce Funzione Amministrativa. 66 F. BENVENUTI, Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, in Rassegna di Diritto Pubblico, 1/1950, e in Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 118/1952, entrambe riportate in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce Funzione Amministrativa. 65

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nell’atto singolo, ossia il momento dell’agire in cui questo non è ancora atto, ma è qualcosa di più dell’attività. 67 Non esiste neanche una nozione definita di “polizia”: la semantica del termine è di stretta derivazione da quello di politeia (πολιτεία) 68. Il concetto, inerendo all'attività organizzativa delle strutture di Governo di una determinata società umana, riguarda fenomeni organizzativi di eterogenea natura 69 ed ha subito e subisce senza interruzione i mutamenti cui sono soggetti gli apparati organizzativi creati dall’uomo 70. Il termine “polizia” viene riscoperto agli albori dello Stato moderno per essere riadattato alla ricerca del proprio fondamento. Da qui il riferimento alla politeia, come fine generale di buon governo dello Stato, come dover essere della città, situazione ideale, in quanto condizione di buon andamento della vita della polis 71. La nozione di polizia che interessa però l'operatore giuridico attuale ha caratteri opposti: è concreta, in quanto rappresenta le figure organizzative dell'ordinamento giuridico di un determinato Stato storicamente individuato ed è oggetto della disciplina normativa di quello stesso ordinamento, in particolare del suo diritto pubblico. La Costituzione repubblicana ha volutamente evitato di affrontare direttamente la sistemazione dei principi organizzatori dell'attività di polizia, tant’è che non è dato rinvenire nel testo una disciplina d'insieme e globale. D’altra parte, le molteplici e disparate forme nelle quali si esercita l'attività di polizia nell'ambito dello Stato contemporaneo sono talmente eterogenee che è perfino esclusa la possibilità di stabilire delle norme, seppure solo di principio, unitarie. Possono distinguersi varie tipologie di funzioni di polizia: quella c.d. giudiziaria, quella c.d. amministrativa e quella c.d. di sicurezza. Tradizionalmente le funzioni di polizia giudiziaria sono contrapposte a quelle di polizia amministrativa in quanto le prime sono collegate all’illecito penale ed hanno come finalità quella di scoprire i reati e assicurare i responsabili alla giustizia, operando nel momento in cui l’attività antigiuridica è già avvenuta; le seconde sono collegate alla figura dell’illecito amministrativo ed hanno una finalità preventiva di tutela della tranquillità sociale. Le disposizioni costituzionali hanno riguardo alle forme dell'attività

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F. MODUGNO, voce Funzione, in Enciclopedia del Diritto, vol. XVIII, Milano, 1969: tra il potere e l’atto vi sarebbe una relazione logico giuridica, un momento di attività di trasformazione (che sarebbe propria dell’amministrazione). 68 Nel linguaggio storico-politico, grecismo talvolta usato come equivalente del latino “res publica”, per indicare l’organizzazione come bene comune di tutti i cittadini e, quindi, la costituzione politica ottimale. Da Enciclopedia Giuridica Online Treccani, voce Polizia. 69 O. RANELLETTI, La polizia di sicurezza, in Primo trattato completo di diritto amministrativo italiano, V. E. ORLANDO (a cura di), vol. IV, pt. 1, Milano, 1904, pagg. 207 ss. 70 GIANNINI M. S., Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, pagg. 6 ss 71 Per una panoramica sulle funzioni e i corpi di polizia si veda A. CHIAPPETTI, voce Polizia (forze di), in Enciclopedia Giuridica Treccani.

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di polizia soltanto in modo riflesso, salvo che per quanto concerne la polizia giudiziaria, l’unica ad essere esplicitamente disciplinata: all’art. 109 Cost. si prevede infatti che essa dipenda direttamente dall’Autorità Giudiziaria. 72 La polizia giudiziaria è posta alle dirette dipendenze della magistratura per assicurare le superiori esigenze di giustizia e per rendere effettiva l’indipendenza della magistratura stessa, ma la subordinazione è meramente funzionale e non determina alcuna collisione con l’organico rapporto di dipendenza burocratica e disciplinare in cui i suoi organi si trovano col potere esecutivo. 73 Le funzioni di polizia giudiziaria si considerano pertinenti alle materie della giurisdizione e delle norme processuali , dunque rientrano tra le competenze legislative esclusive dello Stato. 74 Quella di polizia amministrativa, secondo la dottrina tradizionale, era una funzione autonoma ma accessoria alla normale attività amministrativa. Una funzione caratterizzata da un complesso di poteri, a contenuto repressivo, attribuiti alla P.A. per garantire la propria azione da turbative. 75 Proprio per il suo carattere di strumentalità rispetto a tali attività, la polizia amministrativa è sempre stata tenuta concettualmente distinta dalla polizia di sicurezza, la quale ha per scopo la tutela della collettività da generiche turbative all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica. L’utilità della distinzione si coglieva soprattutto nella delimitazione delle funzioni attribuite all’Autorità di pubblica sicurezza, riferite solo a queste ultime materie. La nozione polizia amministrativa ha però subito una sostanziale evoluzione fino ad essere ricondotta oggi nell’ambito dell’ordinaria attività amministrativa 76 . Tale evoluzione è dovuta anche all’affermazione del principio di legalità, il quale, stabilendo che ogni attività dei pubblici poteri debba trovare fondamento in una legge, 72

Art. 109 Costituzione: ‹‹L’Autorità Giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.›› Corte Costituzionale, sent. 6 giugno 1963, n°94: ‹‹La potestà che questo articolo conferisce all'Autorità Giudiziaria di disporre direttamente della polizia giudiziaria, se trova la sua piena giustificazione nelle superiori esigenze della funzione di giustizia e nella necessità di garentire alla magistratura la più sicura e autonoma disponibilità dei mezzi di indagine, non subisce limitazioni per via […] e dei rapporti di dipendenza gerarchica, che l'ordinanza di rimessione pone in rilievo, fra gli organi della polizia giudiziaria e il Governo. L'art. 109 pone la polizia giudiziaria di fronte all'Autorità Giudiziaria in un rapporto di subordinazione meramente funzionale, che non determina collisione alcuna con l'organico rapporto di dipendenza burocratica e disciplinare in cui i suoi organi si trovano col potere esecutivo.›› 74 Lett. l) comma 2, art. 117 Costituzione 75 Il rapporto di accessorietà con l’attività di amministrazione attiva non impediva comunque di riguardare la polizia amministrativa come funzione distinta, caratterizzata da una propria autonomia rispetto all’attività amministrativa di gestione. Si veda O. RANELLETTI, La polizia di sicurezza, in Primo Trattato completo di Diritto Amministrativo italiano, V.E. ORLANDO (a cura di), Vol. IV, cit., pag. 207. 76 Sull’evoluzione storica della polizia amministrativa, con ampi riferimenti alla dottrina italiana e straniera, A. CHIAPPETTI, voce Polizia (diritto pubblico) in Enciclopedia del Diritto, vol. XXXIV, Milano, 1985. 73

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ha circoscritto la capacità della P.A. di adottare provvedimenti limitativi delle posizioni giuridiche dei privati. La polizia amministrativa si è dissolta quindi come branca autonoma, non distinguendosi più dall’attività amministrativa sostanziale e concorrendo con questa nella realizzazione degli specifici fini perseguiti, tant’è che oggi la dottrina 77 parla al riguardo di “non funzione”, attività a carattere accessorio e strumentale, che si esplica attraverso gli atti di regolamentazione, il rilascio di permessi e l’imposizione di sanzioni amministrative in caso di violazioni. Mantiene autonomia la locuzione “polizia amministrativa in senso stretto”, con la quale ci si riferisce oggi a quelle funzioni eserciate da Regioni, Province, Comuni e autonomie nelle materie di propria competenza. La funzione di polizia di sicurezza mira alla prevenzione del pericolo di danni alla sicurezza e all’ordine pubblico. Ci si riferisce dunque ad un’attività di vigilanza sull’ordine pubblico inteso come ordine sociale, realizzata al fine di prevenire attivamente il compimento di reati. La Corte Costituzionale ha tentato di chiarificare il significato della distinzione tra le funzioni di polizia di sicurezza e amministrativa, affermando che ‹‹mentre le prime riguardano le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico e, pertanto, si riferiscono alle attività tradizionalmente ricomprese nel concetto di pubblica sicurezza, le altre invece concernono le attività di prevenzione o di repressione dirette a evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati alle persone o alle cose nello svolgimento di attività ricomprese nelle materie sulle quali si esercitano le competenze regionali senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni o gli interessi tutelati in nome dell'ordine pubblico.›› 78 La nozione di polizia di sicurezza non è precisata dal punto di vista normativo ma la sua essenza la fa ricadere all’interno del catalogo delle competenze legislative esclusive statali, riguardando il mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico in senso materiale. L’attività di polizia di sicurezza dipende funzionalmente da Autorità di indirizzo politico-amministrativo, con particolare riguardo al Ministro dell’Interno, a cui compete la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e il coordinamento delle forze di polizia.

77 P. BONETTI, Funzioni e corpi di polizia: problemi giuridici e prospettive per un riordino costituzionalmente orientato in ASTRID Rassegna 28/2009. 78 Corte Costituzionale, sent. 11 febbraio 1988 n°218

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VIII.

AUTORITÀ DI PUBBLICA SICUREZZA: NAZIONALE, PROVINCIALI E LOCALI

La nozione di Autorità di pubblica sicurezza è di tipo informale: la legge statale la può attribuire a qualsiasi Autorità costituita, perfino a soggetti privati. 79 L’art. 1 del Testo Unico delle Leggi di pubblica sicurezza - TULPS (Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773) fornisce una generale definizione di tali soggetti: ‹‹L'Autorità di pubblica sicurezza veglia al mantenimento dell'ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà; cura l'osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle Province e dei comuni, nonché delle ordinanze delle Autorità; presta soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni. Per mezzo dei suoi ufficiali, ed a richiesta delle parti, provvede alla bonaria composizione dei dissidi privati. L'Autorità di pubblica sicurezza è provinciale e locale. Le attribuzioni dell'Autorità provinciale di pubblica sicurezza sono esercitate dal Prefetto e dal Questore; quelle dell'Autorità locale dal capo dell'ufficio di pubblica sicurezza del luogo o, in mancanza, dal Sindaco. […]›› Partendo dal TULPS e dalla legge 1 aprile 1981, n°121 (‹‹Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza››) possiamo analizzare nel dettaglio i soggetti che rivestono oggi le funzioni di polizia. La struttura del sistema di tali Autorità è ancorata all’organizzazione del potere esecutivo, così come riorganizzata dal Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n°300. 80 ‹‹Il Ministro dell'Interno è responsabile della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica ed è Autorità Nazionale di pubblica sicurezza. Ha l'alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e coordina in materia i compiti e le attività delle forze

79 Così P. BONETTI, Funzioni e corpi di polizia: problemi giuridici e prospettive per un riordino costituzionalmente orientato, cit. Per la Corte Costituzionale è infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 242, Codice di Procedura Penale, che prevede l'arresto in flagranza da parte dei privati, proposta in riferimento all'art. 13, terzo comma Costituzione. ‹‹E' vero infatti che la norma costituzionale che consente l'adozione di provvedimenti restrittivi della libertà personale da parte dell'Autorità di pubblica sicurezza va interpretata restrittivamente, ma è da ritenere che la facoltà conferita al privato dalla norma impugnata non operi una vera estensione della portata propria della disposizione costituzionale, in quanto il privato, allorché agisce in presenza delle condizioni e rimane nei limiti stabiliti dalla norma stessa, assume la veste di organo di polizia, sia pure straordinario e temporaneo.›› Massima n°5048, Corte Costituzionale, sent. 3 giugno 1970, n°89 80 ‹‹Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n° 59 ››

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di polizia.›› 81 I Ministri sono organi amministrativi dello Stato a titolarità politica, chiamati a rispondere in Parlamento dell’andamento complessivo della propria organizzazione ministeriale e dei singoli atti che da essa promanano. Concorrono, insieme al Presidente del Consiglio, a formare l’organo di vertice dell’esecutivo, il Consiglio dei Ministri. I Ministri si differenziano in ordine a funzioni e dimensioni; soltanto quelli c.d. con portafoglio sono a capo di un apparato amministrativo gerarchicamente ordinato (dicastero). 82 Nello specifico, con il D.P.R. 24 novembre 2009, n. 210 il Ministero dell’Interno è stato articolato in cinque uffici centrali (Dipartimenti) 83 e in 103 Uffici Territoriali del Governo (Prefetture). Il Ministro dell’Interno può adottare provvedimenti amministrativi di espulsione nei confronti di stranieri che siano ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica, per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato. 84 In considerazione della sua posizione di vertice, decide sui ricorsi contro i provvedimenti del Prefetto e sulla nullità degli atti e dei provvedimenti delle altre Autorità di pubblica sicurezza 85. Può dichiarare lo stato di pericolo pubblico e in tal caso emanare ordinanze libere. Il Comitato Nazionale dell’Ordine e della sicurezza pubblica è un organo di consulenza del Ministro dell’Interno (che lo presiede). È composto dal Sottosegretario del Ministero dell’Interno e dai Capi delle forze di polizia. Al Comitato vengono sottoposte questioni di carattere generale relative alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Per espletare i propri compiti in materia di ordine pubblico e sicurezza, il Ministro dell’Interno si avvale dell’Amministrazione della pubblica sicurezza 86 . Questa è un’amministrazione civile costituita da organi ed uffici del Dipartimento della pubblica sicurezza e da organi ed uffici periferici (Prefetture, Questure, Commissariati distaccati). Il suddetto Dipartimento, cui è preposto il Capo della Polizia di Stato (in qualità di Direttore Generale di pubblica sicurezza), attua la politica stabilita dal Ministro, coordina le forze di polizia e dirige e amministra direttamente la Polizia di Stato; per svolgere i propri compiti, il Dipartimento si avvale

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Art 1, 1° comma, L. 121/1981 I c.d. Ministri senza portafoglio sono invece privi di un proprio apparato organizzativo e si avvalgono della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’esercizio delle funzioni loro attribuite (es. Ministro per gli Affari Europei e Ministro per i Rapporti con il Parlamento) 83 Dipartimento per gli affari interni e territoriali; Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione; Dipartimento della pubblica sicurezza; Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile; Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie. 84 Art 13 D.Lgs. 25 luglio 1998 n° 286, ‹‹Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero›› 85 Art 2 TULPS 86 Art. 2 L. 121/1981 82

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anche delle altre forze di polizia e delle altre amministrazioni statali. 87 La categoria delle “forze di polizia” è disciplinata dall’art. 16 della legge 121 del 1981 il quale stabilisce che ‹‹ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, oltre alla Polizia di Stato sono forze di polizia, fermi restando i rispettivi ordinamenti e dipendenze: a) l'Arma dei Carabinieri, quale forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza; b) il Corpo della Guardia di Finanza, per il concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica. Fatte salve le rispettive attribuzioni e le normative dei vigenti ordinamenti, sono altresì forze di polizia e possono essere chiamati a concorrere nell'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica il Corpo degli agenti di custodia (dal 1990 “Corpo di Polizia Penitenziaria”) e il Corpo Forestale dello Stato (assorbito dal 2016 nel Corpo dell’Arma dei Carabinieri).›› Il concetto di forze di polizia rientra in quello più ampio di “forza pubblica”, complesso dei corpi investiti di potestà di coercizione diretta ai fini della tutela e del mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza interna. Sono parte dell’Amministrazione di pubblica sicurezza anche le Autorità Provinciali. Il Prefetto 88 nell’ambito della Provincia rappresenta il Governo nel suo complesso; con il supporto del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, è colui che individua gli obiettivi e determina l’indirizzo generale. Gerarchicamente dipende dal Ministro dell’Interno. Dal punto di vista funzionale è subordinato al Ministro competente per materia. Il Prefetto ha competenza in ambito di protezione civile 89, attua le direttive del Ministro e assicura unità di indirizzo e coordinamento. Può adottare un provvedimento d’urgenza e disporre della forza pubblica. Il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza è un organo ausiliario di consulenza del Prefetto (che lo presiede). La disciplina è prevista dall’art. 20 legge 1 aprile 1981 n°121; il Comitato è composto da: Questore, Sindaco del capoluogo, capi delle forze di polizia e Sindaci dei comuni interessati. Il Questore 90 è l’Autorità che determina le modalità tecnico-operative per raggiungere gli obiettivi stabiliti dal Prefetto: ha la direzione e la responsabilità del coordinamento dei servizi d’ordine e di sicurezza pubblica e dell’impiego della forza pubblica. Egli è Autorità provinciale nel territorio della provincia e Autorità locale nel comune capoluogo. Ha compiti in materia di misure di prevenzione, riunioni, armi, stranieri, espatri, autorizzazioni di polizia. Autorità locale di pubblica sicurezza nei capoluoghi di provincia è il Questore; negli altri comuni lo 87

Art. 6 L. 121/1981 Art. 13 L. 121/1981 89 La materia, razionalizzata dalla legge 24 febbraio 1992, n°225 concerne la previsione, la prevenzione, la gestione e il superamento di disastri, calamità, umane e naturali, di situazioni di emergenza e inoltre si occupa di settori quali antincendio boschivo e rischio idrogeologico. 90 Art 14 L. 121/1981. Prima della disciplina sancita da tale legge, era espressamente prevista la dipendenza del Questore dal Prefetto. 88

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sono i funzionari preposti ai Commissariati di pubblica sicurezza. 91 Ove non sono istituiti i Commissariati, sono Autorità di pubblica sicurezza i Sindaci, nella qualità di Ufficiali di Governo 92: sottoposti alla vigilanza del Prefetto e agli atti di indirizzo del Ministro dell’Interno. È oggi l’art. 54 del D.Lgs. 267/2000 (Testo unico degli enti locali – TUEL) come modificato dal D.L. 14/2017 che definisce le funzioni del Sindaco quale Ufficiale di Governo 93 . In particolare egli può adottare ordinanze contingibili ed urgenti concernenti l’incolumità e la sicurezza urbana, sovraintende gli atti di verifica dei requisiti per l’iscrizione anagrafica e alle attestazioni comunali del diritto di soggiorno e può inviare segnalazioni motivate al Prefetto ai fini dell’azione di allontanamento dei cittadini dell’Unione Europea. 94 Il Sindaco, inoltre, impartisce direttive e vigila sull’espletamento del servizio di polizia amministrativa locale svolto dal Comune 95. La Regione, infatti, nel rispetto della propria competenza, attribuita dall’art. 117, 2°comma, lettera h) Costituzione (come materia diversa e separata dall’ordine pubblico e la sicurezza) definisce le norme generali per l’istituzione del servizio di polizia amministrativa locale, il quale viene attivato e gestito direttamente da ciascuna provincia o città metropolitana (Polizia Provinciale e Polizia Metropolitana) e da ciascun comune (Polizia Municipale). Nei regolamenti provinciali e comunali devono essere stabiliti compiti e ambiti di operatività. II personale che svolge tale servizio, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, coordinato con le altre forze di polizia, esercita anche funzioni di polizia giudiziaria, amministrativa, servizio di polizia stradale e funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza. 96 In casi eccezionali la figura di Autorità di pubblica sicurezza locale può essere rivestita dalla Polizia di Stato, inviata nei Comuni dal Prefetto per assumerne la direzione. I Rettori universitari costituiscono ulteriori Autorità di sicurezza pubblica locale. Le Università in Italia sono enti che si occupano dell’istruzione di livello superiore e di promuovere la ricerca e il progresso delle scienze. La Costituzione, all’art. 33, comma 6, conferisce a tali enti il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. 97 Le Università inoltre 91

