Come essere felici con 1 2 3 figli pich itaca anteprima

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Rosa Pich-Aguilera Roca

Come essere

? Prefazione di Monica Mondo


Rosa Pich-Aguilera Roca Come essere felici con 1, 2, 3… figli? Itaca, Castel Bolognese www.itacaedizioni.it/come-essere-felici-con-1-2-3-figli Titolo originale: Rosa Pich-Aguilera Roca ¿Cómo ser feliz con 1, 2, 3… hijos? Ediciones Palabra, Madrid 2013 Prima edizione italiana: giugno 2016 © 2016 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0487-4 Le edizioni Itaca sono distribuite da: Itaca srl via dell’Industria, 249 48014 Castel Bolognese (RA) - Italy tel. +39 0546 656188 fax +39 0546 652098 e-mail: itaca@itacalibri.it on line: www.itacalibri.it in libreria: www.itacaedizioni.it/librerie © Illustrazioni: Miguel Aranguren Design e layout di copertina: Raúl Ostos Traduzione dallo spagnolo: Giada Sporzon Cura editoriale: Cristina Zoli, Itaca Stampato nel mese di giugno 2016 da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC)


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Prefazione

18 figli, follia. In natura è possibile, fidatevi, ma nella realtà? Non così raro. Però parliamo di casi, e sempre meno, in “paesi sottosviluppati”, “terzo e quarto mondo”, si dice, perché solo in quei contesti riusciamo vagamente ad accettarne la possibilità, e con rassegnata disapprovazione. Le donne sono state create anche per la maternità, ma non per figliare come conigli, l’ha detto anche il Papa. E in certe culture, purtroppo, sono considerate solo macchine da riproduzione, fin da bambine, con tutti i rischi per la salute fisica e psichica. Ci ribelliamo, giustamente, a questa riduzione di una creatura a corpo da usare. Ma ammettiamo che ad avere 18 figli sia una professionista spagnola. Che ama suo marito, non un sequestratore di mogli da rinchiudere in casa e fecondare, ma un compagno di vita scelto fin da ragazzo, attento, rispettoso, gentile. Una che ama il suo lavoro e, come tutte le donne, si fa in quattro (solo in quattro?) per farlo bene: e intendo il lavoro di moglie, madre, colf, baby-sitter, cuoca, portinaia, segretaria, infermiera, badante, insegnante, psicologa… Che ama la sua femminilità, quindi fare shopping, tenersi in esercizio, sentirsi a posto con sé stessa, se non proprio bella come le dive della moda e del cinema, bella per sé e il suo


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uomo, cui tocca piacere sempre, non solo in luna di miele. Che ama la sua femminilità, cioè la facoltà e il dono di essere madre. Sempre, senza limiti, perché che si abbiano due, cinque o diciotto figli si è madri in toto e ad ogni istante, senza ritagli “per sé”: perché il “sé” coincide con la maternità, con la generazione e l’educazione dei figli, senza trascurare il resto, la giusta ambizione, l’amore a sé, le amicizie, il lavoro, lo svago, il tempo dedicato agli altri, tutto importante, tutto speciale, ma un po’ dopo, non in alternativa, perché prima c’è il futuro del mondo che ci è stato affidato. Certo, ma 18! Diciotto nati. Quindici che vivono, mangiano, studiano, si arrabbiano, pretendono, scocciano, piangono, si innamorano, si ammalano, sporcano, costano, tanti pensieri, fatiche, soldi… più tre in cielo: la primogenita, volata via a ventidue anni, nel fiore della giovinezza, e due bambini morti piccini piccini, per una grave malformazione cardiaca. Ecco, la follia aumenta. Chiunque, dopo un’esperienza così, avrebbe suggerito ai coniugi, o comandato: “Non abbiate più figli!”. Ma i due fanno spallucce dei consigli non richiesti e vanno avanti. Perché? Per vincere un guinness? Per sfida, alla morte, al mondo che non capisce e irride, per presunzione? Per soldi, per fama in tv e su qualche settimanale pop? O per amor di Dio, convinti che sia Lui a dare grazia, compiti e responsabilità a ciascuno, insieme a sapienza, intelletto, forza e coraggio? Volevamo ben dire. Fanatici cattolici ultratradizionalisti preconciliari. Che magari obbligano pure i figli a pregare tutti i giorni, tutti insieme. Li reprimono con regole e dottrine. Propongono, sì, anche di pregare. Ma per farvi un’idea del come, dovete leggere questo libro, il libro di Rosa Pich, madre speciale, donna normale, brillante,


