ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
FONTI PER LA
STORIA DELL’ITALIA MEDIEVALE
REGESTA CHARTARUM
59
ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO PALAZZO BORROMINI PIAZZA DELL’OROLOGIO 2015
PERGAMENE NELL’ARCHIVIO DEL CAPITOLO CATTEDRALE DI SAN PIETRO IN FONDI
(1140-1494) a cura di Giovanni Pesiri
ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO PALAZZO BORROMINI PIAZZA DELL’OROLOGIO 2015
Il volume è stato pubblicato con il contributo della Banca Popolare di Fondi.
Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo Redattore capo: Salvatore Sansone Redazione: Silvia Giuliano
ISSN 1722-9405 ISBN 978-88-98079-33-9
INTRODUZIONE
Il monaco benedettino Costantino Gaetani fu – per quanto è dato conoscere – il primo studioso a consultare le pergamene del capitolo cattedrale di Fondi e a lasciare traccia scritta del suo passaggio. Annotò infatti nel proprio taccuino di viaggio del 1603 alcuni appunti su dodici documenti del periodo 1179-1464, selezionati ex monumentis ecclesiae Fundanae: due del XII secolo (anni 1179 e 1192); quattro del XIII (anni 1203, 1264, 1265, 1300); quattro del XIV (anni 1314, 1320, 1321, 1334); due del XV (anni 1402 e 1464)1. Solo la metà di essi ci è pervenuta e degli altri ci resta oscuro il contenuto, poiché l’erudito, quando non si trattava di documenti pontifici o di concessioni d’indulgenze, ne estraeva di norma la data, oltre ai nomi e alla titolatura di vescovi e cardinali, nonché dei personaggi di Casa Caetani. La perdita di maggior rilievo sembra quella di un atto datato Palermo, 7 novembre 1179, di cui parleremo più avanti. Un ulteriore enigma ci è proposto dall’abate Gaetani in merito a una pergamena oggi dispersa – in data Fondi, 23 gennaio 1464 – nella quale il cardinale Bartolomeo Roverella avrebbe accordato cento giorni d’indulgenza ai devoti visitatori della cappella di San Matteo nella cattedrale2. Pare che dopo il 1603 il fondo membranaceo del capitolo sia rimasto per lungo tempo ai margini del mondo degli studi; ad esempio, non ne tennero conto per l’Italia sacra né Ughelli né i suoi revisori, che dimostrano di conoscere la documentazione dell’archivio episcopale, ma quasi sempre ignorano i dati inerenti ad alcuni presuli citati, invece, nelle pergamene capitolari3. 1
p. 79.
Gaetani, De Familia Caietana, pp. 106-108; cfr. Pesiri, Un taccuino di viaggio,
2 Gaetani, De Familia Caietana, p. 108; cfr. Pesiri, Un taccuino di viaggio, p. 79. Su una cappella dedicata a san Matteo nella chiesa di San Pietro a Fondi nulla emerge dalle pergamene capitolari, né dagli atti della visita pastorale compiuta nel 1599 (cfr. Sacra visitatio 1599, I, ad Indicem). 3 Si veda infra, § 1.3 e § 4.
VIII
GIOVANNI PESIRI
Si può parlare di una “riscoperta” di queste fonti solo agli inizi del secolo scorso, per merito di Pietro Fedele. Lo studioso minturnese, che aveva da poco intrapreso l’esplorazione degli archivi ecclesiastici locali per la «raccolta di carte gaetane», esaminò anche i documenti della cattedrale di San Pietro Apostolo a Fondi: il primo esito del sopralluogo fu la trascrizione di un privilegio, già allora gravemente mutilo, di papa Anastasio IV (1153-1154), pubblicata nel 1901 da Kehr4. Un’eco molto maggiore riscosse l’edizione di una pergamena contenente due inventari in volgare, uno dei quali recava la data 30 luglio 1404. Per il più antico di essi Fedele propose, non senza qualche riserva, una datazione alla fine del XII secolo, con l’effetto di farlo accogliere nel canone dei primi testi della lingua italiana5; e allo scopo di garantire l’idonea custodia di tale pergamena, che era intenzionato a rendere nota anche in facsimile nell’Archivio paleografico italiano, ne ottenne il deposito presso l’Archicenobio Cassinese (caps. CXVII)6, dove nel 1942 fu fotografata; in seguito i tentativi di reperirla non hanno dato frutto, e si spera che essa abbia superato indenne la tragedia che sconvolse l’Abbazia durante l’ultima guerra mondiale7. Va ricordato che questo intervento non fu un episodio isolato, in quanto Fedele si adoperò per il recupero di documenti e opere d’arte del Lazio meridionale esposti al rischio di dispersione, come le pergamene dell’estinto monastero benedettino di San Martino di Itri, che donò a Montecassino; altri due “lunghi inventari itrani” erano sistemati nel museo da lui allestito nella torre di Paldolfo Capodiferro sul Garigliano, devastata nel corso dell’ultima guerra8. 