In alto i cuori
P e PP e L enzo la fede viva di un uomo semplice
Coll ana Telemaco
Liborio Di Marco
IN ALTO I CUORI
Peppe Lenzo, la fede viva di un uomo semplice
Presentazione di Fabio Colombo
Nelle edizioni Itaca
Gianni Mereghetti, Gian Corrado Peluso
Andrea Aziani febbre di vita
Filippo Ciantia
Padre Tiboni «uno tra i più santi uomini che abbiamo»
Marco Gallo
Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare
Filippo Ciantia
Elio Croce fratello missionario comboniano
Novella Scardovi
Dalla tenda alla casa. La mia vita rinata in un incontro
Liborio Di Marco
In alto i cuori. Peppe Lenzo, la fede viva di un uomo semplice www.itacaedizioni.it/in-alto-i-cuori
Prima edizione: giugno 2024
© 2024 Itaca srl, Castel Bolognese
Tutti i diritti riservati
ISBN 978-88-526-0780-6
In copertina
Peppe con la moglie e i figli, luglio 2020
Peppe con il figlio Giovanni, luglio 2020
Stampato in Italia da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC)
Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Utilizziamo inchiostri vegetali senza componenti derivati dal petrolio e stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto.
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Presentazione
Forse che fine della vita è vivere? Forse che i figli di Dio resteranno con fermi piedi su questa miserabile terra? Non vivere, ma morire, e non digrossar la croce ma salirvi, e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna […] Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per esser data? E perché tormentarsi quando è così semplice obbedire?
Queste parole fiorite dal cuore, dall’intelligenza della fede e dalla penna di Paul Claudel continuano a riemergere nella mia memoria e a farsi strada nel mio animo ogniqualvolta, con commossa gratitudine, riprendo coscienza del valore e della decisività di alcuni volti incontrati nel cammino della vita, tra cui quello di Peppe! Guardando a loro vengo sempre aiutato a domandare di rimettermi nella posizione di semplicità del cuore e di povertà di spirito, di disponibilità al Mistero di Cristo, unica fonte di pace e di fecondità. Grazie all’amicizia con Lele Colombo, infatti, ho avuto la grazia di poter conoscere Peppe sia durante le vacanze estive del CLU, sia nella quotidianità del vivere, quando, per i vari appuntamenti con i responsabili universitari, Peppe partiva da Palermo e si fermava qualche giorno a Milano ospitato nell’appartamento in cui allora vivevo con altri amici.
Pian piano, l’amicizia e la stima sono cresciuti e sono se-
guiti anche viaggi in Sicilia, tra Palermo e Catania, qualche volta anche in Svizzera. Ho potuto scorgere e cogliere, sempre di più, quello che di Peppe e dei suoi amici mi attirava ed era in loro generativo di un’amicizia desiderabile e travolgente: Cristo, contemporaneo ad ogni uomo nella compagnia della Chiesa, resosi persuasivo attraverso la carnalità della storia nata dal carisma donato a don Giussani anni prima.
In quegli anni di studi universitari, mentre irrompeva nel mio cuore la domanda su come poter servire Cristo nell’unica vita a disposizione, è stato per me un godimento poter incrociare un uomo che, con immensa semplicità, mi era testimone, in questo mondo, di un’altra modalità di vita, di un dono di sé senza riserve, di una obbedienza alle circostanze dentro a un’obbedienza al Mistero, sorgente di profonda pace e di letizia. Vedevo Peppe vivere la vita come vocazione, come una continua chiamata e una continua risposta a Uno, di circostanza in circostanza, con semplicità e certezza.
Dunque, per questo, l’ho sentito e riconosciuto da subito profondamente amico.
Non l’ho mai visto rimanere con “fermi piedi” su questa miserabile terra, né si è adoperato per “digrossar la croce”, ma l’ho potuto vedere sempre in movimento, fino ad abbracciare la croce salendovi, sostenuto dai familiari e dagli amici, donando sé stesso in letizia fino all’ultimo respiro umano, consapevole dell’abbraccio della Grazia e dell’eterna giovinezza.
Dicendo il suo sì a Cristo, Peppe ha pronunciato il suo sì a Vitalba e alla vocazione di sposo, di marito, di padre: ricordo con grande piacere un video molto tenero inviatomi da Peppe in cui chiedeva ai suoi figli di salutare, in diretta e dal vivo, il suo caro amico del Nord!
L’ultimo incontro personale avuto con lui, a fine luglio 2021, riaffiora spesso nella mia memoria e mi accompagna
nelle mie giornate, per l’intensità di coscienza vissuta in quella circostanza.
Come scriveva Péguy, Cristo non è venuto nel mondo per raccontarci frivolezze; l’amicizia al Destino alla quale don Giussani ci ha sempre educato non è una barzelletta. La Fraternità di Comunione e Liberazione come strada di santificazione personale, nell’appartenenza a un’Associazione Laicale di Fedeli riconosciuta da Santa Madre Chiesa, è stata la modalità con la quale ci siamo accompagnati a vivere ogni istante di vita, fino a quell’ultimo istante, per presentarci al cospetto di Colui che ci ha creati, redenti e che ci attira a Sé, dal centuplo quaggiù al Paradiso.