Strutture della Polizia di Stato inquadrate nell'organizzazione territoriale della Questura. Art 15 L. 121/1981 93 Vedi Cap. III 94 Artt. 9,16,20 e 21 D.Lgs 6 febbraio 2007, n°30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.) 95 Art 2 legge 7 marzo 1986, n°65 (Legge quadro sull’ordinamento della Polizia Municipale) 96 Art. 1 L. 65/1986 97 Art. 33, 6 comma, Costituzione: ‹‹Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.›› L’art. 6 della l. n. 168/1989 ha riconosciuto agli atenei universitari «autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile» 92

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possono essere enti di diritto privato o di diritto pubblico 98: nel secondo caso fanno parte della pubblica amministrazione. Il Rettore 99 , organo monocratico posto al vertice di un’Università (o di una istituzione accademica a queste parificata), ha la rappresentanza legale dell’Università, le funzioni di indirizzo, iniziativa e coordinamento delle attività, la responsabilità per il perseguimento delle finalità dell’Ateneo e il potere di iniziativa nei procedimenti disciplinari. Svolge inoltre ogni altra funzione non espressamente attribuita dallo statuto agli altri organi di Governo. 100 In quattro Regioni a statuto speciale il sistema di tali Autorità è disciplinato in modo peculiare. In Trentino – Alto Adige non vi sono i Prefetti e le loro funzioni sono affidate al Presidente di ogni Provincia e ai Questori. 101 Neanche nella Valle d’Aosta è prevista la figura del Prefetto ed è il Presidente della Regione a provvedere al mantenimento dell’ordine pubblico, secondo le disposizioni del Governo, il quale può anche assumerne direttamente la funzione. 102

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Gli enti pubblici si caratterizzano per una diffusa atipicità, tant’è che oggi la definizione è assai controversa. In generale l’ente pubblico persegue fine rilevanti per l’ordinamento giuridico stabiliti dalla legge. Per un approfondimento si legga F. GOISIS, voce Ente Pubblico, in Enciclopedia del Diritto, vol. XIV, cit. 99 Il Rettore è eletto tra i professori ordinari in servizio presso le Università italiane e rimane in carica per sei anni. Le modalità di elezione e le funzioni sono stabilite nello statuto di ogni singolo Ateneo. (Legge 30 dicembre 2010 n°240) 100 Altri organi di Governo dell’Ateneo sono il Senato accademico e il Consiglio di Amministrazione. La legge 30 dicembre 2010 n°240 affida allo statuto di Ateneo la regolamentazione della composizione e le funzioni di tali organi. 101 Art. 20 Statuto della Regione Trentino – Alto Adige: ‹‹I presidenti delle Province esercitano le attribuzioni spettanti all'Autorità di pubblica sicurezza, previste dalle leggi vigenti, in materia di industrie pericolose, di mestieri rumorosi ed incomodi, esercizi pubblici, agenzie, tipografie, mestieri girovaghi, operai e domestici, di malati di mente, intossicati e mendicanti, di minori di anni diciotto. Ai fini dell'esercizio delle predette attribuzioni i presidenti delle Province si avvalgono anche degli organi di polizia statale, ovvero della polizia locale, urbana e rurale. Le altre attribuzioni che le leggi di pubblica sicurezza vigenti devolvono al Prefetto sono affidate ai Questori. Restano ferme le attribuzioni devolute ai Sindaci quali ufficiali di pubblica sicurezza o ai funzionari di pubblica sicurezza distaccati.›› 102 Art. 44 Statuto della Regione Valle d’Aosta: ‹‹Il Presidente della Regione per delegazione del Governo della Repubblica provvede al mantenimento dell'ordine pubblico, secondo le disposizioni del Governo, verso il quale è responsabile, mediante reparti di polizia dello Stato e di polizia locale. In casi eccezionali, quando la sicurezza dello Stato lo richieda, il Governo assume direttamente la tutela dell'ordine pubblico. Egli dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo, verso il quale è responsabile. Interviene alle sedute del Consiglio dei ministri, quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione.››

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Anche in Sicilia è il Presidente della Regione ad essere incaricato del mantenimento dell’ordine pubblico. Il Governo può assumere la direzione di tali servizi su richiesta del Governo della Regione o, in casi eccezionali, di propria iniziativa. 103 L’esecutivo statale può delegare al Presidente della Regione Sardegna le funzioni di tutela dell’ordine pubblico. 104

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Art. 31 Statuto della Regione Sicilia: ‹‹Al mantenimento dell'ordine pubblico provvede il Presidente della Regione a mezzo della polizia dello Stato, la quale nella Regione dipende disciplinarmente, per l'impiego e l'utilizzazione, dal Governo regionale. Il Presidente della Regione può chiedere l'impiego delle forze armate dello Stato. Tuttavia il Governo dello Stato potrà assumere la direzione dei servizi di pubblica sicurezza, a richiesta del Governo regionale congiuntamente al Presidente dell'Assemblea e, in casi eccezionali, di propria iniziativa, quando siano compromessi l'interesse generale dello Stato e la sua sicurezza. Il Presidente ha anche il diritto di proporre, con richiesta motivata al Governo centrale, la rimozione o il trasferimento fuori dell'Isola dei funzionari di polizia. Il Governo regionale può organizzare corpi speciali di polizia amministrativa per la tutela di particolari servizi ed interessi.›› 104 Art. 31 Statuto della Regione Sardegna: ‹‹Il Governo della Repubblica può delegare alla Regione le funzioni di tutela dell'ordine pubblico. Queste saranno esercitate, nell'ambito delle direttive fissate dal Governo, dal Presidente della Regione, che, a tale scopo, potrà richiedere l'impiego delle forze armate.››

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XI.

PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI PUBBLICA SICUREZZA: LE MISURE DI PREVENZIONE

Il Questore ha competenza in ambito di misure di prevenzione. Queste costituiscono un istituto tradizionale nel nostro panorama giuridico 105 e rappresentano il residuo del potere degli Stati autoritari. Le misure di prevenzione consistono in provvedimenti limitativi dei diritti di libertà o del patrimonio. Vengono adottate dall’Autorità Giudiziaria e dall’Autorità di pubblica sicurezza 106 al di fuori del procedimento penale nei confronti di persone che, pur non avendo o non avendo ancora commesso reati, sono considerate pericolose per la società. L’impossibilità di accoglierle nel diritto penale, retto dal principio di legalità, a causa del fatto che l’azione repressiva prescinde dall’accertamento della responsabilità penale e dall’esistenza di un procedimento penale, ha reso necessario creare una collocazione specifica per le misure preventive: quella delle leggi di pubblica sicurezza, con un corredo tutto proprio di strumenti san-

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Nella prima metà del 1800 le fattispecie di sospetto trovano la loro ragion d’essere in uno status personale: era convinzione che per tutelare più efficacemente la collettività occorresse arretrare l’intervento penale dello stato, colpendo l’individuo nelle sue relazioni ambientali: da qui la necessità di intervenire anche contro i frequentatori di giochi, osterie, bettole e sospetti soprattutto di furti. Con l’affermarsi del pensiero illuministico e del principio di legalità questi reati vengono messi in crisi per carenza di tassatività, in quanto in palese contrasto con i principi di garanzia e libertà. Si deve al liberalismo penale il merito di aver espunto dalle codificazioni preunitarie tali fattispecie incriminatrici inerenti alla pericolosità soggettiva individuale, fondata sul sospetto di meri elementi sintomatici. È con il Governo Crispi che si ha un’organica sistemazione delle misure di prevenzione, attuata con il r.d 30 giugno 1889 n°6144: scompaiono dal Codice Zanardelli i reati meramente indiziari, che colpivano persone sospette, in quanto diffamate dalla pubblica voce di aver commesso determinati crimini. Viene prestata attenzione alla pericolosità oggettiva delle condotte, estraniando dalla sfera giurisdizionale la prevenzione speciale ante delictum, devoluta ad apposite sanzioni applicate all’esito di accertamenti sommari dall’Autorità amministrativa di pubblica sicurezza. All’inosservanza delle sanzioni di polizia veniva comminata la sanzione penale. Per una ricostruzione storica completa si veda F. FIORENTIN (a cura di), Misure di prevenzione personali e patrimoniali, Torino, 2018. 106 In base all’Art. 1 del TULPS ‹‹l’Autorità di pubblica sicurezza veglia al mantenimento dell’ordine pubblico e alla sicurezza dei cittadini››. Questa norma attribuisce il potere di adottare misure di prevenzione.

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zionatori e afflittivi tale da far emergere dubbi sia sulla natura giuridica sia sulla compatibilità con i principi costituzionali. Le misure di prevenzione fanno ingresso nel sistema repubblicano attraverso il perdurante vigore del Testo unico di pubblica sicurezza del 1931, per essere poi riformulate e trasposte all’interno della l. 27 dicembre 1956, n° 1423, recante ‹‹Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità››. In questo testo, che per lungo tempo ha rappresentato la disciplina generale della materia, le misure di prevenzione mantenevano ancora il loro duplice carattere di misure volte a colpire sia l’indiziato (per il quale non si fosse raggiunta la prova piena della colpevolezza) che il meramente sospettato. La disciplina delle misure di prevenzione è stata ridefinita dal D.Lgs. 6 settembre 2011 n°159 (‹‹Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n° 136 107››) così come modificato da ultimo dal D.Lgs. 18 maggio 2018, n°54 e dalla Legge 21 settembre 2018, n° 108. Le misure di prevenzione di natura personale hanno per lungo tempo rappresentato gli unici strumenti con i quali il nostro ordinamento ha cercato di realizzare il fine della prevenzione 108. Nel 1982 con la legge 13 settembre n° 646 (Rognoni - La Torre) vengono affiancati per la prima volta meccanismi di matrice reale destinati ad incidere sui patrimoni illeciti. 109 Le misure patrimoniali 110 sono però applicabili esclusivamente dall’Autorità Giudiziaria. 111

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Legge 13 agosto 2010, n. 136, ‹‹Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia››. 108 Oggi gli strumenti di prevenzione di natura personale sono: il foglio di via obbligatorio, l’avviso orale, l’ammonimento del Questore, la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza: sono regolati dagli artt. 1 ss del D.Lgs. 159/2011 e dall’art. 8 legge n°38/2009. 109 Gli strumenti di prevenzione di natura patrimoniale sono: il sequestro, la confisca, la cauzione, l’amministrazione Giudiziaria dei beni personali e l’amministrazione Giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche. Tali istituti sono regolati oggi dagli artt. 16 ss del D.Lgs. 159/2011. 110 In base all’art. 16, comma 1, D.Lgs. 159/2011, ‹‹sono soggetti destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali: i soggetti di cui all’art. 4; le persone fisiche e giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.›› 111 Art 17, 1 comma D.Lgs. 159/2011: ‹‹la proposta di applicazione può provenire: dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona, dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, dal Questore o dal Direttore della Direzione investigativa antimafia.››

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Il D.Lgs. 159/2011 ha introdotto la possibilità di applicazione dei mezzi ante delictum (personali e patrimoniali) anche disgiuntamente. 112 Le misure di prevenzione hanno funzione e natura diverse dalle misure penali di sicurezza. Ciò che accomuna i due istituti è il solo fatto di essere vocati entrambi alla prevenzione del crimine, in un’ottica di difesa sociale, e di avere un contenuto afflittivo. 113 Mentre le misure di sicurezza risultano citate nella Carta Costituzionale accanto alla pena (art. 25 114), le misure di prevenzione non lo sono. Le misure di sicurezza 115 vengono comminate dalla sola Autorità Giudiziaria per punire la violazione di una norma penale dopo che il reato e la colpevolezza dell’imputato sono stati accertati (post delictum); stabilisce infatti l’art. 202 comma 1 c.p. che ‹‹le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che

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Art. 18 comma 1 D.Lgs. 159/2011 ‹‹Le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione.›› 113 Mette in risalto la profonda differenza tra le fattispecie P. NUOVOLONE, voce Misure di prevenzione e misure di sicurezza, in Enciclopedia del Diritto, vol. XXVI, cit.: nell’applicazione della pena «i presupposti sono dati dall’accertamento del fatto-reato, della sua attribuibilità al soggetto, del nesso psichico tra il soggetto e il fatto, della personalità del soggetto come strumento di valutazione dell’azione criminale: elementi che, pur nella loro complessità, si pongono in un angolo visuale di obiettiva conoscibilità»; qui, «pur nelle variabili di giudizio, vi è un nucleo necessario ineliminabile: la fattispecie descritta dalla legge come base dell’affermazione di responsabilità»; al contrario, «allorché si tratta di applicare una misura di prevenzione (…) i fatti da accertare sono i “sintomi” di un pericolo e, come tali, essendo riferibili al caso concreto, difficilmente possono essere indicati, se non genericamente, in una norma legislativa; e la correlazione tra questi fatti e il futuribile è oggetto di un giudizio che non può essere, se non in via di discutibili presunzioni, proprio del legislatore» 114 Art. 25 Costituzione, commi 2 e 3: ‹‹Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.›› 115 Sono misure di sicurezza personali nel nostro ordinamento: l’assegnazione a colonia agricola o a casa di lavoro (artt. 216 ss. c.p.) ; l’assegnazione a casa di cura o di custodia (artt. 219 ss. c.p.); il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222 c.p.); il ricovero dei minori in un riformatorio giudiziario (artt. 223 ss. c.p.); la libertà vigilata (artt. 228 ss. c.p.); il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più provincie (art. 233 c.p.); il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche (art. 234 c.p.); l’espulsione dello straniero e l’allontanamento del cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea dal territorio dello Stato (art. 235 c.p.). Sono misure di sicurezza patrimoniali nel nostro ordinamento: la cauzione di buona condotta (artt. 237 ss. c.p.); la confisca (art. 240 c.p.).

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abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato.›› 116 L’art. 203 codice penale sancisce che ‹‹agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell'articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.›› La Corte Costituzionale (con le sentenze 27 luglio 1982 n°139 e 28 luglio 1983 n°249) ha eliminato ogni residua ipotesi di presunzione di pericolosità 117, stabilendo che tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate al previo accertamento che colui che ha commesso il fatto sia persona socialmente pericolosa. 118 Anche le misure di prevenzione prendono in considerazione i soggetti socialmente pericolosi, mirando ad impedire la commissione di reati ad opera di questi: ma, a differenza delle misure di sicurezza, operano prima e a prescindere dall’accadimento di un fatto di reato e dall’accertamento della responsabilità penale (ante delictum), sulla base di presunzioni. 119 La prevenzione, legata al diritto punitivo da un rapporto ambiguo e contraddittorio, costruisce sulla fattispecie di reato un giudizio di probabilità: all’accertamento del fatto illecito la norma sostituisce l’indizio, sul quale il giudice fonda la prognosi di pericolosità; non l’indizio di un fatto

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Art. 202 comma 2 c.p.: ‹‹La legge penale determina i casi nei quali a persone socialmente pericolose possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato.›› 117 Già l’art. 31, L. 10 ottobre 1986, n. 663 aveva abrogato l’art 204 codice penale, il quale ai commi 1 e 2, prevedeva forme di presunzione legale di pericolosità: ‹‹Le misure di sicurezza sono ordinate, previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa.” Nei casi espressamente determinati, la qualità di persona socialmente pericolosa è presunta dalla legge. Nondimeno anche in tali casi l'applicazione delle misure di sicurezza è subordinata all'accertamento di tale qualità, se la condanna o il proscioglimento è pronunciato: 1. dopo dieci anni dal giorno in cui è stato commesso il fatto, qualora si tratti di infermi di mente, nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo 219 e dell'articolo 222; 2. dopo cinque anni dal giorno in cui è stato commesso il fatto, in ogni altro caso.›› 118 L’art 203 comma 2 c.p. dispone che ‹‹la qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’art. 133 c.p.››, dunque dalle caratteristiche del reato e dell’autore. L’art. 679 c.p.p. chiarisce che va accertata l’esistenza della pericolosità sociale al momento del giudizio di cognizione e va accertata la sua persistenza al momento in cui la misura deve essere eseguita. 119 L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Bari, 1997, p. 820, fa notare, al riguardo delle misure di prevenzione personale di cui alla legge 27 dicembre 1956, n°1423, che «il presupposto comune a tutte queste misure non è la commissione di un reato o di altri illeciti, ma l’appartenenza, secondo lo schema del “tipo d’autore”, ad una delle categorie di persone elencate nell’art. 1 e per lo più identificabili potestativamente in base a generici elementi sintomatici».

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concreto, ma l’apparenza di un fatto puramente ipotetico. 120 La giurisprudenza della Corte Costituzionale, partendo dall’importante pronuncia 20 giugno 1964 n°68, ha affermato la legittimità costituzionale delle misure di prevenzione in quanto sono irrinunciabili, non esistendo nella nostra società una valida alternativa che assicuri la medesima tutela dei diritti fondamentali dell’uomo costituzionalmente protetti, precisando poi nel corso degli anni, da ultimo nella sentenza 8 marzo 2010 n°93, che la conformità ai principi costituzionali delle misure di prevenzione è necessariamente subordinata all’osservanza del principio di legalità e all’esistenza delle garanzie giurisdizionali. Dunque, se è vero che la materia della prevenzione si connota per una peculiare e rilevante finalità di difesa sociale, il metodo dell’accertamento non può essere diverso da quello prefigurato dal giusto processo costituzionale.

120 M. CERESE-GASTALDO, Misure di prevenzione e pericolosità sociale: l’incolmabile deficit di legalità della giurisdizione senza fatto, in Diritto Penale Contemporaneo, 3 dicembre 2015; lo scritto riproduce, integrato e rivisto, l’intervento dell’autore al Convegno Nazionale dell’Associazione tra gli Studiosi del Processo Penale “G. D. Pisapia”, La giustizia penale preventiva, Cagliari, 29-31 ottobre 2015.

