ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
FONTI PER LA
STORIA DELL’ITALIA MEDIEVALE RERUM ITALICARUM SCRIPTORES (Terza serie) 15
ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO PALAZZO BORROMINI PIAZZA DELL’OROLOGIO
2018
EDIZIONE NAZIONALE DEI TESTI DELLA STORIOGRAFIA UMANISTICA ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
ALBERTINO MUSSATO
DE GESTIS ITALICORUM POST HENRICUM VII CESAREM (LIBRI I-VII)
a cura di RINO MODONUTTI
ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO PALAZZO BORROMINI PIAZZA DELL’OROLOGIO
2018
Il volume è stato stampato in coedizione con l’Edizione nazionale dei testi della Storiografia umanistica, che lo ha accolto nella sua collana «Il ritorno dei Classici nell’Umanesimo» IV, n. 12
Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo Redattore capo: Salvatore Sansone
ISSN 1924-3912 ISBN 978-88-98079-90-2
© 2018 Edizione nazionale dei testi della Storiografia umanistica © 2018 Istituto storico italiano per il Medio Evo © 2018 SISMEL ǜ Edizioni del Galluzzo
TITOLO CORRENTE DESTRO
INTRODUZIONE
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TITOLO CORRENTE SINISTRO
TITOLO CORRENTE DESTRO
1. AUTORITRATTO
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POLITICO
Capace di elevarsi da uomo di estrazione sociale medio-bassa a notaio e quindi a figura di spicco della politica padovana, fino a diventare uno degli intellettuali chiave del primo Trecento in un orizzonte ben più vasto di quello cittadino, Albertino Mussato (1261-1329) incarna l’ideale dei ceti emergenti dell’Italia comunale, così come quello dell’uomo poliedrico dei tempi nuovi, tragediografo, storico, poeta, politico, miles, quasi antesignano del polimata umanistico. Più che soffermarsi sui dati minuti della sua biografia, anche di recente autorevolmente riconsiderati, è forse qui opportuno provare a esaminare l’autorappresentazione che il Padovano offre di sé nei primi sette libri del De gestis Italicorum. Non si può infatti dimenticare che proprio le sue opere costituiscono la più ricca fonte di informazioni sulla sua vita, soprattutto pubblica, e sulla sua produzione letteraria.1 Questo tipo di analisi è già stato più volte condotto su un’opera come l’Elegia de celebratione sue diei nativitatis fienda vel non, composta nell’autunno del 1317 da un Albertino alle soglie del suo cinquantaseiesimo compleanno,2 o sulle Epistole metriche, molto spesso con particolare attenzione all’evento cruciale della biografia intellettuale del Mussato, ossia l’incoronazione poetica, mentre la produzione storiografica è rimasta più ai margini della ricerca anche sotto questo aspetto, sebbene per dettaglio e abbondanza di notizie il De gestis Henrici septimi Cesaris, il De gestis Italicorum post Henricum septimum Cesarem, e la Traditio civitatis Padue ad Canem Grandem rivestano un ruolo cen1. I due più completi e aggiornati profili biografici del Mussato sono ZABBIA, Mussato, Albertino (2012) e GIANOLA, Profilo biografico (2015), dove, alla n. 1 (pp. 3-4), si può trovare una bibliografia ragionata e delle fonti e degli studi fondamentali sulla vita, la carriera politica e l’opera del Padovano. Tra gli altri è opportuno ricordare i saggi di Andrea Gloria (Documenti inediti e Nuovi documenti), Antonio Zardo (Albertino Mussato), Michele Minoia (Albertino Mussato), Jakob Wychgram (Albertino Mussato), Manlio Torquato Dazzi (Intorno alla nascita; Intorno alla nascita III; Il Mussato preumanista), Natalino Sapegno (Il Trecento, pp. 152-156), Guido Billanovich (Il preumanesimo; Abbozzi e postille; Veterum vestigia vatum), John K. Hyde (Padova), Sante Bortolami (Albertino Mussato), Ronald Witt (Sulle tracce degli antichi, pp. 121-177); e ora anche GALLO, Mussato; ALBANESE, “Poeta et historicus”; nonché GIANOLA, Arrigo VII e Albertino; INDIZIO, L’Epistola XIII; LEE, Albertino Mussato; ID., Humanism; e GIANOLA, Mussato e la “lingua” di Livio. Un quadro complessivo sulla sua produzione letteraria, ormai però bisognoso di aggiornamenti, è LANZA, Albertinus Mussatus. 2. Una recente edizione dell’Elegia, con traduzione francese, in CHEVALIER, Le statut de l’élégie. Su di essa, oltre allo studio premesso all’edizione, da ultimo, ZABBIA, Note autobiografiche.
