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José María Sánchez Silva
Illustrato da Arcadio Lobato
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gli odissei sono libri attenti alla leggibilità, dedicati a tutti i lettori,
perché siamo tutti compagni di Ulisse! Abbiamo curato ogni dettaglio (scelta della carta, impaginazione, interlinea, font, spaziature, allineamenti, colori e lunghezza delle righe) perché la lettura possa essere gustata al meglio. Scopri di più su itacaedizioni.it
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José María Sánchez Silva Marcellino Pane e Vino www.itacaedizioni.it/marcellino-pane-e-vino Prima edizione: luglio 2007 Nuova edizione: marzo 2021 Titolo originale: Marcelino Pan y Vino © by Heirs of José Mª Sánchez-Silva © Fraternità di Comunione e Liberazione per i testi di L. Giussani © Itaca srl 2007, in accordo con Il Caduceo di Marinella Magrì e Ute Körner Literary Agency S.L.U. · www.uklitag.com All rights reserved ISBN 978-88-526-0680-9 Progettazione grafica e impaginazione: Daniela Dal Pane, Isabel Tozzi Si ringrazia Filmexport Group per le immagini del film Marcellino Pane e Vino riportate alle pagine 88-94. Stampato in Italia da D’Auria Printing, S. Egidio alla Vibrata (TE) Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Questo prodotto è composto da materiale che proviene da foreste ben gestite certificate FSC‰, da materiali riciclati e da altre fonti controllate. Utilizziamo materiale plastic free, inchiostri vegetali senza componenti derivati dal petrolio e stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto.
VEGETABLE INK
José María Sánchez Silva
Marcellino Pane e Vino
traduzione di Erminio Polidori illustrato da Arcadio Lobato
MARCELLINO PANE E VINO
Dedico questo racconto a mia figlia Sara, dician-
novenne, novizia della Compagnia di Maria in un convento della Rioja. Per amor del vero, io non so neppure se il racconto sia mio, perché lo sentii raccontare spesso da mia madre, più di trent’anni fa, e perché in seguito lo rimuginai chissà quante volte nella mia mente e lo raccontai anche ad altri a modo mio, creandolo — diciamo così — di nuovo, con tutte le inevitabili correzioni ed alterazioni. Il fatto che anche mia madre scrivesse e componesse perfino versi può, comunque, provare che non rubo niente a nessuno, giacché potrebbe darsi benissimo che questo racconto fosse stato da lei immaginato per me. In tal caso, restituendo a mia figlia quel che proviene da mia madre, io avrò fatto solo un preciso atto di giustizia. Ho pensato che, di fronte alle vane fantasticherie 4
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che vanno di moda oggigiorno, sarebbe stato utile raccontare ai ragazzi e, ove a questi non fosse possibile, almeno ai loro genitori, perché a loro volta la raccontassero ai propri figli, una delicata storia cristiana, piena di tenerezza e dolcemente impregnata dell’idea della morte, così estranea alla maggior parte dei giovani. Ho pure pensato a lungo, prima di mettermi all’opera, al linguaggio che avrei dovuto usare, e mi sono accorto che non esiste altro linguaggio per bambini all’infuori di quello poetico derivante dalle immagini delle cose e delle idee. Se Andersen, Grimm, Perrault e i più noti favolisti non hanno avuto tali preoccupazioni di stile, meno ancora potevo averne io, che sono il più umile e negligente dei loro discepoli. Ho scritto, quindi, alla buona, con un linguaggio comune e impersonale. Mi sembra necessario tentar di opporre a questo mondo di pugni, di spari e di torbidi intrighi, una narrazione semplice e pura, né antica né moderna, che ci stia a dire se ancora esista, o meno, una qualche lagrima da offrire in omaggio all’amor di Dio, che qui è descritto da uno che non è né prete né frate e nemmeno chierichetto.
J.M. Sánchez Silva 5
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segreteria di stato di sua santità n. 301-313
Dal Vaticano, li 11 giugno 1953
Egregio Signore,
ho consegnato nelle mani dell’Augusto Pontefice l’esemplare del suo libro intitolato «Marcellino Pane e Vino» che Ella ha voluto farGli pervenire come omaggio della sua filiale devozione. Le comunico con piacere che Sua Santità ha paternamente gradito il suo pensiero e mi ha dato l’incarico di farmi interprete presso di Lei della Sua viva riconoscenza.
Il Signore ricompensi con i più ricchi doni il nobile ideale che ha guidato la sua penna in quest’opera, la quale, attraverso l’incantevole narrazione e il religioso fervore che la ispira, sarà, senza dubbio, di sano godimento per i piccoli lettori cui è diretta, e sveglierà in essi sentimenti di pietà cristiana.
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Questi sono i voti che formula il Santo Padre, mentre di cuore impartisce a Lei e ai suoi cari l’Apostolica Benedizione. Voglia gradire i sensi della mia più distinta considerazione, suo aff.mo
G.B. Montini Prosegr.
Giovanni Battista Montini nel 1963 fu eletto papa. Prese il nome di Paolo VI. Il 14 ottobre 2018 papa Francesco lo ha proclamato santo.
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Quasi cent’anni fa, tre frati francescani si rivol-
sero al sindaco di un paesello onde ottenere il permesso di andare ad abitare, per carità, in certe antiche rovine che si trovavano in un terreno incolto, di proprietà del Comune. Si trattava di quattro vecchie mura, completamente abbandonate, distanti circa dieci chilometri dall’abitato. Il sindaco, che era uomo dabbene, non trovò nulla in contrario e aderì subito alla richiesta, senza neppure interpellare i suoi consiglieri. Ringraziato il loro benefattore, i frati si misero in cammino e, una volta sul posto, cominciarono a lambiccarsi il cervello per trovar la maniera d’improvvisare un rifugio tra quei ruderi, che pure già conoscevano, e non dover passare la notte a ciel sereno. 10
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In altri tempi c’era lì una fattoria. Quando i francesi irruppero nella Spagna, intorno al milleottocento, gli abitanti del luogo vi si barricarono per tentare di far fronte agli invasori, o almeno per attirarli in quel luogo, allontanandoli dal paese, così da evitarne la distruzione.
Tra i frati ce n’era uno assai giovane, vivace e di grande ingegno, che capì subito da dove si dovesse cominciare. Sparpagliate lì attorno, esistevano ancora delle grosse pietre che dovevano essere servite alla costruzione del primitivo edificio. Gli alberi per il legname non mancavano e un ruscelletto, che scorreva non molto lontano, garantiva ai poveri fraticelli di non morire di sete. Il buon frate, però, capì anche che il tempo stringeva e che occorreva venire subito ad una soluzione perché, malgrado avessero lasciato il paese di buon mattino, s’era fatto assai tardi, tanto più che uno dei tre frati era vecchio e camminava a fatica. Andò in cerca di alcuni grossi bastoni che dispose tra le macerie; ci stese sopra, a mo’ di tetto, una logora coperta che portavano appresso e in quattro e quattr’otto l’ospizio fu pronto. Sistemò il frate 11
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Indice
Dedica J.M. Sánchez Silva
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Lettera all’Autore G.B. Montini
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Marcellino Pane e Vino 8 Una storia che ci fa riflettere Luigi Giussani
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