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Misure di prevenzione personali applicabili dal Questore Il foglio di via obbligatorio Il foglio di via obbligatorio e l’avviso orale sono misure di prevenzione applicabili esclusivamente dall’Autorità di pubblica sicurezza, in particolare dal Questore. Sono provvedimenti che hanno una limitata incidenza sulle libertà: si tollera una procedura semplificata di applicazione e un regime di impugnazione regolato secondo le disposizioni del Codice del processo amministrativo. 121 I destinatari di tali misure sono i soggetti indicati dall’art 1 del D.Lgs. 159/2011 122: ‹‹a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; 123 b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all'articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.›› In base all’art. 2 del D.Lgs. 159/2011, il foglio di via consiste in un provvedimento motivato del Questore emesso nei confronti di un soggetto che rientri nell’art.1 che sia pericoloso per la sicurezza pubblica e si trovi fuori dai luoghi di residenza. 124 Il provvedimento consta di due differenti atti a forma scritta: l’ordine di rimpatrio con ingiunzione a non fare rientro nel comune da cui si è allontanati 125 e il foglio di via obbligatorio, atto accessorio all’ordine di rimpatrio in cui vengono esplicitate le modalità di esecuzione e l’obbligo di presentarsi alla Autorità locale di pubblica

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D.Lgs. 2 luglio 2010 n° 104. È esclusa dalla dottrina l’applicazione nei confronti dei minori di età e dei soggetti totalmente incapaci di intendere e di volere. 123 La nozione di traffici delittuosi è fornita dall’art 1 comma 1 legge 27 dicembre 1956 n°1423: ‹‹qualsiasi attività delittuosa che comporti illeciti arricchimenti, anche senza il ricorso a mezzi negoziali o fraudolenti››. 122

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Cassazione penale, sez. I, sentenza 23 febbraio 2018 n° 8811: la prostituzione non costituisce attività pericolosa dunque il foglio di via è illegittimo. 125 Il provvedimento obbliga il soggetto al rimpatrio nel luogo in cui si ha dimora abituale e vieta di tornare senza autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni nel comune dal quale si è allontanati. È necessaria una motivazione ancorata a fatti concreti, specifici e attuali, in modo tale da garantire la difesa dell’interessato.

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sicurezza 126. Il foglio di via obbligatorio è soggetto al sindacato di legittimità da parte del giudice penale alla luce dei parametri dell’incompetenza, della violazione di legge e dell’eccesso di potere. La valutazione nel merito è consentita solo in sede amministrativa 127 , a causa della discrezionalità attribuita all’organo emanante; l’interessato può presentare ricorso gerarchico entro 30 giorni, per motivi di legittimità o di merito, al Prefetto, ovvero ricorso giurisdizionale entro 60 giorni al competente Tribunale Amministrativo Regionale ovvero ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ai sensi dell’art 8 d.p.r. 24 novembre 1971 n°1199. L’art. 76 comma 3 D.Lgs. 159/2011 punisce con l’arresto da 1 a sei mesi chi viola il provvedimento imposto. La contravvenzione al foglio di via obbligatorio è configurabile anche nel semplice transito nel territorio. 128 L’avviso orale In base all’art 3 del D.Lgs. 159/2011, l’avviso orale è il provvedimento del Questore che ha la funzione di avvisare la persona interessata che esistono sospetti a suo carico, indicando i motivi che li giustificano ed invitando la stessa a tenere una condotta conforme alla legge. Di tale avviso deve essere redatto processo verbale per conferire certezza circa il momento di emissione. La persona interessata può in qualsiasi momento chiedere la revoca dell’avviso al Questore: vige la regola del silenzioassenso. Se il Questore emette un provvedimento di rigetto dell’istanza è ammesso ricorso gerarchico al Prefetto entro 60 giorni dalla comunicazione. Con l’avviso orale il Questore può anche imporre misure interdittive a soggetti definitivamente condannati per delitti non colposi e a soggetti sottoposti alla misura della sorveglianza speciale. Per queste misure è ammessa opposizione davanti al giudice monocratico (art. 3 comma 6). La violazione dei divieti è punita con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 1.549 a 5.164.

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Il foglio di via obbligatorio non deve essere autonomamente motivato, potendo richiamare l’ordine di rimpatrio. 127 T.A.R. Umbria. Perugia sez. I 25 marzo 2016 n°287: ‹‹i provvedimenti di rimpatrio per motivi di sicurezza pubblica costituiscono manifestazione della più ampia discrezionalità amministrativa, con la conseguenza che sfuggono al sindacato giurisdizionale se non sotto i profili della irragionevolezza, dell’incongruenza della motivazione e del travisamento della realtà fattuale.›› 128 Cassazione, Sez I 6 novembre 2013 n° 46973.

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L’ammonimento del Questore Il decreto legge 23 febbraio 2009 n°11 129 convertito con modifiche dalla legge 23 aprile 2009 n°38, regolamenta, all’articolo 8, il provvedimento di ammonimento del Questore, misura che assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva in quanto preordinata a che gli atti persecutori di cui all’art. 612-bis c.p. 130 non siano ripetuti o non cagionino esiti irreparabili. ‹‹Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, la persona offesa può esporre i fatti all'Autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al Questore. Il Questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. […] La pena per il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo. Si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.›› L’ammonimento è applicabile nei confronti di chiunque ponga in essere condotte che rientrino nella sfera dell’art. 612-bis, senza che però sia necessaria l’acquisizione di prove circa la responsabilità penale. In ogni caso devono sussistere elementi concreti e specifici che devono essere indicati nell’atto. In questo caso vi è una maggiore definizione 129

‹‹Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.›› 130 ‹‹Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.››

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dell’attività di indagine che l’Autorità di pubblica sicurezza pone in essere, rispetto al caso di provvedimento di avviso orale. Possono essere infatti acquisiti elementi dagli organi investigativi e assunte informazioni dai testimoni, seppur in forma eventuale. Nel provvedimento di ammonimento il Questore non si limita ad un’ammonizione generica ma deve invitare il soggetto a tenere una condotta che non sfoci nelle ipotesi penalmente sanzionate. La giurisprudenza formatasi in riferimento ai tradizionali strumenti di prevenzione personali di cui al D.Lgs. 159/2011 nega che il Questore sia tenuto ad inviare l’avviso di avvio del procedimento 131, ritenendo sempre implicite nell’emissione degli istituti ante delictum particolari esigenze di celerità. Ma al riguardo dell’ammonimento si sta consolidando l’idea della necessità dell’avviso, salvo casi di eccezionale urgenza: l’adempimento consente infatti ai soggetti di essere informati, di poter prendere visione degli atti e di poter preparare una efficace difesa, anche attraverso la presentazione di memorie e documenti che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare. 132 A seguito dell’art. 3 D.L.14 agosto 2013 n°93 133, convertito con modifiche dalla legge 15 ottobre 2013 n°119, il Questore, anche in assenza di querela, può procedere ad ammonire il soggetto che si sia reso autore di condotte che possono essere ricondotte nelle fattispecie di percosse (art. 581 c.p.), lesioni personali lievi, consumate o tentate (art. 582, comma 2 c.p.). La legge tace circa gli strumenti 131

Avviso di avvio del procedimento di cui all’art 7, comma 1, della legge 7 agosto 1990 n°241, in base al quale ‹‹Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento.›› 132 T.A.R. Abruzzo - L’Aquila, sez. I, 28 maggio 2015 n°428: ‹‹ove non sussistano specifiche ragioni d’urgenza da indicare nell’atto, l’amministrazione deve dare comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’ammonimento e ciò in quanto […] devono trovare applicazione le garanzie di partecipazione procedimentale e, prima fra tutte, l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, con conseguente possibilità per l’interessato di palesare il proprio punto di vista nel corso del procedimento.›› Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 11 marzo 2013 n°322: ‹‹L’omissione delle garanzie rappresentate dall’avvio del procedimento prescritto dall’art. 7 legge 241/1990 possono giustificarsi solo quando, nel caso concreto, sia riscontrabile oggettivamente una situazione nella quale gli atti persecutori denunciati presentano caratteristiche tali da non consentire, o rendere superfluo, ogni ulteriore accertamento. […] l’omissione dell’avviso del procedimento può rappresentare l’extrema ratio giustificabile in situazioni che non lasciano alcun margine di dubbio sulla pericolosità della situazione denunciata.›› 133 ‹‹Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle Province.››

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di impugnazione; è comunque di certo consentito il ricorso gerarchico al Prefetto e il ricorso giurisdizionale al T.A.R; l’Autorità Giudiziaria non può incidere sul merito della scelta, espressione della discrezionalità del Questore. Misure di prevenzione personali dell’Autorità Giudiziaria: la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza L’art. 6 D.Lgs. 159/2011 regolamenta la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Questa è l’unica misura ante delictum che consegue all’instaurazione di un vero e proprio giudizio davanti all’Autorità Giudiziaria, per la sua capacità di incidere su libertà costituzionalmente garantite e per gli effetti pregiudizievoli che ad essa conseguono 134. I destinatari, stabiliti dall’art. 4 D.Lgs.

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Per tale motivo si ritiene sia inapplicabile ai minori di età e ai soggetti totalmente incapaci di intendere e volere.

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159/2011, sono, oltre ai soggetti di cui all’art. 1, gli indiziati di determinati reati 135 (reati inerenti le associazioni di tipo mafioso, di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza e l’ordine istituzionale.)

135 ‹‹a) agli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 416-bis c.p.; b) ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero del delitto di cui all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o del delitto di cui all'articolo 418 del codice penale; c) ai soggetti di cui all'articolo 1; d) agli indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale e a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice, nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale; e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente; f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza; g) fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lettera d); h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti. È finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati; i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive; i-bis) ai soggetti indiziati del delitto di cui all'articolo 640-bis o del delitto di cui all'articolo 416 del codice penale, finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis del medesimo codice; i-ter) ai soggetti indiziati del delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale.››

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La proposta 136 di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza può essere avanzata da Questore, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Procuratore della Repubblica presso il tribunale del distretto dove dimora la persona, Direttore della direzione investigativa antimafia e antiterrorismo. Non si rinvengono nella disciplina positiva le regole per lo svolgimento delle attività d’indagine, le quali quindi sono desunte solo dalla prassi operativa. Possono confluire nel fascicolo delle indagini tutte le informazioni necessarie per formulare il giudizio di pericolosità. 137 L’Autorità di pubblica sicurezza compie un’attività di sorveglianza sull’osservanza da parte del soggetto delle prescrizioni imposte dal tribunale della prevenzione. 138 Nel giudizio di prevenzione è competente il Tribunale in composizione collegiale del capoluogo della provincia in cui dimora il soggetto indiziato (art 5 comma 4). 139 Si assiste così ad un sostanziale avvicinamento tra il procedimento in sede penale e quello in sede di prevenzione amministrativa dovuto alla necessità di garantire maggiore efficienza all’azione della pubblica amministrazione, all’interno della quale è inclusa anche l’amministrazione giudiziaria. I provvedimenti definitivi applicativi di una misura di prevenzione personale devono essere comunicati al Questore da parte della cancelleria del giudice competente,

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L’azione di prevenzione è contraddistinta dal carattere della non obbligatorietà, requisito richiesto dall’ordinamento solo per l’esercizio dell’azione penale. L’eventuale insussistenza della notitia preventionis consente di esercitare all’organo procedente un potere di auto archiviazione, non suscettibile di controllo giurisdizionale, lacuna che potrebbe essere foriera di lesione dell’art 3 Costituzione Così M. F. CORTESI, Il Procedimento, in F. FIORENTIN (a cura di), Misure di prevenzione personali e patrimoniali, cit., pagg. 280 ss 137 È consentita l’acquisizione degli atti e dei provvedimenti dei procedimenti penali, definiti o ancora pendenti, nonché delle attività investigative. Non sono invece consentite le attività regolate nel codice di rito penale che prevedono specifiche garanzie in favore dell’interessato (sequestri, perquisizioni, intercettazioni). 138 Alle ordinarie prescrizioni della sorveglianza speciale, nel caso di un grado di pericolosità maggiormente qualificato, può essere aggiunto il divieto di soggiorno (art 6 comma 2) o un obbligo di soggiorno (art. 6 comma 3). 139 L’udienza deve svolgersi con la partecipazione necessaria del difensore del proposto e del pubblico ministero, richiedendo un contraddittorio necessario, pena la nullità dell’udienza (art 7). La decisone assume la forma del decreto motivato e può essere di rigetto o di accoglimento della proposta. In caso di accoglimento, il Tribunale stabilisce anche la durata della misura, che non può essere inferiore ad un anno e superiore a cinque (art 8). Opera il principio della correlazione tra contestazione e pronuncia: il Tribunale non può applicare una misura più grave e basata su fatti non indicati nella proposta.

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affinché possa curarne l’esecuzione notificando il provvedimento all’interessato. 140 In base all’art 10, per la proposizione e la decisione dei ricorsi si osservano in quanto applicabili, e salvo quanto è stabilito dalla legge 159/2011, le norme del codice di procedura penale. È consentito impugnare il decreto con ricorso sia in appello sia in Cassazione (art. 10), entro 10 giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento. Su istanza dell’interessato e sentita l’Autorità di pubblica sicurezza che ha formulato la proposta, il provvedimento può essere modificato in melius o revocato quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato (art. 11, comma 2). Misure di prevenzione nell’ambito sportivo La legge 13 dicembre del 1989 n°401 141 ha introdotto speciali meccanismi miranti a neutralizzare la pericolosità di soggetti che, in occasione di manifestazioni sportive 142, possono rendersi responsabili di azioni illecite e di comportamenti atti a turbare l’ordine e la sicurezza pubblica. In particolare, all’art. 6, tale legge prevede due tipologie di provvedimenti adottabili dal Questore: al comma 1, il divieto di accesso alle manifestazioni sportive (DASPO: acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni Sportive); al comma 2 l’obbligo di presentazione alle Autorità di pubblica sicurezza. In relazione alla prima misura, il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al

140 La sorveglianza speciale comincia a decorrere dal giorno in cui il decreto applicativo è comunicato all’interessato e cessa allo scadere del termine in esso stabilito, se il sorvegliato non ha commesso nel frattempo un reato (art. 14). I provvedimenti definitivi sono iscritti nel casellario giudiziale, secondo le modalità e con le forme stabilite per le condanne penali. Nei certificati a richiesta dei privati non è però fatta menzione delle iscrizioni de quibus (art. 81 comma 3). Nel caso di inosservanza delle prescrizioni è previsto l’arresto da tre mesi ad un anno o da uno a cinque anni nel caso di sorveglianza con obbligo o divieto di soggiorno (art. 75). L’art. 73 prevede l’arresto da sei mesi a tre anni a colui che, sottoposto a provvedimento definitivo di prevenzione personale, guidi un autoveicolo o un motoveicolo senza patente o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata. 141 ‹‹Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive.›› 142 L’art. 2 bis della legge 19 ottobre 2001 n°377, che converte con modifiche il D.L. 20 agosto 2001 n°336, fornisce la definizione legale di manifestazioni sportive: esse si individuano in quelle ‹‹competizioni che si svolgono nell’ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano.››

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trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime. 143 La misura può essere emessa nei confronti di soggetti, anche minori 144 , indiziati, denunciati o condannati per specifici reati 145. Il comma secondo prevede inoltre che ‹‹alle persone alle quali è notificato il divieto, il Questore può prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto. La notifica deve contenere l'avviso che l'interessato ha facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida del provvedimento.›› 146 143 ‹‹Il divieto di cui al comma 1 può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero, specificamente indicate. Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive che si svolgono in Italia può essere disposto anche dalle competenti Autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea, con i provvedimenti previsti dai rispettivi ordinamenti. Per fatti commessi all'estero, accertati dall'Autorità straniera competente o dagli organi delle Forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di rapporti di cooperazione, il supporto alle predette Autorità nel luogo di svolgimento della manifestazione, il divieto è disposto dal Questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura.›› (Art. 6, comma 1-ter). 144 Art. 6, comma 1-bis: ‹‹Il divieto di cui al comma 1 può essere disposto anche nei confronti di soggetti minori di diciotto anni che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età. Il provvedimento è notificato a coloro che esercitano la potestà genitoriale.›› 145 Art. 6, comma 1: ‹‹a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza; b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all'estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a); c) coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui all'articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, agli articoli 6-bis, commi 1 e 2, e 6-ter della presente legge, per il reato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, o per alcuno dei delitti contro l'ordine pubblico o dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro secondo, titoli V e VI, capo I, del codice penale o per il delitto di cui all'articolo 588 dello stesso codice, ovvero per alcuno dei delitti di cui all'articolo 380, comma 2, lettere f) e h), del codice di procedura penale, anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive; d) soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, anche se la condotta non è stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.›› 146 Art. 6, comma 2.