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INTRODUZIONE
trale e ineludibile, non fosse altro perché in tali opere Albertino compare più volte come agens nella trama degli eventi, sempre raccontato in terza persona, come se fosse un personaggio tra gli altri. In particolare, una funzione di riflessione generale sulla sua vita e sulla sua attività politica comparabile con quella dell’Elegia la riveste un’accorata perorazione inserita nel IV libro del De gestis Italicorum,3 e su di essa è opportuno centrare l’attenzione per provare ad arricchire di qualche elemento nuovo il ritratto del Mussato.4 Già la sua lunghezza, più di duemila parole, fuori scala rispetto agli altri discorsi che si leggono nelle storie e ai quali può per molti aspetti essere accostata, ne fa intuire il rilievo.5 Questa perorazione è individuata nei codici dalla rubrica Invectiva Albertini Muxati in plebem Paduanam,6 e segue senza soluzione di continuità e senza alcuna introduzione narrativa il concitato racconto del violento e sanguinoso tumulto suscitato nell’aprile del 1314 a Padova dai giovani Niccolò e Obizzo da Carrara – nel silenzio dei «maiores natu» della famiglia, Giacomo e Ubertino – contro la pars Guelpha, della quale Mussato era a quell’altezza uno dei capi.7 Secondo lo storico quelli del tumulto furono due giorni tremendi, nel secondo dei quali erano state prese d’assalto anche le case dello stesso Albertino, che era rocambolescamente fuggito riparando a Vigodarzere. Dopo che il furore popolare si fu placato, le istituzioni comunali riunite decretarono, tra gli altri provvedimenti, il richiamo immediato dell’illustre fuoriuscito, che tornò in città con tutti gli onori: A. Muxatum, ignare plebis prolapsu indigne molestatum, secretis publicisque consiliis evocandum, habendum, conciliandum proque accepta contumelia prestantioribus honoribus extolendum, memoria rerum gestarum a Iacobo de Carraria et gravioribus multa ellegantia commendatum.8
3. Si tratta della terza orazione del Mussato personaggio inserita nel corpo dei due De gestis. Cfr. MODONUTTI, Le orazioni, pp. 132-140. 4. Per un’analisi delle orazioni inserite da Albertino nelle sue storie, MODONUTTI, Le orazioni. Cfr. anche DAZZI, Il Mussato storico, pp. 468-471. 5. Due discorsi di nodale importanza, presenti nel De gest. Henr. (VI 2-15 [415C-420B]), ossia quello di Rolando da Piazzola davanti al consiglio maggiore all’inizio del 1312 dopo l’ultima lunga e complessa legazione presso la corte imperiale (riunione nella quale la città, contro il parere di Albertino decise di ribellarsi a Enrico VII), e la contestuale replica dello stesso Mussato, non superano insieme le mille e duecento parole. In uno dei momenti di maggiore tensione narrativa di De gest. Ital., I-VII, le trattative per la prima pace tra Padova e Cangrande, il discorso di Giacomo da Carrara (De gest. Ital., VI 60-65) non arriva a seicento. Su queste orazioni vd. ancora MODONUTTI, Le orazioni, pp. 128-130. 6. Sulle rubriche che accompagnano il De gest. Ital. nei codici e nelle edizioni, vd. infra, Nota al testo, pp. 122-128; e MODONUTTI, Rubriche ed “Epithomata”. 7. Il racconto del tumulto occupa i §§ 1-29 del libro IV. Per Niccolò e Obizzo da Carrara si rimanda alle nn. 33 e 34 a De gest. Ital., IV 8. 8. De gest. Ital., IV 29.
