Fammi sapere perché Il tema del dolore da Giobbe a Gesù di Nazareth

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Sandro Carotta

FAMMI SAPERE

PERCHÉ il tema del dolore da giobbe a gesù di nazareth



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Sandro Carotta

Fammi sapere perché Il tema del dolore da Giobbe a Gesù di Nazareth


robabilmente resterà passionati. Nicolò, socio in questo progetto, grado di realizzare questo mio sogno. 4 a a lui per aver “sposato” sso

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Nelle edizioni Itaca

tutti gli intervistati Giobbe e l’enigma della sofferenza. C’è qualcuno che ascolta il mio grido? A cura di Ignacio Carbajosa messo di incontrare colare Pietro Manganoni, Ignacio Carbajosa gi Soldano, Testimone privilegiato. Diario di un sacerdote in un ospedale Covid ha fornito la maggior Luciano parte Sabolladelle cazione. All’origine della cura Pauper Christi. Assistenza e sanità tra Medioevo ed Età moderna pre sostenuto soprattutto di sempre che ancora prima di aver Francesco servargli Il contagio della speranza ralmente.

Sandro Carotta

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Il tema del dolore da Giobbe a Gesù di Nazareth Prima edizione: febbraio 2021 © 2021 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0676-2 Stampato in Italia da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC)

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Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Questo libro è stato stampato su carta certificata FSC ‰ per una gestione responsabile delle foreste. Utilizziamo inchiostri vegetali senza componenti derivati dal petrolio e stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia e riducendo così le distanze di trasporto.

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MIO FIUME ANCHE TU […] Fa piaga nel Tuo cuore La somma del dolore Che va spargendo sulla terra l’uomo; Il Tuo amore è la sede appassionata Dell’amore non vano. Cristo, pensoso palpito, Astro incarnato nell’umane tenebre, Fratello che t’immoli Perennemente per riedificare Umanamente l’uomo, Santo, Santo che soffri, Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, Santo, Santo che soffri Per liberare dalla morte i morti E sorreggere noi infelici vivi, D’un pianto solo mio non piango più, Ecco, Ti chiamo, Santo, Santo, Santo che soffri. Giuseppe Ungaretti


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Introduzione 7

Introduzione

Chi cerca la verità dell’uomo deve farsi padrone del suo dolore. G. Bernanos

È noto l’interrogativo degli antichi: «Se c’è un Dio giusto, perché il male? E se c’è il male, può esserci un Dio giusto?». Per alcuni pensatori moderni, il male, con tutte le sue tragiche manifestazioni (violenza, dolore, malattia, disgrazie naturali, morte…), è il segno più evidente che Dio non esiste (è la soluzione atea). Dichiarava il filosofo francese Jean Cotureau: «Non credo in Dio. Se Dio esistesse, sarebbe il male in persona. Preferisco negarlo piuttosto che addossargli la responsabilità del male». Altri, invece, risolvono il conflitto attraverso la visione di un Dio che tutto regola in vista di un bene superiore, secondo disegni misteriosi che la mente umana, troppo piccola, non può comprendere (è la soluzione religiosa). Ma una fede in Dio, come scriveva con acutezza il teologo Moltmann, che si rassegnasse o peggio ancora giustificasse il dolore e la sofferenza nel mondo, l’ingiustizia e la menzogna, sarebbe una fede disumana dai frutti satanici. La rassegnazione non esprime la fede; la rassegnazione è solo una rinuncia davanti al compito di capire e di cam-


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biare l’esistenza umana. La fede autentica si pone, invece, come una terza via ed è orientata, nella prospettiva evangelica, al Dio crocifisso: «L’innocente che si consegna alla morte per amore è la buona novella del cristianesimo, la vera parola di salvezza che esso può dire al mondo» – ha scritto Bruno Forte. La Pasqua di Gesù Cristo illumina quindi l’enigma del dolore. Cristo, nella sua solidarietà, ha deposto in coloro che giacevano nelle tenebre la sua luce divina, esplosa nel mattino della risurrezione, e ha inaugurato la nuova creazione, ove, secondo la visione di Giovanni, non ci sarà più né morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate (cf. Ap 21,4). Noi cercheremo di entrare nella cittadella del dolore con discrezione e attraverso l’esperienza di un uomo, Giobbe. Ci si è chiesto, in campo biblico-teologico, che senso avesse il suo libro. Sono possibili varie interpretazioni. Per alcuni esegeti, Giobbe è il tentativo di risposta al dolore innocente. Difatti, il testo è percorso dalla domanda: «Perché?» (lemà). Per altri, il racconto evidenzia la gratuità della fede. Non a caso, Satana dice a Dio: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla?» (Gb 1,9) ovvero: «Forse che Giobbe crede in Dio per nulla?». Satana getta sospetto sulla presunta fede di Giobbe. Ravasi, nel suo approfondito commento, scrive che il libro di Giobbe «più che una soluzione al mistero del dolore, è un invito a distruggere un’immagine falsa di Dio fatta a nostra misura e a placare in questa fede rinnovata quello che in sede razionale resta un mistero». Ma più che due problemi – antropologico e teologico – si tratta


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di due facce dello stesso enigma, come bene ha osservato Armido Rizzi: Nella Bibbia (e in qualche misura in ogni religione) non si parla di Dio in sé e per sé, ma di Dio in relazione all’uomo; né si parla dell’uomo nella sua semplice condizione naturale, ma in quella relazione con Dio che è l’alleanza, e che ne determina il destino. Del resto, anche la grande filosofia si è posta il problema dell’uomo come problema del senso della vita umana, e come tale è stata figlia della religione, si potrebbe dire che è stata il discorso religioso continuato con altri mezzi, con un altro tipo di pensiero e di linguaggio. Allora il problema del perché della sofferenza non è solo un problema antropologico, ma è eminentemente un problema teologico, forse il problema teologico1.