In quel momento vissuto all’ospedale di Palermo, fatto di gioia e di dolore insieme, Peppe, in pace, senza tormenti, chiedeva il miracolo della guarigione e di poter vedere Gesù.
Scriveva don Luigi Giussani all’amico Angelo Majo:
Io non voglio vivere inutilmente: è la mia ossessione. E poi tra due amici profondi cosa si desidera? L’aspirazione dell’amicizia è l’unione, è quella di immedesimarsi, impastarsi, diventare la stessa persona, la stessa fisionomia dell’Amico: … ma Gesù è in Croce… la gioia più grande della nostra vita è quella che ad ogni piccola o grande sofferenza ci fa scoprire: «ecco, ora sei più simile», più «impastato con Lui». La vita per la felicità degli uomini, per l’amicizia di Gesù. Caro amico, una benedizione? Ecco, io allargo le braccia e te la mando con tutta la passione del cuore: solo perché serva anch’essa ad ottenerti un unico assillo nella vita: l’amicizia di Gesù Cristo – la felicità degli uomini.
Ed il resto… vanitas vanitatum.1
1 Luigi Giussani, Lettere di fede e di amicizia ad Angelo Majo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007, p. 33.
Ho visto Peppe impastarsi sempre più con l’Amico, dapprima drammaticamente cercato a causa del dolore per la perdita prematura del fratello, poi scoperto negli anni delle scuole superiori nell’incontro inaspettato con Gioventù Studentesca, poi riconoscendoLo presente nello svolgersi dei giorni, iniziando a verificarne la corrispondenza e la pertinenza con ogni dimensione del vivere: dall’innamoramento al matrimonio (leggerete in questo libro dei suoi primi innamoramenti, della serietà con cui viveva l’accostarsi a una donna, anche nel paragone con amici sacerdoti, del modo così “inconsueto” con cui si dichiarerà definitivamente a Vitalba, gli aneddoti sui bambini!); dallo studio alla ricerca del lavoro (vi imbatterete nella domanda sulla professione e sui lavori trovati, persi e ritrovati); dal mangiare e bere alla politica (potrete gustare come curava l’arte del cibo e della tavola, come segno di dedizione e di comunione); nell’appassionarsi a tutto e a tutti (rimarrete stupiti dalla quantità di persone incontrate, dai primi amici fino agli ultimi conosciuti a Mazzarino); insomma, l’affrontare ogni circostanza della vita, senza censurare la malattia e il dolore, impastandosi con Lui fin sulla croce, sempre più simili, fino alla visione “faccia a Faccia” nella Santa Gerusalemme. Il seme non porta frutto se non muore e dopo qualche anno dalla sua nascita al Cielo è già possibile contemplare sia la fecondità della sua vita durante la sua presenza terrena nella Chiesa militante, sia quella attuale nell’appartenenza alla Chiesa celeste: chi ha vissuto assieme a lui porta con sé tutta la sua indelebile testimonianza di vita, chi lo conoscerà tramite questo libro e grazie a coloro i quali lo hanno incontrato, potrà subito percepirlo come un compagno di strada, perché, ripercorrendo e imparando da Peppe la concezione che aveva della vita, scorgendo la sua relazione con Cristo attraverso le relazioni segno e strumento di Lui («Picciotti
beddi, facci da razia du Signuri 2», così li definiva Peppe), potrà trarne grande giovamento e utilità per sé e per il proprio cammino verso il Destino.
Invito chiunque alla lettura di questo libro, ma soprattutto gli educatori e i giovani: i primi, attraverso la vita di Peppe, possano riscoprire tutta l’urgenza di essere una presenza viva, un’incessante proposta di vita che aiuti a introdurre alla totalità del reale, a entrare nel merito di ogni aspetto del vivere, imparando a offrire un giudizio, inizio di liberazione dalle proprie misure e di adesione personale e matura alla verità; i secondi, lasciandosi toccare dalla vita di Peppe e dalla compagnia della Chiesa, possano scoprire presente e verificare nell’oggi il rapporto con Colui che è sovrabbondante e ragionevole risposta all’unico assillo nella vita, il resto… vanitas vanitatum!
Dunque, buona lettura!
In Alto i cuori, sempre!
Roma, Solennità del Corpus Domini
30 maggio 2024
2 «Giovani belli, volto della grazia del Signore».
Fabio Colombo
Introduzione
«Una persona straordinaria nella sua normalità»:1 così Antonio Parasiliti, vecchio amico d’infanzia, definisce Peppe Lenzo assieme al quale, poi, aveva frequentato il liceo scientifico a Patti.
Peppe era un ragazzo normale: voleva bene ai suoi genitori, com’è capace uno della sua età, aveva la sua cerchia di amici, giocava bene a calcio (un po’ meno a pallacanestro), cercava l’amore di una ragazza.