AUTORITRATTO POLITICO
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Un plebiscitum e un senatus consultum sancirono questa e le altre deliberazioni e Mussato ritornò, pronunciando forse un discorso di cui l’invectiva in plebem potrebbe essere la compiuta elaborazione letteraria:9 dal tentato assalto alla sua dimora erano passati due giorni.10 Buona parte dell’accusa contro la plebs si sostanzia nella forma di un elogio della sua opera a favore della città, con un dettagliato elenco delle proprie azioni; l’accusa è per la parte maggiore un’orgogliosa rivendicazione dei propri meriti e di quelli del fratello Gualpertino, abate del monastero di Santa Giustina. Ma già le righe appena citate si prestano ad alcune importanti considerazioni. Oltre a quel che si dirà più oltre sui rapporti tra Giacomo da Carrara e Albertino, se si tiene conto dei tempi, risulta quantomai significativo che nelle deliberazioni sopra richiamate si dica che Mussato era «prestantioribus honoribus extolendus». Poco più di un anno e mezzo dopo, il 2 dicembre 1315, il collegio dei giudici di Padova si pronunciò sull’onore che il giorno successivo sarebbe stato conferito al Mussato, l’incoronazione «moribus antiquis» come poeta e storiografo.11 Mi pare ragionevole che i prestantiores honores, da conferire quasi come ammenda per i fatti dell’aprile 1314, anche nel clima di una rinnovata fiducia politica tra Giacomo e Albertino, possano essere riconosciuti come il seme, se non già come i primaverili germogli, dell’alloro, dell’edera e del mirto che avrebbero cinto la fronte del Padovano. È il momento di tornare all’invettiva contro la plebe da cui si sono prese le mosse, nella quale, dopo le parole iniziali di captatio benevolentiae rivolte alle istituzioni cittadine, Albertino concentra subito l’attenzione su di sé: Pudeat me an erubescam, si bene quid merui, tanta circumventus ingratitudine, laudes ipse meas predicare? Pudeat, si iactanter; non quippe si ad iniurias propulsandas effari cogit preteriti causa discriminis: fortissimi equidem viri constantiam violentus metus exsuperat.12
9. Che questa sezione non possa essere del tutto equiparata alle altre orazioni presenti nei De gestis e quindi considerata sotto ogni aspetto un intervento del Mussato personaggio, è suggerito anzitutto dalla mancanza di qualsiasi introduzione narrativa, sia all’inizio che alla fine dell’invettiva, nonché dal fatto che in essa Albertino parli talvolta di sé anche in terza persona (De gest. Ital., IV 31), ossia le sue parole entrino talvolta nell’ambito di pertinenza del Mussato narratore. Né basta a bilanciare questi elementi il fatto che queste pagine si aprano e si chiudano con due accorate apostrofi, visto che altrove questo si verifica: nel De gestis Italicorum si possono ricordare le apostrofi al dedicatario Pagano della Torre (per le quali vd. infra); ma soprattutto la Traditio, composta in esilio, si chiuderà proprio con una lunga invettiva direttamente rivolta a Marsilio da Carrara (§§ 362-378).Tuttavia alcuni piccoli elementi sembrano suggerire che l’invettiva quantomeno nasca da un discorso pronunciato al ritorno: si tratta della presenza del participio astantes riferito a proceres nelle primissime righe dell’invettiva stessa (De gest. Ital., IV 30); e dell’espressione hoc atrium nell’elenco di quanto Mussato riuscì a salvare per i Padovani grazie alle sue mediazioni presso la corte imperiale (De gest. Ital., IV 37). 10. Cfr. De gest. Ital., IV 31. 11. L’atto è ora criticamente edito e analizzato in ALBANESE, “Poeta et historicus”, pp. 5-14. Cfr. anche CHEVALIER, Le couronnement; e ALBANESE, “De gestis Henrici”. 12. De gest. Ital., IV 30.