Andrea A. Verardi, La memoria legittimante: il Liber pontificalis e la chiesa di Roma del secolo VI

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ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO

NUOVI STUDI STORICI – 99

ANDREA A. VERARDI

LA MEMORIA LEGITTIMANTE: IL LIBER PONTIFICALIS E LA CHIESA DI ROMA DEL SECOLO VI

ROMA

nella sede dell’istituto palazzo borromini

2016


Nuovi Studi Storici collana diretta da Girolamo Arnaldi e Massimo Miglio

Il lavoro è stato giudicato meritevole di pubblicazione nel quadro del concorso per l’assegnazione di due borse di studio post-doc, bandite dall’Istituto per il biennio 2014/2016

Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo Redattore capo: Sansone Coordinatore scientifico: Salvatore Isa Lori Sanfilippo

ISSN 1593 - 5779 ISBN 978-88-98079-43-8 Stabilimento Tipografico « Pliniana » - V.le F. Nardi, 12 - 06016 Selci-Lama (Perugia) - 2016


A Gilmo Arnaldi... A Vincenzo Matera... Ai sogni e alle passioni...



Una lunga premessa... La ricerca che presento in questo volume nasce da una domanda un po’ naive, e per certi versi spavalda, che posi a Gilmo Arnaldi in occasione di un suo intervento all’interno del corso universitario tenuto da Lidia Capo nel primo semestre dell’a.a. 2006/2007 presso la “Sapienza” Università di Roma, intitolato “Il Liber Pontificalis e la storia di Roma nei primi secoli del Medioevo”. In quell’occasione, alla fine di una sua lezione sul papato formosiano, gli chiesi come gli storici avessero potuto avanzare delle ipotesi storiografiche importanti sulla chiesa altomedievale romana basandosi quasi esclusivamente su di una fonte come il Liber Pontificalis, della quale ignoravamo molto riguardo gli autori, l’origine e le sue funzioni. Fu così che, dopo un incontro con lo stesso Arnaldi, Giulia Barone e Lidia Capo, proposi l’idea di valutare il rapporto tra il Liber, il suo contesto redazionale e il diritto canonico altomedievale. Quella prima intuizione, del tutto teorica, si concretizzò poco dopo in una tesina esplorativa, discussa come prova d’esame del suddetto corso nel giugno del 2007, nella quale proponevo l’ipotesi del tutto teorica di un’origine poligenetica e polifunzionale del Liber Pontificalis, mettendo in luce la necessità di considerare i tre testi come tre differenti e autonomi stadi redazionali, proposta che prendeva le mosse dalla semplice valutazione dei dati offerti dalle edizioni curate da Louis Duchesne e da Theodor Mommsen. Intorno a quel lavoro e alla teoria di tre versioni separate del primo Liber Pontificalis, sui cui tornerò con maggiore puntualità a breve, sono scaturite poi una tesi di laurea magistrale, discussa presso l’Università di Roma “La Sapienza” nel 2008 1, e una dottorale, discussa nel giugno 2013 presso l’Università di Roma “Tor Vergata” 2, di cui in questa sede riporto i principali risultati. Questa mia indagine comunque non nasce dal nulla, essa è stata favorita da un milieu storiografico favorevole: la vexata quaestio della 1 A.A. 2 A.A.

Verardi, Genesi e funzioni. Verardi, La genesi.


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genesi e datazione del Liber Pontificalis infatti era stata formalmente riaperta da una decina di anni grazie agli studi dell’olandese Herman Geertman 3. La sua attività ha avuto il merito di sensibilizzare la comunità scientifica nei confronti di un argomento considerato sostanzialmente “chiuso” dopo lo studio effettuato da Duchesne sul finire del XIX secolo 4. Uno dei primi problemi che ho riscontrato nell’affrontare il tema prefisso è stato quello di cercare di capire che cosa fosse il Liber. Come è noto, con il titolo di Liber Pontificalis si indica, almeno a partire dall’edizione curata dal Duchesne 5, la raccolta di biografie papali, presentate in serie cronologica a partire da Pietro, contenenti informazioni di carattere vario (dall’attività ‘legislativa’ alla munificenza pub­blica), differenti per lunghezza ma accomunate da una medesima strut­tura 6. Come ha recentemente sottolineato Lidia Capo nel suo contributo Il Liber Pontificalis, i Longobardi e la nascita del dominio territoriale della chiesa romana, «la particolare struttura delle biografie è la caratteristica peculiare del Liber, essa «è» il Liber, il quale non esiste senza di essa» 7. Se, infatti, le singole notizie appartengono a forme testuali altre (cataloghi, raccolte canoniche, liste dei beni ecclesiastici, biografie degli uomini illustri di stampo classico), l’idea di inserirle tutte all’interno del medesimo testo e la formula scelta per farlo sono una conquista, avvenuta dopo diversi tentativi, degli autori del Liber. Sperimentazioni in questa direzione sono documentate più volte a partire dal IV secolo (si prendano ad esempio un’importante fonte del Liber come il cosiddetto Catalogo Liberiano 8 o il Frammento Lau-

