Antonella Ghignoli, «Chartacea supellex». L'inventario dei libri di Celio Calcagnini

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ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO NUOVI STUDI STORICI - 101

ANTONELLA GHIGNOLI

«CHARTACEA SUPELLEX» L'INVENTARIO DEI LIBRI DI CELIO CALCAGNINI

ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO PALAZZO BORROMINI PIAZZA DELL’OROLOGIO 2016


Nuovi Studi Storici collana diretta da Massimo Miglio

Con il contributo della Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia Patria LOGO (allegato)

Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo Redattore capo: Salvatore Sansone

ISSN 1593-5779 ISBN 978-88-98079-49-0 ________________________________________________________________________________ Stabilimento Tipografico‌


0.1 Avvertenza_Nuovi Studi Storici 12/10/16 12:12 Pagina V

Ringraziamenti e un’avvertenza

Questo libro nasce dal mio desiderio di dare una risposta sensata a una questione che, ormai alcuni anni fa, mi fu posta da Oliviero Diliberto. D’averla posta, e proprio a me, ancora lo ringrazio. Lo sforzo di condurlo a termine fra molte difficoltà e impedimenti non sarebbe riuscito se non avessi potuto contare sulla disponibilità e competenza di tutto il personale dell’Archivio di Stato di Modena, della Biblioteca Estense Universitaria di Modena, della Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara, della Biblioteca Guarneriana di Cividale del Friuli, della Biblioteca Apostolica Vaticana, e, a Roma, della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana e della Biblioteca Casanatense. In particolare sento però di dover ringraziare la dr.ssa Mirna Bonazza, responsabile della Sezione manoscritti e rari dell’Ariostea di Ferrara, e il dr. Angelo Floramo, direttore della Guarneriana di Cividale del Friuli. Amici generosi come Federigo Bambi e Francesca Rosa Pasut si sono dati da fare per procurarmi alcune informazioni bibliografiche fondamentali e materiali conservati lontano, rendendo le mie difficoltà molto meno “difficili”. Ho inoltre sempre avuto il sostegno incondizionato dell’amica Corinna Mezzetti, archivista dell’Archivio storico comunale di Ferrara e deputato della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria. Alla dr.ssa Mezzetti, peraltro, devo due contatti importanti: con la Deputazione provinciale ferrarese, che mi è davvero caro ringraziare nella persona del suo Presidente, il prof. Franco Cazzola; con la dr.ssa Alessandra Chiappini, per molti anni direttrice dell’Ariostea, che mi ha permesso di confrontare i miei con alcuni risultati di una sua indagine inedita sui libri di Celio Calcagnini presenti in Ariostea, e che per questo ringrazio di cuore. Un sostegno importante ho avuto da un’altra amica, la prof.ssa Concetta Bianca e, in uno snodo cruciale nella vicenda di questo libro, dal Presidente dell’Istituto storico italiano per il medio evo, prof. Massimo Miglio. Infine, il mio compagno di vita, e compagno di studi di una vita, Vladimiro Giacché, non mi ha mai fatto mancare il suo sostegno scientifico e umano, necessario perché arrivassi alla fine di questo lavoro. Il quale


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Nota introduttiva

Celio Calcagnini nacque a Ferrara il 17 settembre 1479. Nella stessa città morì il giorno di Pasqua (17 aprile) del 1541, com’è molto probabile, o pochi giorni dopo. Suo nonno Francesco Calcagnini – originario di Rovigo, notaio, copista e allievo di Vittorino da Feltre, poi di Guarino Veronese – e suo zio, il “magnifico” Teofilo – cortigiano di Borso d’Este, artefice del radicamento della famiglia in Ferrara e della sua ascesa nel patriziato cittadino – sono personaggi ben noti, anche a filologi e paleografi. Praticamente sconosciuto ai più è suo padre Calcagnino, figlio di Francesco e fratello di Teofilo: fu un colto ecclesiastico, buon esperto di diritto, già canonico nel 1473 a vent’anni, insignito poi del titolo di protonotario apostolico. Celio fu un suo figlio naturale, avuto dalla relazione con una giovane ferrarese di nome Lucrezia Costantini. Educato in principio dal padre, poi dai professori di retorica, filosofia e medicina che leggevano allora nello Studio ferrarese, Celio venne introdotto appena quindicenne, e proprio da Calcagnino, nel mondo della diplomazia della corte estense; ambiente, che non di rado esigeva, dai giovani idonei, anche un coerente impegno nell’attività militare: così fu anche per Celio che prese parte, sempre nell’interesse della sua corte, a imprese d’arme sotto i vessilli di Massimiliano I e di Giulio II. Aveva poco meno di ventotto anni quando, nel 1507, abbandonata definitivamente l’attività diplomatico-militare e l’idea di poter far carriera, da laico, su quel fronte, entrò come funzionario nella cancelleria dei duchi. Nel 1509, per il merito che gli veniva riconosciuto nello studio dei classici, che non aveva mai abbandonato nel suo “decennio militare”, ottenne la cattedra di latino e greco. Sul finire dello stesso anno, l’incontro decisivo con il cardinale Ippolito d’Este, della cui segreteria divenne cancelliere. Quasi sicuramente fu il cardinale a indurre Celio, già nel 1510, a farsi ordinare sacerdote per aprirsi una possibilità di carriera; fu sicuramente il cardinale a procurargli un canonicato nella cattedrale di Ferrara, molte prebende, e la digni-


