Nel suono il senso - TEORIA

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TEORIA NEL SUONO IL SENSO Raffaela Paggi · Luciana Albini · Daniele Ferrari Grammatica della lingua italiana ad uso scolastico SCUOLA

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Raffaela Paggi, Luciana Albini, Daniele Ferrari Nel suono il senso Grammatica della lingua italiana ad uso

QuartaTerzaPrimawww.itacaedizioni.it/nel-suono-il-senso-nuova-edizionescolasticoedizione:luglio2016ristamparivedutaecorretta:agosto2021ristampa:agosto2022 © 2016 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN Progetto978-88-526-0483-6grafico:Andrea

Cimatti Illustrazioni: Gabriele Grava, Raffaela Paggi Ricerca iconografica: Stefano Bombelli Cura editoriale: Cristina Zoli Stampato in Italia da D’Auria Printing, S. Egidio alla Vibrata (TE) Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Questo prodotto è composto da materiale che proviene da foreste ben gestite certificate FSC®, da materiali riciclati e da altre fonti controllate. Utilizziamo materiale plastic free, inchiostri vegetali senza componenti derivati dal petrolio e stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto. Hanno collaborato alla realizzazione dell’opera: Gabriele Grava Anna AlfredoIulianoMarchisio Dorotea Moscato Lucia PietroAndreaNegriNembriniViscardi

VEGETABLE INK

TEORIA NEL SUONO IL SENSO Raffaela Paggi · Luciana Albini · Daniele Ferrari Grammatica della lingua italiana ad uso scolastico SCUOLA

Per addentrarsi nello studio della lingua, il libro inizia con una riflessione sulla comunicazione verbale: perché l’uomo parla, quali sono i fattori in gioco, quali caratteristiche ha il segno linguistico, come lo si interpreta e in che modo la co municazione mette in relazione gli uomini: sono queste le principali questioni affrontate nell’unità 1.

Offrire un metodo per scoprire quali sono tali regole combinatorie e per quali ra gioni esistono è lo scopo di questo libro. Una conoscenza sicura e approfondita delle dinamiche della lingua è infatti il segreto per utilizzarla con consapevolez za, per comprendere pienamente i testi altrui, per adeguare ciò che si dice alle proprie intenzioni comunicative, che sono sempre nuove perché sempre nuove sono le esperienze, le riflessioni, le scoperte che facciamo e sempre diverse le persone con cui desideriamo condividerle. Come è fatto il libro Il volume di teoria

Le unità 2 e 3 trattano della frase, intesa come unione significativa di parole che si forma intorno all’intreccio tra nome e verbo, nucleo di ogni nostro messaggio. Ogni frase nasce, infatti, dal desiderio di dire qualcosa a un interlocutore, cioè di “predicare”. E ogni frase esprime una certa direzione di lettura sulla realtà che attesta: attiva, passiva, riflessiva, come studierai nell’unità 6. Nelle unità 4, 5 e 7 sono illustrate le combinazioni ammesse dalla lingua italiana per costruire una frase: il sintagma nominale, insieme di parole costruite intorno a un nome; il sintagma verbale, che ha per nucleo un verbo; il sintagma prepo sizionale, combinazione di parole introdotta da una preposizione. Di ogni tipo si indagano le caratteristiche delle parti che lo compongono e le sue funzioni logi che all’interno della frase. L’unità 8 presenta una parte del discorso molto particolare, l’avverbio, che può far parte di uno dei sintagmi di cui abbiamo appena parlato, o svolgere il suo compito in Comeautonomia.leparole compongono i sintagmi, così le frasi si combinano per costruire dei periodi: è questo l’argomento dell’unità 9, mentre nell’unità 10 scoprirai come si legano insieme più periodi per costituire dei veri e propri testi.

Una premessa: perché Nel suono il senso Le parole che diciamo sono suoni, cioè onde che si propagano nell’aria e si tra smettono agli organi sensibili dell’orecchio, ma dobbiamo ammettere che nella sonorità della parola è presente qualcosa di più della sola componente fisica: un testo porta con sé un messaggio, un significato. Cosa permette ai suoni di veicolare un senso è in parte comprensibile, in parte misterioso, come nella musica: “Per comporre musica, il compositore sceglie un certo numero di elementi, i suoni, e li allinea in una sequenza che si svolgerà nel tempo. Se i suoni sono stati scelti a caso, se non c’è alcuna relazione fra ciò che precede e ciò che segue si avrà del rumore. Se, invece, i suoni sono concatenati secondo un certo ordine, si ha della musica. Esiste un numero infinito di modi di fare del rumore, ma un numero molto più ristretto di modi di fare della musica” (H. Reeves, L’evoluzione cosmica).

Come una sinfonia si distingue dal rumore perché i suoni si accordano tra loro, così un testo si costruisce combinando le parole, non a caso, ma nel rispetto di certe regole. La libertà e la creatività di chi parla, o di chi scrive, devono fare i conti con le istruzioni, suggerite dalla lingua stessa, per l’uso delle parole.

L’eserciziario Il volume dedicato agli esercizi si articola in diverse unità, seguendo lo stesso ordine della teoria. Dall’unità 2 all’unità 9, oltre agli esercizi “in itinere”, troverai anche alcuni esercizi di riepilogo per ripassare quello che hai appreso, verificare la comprensione dei contenuti dell’intera unità e metterti alla prova con esercizi di scrittura, di argo mentazione e in alcuni casi anche di gioco con le parole. In fondo all’eserciziario troverai due capitoli dedicati al consolidamento delle for me verbali e dell’ortografia, e da ultimo un laboratorio di scrittura, che ti fornirà suggerimenti e attività per produrre alcuni tipi di testo specifici (riassunto, de scrizione, racconto, tema).

In fondo al volume si trovano alcuni prontuari: capitoli che puoi consultare se hai dei dubbi di ortografia, cioè su come si scrivono le parole, sulla classificazione delle parti del discorso e sui tempi verbali. Ogni capitolo inizia con una citazione e una foto d’autore per introdurre il tema in modo evocativo. In ogni unità troverai dei box dedicati ad approfondire alcune tematiche, a sugge rire trucchi del mestiere, a conoscere le etimologie dei termini specifici della gram matica e dei rimandi alle questioni di lessico. Per conoscere bene una lingua, infat ti, è importante non solo comprendere le leggi che regolano la combinazione del le parole, ma anche riflettere sul loro significato, sui rapporti che intrattengono, su come si sono evolute nel tempo, su come ne nascono di nuove.

Anche nell’eserciziario ci sono alcuni box dedicati ai trucchi del mestiere. Il formato digitale Utilizzando il codice indicato a pagina 1 puoi registrarti al sito www.lacetra.it e accedere alla tua area riservata, dove troverai il libro in versione digitale, le indi cazioni per scaricare la app per il tuo tablet e altri materiali integrativi.

1 LA ElementiVERBALECOMUNICAZIONEescopi E poi, a me Nuto piaceva perché andavamo d’accordo e mi trattava come un amico. Aveva già allora quegli occhi forati, da gatto, e quando aveva detto una cosa finiva: “Se sbaglio, correggimi”. Fu così che cominciai a capire che non si parla solamente per parlare, per dire “ho fatto questo” “ho fatto quello” “ho mangiato e bevuto”, ma si parla per farsi un’idea, per capire come va questo mondo. Non ci avevo mai pensato prima. Cesare Pavese La luna e i falò ARGOMENTI 1. L’uomo parla! 2. La comunicazione 3. Il segno 4. Gli elementi della comunicazione verbale 5. L’interpretazione del testo 6. Comunicare per conoscere 7. Comunicazione e dialogo

UNITÀ 1 LA COMUNICAZIONE VERBALE8 1. L’UOMO PARLA! Sembra una frase ovvia: tutti sanno che l’uomo parla, mentre le cose, le piante e gli animali non ne sono capaci! Eppure se ci si sofferma a pensare, che l’uomo parli non è una cosa banale. Unico fra tutte le creature può dare un nome alle cose e alle persone, formulare delle idee, esprimere pensieri, emozioni, desideri, esi genze, ragionamenti, invenzioni e comunicarli ad altri uomini. Vi sono forme di comunicazione anche tra gli animali e molti elementi della na tura emettono suoni che l’uomo può interpretare (pensa al rombo del tuono che annuncia il temporale), ma parlare è tutta un’altra faccenda: significa infatti emettere suoni, riconosciuti come significativi da altri uomini, per cogliere e co municare un senso, per formulare e trasmettere intenzionalmente infiniti mes saggi utilizzando pochi elementi (parole e regole). E questa creatività è propria solo dell’uomo. Lo studio della nostra lingua ha innanzitutto lo scopo di comprendere attraver so quali procedimenti le parole sono in grado di trasmettere significati, così che l’uomo possa parlare e comunicare. Ma prima di addentrarsi in tale ricerca occor re interrogarsi circa il significato della parola comunicare.

2. L A COMUNICAZIONE 9 2. LA COMUNICAZIONE

La comunicazione è uno scambio di segni che produce senso. Il termine comunicare deriva dal latino communicatio, composto da cum (‘con’, ‘assieme a’) e munus ‘compito’)(‘bene’,e significa ‘mettere in comune un bene’, ‘condividere con un altro un bene che io ho’.

Considera la seguente situazione: Giacomo e suo papà stanno ritornando a piedi dal parco. Hanno giocato insieme per un’ora intera. Sono stanchi ma felici. A un certo punto della strada, come di comune accordo, si fermano. Giacomo sta fissando un punto oltre suo padre, dall’altra parte della strada; poi, intimidito, pianta gli occhi a terra. Il papà lo osserva silenzioso. Attende che Giacomo alzi lo sguardo. Poi gli domanda: “Panna e cioccolato?”. Sorridendo attraversano la strada e si avviano verso la gelateria. La comunicazione tra Giacomo e suo papà è più che riuscita: Giacomo, infatti, ha espresso a suo padre un desiderio molto chiaro, un messaggio che suo padre è stato in grado di interpretare correttamente. Che la comunicazione sia riuscita è provato dall’atteggiamento concorde con cui i due si avviano soddisfatti verso la Lagelateria.comprensione del messaggio da parte del papà è legata alla sua conoscenza della situazione (egli sa che al di là della strada c’è una gelateria) e alla sua ca pacità di leggere le espressioni del figlio (interpreta il suo atteggiamento come espressione del desiderio). Inoltre la modalità in cui avviene lo scambio comu nicativo rivela qualcosa di più profondo, legato al mondo degli affetti: Giacomo esprime un certo rispetto per l’autorità paterna e il papà si dimostra amorevole nei confronti del figlio. La comunicazione dunque non è riducibile a un semplice scambio di informazio ni. Essa si rivela come una delle attività più importanti nella vita dell’uomo: nel la comunicazione non solo condividiamo dati e conoscenze, ma implichiamo an che affetti, desideri, ragionamenti, progetti. Ciò accade perché la comunicazione prevede il passaggio di mano di un bene prezioso, il senso di quanto viene espres so. Questo passaggio provoca una sorta di cambiamento in chi riceve il dono, in quanto il dono ricevuto implica delle conseguenze e chiama a una responsabilità. La trasmissione del senso presuppone dunque una certa disponibilità da parte di chi lo riceve ad accogliere e a rispondere al messaggio, secondo le intenzioni di chi l’ha prodotto.

I segni naturali Una nuvola nera nel cielo indica l’arrivo di un temporale; le foglie che ingialli scono e cadono segnalano che l’estate sta finendo e incomincia l’autunno; dei puntini rossi sulla pelle sono sintomo del morbillo… Nuvole, foglie e puntini rossi sono segni naturali. In questo caso il legame tra significato e significante non è deciso dall’uomo, bensì è dato dalla natura stessa.

Ciascuno di questi gesti è portatore di un significato, pertanto viene chiamato si gnificante.

UNITÀ 1 LA COMUNICAZIONE VERBALE10 3. IL SEGNO

Per poter comunicare l’uomo ha bisogno di segni: per chiedere la parola in clas se si alza la mano, per mostrare rispetto quando entra un professore ci si alza in piedi, per esprimere complicità con un compagno si strizza l’occhio…

Il segno è una cosa (significante) che ne indica un’altra (significato).

Il significante è sempre percepibile con i sensi: può essere un gesto, un suono, un’immagine, un oggetto… altrimenti non sarebbe possibile trasmettere il signi ficato.

Nella realtà esistono molti tipi di segni: innanzitutto occorre distinguere i segni naturali dai segni intenzionali.

Per interpretare uno di questi segni occorre imparare a riconoscere tale rapporto naturale. Ma come si fa a riconoscere cosa indicano i segni naturali? Lo si impara dall’esperienza: il contadino guardando il cielo sa che tempo farà l’indomani per il fatto che l’ha sovente osservato o magari perché, quand’era bambino, suo padre gliel’ha insegnato.

3. IL sEGNO 11

Cosa differenzia questo segno da quelli naturali? Innanzitutto il fatto che è stato intenzionalmente istituito dall’uomo per poter comunicare con altri uomini. È stato l’uomo a stabilire che il cartello corrispon desse al divieto di ingresso agli animali. Segni di questo tipo funzionano in quanto fanno riferimento a un codice cono sciuto sia da chi li produce sia da chi li deve interpretare. Solo se si conosce il linguaggio dei segnali di fumo si può, ad esempio, comprendere il messaggio prodotto dall’indiano della vignetta: I segni intenzionali sono sempre convenzionali, perché il codice è sempre frutto di un accordo, di una convenzione tra uomini. Inoltre sono arbitrari, poiché il legame tra significante e significato è liberamente stabilito dall’uomo: si poteva decidere che il segnale di strada a senso unico in vece che così: fosse così:

I segni intenzionali Osserva la seguente immagine:

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In sintesi, i segni sono di due tipi: naturali, i quali possono essere interpretati dall’uomo grazie all’esperienza, ma non sono da lui istituiti; e intenzionali, cioè istituiti dall’uomo per comunicare. Per interpretare i segni intenzionali occorre conoscere il codice cui fanno riferi mento, in quanto sono convenzionali e arbitrari Il segno linguistico: il testo Il codice linguistico tra tutti i codici è il più potente: la lingua, pur essendo costi tuita da un limitato numero di parole e di regole, permette infatti di produrre un numero infinito di segni. Si intende per segno linguistico ogni messaggio forma to da parole e dotato di un senso compiuto, chiamato testo. Inoltre la lingua è un codice “vivo”: fornisce le parole e le regole, ma è l’uo mo che parla, cioè che sceglie quali parole usare e come combinarle in funzione del suo scopo comunicativo. Addirittura i parlanti possono creare nuove parole e modificare le regole. Pensa alle scoperte scientifiche o alle innovazioni: per ogni nuovo oggetto l’uomo inventa un nuovo nome. Pensa anche ai linguaggi gergali, come quello che magari usi con i tuoi amici, quanti aggettivi, verbi e nomi inven tate o con che libertà usate quelli già esistenti, mutandone il significato. Anche le regole possono mutare con il passare del tempo: ad esempio oggi nel la lingua parlata sono quasi scomparsi i pronomi egli, esso sostituiti da lui. Della triade questo, quello, codesto sono rimasti in uso i primi due, mentre il terzo va scomparendo, eccezion fatta per alcune regioni italiane. Questa libertà e questa creatività sono rese possibili dal fatto che il codice lingui stico è uno strumento finalizzato alla costruzione di testi, ma il vero costruttore di testi è il parlante. La lingua è un sistema di parole e di regole che il parlante usa per costruire segni linguistici, cioè testi.

2. L’insegnante esclama: “Simone Cembrini, interrogato!”. La classe scoppia a ridere: l’insegnante non si è accorto che Cembrini è assente! In questo caso la comunicazione non può avvenire perché il destinatario cui in tende rivolgersi il mittente non è presente.

4. GLI ELEMENTI dELLA COMUNICAZIONE VERBALE 13 4. GLI ELEMENTI COMUNICAZIONEDELLAVERBALE

1. Simone sente il cellulare squillare. Riceve la chiamata e si dispone in attesa.“Pronto?”, “Pronto?” ripete con insistenza. Dopo qualche altro secondo di silenzio Simone mette giù. Simone si dimostra disposto a ricevere una comunicazione ma, dall’altra parte del telefono, non sembra esserci nessuno intenzionato a parlare. Non vi è cioè il mittente

Nella comunicazione verbale molti fattori cooperano alla trasmissione e alla con divisione di un senso: ne presentiamo in questo paragrafo i principali. Considera le seguenti situazioni.

3. Simone, che sta passeggiando per le vie del centro, viene avvicinato da un turista, che incomincia a parlare in una lingua a lui sconosciuta. Simone si allontana, dispiaciuto di non poterlo aiutare. Il mittente qui è presente e Simone, il destinatario, vorrebbe partecipare alla co municazione, ma non è in grado di intendere quello che l’altro dice. Cioè il testo è formulato in un codice sconosciuto al destinatario.

4. Simone sente squillare il cellulare. Riceve la chiamata e si dispone in ascolto: “Pronto,“Pronto?”parlo con Luca?” “Sì! Chi parla?” “Ciao! Sono…” Poi silenzio. La batteria del cellulare si è scaricata improvvisamente! La comunicazione viene bruscamente interrotta per colpa dello strumento (il cellulare) che improvvisamente si spegne. Viene meno cioè il canale della co municazione. Ogni atto comunicativo ha bisogno di un supporto concreto: se gli interlocutori sono entrambi presenti è sufficiente la trasmissione attraverso l’a ria delle onde sonore dalla bocca alle orecchie per veicolare suoni e significati, altrimenti si devono usare altri strumenti che permettano di ascoltare i suoni a distanza o di leggere i testi scritti.

5. Simone sente squillare il cellulare. Riceve la chiamata e si dispone in ascolto: “Pronto,“Pronto?”parlo con Simone?” “Sì! Chi parla?” “Ciao! Sono Susanna! Allora ci vediamo al solito posto questo pomeriggio?” “Certo! Non mancherò!” “Ok. A dopo!”

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Riassumendo, i fattori fondamentali della comunicazione verbale sono: MITTENTE colui che produce il testo DESTINATARIO colui al quale è rivolto il testo CODICE la lingua, cioè il sistema di parole e regole con il quale viene formulato il testo CANALE il mezzo fisico attraverso cui passa il messaggio TESTO il segno linguistico, cioè la sequenza di parole che veicola un senso CONTESTO la situazione reale in cui avviene la comunicazione di cui fanno parte gli interlocutori e ciò a cui le loro parole si riferiscono

Finalmente una comunicazione riuscita: tutti gli elementi della comunicazione sono presenti e concorrono a trasmettere un senso; il mittente è intenzionato a farsi capire e il destinatario è disponibile a ricevere e interpretare il senso del te sto; il codice è conosciuto da entrambi e il canale veicola adeguatamente le parole. La comunicazione funziona anche grazie al fatto che le parole degli interlocutori si riferiscono a una realtà a loro nota: il messaggio di Susanna risulta chiaro a Si mone perché egli ha ben presente il luogo a cui lei si riferisce, in quanto fa parte di un contesto condiviso dagli interlocutori.

5. L’INTERpRETAZIONE dEL TEsTO 15

L’interpretazione di un testo implica da parte del destinatario la conoscenza di molti elementi linguistici ed extra-linguistici. Inoltre richiede che il destinatario sia disposto a riceverlo e che la sua ragione si metta all’opera per interpretarlo. Proviamo ora a dettagliare quali fattori sono imprescindibili in un atto di inter pretazione. La conoscenza del codice Nella comunicazione verbale è fondamentale che mittente e destinatario cono scano il codice, cioè il sistema linguistico con il quale è formulato il messaggio. Ad esempio, se ci si deve rivolgere a un giapponese e non si conosce la sua lingua, occorre trovare una lingua da entrambi conosciuta; solitamente si ricorre all’in glese, essendo un codice linguistico molto noto e universalmente usato. Solo conoscendo il codice è possibile utilizzare e interpretare in modo appro priato i testi

DEL TESTO

I

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. Per questo occorre approfondire la conoscenza della nostra lingua, che è così ricca e complessa da richiedere un progressivo affinamento della comprensione delle sue regole e della padronanza del suo lessico per diventare capaci di saperne interpretare tutti i testi. La conoscenza dei sottocodici Più ci si addentra nella realtà, più ci si accorge che essa è varia e articolata. Per parlarne, la lingua deve dunque fornire una gran varietà di parole, che indichino adeguatamente ognuno dei suoi aspetti. Addirittura uno stesso oggetto, uno stes so fatto, una stessa persona possono aver bisogno di diversi termini per essere nominati: per i tuoi genitori tu sei figlio, per i tuoi zii e i tuoi nonni nipote, per i tuoi insegnanti scolaro, studente, allievo, alunno, per lo Stato cittadino, per la Chie sa fedele; per un medico la stanchezza si chiama astenia, il raffreddore processo infiammatorio acuto della mucosa nasale; per l’economista l’aumento dei prezzi è indicato con il termine inflazione. Il sistema linguistico italiano presenta al suo interno dei linguaggi specifici, o sottocodici, per parlare di determinati aspetti della realtà secondo particolari punti di vista Potresti obiettare che ci si capirebbe meglio usando tutti il linguaggio comune, ma ciò presenterebbe notevoli inconvenienti. Pensa se nella cronaca di una parti ta di calcio il cronista rinunciasse ai termini tecnici sostituendoli con espressioni comuni: al posto di rigore, tiro in porta da distanza prestabilita; il catenaccio, una di sposizione tattica della squadra e in particolare della difesa per cui si cerca di convogliare tutte le risorse nella fase di contenimento dell’avversario; il palo, un tiro che colpisce la base montante della porta… La cronaca risulterebbe poco sintetica, la comunicazione perderebbe di efficacia e gli ascoltatori annoiati spegnerebbero subito la televisione! Oltre alla sinteticità i termini tecnici hanno il vantaggio di non essere mai am bigui all’interno del sottocodice a cui appartengono: ogni significante ha uno e un solo significato. In matematica, ad esempio, la sottrazione indica un preciso procedimento che non ha niente a che vedere con il furto; in musica la marcia è una composizione strumentale fortemente ritmata e non c’entra con i soldati; la stanza nel linguaggio poetico è la strofa di una canzone; il piede è l’unità di misura dei versi greci e latini. Nel campo dell’informatica è ormai diffusissimo un sotto codice che costituisce quasi una lingua a sé: parole prese in prestito dall’inglese come mouse, blog, banner insieme a parole italianizzate come chattare, postare, scannerizzare sono ormai entrate a pieno titolo nell’uso comune della nostra lin lessico DELREGISTRIDISCORSO

5. L’INTERPRETAZIONE

Questioni di

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gua, costituendo un sottocodice molto efficace e ormai indispensabile per chiun que. Indicare con precisione i fenomeni e ottenere testi sintetici e adeguati alla realtà di cui si vuole parlare sono i vantaggi dei sottocodici. Il riferimento al contesto Considera le seguenti frasi: Sono molto fiera di te! Quest’anno sono andato con i miei amici alla fiera del motociclo. Il diverso significato della parola fiera si rende evidente solo se essa viene con siderata all’interno della frase in cui si trova. Nella comunicazione verbale è ne cessario tener presente non solo le singole parole che compongono il messaggio, ma anche in quale situazione viene pronunciato, se si vuole comprenderne cor rettamente il significato. Infatti, una frase isolata ha tendenza all’ambiguità e può, in molti casi, risultare oscura; così l’espressione: Tutto bene? deve necessariamente collegarsi a deter minate situazioni che la rendano comprensibile. Potrebbe, per esempio, signifi care: Come è andato il primo giorno di scuola? oppure: Sei guarito? e ancora: Ti hanno riparato la bicicletta? Supponi che in treno si siedano accanto a te due persone le quali si scambino queste battute: - Sai Paolo, finalmente tutti hanno riso di Bobo! - Oh, bene! Il senso di questa conversazione potrebbe essere da te facilmente frainteso finché non venisse esplicitato il contesto a cui fanno riferimento le frasi pronunciate: Bobo è un amico degli interlocutori e di mestiere fa il clown, ma i suoi primi spet tacoli non erano stati divertenti. Le parole e le frasi pronunciate in una conversazione spesso non sono sufficienti a comprendere il senso della comunicazione stessa. Per capire cosa effettiva mente certi messaggi comunicano è necessario fare riferimento al contesto in cui avviene la comunicazione e la realtà a cui le parole si riferiscono.

L’inferenza In una comunicazione non è importante solo ciò che viene detto, ma anche ciò che non viene detto. Abbiamo visto in diversi esempi come spesso è proprio ciò che non viene detto a costituire la chiave necessaria a comprendere il senso di ciò che viene detto. Questo accade perché quando comunichiamo siamo naturalmente portati a dire solo ciò che, in una data situazione, ci sembra utile dire. Gli interlocutori sono portati a non dire ciò che a loro appare ovvio, scontato, deducibile dal contesto nel quale avviene la situazione comunicativa, implicato nelle conoscenze del de Mastinatario.nonsolo: in una comunicazione spesso viene anche lasciato implicito ciò che può essere dedotto, o più precisamente inferito, dalle parole stesse degli inter Immaginalocutori. che Giovanni, il quale ha deciso di candidarsi alle elezioni comunali, chieda a Daniele: Mi sosterrai con il tuo voto?

5. L’INTERpRETAZIONE dEL TEsTO 17

Il compito di trarre le inferenze dal discorso spetta sempre al destinatario: così è possibile che, laddove i discorsi siano molto complessi, non tutti traggano le stesse inferenze! Qui si vede l’abilità del mittente: un buon comunicatore deve essere in grado di adeguare al suo interlocutore la quantità di informazioni im Èplicite.dunque chiaro che l’interpretazione della comunicazione verbale richiede del le operazioni più complesse di quelle necessarie per decodificare segnali come quelli stradali.

E Daniele gli risponda: Ho diciassette anni! Per comprendere il legame tra le due affermazioni occorre sapere che si può vota re solo dopo i diciotto anni e fare un ragionamento: se Daniele ha solo diciassette non potrà sostenere con il suo voto Giovanni. L’inferenza è la conclusione di un ragionamento necessario a esplicitare ciò che non viene detto in un testo per interpretarlo correttamente.

- Bene mamma, finalmente abbiamo deciso di fare un giornalino di classe.

lo stesso mittente a conoscere qualcosa della realtà o di sé stesso. Non a caso il primo compito che Dio nella Genesi affida al primo uomo, Adamo, è dare un nome alle cose per metterle in relazione con sé, entrarne in possesso, co noscerle. Parlando, non solo si nominano gli elementi della realtà, ma si scoprono i nessi che hanno fra loro, si predica cioè qualcosa di nuovo su di loro. Ad esempio ti sarà capitato di capire meglio un argomento spiegandolo a un tuo compagno, o di scoprire qualcosa di nuovo su un certo contenuto scrivendo un testo su di esso, o di comprendere un po’ di più te stesso, i tuoi sentimenti, il tuo modo di pensare scrivendo una poesia o tenendo un diario segreto. Scrivendo e parlando, dialogando con qualcuno o con noi stessi, arricchiamo il nostro io di conoscenze e cresciamo nella consapevolezza della realtà che ci cir conda. La comunicazione dunque ha tra i suoi scopi la crescita della conoscenza del mittente. Scopo della comunicazione è poi la crescita della conoscenza del destinatario, sia quando lo si vuole semplicemente informare su un aspetto della realtà, sia quando lo si vuole convincere o gli si propone di condividere le proprie scoperte, le proprie riflessioni, i propri sentimenti, coinvolgendolo nella propria ricerca di Leggisenso.il seguente dialogo tra Alessandro e sua mamma: - Ciao Alessandro, come è andata oggi la scuola?

- Giornalino di classe? E cosa volete scriverci?

Abbiamo visto come avviene la comunicazione; chiediamoci ora perché avviene, ovvero quali scopi può avere un messaggio. Riflettere sulla lingua significa infatti non solo studiare come è fatta, ma anche chiedersi le ragioni, i motivi, le finalità dei Parlaretesti.aiuta

UNITÀ 1 LA COMUNICAZIONE VERBALE18 6. COMUNICARE PER CONOSCERE

- Un po’ di tutto, ma soprattutto i bisogni, le richieste, le esigenze di noi studenti. - Bello, come lo chiamerete allora?

- “Aiuto!” L’ultima battuta del dialogo ha lo scopo di dare una informazione alla mamma circa un oggetto, il giornalino, che fa parte della realtà a cui il discorso si riferi sce. In questo caso il messaggio ha come scopo quello di attirare l’attenzione del destinatario su un aspetto particolare del contesto. È questa la funzione di molti nostri dialoghi, di molti testi contenuti nei giornali, nei dizionari, in alcuni siti internet, nei libri scolastici: il quotidiano ti informa sulle ultime notizie avvenute nella tua città e nel mondo, il dizionario di inglese ti informa sul significato delle parole che non conosci, il libro di scienze sulle ca ratteristiche della realtà fisica… Il messaggio può essere altrimenti finalizzato a persuadere il destinatario, cioè a convincerlo ad agire in un determinato modo, a provare certe sensazioni, a pensare come gli viene suggerito, a rispondere a delle domande. Hanno funzione prevalente persuasiva, ad esempio, le arringhe degli avvocati, i discorsi dei po litici, alcuni articoli presenti sui quotidiani che intendono convincere il lettore a pensarla in un certo modo su un argomento dibattuto, i messaggi pubblicitari, i quali attraverso parole e immagini vogliono convincere il destinatario della vali dità di un certo prodotto e quindi indurlo al suo acquisto.

È dunque molto importante, quando si è destinatari di testi persuasivi, interpre tarli ponendo molta attenzione al loro scopo ultimo, per non essere manipolati dalle parole altrui. Vi è infine un particolare tipo di testo che coinvolge il destinatario senza svelargli direttamente il significato, ma attirando la sua attenzione innanzitutto attraverso la bellezza della parola. Si tratta del testo letterario: una poesia, un racconto, un romanzo, sono forme comunicative e come tali contengono messaggi. Ma ascol tandoli o leggendoli ciò che ci colpisce immediatamente sono la sonorità, l’armo nia, il ritmo, la cura nella scelta delle parole: è la potenza di tale bellezza che invi ta il destinatario a interpretare il testo per coglierne il senso, la cui trasmissione è lo scopo profondo della comunicazione. E il coinvolgimento con la ricerca di senso dell’autore accresce nel destinatario la conoscenza di sé stesso e della realtà.

Questioni di lessico IL POETICOLINGUAGGIO pagina 24

6. COMUNICARE pER CONOsCERE 19

In realtà non ti interessa tanto informare tua madre dell’esito della verifica, bensì metterla di buon umore, affinché sia più serena nell’ascoltare la seconda notizia, un po’ meno piacevole.

A volte la funzione persuasiva di un messaggio può essere “nascosta”. Non ti è mai capitato di tornare a casa dopo aver combinato un guaio e di dire alla mamma una frase del tipo: Sai mamma, oggi ho preso un bel voto in matematica!

7. COMUNICAZIONE

UNITÀ 1 LA COMUNICAZIONE VERBALE20

Ognuno di noi ha imparato a comunicare con una lingua che gli è stata consegna ta al momento della sua nascita. L’uomo comunica con una lingua che trova già fatta nel mondo in cui nasce, con una lingua in cui si trova immerso: potremmo dire che la lingua è il primo dono che una certa comunità fa a ogni nuovo arrivato e porta con sé tutta la cultura di cui essa è espressione. La lingua è lo strumento privilegiato dell’espressione dell’identità di una comunità umana: la condivisione di conoscenze, credenze, principi, valori si realizza infatti come comunicazione. Abbiamo fatto più volte riferimento in questo capitolo all’importanza della cono scenza del codice da parte di mittente e destinatario per instaurare una comuni cazione. Abbiamo anche già visto che nel caso in cui due interlocutori (ad esempio un italiano e giapponese) ignorino l’uno la lingua dell’altro, l’unica possibilità di instaurare una comunicazione sarà quella di individuare un codice condiviso, che nel nostro esempio è la lingua inglese, ormai universale. Proviamo però a portare il nostro esempio agli estremi e immaginiamo che i due interlocutori siano un naufrago, approdato su un’isola in mezzo all’oceano, e un autoctono che di inglese non conosce neanche una parola. Sarà possibile instau rare una comunicazione? In che modo? A partire da cosa? Probabilmente i due dovranno iniziare individuando dei segni che permettano loro di riconoscere le realtà essenziali: ognuno insegnerà all’altro la parola che corrisponde al proprio nome, magari pronunciandola mentre con un dito indica sé stesso; poi sicuramente dovranno intendersi sul problema alimentare e anche in questo caso un massaggio della pancia o una bocca spalancata saranno degli indicatori utili a trovare le parole; via di seguito si intenderanno sui cibi, sui ripari per la notte e così via fino a provare a esprimere passioni, gusti e desideri. Così magari l’indigeno inviterà il povero naufrago nella sua capanna e gli presenterà

E DIALOGO

la sua famiglia. Probabilmente partecipando ai gesti quotidiani della vita della famiglia indigena, sarà facile per il naufrago “parlare” ai suoi ospiti della pro pria famiglia e far loro intendere quanto gli manchi in quel momento… Invece il giorno in cui il naufrago, magari partecipando a una battuta di caccia, si trovasse a dover spiegare come egli si procuri il cibo, gli sarà molto difficile far capire al capo tribù il significato della parola “supermercato”!

Per poter comunicare, i nostri due interlocutori sono dovuti partire da un’espe rienza che in qualche modo già condividevano: la consapevolezza della propria identità, il bisogno di nutrirsi, il bisogno di vivere in un luogo sicuro, l’affetto per i propri famigliari ecc. In seguito essi hanno potuto confrontarsi sulle diver se modalità di rispondere a esigenze simili: così ognuno avrà imparato il nome dell’altro, i diversi modi di esprimere le proprie esigenze ecc. fino a confrontarsi sui diversi modi di rispondere alle stesse esigenze (“caccia” e “spesa”). A par tire dalla realtà e dalle comuni esigenze, i due avranno imparato a conoscersi e ad arricchirsi reciprocamente, confrontando e paragonando le diverse modalità di affrontare i problemi. Avviene così quello scambio di senso che abbiamo visto essere il cuore della comunicazione. La comunicazione può avvenire solo quando si parte da un terreno comune. Individuata una zona di reciproca comprensione, tutti gli aspetti che caratteriz zano le diverse identità possono allora essere fatti oggetto di un reale dialogo e di un appassionato confronto, con la possibilità di un arricchimento reciproco

7. COMUNICAZIONE E dIALOGO 21

Enfatico: “Alcun vento, o naso magistrale, non può tutto infreddarti, eccetto il Maestrale!”

Cirano: È assai ben poca cosa! se ne potevan dire… ma ce n’erano a josa, variando di tono. si potea, putacaso, dirmi, in tono aggressivo: “se avessi un cotal naso, immediatamente me lo farei tagliare!”

Pedante: “L’animale che Aristofane vuole si chiami ippocampelofantocamaleonte tante ossa e tanta carne ebbe sotto la fronte!”

Pratico: “Lo vorreste mettere in lotteria? sarebbe il primo lotto!”

22 UNITÀ 1 QUEsTIONI dI LEssICO

Rispettoso: “permettete vi si ossequi, messere: questo sì che vuol dire qualcosa al sole avere!”

In quanti modi si può dire la stessa cosa! Leggi come risponde Cirano, lo spadaccino protagonista di un’ope ra teatrale scritta da E. Rostand, al Visconte che vuo le offenderlo facendogli notare la smisuratezza del suo naso: Il visconte: Voi… voi… avete un naso… eh… molto grande!

Tenero: “provvedetelo di un piccolo ombrellino, perché il suo bel colore non se ne vada al sole!”

Arrogante: “Ohi, compare, è in moda quel puntello? si può infatti benissimo sospendervi il cappello!”

Drammatico: “È il Mar Rosso, quando ha l’emorragia!”

Amichevole: “Quando bevete, dovete pescare nel bicchiere: fornitevi di un qualche vaso adatto!”

Rustico: “Ohè, corbezzole! dagli, dagli al nasino! È un cavolo gigante o un popon piccolino?” Militare: “puntate contro cavalleria!”

Cirano (grave): Infatti! Il visconte (ridendo): Ah! Cirano (imperturbabile): Questo è tutto?

Il visconte: Ma…

Descrittivo: “È una rocca! È un picco! Un promontorio! Ma che! l’è una penisola, in parola d’onore!” Curioso: “A che serve quest’affare, o signore? Forse da scrivania, o da portagiojelli?”

Vezzoso: “Amate dunque a tal punto gli uccelli che vi preoccupaste con amore paterno di offrire alle lor piccole zampe un sì degno perno?”

Ammirativo: “Oh, insegna da gran profumeria!”

I REGISTRI DEL DISCORSO

Lirico: “È una conca? siete un genio del mare?”

Cortese: “state attento, che di cotesta chiappa il peso non vi mandi per terra, a capo chino!”

Truculento: “Ehi, messere, quando nello starnuto il vapor del tabacco v’esce da un tale imbuto, non gridano i vicini al fuoco della cappa?”

Semplice: “Il monumento si potrà visitare?”

Cirano sfoggia una ricca proprietà di linguaggio e una fervida fantasia, mostrando al Visconte quanto fosse meschino il suo tentativo di offendere. Osserviamo al cune delle frasi che pronuncia, per capire cosa le distin gue l’una dall’altra. Ad esempio, la frase: “provvedetelo di un piccolo ombrellino, perché il suo bel colore non se ne vada al sole” può essere definita tenera grazie all’u so di aggettivi delicati e positivi; di un diminutivo (om brellino) e all’assenza di termini offensivi o immagini truculente, come il paragone tra lo starnuto e il fuoco della cappa. Confrontando i versi arroganti con quelli rispettosi ti accorgerai che i primi contengono un ap pellativo piuttosto invadente (ohi, compare), mentre gli altri presentano parole di ossequio, un titolo onorifico (messere), e si allude al naso indirettamente, con un largo giro di parole. Il tono rustico è dato da un’escla mazione piuttosto rozza e dal paragone poco poetico con il cavolo e il melone. sono molti gli elementi che concorrono a dare al di scorso un tono, o registro, piuttosto che un altro. Ne elenchiamo alcuni.