Dominique Barthélemy, in un suo bel saggio, Dio e la sua immagine, ha scritto che nel libro di Giobbe il popolo di Israele si è chiesto sostanzialmente qual è il rapporto di un pagano nei confronti di Dio. Giobbe, infatti, non godeva di nessuna rivelazione e abitava a Us, quindi lontanissimo dalla fede (e dalla storia) di Israele. Scrive Barthélemy: L’uomo non ha bisogno della rivelazione per essere già in dialogo permanente con Dio, per essere senza posa in opposizione al modo con cui Dio guida il suo universo, e esserne

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A. Rizzi, Giobbe. Un libro polifonico, Pazzini, Villa Verucchio (RN) 2008, p. 11.


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scandalizzato, per sentire in lui la critica della coscienza sulle sue gesta e esserne demoralizzato. L’uomo è senza posa alle prese con Dio. Ma si tratta di un Dio dal comportamento misterioso, e che non risponde quando lo si interroga, il Dio di Giobbe. È un Dio che non si spiega. E Israele ha collocato in faccia a lui un saggio pagano: Giobbe2.

In questo faccia a faccia, Giobbe discute con Dio in primis sul senso del dolore, come abbiamo già ricordato. Non gli bastano più le varie teodicee che gli amici gli propinano nel tentativo di correggerlo e convertirlo. Egli pone davanti a Dio il dramma del dolore e del dolore innocente. Se il giusto soffre non è forse in discussione la giustizia divina nel governo del mondo? Se la teoria della retribuzione affermava che ogni uomo riceve una giusta mercede per le sue opere, Giobbe, che si dichiara innocente, mette in crisi questa dottrina tradizionale. Ci sono sofferenze che non si spiegano con il peccato di quanti le subiscono. Giobbe, come vedremo, non fugge davanti alle molteplici prove che lo colpiscono, non si lascia schiacciare e si mantiene fedele e, dopo un lungo travaglio, approda al silenzio adorante. Egli oramai sa che le sue sofferenze non sono un castigo e che il suo cammino è entrato in un più vasto disegno d’amore. Dopo Giobbe, porteremo la nostra attenzione su Gesù di Nazareth. E leggeremo la Passione per capire come egli si è posto davanti al dolore e alla morte. È noto, ma lo

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D. Barthélemy, Dio e la sua immagine, Marietti, Torino 1967, pp. 15-27.


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ribadiamo: i pochi giorni della sua Passione sono narrati molto ampiamente nei quattro Vangeli. Per la Chiesa delle origini, la Passione è stata vista come la manifestazione suprema dell’amore di Dio verso il mondo. I primi cristiani erano pervasi da una meraviglia piena di stupore perché Dio ha amato il mondo fino a dare suo Figlio! In seconda istanza, la croce è apparsa come il luogo privilegiato dove il Padre ha rivelato la sua onnipotenza amante e creante. Dalla croce, infine, i cristiani hanno cambiato modo di concepire Dio e la salvezza. In conclusione, serviranno queste pagine a insegnarci un nuovo atteggiamento davanti al dolore e alle prove della vita? Riusciranno ad avvicinarci un po’ di più alla Fonte donde scaturisce il senso del nostro vivere e morire? È il nostro augurio per quanti avranno la pazienza di affrontarle e, allo stesso istante, sapranno benevolmente perdonare le inevitabili lacune e incompletezze su un tema che comunque rimane oscuro. Sandro Carotta osb



Questioni aperte 111

Indice

Introduzione

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IL CAMMINO DI GIOBBE Un uomo di Us, a sud di Edom Il Giobbe paziente Un’amara confessione Il male di vivere Fino a quando? L’agire incomprensibile di Dio La pietà interessata Servire o servirsi di Dio? Un Dio nascosto L’ardente assenza I luoghi di Dio Dov’è Dio? Un nome con più volti Chi è Dio? La risposta di Dio Una rivelazione sorprendente

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GESÙ E IL DOLORE Gesù di Nazareth L’uomo dei dolori Gesù nel Getsèmani L’autoconsegna nella fede Gesù sulla croce Il grido prima della nascita definitiva Il patire del Figlio di Dio Il Santo che soffre

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QUESTIONI APERTE

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C’è una crepa in ogni cosa. È da lì che entra la luce. Leonard Cohen

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Dio, guarda la nostra debolezza. Vorremmo una certezza. Fulmina le mie povere emozioni, Liberami dall’inquietudine. Sono stanco di urlare senza voce.

Giuseppe Ungaretti È noto l’interrogativo degli antichi: «Se c’è un Dio giusto, perché il male? E se c’è il male, può esserci un Dio giusto?». Chi, come Giobbe, pone domande a Dio, e lo fa con coraggio, non troverà risposte razionalmente esaurienti al perché della sofferenza, ma troverà Dio stesso in persona, nella cui luce si svela il senso profondo del vivere e del morire.

Sandro Carotta

€ 10,00 itacaedizioni.it


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