3 H. Geertman, Documenti, redattori, questo saggio è stato ristampato, insieme ad altri dedicati dallo studioso al Liber in «Hic fecit basilicam», pp. 149-167. 4 L. Duchesne, Le Liber. 5  Riguardo al problema del nome Liber Pontificalis si vedano O. Bertolini, Il «Liber Pontificalis», pp. 387-455: 396-412; G. Arnaldi, Intorno al «Liber», pp. 129-140: 130136. 6 M. Sot, Auxerre et Rome, p. 16. 7 L. Capo, Il Liber, p. 10. 8  Si tratta di un catalogo, realizzato probabilmente nel IV secolo, che va da Pietro a Liberio e che integra le scarne voci che lo compongono con brevi notizie sul papato – che riguardano in gran parte fondazioni di chiese. Come segnala il Duchesne, l’autore di questo catalogo non aveva intenzione di realizzare delle biografie papali, ma il testo è servito da base al Liber Pontificalis che, salvo qualche rara eccezione, lo comprende integralmente (Duchesne, Le Liber, pp. VIII-X).


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renziano 9, praticamente contemporaneo del Liber), ma il testo che noi chiamiamo Liber Pontificalis nacque solamente nella prima metà del secolo VI. Di queste prime fasi redazionali (514-555) ci sono giunti materialmente tre testi differenti: due più brevi, detti dagli editori epitomi (Mommsen) o abregés (Duchesne), di cui il primo, contenente le biografie da Pietro a Felice IV (526-530), è denominato feliciano (da ora in poi F), ed il secondo, che riporta le biografie papali da Pietro a papa Conone (686-687), è chiamato cononiano (da ora in poi K); il terzo è un testo più ampio (P), proseguito, non senza difficoltà iniziali e non sempre in contemporanea con i pontificati trattati, sino alla fine del secolo IX. Questi testi presentano per le biografie comprese tra Pietro e Felice IV (526-530) peculiarità che li differenziano nettamente l’uno dall’altro: sul rapporto tra F, K e P, e sulla loro concatenazione cronologica verte l’intera querelle sulla genesi del Liber Pontificalis romano. In particolare esso è stato oggetto, sul finire del secolo XIX, di due edizioni critiche, realizzate a breve distanza l’una dall’altra, curate dal già citato Duchesne e da Theodor Mommsen 10, le quali hanno avuto il pregio di delineare per la prima volta, dopo un’attenta disamina dell’enorme e complessa tradizione manoscritta, una possibile ‘storia’ del testo e della sua origine. Secondo i dati raccolti dagli editori, l’epitome feliciana è stata tramandata da tre manoscritti, tutti di area francese, redatti tra la fine del secolo VIII e la metà del IX, i quali contengono una collezione di diritto canonico conosciuta come Sanctimauriana, compilata intorno alla metà del secolo VI, ed integrata verso la fine dello stesso, con ogni probabilità nella Gallia meridionale. Sul rapporto tra questa collezione canonica ed F si basano le considerazioni degli editori riguardo alla sua possibile datazione: sia il Duchesne che il Mommsen, infatti, concordano per una datazione della collezione al 590, ma il primo ritiene che l’epitome, realizzata a Roma prima del 590, vi sia stata aggiunta durante la 9  Si

tratta del frammento di un altro Liber che riporta l’ultima parte della biografia di papa Anastasio II (496-498) e, per intero, quella di papa Simmaco (498-514). Esso è conservato all’inizio di un manoscritto del VI secolo della Biblioteca capitolare di Verona, XXII (20). Dalle notizie riportate nelle due biografie si desume che il testo è stato probabilmente realizzato prima del 519 (anno in cui si concluse lo scisma acaciano) e durante il periodo dello scisma laurenziano, da personaggi vicini all’antipapa Lorenzo: v. oltre, cap. V § Le tre redazioni del Liber e il Frammento Laurenziano. 10 In ordine di apparizione si tratta di Duchesne, Le Liber, apparsa nel 1886; e Mommsen, Liber, apparsa nel 1898.