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Il fatto che la legge, in ossequio all’art. 13 Costituzione, abbia definito tassativamente i casi in cui il Questore può imporre il DASPO accompagnato all’obbligo di comparizione implica che la stessa Autorità di pubblica sicurezza debba motivare il provvedimento in relazione alle situazioni di eccezionale gravità ed urgenza. Mentre secondo parte della dottrina 147 le due misure costituiscono un’anomalia per il diritto penale in quanto vengono applicate senza che vi sia stato il preventivo accertamento della commissione di un reato, la Corte Costituzionale ha classificato entrambi i provvedimenti come species del genus misure di prevenzione personali, benché atipiche per due motivi, sia perché non previste dalla disciplina generale sulle misure di prevenzione, sia perché la pericolosità sociale nasce dal compimento di condotte violente che trovano spiegazione solo nella disputa di eventi sportivi. Tali misure sono considerate costituzionalmente legittime purché sia rispettato il principio di legalità, il quale implica che l’applicazione della misura, ancorché legata ad un giudizio prognostico, trovi il presupposto necessario in fattispecie di pericolosità previste dalla legge, che saranno alla base dell’accertamento giurisdizionale. Discussa è la differente incidenza delle due misure sulle libertà costituzionalmente garantite. Mentre è pressoché pacifico 148 che il DASPO limiti unicamente la libertà di circolazione ex art. 16 Costituzione e non quella personale, si ritiene che le prescrizioni ulteriori come quella di presentazione presso gli uffici di polizia sarebbero restrittive della libertà personale ex art. 13 Costituzione e per tal ragione bisognose della convalida dell’Autorità Giudiziaria. La Consulta, applicando un criterio di natura quantitativa e valutando il grado di compressione della libertà personale incisa dal provvedimento questorile 149, ha affermato, nella sentenza 12 giugno 1996 n°193 che ‹‹il divieto di accesso ha una minore incidenza sulla sfera di libertà del soggetto›› e che ‹‹si deve escludere che la scelta dell’uno o di entrambi i provvedimenti sia affidata al mero 147

R. MASSUCCI e N. GALLO, La sicurezza negli stadi. Profili giuridici e risvolti sociali, Milano, 2011, p.26. 148 In questo senso: Corte Costituzionale n° 512 del 20 novembre 2002; Corte Costituzionale n° 136 del 23 aprile 1998; Corte Costituzionale n° 193 del 12 giugno 1996; Cassazione sez. unite n° 44273 del 27 ottobre 2004; Cassazione penale, sez. III, n° 21790 del 16 febbraio 2011. 149 Non condivide tale schematizzazione A. PACE, Misure di prevenzione contro la violenza negli stadi ed esercizio del diritto di difesa con forme “semplificate”, in Giur. Cost., 1997, pag. 1584 nota 4, secondo il quale ‹‹essendosi la Corte limitata a rilevare, in quella sentenza [n°193/1996] che tanto l’obbligo di comparizione quanto il divieto di accesso incidono sulla libertà di movimento, la Corte ha dovuto giocoforza (ma assai poco persuasivamente) concludere che al divieto di accesso non si applica l’art 13 perché determinerebbe una “minore incidenza sulla sfera della libertà del soggetto”››. Secondo l’Autore, ‹‹quando il provvedimento del Questore cumula il divieto di accesso all’obbligo di comparizione personale, anche il primo diviene misura coercitiva, giacché l’accesso in tali luoghi vinee automaticamente precluso al soggetto obbligato, non potendo questo trovarsi contemporaneamente nel luogo vietato (ad esempio in uno stadio) e nell’ufficio di polizia.››

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arbitrio del Questore, tenuto a determinarsi motivatamente […] sulla base di una ponderata valutazione delle circostanze oggettive e soggettive.›› Dunque il giudizio del giudice per le indagini preliminari non può limitarsi ad un mero controllo formale ma deve consistere in un controllo di legittimità pieno all’operato dell’Autorità di pubblica sicurezza. Nel caso in cui venga irrogato il solo divieto di accesso il sacrificio di beni costituzionalmente tutelati è meno evidente, tant’è che tale divieto può essere immediatamente esecutivo, a seguito di condanna per violazione di DASPO, anche prima che tale sentenza diventi irrevocabile (art. 6, comma 7). La prescrizione contenuta nell’avviso ha effetto a decorrere dalla prima manifestazione successiva alla notifica all'interessato ed è immediatamente comunicata al Procuratore della Repubblica presso il tribunale (o al Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni) competente con riferimento al luogo in cui ha sede l'ufficio di questura. Il pubblico ministero, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, entro quarantotto ore dalla notifica del provvedimento ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari. Le prescrizioni imposte cessano di avere efficacia se il pubblico ministero con decreto motivato non avanza la richiesta di convalida entro il termine predetto e se il giudice non dispone la convalida nelle quarantotto ore successive. Nel giudizio di convalida, il giudice per le indagini preliminari può modificare le prescrizioni di cui al comma 2. Contro l'ordinanza di convalida è proponibile il ricorso per Cassazione. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza (comma 4). Il divieto e l’obbligo di comparizione non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni 150 e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'Autorità Giudiziaria, siano venute

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Comma 5: ‹‹Il divieto di cui al comma 1 e l’ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l’emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo è sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a otto anni. La prescrizione di cui al comma 2 è comunque applicata quando risulta, anche sulla base di documentazione videofotografica o di altri elementi oggettivi, che l’interessato ha violato il divieto di cui al comma 1. Nel caso di violazione del divieto di cui al periodo precedente, la durata dello stesso può essere aumentata fino a otto anni.›› Tale comma è stato così modificato dall’art. 13 del D.L. 14 giugno 2019 n°53, convertito con modifiche dalla Legge 8 agosto 2019 n°77 (c.d. Decreto Salvini bis)

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meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. 151 Il comma 6 regolamenta la disciplina in caso di violazione dei divieti e degli obblighi. 152 Il c.d. DASPO è un provvedimento di natura amministrativa ed è strutturalmente diverso ed indipendente rispetto al divieto, pur avente identico contenuto, disposto dal giudice a seguito di sentenza di condanna per i reati indicati al comma settimo della disposizione medesima 153. Tale comma sancisce che ‹‹con la sentenza di condanna per i reati di cui al comma 6 e per quelli commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni il giudice dispone, altresì, il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1 e l'obbligo di presentarsi in un ufficio o comando di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni sportive specificamente indicate per un periodo da due a dieci anni.›› 154 Il DASPO questorile ha natura amministrativa ma è giurisdizionalizzato in quanto è necessario il controllo di legalità da parte del giudice, attraverso la convalida. Il divieto di accesso ex comma 7 è invece un provvedimento di pertinenza esclusiva del giudice ordinario che consegue ad una pronuncia di condanna per reati connessi a manifestazioni sportive. La disciplina italiana del

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Comma 8-bis: ‹‹Decorsi almeno tre anni dalla cessazione del divieto di cui al comma 1, l'interessato può chiedere la cessazione degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall'applicazione del medesimo divieto. La cessazione è richiesta al Questore che ha disposto il divieto o, nel caso in cui l'interessato sia stato destinatario di più divieti, al Questore che ha disposto l'ultimo di tali divieti ed è concessa se il soggetto ha adottato condotte di ravvedimento operoso, quali la riparazione integrale del danno eventualmente prodotto, mediante il risarcimento anche in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile, o la concreta collaborazione con l'Autorità di polizia o con l'Autorità Giudiziaria per l'individuazione degli altri autori o partecipanti ai fatti per i quali è stato adottato il divieto di cui al comma 1, o lo svolgimento di lavori di pubblica utilità, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata[…] consistenti nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività presso lo Stato, le Regioni, le Province e i comuni, e ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, anche in occasione di manifestazioni sportive.›› 152 Comma 6: “Il contravventore alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 40.000 euro. Le stesse disposizioni si applicano nei confronti delle persone che violano in Italia il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive adottato dalle competenti Autorità di uno degli altri Stati membri dell'Unione europea.›› 153 Vedi Cassazione, sez. III, 7 marzo 2016 n°9225 154 Il giudice può altresì ‹‹disporre la pena accessoria di cui all'articolo 1, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205. Il capo della sentenza non definitiva che dispone il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1 è immediatamente esecutivo. Il divieto e l'obbligo predetti non sono esclusi nei casi di sospensione condizionale della pena e di applicazione della pena su richiesta.›› (art.6, comma 7)

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DASPO sportivo è stata analizzata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2018 155. La Corte di Strasburgo, ragionando sulla natura prevalentemente preventiva delle misure, ne ha escluso la natura penale e conseguentemente ha affermato che nel caso di irrogazione per fatti oggetto di una condanna penale non venga violato il principio del ne bis in idem.

155 Corte EDU, I sez., dec. 8 novembre 2018, Serazin c. Croazia: il provvedimento che vieta al tifoso di assistere a competizioni sportive previsto dalla legislazione croata – in tutto simile, come gli stessi giudici di Strasburgo rilevano, al DASPO italiano – non costituisce una sanzione penale ai sensi della Convenzione, stante la sua eminente funzione preventiva; e che, pertanto, la misura in questione possa essere disposta anche in relazione ai medesimi fatti di reato che hanno comportato l’inflizione di una vera e propria pena da parte del giudice, senza che ciò dia luogo a un bis in idem.

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PARTE SECONDA

Il potere di ordinanza del sindaco e la sicurezza urbana

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I.

ORIGINE ED EVOLUZIONE DELLA SICUREZZA URBANA. I POTERI DEL SINDACO

Analizzata la disciplina della sicurezza pubblica, occorre stabilire se il concetto di sicurezza urbana sia un qualcosa di opposto a questa, come etimologia sembrerebbe suggerire 156 , oppure ne sia parte integrante. 157 Oggi la disciplina della sicurezza urbana deve essere imprescindibilmente analizzata insieme alla disciplina del potere di ordinanza del Sindaco, alla luce delle novità introdotte dal D.L. 20 febbraio 2017 n°14, convertito con modifiche dalla legge 18 aprile 2017, n° 48. L’origine del problema “sicurezza urbana” è lontana quanto l’origine del problema “sicurezza” in generale, e anzi lo studio di tale fenomeno e delle relative soluzioni parte proprio dall’analisi delle piccole comunità. 158 Altro discorso riguarda l’emersione della nozione giuridica di sicurezza urbana, la cui genesi va ricercata nell’ambito della produzione legislativa regionale a partire dagli anni Novanta 159. I legislatori regionali hanno dilatato la nozione di sicurezza oltre i tradizionali confini dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, utilizzando la locuzione “sicurezza urbana” in modo ambiguo, a volte per definire l’ampio oggetto dell’intervento legislativo regionale, altre per circoscrivere gli interventi securitari nel territorio del comune. L’emersione di tale concetto coincide con il rafforzamento della rilevanza politica ed istituzionale delle autonomie locali, soprattutto in seguito alla Riforma Costituzionale del 2001. In tale contesto la sicurezza è diventata spazio di confronto tra i diversi livelli di Governo e di amministrazione e al contempo l’oggetto prevalente del dibattito pubblico. In particolare attraverso le forme della sicurezza urbana emerge oggi il rafforzamento della partecipazione delle autonomie locali all’esercizio delle funzioni statali in materia di sicurezza pubblica: un compromesso tra le rivendicazioni dei Sindaci e la necessità di una visione e di un controllo unitari sulle funzioni di ordine, riservate 156

Il problema era già stato posto al capitolo I. ‹‹Quella di sicurezza urbana è una nozione che allude ad una nuova e complessa dimensione dei valori e dei beni coinvolti›› così A. PAJNO, La “sicurezza urbana” tra poteri impliciti e inflazione normativa, cit. pag. 19 158 Vedi capitolo I. 159 Registriamo comunque una divergenza nelle locuzioni utilizzate: sicurezza delle città, sicurezza del territorio regionale e locale, sicurezza dei cittadini, sicurezza delle persone, sicurezza di competenza regionale e degli enti locali. Per un’analisi si veda V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, cit., pag. 142. 157

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all’amministrazione statale 160. Nelle città muta la portata del problema securitario rispetto all’ambito statale, la problematica viene affrontata in una prospettiva più ampia rispetto ai tradizionali interventi di ordine pubblico: non sono più necessarie solo attività di prevenzione e repressione dei reati ma lo diventano soprattutto le attività di promozione e di garanzia di migliori condizioni di vivibilità. 161 L’attenzione delle amministrazioni locali è rivolta anche all’inclusione sociale e al recupero urbanistico. Tali obiettivi sono perseguiti attraverso l’interazione delle politiche per la sicurezza con altre politiche pubbliche, quali la pianificazione urbanistica 162 , la salvaguardia del territorio, l’assistenza e la promozione sociale, l’integrazione culturale, la risoluzione dei conflitti e l’educazione alla legalità. 163 L’ambivalenza della figura del Sindaco, capo dell’amministrazione comunale e ufficiale di Governo, è sancita per la prima volta dalla legge 7 ottobre 1848 n°807. È invece la legge n° 3702 del 23 ottobre 1859 (c.d. Legge Rattazzi) a introdurre, all’art. 101 164 il potere del Sindaco, quale ufficiale di Governo, di emettere provvedimenti di necessità e urgenza nelle materie di sicurezza e igiene pubblica, per far fronte a quelle situazioni di emergenza non contemplate o non prevedibili dallo Stato, per le quali non era possibile ricorrere ai normali mezzi previsti dall’ordinamento. Tale potere viene conservato anche dopo l’Unificazione

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Di compromesso tra i vari interessi in gioco parla F. PIZZETTI, Privacy, videosorveglianza e sicurezza urbana. Abstract della Relazione in sicurezza urbana, poteri e garanzie, in M. MANETTI e R. BORRELLO (a cura di), Sicurezza urbana: poteri e garanzie, Santarcangelo di Romagna, 2011, pag. 74. 161 Ciò porta alla diffusione delle cd “gated communities”, comunità chiuse che rispondono ad un tentativo delle classi sociali più agiate di riunirsi con lo scopo di isolarsi da una realtà sociale percepita come irrimediabilmente pericolosa. In questo modo lo spazio pubblico si privatizza, creando una “zonizzazione della paura”. Così J. CURBET, Insicurezza. Giustizia e ordine pubblico tra paura e pericoli, Roma, 2008, pag. 55. 162 ‹‹La rigenerazione urbana sembra porsi al crocevia fra l’affermazione del diritto alla città, la rivendicazione di un nuovo diritto delle città e il più “tradizionale” diritto urbanistico.›› Testualmente A. GIUSTI, La rigenerazione urbana. Temi, questioni e approcci nell’urbanistica di nuova generazione, in Contributi di Diritto Amministrativo (collana diretta da F.G. SCOCA, G. CORSO, M. D’ORSOGNA, L. GIANI, M. IMMORDINO, A. POLICE, M.A. SANDULLI, M.R. SPASIANO), Napoli, 2018, pag. 11. 163 Inoltre all’amministrazione statale e alle forze di polizia si affiancano Sindaco, amministrazione comunale e anche i privati. 164 Per il testo integrale della legge: https://www.demaniocivico.it/attachments/article/1746/L.com.%20e%20prov.%2023.10.1859 %20Legge%20Rattazzi.pdf

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Nazionale. 165 Esiste, secondo parte della dottrina 166, un collegamento tra tale potestà sindacale di emettere misure contingibili ed urgenti in tema di sicurezza pubblica e il potere di ordinanza oggi conferito nel nome della sicurezza urbana. La disciplina viene sostanzialmente mantenuta anche durante il regime fascista, quando viene promulgato un nuovo Testo Unico concernente i comuni e le Province (R.D. n° 383/1934) 167. La normativa introduce un’importante novità: a fronte di una mancata tempestiva adozione delle misure contingibili e urgenti è contemplato l’intervento in via sussidiaria dei Prefetti. Il Testo Unico del 1934 rimane in vigore fino alla legge 8 giugno 1990 n°142, la quale ridisegna il nuovo Ordinamento delle autonomie locali. All’articolo 38 viene razionalizzata la disciplina riguardante le funzioni affidate dallo Stato al Sindaco. Nelle materie di competenza statale di “ordine e sicurezza pubblica”, “sanità e igiene pubblica”, “edilizia e polizia locale” gli si attribuisce il compito di vigilare e di agire in qualità di Ufficiale del Governo, adottando tutti gli atti necessari contemplati dalle leggi e dai regolamenti. Inoltre, con specifico riferimento alle questioni di sanità e igiene, edilizia e polizia locale si attribuisce al Sindaco il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare i gravi pericoli per “l’incolumità dei cittadini”, fermo restando l’obbligo di operare nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e di fornire un’adeguata motivazione delle ragioni dell’intervento. È il D.Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli enti locali - TUEL) che, dopo lungo tempo, razionalizza la disciplina, predisponendo una distinzione fra gli atti sindacali posti in essere in qualità di responsabili dell’amministrazione comunale (art. 50) e quelli assunti a titolo di Ufficiali governativi (art.54). Nel primo caso viene riconosciuto il potere, totalmente sganciato da un rapporto di subordinazione con il Prefetto, di adottare ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale. 165

La legge n° 2248/1865 per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia, nell’Allegato A prevedeva, dopo aver sancito all’art. 97 che ‹‹il Sindaco è capo dell'amministrazione comunale ed uffiziale del Governo”, all’articolo 104 che il Sindaco come ufficiale di Governo potesse adottare “provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza ed igiene pubblica››, specificando poi come gli atti sindacali in questione dovessero riguardare materie come l’igiene, l’edilizia e la polizia locale. Per il testo integrale della legge: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1865/04/27/065U2248/sg 166 C. RUGA RIVA, R. CORNELLI, A. SQUAZZONI, P. RONDINI, B. BISCOTTI, La sicurezza urbana e i suoi custodi (il Sindaco, il Questore e il Prefetto). Un contributo interdisciplinare sul c.d. decreto Minniti, in Diritto Penale Contemporaneo, 4/2017. 167 Tale norma all’articolo 55 indica i motivi di sanità e di sicurezza pubblica come i presupposti imprescindibili per l’adozione di “provvedimenti contingibili e urgenti” nelle materie di igiene, edilizia e polizia locale da parte dei “podestà”, l'organo monocratico a capo del Governo di un comune nell’organizzazione fascista.

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Nell’art. 54 viene confermato il potere del Sindaco quale Ufficiale di Governo di adottare ordinanze contingibili ed urgenti per prevenire ed eliminare i gravi pericoli che possono minacciare l’incolumità dei cittadini. Il D.L. 23 maggio 2008 n°92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica) amplia le finalità del potere del Sindaco ex art. 54 aggiungendo all’incolumità (divenuta “pubblica”) dei cittadini anche la sicurezza urbana. 168 La legge 24 luglio 2008 n°125 di conversione del D.L. introduce due importanti novità nell’ordinamento: inserendo la congiunzione “anche” davanti alle parole “contingibili ed urgenti” contenute nell’art. 54 TUEL, prefigura un nuovo potere provvedimentale ordinario a fianco di quello straordinario. Slegato dai limiti dell’urgenza questo potere consente di adottare discipline capaci di derogare alle disposizioni normative vigenti nonché di introdurre nuovi precetti. Inoltre all’art. 6, comma 4-bis, la L.125/2008 demanda all’adozione di un decreto del Ministro dell’Interno la definizione sia della nozione “incolumità pubblica” sia della nozione “sicurezza urbana” 169

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Un primo riferimento legislativo all’espressione “sicurezza della comunità locale” si rinviene nel D.Lgs. 27 luglio 1999, n°279 che, nel modificare la composizione e il funzionamento del Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica (coinvolgendo il Sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia e tutti i Sindaci interessati) ha previsto che ‹‹la convocazione del comitato o l’integrazione dell’ordine del giorno siano comunque disposte quando lo richiede il Sindaco del comune capoluogo di provincia per la trattazione di questioni attinenti alla sicurezza della comunità locale o per la prevenzione di tensioni o conflitti sociali che possono comportare turbamenti dell’ordine o della sicurezza pubblica in ambito comunale.›› L’articolo 7 comma 3 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 settembre 2000 ha affidato al Ministro dell’Interno il compito di promuovere le iniziative occorrenti per incrementare la reciproca collaborazione tra organi dello Stato e Regioni in tema di sicurezza delle città e del territorio extraurbano e di tutela dei diritti di sicurezza dei cittadini. Su tale base è stata firmata un’intesa il 20 marzo 2007 tra Ministro dell’Interno e Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, la quale ha finalizzato alla sicurezza urbana la possibile sottoscrizione di patti tra il Ministero stesso e gli enti territoriali. Per un’analisi completa si veda V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, cit., pagg. 104 ss. 169 G.U. RESCIGNO, Recenti e problematici sviluppi del potere di ordinanza del Sindaco, in M. MANETTI e R.BORRELLO (a cura di), Sicurezza urbana: poteri e garanzie, cit., pag. 46 : la scelta è stata forse imposta dalla necessità di bilanciare l’introduzione al comma 4 di un potere ordinario di ordinanza.