23QUEsTIONI dI LEssICO IL LESSICO

LA PUNTEGGIATURA se nel linguaggio confidenziale, ad esempio in una let tera a un amico, è permesso l’uso enfatico della pun teggiatura (!?!), nello stile medio e alto dovrà essere più dosata e contenuta. perché si usa un registro piuttosto che un altro? per rispondere occorre considerare che le scelte del parlan te nella formulazione dei testi devono tener conto dei vari aspetti della comunicazione: il destinatario (soli tamente non si parla in tono affettuoso a un generale dell’esercito!); il contesto (sarebbe fuori luogo parla re in tono drammatico per congratularsi con un ami co della sua promozione); lo scopo (hai mai provato a chiedere un favore usando un tono scontroso? Com’è andata a finire?); l’argomento (pensa se Omero avesse usato un registro comico al posto di quello epico per raccontare le vicende di Achille…).

LA STRUTTURA DELLA FRASE Il registro familiare è caratterizzato da frasi semplici e corte, dalla presenza di frequenti esclamazioni; mentre un tono medio — ad esempio quello che solitamente si usa in un tema — esige frasi più complesse. Com prenderai meglio questo aspetto affrontando lo studio dello stile paratattico (accostamento di frasi sullo stes so piano) e dello stile ipotattico (costruzione di discorsi in cui le frasi sono dipendenti l’una dall’altra). più è alto lo stile meno spazio hanno le esclamazioni e gli incisi. Anche l’uso degli aggettivi incide sul registro del discorso: saranno abbondanti se il tono è descrittivo, essenziali nel registro asciutto della cronaca.

Vi sono termini più crudi, altri più delicati, a seconda del riferimento più o meno esplicito alla realtà che in dicano: puzza, ad esempio, indica con maggiore forza che odore. Il registro dipende anche dall’uso di termini appartenenti a un sottocodice piuttosto che al linguag gio comune; risulta più alto il registro della frase: La navata centrale conserva la decorazione musiva. rispetto a quello della seguente: La parte in mezzo alla Chiesa è ancora coperta di Ancora,mosaici!siottengono toni differenti attraverso l’altera zione delle parole: non diresti alla tua bella Tesoraccio mio!, il tono affettuoso si serve piuttosto di diminutivi (carino, cuoricino) o di vezzeggiativi (orsacchiotto, boc cuccia).

ONOMATOPEA E ALLITTERAZIONE

IL LINGUAGGIO POETICO

Ti sarai accorto che, dopo il primo verso, separato dal resto (quasi ad ambientare l’attesa di qualcosa che im provvisamente — a un tratto — accade), i versi 2, 3, 4 e 5 sono composti di parole in cui dominano i suoni — sibilanti, vibranti ed esplosivi — “fr” (fragor, frana, rinfranto), “r” e “mb” (rimbombò, rimbalzò, rotolò). pascoli ha riprodotto il tuono (che esplode rumoroso fra il sibilo del vento), mediante la ripetizione di suoni identici in parole diverse, legate dal senso, all’interno di uno stesso verso o di versi successivi: è questa una allitterazione onomatopeica. Allitterazione = ripetizione di suoni identici in parole diverse. Onomatopea = parola che nella sua componente so nora riproduce un suono della realtà.

Leggi ad alta voce la seguente poesia di Giovanni pa scoli. Il tuono E nella notte nera come il nulla, a un tratto, col fragor d’arduo dirupo che frana, il tuono rimbombò di schianto rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo, e tacque, e poi rimareggiò rinfranto, e poi vanì. soave allora un canto s’udì di madre, e il moto di una culla. Ti sarà capitato di vivere un temporale violento, di quelli con tuoni e lampi e pioggia a catinelle e nero il cielo e cupa l’aria tenebrosa e infuriato il vento che par che fac cia il diavolo fra i rami degli alberi e i cavi del telefono. Improvvisamente il bagliore di un lampo squarcia il buio, ma la sua luce non promette nulla di buono… di lì a pochi attimi un tuono fragoroso ti fa sobbalzare anche se ne eri in attesa. Ripensando a questa esperienza, prova a imitare il suo no del tuono e poi rileggi la poesia ad alta voce.

24 UNITÀ 1 QUEsTIONI dI LEssICO

PARAGONE O SIMILITUDINE parlando della sua bambina, il poeta Umberto saba cer ca le parole più giuste e più vere per conoscere meglio la sua figlioletta e presentarla ad altri. Leggi la poesia ponendo attenzione agli elementi cui la paragona. Ritratto della mia bambina La mia bambina con la palla in mano, con gli occhi grandi colore del cielo e dell’estiva vesticciola: “Babbo – mi disse – voglio uscire oggi con te”. Ed io pensavo: di tante parvenze che s’ammirano al mondo, io ben so a quali posso la mia bambina assomigliare. Certo alla schiuma, alla marina schiuma che sull’onde biancheggia, a quella scia ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde; anche alle nubi, insensibili nubi che si fanno e disfanno in chiaro cielo; e ad altre cose leggere e vaganti. Quando si paragona una cosa a un’altra (questa cosa sembra quella, assomiglia a quella, è simile, è come quella), si costruisce una similitudine, o paragone, in cui i due elementi confrontati costituiscono il primo e il secondo termine di paragone. In: Ha la faccia rossa come una mela, faccia è il primo ter mine di paragone, mela è il secondo termine di parago ne. La similitudine crea, con le parole, delle immagini

Tra i vari atti di comunicazione verbale, la poesia meri ta sicuramente un’attenzione particolare. Tant’è che, tra tutti i testi che ci vengono proposti a scuola, solo delle poesie ci viene indicato lo studio a memoria. Una poesia, infatti, è un tentativo molto cu rato di comunicare ad altri uomini un significato che si ritiene degno di nota, una scoperta avvenuta riguardo la realtà che si desidera condividere con altri uomini. E per trasmettere tale scoperta il poeta utilizza la parola al vertice delle sue possibilità, fondendo insieme, alla ricerca della perfezione parola e ritmo, forma e con Matenuto.quali sono le caratteristiche del linguaggio poetico, cioè che cosa si intende per “utilizzare la parola al ver tice delle sue possibilità”? Innanzitutto non si deve pensare che i poeti utilizzino solo parole sconosciute o in disuso. Anzi: il poeta è colui che ben conosce le parole della sua tradizione lingui stica e sa scegliere quelle più adeguate per mettere a fuoco una certa realtà o un certo sentimento. Inoltre, va detto che le parole in una poesia acquista no ciascuna un’importanza particolare: non si accon tentano di dire bene una certa realtà, ma evocano altri significati, istituiscono richiami ad altre parole, ad al tri aspetti della realtà valorizzando sia la componente sonora della parola, sia il suo significato. Ecco alcuni esempi di valorizzazione delle potenzialità della parola.

Le carrozze per Milano sono in coda. Il tuoi discorsi non hanno né capo né coda.

25QUEsTIONI dI LEssICO che riusciamo a vedere con gli occhi della mente perché ci ricordano qualcosa di realmente vissuto e sperimen Latato.similitudine può essere di due tipi: diretta o indiretta. È del primo tipo (diretta) la similitudine di Umberto saba “… posso la mia bambina assomigliare. / Cer to alla schiuma, alla marina schiuma / che sull’onde biancheggia”, in quanto il primo termine di parago ne (la bambina) è paragonato con la marina schiuma, senza che il poeta dica il motivo della somiglianza. Il compito di indagare e scoprire tale motivo è affida to a noi lettori, alla nostra fantasia e capacità di in terpretazione. La bambina è probabilmente para gonata alla schiuma del mare per la sua vivacità: il mare produce schiuma non certo quando è calmo. Invece in espressioni del tipo: Ha la faccia rossa come una mela. è spiegato il motivo della somiglianza (il “rossa”). In questo caso si parla di similitudine indiretta, fatta quindi di tre elementi: 1. primo termine di paragone (faccia) 2. secondo termine di paragone (mela) 3. motivo della somiglianza (rossa) METAFORA

ALTRE FIGURE DI SUONO ANAFORA O ITERAZIONE = ripresa in forma di ripeti zione di una o più parole, soprattutto all’inizio del ver so. dal greco anapherein = ripetere.

È questa una metafora. Metafora = trasferimento di significato per somiglianza (dal greco metaphérein = portare oltre).

Guardare con la coda dell’occhio. Luisa ha la coda di cavallo. In queste espressioni la parola coda ha assunto un si gnificato diverso da quello abituale, pur conservando un rapporto di somiglianza con esso (la coda dell’abito da sposa è la parte terminale del vestito, le carrozze per Mi lano sono nella parte terminale - in fondo - al treno, ecc.).

La ripetizione di suoni nella parola poetica per richia mare i suoni della realtà e il trasferimento di significato da una parola all’altra per indicare con più verità aspetti della realtà sono i procedimenti essenziali del linguag gio poetico, sui quali si basano molte altre figure di suono e di senso. Eccone alcune.

La metafora è una figura assai utilizzata in poesia e può essere considerata una similitudine abbreviata che consiste nel mettere in relazione tra loro due “cose” diverse, ma simili almeno per una caratteristica che le Considera,accomuna. ad esempio, la parola coda. Essa ha come significato di base: “parte terminale della colonna ver tebrale” e con tale significato può essere usata: Il gatto di Mario ha la coda mozza. Incontriamo però la stessa parola in espressioni del tipo:L’abito della sposa ha una lunga coda.

E ancora si consideri l’espressione: Luigi è una talpa. Luigi è un essere umano, maschio, con due gambe e parla. La talpa è un animale, con quattro zampe, e non parla. Cosa c’entra dunque Luigi con la talpa? Eppure, chi dice Luigi è una talpa ha trovato, fra le numerose differenze una somiglianza fra i due esseri: la cecità. Vedi dunque che la metafora coglie il simile nel dissimile. Con una sola parola, facile da ricordare, si possono sta bilire nessi con altre realtà, cui quella parola rimanda. Alcune espressioni metaforiche sono entrate nell’uso della lingua come modi di dire, tanto che pronuncian dole non ci accorgiamo più della loro provenienza. Così diciamo “gambe del tavolo” perché esse servono a sor reggere un peso (come le gambe dell’uomo), “orecchie delle pagine del libro” perché ci ricordano le orecchie vere. Analogamente: collo della bottiglia, pancia del fia sco, gomito della strada, cresta dell’onda (o della mon tagna) e così via. Queste metafore, che tutti conosciamo, si chiamano morte, perché sono scontate, senza effetto e non ser vono al linguaggio poetico. Molte parole hanno origine metaforica: cavalloni (onde del mare simili a cavalli al galoppo); foruncolo (protuberanza della pelle che ricorda, come forma, la gemma della vite, che ruba la linfa alla pianta come il “ladruncolo” – furunculus – latino); pupilla (parte dell’occhio che riflette le immagini. de riva dal latino pupilla = “bambina”: la pupilla riflette in piccolo l’immagine di chi le sta davanti); muscolo (parte del corpo che per la sua forma e i suoi guizzi sottopelle somiglia al topolino latino, musculus).

ALTRE FIGURE DI SENSO ANTITESI = idee contrapposte in espressioni poste in corrispondenza tra loro. dal greco antithesis = contrap posizione.pacenon trovo et non ò da far guerra e temo et spero: et ardo, et son un ghiaccio… (petrarca)

5. L’autore per l’opera (oggi leggiamo Montale per dire che leggiamo una sua poesia).

CHIASMO = disposizione incrociata degli elementi co stitutivi di due sintagmi o di due frasi. dalla lettera greca chi (χ), a forma di croce. Trema un ricordo nel ricolmo secchio nel puro cerchio un’immagine ride. (Montale) evento luogo / luogo evento

4. L’astratto per il concreto (la nobiltà per indicare i nobili) o il concreto per l’astratto (avere del fegato per avere coraggio).

SINESTESIA = associazione di termini che indicano real tà attinenti sfere sensoriali diverse. Va l’aspro odor dei vini le anime a rallegrar. (Carducci) aspro: aggettivo che pertiene il gusto odore: nome che pertiene l’olfatto

IPERBOLE = Esagerazione nell’espressione di un con cetto. dal greco hyperbàllo = lancio oltre. Lo scudo in mezzo alla donzella colse: ma parve urtasse un monte di metallo. (Ariosto) LITOTE = Affermazione di un concetto attraverso la negazione del suo opposto. dal greco litos = semplice. don Abbondio non era nato con un cuor di leone (per dire che era pavido). (Manzoni)

3. Il genere per la specie (felino per gatto) o la specie per il genere (pane per cibo).

3. Il contenente per il contenuto (bere un bicchiere per dire bere del vino).

PARONOMASIA = accostamento di parole che hanno una qualche somiglianza fonica (a volte dovuta a pa rentela etimologica), ma diverso significato. dal greco paronomázein < pará = vicino; ónoma = nome. dalle stelle alle stalle.

2. L’iperonimo per l’iponimo (macchina per automo bile).

2. Il materiale per l’oggetto (ferro per spada; legno per nave).

METONIMIA = Tipo di metafora che consiste nell’indica re una realtà utilizzando una parola che ne indica un’altra che intrattiene un rapporto di contiguità logica o mate riale con essa. dal greco metonymìa = “scambio di nome”. Il rapporto può essere di vario tipo. 1. La causa per l’effetto (ha una bella mano per dire che disegna bene) o l’effetto per la causa (non com prendo le tue lacrime per dire che non comprendo il tuo dolore).

26 UNITÀ 1 QUEsTIONI dI LEssICO per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. (dante, Inferno, canto III: la scritta sulla porta dell’Inferno)

OSSIMORO = Unione paradossale di termini antitetici (dal greco oxymoron = acuta follia). Bianca bianca nel tacito tumulto una casa apparì sparì d’un tratto. (pascoli) PERSONIFICAZIONE = Raffigurazione di esseri inani mati o entità astratte come persone. Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa (Leopardi).luna?

SINEDDOCHE = Tipo di metafora che consiste nell’in dicare una realtà utilizzando una parola che ne indica un’altra di maggiore o minore estensione. può rappre 1.sentare:laparte per il tutto (vela per nave) o il tutto per la parte (scarpe di coccodrillo per scarpe di pelle di coccodrillo).

DIALETTI SETTENTRIONALI ruota = roda cicala = cigala nonno = nono bene = ben viene = vien DIALETTI CENTRALI quando = quanno mondo = monno grande = granne rombo = rummo tamburo = tammuro cercassero = cercasseno ho comprato = ho compro

L’APPORTO DEI DIALETTI ALLA LINGUA ITALIANA

In Italia parliamo l’italiano, in Francia parlano il france se, in Inghilterra l’inglese… ma accanto alla lingua na zionale esistono tante altre lingue, tipiche di comunità locali più o meno estese: si tratta di parlate che hanno assunto il ruolo di dialetti. Ogni regione italiana, ma addirittura ogni provincia o città, conserva un sistema linguistico particolare accanto alla lingua della comu nità nazionale. La ragione profonda della resistenza del dialetto può essere capita solo se riflettiamo sulla natura della lin gua e sul suo legame con la comunità: proprio perché strumento fondamentale della comunicazione uma na, è strettamente legata alla comunità che la usa. si è già detto che potremmo addirittura pensarla come un grande dono che la comunità fa all’individuo e l’uso di una certa lingua è condizione fondamentale di ap partenenza di un individuo a una comunità. La nostra lingua ci è cara perché ci permette di comunicare con le persone di cui condividiamo la storia, di conoscerne le tradizioni e la cultura. Questo vale, oltre che per la co munità più estesa della nazione, anche per le comuni tà più ristrette. Ecco perché queste spesso conservano gelosamente il loro dialetto anche se usano al tempo stesso la lingua nazionale. La forza di resistenza di un dialetto è più grande in luo ghi in cui una comunità è compatta. per questo è più facile sentir parlare il dialetto in città come Napoli o Bologna che non a Milano o Torino, dove forte è stata in questi ultimi decenni l’immigrazione da diverse re gioni d’Italia. In ogni modo il dialetto, oltre che essere strumento di comunicazione quotidiano fra persone appartenenti a una stessa comunità, è anche strumento di trasmissio ne di una cultura: attraverso il dialetto giungono a noi i messaggi pieni di saggezza dei proverbi, le narrazioni di storie, fiabe, leggende, filastrocche e canzoni. Tutto questo costituisce la cultura popolare, che ha il pregio di un legame immediato, di una familiarità con luoghi, fatti e persone, che spesso viene meno quando dal dia letto si passa alla lingua nazionale. Anche se moltissimi sono i dialetti parlati in Italia, pos siamo riunirli in tre gruppi fondamentali: i dialetti set tentrionali, quelli centrali e quelli meridionali. Vediamo alcune caratteristiche di ogni gruppo.

27QUEsTIONI dI LEssICO

DIALETTI MERIDIONALI Il miele = lo mmele il latte = lo llatte il pane = lu ppane proverei = pruvirria venga = venesse credete che se ne vada = crerite che sse ne va? Vediamo ora qualche esempio di testi di cultura popo lare nei dialetti di alcune regioni d’Italia.

PIEMONTE ITALIANO La pastorella All’ombra di un alberello è addormentata una bella pastorella è passato di lì un bel francese e le ha detto: “Bella pastorella, voi avete la febbre! E se avete la febbre faremo fare una coperta con il mio mantello che è così bello. Faremo fare una coperta: la febbre passerà!”. Ma la bella ha risposto: “Cortese giovanotto, fate il vostro viaggio e lasciatemi stare col mio pastore che al suono della sua viola mi farà ballare”. E il pastore che stava ascoltando è saltato fuori dalla capanna con la viola in mano: si è messo a suonare, ha preso la bella pastorella e l’ha fatta danzare!

MARCHE DIALETTO Stornelli marchigiani se vòi venì co’ me a cantà stornelli portate la carrozza a sei cavalli, arza la voce a chi li sa più belli. E statte zittu che non sai candare, stornelli come me no’ li sai dire e te convene ’nnà scola ’mparare. Lo venedico lo fior de jinèstra, la vostra mamma ve marita apposta pe non vedevve più su la finestra. MARCHE ITALIANO Stornelli marchigiani se vuoi venire con me a cantare stornelli portati la carrozza a sei cavalli, alza la voce a chi li sa più belli. E stai zitto che non sai cantare, stornelli come me non li sai dire e ti conviene andare a scuola a imparare. Lo benedico il fiore della ginestra, la vostra mamma vi marita apposta per non vedervi più sulla finestra.

VENETO DIALETTO Me compare Giacometo Me compare Giacometo el gh’aveva un bel galeto, quando el canta sverze el beco, ch’el fa proprio inamorar. Un bel giorno la parona per far festa agli invitati la ghe tira el colo al galo e lo mete a cusinar. Le galine tute mate per la perdita del galo le ga roto el caponaro da la rabia che le gh’ha.

VENETO ITALIANO Il mio compare Giacometto Il mio compare Giacometto aveva un bel galletto, quando canta apre il becco, e fa proprio innamorare. Un bel giorno la padrona per far festa agli invitati tira il collo al gallo e lo mette a cucinare. Le galline tutte matte per la perdita del gallo hanno rotto il pollaio per la rabbia.

28 UNITÀ 1 QUEsTIONI dI LEssICO

La bêrgera A l’ômbreta d’un bussón bela bêrgera a l’è ’ndurmia j’é da lì passé tre jolî franssé a l’an dit: “Bela bêrgera vôi l’evi la frev! E se vôi l’evi la frev farôma fé ’na côvêrtura côn ’l mê mantel ch’a l’ê còsì bel farôma fé ’na côvêrtura: passerà la frev!”. Ma la bela l’à respondù: “Gentil galant, fé vostr viagi e lasse-me ste con ’l me bêrgé che al sôn de la sa viola mi farà dansé”. E ’l bêrgé sêniênd lôli l’é saôta fôra de la baraca côn la viola ’n man: s’é butà a sôné e l’àn piait bela bêrgera l’àan fala dansè!

PIEMONTE DIALETTO

CAMPANIA ITALIANO

ABRUZZO DIALETTO Luntane, cchiù luntane pe cantà sta chiarità ncore me sente tremà! Tutte stu ciele stellate, tutte stu mare che me fa sugnà. Ma pe ’tte sole, pe ’tte esce dall’anima me, mezz’a stu ciele, stu mare, nu cantemente che nze po tenè. Luntane, cchiù luntane de li luntane stelle luce la luce cchiù belle che me fa ncore cantà. Marinà, s’ha da vugà tra tutta sta chiarità, cante la vele a lu vente, nu cante granne che luntane và: tu la si ddove vò i’ st’aneme pe’ ne’ murì bella Luntaneparanze.’nghe sti suspire tu i’ da menì.

SARDEGNA ITALIANO Padre nostro O padre sovrano che stai nei cieli e che sempre ci guardi con amore. O supremo signore, il Vostro santo nome sia esaltato in cielo e in terra. siamo sempre in guerra, venga il Vostro regno che è pure Regno nostro di santità. La vostra volontà sia fatta dolcemente nella terra, così come essa è fatta in cielo. Adesso con tanto zelo il pane di ogni giorno chiediamo a chi è padre buono. Noi diamo il perdono ai nostri nemici, voi perdonate i nostri peccati. Abbiate pietà dei figli insidiati, continuamente in tentazione ci sentiamo. Chiediamo di essere liberati dal male e di essere chiamati in cielo alla gloria. Amen.

SARDEGNA

Tu che non piangi Com’è bella la montagna stanotte: bella così non l’ho vista mai! Un’anima pare rassegnata e stanca sotto la coperta e questa luna bianca. Tu che non piangi e piangere mi fai tu, questa notte, dove sei? Voglio te! Voglio te! Questi occhi ti vogliono un’altra volta veder! Com’è calma la montagna stanotte: più calma di ora non l’ho vista mai! E tutto dorme - tutto dorme o muore –e io solo veglio, perché veglia Amore. Tu, che non piangi, piangere mi fai tu, stanotte, dove sei? DIALETTO Babbu nostru O Babbu soberanu ch’in sos chelos istades e semper nos mirades chin amore. O supremu sennore, su numen bostru santu siat esaltadu tantu in chelu e in terra. semus semper in gherra, benzat su regnu bostru ch’est puru regnu nostru e’ santitade. sa bostra bolontade fachemus docilmente in sa terra, comente est fatta in chelu. Commo chin tantu zelu su pane ’e cada die dimandamus a chie est Babbu bonu. Nois damus perdonu a sos nemicos nostros, bois sos peccados nostros perdonade. Tenidende piedade de sos fitzos tentados, continu insidiados nos sentimus. dae su male pedimus de esser liberados e in su chelu giamados a sa gloria. Amen.

29QUEsTIONI dI LEssICO

CAMPANIA DIALETTO Tu, ca nun chiagne Comm’è bella ’a muntagna stanotte: bello accussì nun l’aggio vista maie! N’anema pare rassignata e stanca sott’ ’a cuperto ’e chesta luna janca. Tu, ca nun chiagne e chiagnere me faie tu, stanotte, addò staie? Voglio ’a tte! Voglio ’a Chist’uocchiette! te vuonno n’ata vota vedé! Comm’è calmo ’a muntagna stanotte: cchiù calma ’e mo nun l’aggio vista maie! E tutto dorme - tutto dorme o more –e ’i sulo veglio, pecché veglia Ammore, Tu, ca nun chiagne, chiagnere me faie, tu, stanotte, oddò staie?

ABRUZZO ITALIANO Lontano, più lontano per cantare questo chiarore in cuore mi sento tremare! Tutto questo cielo stellato, tutto questo mare che mi fa sognare. Ma per te solo, per te esce dall’anima mia, in mezzo a questo cielo, a questo mare un canto che non si può trattenere. Lontano, più lontano delle lontane stelle, riluce la luce più bella che mi fa ancora contare. Marinaio, si deve remare tra tutto questo chiarore, canta la vela al vento un canto grande che lontano va: tu lo sai, bella barca, dove vuole andare quest’anima per non morire. Lontano con questi sospiri tu devi venire.

In Toscana poi prevale l’uso del si impersonale: invece di Andiamo a fare una passeggiata si dice: Noi si va a fare una passeggiata.

Non tutti in Italia parlano o conoscono il dialetto. Ep pure, anche quando usiamo l’italiano non parliamo tut ti allo stesso modo: da una regione all’altra si nota uno varietà di pronunce o di costruzioni sintattiche. La ra gione di questa diversità è proprio nella diversità dei Ildialetti.dialetto influisce sull’uso linguistico anche quando non è conosciuto perché il sistema linguistico origina rio della comunità in cui ciascuno di noi vive è quel lo dialettale e l’italiano nazionale, sovrapponendosi al dialetto, si è in qualche modo dovuto adattare ad esso. sono nate così le varietà dell’italiano regionale, carat terizzate da un’inconfondibile coloritura dialettale, per cui quando una persona parla non dice solo quel che dice, ma dice anche di dove è, qual è la sua origine: da come pronuncia i fonemi, dall’intonazione — le tipiche cantilene - dall’ordine delle parole e così via. Vediamo qualche esempio di queste differenze a livello fonetico (di suono delle parole). ƒ La s di casa sonora al Nord diventa sorda (le corde vocali non vibrano) nelle regioni centrali e meridio nali; ƒ la c di pace in Toscana diventa sc > pasce; ƒ nt in certe regioni del sud diventa nd: tanto > tando; ƒ al Nord si tende a eliminare le doppie: mamma > mama, mentre al Centro-sud accade il contrario: agile > aggile; casa > ccasa; ƒ la a si assimila alla e in certe zone della puglia: Bari > Beri. E a livello grammaticale Nelle regioni settentrionali, con gli aggettivi posses sivi non si mette l’articolo (mia mamma); in Toscana si usano l’articolo e il possessivo prima del nome (la mi’ mamma); in certe regioni meridionali il possessivo se gue il nome (la mamma mia). per quanto riguarda i verbi, al Nord, per indicare un tempo passato, si usa il passato prossimo (stamattina sono andato al mercato), mentre al sud prevale il passato remoto (stamattina andai al mercato).

PARLATE REGIONALI: ALCUNE DIFFERENZE

In certe zone della sicilia nel rivolgere una domanda, si pone l’ausiliare dopo il participio passato: Venuto è? Le differenze più interessanti sono comunque a livello lessicale Indubbiamente. le diverse parlate regionali hanno in comune la maggior parte del vocabolario, ma ciascu na di esse presenta alcune parole specifiche che non si trovano nelle altre regioni. Così il salumiere del Nord è il salumaio a Bologna e il pizzicagnolo al Centro; la coperta imbottita si chiama trapunta al Nord, coltrone al Centro e imbottita al sud; il formaggio del Nord divento cacio al sud; il rubinetto della botte per spillare il vino si chiama spina al Nord e cannella al sud. Queste differenze lessicali si spiegano col fatto che fino al secolo scorso l’italiano era usato come lingua di scrittura. disponeva pertanto prevalentemente di pa role atte a esprimere concetti elevati, ma era privo di quelle che servono a designare le cose di tutti i giorni: il vestiario, i cibi, la casa, il lavoro… Quando l’italiano però è diventato anche lingua parlata, su tutto il territorio nazionale si è posto il problema di trasformarlo in uno strumento di cui ci si potesse ser vire sempre. per questo molte parole prese dai dialetti locali e adattate alla nuova forma della lingua sono di ventate parole italiane: il milanese panetùn è diventato l’italiano panettone. Vediamo qualche esempio di parole dialettali passate all’italiano. piemonte: corvé, cicchetto, passamontagna, brogliaccio, funzionario, grana, grissini, agnolotti Lombardia: scartoffia, guardina, portineria, brughiera, alpeggio, tapparella, lavandino Liguria: cambusa, boa, oblò, piovasco, mugugno…

Trentino: croda, stella alpina, slavina… Friuli: forcella, malaga… Veneto: naia, traghetto, vestaglia, ciao, estuario, grazie… Emilia-Romagna: ocarina, tortelli, zampone, mezzadro, birichino…

Toscana: becero, coso, pinolo, giornalaio, caciucco (zuppa di pesce)… Lazio: bruscolini, abbacchio, bagnarola, guanciale, saltimbocca, sfilatino, scippo, menare, inghippo Campania: pizza, mozzarella, vongola, fesso, sommozzatore, lampara, bancarella, scantinato… sicilia: coppola, paglietta, rimpatriata…

30 UNITÀ 1 QUEsTIONI dI LEssICO

Certo la cosa migliore è imparare a distinguere bene il dialetto dall’italiano diventando consapevoli delle loro differenze, sì da poter parlare un italiano meraviglioso e un meraviglioso dialetto! Principali

DIALETTO E ITALIANO: INFLUENZE E INTERFERENZE poiché nell’Italia del Nord si tende a eliminare le con sonanti doppie (nonno > nono), chi usa l’italiano sal tuariamente dirà nono sia per “nonno” sia per “nono”, dirà caro sia per “carro” sia per “caro”, così come dirà fato, mato, tore, colo… Evidentemente chi usa regolar mente l’italiano dovrà assumere una pronuncia più cor retta, per non confondere una parola con l’altra. Questo vale soprattutto per la lingua scritta dove in ogni caso i raddoppiamenti vanno rispettati. Ma capita che nel le regioni settentrionali si dimentichi qualche doppia. Questa è la ragione di tanti errori. Così nell’Italia cen tro-meridionale, dove il dialetto suggerisce dei rad doppiamenti (stomaco > stommego, subito > subbeto), si tende a raddoppiare anche quando la doppia non c’è. Ma gli errori non riguardano solo le doppie, bensì anche i tempi e i modi verbali, la scelta degli ausiliari, i pro nomi… Ebbene, molti di essi dipendono dall’influenza del dialetto sull’italiano. È tuttavia interessante notare che anche il dialetto è danneggiato dalla sovrapposizione dell’italiano: ci sono parole che in dialetto sono molto più… colorite e colo rate che non in italiano (s’cioppavi del magon > morivo di malinconia).

31QUEsTIONI dI LEssICO

aree dialettali in Italia dialetti del Gallo-italicoVenetosFriulanoLadinoOccitanoTiroleseFranco-provenzaleNordloveno dialetti del MedianoToscanoCentro dialetti del sud TabarchinosCorsoardo sMeridionale(gallo-italico)iciliano

3. Sintassi 4. Il sintagma 5. L’analisi

ARGOMENTI 1. La

LA IntroduzioneFRASE all’analisi morfosintattica della frase semplice Solo con i nomi, pur messi in fila, non è possibile avere un discorso e neppure con verbi separati dai nomi. Per esempio marcia, corre, dorme e quanti altri verbi indicano azioni, anche se uno li pronuncia tutti in fila, non per questo costruisce un discorso. E ancora quando si dice leone, cerbiatto, cavallo e quanti altri nomi attribuiti a quelli che compiono le azioni, neppure questa serie può realizzare un discorso. Quando invece qualcuno dice: “L’uomo impara”, non ammetti anche tu che questo è il più corto e il più semplice dei discorsi? Infatti, in qualche modo esprime le cose che sono, che divengono, che sono divenute, che diverranno e non nomina solo, ma costruisce qualcosa intrecciando i verbi con i nomi. Perciò noi diciamo che esprime e non che denomina solo e appunto a questa trama attribuiamo il nome di discorso. E così, come avviene per le cose, che alcune stanno in armonia con le altre, e alcune no, così avviene anche per le parole: alcune non si armonizzano, altre invece armonizzandosi tra di loro creano il discorso. Platone Il Sofista frase morfologia morfosintattica

2. Lessico e

2

Le parole, senza i verbi, non riescono più a raccontare ciò che è accaduto. Ciò si gnifica che il verbo è un elemento ineliminabile della frase: senza di lui la frase non riesce a comunicare un preciso significato. Prova ora a considerare solo i verbi: ƒ rincorreva Chi rincorreva chi? ƒ fuggiva Chi fuggiva? ƒ arrivò Chi arrivò? ƒ inseguì Chi inseguì chi?

La vicenda non è molto chiara, anche se è possibile immaginare una scena: qual cuno rincorre qualcun altro, qualcuno fugge, qualcuno arriva, qualcuno insegue qualcun altro. Però per raccontare quel che è successo occorrono i nomi: è un gat to a rincorrere il topo, ed è un cane a salvare il topo e a mettere in difficoltà il gatto. L’intreccio tra nomi e verbi permette di rendere presente alla mente del destina tario una scena ben precisa: i nomi identificano i protagonisti, i verbi le relazioni tra loro e con il contesto. La frase è una combinazione di parole in grado di trasmettere un significato e ha come nucleo l’intreccio tra un nome e un verbo.

UNITÀ 2 La fra Se34 1. LA FRASE Il filosofo greco Platone ci fa notare che solo quando il nome e il verbo si intrec ciano armoniosamente prende vita il discorso. Si potrebbero elencare mille nomi o mettere in fila mille verbi senza dire alcunché di sensato, ma basta accordare un nome e un verbo per esprimere un senso: L’uomo impara. Platone per indicare questo intrecciarsi usa il verbo greco harmóttein, che significa ‘armonizzare, sta re bene in una composizione’, da cui il nostro nome ‘armonia’. La composizione della frase può dunque essere paragonata a quella di un’armonia musicale, in cui le note stanno bene insieme, o all’opera di un artigiano, i cui elementi si com pongono per svolgere insieme un’unica funzione. Per comprendere meglio il compito del nome e del verbo nel discorso, leggi que sto breve testo: Un gatto rincorreva un topo. Il topo fuggiva, finché arrivò un cane, che inseguì il gatto. La vicenda è narrata attraverso quattro frasi, che danno diverse informazioni: ƒ Un gatto rincorreva un topo. ƒ Il topo fuggiva. ƒ Un cane arrivò. ƒ Il cane inseguì il gatto. Ogni frase, anche se breve, comunica un certo significato e viene costruita attor no a un verbo. Prova infatti a eliminare i verbi nelle frasi: ƒ Un gatto … un topo Cosa fa il gatto? Mangia il topo, lo vede, lo immobilizza? ƒ Il topo … Cosa fa il topo? ƒ Un cane … Il cane abbaia? O si addormenta? ƒ Il cane … il gatto Come si conclude la vicenda?

Lessemi invariabili lassùperquandoma Il morfo è la parte variabile del lessema. esso fornisce indicazioni circa il genere (maschile o femminile) e il numero (singolare o plurale). Nel verbo il morfo indica anche la persona, il modo, il tempo. Se il lessico di una lingua può essere considerato come l’insieme di tutti i lessemi, le regole che vanno seguite per utilizzare nei discorsi i lessemi variabili costitui scono la morfologia di una lingua. Lessico deriva dal greco lèxis = parola e indica l’insieme dei vocaboli di una lingua. Morfologia viene dal greco morphé = forma + logìa = discorso. Si denomina così lo studio delleformazionedellaparole.

Le biciclette corrono velocemente per le strade.

Osserviamo meglio le parole variabili delle frasi precedenti: La le Bicicletta biciclette corre corrono Ti sarai accorto che i lessemi variabili modificano solo una loro parte, che chia miamo morfo (dal greco morfé = forma). L’altra parte, cioè la componente les sicale che porta il significato, non varia. Invece i lessemi invariabili non hanno morfo. Lessemi variabili componente lessicale + morfo guardbellgatt + -o, -i -o, -a, -i, –e -are, -o, -iamo, -erò…

I lessemi invariabili non cambiano la forma: in qualsiasi discorso mantengono la stessa forma che hanno nel vocabolario.

Per costruire frasi corrette e sensate occorre innanzitutto utilizzare parole rico nosciute come appartenenti al codice linguistico di riferimento. Tali parole co stituiscono il lessico o vocabolario di quella lingua, cioè l’insieme di tutti i suoi lessemi o lemmi. Non tutti i lessemi italiani sono formati nello stesso modo. Osserva:

I lessemi variabili, quando sono usati nel discorso, modificano la loro forma.

2. LeSSIco e morfoLogIa 35 2. LESSICO E MORFOLOGIA

Parlando di più biciclette, passando cioè dal singolare al plurale, alcuni lessemi variano la loro forma, altri invece rimangono invariati.

La bicicletta corre velocemente per la strada.

Questioni di lessico I RAPPORTI TRA LE PAROLE pagina 47 Questioni di lessico L’USO DIZIONARIODEL pagina 49

UNITÀ 2 La fra Se36

Le parti del discorso I lessemi di una lingua non si distinguono solo per la loro forma, variabile o in variabile. Essi hanno funzioni e proprietà differenti, in base alle quali possono essere raggruppati in nove classi, dette parti del discorso. Il indicaNOMEesseri animati o inanimati, eventi, concetti. Il esprimeVERBO azioni, situazioni, eventi, collocandoli nel tempo. L’ precedeARTICOLO il nome. L’ attribuisceAGGETTIVOuna caratteristica al nome. Il sostituiscePRONOMEun elemento della frase, preferenzialmente il nome. La introducePREPOSIZIONE il nome o il verbo di modo infinito. La connetteCONGIUNZIONE due o più parole oppure più frasi. L’ modificaAVVERBIO il significato di un elemento del discorso. L’INTERIEZIONE o ESCLAMAZIONE manifesta uno stato d’animo. Nei capitoli successivi saranno riprese in modo approfondito le caratteristiche di ciascuna parte del discorso. Se ne trova una tabella riassuntiva in fondo al volume.

3. SINTa SSI 37

Spostando i nomi, vengono descritte situazioni differenti. A volte spostare anche una sola parola può cambiare il senso del messaggio: Riccardo è arrivato solo ora. Solo Riccardo è arrivato ora. Immagina due amici in attesa di Riccardo ormai da mezz’ora. La prima frase po trebbe essere pronunciata da uno dei due che lo vede arrivare e intende lamen tarsi del ritardo con l’altro. La seconda frase invece avrebbe senso se gli amici stessero aspettando anche qualcun altro, che è in ritardo. Sintassi viene dal greco syn = insieme + tasséin = ordinare, mettere insieme secondo un certo ordine. Nella storia della grammatica sono stati usati molti sinonimi per indicare la sintassi: catena delle voci, trasiadellelasiaesprimonoterminiintrecciatura,tessitura,chel’ordine,concatenazioneparole,l’accordarsiloro.

