Oratio coram serenissimo imperatore Frederico et Alphonso Aragonum rege inclito

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ABBREVIAZIONI E SIGLE

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

EDIZIONE NAZIONALE DELLE OPERE DI BIONDO FLAVIO

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ABBREVIAZIONI E SIGLE

Commissione scientifica Gabriella Albanese, Gian Mario Anselmi, Concetta Bianca, Federica Colandrea (segretario-tesoriere), Mario De Nonno, Massimo Miglio (presidente), Stefano Pittaluga, Ezio Raimondi, Gianvito Resta


ABBREVIAZIONI E SIGLE

BLONDUS FLAVIUS

ORATIO CORAM SERENISSIMO IMPERATORE FREDERICO ET ALPHONSO ARAGONUM REGE INCLITO NEAPOLI IN PUBLICO CONVENTU HABITA a cura di GABRIELLA ALBANESE APPENDICE a cura di PAOLO PONTARI

ROMA ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO 2015

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ABBREVIAZIONI E SIGLE

Š 2015 - Istituto storico italiano per il medio evo ISBN 978-88-98079-39-1

Istituto storico italiano per il medio evo P.zza dell’Orologio 4, 00186 Roma tel. +39 06 68802075 fax +39 06 68195963 redazione@isime.it - ufficiovendite@isime.it www.isime.it


PREMESSA

Nella prima metà di aprile del 1452, presso la corte napoletana di Alfonso d’Aragona, il neoeletto imperatore Federico III d’Asburgo e la sua giovane consorte, Eleonora del Portogallo, nipote del Magnanimo, trascorsero su invito del re un breve soggiorno per celebrare le nozze e la recente incoronazione imperiale, officiata a Roma, appena qualche giorno prima (19 marzo), da papa Niccolò V. L’evento, di per sé eccezionale, aggiungeva per la prima volta alla tradizionale Romfahrt imperiale una tappa inedita, la città di Napoli, dove re Alfonso, architetto geniale del matrimonio della nipote con l’imperatore, allestì in loro onore una delle feste più sfarzose dell’epoca. La mossa strategica del Magnanimo, nell’impegnativa partita dello scacchiere politico italiano che vedeva contrapposti in quegli anni i quattro principali Stati della Penisola, Firenze e Milano da un lato, e Venezia e Napoli dall’altro, rafforzava il potere del sovrano aragonese, assicurandogli l’alleanza con uno dei più alti vertici politico-istituzionali europei. Ma alle tensioni politiche causate dallo scontro tra le potenze italiane si era sovrapposta ormai da qualche tempo una minaccia più grave, e non solo per la stabilità politica italiana, ma per la stessa integrità dell’Europa cristiana: alla fine di marzo del 1452, infatti, i temibili eserciti di Maometto II si erano ormai attestati sul Bosforo, pronti a invadere Costantinopoli, con oggettivo pericolo anche per l’Occidente latino, soprattutto dopo le battaglie di Varna (1444) e di Kosovo Polje (1448), che avevano mostrato la debolezza dei confini orientali europei in


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PREMESSA

territorio balcanico. Di questo pericolo era stato ben consapevole Alfonso sin dal 1449, quando inviava aiuti militari a sostegno delle truppe di Giorgio Castriota Skanderbeg per contrastare l’espansione turca nel sud dei Balcani e sorvegliava con galee vedetta il quadrante marino tra Rodi e Cipro dalla base strategica dell’isola di Kastellórizo. La più precoce delle voci che si levarono tra i dotti occidentali per denunziare l’urgenza di una controffensiva all’avanzata turca fu quella di Biondo Flavio, già segretario apostolico di Eugenio IV, ma allontanatosi dalla curia pontificia a partire dal 1449 a causa di incompatibilità sorte con il nuovo pontefice, Niccolò V. In un periodo di inattività professionale e di ricerca di una nuova collocazione, egli non si fece sfuggire l’occasione di consolidare il suo rapporto con Alfonso il Magnanimo, a cui già nel 1443 aveva inviato in dono otto libri della prima delle sue Historiarum ab inclinatione Romani imperii Decades: nel 1447, infatti, il sovrano gli aveva già commissionato un catalogus virorum illustrium Italiae, nucleo compositivo originario dell’Italia illustrata, il primo trattato storico-corografico della penisola italiana che poco più di un anno dopo, nell’ottobre del 1453, l’umanista forlivese avrebbe dedicato a Niccolò V, in segno di gratitudine per la sua riammissione in Curia. Consapevole dell’eccezionale opportunità di un’udienza a Napoli presso i due sovrani più potenti d’Europa, Biondo confezionò per l’occasione un’orazione politica di altissimo spessore retorico, modellata tematicamente e strutturalmente sull’orazione ciceroniana Pro lege Manilia, in cui non solo offriva un omaggio all’antica consanguinitas della stirpe asburgica e aragonese, rinvigorita grazie al matrimonio tra Federico ed Eleonora, ma prospettava all’imperatore e al re di Napoli anche un’azione militare antiturca a salvaguardia dell’Occidente cristiano. La tradizionale gratulatio per le nozze e l’incoronazione imperiale si allargava, nella raffinata ottica politica dell’oratore,