4 Kehr, Papsturkunden III, pp. 142-143 e 161; cfr. IP VIII, p. 96, n. 3. Si veda infra, doc. 3. Un accenno alla collaborazione di Fedele con Kehr in Bertolini, Pietro Fedele, pp. XXXIII-XXXV; circa le recensioni a Kehr cfr. Palumbo, Bibliografia, pp. 28, 30, 32. Per un quadro generale dei rapporti tra i due studiosi si veda Houben, Pietro Fedele, Benedetto Croce, pp. 665-674. 5 Fedele, Un documento Fondano, pp. 555-560. 6 Credo in relazione anche con il trasferimento della pergamena studiata da Fedele, nonché dell’Exultet di Fondi, la notizia, riferita nel 1935 a G. Mansillo dal parroco di San Pietro, della venuta di alcuni padri Benedettini che avevano esaminato i documenti della cattedrale di Fondi e portato con sé a Montecassino «quelli rispondenti allo scopo della loro opera monumentale, il Codex Diplomaticus Cajetanus» (Mansillo, La Sacra visita, p. 125). Del rotolo dell’Exultet fu realizzata a Montecassino una riproduzione in tredici tavole a colori, edita in Latil, Le miniature. 7 Per questa pergamena si veda infra, Appendice, docc. 1-2. 8 Cfr. CDC, III/1, pp. VI-VII. Sulle vicende del museo creato da Fedele nella torre cfr. D’Onofrio, Il museo di Pietro Fedele, pp. 51-57; per dettagli su natura e
INTRODUZIONE
IX
Non meraviglia, perciò, che nel 1905 lo studioso preannunciasse una «particolareggiata notizia» sulle carte di interesse gaetano, tra cui quelle di Fondi e Itri, un lavoro che sembra rimasto nel cassetto9; ma qualcuno ha visto, a ragione, in tale accenno il germe del progetto preliminare all’edizione di un supplemento ai due tomi del Codex diplomaticus Cajetanus apparsi nell’ultimo ventennio del secolo precedente10. L’interesse per il territorio di origine, mai assente dai pensieri del professore minturnese11, in quel periodo seguì varie direttrici: la più evidente è quella dello studio scientifico, sfociata in una serie di saggi apparsi tra il 1896 e il 190712. Ma il suo piano di raccolta e valorizzazione dei documenti medievali della regione gaetana lo portava a stringere rapporti più profondi con l’Abbazia Cassinese, culla del Codex diplomaticus Cajetanus, e con i monaci addetti all’Archivio e alla Biblioteca, fino a seguire i loro stessi lavori di edizione; a essi nel 1913 commissionò da Torino una copia del manoscritto settecentesco della storia di Gaeta di Girolamo Gattola13. Dopo il ritorno a Roma nel 1915, principale referente cassinese divenne il suo allievo Tommaso Leccisotti, che fu da lui esortato più volte a riprendere la meritoria opera di prosecuzione del Codex: seguendo le indicazioni di Fedele, il progetto editoriale si ampliò fino a comprendere otto volumi, il terzo e il quarto dei quali nel 1943 erano pronti per la stampa e furono presentati da Leccisotti allo storico, ormai molto sofferente, ma non meno appassionato all’opus magnum14. consistenza del materiale ivi raccolto si veda l’Appendice II dello stesso volume, pp. 170-194, che riproduce l’elenco parziale pubblicato in Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, L’opera da ritrovare, pp. 299-320. 9 Fedele, Una carta Fondana, p. 375 nota 3. 10 Mi riferisco a Cardi, Io dico seguitando (Dante, Inf., VIII, 1), p. 198. 11 Su questi aspetti cfr. Cardi, Pietro Fedele e Gaeta, pp. 16-22. 