3. SINTASSI

Se il lessico fornisce le parole e la morfologia le forme dei lessemi variabili, la sintassi riguarda la combinazione delle parole per formare frasi dotate di senso. Osserva le sequenze di parole sottostanti: Tesoro amico un chi trova un trova. Chi trovano un amici trova un tesori. Chi trova un amico trova a un tesoro. Chi trova un amico trova un tesoro.

Ordine delle parole

Le parole della prima sequenza sono riconoscibili da un parlante italiano, però la sequenza non trasmette un senso. Quando si parla o si scrive, occorre infatti mettere le parole in un certo ordine Il posto che le parole occupano nel discorso ha un compito importante nella co municazione. Osserva: 1. Il nipote aiuta il nonno. 2. Il nonno aiuta il nipote.

Concordanza Nella seconda sequenza le parole sono disposte nel giusto ordine, ma non sono ben concordate tra loro: chi deve concordare con un verbo al singolare: trova; un non può essere abbinato a nomi plurali come amici e tesori. È importante infatti osservare che le parole cambiano forma soprattutto in rap porto ad altre parole. Un pozzo profondo contiene molta acqua. L’articolo e l’aggettivo, ad esempio, variano il loro morfo in base al nome con cui concordano; il verbo in base al nome cui si riferisce. La concordanza è il legame per cui il nome determina il morfo delle parole variabili (articolo, aggettivo, pronome, verbo) che ad esso si riferiscono. Quali parole possono concordare tra loro? Osserva: I ragazzi studiavano la grammatica. Il morfo i che modifica il lessema ragazzo informa che si sta parlando non di una, ma di più persone, il che viene ulteriormente confermato dalla forma plu rale dell’articolo (i e non il). Si parla in questo caso di concordanza dell’articolo con il nome La parola studiavano non si riferisce invece a più azioni di studio, ma il morfo avano indica che il verbo è legato a più persone (nel nostro caso a più ragazzi) che fanno la stessa azione di studiare. Si parla in questo caso di concordanza del verbo con il nome, quando ha funzione di Osserviamosoggetto. ancora la natura dei legami in questa frase: Il mio compagno è assai simpatico. In essa abbiamo tre parole (mio, compagno e simpatico): esse presentano il morfo o che ha la duplice funzione di segnalare il genere (maschile) e il numero (sin Magolare).guardiamo la differenza di significato di questi morfi rispetto al genere: ƒ nella parola compagno il morfo -o indica una persona di sesso maschile; ƒ nelle parole mio e simpatico, il morfo -o ha il compito di segnalare il legame con la parola compagno, a cui entrambe si riferiscono: si parla in questo caso di concordanza dell’aggettivo con il nome

UNITÀ 2 La fra Se38

cdonne!).ertecostruzioni

3. SINTa SSI 39

approfondire LA CONCORDANZA

A SENSO osserva: Il ragazzo e la ragazza sono simpatici. Il tavolo e le sedie sono robusti. In queste frasi lo stesso aggettivo si riferisce contemporaneamente a un nome maschile e a uno femminile: in tal caso l’aggettivo assume la forma del plurale, in quanto è legato a più di un elemento, e la forma del maschile. Questo accade per analogia con il fatto che quando vogliamo parlare degli esseri umani (uomini o donne che siano) diciamo ‘gli uomini’: Gli uomini primitivi abitavano nelle caverne (è ovvio che nelle caverne abitassero anche le però lasciano un po’ in dubbio, perché non si sa individuare quale sia la forma corretta. considera le frasi: La maggior parte degli alunni è stata promossa. La maggior parte degli alunni sono stati promossi. entrambe le frasi sono accettabili, anche se la seconda sembra andare contro le regole della concordanza: in effetti ‘la maggior parte’ è singolare e richiederebbe il verbo al singolare; è però plurale dal punto di vista delle entità che indica: il senso di ‘la maggior parte degli alunni’ è quello di ‘parecchi Peralunni’.questo motivo la costruzione della seconda frase è accettabile ed è detta concordanza a senso.

Per

UNITÀ 2 La fra Se40

Reggenza La terza sequenza: Chi trova un amico trova a un tesoro è percepita da un parlante italiano come stonata. È importante infatti, quando si parla, scegliere le parole in base a quelle da cui dipendono. Ad esempio, non si può far seguire al verbo trovare la preposizione a per dire quanto viene trovato. Anche una frase del tipo Mi piacerebbe che tu vieni con me al cinema. non è corretta in italiano, perché un’espressione come mi piacerebbe vuole essere seguita da una frase con il verbo al congiuntivo: Mi piacerebbe che tu venissi con me al cinema. È stata violata la regola della reggenza Per capire tale fenomeno linguistico può essere utile pensare a un albero: le radici reggono il tronco, il tronco regge i rami, i rami reggono le foglie e i fiori e i frut ti; ma il tronco, pur sostenuto dalle radici, non ne assume la forma, come invece accade quando l’aggettivo assume la forma del nome nella concordanza. Ad esempio, osserva le seguenti frasi: Sebbene avessi studiato, non mi sentivo tranquillo. Anche se avevo studiato, non mi sentivo tranquillo. Il significato è il medesimo, ma nel primo caso la congiunzione sebbene vuole es sere seguita da un verbo di modo congiuntivo, nel secondo la congiunzione anche se regge un verbo di modo indicativo. E ancora: in italiano non si possono combinare le parti del discorso indifferen temente. Ad esempio, non è possibile combinare l’articolo con il verbo di modo finito Il vai. o la preposizione con la congiunzione Con quindi. Esistono infatti delle combinazioni tipiche, quali articolo + nome (la mamma); aggettivo + nome (bella ragazza); verbo + aggettivo (è veloce). La reggenza è quel legame per cui una parola vuole essere accompagnata da un’altra. La parola reggente determina la tipologia o la forma della parola retta. In sintesi, per costruire frasi sintatticamente corrette occorre rispettare le rego le relative a concordanza, reggenza e ordine delle parole.

“Mandi almen giù quest’altro gocciolo,” disse Perpetua, mescendo. “Lei sa che questo le rimette sempre lo stomaco.” “Eh! ci vuol altro, ci vuol altro, ci vuol altro.” Così dicendo prese il lume, e, brontolando sempre: “una piccola bagattella! a un galantuomo par mio! e domani com’andrà?” e altre simili lamentazioni, s’avviò per salire in camera. Giunto su la soglia, si voltò indietro verso Perpetua, mise il dito sulla bocca, disse, con tono lento e solenne: “per amor del cielo!” e disparve.

è così importante per la trasmissione del significato che la lingua scritta deve trovare delle strategie per rappresentarla. In alcuni casi può essere d’aiuto la punteggiatura. ad esempio, una frase espressa oralmente come Carlo studia può essere trascritta in tre modi: Carlo studia. Carlo Carlo,studia?studia! È evidente la differenza: nel primo caso l’intonazione e la punteggiatura nello scritto ci fanno capire che carlo è diligente; nel secondo caso chi parla è interessato a sapere cosa sta facendo carlo; nel terzo invece si capisce che carlo ha bisogno di essere richiamato per fare il suo dovere. a volte chi scrive deve aggiungere delle parole per segnalare al lettore con quale intonazione si devono intendere pronunciate le frasi riportate nello scritto. Leggi, per esempio, alcune battute del dialogo tra don abbondio e Perpetua, con cui si conclude il primo capitolo dei Promessi Sposi: (Don a.) “Volete tacere? È tempo ora di dir codeste baggianate?” (P.) “Basta: ci penserà questa notte; ma intanto non cominci a farsi male da sé, a rovinarsi la salute; mangi un boccone.” “Ci penserò io,” rispose, brontolando, don Abbondio: “sicuro; io ci penserò, io ci ho da pensare.” E s’alzò, continuando: “non voglio prender niente; niente: ho altra voglia: lo so anch’io che tocca a pensarci a me. Ma! la doveva accader per l’appunto a me.”

Per approfondire L’INTONAZIONE

3. SINTa SSI 41

Nel discorso orale, oltre al lessico, alla morfologia e alla sintassi, per trasmettere e interpretare il senso occorre fare attenzione all’intonazione. a seconda di come la si pronuncia, una semplice frase come Oggi piove può ad esempio comunicare diversi stati d’animo del parlante: Che tristezza! oggi piove e non posso giocare in giardino! Che noia! Sono tre giorni che piove e oggi non vuole ancora smettere! Che rabbia! oggi si doveva giocare la partita di calcio più importante del torneo e invece è stata sospesa per la pioggia! Che gioia! Questa estate è torrida, l’afa non permette di respirare… finalmente oggi L’intonazionepiove!

UNITÀ 2 La fra Se42 4. IL SINTAGMA

Una frase sintatticamente corretta come La nonna prepara una torta in cucina. ha un significato complessivo unitario, espresso dalla composizione di diverse unità che portano ognuna un’informazione: ƒ la nonna indica la protagonista dell’azione, ƒ prepara esprime l’azione compiuta dalla nonna, ƒ una torta indica il risultato dell’azione, ƒ in cucina indica il luogo in cui avviene l’azione. Tali unità sono chiamate sintagmi Il sintagma è una parola o una combinazione significativa di parole che svolge una precisa funzione logica nella frase. I tipi di sintagma La scena rappresentata da questa immagine può essere così descritta: Fido abbaia. Il cane abbaia. Il mio cane abbaia. Chiamiamo i sintagmi evidenziati SINTAGMI NOMINALI (SN), perché hanno per nucleo un nome e svolgono la funzione di denominare. Il sintagma nominale può essere combinato in vari modi, come di seguito sche matizzato: Paolo Nome ProPrIo Un ragazzo arTIcoLo + NOME Un simpatico ragazzo arTIcoLo + aggeTTIVo + NOME egli ProNome (sostitutivo del nome) L’intelligente alunno Paolo arTIcoLo + aggeTTIVo + Nome + NOME PROPRIO SN NOMINALESINTAGMA

4. IL SINTagma 43

Qualsiasi parte del discorso può essere nucleo di un sintagma nominale. osserva: Tutti amano il bello. L’aggettivo bello, preceduto dall’articolo, si nominalizza, infatti può essere sostituito da ‘la bellezza’. Sei il bene della mia vita L’avverbio bene, grazie all’articolo, funziona come un nome.

Vorrei conoscere il perché del tuo pianto. La congiunzione perché assume il significato del nome ‘motivo’. Lavorare stanca. all’infinito il verbo può essere nominalizzato, infatti lavorare può essere sostituito con ‘il lavoro’. In è una preposizione semplice. In può essere sostituito in questo caso con il sintagma nominale ‘la preposizione in’.

Per approfondire SINTAGMI NOMINALI PARTICOLARI

I SINTAGMI PREPOSIZIONALI (SP) sono sintagmi introdotti da preposizioni. Il sintagma è una combinazione significativa di parole, che svolge una precisa funzione logica nella frase. Vi sono tre tipi di sintagmi: il sintagma nominale, che ha per nucleo un nome e ha la funzione di ildenominare; sintagma verbale, che ha per nucleo un verbo e ha la funzione di ilpredicare;sintagma preposizionale, che è introdotto da uma preposizione e ha la funzione di circostanziare.

L’insieme delle parole che si combinano con il verbo per esprimere un significato, cioè per predicare, costituisce il SINTAGMA VERBALE (SV).

UNITÀ 2 La fra Se44

Un altro tipo di sintagma ha per nucleo il verbo: Fido abbaia. Fido ha abbaiato Fido vuole abbaiare Fido sta abbaiando. Fido è aggressivo. Fido è un cane.

Per descrivere la scena è possibile aggiungere altre informazioni: Il cane abbaia in giardino. Il cane abbaia in giardino da mezz’ora Il cane di mio zio abbaia in giardino da mezz’ora.

La prima frase ci comunica anche il luogo in cui il cane sta abbaiando, la seconda aggiunge da quanto tempo sta abbaiando e la terza dice anche a chi appartiene il cane. Tali informazioni ci permettono di conoscere più dettagliatamente la scena, cioè ci dicono le circostanze in cui avviene quanto espresso dalla combinazione tra sintagma nominale e sintagma verbale. Avrai notato che i sintagmi che dan no queste informazioni sono costruiti intorno a un nome, ma sono introdotti nel discorso grazie alle preposizioni.

SV VERBALESINTAGMA SP PREPOSIZIONALESINTAGMA

4. IL SINTagma 45 I trucchi del mestiere SOSTITUIRE

Si possono sostituire i sintagmi eliminando gli aggettivi, senza alterare la struttura SP + SN + SV + SN: Nel pomeriggio la cugina ha letto un libro. Si possono sostituire i SN con dei pronomi: Nel pomeriggio lei ha letto qualcosa. Si può sostituire, in alcuni casi, il SP con un av verbio: Ieri mia cugina ha letto un libro intero. Se invece proviamo a sostituire i sintagmi con parole o altri sintagmi che non hanno la stes sa funzione, alteriamo la struttura sintattica o la facciamo crollare: In un caldo pomeriggio mia cugina lei un libro intero. (In questa frase non si può sostituire un SV con un pronome). In un caldo pomeriggio mia cugina ha letto si è addormentata. (In questa frase non si può sostituire un SN con un SV). La sostituzione può essere molto utile quando siamo in dubbio sul tipo di sintagma a cui, ad esempio, corrispondono determinati pronomi: Il mio amico Luca mi telefona spesso. Sostituiamo mi: Il mio amico Luca a me telefona spesso. Il mio amico Luca a Piero telefona spesso. In questa frase il pronome personale mi corri sponde a un SP. Invece nella frase

Per aiutarsi a individuare i sintagmi che costituiscono una frase può essere molto utile il procedi mento della sostituzione, che ha il vantaggio di mettere in luce la sintassi, cioè la struttura della frase. osserva:

In un caldo pomeriggio mia cugina ha letto un libro intero.

Il mio amico Luca mi perdona spesso. mi corrisponde a un SN: Il mio amico Luca perdona me spesso. Il mio amico Luca perdona Piero spesso. avrai notato che per riconoscere il tipo di sin tagma in questo caso abbiamo permutato, cioè spostato, il sintagma. anche la permutazione è infatti un’operazione utile a riconoscere come è strutturata la frase: se, per esempio, hai il dubbio circa l’appartenenza di un aggettivo a un sintagma, prova a permutarlo. Il mio allenatore è per tutti autorevole. Il mio autorevole allenatore è per tutti. Il mio allenatore è autorevole per tutti. Il mio allenatore è autorevole per tutti. SN SV SP

5. L’ANALISI MORFOSINTATTICA

46 UNITÀ 2 L a fra Se

3. Poi si può passare a classificare i componenti dei vari sintagmi (parti del discorso) in modo essenziale e a riconoscerne le caratteristiche morfologiche. In colonna: Antonio SN nome maschile, singolare abita SV verbo modo indicativo, tempo presente, 3^ persona singolare nel centro SP preposizione + articolo + nome maschile, singolare della città SP preposizione + articolo + nome femminile, singolare o in linea: Antonio abita nel centro della città SN SV SP SP nome verbo preposizione + articolo + nome preposizione + articolo + nome maschile, singolare modo indicativo, tempo presente, 3^ persona singolare maschile, singolare femminile, singolare

Analizzare una frase significa fare una serie di operazioni per giungere a com prendere come avviene la trasmissione di un messaggio attraverso parole combi nate in base a determinate regole sintattiche e morfologiche. La sintassi e la morfologia non possono essere considerate separatamente; infatti le parole per lo più cambiano forma in base ai legami che intrattengono con le altre parole, ovverosia in base alla sintassi all’opera nella frase. Per questo ti proponiamo un metodo di analisi che considera contemporaneamente la morfologia e la sintassi: la classificazione delle parti del discorso e quella dei sintagmi che esse, combinandosi, costituiscono.

2. In secondo luogo occorre classificare i sintagmi. Puoi riscriverli in colonna a partire dai due principali, SN e SV: Antonio SN abita SV nel centro SP della città SP oppure lavorare in linea: Antonio abita nel centro della città SN SV SP SP

1. La prima operazione è riconoscere i sintagmi che compongono la frase. Puoi delimitarli con delle barrette: Antonio / abita / nel centro / della città / oppure riquadrarli: Antonio abita nel centro della città

OMONIMIA conoscerai sicuramente qualcuno che ha il tuo stesso nome: ebbene una parola può indicare persone, fatti, idee del tutto differenti. Si tratta di parole in rapporto di omonimia (= stesso significante, diverso signifi cato): il nome cane può indicare un animale o una parte del fucile; bara può essere un nome o un verbo aven te significato completamente diverso. Omonimo viene dal greco homos = uguale e ónoma = nome.

RAPPORTI TRA LE PAROLE

47QUeSTIoNI DI LeSSIco

RAPPORTI DI ALLITTERAZIONESUONO

RAPPORTI DI SENSO FAMIGLIE DI PAROLE molte parole sono collegate grazie alla ripetizione di una loro parte. In questo caso la somiglianza tra i signi ficanti richiama una comunanza anche di significato Prova a scrivere tutte le parole che ti vengono in men te imparentate con il verbo lav-are: lav-atrice, lav-atoio, lav-andaia, lav-andino… Nella lingua vi sono famiglie di parole che derivano da una stessa parola. Si tratta del fenomeno della derivazione: la lingua fornisce famiglie di parole per indicare fatti che nella realtà sono legati.

Hai mai fatto il gioco delle associazioni di idee? Si de cide una parola da cui partire e una a cui arrivare (ad esempio da spillo ad astronave) e poi, uno alla volta, si dice una parola che per una qualche ragione è associata a quella precedente, e così via sino ad arrivare a quella stabilita. Questo gioco è possibile perché le parole nella lingua intrattengono tra loro vari rapporti, che chi parla può attivare o meno nel discorso.

Innanzitutto vi sono dei legami tra i significanti delle parole: vi è un gioco, conosciuto da tutti gli studenti che consiste nel trovare parole con la stessa lettera ini ziale appartenenti a determinate categorie di oggetti. esempio: viene estratta la lettera c. fiori croco città cremona oggetti candelabro animali cavallo personaggi storici cavour Queste cinque parole sono accomunate dal fatto che il loro significante ha la lettera iniziale identica. La so miglianza del significante non è importante solo per questo gioco, o per mettere le parole in ordine alfa betico. Senti come il poeta Dante (Inferno, I) riesce a comunicare la sua sensazione di paura quando si perde in una selva oscura: Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinnova la paura! La ripetizione di un suono sibilante (s) riesce a rendere l’idea del mistero e della minaccia: si tratta del feno meno dell’allitterazione, un procedimento frequente nella poesia che consiste nella ripetizione insistita di uno stesso suono in diverse parole per suggerire una certa sensazione, o per descrivere efficacemente una situazione.

I

SINONIMIA

IPERONIMIA E IPONIMIA Nel sistema linguistico le parole si richiamano anche perché si possono raggruppare in insiemi denominati con un termine generale. Si tratta del fenomeno dell’iperonimia (da hype = sopra e ónoma = nome) e dell’i ponimia (da ipo = sotto e ónoma = nome). Imbarcazione è l’iperonimo di nave, barca, zattera… Insalata è iponi mo di verdura. Questi rapporti sono alla base del famo so gioco “È arrivato un bastimento carico di…”: si sceglie un iperonimo (ad esempio frutta) e tutti i partecipanti sono invitati a turno a dire un iponimo (mela, banana, pera, ananas…) fino all’esaurimento del paradigma.

48 UNITÀ 2 QUeSTIoNI DI LeSSIco

Diverso è il fenomeno della sinonimia, che collega le parole solo dal punto di vista del loro significato. Prova a scrivere tutti i modi che conosci per dire dire: pronun ciare, riferire, comunicare… Una parola che ha lo stesso significato ma diverso si gnificante si chiama sinonimo (dal greco syn = insieme e ónoma = nome). certo, i sinonimi non hanno proprio lo stesso significa to. ad esempio, non potresti dire: La mia compagna mi ha pronunciato la soluzione del problema. Non vi è nulla infatti di meno meccanico del parlare: ogni scelta linguistica ha un suo peso, una sfumatura diversa ai fini della comunicazione. ANTONIMIA opposto alla sinomimia è il rapporto oppositivo tra pa role di significato contrario, detto antonimia (dal greco anti = contro + ónoma = nome): alto/basso; vero/falso; acceso/spento…

POLISEMIA In una stessa parola possono essere compresenti più significati. In italiano, ad esempio, usiamo la parola tempo per dire sia quello atmosferico sia quello crono logico. Si tratta del fenomeno della polisemia (dal gre co polys = molti + seméion = significato). a differenza dell’omonimia, nei casi di parole polisemiche i signifi cati sono imparentati, anche se a volte occorre andare indietro nel tempo per ricostruire la storia della parola e dei suoi significati.

IL DIZIONARIO BILINGUE Traduce le parole di una lingua in quelle di un’altra lin gua (italiano inglese, inglese italiano, italiano latino, latino italiano…).

Per esempio: la parola polso in inglese si traduce wrist in espressioni del tipo: mi prese per i polsi (la parte ana tomica del corpo umano); ma in “ha il polso irregola re” (qui significa pulsazione), la parola polso in inglese si traduce pulse; e ancora uomo di polso (= energico) si traduce in inglese con an energetic (oppure a firm) man. È questo un piccolo esempio per farti capire che nei di zionari bilingui le due parole (l’italiana polso e l’inglese wrist) non sono etichette intercambiabili: devi guarda re il senso che di volta in volta la parola in questione assume nella frase per scegliere la corrispondente tra duzione.

49QUeSTIoNI DI LeSSIco

L’USO DEL DIZIONARIO Leggendo, capita di imbattersi in una parola di cui non si conosce il significato; oppure, mentre si scrive, non si è certi della grafia di un vocabolo (si scrive con la “c” e con la “q”?; ci vuole la doppia o no?) o del suo uso (il verbo aspirare vuole essere seguito dalla preposizione a: aspirare alla gloria; o direttamente da un nome: aspirare la gloria? e come mai è giusto aspirare alla gloria ed è sbagliato aspirare alla sigaretta? forse questo verbo può avere diversi significati?). a queste e a tante altre domande un dizionario può ri spondere. ma occorre saperlo usare correttamente.

DIZIONARI DI DIVERSO TIPO Possiamo paragonare il dizionario ad un enorme con tenitore in cui sono riportati, in ordine alfabetico, i les semi (o lemmi) del lessico di una lingua. ma vi sono diversi tipi di dizionario.

IL DIZIONARIO GENERALE DELLA LINGUA (MONOLINGUE) raccoglie in ordine alfabetico tutti i lessemi di una lin gua, anche numerosi vocaboli non più in uso, legati alla tradizione letteraria; termini tecnici conosciuti anche al di fuori dell’ambito specifico (anestesia, diagnosi… dal linguaggio medico; inflazione… dal mondo dell’e conomia); parole nate dai dialetti regionali ed entrate nell’uso della comunità nazionale (panettone dal mila nese, naia dal Veneto, pizza dal napoletano).

Un dizionario deve sempre essere aggiornato, perché gli uomini producono parole nuove (neologismi), e quando queste diventano patrimonio di tutta la comu nità vanno registrate nel libro del lessico.

IL DIZIONARIO ETIMOLOGICO cura in modo particolare l’origine e la storia delle parole. facciamo un piccolo esempio: la parola ragazzo, che significa “giovinetto, fanciullo, adolescente”, deriva dall’arabo raqqas: “nel magreb corriere che porta le let tere, la posta o i viaggiatori, messaggero (dal sec. XIII), molto probabilmente penetrato dalla Sicilia…”. È questa la definizione che dà il Dizionario etimo logico della lingua italiana, edito dalla Zanichelli. casa c’entra “messaggero, corriere” con “adolescente”? chi portava la posta, lo faceva correndo a piedi (non c’erano bici né moto), e uno che “corre” non può non essere un giovane, un adolescente.

INFORMAZIONI GRAMMATICALI Basta osservare il lemma per sapere qual è la grafia giusta: proficuo, non *profiquo, idea, non *lidea, bam bino e non *banbino… e ancora: caparra, non *capara o *cappara, soprattutto, non *sopratutto, o *soprattuto. consultando il dizionario puoi evitare parecchi errori Èortografici.sempresegnato l’accento sulla sillaba tonica (quel la su cui poggia la voce), puoi in tal modo imparare la corretta pronuncia del vocabolo: ílare, non *iláre Precisa, inoltre, per le e e per le o se esse vanno pro nunciate aperte (come in bèllo e ròsa), oppure chiuse (come in séra e ómbrello).

Non solo ci dice il significato di una certa parola, ma descrive anche l’oggetto in questione dal punto di vista Perscientifico.esempio: la parola stella nel dizionario generale è presentata genericamente come “un punto brillante nel cielo visibile durante la notte” , ma nel dizionario enciclo pedico viene descritta secondo il concetto scientifico elaborato dagli astronomi: “In astronomia, nome gene rico dei corpi celesti di forma per lo più sferica…” e poi se guono indicazioni circa le dimensioni, la struttura chi mica, la tipologia delle stelle (il Vocabolario della lingua italiana della Treccani impiega tre pagine fitte fitte per parlare della stella).

QUALI INFORMAZIONI SI POSSONO RICAVARE DA UN DIZIONARIO? ogni voce del dizionario ti dà informazioni a livello grammaticale, a livello del significato (o dei significati) di una parola, documentando sempre con esempi (fra seologia) il suo uso, e spesso anche l’etimologia. ma andiamo con ordine, schematizzando un po’.

50 UNITÀ 2 QUeSTIoNI DI LeSSIco

Lasciamo il lemma ed entriamo nella sua trattazione: subito viene fornita la categoria lessicale di apparte nenza (nome, verbo, avverbio, preposizione…). Del nome viene detto anche il plurale, se questo è irre golare (uovo diventa uova, non *uovi); oppure se presenta più forme: braccia (del corpo umano), bracci (della croce); del verbo vengono segnalati i modi e i tempi irregolari (fare: passato remoto = feci, facesti, fece, facemmo, face ste, fecero); delle parole che possono funzionare a volte come avverbi, a volte come preposizioni, a volte come congiunzioni, il dizionario indica le diverse possibilità, documentando ognuna con esempi, scritti in corsivo.

IL DIZIONARIO DEI SINONIMI E DEI CONTRARI È specializzato nel presentare i sinonimi (termini di si gnificato simile) di ciascuna parola (contento, gioioso, lieto, beato, soddisfatto, allegro, felice, i/ore, giulivo, eu forico…). Sono pochi, nella lingua italiana, i sinonimi perfetti, quelli cioè che possono essere usati indifferentemente in tutte le occasioni, come aspettare e attendere. Puoi tranquillamente dire: Ho aspettato a lungo oppure Ho at teso a lungo, anche se il primo è di uso più comune. così potrai dire indifferentemente abito da sposa, o vestito da sposa, abito elegante o vestito elegante. Però, anche se euforico, per esempio, è uno dei sinonimi di contento, non potrai dire: “Sono euforico del mio lavoro”, così un uomo che ha bevuto un bicchiere di troppo non ha la sbornia lieta o soddisfatta o beata, ma euforica. Quindi, quando consulti il dizionario dei sinonimi (ma gari per evitare di ripetere una parola già detta), devi fare attenzione a scegliere quello più corrispondente allo scopo del tuo messaggio. Puoi trovare questi tipi di dizionari anche on line.

IL DIZIONARIO ENCICLOPEDICO

COME È FATTO UN DIZIONARIO? Un dizionario è organizzato in voci, intendendo per voce l’insieme del lemma (il vocabolo), scritto in ne retto, e la relativa trattazione. I vocaboli sono disposti in ordine alfabetico e riportati nella loro forma base: ƒ per i nomi il singolare: troverai uomo, non uomini; ƒ per gli aggettivi e molti pronomi il maschile singo lare: buono, non buoni, buona o buone; ƒ per i verbi l’infinito: giocare, non giocai, o giocassi; ƒ per i nomi alterati (casina, casetta, casaccia) trove rai il nome di cui sono un’alterazione (casa), a meno che non siano diventati forme autonome: forchetta, trombone.

INFORMAZIONI

Quando una stessa parola assume significati diversi in base al contesto in cui è inserita, il dizionario riporta esempi di frasi, scritte in corsivo, in cui quella parola ricorre (vedi aspirare).

Prima di concludere è indispensabile una segnalazione. come hai potuto intuire, un dizionario deve dire mol te cose in poco spazio: per questo si usano molte ab breviazioni. È importantissimo conoscerle, altrimenti la sua lettura (cioè la sua comprensione) diventa qua si impossibile. ogni dizionario nelle sue prime pagi ne presenta un lungo elenco delle abbreviazioni che ha adottato. Te ne diamo un breve assaggio qui di seguito. abbr abbreviazione, abbreviato qlcs qualcosa agg. aggettivo lat. latino ca circa rar. raramente com. comunemente prep preposizione comp. composto s.f. sostantivo femminile der. derivato avv avverbio dial. dialettale v. verbo es esempio tr. transitivo estens. estensivamente intr. intransitivo fig figurato rifl. riflessivo geogr. geografia qk qualcuno

Una parola può avere un unico significato. esempio: pizzeria: s.f. Locale, popolare o di lusso, in cui si prepara, si cuoce, si serve al pubblico la pizza na poletana: di solito anche con servizio di birreria e ristorante. [Da pizza] ƒ Spesso la stessa parola ha più significati, che vengono presentati uno dopo l’altro preceduti da un numero arabo progressivo (1, 2, 3…). esempio: aspirare: v. tr. 1. Immettere nella cavità orale: a(spirare) il fumo di una sigaretta; odorare avidamente: aspirava con deli zia il sottile odore di eliotropio. (D’annunzio) 2. estrarre, sottrarre mediante apparecchi detti aspiratori. 3. intr. mirare, anelare, cercare di conseguire: a. alla gloria delle lettere, a. a un impiego, a. al titolo di campione. 4. articolare, pronunziare con aspirazione: a. la lettera h. ƒ ci sono poi parole omografe (scritte con le stesse lettere), ma diverse come etimologia e, natural mente, come significato: queste parole sono pre sentate nel dizionario in voci distinte, ognuna della quali è preceduta da un numero. esempio: 1. Borsa: s.f. 1. Portaoggetti di stoffa, pelle o altro materiale, di varie forme e dimensioni /…/ . 2. /…/ [lat. tardo bursa, dal greco byrsa ‘pelle’ (recipiente di pelle)]. 2. Borsa s.f. 1. riunione degli agenti di cambio per la contrattazione delle merci (b. merci) e di titoli pubblici e privati (b. valori o finanziaria) /…/ 2. /…/ [Dal nome della famiglia Della Borsa che nel XVI secolo a Bruges (Belgio) adibì il proprio palazzo a sede degli scambi. rientrato in Italia attraverso il francese bourse nel XVIII secolo]. (gli esempi sono tratti da Devoto oli, Vocabolario della lingua italiana)

SUL SIGNIFICATO

INTORNO ALL’USO DI UNA PAROLA

ƒ

La lettura degli esempi, oltre che essere chiarificatrice della definizione offerta su quel dato termine, ci permet te anche di vedere (e di imparare) quali sono le altre pa role con cui si può legare: possiamo sapere, per esempio, che una legge si promulga, si applica, si abroga, si sancisce; che una questione si tratta, si discute, si propone, si pone… Se si tratta di verbi è dagli esempi che vediamo quale preposizione reggono, e così via. Il dizionario ci dà, inoltre, utili informazioni sull’uso di un termine in espressioni figurate (le cosiddette “frasi fatte”): essere sulla cresta dell’onda, non mettere la punta del naso fuori della porta, avere una parola sulla punta della lingua, allargare la borsa (= essere prodigo e generoso).

51QUeSTIoNI DI LeSSIco INFORMAZIONI

33 SOGGETTO E PREDICATO Introduzione all’analisi logica della frase Lo scrittore cerca con la sintassi di restituire al pensiero la semplicità che le parole gli tolgono. Nicolás Gómez Dávila In margine a un testo implicito ARGOMENTI 1. Struttura e funzione 2. Il soggetto 3. Il predicato 4. L’analisi logica

Per comprendere bene la differenza tra l’analisi morfosintattica e quella logica, occorre innanzitutto mettere a fuoco la differenza tra una struttura linguistica e la sua funzione logica. Può essere utile a tal fine un paragone: pensa a una sedia. Essa è un oggetto i cui componenti (sedile, gambe, schienale) sono ben combinati per svolgere una certa funzione: accogliere una persona che si vuole sedere. Diciamo dunque che la sedia è una struttura che ha la funzione di sorreggere una persona seduta. Si può però usare le sedia anche come cuccia del gatto o come supporto per raggiungere un punto più elevato, in ginocchio o in piedi su di essa. Una sedia può essere addirittura usata come un’arma contro un assalitore o come uno scudo per difendersi. Parimenti, non sempre per sedersi si usa una sedia: un divano, una poltrona, un muretto, il ramo di un albero… possono svolgere la stessa funzione di una sedia. Lo stesso vale per le strutture linguistiche: il sintagma è una struttura, i cui com ponenti (le parole) si accordano per svolgere insieme una certa funzione logica. Ma non c’è una corrispondenza biunivoca, come si vedrà nei prossimi paragrafi, tra struttura linguistica e funzione logica. Come la sedia ha una funzione prefe renziale (sorreggere una persona seduta), così ogni sintagma ha preferenzial mente una funzione logica nel discorso, ma ne può svolgere anche altre. Osserva, ad esempio, come cambia la funzione logica del sintagma nominale “un astro nauta” nelle seguenti frasi: Un astronauta è atterrato sulla luna. Mio padre ha conosciuto un astronauta Mio zio è un astronauta Una struttura linguistica può svolgere diverse funzioni logiche. Una funzione logica può essere svolta da diverse strutture linguistiche.

UNITÀ 3 SoggeTTo e predIcaTo54 1. STRUTTURA E FUNZIONE

2. IL SoggeTTo 55 2. IL SOGGETTO Osserva le seguenti scene:

1. Il gatto dorme sulla poltrona. 2. I gatti dormono sulla poltrona. Quando i protagonisti della scena sono più di uno, cambiano morfo sia il sintagma nominale che li indica, sia quello verbale che esprime quello che fanno. La concordanza rivela il legame stretto tra i due sintagmi principali della frase che svolgono le funzioni di soggetto e predicato. Il soggetto è il sintagma nominale che concorda con il sintagma verbale. Diversi valori del soggetto A seconda della scena che si vuole descrivere a parole, il soggetto esprime un di verso rapporto con il predicato. Osserva: Il soggetto Io apparecchio la tavola. compie l’azione Cesare fu assassinato dai congiurati. subisce l’azione Anna è simpatica. è ciò di cui si esprime un modo d’essere I bambini hanno paura del buio. prova un sentimento Simone ha ricevuto la mia lettera. riceve qualcosa Questo coltello affetta bene il prosciutto. serve da strumento per compiere un’azione Soggetto deriva dal latino subiĕctum, participio passato del verbo subĭcere (sub + iăcere Letteralmente). significava ‘gettare sotto’. dunque soggetto è sinonimo ‘sottoposto’:disi dice infatti ‘soggetto al potere’, malattia’‘soggetto‘sottomesso’;cioèaunaper dire ‘sofferente’. Nel Interessantedelallavienesoggettogrammaticalelinguaggioilèciòchesottopostopredicazioneverbo.notare che in filosofia ha una soggetto!Seiodicomenell’usoedrealtà‘l’ioattiva,connotazionenonpassiva:inquantopensante’èentratocomunesinonimo‘persona’,‘personalità’:unbel

Il soggetto espresso da un sintagma composto Osserva la seguente frase: Carlo e Luigi sono andati al mare. Il sintagma nominale che funge da soggetto è composto da due sintagmi nomi nali, uniti dalla congiunzione, poiché si intende predicare la stessa informazione su argomenti differenti. Quando il soggetto non è espresso In italiano, a differenza di altre lingue come l’inglese, non è sempre obbligatorio esprimere in modo esplicito il soggetto. Esso infatti in molti casi può essere in tuito osservando il morfo del verbo. Mangio dopo, ora vado a giocare. Soggetto: IO. Sembri spossato. Soggetto: TU. Oppure facendo attenzione al contesto: Giulio Cesare fu un grande condottiero: alla guida dell’esercito romano sconfisse molte bellicose popolazioni barbare. È evidente che il soggetto del predicato sconfisse è lo stesso di quello del predicato fu un grande condottiero: Giulio Cesare. In questi casi si parla di soggetto implicito. In altri contesti, invece, il soggetto non viene espresso ƒ o perché il verbo è impersonale e dunque non lo richiede: il sintagma verbale è sufficiente per descrivere una scena. Questo è il caso dei verbi indicanti fe nomeni atmosferici: FaGrandina.Piove.freddo.

UNITÀ 3 SoggeTTo e predIcaTo56

ƒ o perché chi parla, non volendo riferirsi a un soggetto in particolare, usa il ver bo in modo impersonale: Durante la lezione non si chiacchiera. Sabato si esce con gli amici.

2. IL SoggeTTo 57

I trucchi del mestiere ESPLICITARE chiarezza ed economia sono due principi importanti da rispettare per una comuni cazione efficace: non si dice nulla di più, né nulla di meno di quanto serve per tra smettere un messaggio a un destinatario. ecco perché nelle nostre frasi omettiamo degli elementi quando non sono necessari alla comprensione. per analizzare le frasi, però, occorre esplicitare ciò che è implicito, altrimenti non si mettono bene in luce tutte le strutture e, di conseguenza, le loro funzioni. ecco qualche esempio di esplicitazione finalizzata all’analisi: Mangio a casa. Io mangio a casa. SN soggetto SV Sp Me lo dici? Tu lo dici a me? SN soggetto SN SV Sp Bella la tua idea! La tua idea è bella. SN soggetto SV Studierai nell’unità 9 che il procedimento dell’esplicitazione è fondamentale quando il messaggio è formato da più frasi, spesso costruite con verbi di modo indefinito (infinito, gerundio, participio): Fatto il guaio, devi riparare. Dopo che tu hai fatto il guaio // tu devi riparare. congiunzione SN soggetto SV SN // SN SV N.B. puoi usare la doppia barretta (//) per separare le frasi.