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sua compilazione, mentre il secondo pensa che l’epitome sia stata realizzata in Gallia in funzione della raccolta canonica, ma in un periodo più tardo – pur se non precisato – rispetto a quest’ultima, e che vi sia stata apposta prima del tempo in cui fu scritto il testimone più antico che la conserva, vale a dire la fine del secolo VIII 11. L’altra epitome, quella cononiana, è tradita unicamente da due manoscritti, anch’essi di area francese, databili entrambi al secolo IX, i quali conservano testi di argomento canonico e liturgico. Riguardo a questa redazione i due editori non hanno formulato ipotesi di datazione molto chiare: entrambi, infatti, constatano che essa è stata utilizzata da due cronache franche redatte alla metà del secolo VIII, ma da ciò il Mommsen ipotizza una sua possibile compilazione in Gallia in quello stesso tempo, mentre il Duchesne evita di pronunciarsi chiaramente sulla questione, considerando comunque il testo composto da due parti, di cui la prima, quella sino a Felice IV, composta a Roma in un periodo non ben definito 12. Entrambi gli editori, comunque, considerano F e K come due epitomi, di taglio diverso, derivate da un testo ormai perduto, che sarebbe da considerare il vero e proprio Liber. Di questo la versione giunta sino a noi (denominata P), dalla tradizione manoscritta ampia e complessa, rappresenterebbe una sorta di riedizione definitiva, intrapresa prima della metà del secolo VI, al tempo del pontificato di Bonifacio II (530532), sulla base della prima redazione oggi scomparsa (π), che giungeva probabilmente, come i due testi più brevi, alla biografia di papa Felice IV (526-530), ma che era stata iniziata al tempo di papa Ormisda (514-523) 13. Questo rimaneggiamento (P) sarebbe stato compiuto, secondo il Duchesne, durante il pontificato di papa Vigilio (537-555), e completato allora con le biografie da Bonifacio II (530-532) a Silverio (536-537) 14; per il Mommsen, invece, la seconda redazione del testo, quella in nostro possesso, sarebbe stata redatta a Roma alla fine del secolo VII, utilizzando però, per la parte relativa al secolo VI, fonti coeve 15.

11 Per

un’analisi dell’epitome feliciana e dei suoi manoscritti: Duchesne, Le Liber, pp. XLIX-LIV; Mommsen, Liber, pp. LXIX-LXXI. 12  Per un’analisi dell’epitome cononiana e dei suoi manoscritti: Duchesne, Le Liber, pp. LIV-LVII; Mommsen, Liber, pp. LXXI-LXXIV. 13 Duchesne, Le Liber, pp. XL-XLVIII. 14  Ibid., p. XXXVI-XLI. 15 Mommsen, Liber, p. XIV.


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Come è noto, tra le due proposte, gli studiosi successivi hanno optato per la tesi del Duchesne, ritenuta quella storicamente più plausibile e dunque convincente, giudicando quindi la questione dell’origine del Liber come archiviata definitivamente con la sua edizione, sebbene non siano mancate, negli anni, interessanti integrazioni ed approfondimenti, che non hanno però mai messo in dubbio l’impianto interpretativo dello storico francese. In ordine cronologico la prima ipotesi è stata quella avanzata da Roberto Cessi 16, che, accettando gran parte delle conclusioni ed argomentazioni del Duchesne e non nutrendo alcun dubbio sul principio della compilazione delle varie vite per gruppi e in momenti successivi, propose l’ipotesi di una redazione a tappe del testo del Liber di cui F, K e P rappresenterebbero diverse fasi 17. A questo aggiunse anche, contrariamente a quanto fatto da Duchesne, l’ipotesi di un rapporto di dipendenza o collateralità tra il cosiddetto Frammento Laurenziano ed il Liber 18. Sono stati però solo gli studi dello storico olandese Geertman a rimettere in discussione per la prima volta le conclusioni del Duchesne, egli infatti, nell’arco di un ventennio, ha avanzato una serie di considerazioni relative alla storia del testo, alla sua genesi ed al rapporto tra le tre redazioni, che si distaccano di molto dalle soluzioni sino ad ora adottate, giungendo anche a sostenere la necessità di una nuova edizione critica del Liber 19.