PREMESSA

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alla prospettazione dell’alleanza di Federico con Alfonso, scaturita dal suo matrimonio con l’infanta del Portogallo, come connubio politico-militare perfetto per la realizzazione di un « ingens gloriosumque facinus »: una moderna ‘crociata’ finalizzata ad arginare il crescente espansionismo dell’Impero ottomano negli avamposti orientali della cristianità e ormai anche in Occidente. L’exemplum evocato a tal fine dallo storico forlivese, la prima crociata indetta da papa Urbano II al Concilio di Clermont (1095), è sicuramente il più significativo evento della lotta dell’Europa cristiana contro i Musulmani. E proprio la storia delle crociate medievali, nella prospettiva di un ‘futuro-passato’, costituiva ancora il fulcro simbolico di autorappresentazione della civiltà dell’Occidente cristiano, e mostrava che il successo delle spedizioni militari in Oriente era garantito dall’egida unificatrice della Chiesa: così, l’appello napoletano di Biondo ai due sovrani era chiaramente orientato a superare le divisioni e il particolarismo politico mediante l’ideale unitario della crociata, promuovendo una triplice intesa tra gli organismi più influenti della sua epoca, l’Impero, il Regno aragonese e il Papato. Con lucida intuizione politica, dunque, più di un anno prima della definitiva caduta di Costantinopoli, Biondo seppe valutare perfettamente le ricadute dell’avanzata turca sulla situazione europea, in notevole anticipo rispetto all’ondata di protrettici per la ‘crociata’ che caratterizzarono la letteratura politica dell’Umanesimo dopo il fatidico 29 maggio 1453: prima di lui, soltanto Giorgio Trapezunzio, il dotto greco convertitosi al cattolicesimo, aveva invocato già sotto il pontificato di Eugenio IV l’urgenza di un soccorso militare della Chiesa di Roma ai cristiani d’Oriente, intravedendo nella ricomposizione del Grande Scisma una soluzione efficace anche sul piano militare per contrastare la progressione della potenza turca nei territori della respublica christiana.


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PREMESSA

In seguito Biondo sarebbe ripetutamente tornato sul problema più scottante dei suoi tempi: all’indomani della caduta di Costantinopoli, il 1° agosto 1453 offriva allo stesso Alfonso d’Aragona un vero e proprio strumento strategico per attuare la guerra contro i Turchi, indirizzandogli l’epistola-trattato De expeditione in Turchos, nella quale, facendo perno sulle proprie competenze storiche, geografiche e politiche, era in grado di fornire al sovrano preziose informazioni sui territori orientali e sulle forze nemiche, dati ancora mancanti ma necessari a garantire il successo di una Turkenkrieg: l’edizione critica commentata del De expeditione seguirà subito dopo la pubblicazione di questo volume. E ancora altri appelli Biondo avrebbe rivolto alle Repubbliche maggiormente implicate nei possedimenti d’oltremare, Genova e Venezia: nel novembre del 1453 al doge di Genova con l’Oratio ad Petrum de Campo Fregoso, già pubblicata nel 2010 dalla Edizione Nazionale delle Opere di Biondo; e infine nel luglio del 1454 al doge di Venezia Francesco Foscari con l’epistola De origine et gestis Venetorum. Questo volume procura per la prima volta l’edizione critica completa e commentata della Oratio coram serenissimo imperatore Frederico et Alphonso, Aragonum rege inclito, Neapoli in publico conventu habita, in un quadro esaustivo del contesto storico-politico italiano ed europeo e con un puntuale riscontro delle testimonianze letterarie e documentarie coeve. L’Introduzione chiarisce le circostanze di composizione dell’opera in rapporto ai suoi destinatari e allo stesso autore, la struttura retorica dell’orazione e la metodologia storiografica di Biondo in relazione alle tematiche affrontate nel discorso ai due sovrani, che corre sul doppio binario della genealogia e del protrettico antiturco ed esibisce l’exemplum della prima crociata. Una specifica indagine è dedicata alla prosa oratoria latina biondiana, ben più curata e raffinata rispetto