UNITÀ 3 SoggeTTo e predIcaTo58 3. IL

nominale

Il verbo ha preferenzialmente la funzione di predicare, di dire cioè qualcosa di nuovo a proposito del soggetto. Nella lingua italiana circa diecimila verbi sono in grado di svolgere la funzione di predicare. Essi esprimono un significato specifi co, in grado di farci immaginare una scena anche quando non sono inseriti in una frase particolare: dormire, camminare, cadere, prendere, scrivere, guardare… Chiamiamo tali verbi predicativi. Un sintagma verbale avente come nucleo un verbo predicativo svolge la funzione di predicato verbale. I verbi predicativi si distinguono da un altro tipo di verbi, detti copulativi, i quali invece non possono autonomamente svolgere la funzione di predicare, perché il loro significato è troppo generico, come quello di essere, sembrare, parere, apparire, diventare, divenire. Numericamente sono molto pochi rispetto ai verbi predicativi, eppure sono molto usati nei nostri discorsi. È possibile immaginarsi una scena sentendo pronunciare queste frasi formate con un verbo predicativo: Francesco inciampò. Manuela mangia. Chiara scrive. Ma non hanno significato compiuto le espressioni: Paolo è. Silvia Alessandrosembra.diventerà.

I verbi essere, sembrare, diventare connettono il sintagma nominale che ha funzio ne di soggetto con un altro sintagma o con un aggettivo: Paolo è simpatico. Silvia sembra una contessa. Alessandro diventerà un astronauta. Ognuno di questi verbi svolge la funzione di copula, e, insieme all’aggettivo o al sintagma che regge, forma un sintagma verbale. La funzione logica di questo sintagma verbale è chiamata predicato nominale, perché è principalmente l’aggettivo o il sintagma contenente un nome a dire qualcosa di nuovo sul soggetto, a predicare. In tal caso si dice che l’aggettivo o il sintagma costituisce la parte nominale del predicato, ha cioè funzione di predi cativo del soggetto Predicato deriva dal latino prae + dicāre, derivato a sua volta da dīcere = dire e significa ‘ciò che si dice a proposito di’. La parola copulativo viene dal latino copula, che significa ‘legame’, ‘corda’. Tale termine fu introdotto nel secolo.grammaticalelinguaggiodaabelardonell’XIIda copula derivano anche le parole di uso comune‘accoppiare’.‘coppia’, anche quando è un aggettivo a predicare si parla di predicatonominale (e non siaperchéaggettivale!)inlatinosial’aggettivoilnomeeranochiamati nomen: il nome veniva chiamatosubstantivumnomen , ‘il nome della realtà’, opposto al nomen adjectivum ‘il nome che sil’aggettivo.aggiunge’,ovverosia

PredicatoPREDICATOverbaleepredicato

Questioni di lessico QUANDO IL VERBO NON C’È: LE FRASI NOMINALI pagina 62

Un sintagma verbale avente come nucleo un verbo predicativo svolge la funzione di predicato verbale. Un sintagma verbale formato da un verbo copulativo + un aggettivo o un sintagma predicativo del soggetto svolge la funzione di predicato nominale.

Predicato nominale con verbi occasionalmente copulativi Nel capitolo dedicato alle funzioni logiche del sintagma nominale si vedrà che alcuni verbi in certi contesti funzionano come predicativi, in altri come copula tivi e, di conseguenza, formano sintagmi verbali che fungono a volte da predicati verbali, altre da predicati nominali.

Ad esempio: I ragazzi studiano. In questo caso studiano è un verbo predicativo e da solo svolge la funzione di pre dicato verbale. I ragazzi studiano concentrati Studiano concentrati è predicato nominale e la frase vuole comunicare non solo che i ragazzi stanno studiando, ma anche e soprattutto la loro concentrazione, l’im pegno che mettono nello studio. Per approfondire AVVERBI E SINTAGMI PREPOSIZIONALI PREDICATIVI In alcune frasi il sintagma preposizionale o l’avverbio svolgono una funzione simile a quella dei sintagmi nominali o degli aggettivi predicativi, completando il significato di verbi copulativi.

3. IL predIcaTo 59

Osserva: Anna sembra glaciale. Verbo copulativo + aggettivo Anna sembra di ghiaccio. Verbo copulativo + sintagma preposizionale Il sintagma preposizionale di ghiaccio ha lo stesso significato dell’aggettivo glaciale ed esprime ancora meglio l’immagine fredda e impassibile che si vuole dare del soggetto.

O ancora: È bello cantare tutti insieme. Verbo copulativo + aggettivo È meglio cantare tutti insieme. Verbo copulativo + avverbio Meglio può essere esplicitato in una cosa migliore, assumendo così il compito predicativo del sintagma nominale corrispondente: forma un predicato nominale insieme a è. In casi come questi il predicativo del soggetto è rappresentato da elementi che non concordano con il soggetto: un avverbio o un sintagma preposizionale.

Come si era anticipato all’inizio dell’unità occorre ricordare che una struttura linguistica può avere più funzioni (ne abbiamo viste già due per il sintagma nominale: soggetto e predicativo del soggetto) e una stessa funzione logica può essere svolta da diverse strutture linguistiche (come il predicativo del soggetto: preferenzialmente, cioè più spesso, lo troviamo espresso da aggettivi e nomi, ma a volte da avverbi e sintagmi preposizionali).

La seconda frase invece non intende dire che a scuola è una caratteristica di Fran cesco. In questo caso il verbo essere assume il significato specifico di stare, tro varsi: Francesco sta, si trova in un certo luogo: a scuola. Il verbo essere svolge la funzione di predicato verbale. Nella terza frase il verbo essere assume il significato di appartenere: La penna ap partiene a Mario. Il verbo essere svolge la funzione di predicato verbale. Nell’ultima frase addirittura il verbo essere non è seguito da alcun sintagma né nominale, né preposizionale, bensì ha un significato autonomo e dunque svolge la funzione di predicato verbale. Si potrebbe trasformare la frase in Dio è, ha, dà l’essere. Quando il verbo essere assume il significato specifico di esistere, trovarsi, appartenere svolge la funzione di predicato verbale. Attenzione! Il verbo essere svolge la funzione di predicato verbale quando è pre ceduto dalla particella ci o vi Nella frase: C’è Laura alla festa? c’è (presente indicativo del verbo esserci) svolge la funzione di predicato verbale in quanto esprime l’esistenza, la presenza di quanto indicato dal soggetto della frase (Laura).

Il verbo “essere”: copula o predicato verbale?

UNITÀ 3 SoggeTTo e predIcaTo60

Il verbo essere preferenzialmente è il nucleo di un predicato nominale. A volte svolge da solo la funzione di predicato verbale. Osserva le frasi: Francesco è un ragazzo simpatico Francesco è a scuola. La penna è di Mario. Dio è Nel primo caso la copula è serve a unire il sintagma nominale un ragazzo simpatico con il sintagma nominale soggetto Francesco. Il verbo essere non predica, non ha significato autonomo ed è il nucleo di un sintagma verbale che svolge la funzione di predicato nominale.

Se l’analisi morfosintattica è finalizzata a classificare le strutture linguistiche che compongono la frase (parole e sintagmi), quella logica ha lo scopo di riconoscere le funzioni logiche di tali strutture e le loro reggenze. Considera la frase: La zia di Carlo affitta case ai villeggianti. Dopo averne fatto l’analisi morfosintattica: La zia di Carlo affitta case ai villeggianti. SN Sp SV SN Sp +articolonome +preposizionenome verbo nome +preposizionearticolo+nome singolarefemminile, singolaremaschile, modo tempoindicativo,presente,IIIpersonasingolare pluralefemminile, pluralemaschile, riflettiamo sulla sua struttura logica, individuando innanzitutto soggetto e pre dicato (altre funzioni saranno presentate successivamente) e poi costruiamo uno schema delle reggenze per mettere in evidenza da quale struttura è retta ogni altra struttura. La zia affitta soggetto predicato verbale di Carlo case ai villeggianti Ecco un altro esempio di analisi morfosintattica e logica nel caso di una frase con sintagma verbale avente funzione di predicato nominale: A tutti Luca sembra un bravo ragazzo. A tutti Luca sembra un bravo ragazzo. Sp SN SV +preposizionepronome nome verbo copulativo + articolo + aggettivo + nome maschile, plurale maschile, singolare modo indicativo, tempo presente, III persona / maschile singolare Luca sembra un bravo ragazzo copula + predicativo del soggetto soggetto predicato nominale a tutti

4. L’aNaLISI LogIca 61 4. L’ANALISI LOGICA

62 UNITÀ 3 QUeSTIoNI dI LeSSIco

Ottimo questo caffè!

In questi casi basta inserire il verbo essere per eviden ziare la concordanza tra il sintagma nominale che fun ge da soggetto e il nome o l’aggettivo predicativi. In altri casi l’operazione è più complessa.

Altissima. Purissima. Levissima. per esplicitare il senso di questo noto slogan pubbli citario, il cui soggetto è Levissima (l’acqua minerale) e il cui predicato è espresso da due aggettivi: altissima e purissima, occorrono più parole: L’acqua minerale Levissima nasce in alta montagna (altissima) e, di conseguenza, è purissima. Ma qual è l’utilità delle frasi nominali?

Spesso nei titoli, negli slogan pubblicitari, nelle frasi esclamative non è presente il verbo. Galline in fuga.

Si tratta di frasi nominali, in quanto il predicato è espresso direttamente da un nome o da un aggettivo. proviamo a parafrasarle, inserendo un sintagma ver bale: Le galline sono in fuga Questo caffè è ottimo

QUANDO IL VERBO NON C’È: LE FRASI NOMINALI

63QUeSTIoNI dI LeSSIco

ƒ

Innanzitutto è una questione di stile: Niente male queste lasagne! È più immediato ed espressivo di Queste lasagne non sono niente male. ƒ poi, soprattutto nei giornali, la frase nominale per mette di comunicare, in pochissimo spazio, il “suc co” dell’articolo, suscitando l’interesse del lettore: Squali in Liguria è un titolo più a effetto rispetto a Si stanno avvicinando degli squali alle coste della Liguria. ƒ Infine, e anche questa è una strategia largamente usata nella comunicazione, la frase nominale per mette di non dichiarare apertamente la persona o l’oggetto responsabile dell’azione e di mettere in primo piano il fatto. Leggendo un titolo come Tuffo nella fontana di Trevi, il lettore si incuriosisce, si do manda chi sarà mai il temerario che si è tuffato in una fontana. Sebbene si trovino spesso nella lingua scritta (in par ticolare nei titoli, nel giornalismo politico e sportivo), le frasi nominali sono frequenti anche nel parlato, in quanto sono capaci di esprimere un concetto in modo svelto e disinvolto. Carino, il tuo braccialetto! Che forza il nuovo CD di Zucchero! Facendo attenzione, ti accorgerai di quante volte usi, parlando, questo tipo di costruzione.

IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI Nome, articolo, aggettivo, pronome I complementi espressi dal SN quando non è soggetto Si può sempre dire tutto. Si può dire l’amore più intenso, la crudeltà più tremenda. Si può nominare il male, il suo gusto soporifero, i suoi piaceri deleteri. Si può dire Dio e non è poco. Si può dire la rosa e la rugiada, lo spazio di un mattino. Si può dire la tenerezza, l’oceano custode della bontà. Si può dire l’avvenire, e i poeti vi si avventurano con gli occhi chiusi e la bocca feconda. Si può dire tutto di questa esperienza, basta far mente locale. Mettersi al lavoro. Jorge Semprún La scrittura o la vita ARGOMENTI del sintagma nominale (quando non è soggetto)

1. Nome 2. Articolo 3. Aggettivo e pronome 4. Funzioni

4

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI66

(zaino? soldatino? aquilone? skateboard?) chi ascolta e chi legge non riesce a capire a quale oggetto si riferisca il ragazzo. Nella grammatica classica il nome veniva chiamato nomen substantivum, “il nome della realtà”, opposto al nomen adjectivum “il nome che si aggiunge”, ovverosia Poichél’aggettivo.sicomunica per dire qualcosa a proposito della realtà che ci circonda, degli eventi che ci accadono, dei concetti su cui riflettiamo, ti sarà facile capire come sia importante avere delle parole che nel discorso li indichino, li rendano presenti alla mente del destinatario (= chi ascolta o legge il messaggio). Il nome (o sostantivo) indica oggetti, esseri animati, eventi, concetti. Il nome ha inoltre un altro potere. Osserva:

1. FunzioneNOMEdel nome nella comunicazione La capacità che il sintagma nominale ha di denominare, cioè di indicare qualcosa o qualcuno, gli deriva dal nome, il suo nucleo, la parola con cui gli altri componenti concordano. Proviamo ora a comprendere in modo più approfondito questa importantissima funzione del nome.

SenzaOsserva:ilnome

1. NOME 67

Il nome indica ogni cosa che esiste nella realtà o nella fantasia. Tipologia del nome Se il nome ha il compito di indicare tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che può es sere da noi immaginato e inventato, pensa a quanti nomi diversi un parlante deve poter utilizzare per formulare i suoi messaggi! Non avrebbe senso elencarli tutti, però è possibile suddividerli in gruppi, in base alle caratteristiche che li accomu nano, cioè studiarne la tipologia. La prima distinzione da considerare è quella tra nomi comuni e nomi propri. Nomi comuni e propri Osserva le due immagini.

il ragazzo potrebbe nominare qualcosa che nella realtà non esiste proprio: pensa al grifone, la mitologica creatura alata. Può essere nominato perché qualcuno l’ha immaginato e descritto, anche se non esiste nella realtà.

La stessa ragazza nelle due diverse situazioni rappresentate viene indicata con nomi diversi: ragazza e Paola. Nel primo caso il signore che si rivolge a lei la chiama ragazza perché non conosce il suo nome; inoltre, essendoci una sola ragazza nella scena, sa che la fanciulla sicuramente si sentirà chiamata in causa. Nella seconda immagine, invece, l’insegnante la chiama con il suo nome, non solo

Il ragazzo ha nominato il mare: ha usato un nome che si riferisce a qualcosa che non è presente nella stanza, ma che può comunque essere indicato perché da lui Addiritturaconosciuto.

I nomi concreti indicano esseri animati e inanimati. I nomi astratti indicano idee ed eventi.

perché la conosce, ma anche perché se dicesse ragazza anche altre si sentirebbero chiamate in causa. La stessa persona dunque può essere nominata in modo diverso: uno generico (ragazza), utilizzando un nome comune; uno esclusivo (Paola), utilizzando un nome proprio che identifica un solo individuo.

I nomi del primo insieme indicano esseri animati e inanimati: sono detti nomi concreti. I nomi del secondo insieme indicano idee (bellezza) ed eventi (partenza): chiamiamo tali nomi astratti. Se osservi bene i nomi astratti, ti accorgerai che molti di essi derivano per lo più da aggettivi o da verbi, sono cioè nomi deaggettivali o deverbali. Ad esempio: bellezza < bello (aggettivo) verità < vero (aggettivo) corsa < correre (verbo) partenza < partire (verbo)

CANE CASTELLO BELLEZZA PARTENZA MAMMA CUGINO DOMINIO PAURA LAGO SOLE VERITÀ CORSA

In molti casi è più efficace utilizzare il nome proprio, perché permette di individuare immediatamente colui o ciò di cui si vuole parlare, però il nome comune ha un potere che quello proprio non ha: contiene, infatti, più informazioni su colui o ciò che nomina. Ad esempio se dico ragazza immagino subito una persona, non più una bambina, non ancora un’adulta; il nome Paola invece non fornisce le caratteristiche distintive della persona che lo porta. Il nome comune indica in modo generico aspetti della realtà di cui si conoscono le caratteristiche distintive. Il nome proprio indica aspetti della realtà in modo esclusivo. Nello scritto viene segnalato dalla lettera iniziale maiuscola. La distinzione tra nome comune e nome proprio dipende dunque dalla modalità con cui il parlante intende indicare un aspetto della realtà. Le altre distinzioni di seguito proposte, invece, dipendono dalle differenze tra ciò che può essere nominato. N.B. A pagina 272 puoi trovare le norme per l’uso della lettera maiuscola con i nomi propri. Nomi astratti e concreti Osserva i nomi presenti nei due insiemi: PENNA AMICIZIA

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI68

approfondire

DELLEDELL’ORIGINEALLAL’ETIMOLOGIA:SCOPERTAPAROLE pagina 113

Per L’IMPORTANZA DELL’ASTRAZIONE

La parola “astratto” nel linguaggio comune fa subito venire in mente qualcosa di fumoso, di non consistente, ultimamente di poco interessante. Quante volte abbiamo sentito richiamare qualcuno che prometteva mari e monti o che sognava a occhi aperti con la frase: “Sii concreto!”. Ebbene, i nomi cosiddetti astratti invece sono nomi importantissimi: potresti magari non soffrire in assenza di un oggetto, anche uno di quelli a te cari, ma come ti sentiresti senza amicizia, bellezza, giustizia, verità? L’astrazione è un’operazione vitale per l’uomo e solo l’uomo ne è capace: è infatti la possibilità che abbiamo di dare un nome e di comprendere il senso di una serie di segni che altrimenti non sapremmo interpretare. Ad esempio: quando puoi dire che ha luogo un’amicizia? O che in un certo ambiente è rispettata la giustizia? O che in classe si cerca la verità? Sono molti i segni che devi prendere in considerazione prima di dare una risposta affermativa o negativa a tali domande: l’astrazione è infatti un’operazione complessa, ma che ci rende più coscienti, non più lontani dalla realtà. Nomi numerabili e di massa Fra i nomi possiamo considerare un’ulteriore distinzione. Osserva. Quali degli oggetti presenti potresti contare in questa immagine? Una bambina, due secchielli, una paletta, due torri, un berretto, una treccia… Questi nomi sono detti numerabili. Vi sono però oggetti che non si possono contare, perché non hanno per conto loro una forma particolare. Si tratta dei nomi di massa, come la sabbia, l’acqua, il cielo. Si può dire, infatti, un secchiello di sabbia, un litro o una bottiglia d’acqua, uno squarcio di cielo, ma non tre sabbie, cinque acque, sei cieli I nomi numerabili indicano oggetti che possono essere contati. I nomi di massa indicano sostanze che non hanno una forma definita e quindi non si possono contare. Attenzione! Alcuni nomi possono essere sia numerabili che di massa in base all’uso testuale che se ne fa: Luigi ha pescato un grosso pesce (pesce è numerabile), ma Il venerdì mangiamo sempre pesce (in questo caso pesce è di massa perché indica una sostanza, un tipo di cibo). Questioni di lessico

1. NOME 69

Oppure possono indicare il gruppo di esseri della stessa specie. gente, stormo, gregge, mandria, flotta Questi sono nomi collettivi.

Nomi individuali e collettivi

I nomi individuali indicano esseri considerati uno per uno. I nomi collettivi indicano gruppi di esseri della stessa specie.

Il nome è un lessema variabile del discorso, il cui morfo dà informazioni circa il genere (maschile o femminile) e il numero (singolare o plurale). bambin -o -i biciclett -a -e componente lessicale morfo -o per il maschile singolare e –i per il maschile plurale sono i morfi più frequenti, così come –a per il femminile singolare ed –e per il femminile plurale. Ma questa regola morfologica non copre tutti i casi possibili. Osserva: -o può rappresentare il morfo del femminile singolare mano, eco, radio, moto, foto -a può rappresentare il morfo del maschile singolare poeta, programma, sistema, profeta -i può rappresentare il morfo del femminile singolare e plurale tesi, crisi, ipotesi -e può rappresentare il morfo del singolare maschile: cane, seme, verme, dottore, salumiere femminile: chiave, siepe, morte, parte, mente La varietà dei morfi dipende dalla storia dei nomi: ad esempio i nomi terminanti in latino in –us, in terminanoitaliano per lo più in o (fructus > frutto); i nomi che in latino terminavano in –is assumonoinitaliano il morfema –e (canis > cane).

In questo caso si parla di nomi individuali.

I nomi numerabili possono indicare oggetti, persone, animali singoli. uomo, uccello, pecora, bufalo, nave

Riassumiamo la tipologia del nome in una tabella: NOME comuneproprio Distinzione in base al modo di denominare (esclusivo o generico) NOME concretoastratto Distinzione in base alle caratteristiche di ciò che viene denominato NOME di numerabilemassa collettivoindividuale

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI70

Caratteristiche morfologiche del nome

1. NOME 71 I trucchi del mestiere

A volte, invece, per designare l’altro sesso si cambia proprio il lessema. uomo donna maschio femmina papà mamma genero nuora fratello sorella toro mucca In alcuni casi non vi è alcuna differenza tra nomi designanti esseri di sesso diverso. preside giudice nipote specialista pediatra atleta collega (In questi casi è necessaria la presenza dell’articolo o di un aggettivo per rivelare se si sta parlando di un maschio o di una femmina.) volpe gufo corvo tigre pantera

Se il dubbio permane, occorre consultare il dizionario. Il genere Il genere del nome (maschile o femminile) non dipende da altre parole presen ti nella frase, a differenza di quello dell’articolo e dell’aggettivo che assumono quello del nome con cui concordano. Nella lingua italiana spesso si utilizza lo stesso lessema per designare esseri ani mati (persone e animali) di sesso diverso, facendogli assumere i morfi del ma schile o del femminile figlio figlia zio zia oppure aggiungendo dei suffissi. leone leonessa dottore dottoressa pittore pittrice duca duchessa

Per riconoscere il genere e il numero del nome nei casi in cui non sia immedia tamente evidente, basta inserire il nome in un sintagma nominale composto da articolo + nome + aggettivo e osservare i morfi delle altre parti del discorso. Ad esempio: crisi la grande crisi (femminile) bar un bar affollato (maschile) virtù la tua migliore virtù (femminile)

RICONOSCERE IL GENERE E IL NUMERO DEI NOMI

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI72

Un’osservazione importante: tutti i nomi hanno un genere, ma non tutti gli es seri che i nomi indicano hanno un sesso. Solo gli esseri animati possono distin guersi per sesso. Ciò significa che non si deve pensare che il genere dei nomi indicanti oggetti e concetti corrisponda al genere naturale: il tavolo è maschile, ma non è maschio, la luna è femminile, ma non è femmina. Il genere del nome, infatti, è stabilito per convenzione. In alcuni casi addirittura nei nomi indicanti esseri animati non vi è corrispon denza tra genere grammaticale e genere naturale. Osserva: il soprano (nome maschile) indica una cantante donna; la guardia (nome femminile), la sentinella (nome femminile) indicano ruoli solitamente svolti da maschi. Il numero Il morfo del nome indica anche il numero singolare o plurale, a seconda che il parlante voglia nominare uno o più esseri (nel caso del nome collettivo, uno o più Sonoinsiemi).pochi i nomi che hanno solo il singolare o solo il plurale. Sono usati solitamente al singolare: ƒ nomi indicanti oggetti unici: universo, sole, equatore ƒ nomi di malattie: tifo, scarlattina, vaiolo ƒ nomi dei mesi: gennaio, febbraio ƒ alcuni nomi collettivi: gente, prole, fogliame ƒ i nomi di massa: latte, miele, ossigeno, alluminio ƒ molti nomi astratti: coraggio, onore, pazienza. Hanno solo il plurale: ƒ nomi che indicano oggetti composti da più parti uguali: calzoni, forbici, occhiali, manette ƒ nomi che indicano una pluralità, una serie: spezie, stoviglie, viveri… ƒ nomi che già in latino avevano solo la forma plurale: nozze, ferie, annali, ese quie, posteri. Tutti gli altri nomi formano il plurale secondo le seguenti regole. -o I nomi uscenti in –o hanno per lo più il plurale in –i nonno nonni caso casi mano mani topo topi Attenzione! ƒ Alcuni non variano. la foto le foto la radio le radio

(Quando si tratta di animali occorre aggiungere le parole maschio o femmina, se è necessario nel discorso distinguere il sesso.)

Altri hanno forme particolari per il plurale. uomo uomini dio dei ƒ Un gruppo di nomi maschili in –o ha il plurale in –a e cambia genere. il paio le paia l’uovo le uova il miglio le miglia il centinaio le centinaia il riso le risa il ginocchio le ginocchia il dito le dita ƒ Alcuni nomi maschili in –o hanno due forme di plurale, una maschile e una femminile, che manifestano significati diversi della parola. il ciglio i cigli (i margini) le ciglia (degli occhi) il braccio i bracci (della croce) le braccia (del corpo umano) il muro i muri (della casa) le mura (della città) l’osso gli ossi (separatamente presi) le ossa (l’ossatura) membro i membri (i componenti) le membra (del corpo umano) il gesto i gesti (atteggiamenti) le gesta (imprese valorose) lenzuolo i lenzuoli (uno per uno) le lenzuola (la coppia) labbro i labbri (di una ferita) le labbra (del viso) ƒ Quando il morfema –o è preceduto da c e g dure (-co e –go), può trasformarsi al plurale in –chi e -ghi se la parola è piana (cioè se ha l’accento sulla penul tima sillaba). chirùrgo chirurghi bàco bachi taumatùrgo taumaturghi làgo laghi pàrco parchi Ma: amìco amici pòrco porci Se invece la parola è sdrucciola (la sillaba accentata è la terzultima), –co e go al plurale diventano ci e –gi mèdico medici psicòlogo psicologi sociòlogo sociologi cardiòlogo cardiologi

1. NOME 73 ƒ

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI74 Ma: incàrico incarichi òbbligo obblighi E ancora possiamo dire indifferentemente: manici e manichi farmaci e farmachi Mago diventa maghi nel suo significato primario e Magi per riferirsi ai re che por tarono i doni a Gesù Bambino. Si consiglia, in caso di dubbio, di consultare il dizionario. ƒ Se il morfema singolare –o è preceduto da i (-io), al plurale si raddoppia la i se questa è accentata. zìo zii pendìo pendii avvìo avvii Se invece la i non è accentata, è semivocale o segno grafico (cioè non si sente distintamente il suono i quando si pronuncia la parola), non si raddoppia. figlio figli giglio gigli studio studi augurio auguri princìpio princìpi (qui l’accento va messo per non confondersi con prìncipi, il plurale del figlio del re) -a I nomi uscenti in –a al singolare formano il plurale in –e se sono femminili, in –i se sono maschili. donna donne farmacista farmacisti Ma: ala ali arma armi ƒ I nomi uscenti in –ca e in –ga, al plurale escono in –che e –ghe amica amiche targa targhe I nomi uscenti in –cia e –gia, al plurale conservano la i se questa è accentata o, pur non essendo accentata, è preceduta da una sola consonante. farmacìa farmacìe bugìa bugìe camicia camicie valigia valigie

1. NOME 75

Perdono la i atona (= segno grafico) se questa è preceduta da due consonanti. pioggia piogge freccia frecce provincia province pronuncia pronunce -e I nomi, maschili e femminili, uscenti in –e al singolare, al plurale escono in –i. cane cani eroe eroi arte arti azione azioni Ma: bue buoi Alcuni nomi non presentano morfi distinti per il singolare e per il plurale. In questo caso occorre fare attenzione all’articolo che li introduce. la città le città la virtù le virtù il bar i bar lo stop gli stop Per approfondire IL PLURALE DEI NOMI STRANIERI

Nei nostri discorsi utilizziamo spesso termini stranieri che non vengono tradotti: pensa al lessico dell’informatica, dello sport, dello spettacolo… Come comportarsi quando dobbiamo usarli al plurale? I linguisti consigliano di lasciarli invariati, affidando all’articolo il compito di segnalarne il numero. il film i film il computer i computer il manager i manager il quiz i quiz Il morfo del nome indica il genere maschile o femminile e il numero singolare o plurale. Il genere del nome è stabilito per convenzione; il numero del nome dipende dalla quantità di ciò che esso indica. Questioni di lessico LA DELFORMAZIONENOME pagina 115

dell’articolo il cane i cani la volpe le volpi un asino degli asini un’oca delle oche del pane L’articolo non ha alcun valore senza nome, il nucleo del sintagma nominale, con cui l’articolo concorda, assumendone genere e numero. Ma, se il nome ha la funzione di indicare la realtà di cui si vuole parlare, qual è la funzione dell’articolo?

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI76 2.

Osserva: il lupo un lupo la gru una gru Innanzitutto l’articolo ha la funzione di confermare o rivelare il genere e il nu mero del nome: se diciamo lupo, il morfema –o ci informa che si tratta di un nome di genere maschile e di numero singolare e l’articolo che l’accompagna (il o un) conferma le sue caratteristiche morfologiche. Nel caso di gru, non sapremmo dire se si tratta di un nome femminile o maschile, singolare o plurale: è grazie alla presenza dell’articolo che lo scopriamo. In alcuni casi la presenza dell’articolo ci aiuta a capire addirittura il significato del nome. Ogni agire umano ha … fine. Non è chiaro se si tratta di un fine (lo scopo dell’azione) o una fine (il termine dell’azione) finché non ce lo rivela l’articolo. La funzione morfosintattica dell’articolo è quella di confermare o rivelare il genere e il numero del nome.

FunzioneARTICOLOmorfosintattica

Per comprendere quali funzioni svolge nei discorsi l’articolo, occorre conoscerne la tipologia. Vi sono in italiano tre tipi di articolo: determinativo, indeterminativo, partitivo, le cui forme sono presentate nella seguente tabella: Singolare Plurale

2. ARTICOLO 77

IL • I Si usano davanti a nomi maschili che iniziano per consonante. il dado – i dadi

È importante nei discorsi usare la forma corretta degli articoli presentati. Ecco alcune norme da seguire. Determinativo

Partitivo DELLADELLODEL

Determinativo LALOIL LEGLII

LO • GLI Si usano davanti a nomi maschili che iniziano per Z, S impura, GN, PS, I semivocale. lo zaino – gli zaini lo stivale – gli stivali lo gnomo – gli gnomi lo psicologo – gli psicologi lo iato – gli iati

LA • LE Davanti a tutti i nomi femminili. LA si apostrofa davanti a vocale. LE non si apostrofa mai. la sera – le sere l’aurora – le aurore Indeterminativo

UN Davanti a tutti i nomi maschili singolari. un sogno un anno

LO davanti a vocale si apostrofa. GLI solo davanti a parola iniziante con I. l’amico – gli amici l’indiano – gl’Indiani

Indeterminativo UNAUNOUN DELLEDEGLIDEI

UNO Davanti ai nomi maschili singolari che iniziano per Z, S impura, GN, PS, I semivocale. uno zaino uno stivale uno gnomo uno psicologo uno iato Davanti a nomi maschili, un, uno non si apostrofano mai.

Tipologia dell’articolo

DEI Davanti a tutti i nomi maschili plurali che iniziano per consonante. dei sogni DEGLI Davanti a tutti i nomi maschili che iniziano per vocale, Z, S impura, GN, PS, I semivocale. DEGLI può essere apostrofato davanti alla I vocale. degli anni degli zaini degli stivali degli gnomi degli psicologi degli degl’Indianiiati

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI78

UNA • DELLE Davanti a tutti i nomi femminili. UNA si apostrofa davanti a vocale. DELLE non si apostrofa mai. una spada - delle spade un’arma - delle armi Partitivo DEL Davanti ai nomi di massa maschili che iniziano per consonante. del caffè DELLO Davanti ai nomi di massa maschili che iniziano per Z, S impura, GN, PS, I semivocale. dello zucchero DELLA Davanti a nomi di massa femminili. della minestra Funzione dell’articolo nella comunicazione Considera le seguenti espressioni: Il leone è un felino. Un leone non molla facilmente la sua preda. Il gatto del mio vicino è un soriano. Un gatto sta miagolando in cortile. Avrai notato che le frasi della prima riga si riferiscono all’intera classe dei leoni: tutti i leoni sono felini e tutti i leoni non mollano facilmente la loro preda. Il nome leone viene introdotto nella prima frase da un articolo determinativo, nella seconda da un articolo indeterminativo. Invece le altre due frasi parlano di un certo gatto, di un gatto ben individuato nel la realtà, non dell’intera classe dei gatti. E il nome gatto viene introdotto ora da un articolo determinativo, ora da un articolo indeterminativo. L’articolo determinativo e quello indeterminativo possono introdurre nomi che indicano esseri determinati o una classe di esseri. Ma non sempre i due tipi di articolo sono interscambiabili. Osserva: C’era una volta un re Il re aveva due figlie…

2. ARTICOLO 79

L’articolo determinativo ha la funzione di introdurre un nome nel discorso che indica un essere noto sia al mittente sia al destinatario. L’articolo indeterminativo ha la funzione di introdurre un nome nel discorso che indica un essere noto solo al mittente o non individuato. Un compito particolare è, infine, quello svolto dall’articolo partitivo.

Nelle storie i personaggi vengono introdotti per la prima volta dall’articolo inde terminativo, poi, quando ormai sono noti al lettore, li si fa precedere dall’articolo determinativo. Infatti l’articolo determinativo può essere usato solo se il nome che introduce indica un essere noto sia a chi parla o scrive (mittente), sia a chi ascolta o legge (destinatario).

Ad esempio è corretto l’uso del determinativo in frasi come Il sole brilla alto nel cielo. perché il sole è un essere unico e tutti lo conoscono; La bellezza ingentilisce gli animi. perché l’idea di bellezza è universalmente nota; Ci vediamo alla fontana. perché evidentemente mittente e destinatario di questa frase sono soliti trovarsi nei pressi di una fontana nota e non hanno bisogno di dirsi altro per intendersi; Ci vediamo nella piazza che si trova a metà di via Torino. perché il mittente dà subito nel suo discorso le indicazioni per individuare la piazza cui si riferisce. L’articolo indeterminativo, invece, si utilizza in frasi del tipo: Ieri ho incontrato per strada un tipo curioso. In questo caso il mittente introduce un personaggio non noto al destinatario. E ancora: Vuoi una caramella? Il mittente sta proponendo una caramella fra tante: non ha importanza indivi duarla, l’una vale l’altra. Andrò al cinema con un amico. Il mittente sa bene con chi andrà al cinema, ma non intende dirlo al destinatario, pertanto lascia il sintagma un amico nell’indeterminatezza.

Osserva: Aggiungi della farina nell’impasto della pizza.

In questa frase l’articolo partitivo della introduce un nome di massa (farina) indi candone una porzione, infatti della è sostituibile con ‘un po’ di’. Non si potrebbe parlare di una sostanza dalla forma indefinita senza quantificarla. A tal fine si può usare, oltre all’articolo partitivo, anche una misura precisa (un etto di) o una quantità indefinita (molta) o un quantificatore (un cucchiaio di).

Se la funzione dell’articolo partitivo è quella di indicare una quantità indefinita, si capisce perché non ne esiste la forma plurale. L’articolo partitivo ha la funzione di introdurre nel discorso un nome di massa, considerando una parte (un po’ di) della sostanza che indica. I trucchi del mestiere ARTICOLI O PREPOSIZIONI ARTICOLATE?

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI80

Pur avendo la stessa forma delle preposizioni articolate, gli articoli partitivi e gli indeterminativi plurali hanno diverse funzioni. Osserva i sintagmi sottolineati nelle seguenti frasi: Vorrei ancora del riso = un po’ di riso. Del è articolo partitivo. Se lo togliessimo, la struttura della frase non subirebbe danni (Vorrei ancora riso). Del riso è un sintagma nominale. Il prezzo del riso è aumentato. Del è preposizione perché serve a introdurre il nome riso nel discorso e a legarlo a un altro sintagma (il prezzo). Se la togliessimo, la struttura della frase crollerebbe (Il prezzo riso è aumentato). Del riso è un sintagma preposizionale. Dei cani abbaiavano in cortile. Dei in questo caso è il plurale di un (Un cane abbaiava in cortile), quindi è articolo in determinativo plurale. Dei cani è un sintagma nominale. L’abbaiare dei cani in cortile è fastidioso. Dei è preposizione perché serve a introdurre il nome cani nel discorso e a legarlo a un altro sintagma (l’abbaiare). Se la togliessimo, la struttura della frase crollerebbe (L’abbaiare cani in cortile è fa stidioso). Dei cani è un sintagma preposizionale.

2. ARTICOLO 81

L’articolo non ha valore autonomo: esso fa sempre parte di un sintagma nominale. A volte, però, il nome non ha bisogno dell’articolo. Osserva i seguenti esempi: Lucia non mangia mai insalata. Il nome proprio è in grado da solo di individuare un essere, di introdursi in un discorso. Il nome di massa a volte non necessita di essere quantificato (nella frase si parla genericamente di un cibo, non importa considerarne una porzione).

Oggi interroghiamo Cicchetti. I Cicchetti sono una famiglia numerosa. Un Cicchetti ha vinto alla Lotteria. Il cognome a volte non vuole l’articolo, perché viene usato per indicare un essere individuato come il nome proprio. In altri casi, invece, il cognome viene introdotto dall’articolo plurale per indicare i membri della famiglia o i coniugi, oppure dall’articolo indeterminativo singolare per introdurre nel discorso un componente della famiglia di cui il destinatario non conosce ancora l’identità o non è intenzione del mittente che la conosca. Questo microfono non funziona. I sintagmi nominali contenenti aggettivi dimostrativi (questo, codesto, quello) non vogliono l’articolo perché essi hanno la capacità di individuare l’essere di cui si intende parlare (questo assorbe nel suo significato l’articolo, infatti può essere sostituito con “il microfono che è vicino a me”). È importante segnalare che l’articolo determinativo italiano deriva dall’aggettivo dimostrativo latino ille (maschile), illa (femminile), illud (neutro) = quello/a, che ha conservato in alcune forme la prima parte della parola, in altre la seconda: Ille pater > il padre; illa mater > la madre; illum orsum > l’orso.