Un evento drammatico aveva segnato la sua vita e quella della sua famiglia: il fratello maggiore, Giovanni, era morto in un drammatico incidente stradale mentre era alla guida del suo motorino quando Peppe, che era nato nel 1977, aveva quindici anni.
Peppe seppe della notizia mentre era a casa di Antonio:
Come ogni pomeriggio eravamo a casa mia, sentiamo passare un’ambulanza, poco dopo squilla il telefono, mia madre risponde e mi chiama in disparte. Mi dà la triste notizia, io resto scosso, mi faccio forza torno da lui e gli dico che Giovanni ha avuto un incidente ed è in ospedale. Peppe, ovvia-
1 Antonio Parasiliti, Testimonianza scritta, 13 ottobre 2022.
mente capisce che è una cosa molto grave, ma con una calma “rabbiosa” che mi colpì mi chiese di accompagnarlo a casa.2
Com’è naturale che sia, questa vicenda aveva scosso profondamente l’equilibrio familiare e segnato profondamente l’animo dei due genitori,3 il papà Mario (o don Mario come lo chiamano gli amici) e la mamma Maria, e naturalmente Peppe.4 Quando ho conosciuto la loro famiglia mi avevano colpito il silenzio del padre e il pellegrinaggio quotidiano a piedi della madre alla tomba del figlio.
Un giorno, diverso tempo dopo averlo conosciuto, Peppe disse a me e agli altri ragazzi, che con lui partecipavano all’esperienza di Gioventù Studentesca, che era stato incuriosito e interessato dal fatto che per la fede cristiana esistesse la risurrezione dalla morte, e che, quindi, ci fosse una speranza di vita per suo fratello.
Vogliamo partire da questo momento della sua vita per raccontare la sua storia, dato che lo scopo di questo libro non è quello di fare una biografia né tanto meno un’agiografia che ne esalti le virtù, ma di raccontare, grazie alle
2 Ibid.
3 «Vedendo sparire un figlio in questo modo, noi tutti siamo sprofondati in un buco nero di dolore. C’è voluto un po’ di tempo prima di riuscire a risalire da quella oscurità». Mario Lenzo, Testimonianza scritta, 30 agosto 2023.
4 Tanti anni dopo, quando la malattia lo aveva già toccato, scrivendo all’amica Francesca Circosta di Gioiosa Marea (Messina), ricordava ancora con gratitudine la silenziosa compagnia che gli aveva fatto in quel periodo suo cugino Salvatore Lenzo: «Grazie Francesca. Non è sempre necessario il bisogno di parole. Ricordo che dopo la morte di mio fratello mio cugino Salvatore veniva ogni sera a trovarmi, si metteva accanto e guardavamo assieme un po’ di televisione. Lo ricordo ancora oggi come una delle compagnie più utili per me. Ogni sera quando suonava il campanello sapevo che era lui. Non ricordo se ci siamo detti cose particolari ma ricordo che veniva ogni santo giorno a trovarmi. Grazie per la tua testimonianza».
testimonianze dei tanti che lo hanno conosciuto,5 la traiettoria dell’esistenza umana e cristiana di questo ragazzo della provincia messinese, segnandone i momenti di svolta, gli incontri decisivi, le tappe più importanti.
Le fonti, a cui cercheremo di attingere, sono anzitutto un suo diario personale (alla cui scrittura egli rimase fedele, anche se in modo un po’ saltuario e fino a un certo punto dei suoi anni giovanili), le testimonianze dei genitori, degli amici, di quanti lo abbiamo in qualche modo incrociato nella vita.
5 Si può dire che questo libro è anzitutto scritto da loro.
«Giuseppe, sono papa Francesco, non avere paura, Gesù è con te».
«Sì, Papa, grazie, sì, sì, sì».
Dalla telefonata di papa Francesco a Peppe il giorno prima della morte
Ho riletto il diario e ho visto la disperazione che avevo; oggi mi sento sereno e sicuro della realtà. Non mi spaventa, anche perché ormai cerco di non concepirmi da solo.
Il disegno che Dio ha su di noi
è di gran lunga più grande e più desiderabile di quello che noi possiamo immaginare.
Ti chiedo di tenere gli occhi aperti e di aspettarLo, non tarderà. In alto i cuori.
Se la mia fede fosse venuta meno, non sarei riuscito a stare di fronte al tumore.
Ho domandato non tanto che mi fosse risparmiato il dolore della mia sofferenza, quanto che la mia fede mi facesse stare in piedi.
E che i miei figli potessero vedere come affrontare le durezze della vita.
Peppe Lenzo
Liborio Di Marco, presbitero della Diocesi di Patti (Messina), è docente incaricato di Esegesi del Nuovo Testamento presso la Facoltà Teologica di Sicilia «San Giovanni Evangelista» di Palermo e docente invitato presso l’Istituto Teologico «San Tommaso» di Messina. È autore di diverse pubblicazioni di carattere esegetico.
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