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Il Ministro provvede ad adempiere a tale compito definitorio con il decreto 5 agosto 2008 (c.d. Decreto Maroni) 170, il quale all’art.1 definisce l’incolumità pubblica come ‹‹l’integrità fisica della popolazione›› e la sicurezza urbana come ‹‹un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.›› 171 All’art. 2 il Decreto cerca inoltre di delineare i poteri del Sindaco in materia di sicurezza urbana, configurandoli come propri della sua qualità di Ufficiale di

170 Dibattito circa il Decreto del Ministro: sulla sua natura normativa e sul rispetto del principio di legalità nell’attribuire ai Sindaci poteri amministrativi. T.A.R. Sicilia, sez. I 13 aprile 2010 n°4958: ‹‹il decreto non può avere natura di fonte attributiva di poteri autoritativi non altrimenti previsti dalla legge e neppure di norma di interpretazione autentica di una disposizione posta dalla legge statale ma unicamente quella di un atto amministrativo recante direttive ai Sindaci in materia di politiche di sicurezza urbana, nell’ambito delle competenze agli stessi già attribuite da leggi vigenti››. In tal senso anche Consiglio di Stato, ad. plen. 4 maggio 2012 n°9. T.A.R Lombardia, Milano, 6 aprile 2010 n°981: ‹‹nonostante la portata dei nuovi poteri sindacali sia stata meglio definita dal decreto del ministro dell’interno in data 5 agosto 2008, rimane incerto […] se la materia della sicurezza urbana coincida o meno con quella della sicurezza pubblica (che si sostanzia nella prevenzione dei fenomeni criminosi che minacciano i beni fondamentali dei cittadini) oppure debba essere intesa in senso più ampio come strumento volto alla eliminazione di determinati fenomeni di degrado che affliggono i centri urbani non necessariamente correlati con esigenze di repressione della criminalità.›› 171 La nozione di incolumità pubblica richiama quella coniata dalla Consulta nella sent. 18 giugno n°290 del 2001: in tale sentenza la Consulta cerca di riempire di significato la nozione “ordine pubblico” utilizzata nell’ l’art. 159, comma 2, D.Lgs.. 31 marzo 1998 n° 112 e in particolare cerca di interpretare le espressioni “beni fondamentali” e “interessi primari” cui si fa riferimento. In tale conteso si afferma che i beni fondamentali ricomprendono l’integrità fisica e psichica delle persone, la sicurezza dei possessi e ogni altro bene che assume primaria importanza per l’esistenza stessa dell’ordinamento e che gli interessi pubblici primari sono soltanto quegli interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile. (Si veda Capitolo I). La nozione di sicurezza urbana richiama invece la definizione data dai legislatori regionali: manca un riferimento alla prevenzione e alla repressione dei reati, che invece la Corte Costituzionale ha individuato come nucleo caratterizzante la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica (materia però richiamata nelle premesse del decreto). Così V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, cit., pag. 150.

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Governo. 172 Secondo l’interpretazione del nuovo art. 54 TUEL fornita dalla Corte Costituzionale, nella sentenza 1 luglio 2009 n° 196, i poteri esercitabili dai Sindaci possono essere esclusivamente finalizzati all’attività di prevenzione e repressione dei reati e non riguardano lo svolgimento di funzioni di polizia amministrativa nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome. La Corte sembra optare a favore della tesi che vede la sicurezza urbana come parte dell’ordine pubblico, sicurezza pubblica “minore”, scartando invece la diversa ricostruzione che configura la sicurezza urbana come intreccio e punto di coordinamento fra competenze diverse, statali e non, volto non solo, in senso stretto (c.d. security), alla prevenzione e repressione dei reati, ma anche, in senso ampio (c.d. safety), alla promozione e coesione sociale. Tutto ciò finisce per determinare una potenziale indebita sottrazione di competenze regionali esclusive o concorrenti, dall’alveo delle materie che ben potrebbero riguardare la sicurezza urbana (es. formazione professionale, tutela e sicurezza sul lavoro, servizi sociali, attività culturali e istruzione, attività produttive, urbanistica, edilizia). 173 Il tentativo di circoscrivere la materia della sicurezza urbana effettuato dalla Consulta nel 2009 si basa su elementi formali della disciplina statale: non solo la titolazione del Decreto Legge 92 del 2008 si riferisce alla sicurezza pubblica ma anche nelle premesse al D.M. 5 agosto 2008 si fa riferimento espresso, come fondamento giuridico dello stesso, al secondo comma lett. h) dell’art. 117 Costituzione; lo stesso D.M., sempre nelle premesse, esclude espressamente dal proprio ambito di riferimento la polizia amministrativa locale. Dunque la Consulta muove dal fatto che anche dal Decreto Legge la sicurezza urbana è concepita come parte della sicurezza pubblica.

172

‹‹Il Sindaco interviene per prevenire e contrastare: a) le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l'insorgere di fenomeni criminosi, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili e i fenomeni di violenza legati anche all'abuso di alcool; b) le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscono la fruibilità e determinano lo scadimento della qualità urbana; c) l'incuria, il degrado e l'occupazione abusiva di immobili tali da favorire le situazioni indicate ai punti a) e b); d) le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, in particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo pubblico; e) i comportamenti che, come la prostituzione su strada o l'accattonaggio molesto, possono offendere la pubblica decenza anche per le modalità con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo degli spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o pericoloso l'accesso ad essi.›› 173 Così G. TROPEA, La sicurezza urbana, le ronde, e il disagio (sociale) della Corte, in Diritto amministrativo, 1/2011 e G. TROPEA, I nuovi poteri di Sindaco, Questore e Prefetto in materia di sicurezza urbana (dopo la legge Minniti), cit.

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Tale impostazione viene confermata nella successiva decisione 24 giugno 2010 n°226: “il concetto di sicurezza urbana deve avere la valenza evocativa della sola attività di prevenzione e repressione dei reati.” Se da un lato però la Corte Costituzionale ha ricondotto gli strumenti per la sicurezza urbana alla competenza legislativa statale, configurandola come una sicurezza pubblica minore, dall’altro non ha escluso che le Regioni possano normare interventi latamente securitari sul piano prettamente sociale. La Corte Costituzionale, inoltre, con la sentenza 7 aprile 2011 n°115 pone fine alla breve vita delle ordinanze ordinarie sindacali, in quanto decreta l’incostituzionalità del comma 4 dell’art 54 D.Lgs. 267/2000 nella parte in cui comprende la locuzione “anche” prima delle parole “contingibili ed urgenti” affermando che “un potere di ordinanza dei Sindaci quali ufficiali di Governo non limitato ai casi contingibili ed urgenti […] viola la riserva di legge relativa di cui all’art. 23 Costituzione”. 174 La normativa che risulta dall’azione della Consulta prevede in capo al Sindaco, in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana, ex art.54 TUEL, solo un potere straordinario di adottare ordinanze contingibili e urgenti. Queste possono essere rivolte a destinatari determinati o alla generalità dei consociati e imporre un facere o un non facere. La Corte, cogliendo l’occasione, puntualizza le condizioni che, ai fini del rispetto del principio di legalità sostanziale, devono essere osservate nel conferimento di qualsiasi potere amministrativo: nel paragrafo 4 del considerato in diritto si legge che ‹‹non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una,

174 A sollevare la questione il T.A.R. Veneto, Venezia, sez. III, ordinanza 22 marzo 2010 n° 40 lamentando la violazione degli artt. 23,97,70,76,77,117 Costituzione, che fissano i limiti costituzionali di legalità, tipicità e delimitazione della discrezionalità amministrativa, nonché degli artt. 3,23,97 Costituzione, quali norme che costituiscono il fondamento costituzionale delle libertà individuali e del principio di legalità sostanziale in materia di sanzioni amministrative. In base a tali parametri, il giudice a quo ha lamentato l’illegittimità costituzionale dell’art 54 comma 4 nella parte in cui ha introdotto il potere di adottare ordinanze “ordinarie” in quanto lo stesso ha finito per attribuire ‹‹un potere normativo che, dovendo rispettare solo i principi generali dell’ordinamento ed essendo disancorato da specifici e localizzati presupposti fattuali insiti nei concetti della contingibilità ed urgenza, è tendenzialmente illimitato.››

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pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa.›› 175. Per tali motivi la Corte afferma che non è consentito alle ordinanze sindacali ordinarie, pur rivolte a fronteggiare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, di derogare a norme legislative vigenti. 176 La Consulta chiarisce anche che il rispetto della riserva di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione non può essere assicurato dal decreto del Ministro dell’Interno 5 agosto 2008, in quanto atto amministrativo a carattere generale che assolve alla funzione di indirizzare l’azione del Sindaco, che in quanto Ufficiale di Governo, è sottoposto ad un vincolo gerarchico 175

‹‹Questa Corte ha affermato, in più occasioni, l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Tale principio non consente «l’assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una Autorità amministrativa, che produce l’effetto di attribuire, in pratica, una «totale libertà» al soggetto od organo investito della funzione (sentenza n. 307 del 2003; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 32 del 2009 e n. 150 del 1982). […] Le ordinanze sindacali oggetto del presente giudizio incidono, per la natura delle loro finalità (incolumità pubblica e sicurezza urbana) e per i loro destinatari (le persone presenti in un dato territorio), sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati. La Costituzione italiana, ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità, richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta, se non in base alla legge (art. 23). La riserva di legge appena richiamata ha indubbiamente carattere relativo, nel senso che lascia all’Autorità amministrativa consistenti margini di regolazione delle fattispecie in tutti gli ambiti non coperti dalle riserve di legge assolute, poste a presidio dei diritti di libertà, contenute negli artt. 13 e seguenti della Costituzione. Il carattere relativo della riserva de qua non relega tuttavia la legge sullo sfondo, né può costituire giustificazione sufficiente per un rapporto con gli atti amministrativi concreti ridotto al mero richiamo formale ad una prescrizione normativa “in bianco”, genericamente orientata ad un principio-valore, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell’azione amministrativa limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, costante sin dalle sue prime pronunce, l’espressione «in base alla legge», contenuta nell’art. 23 Cost., si deve interpretare «in relazione col fine della protezione della libertà e della proprietà individuale, a cui si ispira tale fondamentale principio costituzionale»; questo principio «implica che la legge che attribuisce ad un ente il potere di imporre una prestazione non lasci all’arbitrio dell’ente impositore la determinazione della prestazione» (sentenza n. 4 del 1957). Lo stesso orientamento è stato ribadito in tempi recenti, quando la Corte ha affermato che, per rispettare la riserva relativa di cui all’art. 23 Cost., è quanto meno necessario che «la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione» (sentenza n. 190 del 2007).›› 176 Già C. Costituzionale 4 gennaio 1977 n°4: hanno capacità di derogare a norme primarie e secondarie soltanto i provvedimenti che si fondano sul presupposto dell’urgenza e a condizione della temporaneità dei loro effetti.

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nei confronti del Ministro. Il decreto ministeriale è considerato non idoneo a circoscrivere la discrezionalità amministrativa nei rapporti con i cittadini ma si ritiene che la sua funzione sia limitata a regolare i rapporti tra Autorità centrale e periferiche nella materia sicurezza urbana. La nozione di sicurezza urbana data dalla legge n°125/2008 di conversione del D.L. viene recepita nel Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010 n°104) il quale, all’art 133, nell’elencare le materie 177 devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 178 vi fa rientrare, alla lett. q), ‹‹le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili e urgenti emanati dal Sindaco in materia di sicurezza urbana.›› Il testo non è stato modificato in seguito all’intervento della Corte Costituzionale, ma pare evidente che nell’interpretazione se ne debba tenere conto, anche considerando l’ampiezza della materia che verrebbe altrimenti ad essere attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

177

L’elenco non è tassativo: l’articolo al primo comma fa salve infatti ‹‹ulteriori previsioni di legge››. 178 Il criterio generale di riparto della giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario è quello delle situazioni giuridiche fatte valere in giudizio, così come anche affermato dalla Corte Costituzionale (sent. 5 luglio 2004 n°204). Parziale deroga a tale riparto è ammessa dall’art.7 del Codice del processo amministrativo, rubricato ‹‹Giurisdizione amministrativa››, nel quale si stabilisce che ‹‹Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni.›› La disposizione, richiamando le particolari materie indicate dalla legge, si riferisce alla c.d. giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, alla quale fa riferimento anche l’art.103, comma 1 Costituzione, il quale recita ‹‹Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi››. In questo senso M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2017, pagg. 478 ss. La giurisdizione esclusiva rappresenta un “ibrido” in cui il giudice può assicurare diverse tutele, conoscendo contemporaneamente di interessi e diritti. Così A. POLICE, Le forme della giurisdizione, in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia Amministrativa, Torino, 2017, pag. 114.

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II.

LE NOVITÀ DEL DECRETO MINNITI

Uno dei tratti distintivi del testo normativo del Decreto Minniti, D.L. 14/2017, è dato dal fatto di confermare quella tendenza in atto da alcuni decenni, che punta a coinvolgere i Sindaci in modo sempre più diretto nel controllo del territorio e nella gestione del problema della sicurezza a livello locale 179 . In effetti, senza toccare i confini estremi dell’approccio della tolleranza zero, l’orizzonte dell’intervento dei Sindaci viene definito in modo coerente con quel diritto amministrativo punitivo prefigurato dalle scelte legislative del 2008. Nascono delle nuove figure di DASPO con finalità particolari, quali la tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, il contrasto all’incuria, al degrado del territorio e allo stazionamento che impedisce la libera accessibilità e fruizione di spazi pubblici. Il Decreto è il primo testo normativo a fornire una definizione legislativa di sicurezza urbana. Questa riecheggia quella del decreto ministeriale: viene ribadita la natura di bene pubblico della sicurezza urbana e vengono indicati i possibili ambiti di intervento del Sindaco. In particolare, all’art. 4 si stabilisce che ‹‹si intende per sicurezza urbana il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale e culturale, e recupero delle aree o dei siti degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, la promozione della cultura del rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile, cui concorrono prioritariamente, anche con interventi integrati, lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nel rispetto delle rispettive competenze e funzioni.›› La mancanza di una definizione di città ci impone di riferire la “la vivibilità e il decoro delle città” ai territori e agli aggregati urbani dei comuni. 180 Nella relazione di accompagnamento al D.L., il Ministro Minniti ha descritto la sicurezza come un ‹‹nuovo bene pubblico volto a favorire l’inveramento dei diritti››; 179

A seguito delle riforme elettorali, costituzionali e amministrative attuate a partire dagli anni Novanta il capo dell’amministrazione municipale è progressivamente assurto agli occhi della popolazione al rango di un interlocutore privilegiato a cui rivolgersi per manifestare bisogni, istanze, paure in tema di sicurezza. Così C. RUGA RIVA, R. CORNELLI, A. SQUAZZONI, P. RONDINI, B. BISCOTTI, La sicurezza urbana e i suoi custodi (il Sindaco, il Questore e il Prefetto). Un contributo interdisciplinare sul c.d. decreto Minniti, cit. 180 Il D.L 14/2017 richiama genericamente gli enti locali ma nell’enuclearne i compiti si limita a specificare i poteri e le funzioni spettanti ai Sindaci e ai comuni.

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la normativa è inoltre concepita come strumento volto a rassicurare i cittadini sull’impegno dello Stato, nelle sue varie articolazioni anche territoriali, a migliorare la loro percezione della sicurezza delle città. Sembra però in questo modo che sia stata effettuata una rigida selezione dei diritti da tutelare; in particolare, sembra che una cittadinanza ristretta, che necessita di rassicurazioni sul mantenimento dei propri agi nel vivere quotidiano, sia stata elevata al ruolo di comunità legittima a cui vanno garantite risposte pronte. 181 Dall’analisi della normativa emerge come convergano sia un’idea di sicurezza primaria, riconducibile alla sicurezza pubblica, alla prevenzione e repressione dei reati, sia un’idea di sicurezza secondaria, volta alla “prevenzione situazionale” di situazioni di degrado e di promozione di fattori di coesione sociale e di rigenerazione urbana. Il legislatore statale dunque propugna una lettura ampia della sicurezza urbana, non più strettamente riconducibile alla materia statale dell’ordine pubblico e della sicurezza, non più riconducibile tout court nell’alveo della sicurezza pubblica, ma strettamente legata con essa. Il T.A.R. Toscana 182 ha provato a fornire indicazioni su cosa debba intendersi, attualmente, per sicurezza urbana: ‹‹non è possibile delineare una netta distinzione […] tra ordine pubblico da un lato e sicurezza urbana dall’altro poiché il mantenimento del primo è presupposto del secondo: in assenza di ordine pubblico non può certo darsi alcuna sicurezza urbana.››

181

Così C. RUGA RIVA, R. CORNELLI, A. SQUAZZONI, P. RONDINI, B. BISCOTTI, La sicurezza urbana e i suoi custodi (il Sindaco, il Questore e il Prefetto). Un contributo interdisciplinare sul c.d. decreto Minniti, cit. 182 T.A.R. Toscana, sez. II, sent. 4/6/2019, come riportato in C. CARMASSI, Esigenze di sicurezza e garanzie di libertà nella disciplina del DASPO urbano, in diritto.it, 18 novembre 2019.

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III.

DIMENSIONE INTEGRATA DELLA SICUREZZA URBANA

Il Decreto Minniti affianca alla sicurezza urbana una dimensione integrata di sicurezza, la cui realizzazione è frutto del concorso dei diversi livelli di Governo e di amministrazione, finalizzata al generico perseguimento del benessere delle comunità territoriali attraverso la posposizione del momento repressivo a quello preventivo di lotta al disagio sociale. Il concetto di “integrazione” delle politiche di sicurezza viene elaborato in Italia nell’ambito del progetto Città Sicure promosso dalla Regione Emilia-Romagna 183 agli albori del dibattito pubblico sulla sicurezza urbana, circa a metà degli anni Novanta: in tale occasione viene proposta una nuova politica di prevenzione integrata a livello cittadino, nell’intenzione di coniugare interventi urbanistici, di animazione sociale e di controllo, ridefinendo il ruolo dell’ente locale nei rapporti con lo Stato. L’integrazione di tipo verticale: sicurezza urbana e sussisidiarietà verticale La normativa introdotta nel 2017 persegue l’obbiettivo della sicurezza urbana in primis attraverso un modello di sicurezza integrata di tipo verticale: Stato, Regioni, Province autonome ed enti locali, nonché altri soggetti istituzionali, sono chiamati, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all’attuazione di un sistema unitario. Con “sicurezza integrata” s’intende definire una funzione complessa, quella di coordinamento, indicandone gli elementi fondamentali e proponendo un prototipo di governance per una politica pubblica nel solco di quanto prescritto dalla Costituzione, all’art. 118, in attuazione del principio di sussidiarietà. Dietro la nozione vi è la questione del riparto di competenze tra livelli istituzionali diversi, pertanto non è forse corretto guardare ad essa come ad una nuova materia ma

183

Per una ricostruzione si veda V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, cit., pagg. 89 ss.

