ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
F ONTI per la
STORIA DELL’ITALIA MEDIEVALE ANTIQUITATES 43
ROMA NELLA SEDE DELL ’ ISTITUTO PALAZZO BORROMINI PIA Z Z A DELL ’ OROLO G IO
2015
MAIO BARENSIS
Expositio orationis dominice
a cura di valeria de fraja
ROMA NELLA SEDE DELL ’ ISTITUTO PALAZZO BORROMINI PIA Z Z A DELL ’ OROLO G IO
2015
Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo Redattore capo: Salvatore Sansone
ISSN 1722 - 9405 ISBN 978-88-98079-32-2 Stabilimento Tipografico « Pliniana » - Viale F. Nardi, 12 - 06016 Selci-Lama (PG) - 2015
PREMESSA
Chi ha avuto a che fare, in qualche occasione, con l’animazione dei ragazzi, conosce forse un gioco estivo avvincente e rinfrescante: i componenti di una squadra sono chiamati, a turno, a inzuppare d’acqua una spugna, a correre all’altra estremità del campo di gioco e a strizzare quel po’ d’acqua che a fine percorso è ancora rimasta nella spugna entro una bottiglia, fino a quando questa non sarà colma. Mi pare possa essere, questa, una metafora lieve, forse frivola, di quanto avviene a volte nella ricerca: in questo mio lavoro molti sono coloro che hanno strizzato la loro spugna, imbevuta di consigli, suggerimenti, stimoli, grandi o piccoli contributi, incoraggiamenti, nella mia bottiglia, aiutandomi a colmarla e condividendo con me il refrigerio che questi momenti sanno donare. La loro collaborazione è stata per me preziosa, e vorrei ricordare tutti e ciascuno. In primo luogo il mio grazie va all’Istituto storico italiano per il medio evo, dove ho passato sei anni ricchi e intensi: al suo presidente, Massimo Miglio, che ha subito accolto favorevolmente il mio progetto di edizione, prevedendone la pubblicazione nella prestigiosa collana delle Fonti d’Italia; ad Anna Airò, per le molte indicazioni bibliografiche sugli ambienti notarili meridionali e per la sua amicizia; a Elisabetta Caldelli, per l’aiuto offertomi nella lettura degli antichi cataloghi delle biblioteche austriache, in una collaborazione che tuttora continua; a Fulvio Delle Donne, come sempre generoso in consigli di ordine filologico e bibliografico e per i contatti che mi ha suggerito; ad Anna Maria Oliva, per l’aiuto con alcuni testi in antico catalano. Un grazie complessivo infine a tutto il gruppo della Scuola Storica e a chi intorno ad essa ruota, a diversi livelli: all’interno del ciclo di seminari annualmente organizzati dalla stessa ho infatti avuto l’occasione per una prima, proficua discussione intorno al mio lavoro.
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valeria de fraja
Un ringraziamento particolare va anche al gruppo patavino/ internazionale di amici raccolto intorno a Riccardo Quinto per i seminari di storia di filosofia medievale, presso il Dipartimento FISPPA dell’Università di Padova: nel novembre del 2012 ho avuto modo di discutere anche con loro su alcuni aspetti filologici e teologici del testo ora pubblicato, che ho potuto così migliorare in alcuni passaggi. In particolare il mio debito per i molti acuti suggerimenti in diversi campi, oltre che per l’invito al seminario, è nei confronti di Magdalena Bieniak, di Giovanni Catapano – cui devo diverse indicazioni relative all’utilizzo di Agostino nel testo ora pubblicato –, di Massimiliano d’Alessandro – per i consigli riguardo al tema della vita contemplativa che ha saputo fornirmi – e di Caterina Tarlazzi. Ai loro nomi voglio aggiungere, per un grazie particolare, quello di Francesco Siri, editore come me di un commento medievale al Padre Nostro, per le discussioni e gli scambi di informazioni e di opinioni che hanno arricchito, in un costante dialogo a distanza, la mia ricerca. A Francesco sono anche debitrice del coinvolgimento nel seminario internazionale dedicato appunto ai commenti al Padre Nostro nel XII secolo, da lui organizzato e tenutosi a