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allo stile delle opere storiche, con l’escussione dei modelli e delle fonti, e in particolare al macromodello offerto dalla Pro lege Manilia di Cicerone e alle fonti storiche classiche e medievali, tra le quali gioca un ruolo fondamentale la Historia Hierosolymitana di Roberto il Monaco, a cui è dedicata un’apposita Appendice. Si è potuto stabilire che la fonte di informazione primaria di Biondo sulla politica orientale fu il suo rapporto privilegiato con Francesco Barbaro e con la città di Venezia, da sempre porta d’accesso per aggiornamenti sulla situazione orientale grazie ai costanti canali di comunicazione diplomatici e mercanteschi. E infine un esame completo e comparativo delle primissime testimonianze della letteratura umanistica antiturca ha sancito il primato dell’orazione di Biondo, evidenziandone l’influenza e la ripresa nelle orazioni successive, da Piccolomini a Sagundino. La Nota al testo fornisce una dettagliata descrizione codicologica e storico-critica dell’unico testimone manoscritto dell’orazione napoletana, il codice vergato negli anni Sessanta del XV secolo dal figlio dell’autore, Girolamo Biondo, oggi conservato presso la Sächsische Landesbibliothek di Dresda, e giustifica le scelte editoriali e ortografiche dell’edizione critica offerta in questo volume, soprattutto in rapporto alle precedenti edizioni Lobeck (1892) e Nogara (1927), sprovviste di un adeguato studio filologico-ecdotico e dell’indispensabile supporto esegetico. Il testo dell’Oratio, che qui si pubblica a cura di Gabriella Albanese, è corredato di un apparato critico positivo che dà conto anche delle scelte testuali delle due precedenti edizioni, e di un apparato delle fonti, nonché di puntuali note di commento storico, filologico e stilistico-linguistico. L’individuazione della Historia Hierosolymitana di Roberto il Monaco quale fonte privilegiata dell’orazione napoletana ha richiesto una Appendice specifica di approfondimento sulla biblioteca storica medievale di Biondo


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PREMESSA

curata da Paolo Pontari, che illustra le modalità di riuso della Historia del cronista di Reims nelle opere biondiane e individua la presenza di questo testo in due manoscritti posseduti e postillati dall’umanista forlivese, il Vat. lat. 1795 e il Vat. lat. 2005, fornendone dettagliata descrizione paleografica e codicologica e un esame storico-critico, e pubblicando per la prima volta le postille e i notabilia autografi di Biondo alla Historia di Roberto il Monaco rilevati sui margini del ms. Vat. lat. 1795, con specifiche sezioni di commento esegetico e di illustrazione della tipologia e della funzione dei marginalia in relazione al loro utilizzo nella Oratio e nelle Decades. Supportano infine l’intero volume gli Indici complessivi dei nomi, dei manoscritti e dei documenti d’archivio, e delle tavole, curati da Paolo Pontari, necessari a rendere più agevole la consultazione di tutte le sezioni critiche ed ecdotiche. Nel licenziare questa edizione, la cui preparazione è stata fonte di tante sorprese e novità, che abbiamo condiviso in un costante e proficuo dialogo e in un sinergico confronto, desideriamo ringraziare il Presidente della Edizione Nazionale delle Opere di Biondo, Massimo Miglio, e la Commissione scientifica, per aver seguito le diverse fasi dell’indagine scientifica e dell’allestimento del volume e averlo accolto nella Collana della Edizione Nazionale, e lo staff della Biblioteca e della Redazione dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, che ha facilitato le nostre ricerche mettendoci a disposizione i preziosi materiali dell’Istituto e ha curato con competenza e disponibilità l’iter di stampa unitamente ai valenti tipografi della « Pliniana ». Pisa, settembre 2015 Gabriella Albanese Paolo Pontari


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