Pochi italiani conoscono il cinese. I sintagmi nominali contenenti aggettivi indefiniti (pochi, molti, tanti, alcuni, qualche…) generalmente non sono introdotti da un articolo, perché il mittente li utilizza proprio quando intende lasciare nell’indeterminatezza la quantità degli esseri indicati dal nome. Ho comprato pane, marmellata, latte, caffè: per la colazione non manca nulla. Negli elenchi e nelle enumerazioni spesso si omette l’articolo per non appesantire il testo e per renderne più veloce l’ascolto o la lettura.

Per approfondire NON SEMPRE I NOMI HANNO BISOGNO DELL’ARTICOLO

Tali parole, che arricchiscono di informazioni i nomi, sono dette aggettivi (dal latino nomen adjectivum = parola che si aggiunge). Un’altra mamma, anche lei orgogliosa del figlio che si trova in buona posizione, potrebbe rispondere: Quello invece è il mio! SN SV soggetto predicato nominale Puoi notare che questa volta le parole in grassetto non si aggiungono ai nomi, bensì li richiamano alla memoria, li sostituiscono (quello = quel ragazzo; il mio = mio figlio). Tali parole sono dette pronomi (il prefisso pro significa in questo caso “al posto di”). L’aggettivo si aggiunge al nome; il pronome lo sostituisce. Entrambi possono essere usati o per descrivere l’essere denominato o per distinguerlo da altri esseri.

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI82

Osserva la seguente frase pronunciata da una mamma che sta assistendo a una gara di corsa cui partecipa suo figlio: Quel ragazzo veloce è mio figlio! SN SV soggetto predicato nominale Pensa a quante informazioni la mamma riesce a dare grazie alle parole eviden ziate: individua il figlio tra tanti ragazzi (quel), dice una caratteristica del figlio (veloce) e soprattutto vuol far sapere a tutti che quel ragazzo le appartiene (mio).

Se si togliessero tali parole, la frase risulterebbe sì sensata, ma priva di interesse: Il ragazzo è figlio.

Funzione dell’aggettivo e del pronome nella comunicazione

3. AGGETTIVO E PRONOME

3. AGGETTIVO E PRONOME 83

1. Gli aggettivi e i pronomi che hanno quattro diverse uscite per esprimere genere e numero. buono buoni buona buone questo questi questa queste tuo tuoi tua tue

Sia l’aggettivo sia il pronome non hanno morfo indipendente; essi, infatti, assu mono la forma (genere e numero) del nome che accompagnano o sostituiscono. maschile singolare ragazzo questo, bravo, mio maschile plurale ragazzi questi, bravi, miei femminile singolare ragazza questa, brava, mia femminile plurale ragazze queste, brave, mie Dal punto di vista morfologico esistono tre tipi di aggettivi e pronomi.

Caratteristiche morfosintattiche dell’aggettivo e del pronome Caratteristiche morfologiche

2. Quelli che hanno solo due uscite, una per il singolare e una per il plurale. grande grandi quale quali tale tali

3. Gli aggettivi e i pronomi indeclinabili, infine, hanno una sola forma: pur assu mendo il genere e il numero del nome cui si riferiscono, non lo manifestano nel morfo. loro (il loro contributo, la loro responsabilità) ogni (ogni mattina, ogni uomo) due (due caramelle, due biscotti) che (il quale, la quale, i quali, le quali) Aggettivo con funzione attributiva o predicativa Dal punto di vista sintattico l’aggettivo può appartenere a un sintagma nominale o a un sintagma preposizionale. In questo caso si parla di attributo, cioè di agget tivo con funzione attributiva. Hanno abbattuto la grande quercia SV SN Molte ghiande sono cadute dalla quercia. SN SV SP Oppure può svolgere funzione predicativa, cioè può aiutare il verbo a dire qual cosa sul soggetto della frase con cui concorda. In questo caso si considera l’ag gettivo parte del sintagma verbale, in quanto svolge la funzione di predicativo del soggetto.

Il colpevole è lui! SV L’aggettivo e il pronome assumono il genere e il numero del nome che accompagnano o sostituiscono. L’aggettivo può avere valore di attributo (se appartiene a un sintagma nominale o preposizionale) o predicativo (se è retto da un verbo). Il pronome può sostituire un sintagma nominale o preposizionale, oppure far parte di un sintagma verbale.

Tipologia dell’aggettivo e del pronome Alcuni aggettivi hanno forme corrispondenti che possono fungere anche da pro nomi, altri possono essere solo aggettivi. Vi sono poi pronomi che non possono essere usati come aggettivi, come illustrato sinteticamente dalla seguente tabella.

Solo aggettivi Aggettivi e pronomi Solo pronomi qualificativi possessiviesclamativiinterrogativiindefinitinumeralidimostrativi doppirelativipersonali

Quale vuoi? = quale caramella SN oppure un sintagma preposizionale Perché mi dici le bugie? = a me SP o ancora può far parte di un sintagma verbale.

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI84

La quercia è grande. SN SV La quercia è diventata alta. SN SV La quercia cresce storta. SN SV Il pronome come sostituente

Il pronome può sostituire un sintagma nominale

Aggettivi qualificativi La categoria degli aggettivi qualificativi è molto estesa e molte sono le funzioni che essi svolgono in relazione al nome. Osservane alcune, le più frequenti: forte, grande, largo indicano caratteristiche fisiche buono, intelligente, avido indicano caratteristiche morali vecchio, recente, nuovo danno indicazioni di tempo lontano, vicino, esterno danno indicazioni di spazio triangolare, quadrato descrivono la forma ligneo, aureo, metallico indicano il materiale milanese, americano dicono la provenienza L’aggettivo qualificativo esprime le caratteristiche e le qualità dell’essere indicato dal nome con cui concorda. Caratteristiche e qualità non sono tutte dello stesso tipo: ad esempio, alcune si possono possedere in maggiore o minore misura, altre o si posseggono o non si posseggono. Osserva: Mario è simpatico Mario è più simpatico di Luca. Mario è il più simpatico della classe. Mario è simpaticissimo Disegna una figura triangolare. La mamma di Pietro è francese. Ho iscritto mio figlio alla scuola statale. La bomba atomica è devastante. Giovanni è scapolo. Mentre l’aggettivo simpatico è graduabile e permette paragoni, gli aggettivi evi denziati nel secondo gruppo no: una figura non può essere più o meno triangolare, una persona non può essere francesissima o una scuola statalissima, una bomba non può essere la più atomica e Giovanni o si sposa o non si sposa.

3. AGGETTIVO E PRONOME 85

Alcuni aggettivi qualificativi ammettono dunque una dosatura o la possibilità del paragone: in questo caso si parla di grado dell’aggettivo. ƒ Nella forma base l’aggettivo ha grado positivo. Luigi è veloce. ƒ Se si intende istituire un paragone, si usa invece il grado comparativo Luigi è più veloce di Andrea. comparativo di maggioranza Luigi è meno veloce di Andrea. comparativo di minoranza Luigi è veloce come Andrea. comparativo di uguaglianza L’aggettivo permette di istituire un paragone, in questo caso tra due persone, re lativamente a una certa qualità. I due sintagmi messi a confronto vengono chia mati primo e secondo termine di paragone.

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI86

Luigi è più veloce di Andrea. I termine di paragone II termine di paragone ƒ Quando il paragone istituito è fra un essere e tutti gli altri appartenenti a un gruppo, si parla di grado superlativo relativo. Luigi è il più veloce della squadra. superlativo relativo Luigi è il meno veloce della squadra. ƒ A volte, invece, il parlante intende attribuire a un essere una qualità sottolineandone la straordinarietà, senza paragonarlo ad altri esseri. In tal caso si parla di superlativo assoluto. Luigi è velocissimo. superlativo assoluto Luigi è molto veloce. Luigi è straveloce Luigi è veloce veloce Avrai notato che vi sono diverse possibilità per formare il superlativo assoluto: ƒ aggiungendo al lessema dell’aggettivo il suffisso –issim. Con alcuni agget tivi il superlativo si forma con altri suffissi: errim (acre > acerrimo; celebre > celeberrimo; integro > integerrimo; misero > miserrimo; salubre > saluberrimo); entissim (munifico > munificentissimo; benevolo > benevolentissimo); ƒ facendo precedere all’aggettivo un avverbio (molto, alquanto, piuttosto…); ƒ aggiungendo al lessema dell’aggettivo il prefisso stra (o arci , o ultra ); ƒ ripetendo due volte lo stesso aggettivo. Per approfondire FORME SPECIALI DI AGGETTIVI GRADUATI Alcuni aggettivi hanno anche forme speciali per esprimere il grado comparativo e il superlativo. positivo comparativo superlativo buono migliore ottimo cattivo peggiore pessimo grande maggiore massimo piccolo minore minimo alto superiore sommo (supremo) basso inferiore infimo Il loro uso è legato al contesto e al registro del discorso: si dice Abito al piano inferiore, ma dicendo Pietro è inferiore a Luca non si intende che Pietro è più basso, bensì si dà un giudizio morale. Assoluto viene dal latino ab solutus = senza legami. dell’aggettivoDetto significa ‘senza termini confronto’.di Dalla stessa radice, il verbo latino sŏlvere, ‘assolutismo’.‘assoluzione’,‘soluzione’,‘sciogliere’,derivanoitermini

Aggettivi e pronomi numerali

Oltre ai cardinali e agli ordinali, vi è poi un altro tipo di numerali che ha il compito di definire una quantità in rapporto a un’altra quantità (doppio = due volte tan to, triplo = tre volte tanto…). Tali aggettivi numerali vengono detti moltiplicativi.

I numerali cardinali possono fungere da pronomi in espressioni del tipo: Cinque dei miei soldatini sono rovinati. Due tra voi non hanno capito la lezione. Quanti gusti di gelato vuoi? Ne voglio tre, grazie. Ordinali Diversa è la funzione degli aggettivi numerali ordinali: primo, secondo, decimo, centesimo… i quali indicano il posto occupato in una serie dall’essere denominato dal nome che accompagnano. La prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo. È la millesima volta che ti dico di mettere in ordine la tua stanza!

Vorrei una doppia porzione di risotto. Questa medicina ha un duplice effetto. A Bilbo era stata promessa la quattordicesima parte del bottino. I numerali hanno la funzione di dare informazioni sulla quantità o sulla posizione in una serie dell’essere denominato dal nome con cui concordano o che sostituiscono.

3. AGGETTIVO E PRONOME 87

Cardinali I numeri del linguaggio matematico nella lingua naturale sono aggettivi e ven gono scritti in lettere. Essi sono chiamati numerali cardinali e danno indicazioni circa la quantità (reale o simbolica) degli esseri denominati dal nome che accom pagnano. Mi dia due bistecche. Ho acquistato sette quaderni. La neve assume mille forme. Hai sempre cento scuse per non fare i compiti.

Moltiplicativi

Altri invece possono essere o solo aggettivi o solo pronomi. Aggettivo Pronome qualche qualcuno, qualcosa, alcunché, certuni, taluni qualsiasi chicchessia ogni ognuno qualunque unonulla,chiunqueniente(=untipo; esempio: Uno mi ha detto che sta per piovere) Gli indefiniti esprimono una quantità non misurata e un giudizio su di essa.

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI88

Avrai notato che l’aggettivo numerale dieci dice una quantità precisa, ma non permette di giudicarla, mentre gli altri due aggettivi, che chiamiamo indefini ti, non sono numericamente precisi, ma permettono di esprimere il giudizio del parlante su una quantità: pochi = mi aspettavo che venissero più amici; troppi = il numero di amici supera le mie aspettative. Alcuni indefiniti hanno forma identica sia che fungano da aggettivi sia che fun gano da pronomi. Aggettivi/Pronomi molto tanto tutto altro poco alquanto nessuno tale parecchio altrettanto alcuno certo troppo ciascuno

Aggettivi e pronomi indefiniti Se gli aggettivi numerali cardinali hanno il compito di dare indicazioni numeri che precise circa la quantità, vi sono degli aggettivi e dei pronomi che hanno il compito di esprimere un giudizio su di essa. Osserva attentamente:

Aggettivi e pronomi dimostrativi

questa dà un’informazione in più rispetto all’articolo determinativo: la posizione dell’oggetto rispetto al parlante. Se la bicicletta fosse stata lontana dal mittente e dal destinatario si sarebbe detto: Quella bicicletta ha le ruote sgonfie. Se invece la bicicletta fosse stata lontana dal mittente, vicina al destinatario, la frase corretta sarebbe stata: Codesta bicicletta ha le ruote sgonfie. La vicinanza o la lontananza possono essere considerate rispetto allo spazio, come negli esempi precedenti, ma anche in relazione al tempo. Questa estate andremo in vacanza a Honolulu. = la prossima, l’estate più vicina nel tempo Quegli anni sono stati duri. = anni lontani nel tempo, nel passato

3. AGGETTIVO E PRONOME 89

Osserva: La bicicletta ha le ruote sgonfie. Questa bicicletta ha le ruote sgonfie. SN La funzione di individuare un essere nella realtà può essere svolta dall’articolo determinativo o dall’aggettivo dimostrativo. In entrambe le frasi il sintagma no minale ha la capacità di individuare un oggetto preciso, ma qual è la differenza fra le due L’aggettivostrutture?

Gli aggettivi dimostrativi sono tre: questo esprime vicinanza al mittente quello esprime lontananza da mittente e destinatario codesto esprime lontananza dal mittente, vicinanza al destinatario. Questo, quello, codesto possono essere usati anche come pronomi. Altri dimostrativi, invece, possono essere usati solo come pronomi.

Non posso rivolgermi a costui per chiedergli un prestito. Colui il quale vuole arrendersi, alzi la bandiera bianca. Questi è davvero un gentiluomo. Non parlarmi di ciò che hai visto per strada, per favore. Vuoi ancora della pasta? No grazie, non ne (= di questa) voglio più. Uffa, non ci (= di ciò) capisco niente! Lo (= ciò) vuoi capire?

I pronomi dimostrativi sono: questo, codesto, quello riferiti a oggetti, animali e, spesso, anche a persone costui, costei, costoro riferito a persone colui, colei, coloro riferito a persone e usato come antecedente del pronome relativo questi, quegli riferiti a persone di numero singolare, nel registro formale ciò spesso riferito a un’intera frase ne, ci quando significano “di ciò, di questo” lo quando significa “ciò” I dimostrativi hanno la funzione di individuare l’essere denominato dal nome che accompagnano o sostituiscono dando informazioni circa la sua posizione rispetto a mittente e destinatario.

Dimostrativi di identità Oltre ai dimostrativi già elencati, ve ne sono altri: stesso medesimo tale simile altro Osserva le seguenti frasi: Tu dici sempre le stesse cose. = le cose uguali a quelle che hai già detto Hai utilizzato le medesime scarpe per giocare a calcio e per andare alla festa. = quelle che usi per l’una e per l’altra occasione Non accetto tale comportamento. Non accetto un simile comportamento. = un comportamento come questo Vuoi questo o l’altro? = non questo, quello In queste frasi gli aggettivi e i pronomi evidenziati sono sostituibili con espres sioni che contengono un dimostrativo e segnalano la corrispondenza tra due en tità. Per questo vengono chiamati dimostrativi di identità. Gli stessi aggettivi o pronomi possono assumere il valore di indefiniti. Osserva: Un tale per la strada mi ha chiesto se ti conoscevo. = uno, qualcuno, uno qualunque Aggiungi altro zucchero nel caffè. = ancora un po’, ancora una certa quantità L’aggettivo simile può essere inoltre considerato un qualificativo quando istitui sce un paragone fra due elementi. Luca è simile a suo padre. I termine di paragone II termine di paragone

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI90

provare a interpretare le stesse indicazioni, ci troveremmo davvero in grande difficoltà. A noi, infatti, mancano i riferimenti alla situazione necessari a decifrare il significato di alcune parole: qui, questa, quella, lì acquistano un significato chiaro solo se noi ci troviamo nel luogo in cui vengono pronunciate. Infatti il qui di Marco è assolutamente diverso dal qui di ogni altra persona. La stessa difficoltà si presenta anche in questo caso: Adesso vado via: tu mi hai davvero offeso!

Adesso, tu, mi sono tre parole che si riferiscono a realtà evidenti per chi partecipa alla situazione, ma indecifrabili per chi ne è fuori. A quale preciso momento si riferisce l’avverbio adesso? A quali persone reali si riferiscono i pronomi tu e me? Le realtà indicate da tali parole sono identificabili solo da chi partecipa alla situazione comunicativa. Parole come strada o aeroporto hanno lo stesso significato in qualunque situazione e possono indicare un numero infinito di strade e aeroporti. Invece parole come ora, qui, io forniscono una istruzione secondo la quale possiamo identificare un aspetto preciso della situazione in cui siamo. Chiamiamo tali termini deittici (dal greco deiknymi, ‘additare’): essi indicano un referente all’interno di un sistema di coordinate spaziali, temporali, personali il cui centro è rappresentato dal momento e dalle circostanze dell’enunciazione. Ogni parlante, quando compie un atto di enunciazione, diviene il centro di tale sistema. I deittici sono parole che acquistano un preciso significato in rapporto alla particolare situazione comunicativa in cui sono utilizzate.

Hanno valore deittico i nomi propri, i dimostrativi, i personali, i possessivi, gli avverbi di tempo e di luogo e molte altre strutture linguistiche quali i tempi verbali (ad esempio dormirò o dormii indicano un tempo successivo o anteriore al momento in cui sto parlando).

3. AGGETTIVO E PRONOME 91

Non solo i dimostrativi, per significare, impongono che mittente e destinatario facciano direttamente riferimento a una precisa situazione comunicativa. Vediamo altri casi in cui questo avviene. Considera la seguente situazione: Samuele vuole iscriversi alla facoltà di medicina e per accedere al test d’ingresso deve presentare la sua domanda entro le 12.30 dell’ultimo martedì di agosto. Samuele è in uno spaventoso ritardo, ma riesce a tornare dal mare in tempo e a presentarsi allo sportello della segreteria alle 12.00 dell’ultimo martedì del mese. Con suo grande stupore, trova la porta a vetri chiusa con un bigliettino scritto a mano: Torno tra un’ora. Samuele suda freddo: può solo sperare che il biglietto sia stato scritto intorno alle 11.00. Infatti, in mancanza di precise coordinate temporali, tale messaggio risulta indecifrabile. Considera ora quest’altra situazione: Marco è venuto a Milano da Chiavari a prendere il suo amico Pino e chiede informazioni per l’aeroporto: “Scusi, mi sa indicare la strada per l’aeroporto?”

“Certamente! Guardi, da qui è un attimo. Prosegua per questa strada fino a quell’edificio: lì troverà una strada sulla destra. Quella è la strada che porta all’aeroporto”. “Grazie mille!” Marco è soddisfatto: non avrà problemi a interpretare le indicazioni ricevute. Egli infatti, dal punto in cui si trova, riesce a vedere in lontananza l’edificio che gli hanno indicato e ha fiducia che, giunto là, sulla destra troverà la strada che conduce Maall’aeroporto.senoidovessimo

Per approfondire LA DEISSI

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI92

Ti ho chiesto quanti anni hai. Pronomi Che cosa fai domani? Vorrei sapere chi ti ha telefonato. Ti chiedo quale preferisci. Quanti siete in famiglia?

Alcuni interrogativi servono per chiedere un’informazione circa l’identità di una persona o per precisare un oggetto; altri servono per chiedere che sia indicata una quantità. Gli interrogativi invitano il destinatario a colmare un vuoto di informazione. Aggettivi e pronomi esclamativi L’esclamativo introduce frasi che manifestano sorpresa, stupore, meraviglia, di sappunto in reazione a un evento, una situazione, un essere… Essi hanno le stesse forme degli interrogativi. Aggettivi/Pronomi che quale quanto Essi, però, non chiedono che sia colmato un vuoto di informazioni, anzi comuni cano che quanto viene denominato dal nome che accompagnano o che sostitui scono possiede una qualità al sommo grado. Osserva: Che film! In base al tono con cui tale frase è pronunciata può significare: il film è bellis simo, sono proprio contento di averlo visto; oppure: il film non ha alcun valore, sono proprio pentito di averlo visto. Quale onore conoscerti! = ritengo essere per me un onore grandissimo conoscerti

Aggettivi e pronomi interrogativi Gli interrogativi sono: Aggettivi/Pronomi che quale quanto Pronomi chi che cosa Essi hanno il compito di introdurre una domanda (anche in dipendenza da un’al tra frase) e di indirizzarne la risposta. Osserva: Aggettivi Quali libri hai letto questa estate? Puoi dirmi che cibo preferisci? Quanti libri hai letto questa estate?

- Ho letto dieci libri questa estate. - Quanti! Il pronome esclamativo sottolinea che si tratta, per chi ascolta, di una quantità esorbitante. Gli esclamativi introducono una frase, spesso nominale (cioè senza verbo), che comunica la reazione del parlante rispetto a una certa situazione. Aggettivi e pronomi possessivi Gli aggettivi e i pronomi possessivi sono: Maschile singolare Femminile singolare Maschile plurale Femminile plurale suo,tuomio proprio, altrui lorovostronostro sua,tuamia propria, altrui lorovostranostra suoi,tuoimiei propri, altrui lorovostrinostri sue,tuemie proprie, altrui lorovostrenostre

La parola “possessivo” deriva dal verbo possedere: aggettivi e pronomi chiamati con questo nome esprimono infatti una relazione di possesso tra due esseri. la mia penna = la penna che io possiedo il tuo zaino = lo zaino che tu possiedi Ma non sempre si può parlare di possesso vero e proprio. Osserva: i miei occhi = gli occhi che mi appartengono il mio fratellino = colui con cui ho un legame di parentela la mia città = la città in cui sono nato, di cui sono originario Avrai notato che i tipi di legame tra gli esseri denominati sono diversi: apparte nenza, parentela, origine… Ebbene, il possessivo li esprime tutti. Il possessivo indica un legame fra l’essere denominato dal nome che accompagna o sostituisce e un altro essere.

3. AGGETTIVO E PRONOME 93

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI94

I trucchi del mestiere SUO, LORO, PROPRIO E ALTRUI

A volte ci si trova in difficoltà nella scelta tra suo/suoi e loro. In realtà, la regola è semplice: Il nonno racconta le fiabe al suo nipotino. I nonni raccontano le fiabe ai loro nipotini. Il nonno racconta le fiabe ai suoi nipotini. In riferimento a più possessori occorre usare il possessivo LORO. Quando invece si utilizza il possessivo PROPRIO? - Quando la frase ha un protagonista generico o non esplicito. Ciascuno compia il proprio dovere. Bisogna riconoscere i propri difetti. - Quando non è chiaro chi sia il possessore, il possessivo PROPRIO viene usato per riferirsi al soggetto della frase. Gigi accompagnò Pietro a casa sua (= di Pietro). Gigi accompagnò Pietro a casa propria (= di Gigi).

Vi è infine un altro possessivo: ALTRUI, che significa “appartenente a un altro, ad altri”. Osserva: Non desiderate le cose altrui. L’erba altrui è sempre la più verde.

Possono essere sostantivati gli aggettivi qualificativi: i giovani, i vecchi, gli Italiani… aggettivi maschili che identificano una certa categoria di persone grazie all’aggiunta dell’articolo; il bello, il giusto, il vero… nel senso della bellezza, della giustizia, della verità: ciò che è bello, giusto, vero in sé. È frequente la nominalizzazione degli aggettivi numerali moltiplicativi: il doppio, il triplo, un quarto Luca mangia il triplo di te. Questo pomeriggio ho studiato il doppio del solito. Ho lasciato nel piatto un terzo di pizza. Sono entrati ormai nell’uso i seguenti aggettivi possessivi sostantivati: I miei sono partiti. = i miei genitori Viveva del proprio. = del proprio patrimonio Erano tutti dalla sua. = dalla sua parte Non stare sulle tue. = da solo, in disparte Ne ha combinata una delle sue. = delle sue malefatte Pronomi personali Ogni atto comunicativo coinvolge almeno due persone: il mittente e il destina tario, un ‘io’ che parla o scrive e un ‘tu’ che ascolta o legge. E il mittente parla sempre di qualcosa o di qualcuno, potremmo dire di un ‘egli’, considerando ‘egli’ tutto ciò che non è né ‘io’ né ‘tu’.

3. AGGETTIVO E PRONOME 95

Per GLI AGGETTIVI SOSTANTIVATI

approfondire

È possibile nominalizzare molti aggettivi facendoli precedere dall’articolo. In questi casi si parla di aggettivi sostantivati e li si considera paritetici ai nomi per le caratteristiche e le funzioni che vanno a svolgere nelle frasi.

Io, tu, egli sono i tre principali pronomi personali, parole utilissime nella comuni cazione, perché permettono di sostituire nel testo il nome del mittente, del desti natario e di ciò a cui il discorso si riferisce. Tutti gli altri pronomi personali si possono ricondurre a questi tre. EGLI IO TU

NOI IO + TU IO + TU + TU… (IO + VOI) IO + EGLI IO + EGLI + EGLI… (IO + ESSI)

II persona plurale VOI VOI VI (voi, a voi)

I pronomi personali complemento sono suddivisi nella tabella in due colonne: la prima presenta le forme accentate (toniche), la seconda le forme non accentate (atone). Prova infatti a leggere le seguenti frasi a voce alta: Per rappresentare la mia classe alla gara di nuoto hanno scelto me

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI96

I persona plurale NOI NOI CI (noi, a noi)

II persona singolare TU TE TI (te, a te)

In base alla loro funzione sintattica, i pronomi personali si declinano in diverse forme: se sostituiscono il soggetto avranno una forma, se sostituiscono sintagmi nominali o preposizionali che svolgono altre funzioni logiche nella frase (complementi) assumeranno forme differenti, come illustrato nella seguente tabella: soggettopronomi pronomi complemento forme toniche forme atone

III persona singolare maschile EGLI LUI LO (lui) ESSO GLI (a lui) LUI femminile ELLA LEI LA (lei) ESSA LE (a lei) LEI femminilemaschile/ SÉ SI (sé, a sé) NE (di lui, di lei)

III persona plurale maschile ESSI SÉ SI (sé, a sé) femminile ESSE SÉ SI (sé, a sé) femminilemaschile/ LORO LORO LI/LE (loro) NE (di loro)

Mi hanno scelto per rappresentare la mia classe alla gara di nuoto. Avrai notato che me, anche se l’accento non è segnato, è una parola accentata, mentre mi, per quanto riguarda l’accento, si appoggia su hanno (mihànno). Le pa role che si appoggiano su altre parole per essere pronunciate sono dette clitiche (dal greco clinein = appoggiarsi): enclitiche se si legano alla parola che precede (sappilo, aiutiamolo), proclitiche se si appoggiano alla parola che segue (lo so, gli dico, vi vedo). Ti proponiamo ora qualche riflessione sui pronomi personali, considerandone alcuni in modo particolare.

ESSIVOI TU + TU… TU + EGLI TU + EGLI + EGLI… (TU + ESSI) EGLI + EGLI…

I persona singolare IO ME MI (me, a me)

3. AGGETTIVO E PRONOME 97

IO · TU In italiano non è sempre necessario esplicitarli nelle frasi, infatti i pronomi per sonali soggetto sono impliciti nel morfo del verbo di modo finito. dormo = io dormo sai = tu sai In alcuni casi, però, esplicitarli risponde a un certo bisogno comunicativo. Osserva: Io solo combatterò! Io amo il mare, tu preferisci andare in montagna. In questi casi, il pronome viene esplicitato per mettere in risalto un soggetto o per metterlo in opposizione ad altri. - Pronto, chi parla? - Io, mamma, non riconosci la mia voce? Il pronome personale soggetto deve essere esplicitato nelle risposte LUI · LEI · LORO Attualmente questi pronomi, in origine solo pronomi complemento, sono usati come soggetto al posto di egli, ella, essi, esse. In alcuni casi è obbligatorio usarli: nelle esclamazioni: Beato lui! nelle risposte: “Chi ha parlato?” “Lei!” nelle espressioni enfatiche, per mettere in risalto il soggetto: Sono stati loro! MI · TI · CI · VI · SI Possono corrispondere a un sintagma nominale (me, te, noi, voi, sé) o preposizio nale (a me, a te, a noi, a voi, a sé): Non mi guardare così! = me (SN) Ti piace sciare? = a te (SP) Vi conosco bene. = voi (SN) Ci date ancora un po’ di tempo? = a noi (SP) Egli si lava. = sé (SN) Egli si lava le mani. = a sé (SP) Nell’analisi morfosintattica vanno sempre trasformati in forma esplicita. GLI · LE Gli si riferisce a un nome maschile, le a un nome femminile. Io gli parlo = Io parlo a lui Io le parlo = Io parlo a lei Si sta diffondendo l’uso del pronome gli riferito anche a nomi plurali: Ho visto i nonni e gli ho detto che mi hanno promosso = ho detto a loro

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI98

Per delladell’Accademianellinguistica”“ConsulenzalapuoiequestoapprofondiretemaaltrisimiliconsultaresezionesitoCrusca.

LI · LORO Li corrisponde sempre a un sintagma nominale (= loro), quindi non può sostituire un sintagma preposizionale. In tal caso, occorre usare loro. Io li vedo = Io vedo loro SN Ma non: Io li parlo. bensì: Io parlo loro oppure Io parlo a loro. SÉ · SI Hanno sempre valore riflessivo, ovverosia si possono usare solo in riferimento al soggetto della frase. Anna pensa solo a sé. La zia si è ricamata una camicetta di seta. Ma: Maria sta pensando a lui. (Non a sé, se pensa a un altro) I trucchi del mestiere SE STESSO O SÉ STESSO? Nei testi si trovano entrambe le forme, ma qual è quella più corretta?

Alcuni linguisti sostengono che si debba scrivere il pronome sé con l’accento per non confonderlo con la congiunzione se, ma quando è seguito dal rafforzativo stesso, non può confondersi, dunque in questo caso non ha bisogno dell’accento. Altri considerano, invece, opportuno indicare sempre l’accento del pronome toni co riflessivo, scrivendo pertanto sé stesso, sé stessa, sé stessi, sia perché potrebbe, al plurale, confondersi con la forma se stessi e se stesse (congiunzione + stare al con giuntivo: Se stessi fermo un attimo, potrei medicarti; Se stesse più attento, Luca capirebbe meglio), sia per non introdurre inutili eccezioni. Consapevoli che non si può parlare, dunque, di errore né in un caso né nell’altro, nella nostra grammatica abbiamo scel to di mantenere sempre sé accentato quando è pronome, perché le ragioni addotte dai linguisti del secondo gruppo ci paiono più convincenti. NE · CI Ne ha diversi valori. È pronome personale quando significa di lui, di lei, di esso, di loro “Ti ricordi il nonno?” “Sì, ne (= di lui) ho un bellissimo ricordo”. Paola è una ragazza simpatica, ne (= di lei) parlano tutti molto bene. Questo gelato è davvero squisito: ne (= di esso) vuoi un po’? Non conosco i tuoi amici: parlamene (= di loro).

Pare che Luca abbia combinato un grosso guaio, ma io non ne (= di ciò) so nulla. È avverbio quando indica l’allontanamento da un luogo. Me ne (= da qui) vado in tutta fretta. Analoga la pluralità di valori di ci. È pronome personale quando significa noi o a noi. Ma può essere pronome dimostrativo e significare di ciò.

3. AGGETTIVO E PRONOME 99

Le forme clitiche dei pronomi personali complemento si possono combinare fra loro con qualche modifica: mi + lo, la, li, le = me lo, me la, me li, me le la i di mi diventa e ti + lo, la, li, le = te lo, te la, te li, te le la i di ti diventa e gli + lo, la, li, le = glielo, gliela, glieli, gliele i due pronomi si uniscono in una sola parola con l’aggiunta di una e

Uffa, non ci (= di ciò) capisco niente! O avverbio se significa qui o lì, là.

Bello questo paesino: ci (= qui) verrò in vacanza! Mi piace la campagna: ci (= lì) vado spesso. In alcuni casi, ci fa parte del verbo e non va considerato, dunque, come pronome. Cosa c’entra quello che hai detto con l’argomento della lezione? Verbo: entrarci. Non c’era più niente da fare. Verbo: esserci. Lo stesso vale per mi, ti, vi, si: alcuni verbi sono costruiti in tutte le loro forme con tali particelle: arrabbiarsi (io mi arrabbio, tu ti arrabbi…), pentirsi (egli si pente, noi ci pentiamo), vergognarsi (voi vi vergognate, essi si vergognano). In questi casi mi, ti, ci, si, vi non vanno considerati pronomi ma parti integranti del verbo (particelle). ME LO · TE LO · GLIELO

Nell’analisi morfosintattica è necessario esplicitarli. Ieri ti ho prestato una penna. Me la restituisci? Tu restituisci a me essa. SN SV SP SN

È pronome dimostrativo quando significa di ciò.

I pronomi personali sostituiscono sintagmi nominali o preposizionali indicanti esseri coinvolti nella situazione comunicativa. Pronomi relativi Il pronome relativo ha una duplice funzione: sostituire un nome e mettere in re lazione due frasi. Osserva:  Prima frase  Seconda frase Ieri ho conosciuto un ragazzo il quale gioca in una squadra di baseball. il quale = un ragazzo Il vigile che ho interpellato mi ha dato l’informazione richiesta. che = il vigile Ho letto il libro di cui mi avevi parlato. cui = il libro Le frasi non sono unite tra loro da congiunzioni, ma grazie al pronome relativo che richiama un elemento della prima frase (antecedente) nella seconda. I pronomi relativi sono che, il quale, cui. CHE Può sostituire solo un sintagma nominale La bicicletta che (= la bicicletta) mi hanno regalato è una mountain bike. Hanno inventato uno strumento che (= lo strumento) fa il nodo alle cravatte.

Ella vorrà sicuramente prendere in considerazione la mia richiesta. Si utilizza loro quando ci si rivolge a più persone di riguardo. Lor signori si possono accomodare.

Questioni di lessico LE FORMULE DI CORTESIA pagina 119

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI100

IL QUALE Può sostituire un sintagma nominale o essere introdotto da una preposizione. Ho incontrato degli scalatori i quali (= gli scalatori) erano di ritorno dal Cervino. La materia nella quale (= nella materia) vado meglio è matematica.

LEI Quando ci si rivolge a una persona cui si deve rispetto o con cui non si è in confidenza, occorre “dare del lei”, cioè parlare in terza persona. Scusi, (lei) potrebbe gentilmente dirmi che ore sono? Nei testi scritti, quando ci si rivolge a persona di particolare importanza, si uti lizza la forma più ricercata ella.

Nei testi non formali e nelle conversazioni si sta affermando la tendenza a sostituire il pronome relativo in cui con l’avverbio dove. Lo zaino in cui ho messo i libri. > Lo zaino dove ho messo i libri. Ho trovato questa frase in un testo in cui si parla di caccia. > Ho trovato questa frase in un testo dove si parla di caccia. Per l’articolopuoiquestaapprofondiretematicaconsultare La deriva di in cui: verso dove? nella delladell’Accademiadellinguistica”“ConsulenzasezionesitoCrusca.Se nel primo esempio dove si riferisce a un luogo reale, nel secondo indica un luogo figurato. Dunque dove si estende anche a coprire il riferimento a luoghi metaforici. Non sempre, però, tale sostituzione è accettabile. È da preferire il pronome relativo quando l’antecedente è un nome come punto, situazione, caso, momento…

Leggendo sono arrivato al punto in cui Jim arriva all’isola del tesoro. Ci sono situazioni in cui è meglio pensare bene a quello che si deve fare. Nel caso in cui vi troviate in difficoltà, non esitate a telefonarci. Arriverà un momento in cui non potrai più scappare. Assolutamente da evitare espressioni del tipo dove dentro (al cui interno), nel mentre dove (nel momento in cui), dove davanti (davanti a cui)…

Poiché è l’unico pronome relativo a manifestare nel suo morfema genere e nu mero (il quale, la quale, i quali, le quali), è indispensabile utilizzarlo quando po trebbe generarsi un equivoco sull’antecedente. Ad esempio: Ho informato della situazione il padre di Maria, di cui certo ti rammenterai. Di cui si riferisce all’antecedente più vicino: Maria. Se invece ci si vuole riferire al padre, si dirà: Ho informato della situazione il padre di Maria, del quale certo ti rammenterai. CUI Può essere usato da solo con il significato di al, alla, ai, alle quale/i. L’amico cui (= al quale, all’amico) mi sono rivolto mi ha dato un grande aiuto. Può presentarsi all’interno di un altro sintagma e significare del, della, dei, delle quale/i. Ho letto un libro, il cui finale (= il finale / del quale, del libro) mi ha deluso. Il mare, nelle cui acque (= nelle acque / del quale, del mare) vivono molti pesci, non è inquinato. Il pronome relativo ha la funzione di sostituire un nome e di mettere in relazione due frasi. Per approfondire DOVE AL POSTO DEL PRONOME RELATIVO

3. AGGETTIVO E PRONOME 101

Pronomi doppi Osserva le seguenti frasi: Stimo chi lavora. Stimo colui il quale lavora. Non fidarti di chi ti fa troppi complimenti. Non fidarti di colui il quale ti fa troppi complimenti.

Le frasi in corsivo contengono un pronome che esplicitato si sdoppia in due pro nomi: dimostrativo e relativo. Per questo motivo tali pronomi vengono chiamati ‘doppi’ e sono: chi, chiunque, quanto, quanti.