Parigi, presso l’IRHT, nel giugno del 2013. Ulteriore occasione di discussione e di confronto mi è stata offerta da Maria Clara Rossi, che mi ha invitato a partecipare a un seminario dedicato alla Bibbia, presso il Dipartimento TESIS dell’Università di Verona: anche a lei va il mio ringraziamento. Questi numerosi momenti di incontro, di dialogo e di confronto sono stati per me importanti per la messa a fuoco dei nodi centrali del mio lavoro. Un aiuto fattivo e concreto mi è venuto anche dai bibliotecari dei monasteri austriaci che conservano i manoscritti dell’Expositio orationis dominice, il dott. Tomaschek del monastero di Admont e il prof. Lechner dell’abbazia di Göttweig. Entrambi, saputo della mia ricerca, mi hanno generosamente inviato le riproduzioni digitali del testo ora edito; nel corso del mio viaggio in Austria per la consultazione diretta dei codici, inoltre, mi sono venuti incontro in tutti i modi per organizzarlo al meglio. Non posso che esser loro grata per la sollecitudine e la generosità. Un grazie va anche a Stefano Zamponi, per le attente considerazioni relative al manoscritto parigino e alla sua non scontata datazione. Sono infine grata a Giuseppe Mandalà, che mi ha
premessa IX
fornito notizie e bibliografia relative all’inventario di libri – forse più “minuta informale” di un “bibliotecario palatino” –, redatto in arabo e risalente alla metà del XII secolo, in cui compare il nome di Maione; a lui va anche un sincero augurio per la sua ricerca in merito. Breves dies hominis sunt: numerus mensium eius apud te est (Iob 14, 5). Domenica 3 agosto ho – abbiamo tutti – perduto, con immensa tristezza, la preziosa amicizia di Riccardo Quinto (1961-2014). Dedico questa mia piccola cosa alla sua memoria, con gratitudine per il tempo e le ricerche condivise, perché davvero « Non è la cattedra a fare il maestro » (Friedrich Fröbel).
INTRODUZIONE
Rasputiniano. Con questo aggettivo, che certo colpisce il nostro immaginario anche per i documenti iconografici che evoca – forse sfuocati, ma sempre piuttosto inquietanti – si è voluto definire il ritratto di Maione da Bari che il Liber de regno Sicilie dello pseudo Ugo Falcando ci ha tramandato utilizzando pennellate dalle tinte forti e contorni quasi caricaturali (1). Tra i molti giudizi di condanna e tra i molti termini di discredito, uno in particolare rimane impresso nella mente del lettore del Liber: l’uso costante e persistente – a detta appunto del cronista –, da parte di Maione, dell’adulazione, dell’inganno, della menzogna, per conquistare, mantenere o ampliare il proprio potere. In questo senso, quelle del Barese sarebbero state vere e proprie artes, quasi stregonesche (2), poste al servizio del fine ultimo cui avrebbe mirato il grande ammiraglio fin dai primi passi della sua fulminante carriera: eliminare il re, sostituirsi a lui, diventare egli stesso il caput del regno di Sicilia.
(1) La suggestiva definizione si deve a E. D’Angelo, ‘Venditor olei’. Ancora sulle origini di Maione di Bari, in Mezzogiorno & Mediterraneo: territori, strutture, relazioni tra antichità e Medioevo. Atti del Convegno internazionale, Napoli, 9-11 giugno 2005, cur. G. Coppola - E. D’Angelo - R. Paone, Napoli 2006, pp. 259-264: 256. (2) Parla esplicitamente di « Maionis artes » lo pseudo Falcando: cfr. La “Historia” o “Liber de Regno Sicilie” di Ugo Falcando, ed. G.B. Siragusa, Roma 1897 (Fonti per la Storia d’Italia, 22), p. 101. Se si legge il racconto del tentativo di avvelenamento dell’arcivescovo di Palermo Ugo, che Maione, secondo lo pseudo Falcando, avrebbe tramato negli stessi giorni in cui si progettava la sua eliminazione da parte del gruppo di nobili facenti capo a Matteo Bonello e a Ruggero di Martirano, l’immagine che viene alla mente è proprio quella di uno stregone alle prese con pozioni velenose: cfr. ibid., pp. 40-41.