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occorre intenderla come un crocevia di competenze e funzioni. 184 Per agevolare la piena realizzazione della sussidiarietà verticale sono previsti dal D.L. 14 del 2017 molteplici strumenti di coordinamento: accordi per la promozione della sicurezza integrata, sia a livello nazionale (art. 2), sia a livello locale (art. 3); patti per la sicurezza urbana sottoscritti da Prefetto e Sindaco (art. 5); comitato metropolitano (art. 6). L’architettura istituzionale che sottende la nozione di sicurezza integrata appare di tipo verticale, sia pure temperata dalla necessità di un accordo tra i soggetti istituzionali coinvolti: il Ministro dell’Interno conserva la prerogativa di proporre le linee fondamentali, i contenuti e i limiti della cooperazione istituzionale. 185 Recita infatti l’art. 2, rubricato ‹‹linee generali per la promozione della sicurezza integrata››, che, ‹‹ferme restando le competenze esclusive dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, le linee generali delle politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata sono adottate su proposta del Ministro dell’Interno, con accordo sancito in sede di Conferenza Unificata 186 e sono rivolte, prioritariamente, a coordinare, per lo svolgimento di attività di interesse comune, l’esercizio delle 184

Testualmente E. TATI’, Una nuova epoca per la sicurezza urbana? Verso la tipizzazione dei patti tra Sindaco e Prefetto e delle ordinanze contingibili e urgenti, in diritto-amministrativo.org: ‹‹per essa si può allora immaginare visivamente un diagramma ad albero i cui nodi sono rappresentati dai diversi attori istituzionali: gli enti locali, primo fra tutti il Comune ma anche la Provincia, la Regione, il Ministero degli Interni, la Questura, la Prefettura, le varie forze di polizia, tra cui l’Arma dei carabinieri e la Polizia municipale e locale, il Terzo settore e i cittadini, organizzati e non organizzati in associazioni o gruppi sociali; rientrerebbero nello schema degli attori, anche se in modo più marginale, le ASL e le Università.›› 185 Secondo C. RUGA RIVA, R. CORNELLI, A. SQUAZZONI, P. RONDINI, B. BISCOTTI, La sicurezza urbana e i suoi custodi (il Sindaco, il Questore e il Prefetto). Un contributo interdisciplinare sul c.d. decreto Minniti, cit., questa scelta sembra mettere fine a un ventennale dibattito che si è sviluppato fin dal primo Protocollo d’Intesa stipulato in Italia, quello tra la Prefettura e il Comune di Modena del 9 febbraio 1998, avente ad oggetto la sperimentazione di nuove modalità di relazione finalizzate alla realizzazione di iniziative coordinate per un Governo complessivo della sicurezza della città. In tale Protocollo d’Intesa si definiva una ripartizione chiara di competenze (allo Stato contrasto della criminalità, ordine e sicurezza pubblica; all’Amministrazione Comunale rappresentanza delle istanze di sicurezza degli uomini e delle donne, italiani e stranieri, che vivono sul territorio e iniziative di prevenzione sociale e per la vivibilità e qualificazione dei luoghi di vita che possono concorrere a rendere più difficoltoso il manifestarsi di fenomeni di disagio sociale e di comportamenti devianti) e se ne traevano obblighi di collaborazione reciproca su un piano tendenzialmente paritario. 186 La Conferenza Unificata è stata istituita con il decreto legislativo 28 agosto 1997 n°281 che ne definisce la composizione, i compiti e le modalità organizzative ed operative. È costituita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome e dalla Conferenza Stato-Città ed autonomie locali e si riunisce almeno due volte mese. Partecipa ai processi decisionali che coinvolgono materie di competenza dello Stato e delle Regioni, al fine di favorire la cooperazione tra l'attività statale e il sistema delle autonomie, esaminando le materie e i compiti di comune interesse, svolgendo anche funzioni consultive.

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competenze dei soggetti istituzionali coinvolti, anche con riferimento alla collaborazione tra le forze di polizia e la polizia locale›› in determinati settori di intervento 187. Le linee generali devono tener conto della necessità di migliorare la qualità della vita e del territorio e favorire l’inclusione sociale e la riqualificazione socio-culturale delle aree interessate. 188 In attuazione delle linee generali, lo Stato, le Regioni e le Province autonome possono concludere accordi per la promozione della sicurezza integrata. 189 Lo strumento dei ‹‹patti per l’attuazione della sicurezza urbana›› 190 è previsto dall’art.5 del D.L. (testualmente rubricato), in base al quale, ‹‹in coerenza con le linee generali di cui all’art.2, con appositi patti sottoscritti tra il Prefetto e il Sindaco, nel rispetto delle linee guida adottate, su proposta del Ministro dell’Interno, con accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, possono essere individuati interventi per la sicurezza urbana, tenuto conto anche delle esigenze delle aree rurali confinanti con il territorio urbano.›› Il comma 2 di tale articolo prevede che i patti debbano perseguire prioritariamente gli obiettivi di ‹‹prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria››, anche coinvolgendo, mediante appositi accordi, le reti territoriali di volontari per la tutela la salvaguardia dell’arredo urbano, delle aree verdi e dei parchi cittadini e favorendo l’impiego delle forze di polizia per far fronte ad esigenze straordinarie di controllo del territorio, anche attraverso l’installazione di sistemi di videosorveglianza. 191 I patti devono anche perseguire gli obiettivi della ‹‹promozione e tutela della legalità, anche mediante mirate iniziative di dissuasione di ogni forma di condotta illecita›› 192 ; l’obiettivo della ‹‹promozione del rispetto del decoro urbano, anche valorizzando forme di collaborazione interistituzionale tra le amministrazioni competenti, finalizzate a coadiuvare l’ente locale nell’individuazione di aree urbane da sottoporre

187

Scambio informativo, interconnessione delle sale operative e regolamentazione dell’utilizzo in comune di sistemi di sicurezza tecnologica, aggiornamento professionale integrato 188 Art. 2 comma 1-bis. 189 Art. 3, ‹‹strumenti di competenza dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano››. 190 La possibilità di ricorrere a strumenti negoziali trova un primo fondamento nella legge 23 dicembre 1996 n° 662, art. 2, commi 203 ss. In tale legge se è prevista la possibilità di stipulare accordi al fine di regolare gli interventi riguardanti una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicanti decisioni istituzionali complesse. Nonostante i tentativi di introdurre una disciplina generale ed uniforme, il ricorso a strumenti negoziali in materia di sicurezza ha alimentato un fenomeno variegato: si va dai “protocolli d’intesa” ai “contratti per la sicurezza” stipulati sia tra Prefetti e rappresentanti delle comunità locali, sia tra Stato e Regioni. Per un’analisi completa dell’evoluzione in materia si veda V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, cit. pagg. 105 ss. 191 Art. 5, comma 2, lett. a) 192 Art. 5, comma 2, lett. b)

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a particolare tutela ai sensi dell’art. 9 comma 3.›› 193 Altro obiettivo assegnato ai patti è quello della ‹‹promozione dell’inclusione, della protezione e della solidarietà sociale, mediante azioni e progetti per l’eliminazione di fattori di marginalità, anche valorizzando la collaborazione con enti o associazioni operanti nel privato sociale.›› 194 I patti devono essere sottoscritti anche tenendo conto di eventuali indicazioni o osservazioni acquisite da associazioni di categoria comparativamente più rappresentative. 195 Ulteriore strumento di integrazione verticale previsto dal D.L. è il Comitato Metropolitano, disciplinato dall’art. 6. ‹‹Ferme restando le competenze del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica 196 , per l’analisi, la valutazione e il confronto sulle tematiche di sicurezza urbana relative al territorio della Città Metropolitana, è istituito un Comitato Metropolitano, copresieduto dal Prefetto e dal Sindaco Metropolitano, cui partecipano, oltre al Sindaco del comune capoluogo, qualora non coincida con il Sindaco Metropolitano, i Sindaci dei comuni interessati. Possono essere altresì invitati a partecipare anche soggetti pubblici o privati dell’ambito territoriale interessato.›› L’integrazione di tipo orizzontale: il ruolo del privato nella sicurezza urbana Al sistema integrato di tipo verticale è stato affiancato, solo in sede di conversione in legge del Decreto, un più modesto approccio di tipo orizzontale. A tal proposito, l’art. 5, comma 2 lett. a) prevede il coinvolgimento di volontari per la tutela e la salvaguardia dell’arredo urbano, delle aree verdi e dei parchi cittadini nella prevenzione della criminalità. Inoltre, l’art. 5, comma 2 lett. c-bis) prevede il coinvolgimento di enti e associazioni operanti nel privato sociale ai fini della promozione dell’inclusione, della protezione e della solidarietà sociale. Il coinvolgimento dei privati nel sistema della sicurezza dà luogo a forme di cui manca una definizione condivisa 197 ma che possono essere raccolte nella nozione di sicurezza secondaria: si tratta infatti di attività che, non riferendosi alla tutela di interessi pubblici primari 198 , non implicano l’esercizio di pubbliche funzioni e di

193

Art. 5, comma 2, lett. c) Art. 5, comma 2, lett. c-bis) 195 Art. 5, comma 2-bis. 196 Organo ausiliario di consulenza del Prefetto; disciplinato dall’art. 20 legge 1 aprile 1981 n°121; vedi Capitolo II. 197 Si parla al riguardo di sicurezza “complementare” o “integrativa” o “sussidiaria” o “privata”. Si veda V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, cit., pagg. 293 ss. 198 Così come definiti dalla Corte Costituzionale, sent. 290/2001, cit.,: quegli interessi essenziali al mantenimento di un’ordinata convivenza civile. 194

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speciali poteri autoritativi o coercitivi e che possono, per tale ragione, essere, a certe condizioni, affidate a privati.

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IV.

IL RUOLO DI SINDACO QUALE GARANTE

La sicurezza urbana è considerabile un bene-scopo che lo Stato mira a proteggere attraverso interventi di varia natura, un obiettivo politico di benessere delle comunità territoriali. 199 La normativa in esame menziona i beni della vivibilità e del decoro urbano tra le finalità cui è volta, ma il legislatore si limita ad esplicitare le sole attività e funzioni in cui possono concretizzarsi. Secondo una possibile ricostruzione 200, la sicurezza urbana raccoglie un fascio di funzioni comunali (e non solo) già considerate fondamentali dal legislatore: non si risolverebbe quindi in un’unica funzione fondamentale dell’amministrazione comunale. Tale lettura risulta coerente con l’idea del D.L. 14/2017 nel quale la sicurezza urbana è considerata il risultato da raggiungere grazie al concorso dei diversi livelli di governo e di amministrazione. Le funzioni in questione si concretizzano principalmente nel potere di ordinanza sindacale, artt. 50 e 54 TUEL, così come rimodulato dal D.L., nell’ottica di un’idea che vede una sicurezza primaria affiancata da una sicurezza secondaria. In particolare, in sede di conversione del D.L. n. 14/2017 i poteri di ordinanza del Sindaco quale rappresentante della comunità locale sono stati principalmente finalizzati a superare situazioni di grave degrado dell’ambiente, finalità che sono più prossime ad un concetto minore o secondario di sicurezza urbana. Quelle che tradizionalmente rientrerebbero tra le finalità di tutela della sicurezza urbana c.d. primaria sono invece state attribuite al Sindaco quale rappresentante di Governo, terminale del potere statale. All’art. 54 TUEL, rubricato “Attribuzioni del Sindaco nelle funzioni di competenza statale” si prevede, al comma 4, che il Sindaco, quale ufficiale del Governo, può adottare, con atto motivato, provvedimenti contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e

199 Testualmente C. RUGA RIVA, R. CORNELLI, A. SQUAZZONI, P. RONDINI, B. BISCOTTI, La sicurezza urbana e i suoi custodi (il Sindaco, il Questore e il Prefetto). Un contributo interdisciplinare sul c.d. decreto Minniti, cit. 200 V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, cit., pagg. 172-173; Effettua un’altra ricostruzione A. PAJNO, La “sicurezza urbana” tra poteri impliciti e inflazione normativa, in A. PAJNO (a cura di), La sicurezza urbana, cit., pag.39: egli intende la sicurezza urbana come la prestazione pubblica alla quale corrisponde il diritto del cittadino al godimento specifico della città.

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la sicurezza urbana. 201 Tali provvedimenti sono preventivamente comunicati al Prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti necessari alla loro attuazione. I provvedimenti concernenti l'incolumità pubblica sono diretti a tutelare l'integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità. 202 Qualora i provvedimenti adottati dai Sindaci comportino conseguenze sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il Prefetto indice un'apposita conferenza alla quale prendono parte i Sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato dall'intervento. 203 In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il Sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio. 204 Al fine di assicurare l'attuazione dei provvedimenti adottati dai Sindaci, il Prefetto può disporre le misure adeguate per assicurare il concorso delle Forze di polizia e può disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonché per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale. 205 Nel caso di inerzia del Sindaco, il Prefetto può intervenire con proprio provvedimento; 206 il Ministro dell'Interno può adottare atti di indirizzo per l'esercizio delle funzioni sindacali. 207

201

‹‹Se l'ordinanza è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il Sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui siano incorsi.›› Art. 54, Comma 7, TUEL. 202 Tali fenomeni sono elencati dal comma 4-bis: ‹‹lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti.›› 203 Art. 54, comma 5 TUEL 204 Art. 54, comma 6 TUEL 205 Art. 54, comma 9 TUEL 206 Art. 54, comma 11 TUEL 207 Art. 54, comma 12 TUEL

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Nell’art 50 TUEL troviamo ulteriori poteri sindacali straordinari, questa volta esercitabili nelle vesti di rappresentante della comunità locale. 208 In particolare, al comma 5, si prevede che nel caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal Sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. 209 In questi ultimi casi, in base al comma 7-ter, i comuni possono dotarsi di appositi regolamenti prospettando così una via ordinaria per la regolazione di fenomeni riconducibili alla nozione sicurezza urbana. Quelli appena descritti sono poteri atipici e residuali, esercitabili nei soli casi di contingibilità ed urgenza, per evitare di configurare uno sviamento di potere. L’urgenza deve consistere nella materiale impossibilità di differire l’intervento a causa della previsione di un danno a breve distanza di tempo. Ne consegue la necessaria natura provvisoria dell’intervento, intesa nel senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata. 210

208

Art. 50, Comma 1 TUEL: ‹‹Il Sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia.›› Comma 2: ‹‹Il Sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti.›› Comma 3: ‹‹Salvo quanto previsto dall'articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia.›› 209 Art. 50, comma 6 TUEL:‹‹In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni Sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma.›› Comma 7: ‹‹Il Sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.›› 210 ‹‹Non si ammette che l’ordinanza venga emanata per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti ovvero per regolare stabilmente una situazione od assetto di interessi permanenti.›› Così T.A.R. Campania sez. V, 29 dicembre 2010 n°28169.

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In particolare, l’urgenza deve avere un carattere esclusivamente locale. 211 Essendosi configurati casi in cui le ordinanze di necessità e urgenza hanno prodotto effetti non provvisori, il giudice amministrativo ha affermato che ‹‹non sia la provvisiorietà a connotarle ma la necessaria idoneità delle misure imposte ad eliminare la situazione di pericolo che ne giustifica l’adozione, e che, in definitiva, tali misure possono essere tanto definitive quanto provvisorie a seconda del tipo di rischio che si intende fronteggiare››. 212 È inoltre necessaria la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo 213 o di danno grave ed imminente per l’interesse pubblico tutelato. Si tratta del presupposto indicato tradizionalmente come “necessità”, intesa come la situazione di fatto che rende indispensabile derogare agli ordinari mezzi offerti dalla legislazione, tenuto conto delle serie probabilità di pericolo nei confronti dello specifico interesse pubblico da salvaguardare. 214 Dall’analisi dei presupposti, emerge come la temporaneità e la provvisorietà siano caratteristiche imprescindibili dei provvedimenti sopra indicati; tali caratteristiche costituiscono il limite interno del principio di proporzionalità, il quale deve essere rispettato per contemperare le esigenze di tutela della sicurezza urbana con il rispetto dei diritti individuali. La difficoltà e l’impossibilità di prevedere e disciplinare anticipatamente situazioni particolari, dovute anche all’uso da parte del legislatore di locuzioni generiche poste come finalità della sicurezza urbana, legittimano l’attribuzione al soggetto pubblico di ampi spazi di discrezionalità e impongono un sacrificio alla dimensione “sostanziale” del principio di legalità, deroga ammessa nei limiti del carattere circoscritto e provvisorio delle situazioni. 215 Accanto al potere straordinario, oggi troviamo attribuito al Sindaco anche un potere ordinario di ordinanza, da esercitare nelle vesti di rappresentante della comunità locale.

211

T.A.R. Lazio 5 maggio 2009 n°4583: ‹‹il Sindaco deve partire dalla situazione concreta della sua città e deve dare risposta adeguata alle istanze dei cittadini, ove siano giudicate meritevoli di tutela, ma deve agire nel rispetto del principio di legalità utilizzando gli adeguati strumenti che la legge mette a disposizione; lo strumento dell’ordinanza può essere utilizzato per arginare problemi di degrado e di ordine e decoro pubblico ma deve limitarsi a risolvere tali situazioni specifiche e contingenti senza travalicare i suoi limiti.›› 212 Così T.A.R. Campania sez. V 29 dicembre 2010 n°28169; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 6 giugno 2013, n°643. 213 Per situazione di pericolo si intende la ‹‹ragionevole probabilità che accada un evento nel caso in cui l’amministrazione non intervenga prontamente›› T.A.R. Abruzzo, sez. I, 15 marzo 2011 n°134. 214 Così T.A.R. Puglia, Bari, sez. III 13 settembre 2011 n°1318. 215 ‹‹Davanti ad una situazione di pericolo solo potenziale e territorialmente del tutto delimitato, l’amministrazione, prima di adottare il provvedimento, dovrebbe compiere ogni accertamento volto a fissare, a cristallizzare la gravità e la contingenza del pericolo stesso.›› Cons. Stato, 13 giugno 2012 n°3490

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Così infatti dispone l’art. 50, comma 7-bis TUEL: ‹‹il Sindaco, al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti nonché dell'ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle città interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, o in altre aree comunque interessate da fenomeni di aggregazione notturna, nel rispetto dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, può disporre, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, con ordinanza non contingibile e urgente, limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, nonché limitazioni degli orari di vendita degli esercizi del settore alimentare o misto, e delle attività artigianali di produzione e vendita di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato e di erogazione di alimenti e bevande attraverso distributori automatici.›› 216 Si tratta di un potere sostanzialmente normativo seppur circoscritto nel tempo. Le garanzie da rispettare riguardano le garanzie di comunicazione di avvio del procedimento, ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento. 217

216

Art. 50, comma 7-bis. 1 TUEL: ‹‹L'inosservanza delle ordinanze emanate dal Sindaco ai sensi del comma 7-bis è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 500 euro a 5.000 euro. Qualora la stessa violazione sia stata commessa per due volte in un anno, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, anche se il responsabile ha proceduto al pagamento della sanzione in misura ridotta, ai sensi dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689››. 217 Articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, “Comunicazione di avvio del procedimento”.

