L'anno che verrà (Marina Corradi)

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Marina Corradi

L’anno che verrà





Marina Corradi

L’anno che verrà


me impresso, probabilmente resterà appassionati. Nicolò, socio in questo progetto, «Avvenire» Itaca ringrazia n grado di realizzare questo mio sogno. nella persona del direttore Marco Tarquinio per aver autorizzato la pubblicazione degli scritti dell’autrice va a lui per aver “sposato” per la rubrica «L’anno che verrà». messo . a tutti gli intervistati ermesso di incontrare ticolare Pietro Manganoni, Gigi Soldano, ci ha fornito la maggior parte delle blicazione. mpre sostenuto soprattutto ci di sempre che ancora prima di aver riservargli uralmente.

Marina Corradi L’anno che verrà www.itacaedizioni.it/anno-che-verra Prima edizione: luglio 2021 © 2021 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0694-6 Foto di copertina di Marco Previdi e Caterina Cedone Stampato in Italia da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC)

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Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Questo prodotto è composto da materiale che proviene da foreste ben gestite certificate FSC‰, da materiali riciclati e da altre fonti controllate. Utilizziamo inchiostri vegetali senza componenti derivati dal petrolio e stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto.

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Introduzione Quando, ad ogni 31 dicembre, l’anno vecchio va a morire, si avverte nell’aria, e soprattutto fra i più giovani, un’indicibile eccitazione. Quasi che, scoccando l’anno nuovo, tutto potesse cambiare, e ogni sogno avverarsi. La sera del 31 dicembre 2020, malgrado le restrizioni, nelle bande di ragazzi per Milano questa tensione si percepiva, forte. Quasi che il 2020 fosse stato un maledetto incantesimo, da scrollarsi di dosso. «È finito! È finito!» gridavano festosi e clandestini per strada i ragazzi, a mezzanotte. Li guardavo dal balcone. I festeggiamenti di Capodanno mi hanno sempre lasciato fredda. Però quest’anno comprendevo l’animo di quei diciottenni, chiusi in casa, derubati dei giorni dei loro anni più belli, e spaventati dal futuro. L’anno che verrà, avrei voluto poter promettere, sarà molto migliore. Eppure, immagini e istanti di quel 2020 mi erano rimasti nel cuore, e non potevo ripudiarli. E sapevo che anche nel 2021, anno che economisti e virologi uniti profetizzavano catastrofico, avrei trovato facce, occhi, strade, cieli che mi avrebbero meravigliato. Così, guardando ora indietro ora avanti, scegliendo un particolare da raccontare ogni giorno, da gennaio a marzo, in sole 1.300 battute, sulla prima pagina di «Avvenire», si è formato questo libro. È semplicemente un quaderno d’appunti, quasi note ai margini di un calendario. Cronaca, magari cronaca interiore, ma cronaca di questi giorni singolari. Io avevo appena scelto di lasciare questo lavoro, stanca, dopo 40 anni. Mi sembrava di sapere ormai sempre come andava a finire, ogni storia italiana, e di sapere anche abbastanza ormai come siamo fatti,

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e cosa si può dire, e cosa no, perché non è abbastanza allineato col pensiero “corretto”. L’avvento del Covid mi ha risvegliato bruscamente: di colpo, ogni cosa era cambiata. Si moriva in due giorni, e spesso, cosa mai vista, soli, portati via da un’ambulanza che partiva con la sirena accesa. Si evitava il prossimo per strada, si temeva il vicino, in ascensore. Improvvisamente la morte, di tutte le verità la più censurata, si era insediata e troneggiava nelle nostre città, perfino nelle nostre case – una straniera, che nessuno aveva fatto entrare. Che stravolgimento nelle vite, negli affetti, nelle corsie degli ospedali, negli occhi dei medici sopra le mascherine. Che sbalordimento attonito in chi, contagiato, in poche ore, attonito, si trovava a fare il bilancio di una vita. E che coraggio in quanti rischiavano la vita per uno stipendio da infermiere, e in tanti sacerdoti portati via insieme, come studenti chiamati all’appello. Si respirava paura e, tra chi era rimasto senza lavoro, disperazione: e tanta doveva essere, se alla fine del 2020 decine di migliaia di neonati, statisticamente previsti, non sono arrivati. Il mondo capovolto, il Papa che prega in piazza San Pietro deserta in una sera di tempesta, una povertà che si allarga come mai, dai tempi della guerra. L’Italia, fra il 2020 e il 2021, è un altro Pae­se. Peggiore a volte, o spesso, ma segretamente, migliore. Milioni di storie, dietro milioni di finestre chiuse. Ho avuto, guardando da un treno di notte le finestre di Roma, il desiderio di conoscerle tutte. Impossibile. Ma, prigioniera come gli altri, ho cercato di stare attenta. Un piccolo episodio, un particolare, una frase al bar – 1.300 battute al giorno. Come sms da un’Italia trasfigurata. Come non sapendo, davanti