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ironica, colta, poco sentimentale, molto concreta, molto netta nei giudizi e nelle decisioni, ma spalancata alla generosità e alla tenerezza che, nella fede, sono espressioni della carità. Rosa racconta la sua storia, la decisione per l’esistenza, sua e di suo marito, senza prediche, senza sentirsi eccezionale o migliore. Rosa appunta il suo sguardo sulla quotidianità, sui figli, capitolo per capitolo, stilando una sorta di galateo familiare che non vale solo per chi ha 15 figli da crescere e seguire. Come si sta a tavola – e non si tratta di essere più o meno composti, ma di saper ascoltare, e spegnere il telefonino –, come si impara a stupirsi per le piccole cose, a ringraziare per quel che si ha, ad amare la natura, come far fruttare i propri talenti, come si deve tener fede agli impegni, prima di tutto quelli scolastici, come si può risparmiare e non considerare necessario quel che hanno tutti solo “perché ce l’hanno tutti”. Come si vive il dolore, la vacanza, come si danno premi e castighi, che aiutano a crescere, non reprimono affatto. Come si è genitori e non amici dei figli. Immaginavamo: norme, prescrizioni, divieti. Ma no! Spicca, anzi, la naturalezza dell’ironia e dell’autocritica. C’è una conduzione casalinga un po’ militaresca, un pizzico di severità di troppo. Si resta storditi da tutta questa efficienza e correttezza e docilità e aiuto reciproco: ma neanche uno di questi ragazzi che sgarra, che passa le notti a sballare in discoteca, che si fa una canna? Neanche uno. Cova allora un po’ di invidia. Ma considerate che si è forzati all’essenziale e alla maturità quando si è in tanti in famiglia. Considerate che Rosa e suo marito sono formati su un carisma chiaro, anche se non dichiarato, appartengono a un’anima della Chiesa che ha una storia e un metodo. Non varrà per tutti, ma se funziona, e funziona per


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loro? Rosa, suo marito, i loro figli, sono felici. Non esaltati, ma sereni. Se la cavano, sono uniti, si vogliono bene. Saranno anche folli. O forse santi. Scandalosi, come tutti i cristiani. Piacerebbe a tutti, però, una famiglia così, siamo sinceri. Il punto, però, è capire non come si fa, che non ci sono manuali, ma su che strada mettersi, che cosa chiedere, che sguardo avere su sé stessi, su chi ci è stato donato, su cosa si fonda il nostro amore, la nostra libertà vera. Buona lettura. Leggendo, qualcosa si intuisce… Monica Mondo


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Dedico questo libro a mia figlia Carmineta, che è andata in cielo solo un anno fa, a ventidue anni appena, nel fiore della vita, quasi senza avvisare. Fino all’ultimo lottatrice infaticabile, ha dimostrato un grande coraggio di fronte alla malattia. È morta felice e piena di speranza. E, ovviamente, a mio marito Josemaría, mio fedele amico e sposo esigente, sempre al mio fianco, che mi ama ogni giorno di più. Un vero anticonformista e un buon amico dei suoi amici. A mio figlio Perico, di vent’anni, che ringrazio per l’aiuto nella correzione del libro durante il mese di agosto. Ha fatto il lavoro quando poteva, tra una partita di padel e una di calcio, e con grande rassegnazione, perché c’era sempre un’attività più stimolante che leggere il libro della mamma… Ai miei amici che durante l’estate hanno smesso di leggere il libro che avevano tra le mani per aiutarmi a correggere questo.



Introduzione

Cinque anni fa ci contattò la bbc per registrare il programma The biggest family in the world (La famiglia più grande del mondo). Già dalla prima puntata fummo bombardati da richieste di interviste: in televisione, sui quotidiani, sui settimanali, alla radio… Non volendo intralciare la nostra vita quotidiana, decidemmo di concederne solo due all’anno. Poi, tre anni fa, la mamma di un compagno di scuola di mio figlio Pepe, venuta a sapere che avevo diciotto figli, mi chiese di rilasciarle un’intervista per l’edizione digitale di un quotidiano molto conosciuto in Catalogna, «La Vanguardia». Decisi di accettare solo per darle una mano: era una mamma appena rientrata dalla maternità e io so bene cosa si prova quando si torna a lavorare. Erano da poco cominciate le vacanze e la crisi non aiutava di certo, perciò decidemmo di parlare delle varie attività che si possono fare con i figli in estate. L’intervista fu un successo, a giudicare dalle 35.000 visite registrate quello stesso giorno. Mi sono sorpresa moltissimo anche quando, questa primavera, tv1 ci ha ripreso per il telegiornale della domenica sera. A detta degli esperti, è la fascia oraria di maggiore ascolto: con addosso la stanchezza della settimana,