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V.

DASPO URBANI

I soggetti istituzionalmente preposti alla promozione della sicurezza urbana sono essenzialmente tre: il Sindaco, il Questore e, in misura minore, il Prefetto. Il Sindaco e il Questore acquisiscono con la nuova normativa il potere di emanare provvedimenti fortemente limitativi di libertà personali, rispetto a condotte “disturbanti” il decoro o la vivibilità che per la dottrina prevalente hanno contorni assai vaghi e che i Sindaci selezionano in modo disomogeneo sul territorio nazionale, con ovvie tensioni sul principio di uguaglianza, a seconda di concezioni largamente soggettive del benessere delle comunità da loro amministrate 218. In particolare, dall’art. 9 del D.L. 14/2017, viene affidata al Sindaco la tutela del decoro di particolari luoghi, delle ‹‹aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aereoportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano e delle relative pertinenze››, rispetto a condotte ‹‹che impediscono l’accessibilità e la fruizione delle predette infrastrutture, in violazione dei divieti di stazionamento e di occupazione di spazi ivi previsti.›› La tutela della sicurezza urbana si articola attraverso la previa identificazione di aree sensibili interdette allo stazionamento mediante regolamenti di polizia urbana, senza la quale non potrebbe essere elevata la sanzione amministrativa collegata alla violazione di tale divieto (art. 9 comma 3) 219. Il Sindaco è l’Autorità competente ad irrogare la sanzione pecuniaria (art. 9 comma 4), che va da 100 a 300 euro, cui si accompagna l’ordine di allontanamento dalle aree predette; ad impartire l’ordine di allontanamento è l’organo accertatore (art. 10 comma 1) identificato tramite rinvio all’art. 13 della l. 24 novembre 1981, n. 689, ovvero sia l’agente sia l’ufficiale di polizia. L’efficacia di

218

In tal senso sia V. ANTONELLI, La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione, cit., sia C. RUGA RIVA, R. CORNELLI, A. SQUAZZONI, P. RONDINI, B. BISCOTTI, La sicurezza urbana e i suoi custodi (il Sindaco, il Questore e il Prefetto). Un contributo interdisciplinare sul c.d. decreto Minniti, cit. 219 Art. 9 comma 3 D.L. 14/2017: ‹‹i regolamenti di polizia urbana possono individuare aree urbane su cui insistono scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico, alle quali si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo.››

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tale ordine, che deve essere motivato 220, cessa trascorse 48 ore dall’accertamento del fatto e in caso di violazione è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria. Il comma 2 dell’art. 9 estende il medesimo trattamento sanzionatorio amministrativo a coloro che, nelle aree interdette allo stazionamento, pongano in essere alcune condotte penalmente rilevanti e, in particolare, quelle di cui all’art. 688 c.p. (ubriachezza), all’art. 726 c.p. (atti contrari alla pubblica decenza e turpiloquio), all’art. 29 del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (commercio abusivo), all’art. 7, comma 15-bis del nuovo codice della strada (attività di parcheggiatore abusivo). Nei casi di reiterazione delle condotte di trasgressione ai divieti di stazionamento e occupazione, il Questore, ‹‹qualora dalla condotta tenuta possa derivare pericolo per la sicurezza›› (art. 10, co. 2) può disporre il divieto di accesso ai luoghi tutelati per un periodo non superiore a sei mesi. Nel caso più grave di reiterazione della trasgressione al divieto commessa da ‹‹soggetto condannato con sentenza definitiva o confermata in grado di appello nel corso degli ultimi cinque anni per reati contro la persona o il patrimonio››, è prevista dall’art. 10 comma 3 l’irrogazione, da parte del Questore, di un provvedimento di divieto di accesso da 6 mesi a 2 anni: tale provvedimento viene assoggettato dal comma 4 dell’art. 10 alle disposizioni di cui all’art. 6, commi 2-bis, 3 e 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (c.d. DASPO sportivo), tra cui alla convalida dell’Autorità Giudiziaria. Da qui la generica denominazione “DASPO urbano” assegnata all’intera nuova normativa. Poteri interdittivi di allontanamento per la durata da uno a cinque anni sono attribuiti al Questore dall’art.13, “per ragioni di sicurezza” nel caso di spaccio di sostanze stupefacenti, all’interno o in prossimità di locali pubblici, aperti al pubblico o di pubblici esercizi, scuole, università e altri luoghi ritenuti sensibili, da parte di persone condannate negli ultimi tre anni con sentenza definitiva o confermata in grado di appello per il reato di cui all’art. 73 del c.d. Testo Unico Stupefacenti. 221 Nel caso di soggetti già condannati, il Questore può adottare ulteriori misure, quali l’obbligo di firma, il divieto di allontanamento dal comune, l’obbligo di rientrare nella propria abitazione entro una certa ora; nel caso di violazione il Prefetto, salva l’ipotesi che il fatto costituisca reato, irroga la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 40.000 euro e la sospensione della patente da sei mesi ad un anno. La disciplina introdotta con il D.L. 14/2017 è stata recentemente modificata dal D.L n° 113 del 4 Ottobre 2018, (Decreto Salvini), convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 220 C. CARMASSI, Esigenze di sicurezza e garanzie di libertà nella disciplina del DASPO urbano, cit.: ‹‹Le motivazioni devono risolversi nell’aver impedito l’accesso alle aree interdette allo stazionamento ma in che modo questo impedimento metta a rischio la sicurezza urbana non è chiaro: sembra che la norma tenda piuttosto a tutelare il decoro urbano piuttosto che la sicurezza.›› 221 D.P.R. n. 309/1990. L’art. 73 è rubricato ‹‹Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.››

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132, denominato ‹‹Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.›› In particolare, l’art. 21 del D.L. 113/2018 è intervenuto in relazione all’ordine di allontanamento ed al “DASPO urbano”, ampliandone l’ambito di applicazione: all’articolo 9, comma 3, del D.L. 14/2017 sono apportate modificazioni volte ad aumentare le aree sensibili, in particolare aggiungendo le “aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli” e i “presidi sanitari”. L’introduzione di tali strumenti amministrativi finalizzati alla tutela della sicurezza urbana attribuisce agli enti territoriali funzioni di ordine o di polizia che assumono la veste di veri e propri poteri inibitori e sanzionatori. Si prefigura così un controllo sociale affidato soprattutto all’imposizione di obblighi e divieti da parte delle amministrazioni locali attraverso provvedimenti amministrativi tanto straordinari quanto ordinari. Ciò rende incerto il confine tra le funzioni di polizia amministrativa in senso stretto e le funzioni di polizia di sicurezza. Riemerge un volto autoritativo e punitivo del diritto amministrativo. Se il ricorso agli strumenti legislativi locali e alle sanzioni amministrative è giustificato dall’incapacità delle misure penali statali di ridurre o contenere i fenomeni criminali, lo stesso finisce per alimentare una nuova modalità di criminalizzazione: la violazione dei più rilevanti provvedimenti amministrativi in materia di sicurezza delle città (ordinanze sindacali, ordini di allontanamento e divieti di accesso) può essere punita con una sanzione penale: si tratta di un fenomeno che può essere definito come una “criminalizzazione di ritorno”. 222 Tale disciplina è prevista dall’art. 650 c.p., rubricato ‹‹Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità››, in cui si sancisce che ‹‹Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a duecentosei euro.›› L’art. 650 c.p. è però applicabile alle sole violazioni delle ordinanze contingibili e urgenti a contenuto provvedimentale, dirette a destinatari determinati o determinabili, che non siano già autonomamente sanzionate. In particolare, non si applica in caso di violazione di provvedimenti generali e astratti, a contenuto normativo, tipologia nella quale rientrano ad es. le ordinanze previste dall’art. 50, comma 7, ultimo periodo D.Lgs. n° 267/2000. 223 Tale 222

Così C. RUGA RIVA, R. CORNELLI, A. SQUAZZONI, P. RONDINI, B. BISCOTTI, La sicurezza urbana e i suoi custodi (il Sindaco, il Questore e il Prefetto). Un contributo interdisciplinare sul c.d. decreto Minniti, cit. 223 Così C. RUGA RIVA, Il D.L. in materia di sicurezza delle città: verso una repressione urbi et orbi? in Diritto Penale Contemporaneo, 3/2017

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articolo si applica quindi solo nei casi di violazione di provvedimenti a tutela della c.d. sicurezza primaria, in tutti quei casi in cui la sicurezza urbana venga ritenuta una specificazione della sicurezza pubblica o dell’ordine pubblico.

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VI.

PREVENZIONE PERSONALI E GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CEDU

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha più volte riconosciuto la compatibilità delle misure di prevenzione personali con la CEDU distinguendo inoltre le stesse in misure privative e limitative della libertà personale. 224 È la concreta situazione sottoposta all’esame della Corte che deve essere valutata per definire l’inquadramento di una misura in una o nell’altra categoria, non la qualificazione giuridica adottata dall’ordinamento nazionale. Per misure privative si intendono quelle soggette alle rigorose condizioni di applicabilità previste dall’art. 5 CEDU. Tale articolo al paragrafo 1, dalla lett.a) alla lett. f), enumera sei possibili ragioni che possono fondare la legittima privazione della libertà personale di un individuo 225. Misure limitative si considerano quelle previste dall’art. 2 del IV Protocollo Addizionale, il quale tutela la libertà di circolazione attraverso una protezione condizionata, consentendo alle Autorità statali di porre in essere talune restrizioni purché siano previste dalla legge, proporzionate e necessarie ad assicurare la tutela degli interessi elencati nello stesso arti-

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Per una ricostruzione si veda F. MENDITTO Lo Statuto convenzionale e costituzionale delle misure di prevenzione, personali e patrimoniali. Gli effetti della sentenza della Corte costituzionale 27 gennaio 2019, n° 24, in Giurisprudenza Penale web, 10/2019. 225 Art. 5, par. 1 CEDU: ‹‹Diritto alla libertà e alla sicurezza››: ‹‹Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà salvo che nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge: a) se è detenuto regolarmente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente; b) se è in regolare stato di arresto o di detenzione per violazione di un provvedimento legittimamente adottato da un tribunale ovvero per garantire l’esecuzione di un obbligo imposto dalla legge; c) se è stato arrestato o detenuto per essere tradotto dinanzi all’Autorità Giudiziaria competente quando vi sono ragioni plausibili per sospettare che egli abbia commesso un reato o ci sono motivi fondati per ritenere necessario di impedirgli di commettere un reato o di fuggire dopo averlo commesso; d) se si tratta della detenzione regolare di un minore, decisa per sorvegliare la sua educazione, o di sua legale detenzione al fine di tradurlo dinanzi all’Autorità competente; e) se si tratta della detenzione regolare di una persona per prevenire la propagazione di una malattia contagiosa, di un alienato, di un alcoolizzato, di un tossicomane o di un vagabondo; f) se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di penetrare irregolarmente nel territorio, o contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione o d’estradizione.››

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colo al paragrafo 3: sicurezza nazionale, pubblica sicurezza, ordine pubblico, prevenzione dei reati, protezione della salute e della morale o protezione dei diritti e libertà altrui. 226 Da ultimo, con la sentenza De Tommaso nel 2017 227 viene confermata la costante giurisprudenza secondo cui la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno non comporta una violazione dell’art. 5 paragrafo 1. La Corte però sanziona l’eccessiva discrezionalità demandata ai giudici nazionali nella determinazione dei destinatari della misura, ritenendo violato, in concreto, l’art. 2 del IV Protocollo Addizionale per difetto del requisito della prevedibilità in capo alla disciplina italiana, dal momento che né la legge né la Corte Costituzionale (nonostante l’intervento operato con la sentenza n. 177/1980) hanno identificato con chiarezza «le “prove fattuali” o le specifiche tipologie di comportamento di cui si deve tener conto al fine di valutare il pericolo che la persona rappresenta per la società e che può dar luogo a misure di prevenzione.›› La Corte EDU ha espressamente escluso 228 che la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale costituisca sanzione di natura sostanzialmente punitiva, come tale soggetta ai vincoli che la Convenzione detta in relazione alla materia penale. Né la Corte Costituzionale ha mai ritenuto che le misure di prevenzione personali soggiacciano ai principi dettati, in materia di diritto e di processo penale, dagli articoli 25, secondo comma, 27, 111, terzo, quarto e quinto comma, e 112, Costituzione. La Consulta ha infatti, fin dal 1956, affermato la rispondenza a Costituzione di tali misure ragionando sul fatto che gli artt. 13 e 25, co. 3, della Costituzione richiedono che il giudizio prognostico di pericolosità, di esclusiva competenza del giudice, debba trovare il presupposto necessario nelle categorie di pericolosità previste dalla legge. La Corte, riconducendo le misure di prevenzione nell’alveo dell’art. 13 Costituzione, ne ha affermato la natura non punitiva, 226 IV Protocollo Addizionale alla CEDU, firmato a Strasburgo il 16 settembre 1963. Articolo 2, ‹‹Libertà di circolazione››: ‹‹1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di uno Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliervi liberamente la sua residenza. 2. Ognuno è libero di lasciare qualsiasi Paese, compreso il suo. 3. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono previste dalla legge e costituiscono, in una società democratica, misure necessarie alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al mantenimento dell'ordine pubblico, alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale o alla protezione dei diritti e libertà altrui. 4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in alcune zone determinate, essere oggetto di restrizioni previste dalla legge e giustificate dall'interesse pubblico in una società democratica.›› 227 Corte EDU, Grande Camera,23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia. Per un commento dettagliato si veda F. VIGANO’, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle misure di prevenzione personali, in Diritto Penale Contemporaneo 3/2017. 228 Sentenza De Tommaso, paragrafo 143.

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subordinandone la legittimità al rispetto di condizioni ancor più garantistiche di quelle richieste in sede sovranazionale: oltre all’esistenza di un’idonea base legale e alla necessaria proporzionalità della misura rispetto agli obiettivi di prevenzione dei reati, è posta la riserva di giurisdizione. La sentenza n° 24 del 27 febbraio 2019, sulla scia della giurisprudenza di Strasburgo, dichiara illegittima l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale (e di quelle patrimoniali del sequestro e della confisca) nei confronti delle persone indicate dall’art. 1, co. 1, lett. a), D.Lgs. 159/2011 che «debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dedite a traffici delittuosi», a causa della mancata rispondenza di tale locuzione al criterio della prevedibilità. Nella motivazione si sancisce che per l’applicazione delle misure di prevenzione personali, affinché possa realizzarsi uno “Statuto di garanzie”, occorre sia la verifica della riconducibilità del soggetto a una delle fattispecie di pericolosità elencate nell’art. 4 D.Lgs. 159/2011, sia che l’accertamento della pericolosità sia svolto tenendo conto delle condizioni richieste dalla Corte EDU con riferimento alla prevedibilità e alla precisione delle fattispecie normative che individuano i destinatari. La Corte Costituzionale a tal ragione riprende i tentativi della Corte di Cassazione finalizzati ad interpretazioni convenzionalmente orientate (c.d. tassativizzanti)

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delle locuzioni generiche utilizzate nella disciplina delle misure di prevenzione 229, sulla base del fato che, mentre nella materia penale l’interpretazione giurisprudenziale non può colmare l’eventuale originaria carenza di precisione del precetto penale (poiché nessuna interpretazione può sostituirsi integralmente alla legge), quando si è al di fuori della materia penale «non può del tutto escludersi che l’esigenza di predeterminazione delle condizioni in presenza delle quali può legittimamente limitarsi un diritto

229

Testualmente C. Cost. 24/2019, Paragrafo 11.4: ‹‹ L’aggettivo «delittuoso», che compare sia nella lettera a) che nella lettera b) della disposizione, viene letto nel senso che l’attività del proposto debba caratterizzarsi in termini di “delitto” e non di un qualsiasi illecito (Corte di cassazione, sezione prima, sentenza 19 aprile 2018-3 ottobre 2018, n. 43826; sezione seconda, sentenza 23 marzo 2012-3 maggio 2012, n. 16348), sì da escludere, ad esempio, che «il mero status di evasore fiscale» sia sufficiente a fondare la misura, ben potendo l’evasione tributaria consistere anche in meri illeciti amministrativi (Corte di cassazione, sezione quinta, sentenza 6 dicembre 2016-9 febbraio 2017, n. 6067; sezione sesta, sentenza 21 settembre 2017-21 novembre 2017, n. 53003). L’avverbio «abitualmente», che pure compare sia nella lettera a) che nella lettera b) della disposizione, viene letto nel senso di richiedere una «realizzazione di attività delittuose [...] non episodica, ma almeno caratterizzante un significativo intervallo temporale della vita del proposto» (Cass., n. 31209 del 2015), in modo che si possa «attribuire al soggetto proposto una pluralità di condotte passate» (Corte di cassazione, sezione prima, sentenza 15 giugno 2017-9 gennaio 2018, n. 349), talora richiedendosi che esse connotino «in modo significativo lo stile di vita del soggetto, che quindi si deve caratterizzare quale individuo che abbia consapevolmente scelto il crimine come pratica comune di vita per periodi adeguati o comunque significativi» (Corte di cassazione, sezione seconda, sentenza 19 gennaio 2018-15 marzo 2018, n. 11846). Il termine «traffici» delittuosi, di cui alla lettera a) del medesimo articolo, è stato in un caso definito come «qualsiasi attività delittuosa che comporti illeciti arricchimenti, anche senza ricorso a mezzi negoziali o fraudolenti […]», risultandovi così comprese anche attività «che si caratterizzano per la spoliazione, l’approfittamento o l’alterazione di un meccanismo negoziale o dei rapporti economici, sociali o civili» (Cass., n. 11846 del 2018). In altra pronuncia, il termine è stato invece inteso come «commercio illecito di beni tanto materiali (in via meramente esemplificativa: di stupefacenti, di armi, di materiale pedopornografico, di denaro contraffatto, di beni con marchi o segni distintivi contraffatti, di documenti contraffatti impiegabili a fini fiscali, di proventi di delitti in tutte le ipotesi di riciclaggio) quanto immateriali (di influenze illecite, di notizie riservate, di dati protetti dalla disciplina in tema di privacy, etc.), o addirittura concernente esseri viventi (umani, con riferimento ai delitti di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), o di cui all’art. 600 cod. pen. e segg., ed animali, con riferimento alla normativa di tutela di particolari specie), nonché a condotte lato sensu negoziali ed intrinsecamente illecite (usura, corruzione), ma comunque evitando che essa si confonda con la mera nozione di delitto [...] da cui sia derivato una qualche forma di provento» (Cass., n. 53003 del 2017). Il riferimento ai «proventi» di attività delittuose, di cui alla lettera b) della disposizione censurata, viene poi interpretato nel senso di richiedere la «realizzazione di attività delittuose che [...] siano produttive di reddito illecito» e dalle quale sia scaturita un’effettiva derivazione di profitti illeciti (Cass., n. 31209 del 2015).››

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costituzionalmente e convenzionalmente protetto possa essere soddisfatta anche sulla base dell’interpretazione, fornita da una giurisprudenza costante e uniforme, di disposizioni legislative pure caratterizzate dall’uso di clausole generali, o comunque da formule connotate in origine da un certo grado di imprecisione.