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a una simile metamorfosi della realtà, fare altro che balbettare poche sillabe, degli sms appunto. Solo in due occasioni ho affrontato la Milano e la Roma del lockdown più duro, mi ci sono inoltrata, come girando coi miei occhi un video che ho ancora davanti, indimenticabile. Sono i due reportages che aprono il libro. Chi è stato toccato, chi ha visto da vicino, non sarà più esattamente quello di prima. Per strada, spingendo il nipote classe 2020 in passeggino, mi accorgo che gli anziani non sorridono più ai bambini come poco più di vent’anni fa sorridevano ai miei figli. Non li guardano più come prima: quasi fossero stati travolti dall’onda di morte, e dubitassero ormai che la vita sia un bene. Gli stranieri, poi, sono sempre più osservati con diffidenza: già venivano “a rubarci il lavoro”, e se poi portassero il contagio? Il virus è penetrato fino al nostro Dna di italiani, viene il dubbio. E però non sappiamo come questi mesi abbiano operato nel cuore di molti. Potrebbero essere stati gettati, nel fango della pandemia, dei semi. Ci vorranno anni, per vederli germogliare. Spesso camminando per strada mi torna questa sensazione che una moltitudine di storie, di facce, di vite e morti, accadute in questi mesi, chiedano di essere raccontate. L’anno che verrà ormai già va consumandosi. Ho tentato di scattarne delle istantanee, come un viaggiatore su un treno in corsa in un paese mai visto, un paese strano che non sarebbe capace di descrivere in un discorso compiuto. E allora il viaggiatore scatta, scatta dal finestrino: cercando, in cento attimi, di catturare almeno un frammento di realtà.

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La goccia, ogni mattina La colonna dei camion dell’Esercito che usciva da Bergamo, nel marzo 2020, carica di bare per cui non c’era posto al cimitero, è per sempre nei nostri occhi. Però, non erano ancora i “nostri” morti. Le sirene trafiggevano con il loro urlo il silenzio di Milano immobile, e tutti ci voltavamo, angosciati: però non erano ancora i “nostri” morti. Poi, un giorno un amico è risultato positivo. Era la vigilia di Natale 2020: «Almeno te ne stai tranquillo a casa», gli ho scritto su WhatsApp. Lui mi ha risposto con un’emoticon sorridente. L’ho richiamato il giorno dopo: era all’ospedale, ma cosciente, lucido. «Non fare cazzate», gli ho detto. Aveva 58 anni, era forte, andava in montagna: non ero tanto preoccupata. Poi, Antonio non ha più risposto: intubato, ingoiato in una terapia intensiva. Io, tuttavia, ancora credevo che sarebbe guarito. Un pomeriggio la figlia si è affacciata alla mia stanza, mi ha detto a voce bassa: «Mamma, Antonio è morto». Allora tutto mi è come rovinato addosso. Ora erano i suoi occhi, proprio i suoi, miti e buoni, che non mi avrebbero più guardato. Al funerale, in chiesa, ho ascoltate parole di cristiano conforto. Non mi hanno nemmeno sfiorato. Mi andava salendo dentro una piena di pianto, un’onda di dolore e rabbia dal profondo. Sono uscita di corsa per poter piangere: finalmente, a dirotto. Sei mesi dopo, tasto la ferita: non cicatrizza, ancora. La foto di Antonio è appesa sulla porta del frigo. Mi guarda contento, come si fosse appena alzato da un banchetto nuziale. Sembra una domanda, ogni mattina. Una goccia, che scava nella mia terra dura.

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Dalla Germania al mare Siamo partiti da Genova che quasi era buio. Il traghetto ha preso il largo ed era notte, ormai. Abbiamo incrociato un altro traghetto, tutto illuminato, come a festa: ne veniva un’eco lieta di canzoni da spiaggia. La terraferma con la sua costellazione di luci si allontanava. Attorno ora solo un nero d’inchiostro, e più forte il profumo del mare. Ad uno ad uno i passeggeri si sono sistemati nei loro sacchi a pelo, o sono andati a dormire nelle cabine. Il ponte è rimasto vuoto. Il traghetto, silenzioso, andava. Verso le cinque, un chiarore aurorale si è levato da Est. Il mare, come uno specchio, subito si è fatto chiaro. I primi turisti si sono affacciati sul ponte. Anch’io sono salita a guardare l’alba. Ero seduta su una panchina quando ho visto arrivare una giovane coppia di tedeschi con due bambini piccoli, sui tre o quattro anni, gli occhi ancora gonfi di sonno. Si sono affacciati al parapetto, e ormai eravamo prossimi alla costa della Sardegna, che in quell’ora d’alba era rosa. Non so descrivere la linea lontana che sembrava la soglia di una fiaba, sotto al cielo del giorno sorgente. E il mare cristallino, appena mosso in una schiuma candida di onde gentili. Ho visto i bambini tedeschi affacciarsi e restare un istante immobili, a guardare. Poi si sono voltati, e non dimentico i loro chiari occhi nordici sbalorditi: e come ridendo di gioia, grati, si sono stretti felici alle gambe della mamma. Non posso dimenticare gli occhi di quei bambini, chiusi in casa per il Covid per mesi a Francoforte, o a Colonia, in pomeriggi d’inverno che subito declinavano nel buio. Ed ecco