12 Oltre ai già citati Fedele, Un documento Fondano, del 1901, e Una carta Fondana, del 1905, segnalo Id., Di un preteso dominio; La battaglia del Garigliano, pp. 181-211; Un’iscrizione del campanile, pp. 13-14; Le famiglie di Anacleto III, pp. 399-440; Il ducato di Gaeta, pp. 50-113; Di un preteso duca di Gaeta, pp. 774-783; L’Exultet di Fondi, pp. 6-7; Un diplomatico, pp. 345-359; Due nuovi documenti gaetani, pp. 435-448. Quasi tutti questi saggi sono ora riprodotti in Fedele, Scritti storici. Per una rassegna puntuale della produzione “gaetana” dello storico minturnese si veda Fonseca, Pietro Fedele, pp. 22-29. 13 Cfr. Avagliano, Pietro Fedele e Montecassino, pp. 59-64. 14 Ivi, pp. 60-68. È esplicita al riguardo la Premessa di T. Leccisotti alla ristampa anastatica di CDC, I, p. 5 non num.: «Il vasto programma di raccolta dei documenti gaetani che, ampliando il piano originario degli editori del Tabularium
X
GIOVANNI PESIRI
Secondo le intenzioni degli editori cassinesi, che nel 1958 e nel 1960 diedero alle stampe i due volumi della Pars III del Codex diplomaticus Cajetanus, ai quattro già preparati dovevano far seguito ulteriori tomi dedicati agli «altri documenti riguardanti la regione gaetana [...] quelli cioè del monastero di Sant’Angelo [di Gaeta] e quelli, sommariamente noti dal Repertorio, del Comune di Gaeta, conservati già nell’Archivio di Stato di Napoli e ora miseramente perduti; le carte di San Pietro di Fondi ed altre ancora»15. Fedele si occupò in concreto anche delle pergamene fondane, affidando nel 1935 al suo allievo Giovanni Mansillo il compito di esplorare gli archivi locali; nell’estate dello stesso anno Mansillo, grazie a una lettera di presentazione del prof. Angelo De Santis, discepolo e concittadino di Fedele, ottenne l’accesso all’archivio di San Pietro e compilò un elenco topografico e uno cronologico delle pergamene reperite in dodici cassetti e in una cassa. L’elenco cronologico, in cui sono trascritte solo le note dorsali di 243 documenti – due dei quali tabelle di onera missarum – fu dato alle stampe all’inizio degli anni Settanta16. Le operazioni belliche lungo la Linea Gustav, con i bombardamenti che martellavano i centri del Lazio meridionale abbandonati dagli abitanti costretti allo sfollamento, crearono non poche apprensioni anche per l’integrità delle carte e delle opere d’arte rimaste nelle chiese, spesso deserte e pericolanti, se non ridotte in macerie.
Casinense, da chi scrive era stato prospettato a Pietro Fedele, autorevole incitatore alla ripresa, e da lui approvato, prevedeva come coronamento una nuova edizione delle prime due parti»; si veda anche ivi, III/1, pp. VI e VIII. 15 Ivi, III/1, p. VII. Le trascrizioni delle prime settanta pergamene di Gaeta (1187-1440), eseguite dagli archivisti napoletani, sono state edite per interessamento del Comune di Gaeta e della Regione Lazio nel volume Le Pergamene di Gaeta. L’intero fondo membranaceo gaetano (249 pergamene), distrutto nel 1943, era finora noto attraverso i sommari pubblicati nel 1884 dall’Archivio di Stato di Napoli (cfr. Repertorio delle pergamene). Per una panoramica aggiornata sulle iniziative editorali delle fonti documentarie medievali nel territorio del Lazio odierno – con l’inclusione, quindi, della “regione meridionale” staccata dalla provincia campana di Terra di Lavoro negli anni Venti – si veda Lori Sanfilippo, L’edizione dei documenti medievali, pp. 289-305; per approfondimenti circa la stessa attività in area romana nel periodo post-unitario cfr. Lori Sanfilippo, La Società romana e le edizioni di documenti, pp. 103-122. 16 Mansillo, La Sacra visita, pp. 128-143. Dall’esame delle note dorsali l’A. individuò tre pergamene del XII secolo, sedici del XIII, quarantotto del XIV, ventotto del XV, venticinque del XVI, settantotto del XVII, ventitré del XVIII, oltre a sei atti «con deficiente datazione» e ad altri sedici «con deficiente datazione e sommario».