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tà di protonotario apostolico, che aveva già avuto il padre. È in questo contesto che nel 1514 Celio ottenne anche la laurea in diritto civile e canonico: un passaggio obbligato e, del resto, un appannaggio esclusivo dei membri delle casate patrizie avviati alla carriera ecclesiastico-diplomatica1. Questi pochi tratti sono sufficienti, come si vede, a delineare per Celio Calcagnini un profilo coerente con il paradigma storico dell’intellettuale del tardo umanesimo, patrizio cittadino e cortigiano. Del resto, se seguiamo la “geografia” della sua presenza nel recente Atlante della letteratura italiana ne abbiamo la conferma: lo troviamo allievo e uditore, insieme ad altri giovani nobili ferraresi, delle lezioni universitarie che si tenevano nel convento domenicano della sua città; lo troviamo coinvolto nel dibattito pro e contra l’astrologia (nel partito dei contra) e protagonista nel dibattito sul ciceronismo; lo troviamo nel novero dei corrispondenti italiani di Erasmo, in quello dei tanti umanisti italiani che dimorarono per qualche tempo all’estero, e in quello dei letterati umanisti che la corte di Ferrara, come le altre corti, impiegò all’occasione come ambasciatori2. Nel caso di Celio il paradigma, però, comprende anche un tratto meno comune: il suo enciclopedismo. La varietà singolarmente ampia dei suoi interessi o, se si vuole, il «gusto per l’erudizione peregrina» sono ben sottolineati nei profili biografici più recenti3. Indagando gli ambiti più disparati della storia culturale del tempo è, in effetti, molto facile imbattersi nel suo nome, sia che si tratti di nicodemismo, poetica, astrologia e astronomia, ebraismo, geografia – per ricordare soltanto alcuni dei temi più percorsi dalla tradizione storiografica degli studi sul Cinquecento – sia che si tratti di architettura o di diritto, per fare esempi di ambiti in cui soltanto più di recente è stata posta la questione di un qualche ruolo di Calcagnini4. Meno facile è, sicuramente, valutare ogni volta – e proprio per la sua onnipresenza in testi, contesti e fonti, non di rado testimoniata da emergenze puntiformi e pulviscolari – quando il nome di Celio Calcagnini possa considerarsi traccia che ha senso seguire per conoscere relazioni storiche più profonde, e quando, invece, esso

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FOLIN, Rinascimento estense, p. 226. Cfr. nell’ordine e rispettivamente: PROCACCIOLI, I luoghi della cultura, pp. 583 e 579; PEDULLÀ, Sulle tracce degli antichi?, p. 735; MALENA, Erasmo in Italia, pp. 675-676; VALERI, La diffusione dell’umanesimo italiano, p. 618; VALERI, I letterati ambasciatori, p. 782. 3 MARCHETTI - DE FERRARI - MUTINI, Calcagnini Celio (dal quale è tratta la citazione nel testo); AGUZZI-BARBAGLI, Celio Calcagnini. V. anche BOLZONI, Poesia e ritratto, pp. 154-156. 4 MATTEI, Celio Calcagnini, Terzo Terzi; MATTEI, Tribus linguis; DILIBERTO, Celio Calcagnini: umanista del sedicesimo secolo; DILIBERTO, Calcagnini Celio.