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quei due ora in un’aurora di giugno, sul Mediterraneo; e la Sardegna all’orizzonte, promessa di sole e di gioia. Che faccia quei due, e che sorriso. Se girassi un film sul tempo del Covid vorrei che fosse questa, l’ultima scena. E poi la parola “Fine” che scorre, sull’ostinato blu del nostro mare.

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Indice Introduzione 5 Aprile 2020 Il deserto della città La vita sospesa (e segreta) di una Milano mai vista così

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La Citta eterna è muta. Dove siamo tutti? E quando torneremo?

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L’anno che verrà Angeli 23 Bambini, ancora 24 Il vero tabù 25 Comincia inavvertita 26 Il silenzio delle colline 27 Un silenzio sovversivo 28 Il Signore del tempo 29 Dimmi, bambino 30 Grazie dei giochi 31 Lui in Dio, ora 32 «È finito! È finito!» 33 L’anima dei tram 34 Argentina 35 Fantasmi 36 Quello che cercavo 37 Cemento 38 «Non ho tempo per dormire» 39

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Le ragazze di via Viviani 40 Il gradino liso 41 Il segreto 42 Che cos’era la notte 43 La fedeltà del sole 44 Quel cane chi è? 45 Com’era buona l’aria 46 La mendicante avventizia 47 La ragazza con il loden 48 Non può essere vero 49 L’ingrediente che manca 50 L’anarchia dei ricordi 51 Titanic 52 Se bussano le volpi 53 Arancione, tuttavia 54 L’ordine di partenza 55 Di che cosa parlava Edith 56 I disertori 57 Contromano 58 Cosa cercava Iride 59 Fumo 60 Il cielo sopra Milano 61 Polvere 62 Faccia a faccia 63 Noi ci rivedremo 64 Il mercato delle meraviglie 65 Il fotogramma 66 A lezione da don Camillo 67 Cos’era la nebbia 68 Un sistema geniale 69 Non lasciar stare i santi 70 La vita vista da un treno 71 Il battesimo di T. 72 La promessa mantenuta 73

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Le sentinelle 74 La variabile impazzita 75 La città delle Torri 76 Uno sconosciuto, alle Poste 77 Il baricentro del cuore 78 Quell’urto di vento 79 Il ritorno del 10 marzo 80 In morte di un amico 81 Briganti a Milano 82 La memoria perduta 83 La mattina, di nuovo 84 Aspettando il primo tuono 85 Il convitato 86 Roma, così lontana 87 Corso Garibaldi 118 88 Classe 2020 89 Un assurdo sogno 90 Il tradimento 91 Il miracolo delle 7 92 I nidi aspettano 93 Dal centro del Colonnato 94 Venti minuti a primavera 95 Mai così uomini 96 Vendesi 97 A che serve l’ombra 98 Il lavoro è una grazia 99 L’effetto collaterale 100 L’esuberanza delle rose 101 Non lo dirò a nessuno 102 Come fosse stato un sogno 103 La promessa dell’erba 104 La goccia, ogni mattina 106 Dalla Germania al mare 107

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Quanto a Dio, dobbiamo ricordare che l’anima è solo una cavità che Egli riempie.

C.S. Lewis

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«È finito! È finito!», gridavano per strada da Milano a Roma a Napoli, allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre 2020. Sembrava la fine di una guerra. Ma la vittoria non era stata conquistata. Lo è, forse, ora, e tuttavia, ci avvertono, nuove varianti Delta o Kappa sono in agguato. Torneremo a vivere “come prima”? O la scoperta di una drammatica vulnerabilità, in un mondo che prometteva il “diritto alla salute”, ci lascerà addosso un segno perenne? E che cosa conta, cosa è fedele, cosa vale, dopo il Covid? In questa raccolta di testi tratti da Avvenire Marina Corradi traccia in brevi istantanee di vita quotidiana un diario dell’anno 2021, atteso come un liberatore, e invece aspro ancora. Anno oscillante fra il lutto e la paura e quella speranza e voglia di vivere che sempre, dopo ogni prova, tornano fra gli uomini ‒ come l’essenza della loro stessa natura. Marina Corradi inizia a lavorare come cronista di “nera” al quotidiano La Notte di Milano, per poi passare a la Repubblica e di qui ad Avvenire come inviato ed editorialista. È sposata e ha tre figli. Collabora con il mensile Tempi.

€ 12,00 itacaedizioni.it


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