INTRODUZIONE
XI
I danni alla documentazione di San Pietro furono abbastanza limitati, poiché il clero aveva adottato particolari cautele per la sua salvaguardia e murato le pergamene «in nascondigli sicuri», come scrisse Giulio Battelli, che il 10 dicembre 1943 raggiunse Fondi con l’incarico di porre in salvo le opere d’arte e le scritture più pregevoli17. Nel 1986, la sensibilità e la cortesia del parroco don Luigi Mancini mi hanno aperto la porta dell’ormai silente archivio di San Pietro; in una serie di ricognizioni vi ho potuto riconoscere circa 250 tra volumi e registri, oltre a un numero non precisabile di pacchi, pertinenti alla parrocchia, al capitolo e alla curia vescovile: registri dei battezzati, dei matrimoni e dei morti, verbali delle adunanze capitolari, libri delle messe celebrate, inventari di beni, atti di permuta e locazione, testamenti, stati delle anime, scritture contabili risalenti alla prima metà del XVI secolo18. Un sacco di iuta, recante una svastica, conteneva 244 pergamene, e altre due in pessimo stato – le tabelle degli onera missarum censite da Mansillo – erano frammiste al materiale cartaceo: nell’estate del 1986, grazie all’aiuto di Bruna Angeloni, fu possibile compilarne un primo accurato elenco, anche se non dettagliato in ogni sua parte a causa del precario stato di conservazione di un buon numero di documenti, alcuni dei quali non potevano nemmeno essere srotolati o dispiegati. Un provvidenziale contributo finanziario, erogato ex lege 253/86 dall’allora Ufficio centrale per i beni archivistici del Ministero per i beni culturali e ambientali, ha consentito di restaurare ben 236 pergamene e di formulare, quindi, un progetto finalizzato almeno alla pubblicazione delle più antiche, in tutto 111, per un totale di 116 documenti del periodo 1140-1494, provenienti dall’archivio della cattedrale di San Pietro e da quello della collegiata di Santa Maria Assunta, o de Platea19; nell’Appendice si è voluto pro17 18
Battelli, Per la tutela, p. 68; cfr. Battelli, Il censimento, p. 89. L’unica visita pastorale superstite sembra quella del vescovo Giovanni Battista Comparini nel 1599, ora edita (Sacra visitatio 1599). Sono da segnalare anche 27 protocolli di cinque notai fondani (1585-1779), relitto oltremodo prezioso se teniamo a mente che gran parte degli atti dei notai operanti a Fondi fino a metà del XIX secolo, versata all'Archivio notarile distrettuale di Cassino, è andata distrutta nel corso dell'ultimo conflitto: cfr. Commissione alleata, Rapporto finale sugli archivi, p. 72; inoltre, I danni di guerra, p. 49. 19 Quanto alle fasce cronologiche, 8 documenti sono del sec. XII, 19 del XIII, 56 del XIV e 33 del XV secolo; di questi ultimi si presenterà solo un ampio regesto. Le tipologie più rappresentate sono compravendite, donazioni, testamenti, oblazioni, atti giudiziari, inventari di beni. Vorrei esprimere sincera gratitudine al prof.
XII
GIOVANNI PESIRI
porre anche una nuova edizione dei due inventari in volgare scoperti da Fedele e pubblicati per la prima volta nel 1901. Il progetto ha potuto concretarsi durante l’alunnato presso l’Istituto storico italiano per il Medioevo, presidenti Girolamo Arnaldi e Massimo Miglio; senza il loro benevolo sprone questo lavoro non avrebbe visto la luce, lasciando irrealizzato uno dei desiderata di Pietro Fedele, loro predecessore, che tante energie aveva speso per il compimento del corpus delle fonti utili alla storia del Lazio meridionale nell’Età di Mezzo20. 1. La cattedrale di Fondi dedicata a san Pietro 1.1. Le origini della cattedrale Sui primordi della chiesa dedicata all’apostolo Pietro, sede fino al 1818 della cattedra vescovile di Fondi, non poche sono le ipotesi formulate. Le attuali strutture d’impronta duecentesca21 occupano un’area prossima alla Porta de Suso, limite sud est della più importante arteria della città, che fino agli inizi del Novecento è rimasta all’interno del castrum di IV-I secolo avanti Cristo. L’antico municipio di Fundi, dalla pianta grosso modo quadrata, era solcato da un reticolo di assi viari ortogonali e chiuso dal circuito di mura in cui si aprivano quattro porte e alcune posterle: i due varchi principali sorgevano alle estremità del cosiddetto “decumano massimo”, cioè il tratto urbano della via Appia proveniente da Roma, che attraversava Fondi e proseguiva per Formia e Capua22. Nel cuore di questo nucleo romano, all’incrocio tra le due arterie centrali, si apriva il foro, destinato a rimanere il fulcro della vita civica anche nelle epoche successive, quando vi sorsero la casa dell’Universitas e la colleRaffaello Volpini per le parole d’incoraggiamento e per qualche preziosa indicazione fornitami nell’ormai lontana fase iniziale di questo lavoro. 20 Mi è gradito ringraziare, nella persona del presidente Giuseppe Rasile, la Banca Popolare di Fondi per aver voluto inserire tra i propri interventi di sostegno alla cultura questo progetto di edizione di fonti strettamente legate al territorio in cui l’istituto opera da oltre un secolo. 21 Si vedano, da ultimo, Pinto, La chiesa di S. Pietro, pp. 77-94, e Pistilli, Risiedere in città, pp. 98-99. 22 Cfr. ora Quilici - Quilici Gigli, Ricerche di topografia, pp. 193-318; di Fazio, Il circuito murario romano, pp. 15-41; L. Quilici - S. Quilici Gigli, Sulle porte delle mura, pp. 21-34.