Tali pronomi, detti doppi, dal dimostrativo ereditano la capacità di istituire un riferimento, di riferirsi cioè a un aspetto della realtà coinvolgendolo nella co municazione; dal relativo viene loro il compito di mettere in relazione due frasi, contenenti ciascuna un pronome. Addirittura in qualche caso tali pronomi assumono anche la funzione dell’indefi nito (ad esempio: chiunque = tutti quelli che). Per poter fare l’analisi morfosintattica e logica è essenziale riconoscere tali pro nomi come doppi ed esplicitarli.

Chiunque mi chieda aiuto lo riceverà.

Riceveranno aiuto tutti quelli i quali lo richiederanno. Non capisco quanti pensano di potersela cavare sempre da soli. Non capisco coloro i quali pensano di potersela cavare sempre da soli.

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI102

Chi dorme non piglia pesci. Colui / non piglia / pesci // il quale / dorme. SN SV SN SN SV Colui non piglia soggetto predicato verbale pesci Il quale dorme soggetto predicato verbale

Approvo quanto avete deciso in mia assenza. Approvo tutto quello che avete deciso in mia assenza

Per comporre una frase occorre un sintagma nominale con funzione di soggetto + un sintagma verbale con funzione di predicato verbale o nominale. Per esprimere concetti più circostanziati e complessi occorrono, però, frasi più articolate. Sia il sintagma nominale che quello verbale, infatti, reggono spesso altri sintag mi, i quali hanno la funzione di completarne il significato. Osserva: Pietro scrive. SN SV soggetto predicato verbale Pietro scrive una lettera. SN SV SN soggetto predicato verbale Pietro ha ricevuto una lettera di congratulazioni SN SV SN SP soggetto predicato verbale Sono di seguito trattate le funzioni del sintagma nominale quando non è sog getto. Più avanti saranno invece presentate le molteplici funzioni del sintagma preposizionale. Apposizione Osserva le seguenti frasi: Sherlock Holmes non fallisce mai. SN SV soggetto predicato verbale Sherlock Holmes, abile investigatore, non fallisce mai. SN SN SV soggetto predicato verbale Il sintagma nominale abile investigatore aggiunge un’informazione al soggetto Sherlock Holmes, dice cioè la sua professione e la sua bravura nell’esercitarla. Chiamiamo tale funzione del sintagma nominale apposizione: un nome viene posto in dipendenza di un altro nome per meglio determinarlo. abile investigatore Sherlock Holmes non fallisce mai SN SN SV apposizione soggetto predicato verbale In tal senso la funzione dell’apposizione è simile a quella dell’attributo, svolta dall’aggettivo. Tanto è vero che è possibile considerare l’apposizione facente parte del sintagma nominale soggetto quando precede il nome da cui dipende.

4. F UNZIONI DEL SINTAGMA NOMINALE (QUANDO NON È SOGGETTO) 103

4. FUNZIONI DEL SINTAGMA NOMINALE (QUANDO NON È SOGGETTO)

Il fiume Po è molto lungo. SN SV soggetto con apposizione predicato Nella nostra lingua è talvolta necessario introdurre la preposizione di dopo l’ap posizione: la città di Roma, il lago di Garda, il fiore del giglio, il mese di maggio.

Tali espressioni costituiscono un unico sintagma. L’apposizione è un sintagma nominale dipendente da un nome. La sua funzione è quella di aggiungere informazioni sul nome da cui dipende. Predicativo del soggetto Si è detto che l’aggettivo e il sintagma nominale hanno il compito di predicare quando dipendono da un verbo copulativo. In tali casi la loro funzione logica è quella di predicativo del soggetto. Maria è bella. Pietro diventerà un ingegnere. SN copulaSV + predicativo del soggetto soggetto predicato nominale

Il signor Rossi sta arrivando.

Anche i verbi di natura predicativa in certi contesti possono reggere un predica tivo del soggetto. Osserva: Per lo spavento Francesco rimase immobile. Nonostante i miei tentativi di soluzione la situazione resta grave. Mio fratello non sta mai zitto. Rimanere, restare, stare, chiamati verbi effettivi, sono verbi che indicano uno sta to. Di per sé hanno un significato specifico e li consideriamo predicativi, ma pos sono costruire frasi, per analogia con i verbi copulativi essere, diventare, divenire, in cui predicano insieme all’aggettivo o al sintagma nominale che li segue. In altre frasi, invece, prevale il loro potere predicativo e non hanno bisogno di ag gettivi o nomi concordanti con il soggetto per predicare su di esso. Confronta ad esempio la seguente coppia di frasi costruite con il verbo restare:

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI104

L’onesto Piero non imbroglia mai. SN SV soggetto con attributo predicato L’alunno Carlo risponde sempre.

Luca resterà deluso. Luca resterà deluso SN copulaSV + predicativo del soggetto soggetto predicato nominale Matteo resterà in casa. Matteo resterà SN SV soggetto predicato verbale in casa SP Osserva queste altre frasi: Andrea e Marco sono stati soprannominati “pappa e ciccia” Angelo è considerato un furbacchione. Ottaviano è stato proclamato imperatore. Anche con i verbi appellativi (essere detto; essere chiamato; essere soprannominato; essere nominato) estimativi (essere giudicato; essere reputato; essere considerato) elettivi (essere eletto; essere proclamato; essere designato) usati in forma passiva (cioè quando il soggetto subisce l’azione espressa dal pre dicato), si può avere il predicativo del soggetto, in quanto l’aggettivo o il sintag ma nominale che reggono concorda con il soggetto e aiuta il verbo a predicare sul soggetto. Quando sono usati in forma attiva, tali verbi possono invece far preva lere la loro natura predicativa. Confronta ad esempio la seguente coppia di frasi costruite con il verbo giudicare: Luca è stato giudicato colpevole. Luca è stato giudicato colpevole SN copulaSV + predicativo del soggetto soggetto predicato nominale Il tribunale giudica gli imputati. Il tribunale giudica SN SV soggetto predicato verbale gli imputati SN Il sintagma con funzione di predicativo del soggetto è una struttura diffusissima nella lingua italiana, esso infatti può presentarsi con qualsiasi altro verbo di na tura predicativa che regga un aggettivo concordante con il soggetto a cui si affida il compito di predicare. Osserva:

4. F UNZIONI DEL SINTAGMA NOMINALE (QUANDO NON È SOGGETTO) 105

La neve è lieve nella sua discesa. I soldati sono compatti nella loro marcia. Il bambino è beato nel suo sonno. Ti sarai accorto che il compito di predicare è affidato all’aggettivo, anche se i verbi sono di natura predicativa (scendere, marciare, dormire hanno un significato specifico: ci fanno immaginare una scena anche quando li consideriamo decon testualizzati da una frase). Anche in questo caso si parla dunque di predicativo del soggetto. Un aggettivo o un sintagma nominale svolgono la funzione di predicativo del soggetto quando concordano con il soggetto e predicano insieme al verbo da cui sono retti. Attenzione! Il predicativo del soggetto può essere espresso anche da un sintagma preposizionale. Sono stato mandato in Nigeria come ambasciatore Il professor Beltrami è stato invitato al convegno in qualità di esperto.

La neve scende lieve. I soldati marciavano compatti. Il bambino dormiva beato. Prova a trasformare queste frasi per spiegare bene cosa significano:

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI106

I trucchi del mestiere PREDICATIVO O…?

Per lo spavento Francesco rimase immobile. Per lo spavento Francesco era immobile. Nonostante i miei tentativi di soluzione la situazione resta grave. Nonostante i miei tentativi di soluzione la situazione è grave. Mio fratello non sta mai zitto. Mio fratello non è mai zitto. Angelo è considerato un furbacchione. Angelo è un furbacchione.

4. F UNZIONI DEL SINTAGMA NOMINALE (QUANDO NON È SOGGETTO) 107

La neve scende lieve. La neve è lieve. I soldati marciavano compatti I soldati sono compatti Il bambino dormiva beato. Il bambino è beato. Ovviamente il significato cambia, ma la struttura della frase rimane corretta. Prova ora a sostituire con il verbo essere i verbi delle seguenti frasi, aventi valore predicativo: Il tribunale giudica gli imputati. Il tribunale è gli imputati. I soldati marciavano da tre giorni. I soldati erano da tre giorni. Il bambino dormiva da due ore. Il bambino era da due ore. In queste frasi non c’è predicativo del soggetto: è il verbo che da solo costituisce un sintagma verbale ed è in grado di predicare, di dire qualcosa di nuovo sul soggetto.

Ottaviano è stato proclamato imperatore. Ottaviano è imperatore.

Vi è una semplice prova per verificare se un aggettivo o un sintagma nominale di pendenti da un verbo svolgono la funzione di predicativo del soggetto: sostituire il verbo che li regge con il verbo essere. Ecco cosa accade con le frasi degli esempi precedenti, relative a verbi non sempre copulativi.

Tali verbi vengono detti transitivi. Il vigile dirige il traffico. Il vigile dirige SN SV soggetto predicato verbale il traffico complementoSN oggetto Tutti gli altri, invece, vengono chiamati intransitivi. Essi possono costruire frasi o con la sola presenza di un soggetto: Marco cammina. Il cane ringhia. SN SV soggetto predicato verbale oppure reggendo sintagmi preposizionali: Oggetto deriva dal participio passato del verbo latino obĭcere = lanciare (iăcere) contro (ob). Nel tempo ha assunto il significato di ‘tutto ciò che il percepiscesoggettocomediversodasé’. Nella definizione di oggettocomplementoconvivono i due significati di ciò che si oppone al soggetto e ciò su cui il anch’essotermineazione,dirigesoggettolasuacomenelobiettivo,derivatoda obĭcere: pensa all’obiettivo come scopomilitaredell’azioneoluogocontrocuisidirigel’attaccoeall’aggettivo‘obiettivo’, che significa noncioèsoggettivo,aderenteaifatti.

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI108

Complemento oggetto

Consideriamo ora solo i verbi predicativi. Alcuni di essi, per il significato che hanno, impongono che nella frase, oltre al sintagma nominale con funzione di soggetto, compaia un altro sintagma nominale. Eccone alcuni: PRENDERE SN SN qualcuno prende qualcosa Piero ha preso un pesce GUARDARE SN SN qualcuno guarda qualcosa Anna guardava un film DIRE SN SN qualcuno dice qualcosa Mia cugina ha detto una bugia Il secondo sintagma nominale retto dai verbi elencati esprime l’oggetto su cui si dirige l’azione espressa dal predicato: solo i verbi che hanno in sé il significato di un agire da parte di un soggetto su qualcosa che riceve la sua azione possono reggere un secondo sintagma nominale avente funzione di complemento oggetto.

4. F UNZIONI DEL SINTAGMA NOMINALE (QUANDO NON È SOGGETTO) 109

Lo stesso verbo può avere uso transitivo o intransitivo a seconda del contesto in cui è inserito e del significato che esprime. Luca mangia con avidità. (mangia = in generale compie l’azione del mangiare) Luca mangia il gelato. (mangia = adesso sta compiendo un’azione su un certo oggetto)

Paragona queste due immagini descritte dalle frasi:

Elena prende un ananas. Elena sembra un ananas. Nel primo caso il verbo prendere, predicativo e transitivo, viene usato per rappresentare a parole una scena in cui compaiono due elementi: una persona che compie una certa azione su un oggetto. Tali elementi sono espressi da due sintagmi nominali, uno con funzione di soggetto, l’altro di complemento oggetto. Il verbo copulativo sembrare viene utilizzato per descrivere una scena in cui non

ƒ Un verbo copulativo non può mai essere transitivo, perché non esprime un’a zione su un oggetto, ma uno stato in cui si trova il soggetto.

ƒ

Luca entra in casa. Luca entra SN SV soggetto predicato verbale in casa SP Ho parlato con mio cugino di calcio. Io ho parlato . SN SV soggetto predicato verbale con mio cugino di calcio SP SP Attenzione!

vi è alcuna azione: si dice che il soggetto ricorda un frutto (in questo caso è la sua capigliatura che ricorda il ciuffo dell’ananas). Il secondo sintagma nominale non indica un oggetto della scena, bensì predica una caratteristica del soggetto: svolge la funzione di complemento predicativo del soggetto. Il sintagma nominale ha funzione di complemento oggetto quando esprime la persona o la cosa che riceve l’azione espressa da un verbo transitivo. Complemento predicativo dell’oggetto

Ciò accade soprattutto con i verbi appellativi (dire; chiamare; soprannominare; nominare; denominare) estimativi (giudicare; reputare; considerare) elettivi (eleggere; proclamare; designare) in forma attiva (cioè quando è il soggetto a compiere l’azione). Nell’analisi puoi evidenziare graficamente il doppio legame esistente tra complemento predicativo dell’oggetto e complemento oggetto e tra complemento predicativo dell’oggetto e predicato: Tutti considerano SN SV soggetto predicato verbale Angelo un furbacchione SN SN c. oggetto c. predicativo dell’oggetto

Si è visto come spesso il SN predichi qualcosa a proposito del soggetto. Analogamente, a volte il SN aiuta il verbo a predicare qualcosa sul complemento oggetto. Osserva: I compagni hanno soprannominato Andrea e Marco “pappa e ciccia”

Tutti considerano Angelo un furbacchione. La giuria ha eletto Marta “reginetta del ballo”. Come avrai notato, i sintagmi nominali evidenziati non si riferiscono al soggetto, bensì aiutano il verbo a predicare qualcosa a proposito del complemento oggetto. Essi svolgono la funzione di complemento predicativo dell’oggetto.

Un aggettivo o un sintagma nominale svolgono la funzione di complemento predicativo dell’oggetto quando, retti da un predicato, esprimono qualcosa a proposito del complemento oggetto. Attenzione! Il complemento predicativo dell’oggetto può essere espresso da un sintagma preposizionale:

UNITÀ 4 IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI110

Questioni di lessico LO STILE NOMINALE pagina 121

Abbiamo invitato alla conferenza in qualità di esperto il prof. Kappa. Noi abbiamo invitato SN SV soggetto predicato verbale il prof. Kappa in qualità di esperto alla conferenza SN SP SP c. oggetto c. predicativo dell’oggetto

Complemento di vocazione

Osserva le seguenti frasi: Ragazzi, tacete! Mamma, ho fame! Carissimo amico, non ti preoccupare! Il sintagma nominale evidenziato, pur essendo in prima battuta nella frase, non ha la funzione di soggetto. Proviamo infatti a esplicitare il soggetto implicito nel morfema del verbo. Ragazzi, VOI tacete! Mamma, IO ho fame! Carissimo amico, TU non ti preoccupare! In questo caso il sintagma nominale svolge la funzione di attirare l’attenzione del destinatario della comunicazione. Non ha legami con il resto della frase, non dipende né dal soggetto, né dal predicato. Tale funzione del sintagma nominale viene detta complemento di vocazione. A volte il complemento di vocazione è preceduto da un’esclamazione. O Luca, che ti è successo? complementoSN di vocazione Ahi figliola, come ti sei conciata? complementoSN di vocazione

4. F UNZIONI DEL SINTAGMA NOMINALE (QUANDO NON È SOGGETTO) 111

Se si trova all’inizio del discorso, nel testo scritto è preceduto dalla virgola; se invece è collocato all’interno del testo, è preceduto e seguito da virgole. Se non lavori con più costanza, Ugo, non potrai migliorare il tuo profitto. complementoSN di vocazione Il complemento di vocazione è un sintagma nominale che ha il compito di attirare l’attenzione del destinatario della comunicazione e non ha legami sintattici con il resto della frase. Il termine vocazione significa ‘chiamata’ e viene dal latino vocare= voltaDerivatochiamare.asuada vōcem = suono, parola; da questo termine ne vengono molti altri, tra cui vocabolo = parola con cui le cose sono chiamate; convocare = chiamare insieme; evocare = chiamar fuori; invocare = intensamente…chiamare

Il fruttivendolo pesa le patate. Il fruttivendolo pesa cento chili La struttura è identica: SN + SV + SN, ma la funzione del secondo SN è differente: nella prima frase, il secondo sintagma nominale ha funzione di complemento oggetto: il fruttivendolo sta compiendo un’azione che si dirige sulle patate. Nella seconda, invece, il fruttivendolo non sta facendo alcuna azione: cento chili è un’indicazione di peso, la misura del suo peso. Nella scena rappresentata dalla prima frase ci saranno due elementi, uno solo (corpulento!) nella seconda. Il sintagma nominale può dunque svolgere anche la funzione di complemento di misura, indicando pesi, altezze, lunghezze, età, prezzi, come nei seguenti esempi:

Complemento di misura Considera le due immagini descritte dalle frasi:

Questa notte non ho dormito bene. Le zanzare mi hanno infastidito tutto il giorno A volte il SN ha la funzione di fornire indicazioni relative al tempo in cui avviene quanto predicato nella frase. In questi casi esso svolge la funzione di complemento di tempo (vedi pp. 177 178).

Fiumicino dista da Roma pochi chilometri. Via Torino è lunga ottocento metri. Mio fratello ha quindici anni. La mia maglietta costa venticinque euro. complementoSN di misura Attenzione! A volte il complemento di misura è espresso da un sintagma prepo sizionale. Osserva: Ho vinto un buono da cento euro. Un ragazzo di diciott’anni dovrebbe essere più responsabile! Complemento di tempo Osserva le seguenti frasi:

112 UNITÀ 4 QUESTIONI DI LESSICO

113QUESTIONI DI LESSICO

Etimologia è una parola che discende dalla lingua gre ca (etimos = origine) e significa “ricerca dell’origine delle parole”. Conoscere la propria lingua significa non solo sapere come funziona attualmente, ma an che da dove provengono le parole del suo lessico, se il loro significato è rimasto inalterato nel tempo (figlio da filius latino); o se hanno cambiato significato nel corso del tempo (la penna d’oca è stata sostituita dalla penna biro, che oggi chiamiamo semplicemente biro, dal nome dell’inventore László Bíró); e ancora se qualche parola sia scomparsa perché non più necessaria a designare la realtà (lampionaio non esiste più, in quanto non c’è più un uomo che accende i lampioni delle strade).

ƒ Hai imparato alcuni suffissi utili a formare nomi di mestiere (fornaio, bancario, barbiere…) Tutti que sti discendono dal suffisso latino -arius (fornarius, vitrarius…) In Toscana è diventato -aio, in Francia (il latino si parlava anche in Gallia, l’odierna Francia) è diventato -ier; dalla Francia è ritornato in Italia -iere: chevalier = cavaliere. ƒ Interessante è l’origine della parola moneta. Viene dal verbo moneo che significa “ammonire”, “mettere in guardia”. Che rapporto c’è fra ammonire e una pa rola che significa denaro?

ALLAETIMOLOGIA:SCOPERTA DELL’ORIGINE DELLE PAROLE

ƒ Abbiamo parlato, all’inizio di questa unità, di nomi concreti e astratti: da dove viene la parola concreto? da dove Concretoastratto?deriva dal latino concretus (participio passato del verbo concresco), che significa “ciò che si è coa gulato, rappreso” e quindi “ciò che ha consistenza in sé stesso”. Astratto è, invece, il participio passato del verbo la tino abstraho, che significa “ciò che è strappato via”, quindi “ciò che è emerso dall’esperienza come pos sibilità”. ƒ Il suffisso -ale serve a designare nomi di strumenti, o ornamenti (occhiale, bracciale) E rivale? In italia no significa “concorrente”, “contendente”. Cosa ha a che fare con “rivo” o “riva”? Guardiamo la storia della parola: in latino rivale(m) era colui che aveva, in comune con altri, l’uso di un canale, o rivus. Probabilmente non doveva esse re molto tranquilla questa comproprietà di acqua, e doveva scatenare qualche litigio. Per questo oggi, anche se non sempre la parola rivale comporta un motivo di litigio, conserva comunque il suo signifi cato di “ostile”.

La lingua, infatti, è un fenomeno legato all’esperienza degli uomini, accompagna la storia degli individui nel loro muoversi da un luogo all’altro e nel succedersi delle generazioni. È perciò soggetta a continui cambiamenti, a seconda delle vicende e dei bisogni comunicativi. Non è possibile in questo libro di grammatica appro fondire questa branca dello studio della lingua: ci li miteremo a riportare pochi esempi nella speranza di suscitare la tua curiosità.

114 UNITÀ 4 QUESTIONI DI LESSICO Ebbene, Moneta era un soprannome della dea Giu none (cioè “quella che dà buoni consigli”), nel cui tempio in Roma c’era la zecca dove si coniavano le monete. ƒ A volte le parole, nate nell’ambiente ristretto delle persone che svolgono una determinata professione, passano nella lingua comune. Per esempio, in latino vallum significava la palizzata di legno costruita dai soldati come linea di fortificazione e intervallum in dicava lo spazio fra (inter) due valla. Passando nella lingua comune intervallo ha il significato di “quanto intercorre fra gli elementi di una serie, nello spazio o nel tempo”. Pensa agli intervalli pubblicitari durante le trasmissioni televisive, ma anche all’intervallo tra le lezioni. Col passare del tempo, la stessa parola fu introdotta nella terminologia musicale per indicare il rapporto tra le frequenze di due suoni. ƒ L’evolversi delle scienze e delle tecniche è stato ac compagnato dalla creazione di vocaboli nuovi, capa ci di designare le varie scoperte e invenzioni. La pa rola cinematografo è stata coniata alla fine dell’Ot tocento dai fratelli Lumière, che hanno accoppiato due parole greche: kinema (= movimento) e grapho (= descrivere). Anche la parola televisione nasce dalla combinazione di due parole: una greca (tele = lon tano) e una latina (visio, dal verbo vĭdēre = vedere). Le parole nascono anche dalla capacità degli uomini di osservare la somiglianza fra le cose (oggetti, fe nomeni, qualità…), per cui il significato proprio di una parola viene trasferito a un’altra (questo tra sferimento in greco si chiama metaphora). Qualcuno a un certo punto della storia, guardando le onde del mare in tumulto, le ha paragonate a cavalli infuriati e le onde sono diventate cavalloni. E ancora: oggi si parla dell’impennata dei prezzi che aumentano verti ginosamente; ma si dice impennarsi anche del cavallo che si erge sulle zampe posteriori. All’origine di im pennarsi c’è il verbo spagnolo empinarse, derivato da pino (albero che si erge verso il cielo).

ƒ Un ultimo esempio. Sai come i latini chiamavano il gioco? In due modi: iocus e ludus. Iocus è lo scherzo bonario e gioviale, che sospende momentaneamen te il rapporto con la realtà, per poi tornare con più serenità ad essa. Ludus è, invece, il gioco serio: è il gioco di chi si distacca dalla realtà per prepararsi a intervenire in essa (ludus era detta anche la scuola); ma è anche il gioco serio di chi si allontana dalle cose perché ne ha paura. Questa ambiguità di ludus rimane latente in verbi italiani fatti con ludere: il ludere, deludere, colludere, che hanno significato ne gativo, alludere e preludere, che invece denotano una positività. Facciamo degli esempi: Non lasciatevi illudere dalle apparenze. Mi avevano assicurato che lo spettacolo era divertente, ma sono stato profondamente deluso.

Colludere vuol dire “accordarsi segretamente con qualcuno per ingannare una terza persona”. Con le tue affermazioni alludevi a qualcosa di preciso?

Il tenue chiarore prelude l’alba. ƒ Espressioni del tipo: testa di rapa, testa matta, testo ne, mi ha rotto la testa con le sue chiacchiere, testa nel pallone, testa calda, testa vuota, da dove prendono le Lamosse?definizione che il vocabolario dà di testa come sinonimo di “capo” è la seguente: “Parte del cor po animale in cui si apre la bocca, e che contiene il cervello e gli organi di senso specifico” (Vocabolario della Treccani). In latino la parola testa aveva il significato di “coccio di terracotta, vaso di coccio”, e su cocci di terracotta venivano scritti i nomi dei cittadini che, per qualche malefatta, erano condannati all’esilio. Di qui deri vano le espressioni sopra dette, e altre, nelle quali il sinonimo capo non è utilizzabile. Indagando a tua volta per conoscere la storia di altre parole, scoprirai come le parole che la tradizione ci ha donato ci permettano di riconoscere il rapporto che esse hanno con la nostra esistenza e col nostro biso gno di comunicare. Ragionando e parlando delle pa role, conosciamo insomma di più la realtà e noi stessi.

115QUESTIONI DI LESSICO LA FORMAZIONE

VEZZEGGIATIVI piccolezzaindicano e tenerezza -etto casa > casetta -acchiotto orso orsacchiotto> -uccio cavallo cavalluccio> -olo figlio > figliolo -uzzo piede > pieduzzo

Considera le seguenti espressioni: Luca è diventato un ragazzone Ti sei comportato come un ragazzaccio. Sto proprio bene nella mia casetta. Simona ha un nasino davvero grazioso. In ognuna di esse troviamo un nome che, modifica to nella forma con l’aggiunta al lessema di un suffisso (-one/a, -accio/a, - etto/a, -ino/a), viene in parte mo dificato anche nel contenuto: con ragazzone non indico solo un essere umano di sesso maschile, dell’età com presa tra i dodici e i vent’anni; comunico anche che si tratta di una persona diventata alta e robusta… il ri tratto della salute! Con ragazzaccio comunico disapprovazione e disprezzo per un certo tipo di atteggiamento; con casetta non dico solo una casa di piccole dimensioni, ma anche tutto il mio affetto per essa. Il nasino di Simona, poi, sarà un naso tutt’altro che lungo, grosso o aquilino. Tali nomi vengono definiti alterati. A seconda del significato, distinguiamo quattro tipi di alterati.

SUFFISSO ALTERAZIONE ACCRESCITIVI grandezzaindicano -one libro > librone DIMINUTIVI piccolezzaindicano -ino uomo > omino -iccino libro > libriccino -etto giardino giardinetto> -ello bambino bambinello> -icello orto > orticello -icciolo porto > porticciolo

DISPREGIATIVI avversionedisprezzo,indicano -accio gatto > gattaccio -ucolo scrittore scrittorucolo> -uncolo libro > libruncolo -astro medico medicastro>

DEL NOME Prendiamo in considerazione un nome qualsiasi, come casa. Sappiamo che esso è formato dalla parte lessicale CAS e dal morfo -A. Ora, pensiamo a quanti altri nomi possiamo formare con il lessema CASA. cas-etta cas-alingacas-acciacas-ale cas-ato cas-olare casa-madre casa-matta Aggiungendo dei suffissi o combinando il nome con al tre parole, si ottengono molti altri nomi. Chiameremo il nome di partenza nome primitivo, gli altri nomi alterati, derivati, composti NOMI ALTERATI

Attenzione! Non sempre il significato (positivo o ne gativo) di una parola alterata coincide con quella stati sticamente più frequente comunicata dal suffisso. È vero che casina significa “piccola casa”, ma se dico: “Anche stasera la solita minestrina!” non comunico pic colezza, bensì disapprovazione. Il valore dei singoli al terati va quindi sempre considerato nel contesto co municativo in cui sono utilizzati. Inoltre, non sempre è netta la differenza fra diminutivi e vezzeggiativi: mammina non indica una mamma pic cola, quanto una mamma dolce, cara, affettuosa. I nomi alterati si formano aggiungendo un suffisso al lessema primitivo. L’alterazione si usa per esprimere il rapporto affettivo del parlante con ciò che il lessema primitivo indica.

Non bisogna lasciarsi ingannare da alcuni nomi in ap parenza alterati. mattina non è una piccola matta mattone non è un grande matto lampone non è un grosso lampo setaccio non è un orribile tessuto di seta Che dire poi di benzina, ricetta e di tante altre parole che hanno terminazioni simili? Quando ti sorge il dubbio, consulta il dizionario: c’è molto da imparare sull’origine delle parole. Solo un semplice esempio: foruncolo non è un foro di scarso va lore. Questa parola viene dal latino fur (ladro), il cui alterato è forunculus (ladruncolo). Nell’evoluzione del la lingua si è chiamata così la gemma della vite, che “ruba” la linfa alla pianta, e infine si è chiamata forun colo la protuberanza della pelle, perché, nella forma, assomiglia alla gemma della vite.

NOMI DERIVATI Un altro modo di formare le parole è la derivazione, che differisce per alcuni importanti aspetti dall’altera Osserva:zione. libretto, libraccio, libriccino, librone… sono alterati di li bro. Indicano sempre lo stesso oggetto e appartengono sempre alla classe dei nomi. Invece: libreria, libraio, libresco… denotano aspetti della realtà differenti, inoltre i primi due sono nomi, il terzo è un aggettivo. Sono parole derivate da un lessema primitivo (libro), che possiamo considerare la parola-madre della famiglia di parole che da essa sono derivate. Un NOME può derivare da un altro NOME libro > libreria ma anche da un VERBO lavare > lavatrice Oppure da un NOME può derivare un VERBO sale > salare o un AGGETTIVO. sale > salato Da un AGGETTIVO può derivare un NOME bello > bellezza o un VERBO. dolce > addolcire, dolcificare Le parole alterate appartengono alla stessa parte del discorso del lessema Leprimitivo. parole derivate possono appartenere a parti del discorso differenti. Come avviene la derivazione? Al lessema primitivo si aggiungono prefissi (prima del lessema primitivo) e/o suffissi (dopo il lessema primi tivo), che chiamiamo con il termine più generale formativi. Essi, pur non potendo essere usati come parole autonome, hanno in larga parte un significato preciso. Vediamo i suffissi più frequenti nella formazione dei nomi derivati. SUFFISSI PER DERIVARE NOMI DA NOMI -ERIA luogo in cui si vende salumeria, libreria, macelleria, profumeria -IFICIO luogo in cui si fabbrica calzaturifico, maglificio, mobilificio -AIO attività o mestiere fornaio, calzolaio -ARIO bancario -ISTA farmacista, violinista -IERE banchiere, usciere -INO postino -ANO ortolano -ERIA luogo che contiene armeria -IERE, -IERA braciere, cassettiera -ILE fienile -ETO frutteto -AIO, -AIA pollaio, colombaia

116 UNITÀ 4 QUESTIONI DI LESSICO I FALSI ALTERATI

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IL PLURALE DEI NOMI COMPOSTI Sono piuttosto complesse le regole che presiedono alla formazione del plurale dei nomi composti. Per non sbagliare occorre riconoscere innanzitutto da quali par ti del discorso essi sono formati.

VERBO AVVERBIO+ Singolare Plurale posa + piano posapiano posapiano Regola: al plurale il nome non subisce variazioni.

NOME + NOME Singolare Plurale pesce + cane pescecane pescecani auto + strada autostrada autostrade pesce + spada pescespada pescispada Regola: se i nomi hanno lo stesso genere, si modifica solo il morfema del secondo; altrimenti si modifica il primo.NOMEAGGETTIVO+ Singolare Plurale cassa + forte cassaforte casseforti Regola: al plurale si modifica sia il nome che l’aggetti vo. Ma: palcoscenico > palcoscenici.

VERBO + NOME Singolare Plurale copri + letto copriletto copriletti Regola: di solito al plurale il morfema del nome varia. Ma: il portacenere > i portacenere.

AGGETTIVO + NOME Singolare Plurale basso + fondo bassofondo bassofondi franco + bollo francobollo francobolli Regola: di solito al plurale si modifica solo il nome.

SUFFISSI PER DERIVARE NOMI DA AGGETTIVI -EZZA bello > bellezza -IZIA sporco > sporcizia -ITÀ, -ETÀ capace > capacità, serio > serietà -TÀ fedele > fedeltà -URA bravo > bravura -ANZA elegante > eleganza -ENZA intelligente intelligenza -ISMO autoritario > autoritarismo -ESIMO cristiano > cristianesimo SUFFISSI PER DERIVARE NOMI DA VERBI -ZIONE classificare > classificazione -AGGIO atterrare > atterraggio -ANZA abbondare > abbondanza -ENZA partire > partenza -IO pigolare > pigolio -TORE scrivere > scrittore -TRICE salvare > salvatrice -ANTE insegnare > insegnante -ENTE perdere > perdente -TOIO essiccare > essicatoio -ERIA distillare > distilleria NOMI COMPOSTI Un altro modo per formare i nomi è quello di unire un nome a un altro nome o a una parola appartenente a un’altra parte del discorso. pescespada, bassofondo, paralume, sottotenente Si tratta dei nomi composti: l’unione dei significati delle due parole dà vita a un ulteriore significato, per mettendo così di indicare un oggetto che non coincide con quello indicato né da una né dall’altra parola.

117QUESTIONI DI LESSICO

VERBO + VERBO Singolare Plurale dormi + veglia dormiveglia dormiveglia Regola: al plurale il nome non subisce variazioni.

-ALE strumento, ornamento bracciale, ditale, gambale -ATA quantità cucchiaiata, boccata azione ginocchiata, camminata

AGGETTIVO+ Singolare Plurale sempre + verde sempreverde sempreverdi Regola: al plurale il nome modifica il suo morfema. AVVERBIO + VERBO Singolare Plurale bene + essere benessere male + essere malessere malesseri bene + stare benestare Regola: raramente è usata la forma plurale. Nel caso di malessere, l’infinito si nominalizza e prende il morfo del nome plurale: malesseri.

NOMI COMPLESSI Si dà il caso anche di nomi complessi, cioè formati da un nome che regge un sintagma preposizionale. Le carte da gioco sono sul tavolo. Questo ferro da stiro non funziona bene. Alcuni linguisti li chiamano sintemi, perché sono les semi… travestiti da sintagmi! È infatti il loro insieme che permette di denominare un oggetto e, quando li si usa, non si pensa più al legame originario che con netteva il nome al sintagma preposizionale. In forza del loro uso, diffuso e prolungato, sono percepiti come un’espressione lessicale unica.

118 UNITÀ 4 QUESTIONI DI LESSICO

Singolare Plurale sotto tenente+ sottotenente sottotenenti dopo + cena dopocena dopocena senza + tetto senzatetto senzatetto Regola: a volte il nome varia al plurale, a volte rimane invariato. Difficile stabilire le ragioni della diversifica zione.AVVERBIO

+PREPOSIZIONENOME

Ersilia: Non so proprio come ringraziarla. Lodovico: Ecco… dovresti cominciare a dire, se mai, ringraziarti; ma non è il caso, perché debbo io al contrario ringraziar te d’aver accettato il poco che… Ersilia: No, è tanto! tanto! per me è tanto!

Certo, se le osservi attentamente, ti accorgi che il rap porto tra significante e significato è ben diverso ri spetto ad altre parole: dire “prego” quando qualcuno ti ringrazia non ha il significato letterale di “recito una preghiera”, bensì può voler dire: “Non ti preoccupare, non mi è costato farti questo favore”. Il significato delle formule di cortesia non dipende esclusivamente dalle parole che le compongono, bensì è definito dal rapporto che lega il mittente e il destinatario. Addirittura dare del “lei” può risultare scorte se, se tra mittente e destinatario vi è confidenza, come si deduce dal seguente passo tratto da una commedia di Pirandello intitolata Vestire gli ignudi.

119QUESTIONI DI LESSICO LE FORMULE DI CORTESIA

Lodovico: Ecco, per te. Voglio dire per quello che tu lo farai diventare, questo poco che posso Ersilia:offrirti. Ma non lo dica nemmeno! Lodovico (con un sorriso correggendo): Non lo dire. Ersilia: Bisogna che mi abitui. Sono, se sapesse, così mortificata. È compito del mittente, se vuole essere cortese – cioè rispettoso e attento al destinatario – scegliere tra le opportunità che la lingua gli offre per formulare il suo discorso. Ecco alcune alternative.

Perché agli amici e ai parenti sì dà del “tu” mentre alle persone con cui non si è in confidenza si dà del “lei”?

Perché i genitori insegnano ai figli, sin da piccoli, a dire “per favore”, “grazie”, “prego”? Si tratta di pura for malità, di parole senza senso, o queste formule hanno una funzione importante nella comunicazione?

ƒ Hanno potere di ingentilire il discorso anche i ver bi servili “potere, volere, dovere”: “Vuoi venire con me?”, “Potresti aiutarmi?”.

ƒ Rivolgersi chiamando per nome, per cognome o addirit tura usare un appellativo? Può essere scortese chia mare il proprio amico per cognome, perché signi ficherebbe un distacco eccessivo, mentre un inse gnante se chiama per cognome i suoi studenti non è scortese. Loro, rivolgendosi a lui, dovrebbero usa re un appellativo: “Signor professore”. Per invita re un’importante personalità occorre un appellati vo formale: “La S.V. (che significa Signoria Vostra) è cortesemente invitata…”.

ƒ Dare del “tu” o dare del “lei”? Come si è detto dipende dalla confidenza che chi parla ha con chi ascolta. Se il destinatario è un adulto, è sempre meglio lasciare che sia lui a suggerire l’uso del “tu”.

ƒ Anche il tempo e il modo dei verbi influiscono sulla cortesia del discorso. A volte il futuro al posto del presente dà l’impressione di maggiore gentilezza o mitiga l’invadenza: “Sarai stanco… lascia che ti porti io lo zaino”, come il condizionale al posto dell’indi cativo: “Mi daresti un bicchier d’acqua, per piacere?”.

ƒ Il lessico svolge un ruolo importante nella formu lazione di un discorso non offensivo e rispettoso dell’ascoltatore. Il mittente deve essere in grado di selezionare nel repertorio delle parole quelle più adatte al tipo di rapporto che ha con il destinatario. È scontato che con chi non si ha confidenza non si usano termini volgari o eccessivamente familiari. A volte addirittura si può essere cortesi dicendo altro rispetto a ciò che si vuole comunicare: dire “Ho fred do” è sicuramente più educato che “Chiudi la fine stra”: il destinatario infatti capirebbe il messaggio e non si sentirebbe obbligato da un comando. ƒ Importantissima è infine l’intonazione. Si può of fendere pronunciando parole cortesi con un tono scontroso, come si legge in questa passo tratto dai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Don Rodrigo risulta arrogante e scortese nei confronti di Fra Cri stoforo pur dandogli del “lei” e pronunciando parole di reverenza: “In che posso ubbidirla?” disse don Rodrigo, piantandosi in piedi nel mezzo della sala. Il suono delle sue parole era tale; ma il modo con cui eran proferite, voleva dir chiaramente: bada a chi sei davanti, pesa le parole, e sbrigati! La cortesia, dunque, se non è pura formalità, è un at teggiamento di rispetto e benevolenza nei confronti del destinatario. Il mittente è infatti libero di usare le forme che la lingua offre per essere cortese, a tutti i li velli: con gli amici, gli insegnanti, le personalità. È così libero che può usare formule di cortesia per offendere e può non usarle senza offendere. Se infatti si trovasse in un contesto che le rendesse superflue o dannose non sarebbe scortese non usarle: immagina di trovarti in difficoltà in mezzo al mare. Gridando “Aiuto!” al posto di “Qualche gentile signore vorrebbe cortesemente venire in mio soccorso?”, non risulteresti affatto maleducato.