16 R.

Cessi, Lo scisma, pp. 5-229: 71-107. Ibid., p. 73. 18 In queste pagine lo studioso veneto sostiene con forza l’idea che il Frammento sia un testo «non identico al Liber, ma sicuramente parallelo» e anche che è plausibile che «la redazione laurenziana della vita di Simmaco sia stata utilizzata, o almeno tenuta presente, dal compilatore della prima edizione del Liber definitivamente redatta pochi anni dopo». I testi in questione, infatti, sebbene ispirati da concetti ed ideali differenti – laurenziano l’uno e simmachiano l’altro – «procedono su una stessa trama, dalla quale si differenziano quando si introducono fatti che importino un opposto apprezzamento politico e morale» cfr. Ibid., p. 88 nota 1 e p. 89. Nel 1996 queste idee sono state in parte riprese da T. Sardella, Società, Chiesa, pp. 5-29, la quale ha però rigettato l’ipotesi ‘evolutiva’ delle redazioni del Liber accogliendo invece quelle relative al rapporto tra il Frammento e il Liber, argomento sul quale la studiosa è tornata nel 1998 a proposito della biografia Simmachiana presente nelle diverse redazioni del Liber e nel Frammento, contestualizzando le differenze presenti nei diversi testi alla luce delle vicende relative al cosiddetto scisma Laurenziano (T. Sardella, Simmaco e lo scisma, p. 15 e sg.). 19 Geertman, Documenti, redattori, pp. 267-284; l’esempio di una nuova edizione è in Geertman, Le biografie, pp. 285-355. 17


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Nei suoi studi egli ha provato a ridisegnare il processo di formazione dei testi relativi al Liber a noi pervenuti secondo un ordine inverso rispetto a quello proposto dal Duchesne e anche dal Mommsen: egli ritiene che le epitomi siano successive a P, che sarebbe quindi la prima redazione. Esse deriverebbero da questa, ma attraverso un rimaneggiamento (perduto) del Liber P a noi giunto, sostanzialmente contemporaneo alla stessa prima edizione e dunque databile, come il primo, entro il 530 20. Recentemente il Geertman è ritornato sull’argomento in occasione del convegno Liber, Gesta, histoire tenutosi ad Auxerre nel 2009, nel quale ha colmato quelle che erano state le lacune della sua precedente proposta con una esposizione più particolareggiata della sua ricostruzione dell’evoluzione del Liber Pontificalis e dei motivi che l’hanno ispirata 21. Ferme restando le ipotesi di partenza (P come prima redazione del Liber con una datazione intorno al 530-535), il Geertman ha dunque individuato tre distinte fasi redazionali del Liber in base ad alcune particolarità delle singole rubriche contenute nelle biografie. La prima fase (P1), caratterizzata da due redazioni realizzate quasi in contemporanea, sarebbe stata «fatta da più persone, che compilarono un numero fisso di rubriche mettendole insieme secondo un modello stabilito» 22.

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Ibid., p. 270. La genesi del Liber, pp. 37-57. In precedenza l’ipotesi interpretativa proposta dallo studioso olandese era stata sottoposta ad una prima verifica sui testi da P. Carmassi, La prima redazione, pp. 235-266. 22 Tali rubriche sarebbero secondo lo studioso olandese quelle relative ai dati biografici e cronologici dei singoli pontefici. A questa base sarebbero state aggiunte le ordinazioni e infine le notizie sulle misure amministrative, liturgiche e dottrinali. Analizzando queste rubriche egli segnala infatti delle variazioni dovute a diverse mani o all’utilizzo di fonti diverse, individuando in una di esse, quella relativa ai dati cronologici dei pontificati tra Felice III (483-492) e Giovanni II (530-535), un motivo per datare questa prima fase tra il 498 ed il 530 (ibid., p. 38). Questa serie di rubriche sarebbe stata subito dopo integrata (fase P1b) con l’inserzione dei dati relativi alla munificenza papale. Questa rubrica è stata interpretata come un’aggiunta perché la sua disposizione risulta incostante e inserita all’interno del testo precedente attraverso delle riconoscibili “suture”. Il Geertman attribuisce comunque queste aggiunte ad una medesima fase poiché vi vede una «certa unità di stile. Le notizie sono concrete e ponderate. Esse possono offrire delucidazioni su scopo o contesto, ma ogni carattere narrativo è assente» (ibid., p. 41). 21 Geertman,


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