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VII.

PRINCIPI SOVRANAZIONALI E COSTITUZIONALI

Dalla ricostruzione normativa emerge come le misure adottate dal Sindaco a tutela della sicurezza urbana possano essere qualificate come misure preventive, seppur atipiche per vari motivi: per la loro collocazione al di fuori del Codice antimafia, per il particolare tipo di sicurezza che intendono tutelare in via preventiva - la sicurezza urbana - e infine a causa della marcata discrezionalità alla base della loro irrogazione. In particolare, mentre non sembrano esserci dubbi circa la natura di misura di prevenzione da attribuire al divieto di accesso disciplinato all’art. 10 del D.L. 20 febbraio 2017, n°14, qualche perplessità in più sorge in relazione all’ordine di allontanamento disciplinato dall’art. 9. Questa misura, dal contenuto prettamente cautelare, non prevede che il soggetto sia valutato come socialmente pericoloso e non è sottoposta a convalida. Poiché l’ordine non può estendersi oltre le 48 ore, appare perfino di fatto sottratta a qualsiasi forma di concreta giustiziabilità. La sicurezza urbana può essere messa in pericolo da comportamenti che non preludono alla commissione di un reato, tant’è che a parte della dottrina 230 sembra che questa misura riporti nel sistema della prevenzione quel significato di “pene del sospetto” che la Corte Costituzionale ha da sempre inteso scongiurare. Sebbene infatti tali provvedimenti non incidano in maniera duratura sulla libertà personale, essendo prevista una loro breve temporaneità, si ritengono comunque limitativi della libertà di circolazione; ma, a causa della discrezionalità con la quale le Autorità possono agire per tutelare i concetti indeterminati di “vivibilità” e “decoro urbano”, si rischia di creare una generale compressione di fatto anche della libertà personale. Bisogna chiedersi, a questo punto, se effettivamente i principi del nostro ordinamento siano stati rispettati dalla nuova disciplina. Partendo dalla Costituzione, l’art.16, sancendo la libertà di circolazione, impone la riserva di legge rafforzata dei motivi di «sanità e sicurezza» come garanzia per le eventuali limitazioni. 231 È evidente come la misura irrogata a tutela della sicurezza

230

C. CARMASSI, Esigenze di sicurezza e garanzie di libertà nella disciplina del DASPO urbano, cit. Art. 16 Costituzione: ‹‹Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.›› 231

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urbana, prescindendo dalla valutazione in merito alla pericolosità del soggetto e all’aggressione della sicurezza dei cittadini, e potendo essere destinata anche a coloro che tale sicurezza non possono mettere a repentaglio (es. commercianti abusivi), si ponga in tensione con tale disposizione. 232 La dottrina 233 ritiene che tale contrasto si profili anche rispetto al IV Protocollo addizionale della CEDU, violando l’art.117, 1° comma, Costituzione che prevede la vincolatività degli obblighi internazionali. 234 È dubbio infatti che il limite alla libertà di circolazione adottato dal Sindaco con l’ordine di allontanamento di cui all’art. 10, comma 1 D.L 14/2017 sia necessario in una società democratica per il perseguimento degli scopi della sicurezza nazionale, della pubblica sicurezza, del mantenimento dell'ordine pubblico, della prevenzione delle infrazioni penali, della protezione della salute, della morale, dei diritti e delle libertà altrui, indicati dall’art. 2, paragrafo 3 del Protocollo. Tale perplessità può essere avanzata anche per il divieto di accesso disposto dal Questore ex art. 10, comma 2. Il problema potrebbe porsi quanto all’eventuale incertezza dei contenuti che in concreto il divieto potrà presentare, entrando in frizione col principio di legalità, nel senso di accessibilità e prevedibilità dei presupposti che fondano la limitazione della libera circolazione, anche alla luce dell’interpretazione da ultimo fatta propria dalla sentenza De Tommaso del 2017. 235

232 Così G. TROPEA, I nuovi poteri di Sindaco, Questore e Prefetto in materia di sicurezza urbana (dopo la legge Minniti), cit. 233 F. GATTA, Ordine di allontanamento e “Daspo” urbano: la disciplina di Minniti e le modifiche di Salvini, in iusinitinere.it, 11 ottobre 2018. 234 Art. 117, 1° comma Costituzione: ‹‹La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.›› 235 La Corte EDU ha letto la garanzia del principio di legalità prevista dal IV Protocollo nei termini della ‹‹legalità penale, ossia attraverso i parametri dell’accessibilità e della prevedibilità dei presupposti che fondano la limitazione della libertà di circolazione.›› La Corte ha sottolineato che le fattispecie di pericolosità oggi in vigore ‹‹non indicano con sufficiente chiarezza lo scopo e le modalità di esercizio dell’amplissima discrezionalità conferita alle corti nazionali››, e che ‹‹non sono formulate con precisione sufficiente a garantire al singolo tutela contro interferenze arbitrarie e a consentirgli di prevedere in maniera sufficientemente certa l’imposizione di misure di prevenzione››.

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Con riferimento alle misure di prevenzione è sicuramente applicabile l’art. 6 CEDU, “Diritto a un equo processo” 236, essendo questi provvedimenti di polizia aventi natura sanzionatoria. 237 La Corte di Strasburgo ritiene infatti che per “tribunale” debba intendersi qualunque Autorità che, pur attraverso un procedimento non formalmente qualificato processo, adotti atti modificativi della realtà giuridica, incidenti significativamente nella sfera soggettiva di un soggetto privato; “tribunale” è anche la Pubblica Amministrazione, in una visione sostanzialistica della funzione che non ritiene rilevante il suo esercizio nell’ambito di una struttura ed organizzazione processuale. La Corte EDU ha adottato un approccio flessibile, in considerazione della diversità degli ordinamenti interni degli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione, per cui ha individuato un criterio di compensazione: la carenza delle previste garanzie nel procedimento amministrativo può essere superata, se intervengono successivamente nel processo. Quanto all’ambito oggettivo di applicazione, pur non riguardando tutti i possibili rapporti che si instaurano con l’amministrazione, è molto ampio perché, secondo la Corte, la “accusa penale” comprende ogni atto che produca 236

Art 6 CEDU: ‹‹Diritto a un equo processo››: ‹‹1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia. 2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di: (a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico; (b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa; (c) difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia; (d) esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico; (e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza.›› 237 In tal senso F. CARINGELLA e O. TORIELLO, Manuale di diritto amministrativo. Parte speciale, cit., pag. 652; G. TROPEA, I nuovi poteri di Sindaco, Questore e Prefetto in materia di sicurezza urbana (dopo la legge Minniti), cit.; E. FOLLIERI, Il DASPO urbano (artt. 9, 10 e 13 del D.L. 20.02.2017, n. 14), in www.giustamm.it, 3/2017.

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effetti sanzionatori, indipendentemente dall’atto che li ha disposti. Sentenza o provvedimento amministrativo, se hanno carattere afflittivo, non meramente risarcitorio, devono rispettare le regole di garanzia stabilite per l’equo processo. 238 Andranno quindi rispettati i principi di imparzialità e di terzietà dell’Autorità, l’esame equo, pubblico ed entro un termine ragionevole della questione, il contraddittorio, l’informazione in una lingua comprensibile all’imputato, etc. 239 Si è per questi motivi sostenuto che la previsione del procedimento di convalida di cui alla legge n° 401/1989 (DASPO sportivo), ripresa anche dal D.L. 14/2017, non sia costituzionalmente legittima, per violazione del parametro interposto di cui all’art. 6 CEDU. 240 Nel procedimento sanzionatorio, infatti: manca la distinzione tra soggetto che inizia il procedimento e soggetto che irroga la sanzione, per cui non vi è terzietà ed imparzialità da parte dell’organo decidente; manca il contraddittorio, poiché secondo la giurisprudenza amministrativa non si applicano gli artt. 7 ss. legge n. 241/1990 in ragione dell’urgenza del provvedere; non vi è una fase di confronto pubblica con il possibile destinatario della sanzione; non è prevista l’informazione in una lingua comprensibile per il destinatario, né l’assistenza di un interprete. La fase processuale, inoltre, non pare recuperare tali garanzie, in quanto la convalida del GIP interviene solo per l’esame dei documenti e degli atti difensivi, senza sentire l’interessato, né consente un dibattito in pubblica udienza. Inoltre, il provvedimento del Questore, convalidato dal GIP, non sospende l’esecuzione, dando così efficacia ad un atto limitativo della libertà personale conseguente ad un procedimento amministrativo sanzionatorio che non rispetta le regole del “giusto processo”. Anche la disciplina dell’ordine di allontanamento dell’organo accertatore (art. 10, comma 1), e quella relativa al divieto di accesso fino a sei mesi disposto dal Questore (art. 10, comma 2), potrebbero porsi in contrasto con gli artt. 6 e 13 241 CEDU, in quanto la mancanza di terzietà non è recuperabile in fase processuale, sotto due diversi profili.

238

Testualmente E. FOLLIERI, Il DASPO urbano (artt. 9, 10 e 13 del D.L. 20.02.2017, n. 14), cit. La giurisprudenza della Corte di Strasburgo non tiene conto di eventuali lacune in tema di giusto processo nel caso in cui esso assicuri comunque una full jurisdiction. 240 La Corte Costituzionale (23 aprile 1998 n°136) aveva già analizzato la disciplina del procedimento di convalida ma non sotto il profilo del giusto processo, quanto solamente rispetto agli articoli 3 e 24 Costituzione. 241 Art. 13 CEDU ‹‹Diritto ad un ricorso effettivo››: ‹‹Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone agenti nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.›› 239

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Nella prima fattispecie ci troviamo innanzi ad “un’afflizione di fatto ingiustiziabile” 242, in quanto, fintanto che si giunga innanzi all’organo giurisdizionale, la sanzione avrà ormai esaurito i suoi effetti temporali. Nel caso dell’art. 10, comma 2, considerando che il ricorso al T.A.R. non determina la sospensione automatica degli effetti del provvedimento questorile, l’effettività del rimedio viene schiacciata dalla giurisprudenza amministrativa, affermatasi in tema di “DASPO” sportivo, secondo la quale ‹‹il provvedimento del Questore ha natura ampiamente discrezionale e le sottese valutazioni inerenti alla pericolosità del soggetto e alla ragionevolezza del divieto si sottraggono al sindacato giurisdizionale, perché attengono al merito dell’azione amministrativa.›› 243 In ultima analisi, si ipotizza la violazione del principio di legalità ex art. 7, comma 1, CEDU 244 da parte dell’art. 13, comma 6 del D.L. 14/2017, nella parte in cui si prevede l’applicazione, da parte del Prefetto, nel caso di trasgressione al divieto imposto ex art. 13 245 e salvo che il fatto costituisca reato, di una sanzione amministrativa da euro 10.000 a euro 40.000 e la sospensione della patente di guida da sei mesi a un anno. Parte della dottrina 246 ritiene infatti che ‹‹le sanzioni pur formalmente qualificate come amministrative, presentano, in base ai noti criteri utilizzati dalla Corte Europea, caratteri sostanzialmente penali, stante il contenuto punitivo e deterrente che svolgono, così da giustificare l’attrazione nelle garanzie convenzionali in materia penale.›› In virtù di ciò, ove le prescrizioni del divieto d’accesso non dovessero essere “specificamente indicate”, l’atto sarebbe viziato da indeterminatezza, così come avverrebbe per il fatto illecito consistente nella trasgressione del divieto. 242 Così G. TROPEA, I nuovi poteri di Sindaco, Questore e Prefetto in materia di sicurezza urbana (dopo la legge Minniti), cit. 243 Ibidem. 244 Art. 7 CEDU, ‹‹Nulla poena sine lege››: ‹‹1. Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.›› 245 Tale articolo, già citato al Cap. III, è rubricato ‹‹ Ulteriori misure di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti all’interno o in prossimità di locali pubblici o aperti al pubblico e di pubblici esercizi›› conferisce al Questore poteri interdittivi di allontanamento per la durata da uno a cinque anni “per ragioni di sicurezza” nel caso di spaccio di sostanze stupefacenti, all’interno o in prossimità di locali pubblici, aperti al pubblico o di pubblici esercizi, scuole, università e altri luoghi ritenuti sensibili, da parte di persone condannate negli ultimi tre anni con sentenza definitiva o confermata in grado di appello per il reato di cui all’art. 73 del c.d. Testo Unico Stupefacenti. 246 M. PELISSERO, Le fattispecie di pericolosità: i presupposti di applicazione delle misure e le tipologie soggettive. I destinatari delle misure praeter delictum: la pericolosità da prevenire e la pericolosità da punire, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, vol. 60, n°2, 2017

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L’unico modo che ha avuto la Corte di esaminare la disciplina del DASPO urbano è stato in seguito ad un ricorso in via principale circa il rispetto dei principi costituzionali da parte della modifica apportata dal D.L. n°113 del 4 Ottobre 2018 (Decreto Salvini), convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132. Tale D.L., all’art. 21 ha aumentato le aree sensibili ampliando l’ambito di applicazione dell’ordine di allontanamento e del DASPO urbano. Nel considerato in diritto della sentenza 20 giugno 2019 n°195 si legge infatti: ‹‹Assumono le ricorrenti che l’ampliamento dell’elenco dei luoghi in relazione ai quali, al fine di tutelarne il decoro e la sicurezza pubblica, può trovare applicazione il divieto di accesso in specifiche aree urbane (il cosiddetto DASPO urbano) consente che, a fronte di una delle condotte previste a presupposto della misura (stato di ubriachezza, compimento di atti contrari alla pubblica decenza, esercizio di commercio abusivo e attività di parcheggiatore abusivo), la persona bisognosa di cure mediche possa essere colpita dal provvedimento di allontanamento proprio da quelle aree urbane su cui insistono «presidi sanitari» con conseguente lesione del suo diritto alla salute.›› ‹‹I parametri che le Regioni ricorrenti assumono violati sono, da una parte, l’art. 32 Cost., congiuntamente all’art. 3 Cost., perché l’estensione della misura viola il diritto alla salute della persona che sia bisognosa di cure mediche, precludendole o comunque ostacolando la necessaria assistenza sanitaria, così assoggettandola a una misura sproporzionata e irragionevole; dall’altra parte, l’art. 117, terzo comma, Cost., e il principio di leale collaborazione, perché sarebbe lesa la competenza concorrente del legislatore regionale in materia di tutela della salute, senza peraltro la previsione di alcuna forma di leale collaborazione dello Stato con la Regione.›› 247 La Corte ha dichiarato l’infondatezza della questione in relazione ai parametri evocati, esistendo la possibilità di offrire un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma sottoposta al vaglio di costituzionalità. 248 247 I ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna (r.r. n. 11 del 2019), Toscana (r.r. n. 17 del 2019), Calabria (r.r. n. 18 del 2019) e Umbria (r.r. n. 10 del 2019) sono riuniti e trattati congiuntamente essendo ritenuti dalla Corte riconducibili ad una matrice unitaria, concernente la materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa. (Par. 2 considerato in diritto). 248 Testualmente C. CARMASSI, Esigenze di sicurezza e garanzie di libertà nella disciplina del DASPO urbano, cit.: con ricorso in via principale le Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Calabria, hanno promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, nella parte in cui, modificando l’art. 9, comma 3, del D.L. 14/2017 ha inserito le parole “presidi sanitari”. Le Regioni ricorrenti hanno ritenuto che la disposizione emergente a seguito della modifica legislativa risultasse in contrasto con gli articoli 3 (secondo la sola Regione Emilia-Romagna), 32 (secondo tutte le Regioni ricorrenti), e 117 terzo comma della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

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Attraverso una interpretazione adeguatrice, è stata salvata la disciplina muovendo da un dato testuale: l’art. 10, comma 2 del D.L. 14/2017 fornisce indicazioni in merito alle modalità con le quali il DASPO può essere imposto senza ledere il diritto alla salute del destinatario. La norma dispone, infatti, che il Questore debba individuare e indicare nel provvedimento restrittivo ‹‹modalità applicative del divieto compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell’atto››. La stessa interpretazione può, secondo la Consulta, adottarsi, pur in mancanza di un riferimento testuale, stante la medesima ratio sottesa, per delimitare l’ambito applicativo dell’ordine di allontanamento dal presidio sanitario negli stessi termini previsti per il divieto di accesso. ‹‹Una lettura di tale disposizione orientata alla conformità dei parametri evocati (artt. 3 e 32 Cost.), comporta che tale destinatario può comunque fruire dei servizi sanitari per ragioni di cura, senza che gli sia precluso l’accesso, anche ove egli sia stato destinatario del provvedimento del Questore, che per il resto gli abbia fatto divieto di accedere a tale area per ogni altra ragione.›› Non vi è, in concreto, neanche un’incidenza sull’organizzazione dei presidi sanitari: non è violata la competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute, né il principio di leale collaborazione, perseguendo la disposizione la finalità di evitare turbative dell’ordine pubblico nelle aree alle quali il regolamento di polizia urbana può estendere l’applicabilità del DASPO urbano, concerne la materia «ordine pubblico e sicurezza» e appartiene quindi alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, primo comma, lettera h, Cost.). Allo stato dei fatti quindi, nonostante tale sentenza, restano ancora i dubbi sulle possibilità di compatibilità costituzionale e convenzionale della disciplina del DASPO urbano, così come evidenziate nel presente capitolo. La stessa Corte Costituzionale al par. 6.1 della sentenza n°24 del 2019, ragionando sull’applicazione del principio di legalità alle misure di prevenzione in Italia e censurando la normativa sulla sorveglianza speciale, ha posto le basi per una riflessione, affermando che ‹‹resta estraneo al vaglio odierno il quesito se le previsioni in parola possano legittimamente operare anche quale presupposto applicativo di altre misure tuttora di competenza dell’Autorità di polizia (in particolare, foglio di via obbligatorio e avviso orale). Una simile questione, in effetti, non è stata sollevata dai giudici rimettenti; né avrebbe potuto esserlo, non essendo il tribunale l’Autorità competente per l’applicazione di tali misure.››

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ISBN 978 88 944763 6 1 Copyright©2020 by Istituto Italiano Design S.r.l. (IID S.r.l.) Editore Stampa – Press Up, IT10922761001, V. Caduti Lavoro, 01036 Vi-

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Istituto Italiano Design è dal 1999 un istituto accreditato per la formazione professionale artistica a Perugia e dal 2019 Editore senza scopo di lucro ai soli fini di divulgazione culturale. L’editoria costituisce un’attività marginale non principale come da Statuto Sociale.

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