ƒ La nostra lingua fornisce varie formule di saluto, di richiesta, di ringraziamento, di scusa, di augurio. Alcu ne vanno scelte in base all’età del destinatario, al rapporto che il mittente intrattiene con lui e al mo mento in cui avviene la comunicazione (“ciao, sal ve, buongiorno, buonasera, arrivederci”); altre sono sempre cortesi: “per favore, grazie, prego, tanti au guri, congratulazioni, mille di questi giorni, mi scusi, sono spiacente”.

120 UNITÀ 4 QUESTIONI DI LESSICO

Altre volte, invece, si potrebbe usare semplicemente un unico verbo per esprimere lo stesso concetto. porre una domanda = domandare tenere un discorso = parlare tirare delle conseguenze = concludere muovere una critica = criticare operare un’analisi = analizzare In tutte queste espressioni il verbo perde il suo si gnificato, quasi si annulla per lasciar posto al nome: “muovere una critica” non vuol dire “spostare da un posto all’altro”; non servono gli attrezzi del chirurgo per “operare un’analisi”; non si possono “lanciare o al lungare” delle conseguenze…

Proprio per questo motivo, occorre fare molta attenzio ne quando si vogliono tradurre tali espressioni in altre lingue: non è detto che in tutte le lingue l’aiuto si presti, le conseguenze si tirino, le analisi si operino… Bisogna cercare sul dizionario i nomi in questione e capire quale verbo li regge, oppure cercare il verbo e vedere come si traduce quando regge il nome che ci interessa.

Ad esempio: in francese la fede si aggiunge, non si presta e non si tirano le somme, ma si fa il totale; il pugno non si tira, ma si assesta. prestare fede = ajouter foi tirare le somme = faire le total tirare un pugno = assener un coup de poing

Gli inglesi non tirano il collo alle galline, ma glielo tor cono; non prendono le mosse, ma iniziano; non pren dono sonno, ma cadono addormentati. tirare il collo = to wring the neck of prendere le mosse = to begin prendere sonno = to fall asleep

LO STILE NOMINALE

121QUESTIONI DI LESSICO

Si è detto che nel caso dei verbi predicativi è il verbo a predicare perché dotato di un significato specifico. A volte però tali verbi, combinati con certi sintagmi no minali, perdono il loro significato per lasciare spazio a quello del nome, combinandosi con il quale predicano qualcosa di molto differente sul soggetto. Osserva le seguenti frasi: Pietro mi ha prestato i suoi fumetti. Pietro mi ha prestato aiuto in una difficile situazione. Solo nel primo enunciato prestare è usato secondo il suo significato principale, cioè “dare qualcosa a qualcuno per un certo periodo aspettandosi che questo la restituisca”. Nel secondo enunciato prestare perde tale significato e assume quello del verbo dare. Se si osserva con attenzio ne, si noterà che la parola più significativa del secondo enunciato è “aiuto” Tanto è vero che potremmo dire: Pietro mi ha aiutato in una difficile situazione. Tale modo di esprimersi, dando al nome e non al verbo maggior rilevanza, viene chiamato stile no minale. Si tratta di uno stile che va via via diffon dendosi, ed è molto usato nell’ambiente burocra tico e nei discorsi che vogliono avere un tono di uf ficialità, ma anche nei nostri discorsi quotidiani. Non è facile capire come sia nato tale stile, di fatto però ricorriamo ad esso quando abbiamo il timore di appa rire poco “tecnici” e poco “formali”. Così diciamo che: Il Presidente della Repubblica ha tenuto un discorso al popolo italiano. al posto di ha parlato L’insegnante ha sollevato un’obiezione e ha mosso una critica al lavoro dello studente. al posto di ha obiettato e ha criticato A volte tali espressioni non si possono sostituire con un unico verbo. prestare attenzione = stare attenti formulare un’ipotesi = avanzare un’ipotesi = fare un’ipotesi non sempre si può sostituire con ipotizzare Marco ha formulato l’ipotesi di partire. si può sostituire con Marco ha ipotizzato di partire. Mentre non si può sostituire con ha ipotizzato: Marco ha formulato un’ipotesi interessante.

5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA Il verbo e la sua funzione sintattica Il sintagma verbale complesso Ricordi Joseph quando io ero una ragazza dal cervello poco fine e tu un lettore fin troppo erudito, l’idea che avevamo delle parole era: cosucce da poco, senza energia. Ora non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere. Ne esistono alcune di fronte alle quali mi inchino, stanno lì come un principe tra i Lord. A volte ne scrivo una, e la guardo, ne fisso la forma, i contorni fino a quando comincia a splendere e non c’è zaffiro al mondo che ne possa eguagliare la luce. Emily Dickinson Lettera a Joseph Bardwell Lyman ARGOMENTI 1. La funzione sintattica del verbo 2. Il sintagma verbale complesso 3. Caratteristiche morfologiche del verbo 4. L’uso dei tempi e dei modi verbali 5. Verbi regolari, irregolari, difettivi, sovrabbondanti

Osserva le seguenti frasi: L’uomo impara. L’uomo imparò. L’uomo imparerà.

Nei precedenti capitoli si è visto che il verbo ha la funzione di predicare, cioè di dare un’informazione sul soggetto collocandola nel tempo (rispettivamente nelle frasi presente, passato e futuro).

Un’altra importantissima funzione del verbo è quella di strutturare l’intera frase.

Considera ad esempio il verbo dare. Data una qualsiasi voce del verbo dare, sei già in grado di immaginare una scena: Qualcuno dà qualcosa a qualcuno Il verbo dare costituisce un sintagma verbale che si accorda con il SN con funzione di soggetto e regge almeno altri due sintagmi. Il mio compagno ha dato SN soggetto SV predicato verbale il suo quaderno all’insegnante SN complemento oggetto SP complemento di termine

Considera ora il verbo salutare. Ti verrà in mente un’altra scena: qualcuno saluta qualcun altro. Qualcuno saluta qualcuno Il verbo salutare quando si accorda con un SN soggetto regge obbligatoriamente almeno un altro sintagma nominale con funzione di complemento oggetto, anche se l’informazione che tale verbo fornisce può essere completata, circostanziata, da altri sintagmi. Luigi salutò Francesco. L’altro ieri Luigi salutò Francesco. L’altro ieri a scuola Luigi salutò Francesco. L’altro ieri a scuola Luigi salutò Francesco con entusiasmo La frase iniziale è stata arricchita da un’indicazione di tempo (l’altro ieri); un’in dicazione di luogo (a scuola); un’indicazione di modo (con entusiasmo). Il verbo ha la funzione di strutturare la frase dal punto di vista sintattico: si accorda con un SN–soggetto e regge obbligatoriamente determinati sintagmi, altri solo occasionalmente.

1. LA FUNZIONE SINTATTICA DEL VERBO

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA124

1. L A FUNZIONE SINTATTICA dEL VERBO 125

Al nucleo della frase, formato appunto dal verbo e dai suoi argomenti, si possono poi aggiungere altri elementi, che in tale modello vengono chiamati circostanti del nucleo, perché si legano direttamente ai costituenti del nucleo, ed espansioni, ovverosia elementi che portano ulteriori informazioni senza legarsi direttamente a uno specifico elemento del nucleo. Ad esempio, al nucleo della frase costruita intorno al verbo trivalente dare Lucia ha dato un libro ad Alfredo. si possono aggiungere dei circostanti Lucia ha dato un libro di poesie ad Alfredo, vincitore del concorso di scrittura. e delle espansioni. Settimana scorsa Lucia ha dato con grande soddisfazione un libro di poesie ad Alfredo, vincitore del concorso di scrittura.

Per approfondire

LE VALENZE DEL VERBO Per esprimere la capacità del verbo di strutturare la frase, il linguista francese Lucien Tesnière (1893-1954) ha introdotto il concetto di valenza, prendendolo dalla chimica. Come infatti nella chimica si parla di valenza per indicare la capacità dell’atomo di legarsi ad altri atomi (da 0 a 4) per formare le molecole, così nel modello grammaticale di Tesnière la valenza del verbo indica la sua proprietà di combinarsi con un certo numero di argomenti indispensabili per costruire il nucleo di una frase. In tale modello i verbi sono catalogati in base al numero di Zerovalentiargomenti.=0argomenti piove Monovalenti = 1 argomento dormire (X dorme) Bivalenti = 2 argomenti capire (X capisce Y) Trivalenti = 3 argomenti dare (X dà Y a Z) Tetravalenti = 4 argomenti prestare (X presta Z a Y per K tempo)

Spesso una sola forma verbale non basta per predicare, come nel caso dei verbi copulativi, i quali formano un sintagma verbale con un aggettivo o un sintagma predicativo del soggetto e insieme svolgono la funzione di predicato nominale. Sia con i verbi predicativi sia con quelli copulativi possono essere formati altri sintagmi verbali, che consistono in strutture più complesse della semplice voce verbale e che nel loro insieme svolgono la funzione di predicato. Verbo servile + verbo di modo infinito

Assistere a uno spettacolo alla Scala chiede molta disciplina, però ne vale la pena! I verbi in grassetto da soli non svolgono autonomamente la funzione di predicato. Si tratta dei verbi volere, dovere, potere Essi vengono chiamati verbi servili perché servono un altro verbo, ovvero manifestano la persona, il tempo, il modo e permettono di dire un concetto secondo una certa sfumatura di significato. Essi formano un unico sintagma con il verbo che servono, avente funzione di predicato. È ben diverso dire mangio e voglio mangiare: nel primo caso esprimo un’azione che sto compiendo, nel secondo esprimo la volontà di compierla, anche se l’azione rimane la stessa. Anche i verbi copulativi possono essere aiutati a predicare da verbi servili. Voglio essere un astronauta. Puoi apparire più educato? Devi essere ritenuto uno studente eccellente. I verbi servili sottolineano la volontà, la necessità, la possibilità di compiere certe azioni o di essere in certe situazioni espresse da un verbo di modo infinito. Essi aiutano il verbo all’infinito a predicare, in quanto il concetto che si vuole esprimere nasce dalla loro unione.

Prova a contare i verbi presenti nel seguente testo: Avevo sete, ma non potevo bere; avevo fame, ma non potevo mangiare; avevo sonno, ma non dovevo addormentarmi; volevo cantare, ma dovetti tacere.

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA126 2. IL SINTAGMA VERBALE COMPLESSO

I trucchi del mestiere QUALE AUSILIARE USARE CON I VERBI SERVILI?

Osserva le seguenti frasi: Sono andato. / Sono dovuto andare. Ho mangiato. / Ho potuto mangiare. Con il verbo servile si usa lo stesso ausiliare richiesto dal verbo che esso serve. Vi è però un’eccezione: quando è presente un pronome personale (mi, ti, ci, si, vi) in fin di verbo l’ausiliare è sempre avere. Quando invece il pronome personale precede il verbo servile, si usa essere. Si è Nonarreso.havoluto arrendersi. Si è voluto arrendere.

2. IL SINTAGMA VERBALE COMPLESSO 127

Oltre a potere, dovere e volere, vi è un altro verbo servile: solere (essere solito). Si tratta di un verbo difettivo (cioè non ha tutte le forme) e il suo uso è sempre meno frequente nel parlato. Al suo posto è usata l’espressione essere solito. Luca suole andare a pescare da solo. Luca è solito andare a pescare da solo. Anche il verbo sapere può essere utilizzato come verbo servile, ma solo quando ha il significato di essere capace, essere in grado. Non so sciare (= non sono capace). Abbiamo saputo affrontare con coraggio la prova (= siamo stati capaci).

Diverso è il caso di Non so la soluzione del quesito (= non conosco).

Osserva: Ero sul punto di partire, quando scoprii che le gomme della mia auto erano a terra. Iniziai a guardare la televisione, ma mia madre mi ricordò che dovevo finire i Quandocompiti. mi hai telefonato stavo riposando. Perché vai spargendo queste voci? Continua ad essere considerato colpevole. Per piacere, la smetta di urlare in questo modo! Ho appena finito di imbiancare la mia camera. Avere intenzione di, stare per, essere sul punto di, cominciare a, iniziare a, stare, anda re, continuare a, smettere di, finire di, cessare di sono detti verbi fraseologici. Il loro nome richiama il fatto che possono essere costituiti da diverse parti del discorso, come la frase (ad esempio ero sul punto di è formato da verbo + preposizione + nome + preposizione). Essi sono seguiti da un verbo di modo infinito o di modo gerundio. Confronta ora le seguenti coppie di frasi: Preparo un esame. Ho da preparare un esame. Cado. Mi lascio cadere. Laura sviene. Laura si sente svenire. Ho perso la concentrazione. Rischio di perdere la concentrazione. Ho risolto il problema. Sono riuscito a risolvere il problema. L’azione espressa (preparare, cadere, svenire, perdere la concentrazione) è la stessa, ma grazie alle espressioni avere da, lasciarsi, sentirsi, rischiare di, riuscire a, il par lante esprime il suo sentimento o il suo atteggiamento nei confronti dell’azione espressa dal verbo di modo infinito. Si tratta anche in questo caso di verbi fra seologici, i quali formano un unico sintagma con il verbo di modo infinito che li segue, avente la funzione di predicato. I verbi fraseologici svolgono la funzione di predicato insieme al verbo che li segue (il concetto espresso infatti, pur complesso, è unitario).

Alcuni verbi fraseologici permettono di esprimere un’azione o una situazione nel suo momento iniziale, finale o nel suo svolgimento. Altri hanno la funzione di presentare l’azione mettendo in luce il sentimento o l’atteggiamento del parlante nei suoi confronti.

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA128

Verbo fraseologico + verbo di modo infinito o gerundio

Ogni azione può essere considerata da diversi punti di vista: al suo inizio, mentre si svolge, quando finisce, addirittura poco prima del suo inizio e subito dopo la sua fine. Quali strumenti ci dà la lingua italiana per esprimere tutte queste sfumature?

Attenzione a non confondere i verbi servili e i verbi fraseologici con i verbi causativi. Osserva le seguenti frasi: Faccia entrare il prossimo paziente. Va bene, ti lascio studiare in pace! In enunciati come questi, fare non significa costruire, operare; e lasciare non è sinonimo di abbandonare. Essi svolgono un compito diverso: quello di esprimere che l’azione non si sta ancora svolgendo, ma deve essere permessa o causata. Potremmo trasformare così le suddette frasi: Faccia in modo che il prossimo paziente entri. Permetto che tu possa studiare in pace. I concetti espressi negli enunciati precedenti sono due, dunque sono due anche i predicati, ognuno dei quali ha il suo soggetto. Lei faccia in modo che il prossimo paziente entri. Io permetto che tu possa studiare in pace.

2. IL SINTAGMA VERBALE COMPLESSO 129

Per approfondire I VERBI CAUSATIVI

SV-PREDICATO VERBALE nonrideparlacorre VERBO PREDICATIVO deve suolesapuòvuolestudiaregiocaredormiresciareborbottare

VERBO COPULATIVO + PREDICATIVO DEL SOGGETTO resta rimanefermounvalido aiuto è soprannominato “Superman” è stato giudicato innocente è considerato il miglior cantante corre veloce VERBO OCCASIONALMENTE COPULATIVO + PREDICATIVO DEL SOGGETTO vuole essere primo deve apparire normale può sembrare un gioco sa essere responsabile vuole rimanere piccolo può essere eletto presidente

In sintesi, ti forniamo una tabella che presenta i vari tipi di sintagmi verbali con funzione di predicato:

SV-PREDICATO NOMINALE è stanco è un bravo calciatore è in diventeràsembragambafeliceunottimo medico appare in forma

VERBO SERVILE + VERBO COPULATIVO O OCCASIONALMENTE COPULATIVO + PREDICATIVO DEL SOGGETTO inizia ad essere insopportabile ha smesso di apparire insensibile continua ad essere ritenuto un eroe VERBO FRASEOLOGICO + VERBO COPULATIVO O OCCASIONALMENTE COPULATIVO + PREDICATIVO DEL SOGGETTO deve smettere di essere pigro vuole iniziare a sembrare grande può rischiare di essere considerato antipatico

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA130

VERBO SERVILE + VERBO PREDICATIVO ALL’INFINITO incomincia a studiare continua a giocare smette di scherzare sta dormendo si sente svenire

VERBO SERVILE + VERBO FRASEOLOGICO + VERBO COPULATIVO O OCCASIONALMENTE COPULATIVO + PREDICATIVO DEL SOGGETTO

VERBO FRASEOLOGICO + VERBO PREDICATIVO ALL’INFINITO O AL GERUNDIO vuole andare a lavorare deve smettere di scherzare può iniziare a studiare VERBO SERVILE + VERBO FRASEOLOGICO + VERBO PREDICATIVO ALL'INFINITO

Osserva: io cantavo (I coniugazione), io facevo, io dicevo (II coniugazione), io capivo (III coniugazione). Ciò dipende dal fatto che i verbi dire e fare derivano dal latino dicĕre e facĕre (at traverso l’italiano antico dicere e facere).

Attenzione! I verbi fare e dire, come forme dell’infinito appartengono alla prima e alla terza coniugazione, per la maggior parte delle altre forme appartengono alla seconda coniugazione.

3. CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE DEL VERBO Come il nome e l’articolo, anche il verbo è una parte variabile del discorso, formato da una componente lessicale e da un morfo, ma il suo morfo è più ricco di Confronta,informazioni.adesempio, il nome cavallo con il verbo cavalcò. Il morfo -o di cavallo indica che si tratta di un nome maschile (genere) e singolare Il(numero).morfo-ò di cavalcò ci permette di capire che l’azione è avvenuta nel passato (tempo) e che è rappresentata in un certo modo (in questo caso l’indicativo), che il soggetto è singolare (numero) e potrebbe essere egli o ella (persona). I verbi sono raggruppabili in tre coniugazioni, cioè tre gruppi di verbi che si differenziano per i loro morfi. L’appartenenza di un verbo a una certa coniugazione è desumibile dal morfo del verbo all’infinito: la I coniugazione comprende i verbi con l’infinito in –are, come cantare, passeg giare, amare; la II coniugazione comprende i verbi con l’infinito in –ere, come temere, rima nere, correre; la III coniugazione comprende i verbi con l’infinito in –ire, come dormire, pulire, salire.

3. C ARATTERISTIChE MORFOLOGIChE dEL VERBO 131

Dire e fare non sono gli unici verbi dell’italiano dall’infinito anomalo: tutti quelli in -rre, come addurre, condurre, porre, vanno fatti risalire agli originari  adducĕre, conducĕre e ponĕre e come tali posti nella seconda coniugazione.

Genere Per quanto riguarda il genere, non sempre il morfo del verbo permette di distinguere tra femminile e maschile, come puoi notare nelle seguenti frasi: Serena cavalcò Rocco cavalcò Il genere del verbo si manifesta ƒ nelle forme verbali composte dei verbi intransitivi (concordanza soggetto –verbo) Lucia è arrivata in ritardo. Pietro è arrivato in ritardo. Questioni di lessico DA DERIVANODOVE LE PAROLE ITALIANE? pagina 146

“Hai riordinato i tuoi appunti?” “Sì, li ho riordinati”. Persona e numero Il morfo del verbo, per quanto riguarda il numero e la persona, è sempre legato a quello del SN-soggetto. Se il SN-soggetto è singolare, sarà singolare anche il verbo; se il SN-soggetto è plurale, sarà plurale anche il verbo. Dal morfo di un verbo italiano è quasi sempre immediato comprendere la persona del soggetto. Canto > IO I persona singolare Canti > TU II persona singolare Canta > EGLI III persona singolare Cantiamo > NOI I persona plurale Cantate > VOI II persona plurale Cantano > ESSI III persona plurale Questo non vale in altre lingue, ad esempio in inglese, nelle quali diventa obbli gatorio esplicitare sempre il soggetto.

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA132 ƒ

nelle forme verbali composte dei verbi transitivi quando il sintagma che espri me l’oggetto dell’azione precede il verbo (concordanza oggetto – verbo).

Canto I sing Canti YOU sing Canta HE, SHE, IT sings Cantiamo WE sing Cantate YOU sing Cantano THEY sing Tempo Osserva le seguenti frasi: Fausto perde il treno. Fausto perse il treno. Fausto perderà il treno. La prima frase esprime un fatto che accade nel presente, la seconda un fatto già accaduto nel passato e la terza un fatto che si avvererà nel futuro.

3. C ARATTERISTIChE MORFOLOGIChE dEL VERBO 133

Presente, passato e futuro sono le tre dimensioni del tempo, di cui tutti facciamo esperienza. Ma il sistema dei tempi verbali è più complesso, infatti fornisce altre forme per esprimere la gradualità del passaggio dal passato più remoto al futuro più lontano, come imparerai nei prossimi paragrafi. Inoltre, come nel nome il genere grammaticale non sempre coincide con il genere naturale, così nel verbo l’indicazione di tempo non sempre ha a che fare con la misura del tempo: se dico Saranno circa le cinque non intendo esprimere una situazione futura, ma azzardare un’ipotesi, come si vedrà nel paragrafo L’USO DEI TEMPI E DEI MODI VERBALI: I MODI FINITI. Dal punto di vista della forma, i tempi del verbo possono essere semplici o composti: questi ultimi sono formati da un ausiliare (essere o avere) + il participio passato del verbo.

Modo Osserva le seguenti frasi: Achille impugna la lancia. Ah, se Achille impugnasse la lancia… Achille impugnerebbe la lancia… Achille, impugna la lancia! La situazione alla quale si riferiscono è in qualche modo la stessa, ma diversa è l’intenzione comunicativa di chi pronuncia la frase rispetto a ciò cui si riferisce: ƒ nel primo caso chi parla descrive la scena a cui assiste, e per farlo usa il modo indicativo; ƒ nella seconda frase esprime un’ipotesi, un desiderio che tale evento accada, utilizzando il modo congiuntivo;

TEMPI SEMPLICI TEMPI COMPOSTI scrivo ho scritto andrete sarete andati suonarono ebbero suonato Ecco lo schema generale dei modi e dei tempi verbali. MOdI TEMPI PRESENTEdEL TEMPI PASSATOdEL TEMPI FUTUROdEL semplici semplici composti semplici composti indicativo presente passatoimperfettoremoto passato trapassatotrapassatoprossimoprossimoremoto semplicefuturo anteriorefuturo congiuntivo presente imperfetto trapassatopassato condizionale presente passato imperativo presente infinito presente passato participio presente passato gerundio presente passato

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA134

ƒ il modo condizionale utilizzato nella terza frase ci fa pensare a una possibilità che l’evento accada, ma ci aspettiamo che venga posta una condizione: … se tu glielo permettessi; ƒ nell’ultima frase è espresso un comando attraverso l’uso del modo imperativo. Oltre a questi modi, che sono detti finiti perché i loro morfi indicano sempre la persona, vi sono altri tre modi detti indefiniti, i quali non esprimono la persona: ƒ infinito (impugnare): è il modo che esprime il significato del verbo deconte stualizzato da un’occasione reale di comunicazione ed è la forma che trovi nel dizionario; ƒ participio (impugnato): si trova nelle forme composte del verbo (ho impugnato) ma è anche usato da solo, con funzione a volte di verbo (in Impugnata la spada… il participio corrisponde al sintagma verbale dopo che ebbe impugnata), a volte di aggettivo (in I ragazzi amanti della musica ascoltano molti CD, amanti è il parti cipio presente del verbo amare e ha la funzione di attributo del nome ragazzi); ƒ gerundio (impugnando): accompagna un altro verbo ed esprime la circostanza o la modalità in cui si compie una azione (Studiando, Carla ha superato l’esame).

3. C ARATTERISTIChE MORFOLOGIChE dEL VERBO 135

Verbi momentanei: indicano azioni di cui non viene considerata la durata. nascere, morire, entrare, uscire…

Verbi incoativi: indicano l’inizio di un cambiamento. arrossire, ingiallire, raffreddare… Verbi iterativi: indicano una azione che si ripete più volte o abitualmente. saltellare, mangiucchiare…

Ecco i principali tipi.

Per approfondire

Napoleone morì nel 1821. Ho finito i compiti alle cinque del pomeriggio. Luca ha cominciato ad allenarsi. dato che non c’è nessun elemento nel morfo del verbo che rappresenta l’aspetto, dovrai considerare il significato della frase per riconoscerlo. Questa nozione ti sarà utile per studiare altre lingue, ad esempio l’inglese, che hanno un sistema di tempo e aspetto diverso L’aspetto,dall’italiano.oltrechedipendere dall’uso dei tempi, può riguardare il significato del verbo (si chiama, in questo caso, aspetto inerente). Ci sono infatti dei verbi che indicano azioni che hanno una durata nel tempo (come leggere), altri che indicano azioni che si concludono subito (come cadere), altri, infine, che segnalano l’inizio o la fine di una azione (uscire, arrivare).

Verbi durativi: indicano uno stato, oppure delle azioni che durano nel tempo. essere biondo, studiare, cucinare…

Verbi conclusivi: indicano la fine di un’azione. raggiungere, finire…

L’ASPETTO DEL VERBO Francesca stirò le camicie e guardò un film. Mentre Francesca stirava le camicie, guardava un film. Se provi a immaginare le scene descritte da queste due frasi, ti accorgerai che, anche se in entrambe i verbi esprimono azioni passate, sono profondamente diverse: nella prima Francesca finisce di stirare la camicia e dopo guarda un film; nella seconda viene descritta l’azione nel suo svolgimento e l’azione di guardare un film è contemporanea a quella di Questastirare. differenza è indicata dall’aspetto verbale, che è perfettivo nella prima frase, e imperfettivo nella seconda. L’aspetto verbale è legato ai tempi, ma non va confuso con essi. Vediamo quali sono i suoi valori. Aspetto imperfettivo: il verbo indica un processo colto in un momento del suo svolgimento, ma non concluso (cioè “non Oltreperfetto”).chedal tempo imperfetto, l’aspetto imperfettivo può essere espresso attraverso perifrasi formate con verbi fraseologici come: stare + gerundio, continuare a + infinito. Tu dormivi dolcemente. Gianni stava dormendo. Io continuo a dormire. Aspetto perfettivo: l’azione viene vista in un preciso momento nel tempo, che può essere l’inizio oppure la sua intera durata comprendente anche il momento finale Oltre(conclusivo).chedal passato prossimo e dal passato remoto, l’aspetto perfettivo può essere segnalato da perifrasi formate con verbi fraseologici come stare per + infinito, cominciare a + infinito, finire di + infinito, che indicano un momento preciso (iniziale o finale) dell’azione.

Il presente può esprimere Esempio un’azione attuale, che si verifica nello stesso momento in cui si parla; Sono le otto e faccio la colazione. un’azione che si ripete abitualmente; Tutti i pomeriggi gioco a tennis. una verità sempre valida, un giudizio sempre vero; Due più due fa quattro. una massima, un proverbio; Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. una caratteristica del soggetto; Marco scia molto bene. un fatto del passato (presente storico); Cesare muore nel 44 a.C. un fatto che avverrà certamente nel futuro, una decisione che si realizzerà nel futuro. Domani vado in montagna. Il passato remoto può esprimere Esempio un fatto accaduto nel passato, che ha avuto luogo in un preciso momento del tempo. Cadde a terra tramortito. Cristoforo Colombo scoprì l’America nel 1492. L’imperfetto può esprimere Esempio un fatto contemporaneo a un altro nel passato a cui fa “da sfondo”; Mentre guardava la televisione, si addormentò. un’azione consuetudinaria che si ripete nel passato; Andava tutti i giorni al bar. una capacità posseduta nel passato. Luca sapeva suonare il violino. Il passato prossimo può esprimere Esempio un’azione avvenuta o iniziata nel passato i cui effetti hanno una certa connessione con il presente. Ho appena finito di mangiare. Ho letto tutti i libri di Verne. Il trapassato prossimo e remoto si usano Esempio quando si vuole esprimere un fatto accaduto precedentemente a un altro fatto del passato. Quando ebbe finito di mangiare, si sdraiò per riposare. Aveva appena riappeso la cornetta, quando il telefono squillò di nuovo. Il futuro semplice può esprimere Esempio un fatto che avverrà nel futuro; Marco cambierà lavoro fra due mesi.

I modi finiti Indicativo L’indicativo è il modo che la nostra lingua ci offre quando intendiamo descrivere la realtà, parlare di essa così come ci si presenta. Poiché la realtà è molto varia, piuttosto complesso è il sistema dei tempi dell’indicativo, i quali sono otto, quat tro semplici e quattro composti. Nella seguente tabella sono riportati gli usi più frequenti di tali tempi.

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA136 4. L’USO DEI TEMPI E DEI MODI VERBALI

4. L’ USO dEI TEMPI E dEI MOdI VERBALI 137 un’ipotesi, una congettura, una approssimazione; Saranno circa le cinque. un comando; D’ora in poi mi porterai maggior rispetto! il riconoscimento di un fatto vero ma non rilevante; Angelo sarà anche un bravo ragazzo, ma io non mi fido. il riconoscimento di un fatto ovvio, scontato. Il vestito che hai scelto mi piacerà di sicuro, visto che abbiamo gli stessi gusti. Il futuro anteriore si usa per esprimere Esempio un fatto futuro precedente a un altro fatto; Me ne andrò dopo che sarà rientrato il babbo. un’ipotesi, una congettura; Saranno arrivati due ore fa. il riconoscimento di un fatto vero ma non rilevante; Sicuramente ieri avrai studiato, ma oggi non sei preparato. il riconoscimento di un fatto ovvio, scontato. Pietro sarà uscito presto questa mattina perché io non l’ho visto a colazione. Congiuntivo Il congiuntivo serve a esprimere un desiderio, un’ipotesi, un dubbio: è il modo della Comepossibilità.sièvisto a proposito dell’indicativo, anche il congiuntivo può svolgere svariate funzioni, nonostante abbia solo quattro tempi: due semplici ƒ presente (io parta) ƒ imperfetto (io partissi) e due composti ƒ passato (io sia partito) ƒ trapassato (io fossi partito). Per comprendere i suoi valori, occorre distinguere tra le frasi in cui il congiuntivo non dipende da alcun altro verbo e quelle, invece, in cui il congiuntivo dipende da un’altra forma verbale. Frasi in cui il congiuntivo è indipendente Il congiuntivo presente può esprimere Esempio un comando Chiuda la porta, per favore! un’esortazione Su, si faccia coraggio! un augurio Possa tu restare sempre giovane! L’imperfetto può esprimere Esempio un invito E se venissi con me al cinema? un desiderio Ah, se avessi una barca! un’ipotesi E se fosse uno scherzo? Il trapassato può esprimere Esempio un rimorso, un rammarico Ah, se avessi studiato un po’ di più l’anno scorso!

Penso che abbiate fame. e non Penso che avete fame. Mi sembra che siano tutti arrivati. e non Mi sembra che sono tutti arrivati. In altri contesti, ad esempio in dipendenza di verbi che esprimono domande, dubbi (Non so chi sia/è arrivato), la sostituzione del congiuntivo con l’indicativo è meno stridente, dato che il senso della possibilità emerge già nella frase principale (non so, mi domando, ecc.); la scelta del modo è quindi più libera (fermo restando che l’opzione più corretta è sempre il congiuntivo). Infine, è obbligatorio il congiuntivo anche dopo congiunzioni come benché, sebbene, prima che e dopo chiunque, comunque, dovunque e qualunque.

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA138

Frasi in cui il congiuntivo è dipendente Il congiuntivo è usato Esempio in dipendenza da verbi valutativi (è giusto, è bello, occorre, bisogna), per indicare che ciò che si dice è soggetto di valutazione; È importante che tu ti esprima. Occorreva che tu facessi la spesa. È allarmante che Mario non sia ancora arrivato. in dipendenza da verbi come volere, desiderare, credere, dubitare, per indicare che ciò che si dice è oggetto di volontà, desiderio, fiducia, credito, dubbio; Credo che tu sia intelligente. Volevo che tu mi capissi. Dubito che tu ieri abbia studiato. per esprimere lo scopo, la finalità di quanto indicato dal verbo che lo regge; Ti sorreggo perché tu non cada. L’ho medicato affinché guarisse. per affermare una cosa vera ma senza rilevanza rispetto alla situazione espressa dal verbo che lo regge. Sorrido nonostante sia triste. L’hanno premiato nonostante non se lo meritasse Siete usciti nonostante io ve lo avessi proibito I del mestiere

SALVIAMO IL CONGIUNTIVO! Osserva le due frasi: Dicono che sei stato promosso. Dicono che tu sia stato promosso. Nella prima frase chi parla, anche se riferisce un’opinione altrui, si dimostra convinto della sua verità, cioè della sua rispondenza alla realtà dei fatti; nella seconda, invece, chi parla non è sicuro della certezza della notizia che riporta. E ancora: Credo che verranno, malgrado il verbo credo sug gerisca un’ipotesi, è molto più certa di Credo che vengano, la quale lascia spazio alla possibilità che l’arrivo di quelle persone avvenga o non avvenga. Il modo congiuntivo, che spesso viene sostitui to nella lingua parlata dall’indicativo, ha dunque l’importante funzione di esprimere non tanto la realtà dei fatti, bensì la possibilità che accadano. Salvare il congiuntivo nelle nostre frasi significa dunque considerare che il campo della possibi lità è molto vasto, e non ridurre i nostri discorsi semplicemente a descrivere i fatti. Spesso, infat ti, abbiamo bisogno di esprimere delle ipotesi, dei desideri, dei dubbi, e in questo ci è d’aiuto il modo Adcongiuntivo.ognibuon conto, la nostra lingua impone che alcuni verbi reggano obbligatoriamente il con giuntivo. dopo i verbi che indicano dubbio o opi nione (come credo, penso, mi sembra) si dirà: Credo che abbiano finito e non Credo che hanno finito.

trucchi

Il condizionale è il modo che indica una possibilità realizzabile solo a certe con dizioni. Mangerei sempre la cioccolata (se non facesse male). Il condizionale ha solo due tempi: uno semplice ƒ presente (partirei) e uno composto ƒ passato (sarei partito). Ecco i suoi valori, distinguendo, come per il congiuntivo, tra condizionali dipendenti e indipendenti da altre forme verbali. Frasi in cui il condizionale è indipendente Il condizionale può esprimere Esempio una situazione ipotetica, spesso in tono cortese; Domani verrei a casa tua alle cinque. un rammarico, un rimorso, ovvero un desiderio del passato che non si è realizzato; Avrei giocato volentieri con te! un invito, una richiesta o un ordine, espressi in forma cortese. Mi presteresti la tua bicicletta? Frasi in cui il condizionale è dipendente Il condizionale può esprimere Esempio una situazione pensata, desiderata, ipotizzata nel passato; Quando avevo cinque anni dicevo che da grande avrei fatto il pompiere. in connessione con un congiuntivo indica una situazione che si può (o si poteva) avverare solo se si rispetta (o se fosse stata rispettata) una condizione. Se tu fossi puntuale non disturberesti la lezione. Se tu fossi stato puntuale non avresti disturbato la lezione. Imperativo Imperare in latino è un verbo che significa comandare. Il valore di questo modo è infatti quello di esprimere un comando, un ordine. Poiché non si possono dare ordini a cui obbedire nel passato, l’imperativo ha solo il tempo presente. Inoltre non si può comandare a sé stessi (se non dandosi del tu) e nemmeno a qualcuno che non è presente o a cui non ci si rivolge direttamente: ecco perché l’imperativo ha solo la seconda persona singolare e plurale Spegni la televisione! Affrettatevi! In alternativa all’imperativo si usa il congiuntivo per dare un ordine a una persona di riguardo o a un gruppo di persone (essi) e ancora per esortare il gruppo di cui chi parla fa parte (noi).

4. L’ USO dEI TEMPI E dEI MOdI VERBALI 139 Condizionale

Come si è detto, i modi indefiniti non indicano né la persona, né il numero. Poi ché spesso svolgono la funzione del nome (lavorare stanca) o dell’aggettivo (con gli occhi brillanti per l’emozione), si chiamano forme nominali del verbo. Infinito

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA140

Si accomodi, Signor Giusti! Entrino pure! Ascoltiamo (noi)! Per esprimere un divieto, alla seconda persona singolare, si ricorre all’infinito preceduto da non. Non correre! I modi indefiniti

L’infinito non esprime la persona, il genere, il numero. Pur avendo due tempi, uno semplice ƒ presente (partire) e uno composto ƒ passato (essere partito) non è in grado di dare le coordinate temporali della situazione che indica, se non in dipendenza da un verbo di modo finito. Lo vedo partire (presente). Dovrete partire (futuro). Dovevano partire (passato). L’infinito infatti acquista valore soprattutto quando dipende (cioè è retto) da altri verbi. ƒ Può essere retto dai verbi volere, potere, dovere, desiderare, preferire, fare, lasciare… Voglio andare a Gardaland! Ha dovuto aspettare per due ore. Desiderava venire in vacanza con noi. Sua madre non le lascia leggere i fumetti. ƒ Retto da alcuni verbi, assume i valori dell’indicativo e del congiuntivo. Disse di essere stanco. = Disse che era stanco. Si è pentito di aver rubato. = Si è pentito del fatto che aveva rubato. Ho molto lavoro da fare = Ho molto lavoro che deve essere fatto. Pensa di essere il migliore. = Pensa che sia il migliore. L’infinito non dipendente da altri verbi ha invece le seguenti funzioni. ƒ Preceduto da una negazione, esprime la II persona singolare dell’imperativo negativo e dunque ha il valore di divieto Non sporgersi dal finestrino. ƒ Ha valore imperativo affermativo nei testi che forniscono istruzioni.