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ci sediamo davanti al televisore per rilassarci e informarci sugli avvenimenti più importanti degli ultimi giorni. E una famiglia con tanti figli, al giorno d’oggi, è una notizia di grande impatto. Il servizio durava appena tre minuti: volevano sapere com’è la quotidianità di una famiglia così numerosa. Quella notte tutti i nostri amici sparsi per la Spagna ci inviarono un sacco di messaggi WhatsApp e ci chiamarono per dirci: «Vi abbiamo visto in televisione, eravate tutti bellissimi», «Il servizio era una meraviglia», «Che bella sorpresa», «Quanto son cresciuti i ragazzi»… Il 19 marzo – San Giuseppe, patrono dei lavoratori – è festa grande in Spagna e, con la crisi che stiamo attraversando, i lettori hanno bisogno di notizie che regalino un po’ di ottimismo. Per quell’occasione, l’inserto Magazine del quotidiano «El Mundo» ha pubblicato una grande foto a colori, in doppia pagina, di tutta la nostra famiglia, sorprendendo ancora una volta la società in cui viviamo. Nell’intervista raccontavamo come ci siamo ingegnati per andare avanti. Quel giorno festeggiano l’onomastico sia mio marito Josemaría sia i nostri gemelli José María e María José, alias Los Pepe’s. Io e mio marito abbiamo sempre avuto il desiderio di formare una famiglia numerosa. Ci siamo sposati giovani: lui aveva ventotto anni e io ventitré. Entrambi proveniamo da famiglie numerose: quattordici figli nella sua, sedici nella mia. Dopo il primo anno di matrimonio arrivò la nostra primogenita, ma ci separarono da lei a poche ore dalla nascita perché era nata con una grave cardiopatia e doveva essere trasferita in un ospedale tecnologicamente più avanzato. In quei primi giorni, i medici ci avvisarono che nostra figlia non avrebbe superato i tre anni di vita; grazie a Dio, con operazioni e pacemaker, ha vissuto fino


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ai ventidue. Il nostro secondo figlio, Javi, morì a un anno e mezzo, sempre a causa di una disfunzione cardiaca. La nostra terza figlia, Montsita, morì dopo appena dieci giorni di vita, perché era nata senza l’aorta. In poco meno di quattro mesi seppellimmo due dei nostri figli, vivendo nell’incertezza che anche la primogenita non potesse sopravvivere: furono tempi difficili. I medici ci consigliarono di non avere altri figli. Se tutti quelli che avevamo avuto erano nati malati, anche i successivi avrebbero avuto gli stessi problemi. «Non fate più figli» fu il messaggio chiaro e diretto. Ma talvolta la scienza non azzecca le sue previsioni, per cui noi decidemmo di andare avanti con il nostro progetto di creare una grande famiglia. Nel letto di una coppia non si deve intromettere nessuno. La scelta di generare una nuova vita è solo dei coniugi e spetta esclusivamente a loro affrontare questo argomento. Né la suocera, né tua madre, né l’amica, né la nonna, né la sorella, né il vicino, né lo Stato, né il ministro di turno possono decidere sul futuro della tua famiglia. Anche persone buone e sagge, che ci volevano molto bene, tentarono di dissuaderci dall’avere altri figli. Nonostante tutto, per noi era chiaro che nessuno poteva dirci ciò che dovevamo fare. Eravamo giovani e con un futuro davanti. Attualmente abbiamo quindici figli che VIVONO. Nel giugno scorso ci hanno invitato a un seminario sulla famiglia a Dubrovnik e hanno insistito nuovamente perché scrivessi un libro per raccontare la mia esperienza. La mia buona amica Zelija mi ha detto: «Non puoi andare in giro per il mondo intero ripetendo ogni volta la tua storia; devi scriverla, così arriverà a molta più gente». Grazie a questo consiglio, ho pensato che era giunto il momento di scrivere il libro. Ho quarantasette anni,


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siamo sposati da ventiquattro, ho diciotto figli e probabilmente siamo la famiglia con più figli in età scolare della Spagna. In mezzo a una crisi senza eguali, sono in tanti a stupirsi che riusciamo a sopravvivere. La domanda è sempre la stessa: «Come fate?». Così mi sono rimboccata le maniche e nel mese di luglio ho scritto il libro che hai tra le mani.


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