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NOTA INTRODUTTIVA

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debba considerarsi mera impronta di sé: la traccia, semplicemente, dell’esistenza storica di un «esperto di negozi ecclesiastici e, insieme, di varia e ricca erudizione» per dirla con parole di Adriano Prosperi5. Amici, allievi e contemporanei, del resto, non hanno trovato altra definizione per Celio se non quella di “dotto”, pur chiamandolo in causa per competenze specifiche. Ludovico Ariosto lo indicò, sin dalla prima edizione dell’Orlando, nel canto XLII, 90, 5, come il «dotto Celio Calcagnin» intendendo elogiare le sue doti di poeta encomiastico, in versi latini ovviamente6. L’allievo Giovan Battista Giraldi Cinzio, nel testo di una celebre epistola indirizzata al duca Ercole II, scritta con ogni probabilità quando Celio era ancora in vita, definì il suo maestro «dottissimo et eccellentissimo huomo»7. Il carmelitano fiorentino Francesco Giuntini, sfortunato teologo ma astrologo tra i più famosi nella seconda metà del Cinquecento, pubblicando nell’edizione del 1581 del suo Speculum astrologiae lo schema caelicum della Ferraria vetus volle chiosare in questo modo – pur nel limitato spazio concesso al testo di una didascalia – uno dei tre autori di quel tema astrologico natale: «Caelius Calcagninus Ferrariensis vir doctissimus»8. Ortensio Lando nei suoi Paradossi, di cui è provata la recezione già nel 1543, trattando il tema Non è cosa biasmevole né odiosa l’esser bastardo (Paradosso XVIII), descrisse così il figlio naturale del protonotario Calca-

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PROSPERI, Intellettuali e Chiesa, p. 188. «El dotto Celio Calcagnin lontana / farà la gloria e il bel nome di quella / nel regno di Monese e in quel di Iuba, / in India in Spagna udir con chiara tuba». «Quella» è Diana figlia di Sigismondo d’Este. Nell’edizione del 1532, nel canto XLVI, 14, 8, Ariosto tornò a ricordare Calcagnini tra i poeti, ma inserendolo, col solo nome, in un piccolo gruppo di medici-umanisti ferraresi oggi non proprio famosissimi – «Veggo il Mainardo, veggo il Leoniceno /, il Pannizzato, e Celio e il Teocreno» – mettendolo al posto del Dresino, il Trissino, e di Floriano Montini, poeti presenti già nella prima edizione, e che nel 1532 furono inseriti nel canto XVL, 12. 7 GIRALDI, Didone, p. 132. L’epistola – nella sostanza, un trattato di poetica composto in risposta alle obiezioni mosse a Giraldi all’indomani della rappresentazione della sua tragedia Didone – circolò in origine solo nell’ambito degli intellettuali ferraresi, venendo in seguito meglio organizzata dal suo autore. La sua pubblicazione avvenne nella princeps della tragedia, che è dell’anno 1583: qui fu stampata in coda al testo e con la data 1543 ma, proprio per il modo in cui Giraldi si esprime su Celio Calcagnini, è sembrato legittimo a molti studiosi congetturare una stesura di quel testo, almeno del suo nucleo originale, prima dell’aprile 1541. 8 GIUNTINI, Speculum astrologiae, p. 817. Questo, il testo completo della didascalia posta a fianco della figura: «Istud schema caelicum supputavit Caelius Calcagninus Ferrariensis vir doctissimus, et Priscianus de Peregrinis, vel potius Ioannes Blanchinus Bononiensis».


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gnino: «Non ci dettero anche un Celio Calcagnini uomo e per civiltà de costumi e per profonda intelligenza di tutte le gravi discipline singolare ornamento e splendore della città di Ferrara?»9. Ma la definizione più illuminante di questo personaggio – «uno dei più enigmatici e, nello stesso tempo, dei più rappresentativi della cultura del suo tempo»10 – ci pare esser quella contenuta in una lettera a Galileo, scritta tra il 1615 e il 1616 probabilmente da Paolo Antonio Foscarini: «huomo universale»11.

9 LANDO, Paradossi, p. 188. Come nota l’editore, Ortensio Lando conosceva vita e opere di Calcagnini, avendo relazioni con l’accademia degli Elevati di Ferrara, fondata e promossa proprio da Calcagnini nel 1541, in quello che sarebbe stato l’ultimo suo anno di vita. 10 PROSPERI, Premessa, p. 19. 11 Ricordata in GARIN, Scienza e vita civile, p. 140: nella lettera si sostiene che il moto della terra potrebbe fondarsi sul consenso di molti antichi e moderni «anco inclusi de’ Peripatetici, come furono Niccolò Cardinal Cusano, eccellentissimo mathematico, Celio Calcagnino, huomo universale, et Andrea Cesalpino, moderno filosofo».


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