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valeria de fraja
Ma le artes di Maione erano altre, o almeno anche altre, se proprio si devono prendere per sincere le parole caustiche dello pseudo Falcando, accettandone il ritratto a forti contrasti. L’ars di cui qui ci occupiamo è quella dello scrivere. Maione era un notaio laico, che arrivò alla prestigiosa carica di cancelliere del Regno, dunque un personaggio che aveva grande confidenza con la scrittura, ma che non redasse solo documenti e diplomi. Decise di cimentarsi anche con la Scrittura, quella con la S maiuscola, e di comporre un piccolo trattato, un’Expositio orationis dominice – un commento al Padre Nostro quindi – che volle dedicare a uno dei suoi figli, ammiraglio come lui, l’admiratus Stephanus. L’Expositio orationis dominice di Maione è giunta fino a noi grazie a un numero di testimoni limitato, ma comunque più che sufficiente per farci conoscere questa piccola perla uscita dallo scrigno di un semplice laico. Un laico che tuttavia, e perfino lo pseudo Falcando è costretto ad ammetterlo, fu straordinario oratore e mente acutissima (« facundia non dispar ingenio » (3)). Anche Romualdo di Salerno ci conferma che Maione era « utique facundus » (4): il dono del parlar bene, dell’utilizzare al meglio lo strumento della parola, era dunque, effettivamente, una delle sue artes, che è riuscita ad attraversare il tempo nel momento in cui l’ammiraglio decise di fissarla sulla pergamena, trasformandola in parola scritta. I. La tradizione testuale La tradizione testuale dell’Expositio orationis dominice di Maione da Bari è costituita da cinque testimoni, alcuni dei quali segnalati per la prima volta da Donald Matthew, nel suo studio dedicato all’admiratus e al suo scritto (5). I codici che tramandano, o tramandavano, l’Expositio sono i seguenti: (3) Ibid., p. 8. (4) Romualdus Salernitanus, Chronicon, ed. C.A. Garufi, in R.I.S.2, VII/1, Città di Castello 1935, p. 235. (5) D. Matthew, Maio of Bari’s Commentary on the Lord’s Prayer, in Intellectual Life in the Middle Age. Essays Presented to Margaret Gibson, edd. L. Smith - B. Ward, London - Rio Grande 1992, pp. 119-144: 125.
introduzione XIII
– Admont, Stiftsbibliothek, ms. 198 (A); – Göttweig, Stiftsbibliothek, ms. 128 (G); – Graz, Universitätsbibliothek, ms. 1344 (proveniente dalla canonica austriaca di Seckau) (S); – Paris, Bibliothèque Nationale de France, ms. Lat. Nouv. Acq. 1772 (P); – Torino, Biblioteca Nazionale, ms. 17 XX. K. III. 3 (distrutto) (τ). Il testo del commento ha visto anche un’edizione, a fine ’800: in un lungo contributo dedicato agli aspetti dell’azione politica di Maione, lo storico e bibliotecario tedesco Otto Hartwig ha fornito anche, in un’ampia appendice, l’edizione dell’Expositio (6). Questa prima edizione è stata condotta su di un unico codice, il Torino, Biblioteca Nazionale. Dal momento che, come vedremo, si trattava di un codice incompleto, anche l’edizione dello Hartwig riflette necessariamente lo stato lacunoso del manoscritto da cui è stata tratta. Considerato il fatto che il codice di Torino non è più disponibile, utilizzeremo l’edizione ottocentesca come suo testimone apografo (E). Vediamo dunque, nell’ordine, ciascuno dei manoscritti su cui si basa questa nuova edizione. I. 1. I manoscritti dell’Expositio orationis dominice I. 1.1. Admont, Stiftsbibliothek, ms. 198 (A) Il codice di Admont è un manoscritto miscellaneo cartaceo, con il testo disposto prevalentemente su due colonne (7). È costituito da 205 ff., misura 230×205 mm ed è opera di diversi copisti, che utilizzano diversi specchi di scrittura e dispongono il testo su di un numero di righe molto variabile.
(6) O. Hartwig, Re Guglielmo I e il suo grande ammiraglio Maione di Bari. Contributo alla critica della Historia del creduto Hugo Falcandus, « Archivio storico per le province napoletane », 8 (1883), pp. 397-485; l’Appendice è alle pp. 464-485. (7) I ff. 138r-139r hanno il testo disposto a piena pagina.