4. L’ USO dEI TEMPI E dEI MOdI VERBALI 141

Aprire con cura. Tirare la leva solo in caso di necessità. ƒ A volte si comporta come un nome. Lavorare stanca. Vivere è meraviglioso. Hai un bel dire! ƒ Può essere usato da solo in frasi interrogative o esclamative. Essere o non essere? Ho finito tutta la torta! E pensare che credevo di non avere fame!

Participio Come l’infinito, il participio non esprime la persona e non ha valore temporale preciso se non in dipendenza da altri verbi, pur avendo due tempi entrambi semplici: ƒ presente (pensante) ƒ passato (pensato). Il participio può svolgere le funzioni di tre parti del discorso: verbo, nome o aggettivo. A differenza degli altri modi indefiniti, è variabile nel numero e, nella forma passata, anche nel genere: arrivato, arrivati, arrivata, arrivate. ƒ È un verbo quando concorre a formare i tempi composti (aveva preso, sia arri vato ) e quando è predicato di un’intera frase. Luigi, trovata la soluzione, si sentì un genio. (al posto di trovata si può dire, infatti, dopo che ebbe trovato, che è una frase con verbo di modo finito) Elena, mossa dalla curiosità, aprì il pacchetto. (puoi sostituire mossa con che era mossa) Dubitante delle mie affermazioni, Luca chiese ulteriori informazioni. (puoi sostituire dubitante con poiché dubitava) ƒ Svolge la funzione di aggettivo quando accompagna un nome, cioè quando fa parte di un sintagma nominale e ha valore di attributo Ho appena finito di leggere un libro interessante. La parola più adeguata per definire questo spettacolo è “meraviglioso”. oppure quando è retto da un verbo copulativo e ha valore predicativo. Lucio sembra soddisfatto Loredana è considerata attraente ƒ Svolge la funzione del nome quando è accompagnato dall’articolo e indica una persona, un oggetto, un’idea.

In ogni città vi è un monumento dedicato ai caduti.

Questioni

Questioni

di lessico NOMI E DERIVATIAGGETTIVIDAPARTICIPI pagina 150

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA142

È sempre retto da altre frasi, in rapporto alle quali assume diversi valori, come studierai più approfonditamente in seguito.

di lessico AGENDE, BEVANDE E MERENDE: I FALSI GERUNDI pagina 151

I concorrenti sono pregati di disporsi sulla linea di partenza! Gerundio Il terzo modo indefinito è il gerundio, che ha due tempi: uno semplice ƒ il presente (studiando) e uno composto ƒ il passato (avendo studiato).

Passeggiando per il bosco, Cappuccetto Rosso incontrò il lupo. (il gerundio ha qui valore temporale, infatti si può sostituire con mentre passeggiava) Non avendo studiato, Piero non riuscì a svolgere la verifica. (Non avendo studiato ha valore causale, significa infatti poiché non aveva studiato) Quando il gerundio è in dipendenza di una forma finita del verbo fraseologico stare, indica un’azione continuata nel tempo. Luca sta giocando a tennis. Ieri mi sono accorto che mia sorella stava ascoltando la mia conversazione al telefono con Nicola.

Osserva i seguenti verbi della prima coniugazione (modo indicativo, tempo presente). amo canto sogno ami canti sogni ama canta sogna amiamo cantiamo sogniamo amate cantate sognate amano cantano sognano Questi verbi presentano lo stesso morfo per indicare il modo, il tempo e la persona. Se poi consideri ciascuno dei lessemi coniugato negli altri tempi semplici dei vari modi, ti accorgerai che la componente lessicale non muta mai. amavo (indicativo imperfetto) amerò (indicativo futuro) ami (congiuntivo presente) amassi (congiuntivo imperfetto)

5. VERBI REGOLARI, IRREGOLARI, dIFETTIVI, SOVRABBONdANTI 143

Prima di affrontare le irregolarità chiediamoci: qual è la caratteristica dei verbi regolari? Perché sono detti regolari?

5. VERBI REGOLARI, IRREGOLARI, DIFETTIVI, SOVRABBONDANTI Verbi regolari

Definiamo regolari quei verbi che conservano invariata la componente lessicale in tutte le forme e si coniugano aggiungendo i morfi propri della loro coniugazione. Per studiare tali verbi basta imparare i morfi ricorrenti nei vari modi e tempi e poi aggiungerli alla componente lessicale, la quale si ricava togliendo -are; -ere; -ire dall’infinito presente. amare am-are amtemere tem-ere temservire serv-ire serv-

UNITÀ 5 IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA144

I trucchi del mestiere AVVERTENZE ORTOGRAFICHE RIGUARDANTI LA PRIMA CONIUGAZIONE REGOLARE

I verbi che terminano in -care e in -gare conservano il loro suono duro (gutturale) in tutte le loro forme, sicché davanti alle desinenze che cominciano per -i e per -e prendono la h. pregare preghi, pregherò, pregheranno… recare recheranno, rechereste…

I verbi in -ciare e in -giare invece perdono la -i davanti a desinenze che cominciano per -e (e ovviamente per -i), in quanto il loro suono dolce (palatale) è comunque salvaguardato. cominciare cominceranno, comincereste… mangiare mangeremmo, mangeranno…

I verbi la cui componente lessicale termina in -i, la mantengono davanti a desinenze che iniziano per -i se la prima è accentata, altrimenti rimane una i sola. spiare tu spìi, essi spìino ma noi spiamo, voi spiate Tale regola non vale se la voce verbale può confondersi con un’altra voce. Tu odii (da odiare) Tu odi (da udire) Il suono gn non può essere seguito da i, ma i verbi in -gnare devono mantenerla se fa parte del morfo. noi sogn-iamo noi bagn-iamo (indicativo presente) voi sogn-iate voi bagn-iate (congiuntivo presente)

Anch’essiplurale).vanno

Verbi irregolari Osserva le seguenti voci verbali: morire io muoio sentire io sento vivere io vivrò leggere io leggerò Se vivere e morire fossero verbi regolari, dovrebbero avere le voci: io moro (!) e io viverò (!). Essi invece sono verbi irregolari, ovvero variano la componente lessicale rispetto al lessema di partenza a seconda dei modi e dei tempi. Per imparare tali verbi, che sono numerosi e di uso assai comune, non vi è altro da fare che… studiarli a memoria! Per questo forniamo il loro elenco nelle Tavole dei verbi a p. 292 e seguenti. Verbi difettivi Si può dire Io bisogno? No, eppure esiste il verbo bisognare… Di alcuni verbi si sono perse molte forme con il passare del tempo, sicché oggi difettano o di interi modi e tempi (il verbo aggradare, ad esempio, ha solo alcune voci dell’indicativo); o di alcune persone (il verbo bisognare si può coniugare solo alla terza persona singolare, occorrere si può coniugare alla terza persona singo lare e studiati a memoria; per questo troverai il loro elenco nelle Ta vole dei verbi a p. 313 e seguenti. Sono difettivi i verbi che non presentano alcuni modi o alcuni tempi o alcune persone. Verbi sovrabbondanti Osserva le seguenti frasi: Compiere gli anni in estate ha qualche svantaggio. Compire gli anni in estate ha qualche svantaggio. Ho le mani arrossate e screpolate per il freddo. È arrossito quando l’hanno sgridato. Nelle prime due frasi, compiere e compire hanno lo stesso significato e possono essere usati indifferentemente. Nelle altre due invece si sono dovuti usare i verbi arrossare e arrossire, per esprimere due differenti concetti. Ti sarai accorto che in entrambi i casi la componente lessicale è identica, mentre la coniugazione varia. Chiamiamo sovrabbondanti quei verbi che presentano uguale componente lessicale ma appartengono a due diverse coniugazioni, sia che mantengano lo stesso significato, sia che esprimano concetti differenti.

5. VERBI REGOLARI, IRREGOLARI, dIFETTIVI, SOVRABBONdANTI 145

146 UNITÀ 5 QUESTIONI dI LESSICO

Le parole che usiamo sono, nella maggior parte, as sai antiche. Esse sono il risultato del lungo processo di evoluzione di tutta la lingua: le parole si muovono e si spostano attraverso il tempo e lo spazio; ciò fa sì che spesso la loro radice risalga a una forma con un valore notevolmente diverso dall’attuale. Molte parole della nostra lingua ci riportano al latino e, attraverso esso, a una lingua molto più antica della quale non abbiamo alcun documento scritto: l’indoeu ropeo. I grammatici e gli studiosi hanno individuato un gruppo di popoli indoeuropei che comprendevano quelli che poi sarebbero divenuti i Latini, gli Osco-Umbri, i Veneti, i Celti, i Germani, i Greci, gli Armeni e i popoli dell’India, le cui lingue presentano affinità. Ad esempio, osserva le somiglianze delle parole padre e madre nelle seguenti lingue di origine indoeuropea: Sanscrito pitar matar Latino pater mater Greco pater mater Slavo antico mati Irlandese antico athir máthir Gotico fadar Armeno hayr mayr Le migrazioni legate all’insediamento dei popoli in doeuropei nelle regioni dell’Europa e dell’Asia ebbero come risultato la mescolanza di popolazioni e di lin gue diverse: quando i popoli indoeuropei occupavano un nuovo territorio, imponevano alle popolazioni locali la propria lingua. Al contempo, la lingua degli occupanti subiva influenze della lingua locale. Le lingue indoeuropee primitive furono a loro volta ca postipiti delle famiglie linguistiche che da esse prendo no il nome. Ecco le principali: indoeuropeo germanicafamiglia inglese > olandese tedesco > danese celticafamiglia irlandese italicafamiglia latino > catalanocastiglianoromenoitalianofrancese ellenicafamiglia greco > neo-greco indo-iranicafamiglia indiano > sanscrito iraniano > persiano armenafamiglia balto-slavafamiglia

DA DOVE DERIVANO LE PAROLE ITALIANE?

baltico > lituano slavo > russo I POPOLI E LE LINGUE IN EUROPA III-II MILLENNIO A.C. URALICI MEDITERRANEI SEMITISUMERI CAMITI INDOEUROPEI Balti Tocari ArmeniAriIttiti Sciti TraciFrigiAlbanesiGreci VenetiOsco-UmbriLatiniIlliri Germani Lidi Slavi BaschiBritanniGalli Iberi PuniciLiguriEtruschiPiceniSicani FeniciCananei CaucasiciAssiri KirghisiTurchiMediPersiani Indiani ALTAICIFinni-LapponiUgro-FinniUngheresi Berberi Celti

L’INDOEUROPEO

armeno albanesefamiglia albanese

Salarium Significava la porzione di sale e quindi lo stipendio che si assegnava agli impiegati di qualsiasi rango dello Stato. Oggi salario significa ‘stipendio’.

147QUESTIONI dI LESSICO

Come si può dedurre dallo schema, le radici delle parole italiane vengo principalmente dal latino e a tale lingua dobbiamo anche la maggior parte delle nostre costru zioni sintattiche. IL LATINO Il latino originariamente era parlato dai Latini, una pic cola comunità stanziata alle foci del Tevere, dalla qua le nacque la civiltà di Roma. Tale lingua rispecchiava le esigenze di una civiltà agricola, pastorale e militare, come dimostrano alcuni esempi delle più antiche pa role latine. Pecunia Indicava all’origine una grande quantità di bestiame e solo più tardi significò ‘denaro’, il che fa capire come la ricchezza per i primi abitanti del Lazio consistesse nel possesso di numerose greggi. Ancora oggi si usa l’aggettivo pecuniario per indicare ciò che riguarda il denaro. Egregius Significava inizialmente ‘fuori dal gregge’ e ha poi assunto il significato di persona distinta, di qualità superiore alla media. Rivalis Era anticamente colui che abitava sull’altra riva del fiume (rivus), con il quale vi era il rischio di entrare in discussione per motivi di proprietà, dal che è derivato il significato di ‘rivale’, nemico, concorrente.

DANTE E IL FIORENTINO L’italiano si è dunque sviluppato nel corso di un pro cesso durato alcuni secoli a partire dal latino volgare. In tale evoluzione una delle numerose parlate del territo rio nazionale prese il sopravvento sulle altre. Si tratta del fiorentino, lingua nobilitata da tre grandi poeti e scrittori italiani, vissuti tra il tredicesimo e il quattor dicesimo secolo: dante Alighieri (1265-1321), Giovan ni Boccaccio (1313-1375) e Francesco Petrarca (13041374). Grazie alla portata delle loro opere in versi e in

Con il tempo i Romani stabilirono il loro dominio su molte regioni, come la Sicilia, la Sardegna, la Spagna, la Britannia, l’Africa settentrionale. Al tempo dell’impera tore Augusto (31 a.C. – 14 d.C.) la lingua latina si diffu se in tutta la parte occidentale dell’Impero, fino a quel le che oggi sono le città di Londra, Parigi, Vienna, Sa ragozza e Tunisi. Inoltre, accanto al greco, il latino era usato anche nella parte orientale. I contatti con i popoli conquistati arricchirono e modificarono notevolmente la lingua di Roma e molte parole appartenenti alle lin gue locali divennero parte del lessico latino.

Pauper e Felix Significavano ‘povero’ e ‘fertile’ in senso agricolo, riferito cioè alla terra e ai campi; in seguito il loro significato si ampliò nel senso di ‘povertà’ e ‘felicità’ come lo intendiamo oggi.

LE LINGUE NEO-LATINE Accanto alla lingua che si assestò nell’epoca d’oro della letteratura latina, tra il primo secolo avanti e il pri mo secolo dopo Cristo, di cui ci danno testimonianza le opere di Cesare, Cicerone, Tito Livio, Virgilio…, vive va la lingua usata correntemente, chiamata ‘rustica’ o ‘volgare’. Ed è proprio il latino volgare che costituirà la base delle lingue neo-latine o romanze, di cui fa parte l’italiano. Naturalmente il latino parlato, a differenza di quello letterario, era caratterizzato da notevoli dif ferenze tra regione e regione dovute prevalentemente all’influenza delle lingue locali: ogni popolo, pur assu mendo come lingua ufficiale il latino, conservava parole e costrutti della sua lingua madre. Quando, verso la fine del V secolo dopo Cristo, il mondo romano fu travolto dalle invasioni barbariche, le diffe renze fra le diverse forme regionali del latino parlato crebbero al punto da rendere difficile la comunicazione tra le popolazioni dell’Impero. In molte regioni il latino fu abbandonato, in altre convisse a lungo con le lingue locali. In tal modo cominciarono ad affermarsi quelle che sarebbero divenute nel tempo le principali lingue europee, come l’inglese, il tedesco, il francese, lo spa gnolo e l’italiano. Il processo descritto si verificò, però, soprattutto per la lingua parlata, perché il latino scritto continuò a essere la lingua usata dalle persone colte nella produzione letteraria e scientifica (nelle universi tà, per esempio, si insegnò in latino sino al XVII secolo). dove il latino convisse, anche nella lingua parlata, con le lingue locali, si formarono le lingue chiamate neolatine, o romanze (dal francese antico romanz, derivato a sua volta dall’espressione latina romanice loqui, ‘par lare in lingua romana’), di cui fa parte l’italiano.

148 UNITÀ 5 QUESTIONI dI LESSICO

Fertile dal verbo ferre, ovvero ‘portare, produrre’. dante la utilizza nel canto XI del Paradiso: dove la “fertile costa” (verso 45) descritta dal poeta indica il luogo in cui nacque san Francesco. Mesto dal latino maestus, participio passato del verbo maerere, ovvero ‘essere triste, addolorato’. dante utilizza questo termine per descrivere la triste condizione dei dannati. Molesto dal latino moles, ovvero ‘peso, fardello’. Quisquilia Altro termine latino, traducibile con ‘pagliuzza’, quindi, metaforicamente, con il significato di ‘bazzecola, inezia, piccolezza’. Nel XXVI canto del Paradiso è usato con il significato di ‘impurità’.

LINGUE NON INdOEUROPEE

LINGUEFinlandeseEstoneUnghereseBascoINdOEUROPEE

prosa e grazie ai linguisti che successivamente pubbli carono trattati e grammatiche, il fiorentino si affermò come lingua letteraria e molti degli argomenti che pri ma venivano trattati in latino, iniziarono a essere scritti in fiorentino. dante, unanimemente riconosciuto come il padre della lingua e della letteratura italiana, introdusse nella sua opera, in particolare nella Divina commedia, parole ed espressioni nella lingua comune che prima non erano Eccodiffuse.qualche latinismo (utilizzo di termini latini adat tati alla forma italiana) dantesco.

BalticheCelticheGrecoSlaveGermanicheRomanze AnatolicheIndianeIranicheAlbaneseArmeno (estinte) Tocario (estinta)

Altri latinismi e grecismi entrarono nell’italiano suc cessivamente, ad esempio: abolire, arguzia, canoro, clinica, continente, dialetto, eccentrico, entusiasmo, esagerare, ginnico, nenia, omonimo, ottica, parafrasi, penisola, rapsodia, scenografia, educare, elegante, frivolo, questuare, somministrare…

149QUESTIONI dI LESSICO I PRESTITI DALLE ALTRE LINGUE

In seguito, e intensamente nel 1500, si assiste a un progressivo arricchimento lessicale della lingua ita liana, dovuto a prestiti (cioè parole che entrano a far parte del patrimonio di una determinata lingua prove nendo da una comunità di lingua diversa) dal francese, dallo spagnolo, dall’arabo. Ciò è motivato dal fatto che si inizia a scrivere in italiano di molti argomenti prima trattati in latino e greco, e spesso servono parole non ancora esistenti in italiano. Ecco qualche esempio. dal francese addobbare, balìa, barone, dama, damigella, leale, ligio, lignaggio, paladino, scudiere… arnese, bersaglio, bottino, freccia, giavellotto, sergente, stendardo, vivanda, corsiere, destriere, palafreno, ronzino, coniglio, daino, quaglia, veltro, levriero, giostra, torneo… burro, formaggio, mostarda, giardino, cuscino, gioiello, torcia, tovaglia, carola, danza, liuto, viola, abbigliarsi,giullare…artiglieria, bagaglio, bidello, biglietto, confettura, crema, felpa, fricassea, furbo, gergo, maresciallo, paesaggio, petardo, racchetta, trincea, ventaglio… dallo spagnolo appurare, disimpegnare, grandioso, gustoso, manipolazione, arrabattarsi, buscare, accertare, accudire, acciacco, disdetta, disimpegno, disguido, floscio, regalo… appartamento,alcova, baule, baracca, borraccia, chicchera,pastiglia, siesta… dall’arabo assicurazione, banca, borsa, cambiale, cifra, contratto, fattura, magazzino, polizza, protesta, tara, zavorra… arancio, carciofo, limone, spinaci, zucchero… Alcuni prestiti inglesi del Novecento baby sitter, bar, best seller, bitter, transistor, miss, manager, reporter, nylon, slogan, sponsor, sport, computer, container, handicap, camping, stop, suspence, test, toast, western, mass media, jazz, jeep, bluff, budget, jet, dribbling, round, pullover, quiz, club, commando, derby, hobby, hostess, relax, clan, clip, optional…

L’ITALIANO DOPO L’UNITÀ D’ITALIA Nel 1800, secolo dell’unificazione dell’Italia (1861), si ripropone con forza l’esigenza di definire quale sia la lingua degli italiani. La discussione fra i linguisti fu ac cesa e alla fine si affermò il desiderio di uno stretto contatto tra la lingua scritta e la lingua parlata. Il mo dello della lingua parlata viene, ancora una volta, rico nosciuto nel fiorentino ed è, come già accadde con la Divina Commedia di dante, un’opera letteraria a imporre l’uso del fiorentino colto quale modello per l’italiano: I Promessi sposi di Alessandro Manzoni (1785-1853). Con il suo romanzo, Manzoni ottiene di liberare la lin gua scritta, l’italiano letterario, da tutti gli elementi estranei che esso aveva acquisito nel corso dei secoli, soprattutto dalle costruzioni e dalle forme assunte dal Ilfrancese.Novecento è il secolo della completa affermazione dell’italiano come lingua nazionale. Alla fine del 1800 solo le persone colte (secondo le stime solo il 2,5 per cento degli Italiani) erano in grado di usare l’italiano correttamente, mentre la maggior parte della popola zione si serviva soltanto del dialetto. All’inizio del 1900 quasi il 50 per cento della popolazione sapeva parla re l’italiano e nei nostri giorni, sebbene l’uso dei dia letti non sia scomparso, coloro che all’occorrenza non si sanno servire dell’italiano sono alla fine del secolo meno del 5 per cento della popolazione. La diffusione dell’italiano è dovuta a molti fattori: il primo tra essi è certamente legato all’istruzione scolastica, ma non si deve dimenticare l’influenza dei mezzi di comunicazio ne di massa, come i giornali, la radio e la televisione. L’italiano del Novecento è caratterizzato da un forte arricchimento lessicale, paragonabile a quello del Cin quecento. Tuttavia, mentre nei secoli passati i prestiti linguistici erano per lo più spagnoli e francesi, nel No vecento, soprattutto a partire dal secondo dopo guerra, l’influsso lessicale più consistente proviene dalla lingua (Trattoinglese. e adattato da Rigotti E., Schenone P., Vivere la lingua. Grammatica italiana, SEI 1988, pp. 249-272)

Nel 1612 venne scritto il primo vocabolario della lin gua italiana, a cura dell’Accademia della Crusca, ma l’evoluzione del lessico non si è mai arrestata, sia a causa degli scambi con altri popoli, sia per l’esigenza di denominare le nuove scoperte e le nuove invenzioni.

Molti degli aggettivi e dei sostantivi in –ante, -iente, -ente (quindi con il morfo di un participio presente) erano, in origine, dei participi. Spesso il legame con il verbo originario è ancora sentito dai parlanti. studente < studiare cantante < cantare commerciante < commerciare mendicante < mendicare Tra gli aggettivi: interessante < interessare ubbidiente < ubbidire dimagrante < dimagrire Tale legame è spesso confermato dalle definizioni del dizionario. Ad esempio, aiutante: chi si presta o è inca ricato di aiutare. In altri casi la parola ha perso ogni legame con il verbo corrispondente, soprattutto quando si tratta di latini smi, cioè di parole che derivano non da un verbo italia no ma da un verbo latino. docente < doceo = insegno paziente < patior = sopporto serpente < serpo = striscio mittente < mitto = mando imminente < immineo = incombo lucente < luceo = emetto luce derivate da antichi participi presenti sono anche alcune preposizioni. durante < durare rasente < rasare nonostante < non ostare Anche il participio passato ha dato luogo ad aggettivi e aggettivi sostantivati, come il fatto, il detto, la racco mandata, l’inviato, l’impiegato, i sopravvissuti, la chiama ta, il fritto, ecc.

150 UNITÀ 5 QUESTIONI dI LESSICO NOMI E AGGETTIVI DERIVATI DA PARTICIPI

151QUESTIONI dI LESSICO

AGENDE, BEVANDE E MERENDE: I FALSI GERUNDI

Attenzione: non tutte le parole che terminano in -ndo sono gerundi. Ad esempio, il maturando, cioè lo studen te destinato a sostenere l’esame di maturità, e il laure ando, lo studente prossimo alla laurea, sono due nomi. In latino tale forma di nomi e aggettivi viene chiama ta gerundivo ed esprime un valore di destinazione, di prossimità a una certa meta. Ecco altri nomi che hanno la stessa origine. Legenda dal latino lego, informazioni che devono essere lette. Pensa alla legenda delle cartine geografiche. Agenda deriva dal verbo latino agere = fare. Nel suo senso originale significava ‘le cose che devono essere fatte’, ora indica il libro, il quaderno su cui si scrivono gli appuntamenti e le cose da fare. Merenda dal latino merēre = meritare, indica oggi lo spuntino del pomeriggio, meritato se la giornata è operosa. Addendo dal latino addĕre = aggiungere, significa ‘che deve essere aggiunto’. In matematica si chiamano ‘addendi’ i numeri che devono essere sommati. Locanda dal latino locāre = affittare, dunque significa oggi albergo economico, trattoria con alloggio. della stessa famiglia di parole i termini locazione, che significa ‘affitto’, e locandina, avviso stampato, che un tempo era appunto appeso sulle porte delle case in affitto. Referendum dall’espressione latina ad referendum, ‘per riferire’ (dal verbo referre = riportare, riferire). Significa consultazione diretta del popolo, che viene chiamato a pronunciarsi con una votazione per approvare o rifiutare una specifica legge o su un atto normativo.

ARGOMENTI 1. Frase attiva e frase passiva 2. Frase riflessiva 3. Altre frasi costruite con verbi pronominali 6 LA FRASE ATTIVA, PASSIVA, RIFLESSIVA La vita è così originale, così sorprendente, così inesauribilmente sfumata. A ogni curva del cammino, all’improvviso, si apre una vista del tutto diversa. Hetty Hillesum Il bene quotidiano

Osserva attentamente le due sequenze di immagini:

La prima sequenza può essere così descritta: Un gatto insegue un topo. La seconda sequenza: Un topo è inseguito da un gatto. La scena descritta dalle due frasi è la stessa, ma è presentata secondo due diversi punti di vista: nel primo caso, si vuole mettere in primo piano colui che compie l’azione di inseguire; nel secondo caso, colui che la subisce. La prima frase è espressa cioè in forma attiva, la seconda in forma passiva. Nella frase attiva il soggetto compie l’azione espressa dal predicato. Nella frase passiva il soggetto subisce l’azione espressa dal predicato.

UNITÀ 6 L A Fr A se ATTIvA , pA ssIvA , rIFLessIvA154

1. FRASE ATTIVA E FRASE PASSIVA

Attivo deriva dal verbo latino agĕre = fare, da cui provengono molti altri ‘attivista’,‘agente’,qualitermini,‘agire’,‘azione’,‘attività’,‘atto’,‘attivare’e‘disattivare’…Intuttiquestiterminivivel’ideadiunsoggettocheinqualchemodoagiscesullarealtà: la modifica o la costruisce. Passivo deriva dal latino passus, participio passato del verbo păti = subire, patire. Dunque è passivo chi subisce, il contrario di chi agisce. Ha la stessa origine il ‘passione’terminechedesignasiala sofferenza fisica sia un forte amore (chi ama qualcosal’attrattivasubiscedidialtrodasé).

La trasformazione della frase attiva in frase passiva e viceversa

Osserva come avviene la trasformazione dalla frase attiva alla frase passiva: Il gatto soggettosN compie l’azione insegue predicatosv verbale attivo esprime l’azione il topo complementosN oggetto subisce l’azione Il topo soggettosN subisce l’azione è inseguito predicatosv verbale passivo esprime l’azione dal gatto sp compie l’azione Nella frase passiva il complemento oggetto diventa soggetto e concorda con il verbo, che cambia la forma da attiva a passiva; quello che era il soggetto si trasforma in un sintagma preposizionale che indica colui che compie l’azione. È evidente che in mancanza di complemento oggetto nella frase attiva (ad

Le forme del passivo Osserva i verbi delle seguenti frasi, la prima attiva, la seconda passiva. Jim trova un tesoro. Un tesoro è trovato da Jim. I due verbi, pur mantenendo la stessa persona e lo stesso numero (III singolare), lo stesso tempo (presente) e lo stesso modo (indicativo), hanno forme diverse. La forma passiva è sempre composta e si costruisce principalmente con l’ausiliare essere + il participio passato del verbo. Dorotea è infastidita da un’ape. Gabriele sarà visitato dal dottore. Alfredo è stato sgridato dalla preside. La frase passiva si può inoltre costruire anche in altri modi. ƒ Con l’ausiliare venire + il participio passato del verbo Lucia viene rapita dall’Innominato. Attenzione! Il verbo venire come ausiliare non può essere composto: ad esem pio non si può dire Lucia viene stata rapita. ƒ Con l’ausiliare andare + il participio passato del verbo. Andrea, è inutile che fai i capricci: la minestra va mangiata! = la minestra deve essere mangiata!

1. Fr A se ATTIvA e Fr A se pA ssIvA 155

Tale costruzione esprime contemporaneamente il passivo e la sfumatura di obbligatorietà, solitamente espressa con il verbo dovere.

ƒ Con il si passivante. Osserva le seguenti frasi: In Cina si produce molto riso. In Cina viene prodotto molto riso. Il significato delle due frasi è equivalente ed entrambe sono passive. Il verbo però, con il si passivante, è coniugato alla terza persona (singolare o plurale) di forma attiva. Questa forma, come quella costruita con l’ausiliare andare, si utilizza quando non è espressa la persona da cui viene compiuta l’azione. Non si potrebbe, infatti, dire La merenda si mangiò dal bambino. al posto di La merenda fu mangiata dal bambino.

esempio Luca corre), la frase passiva mancherebbe di soggetto. Dunque solo i verbi transitivi possono strutturare una frase passiva.

Osserva la seguente frase: Daniele è stato convocato dall’allenatore Nelle frasi passive chi subisce l’azione è messo in primo piano e funge da sogget to (Daniele), mentre colui che compie l’azione è espresso da un sintagma prepo sizionale, che svolge la funzione di complemento d’agente (dall’allenatore).

Il complemento d’agente indica chi compie l’azione subita dal soggetto nella frase passiva. Osserva ora le seguenti frasi:

Polifemo fu accecato da Ulisse. Polifemo fu accecato da un bastone appuntito.

In questo negozio non vengono venduti fuochi di artificio. perché essa presenta un soggetto (fuochi d’artificio) che subisce l’azione espressa dal Nellaverbo.prima frase, invece, non è possibile individuare un soggetto e il si serve a indicare che il divieto è valido per tutti: si tratta di un uso impersonale del verbo. Complemento d’agente e di causa efficiente

Infatti in questa frase è chiaramente espresso che l’azione viene compiuta dal bambino, mentre nella frase precedente non è detto da chi viene prodotto il riso. Attenzione! Il si passivante non va confuso con il si impersonale. Confronta le seguenti frasi: Non si gioca in cortile dopo le 19.00.

In questo negozio non si vendono fuochi di artificio. Solo la seconda frase può essere sostituita con un’altra frase passiva:

UNITÀ 6 L A Fr A se ATTIvA , pA ssIvA , rIFLessIvA156

1. Fr A se ATTIvA e Fr A se pA ssIvA 157

Le due frasi sono entrambe passive, ma nella prima viene indicata la persona (Ulisse) che compie l’azione subita da Polifemo; nella seconda viene indicato l’og getto inanimato usato per compiere l’azione. Anche se la struttura dei due sintagmi preposizionali da Ulisse e da un bastone ap puntito è la medesima, diverso è il loro valore. Il primo funge da complemento d’agente, mentre il secondo da complemento di causa efficiente: un essere ina nimato, infatti, non può compiere l’azione, ma può essere la causa di un certo effetto. Anche in frasi quali: L’albero è stato abbattuto dal fulmine. Piero fu vinto dal sonno durante la visione del film. I sintagmi dal fulmine e dal sonno svolgono la funzione di complementi di causa efficiente, in quanto cause di un certo effetto. Non a caso i latini esprimevano con la stessa struttura il complemento di causa efficiente e quello di strumento. Il complemento di causa efficiente indica l’essere inanimato che provoca l’azione subita dal soggetto nella frase passiva. Per approfondire

IL PREDICATO NOMINALE RISULTATIVO Confronta le seguenti frasi: La finestra è chiusa da Pietro. La finestra è chiusa, aprila! Nel primo caso la finestra, nel momento in cui la frase viene pronunciata, subisce l’azione (chiudere) compiuta da pietro, dunque è chiusa svolge la funzione di predicato verbale passivo. potresti dire anche: La finestra viene chiusa da Pietro. Il secondo enunciato esprime una situazione conseguente a una certa azione: qualcuno prima aveva chiuso la finestra. Il participio in questo caso ha un valore paragonabile a quello dell’aggettivo: si tratta di un predicato nominale risultativo. potresti dire anche: La finestra risulta chiusa. Questo tipo di predicato nominale è un po’ particolare perché non predica una caratteristica, una qualità del soggetto, bensì esprime lo stato in cui si trova il soggetto al termine di una certa azione compiuta da qualcun altro, esprime cioè il risultato di un’azione Azione Risultato Qualcuno ormeggia la nave. La nave è ormeggiata Qualcuno aprì la porta. La porta era aperta Qualcuno parcheggerà l’auto. L’auto sarà parcheggiata.

UNITÀ 6 L A Fr A se ATTIvA , pA ssIvA , rIFLessIvA158 2. FRASE RIFLESSIVA

Il bambino si veste. La terza frase significa: Il bambino veste sé stesso, Il bambino veste il bambino. Chia miamo tale tipo di frase: frase riflessiva Se osservi le scene rappresentate dalle tre frasi, ti accorgi che nella frase rifles siva vi è un unico attore, mentre nella frase attiva e in quella passiva gli attori in scena sono due. La frase riflessiva ha qualcosa in comune sia con quella attiva (il soggetto compie l’azione), sia con quella passiva (il soggetto subisce l’azione), perché l’azione espressa è al tempo stesso compiuta e subita dallo stesso attore. si ha una frase riflessiva quando il soggetto e il complemento oggetto si riferiscono allo stesso essere.

I verbi transitivi possono strutturare frasi attive o passive, ma anche un terzo tipo di frasi. Osserva: La mamma veste il bambino. Il bambino è vestito dalla mamma. (frase attiva) (frase passiva)

Unendo al verbo di forma attiva le forme atone del pronome personale in base alla persona.

2. Fr A se rIFLessIvA 159

SINGOLARE PLURALE I persona mi io mi vesto ci noi ci vestiamo II persona ti tu ti vesti vi voi vi vestite III persona si egli si veste si essi si vestono La forma atona corrisponde a un sintagma nominale con funzione di comple mento oggetto. Tu ti pettini. Tu pettini sN-soggetto sv–predicato verbale ti = te sN-complemento oggetto Nei tempi composti, l’ausiliare nella frase riflessiva è sempre il verbo essere. Io mi sono pettinato. Tu ti sei pettinato. ecc. Osserva ora le seguenti frasi: Luca si lava le mani. Piero si allaccia le scarpe. In entrambe le frasi il pronome personale si non svolge la funzione di complemento oggetto, bensì indica il destinatario dell’azione espressa dal verbo (complemento di termine). Le frasi possono essere espresse altrimenti: Luigi lava le mani a sé stesso; Piero allaccia le scarpe a sé stesso. Poiché l’azione compiuta dal soggetto ricade su una sua parte, le frasi vengono considerate riflessive, ma si distinguono dalle frasi riflessive proprie perché la coincidenza non è tra soggetto e oggetto, bensì tra soggetto e destinatario dell’azione. Pertanto tali frasi vengono denominate riflessive indirette si ha una frase riflessiva indiretta quando il soggetto e il destinatario dell’azione si riferiscono allo stesso essere, e il complemento oggetto indica una parte di esso.

Come si costruisce la frase riflessiva?

In italiano sono molti gli intransitivi pronominali: avventurarsi, concentrarsi, de streggiarsi, immedesimarsi, immischiarsi, impadronirsi, impelagarsi, impossessarsi, inabissarsi, intestardirsi, infortunarsi, ingegnarsi, inginocchiarsi… Vi sono anche alcuni verbi che, a seconda del contesto in cui sono usati, assu mendo diverse sfumature di significato, possono essere transitivi o intransitivi pronominali. Ad esempio: transitivo intransitivo pronominale Il libro ha commosso il lettore. Il lettore si è commosso. commuovere = muovere gli affetti di un altro commuoversi = provare un forte sentimento Lo spettacolo ha meravigliato tutti. Tutti si sono meravigliati. meravigliare = destare stupore in qualcuno meravigliarsi = essere sorpresi

UNITÀ 6 L A Fr A se ATTIvA , pA ssIvA , rIFLessIvA160

Non sempre la forma pronome personale di forma atona + verbo attivo esprime un riflessivo. Osserva le seguenti frasi: 1. Piero e Marcella si salutano. 2. Il professore si arrabbia.

3. Quasi quasi mi mangio un bel gelato! In nessuno dei tre casi abbiamo un riflessivo. La prima frase esprime un’azione reciproca: Piero è salutato e al tempo stesso saluta, e così Marcella. Si tratta di un verbo reciproco, in cui il pronome personale sta per “l’un l’altro”. Infatti non si può esprimere la stessa situazione dicendo Piero e Marcella salutano sé stessi. in quanto Piero e Marcella sono entrambi soggetti, ma diventano complementi oggetti se osservati separatamente: Piero saluta Marcella e nel frattempo Marcella saluta Piero. In casi come questo la frase è attiva. Nella seconda frase il si non è né complemento oggetto né di termine; infatti non avrebbe senso riscrivere la frase come: Il professore arrabbia sé stesso o a sé stesso. Il si, in questo caso, va considerato come facente parte del verbo. Molti verbi come arrabbiarsi, pentirsi, vergognarsi, lamentarsi… presentano come loro parte in tegrante le particelle pronominali mi, ti, si, ci, vi e sono pertanto chiamati intransitivi pronominali. La frase in cui compaiono è attiva. Il fatto che siano intransitivi toglie ogni dubbio sulla possibilità che siano rifles sivi: come può un intransitivo essere riflessivo se non può reggere un comple mento oggetto?

3. ALTRE FRASI COSTRUITE CON VERBI PRONOMINALI

La terza frase contiene un verbo transitivo (mangiare) il cui complemento og getto (un bel gelato) è espresso e non si riferisce alla stessa persona del soggetto. Che valore ha allora il mi? Qui il pronome personale esprime il coinvolgimen to del soggetto in quello che fa, denota un atteggiamento di soddisfazione, di interesse: svolge la funzione di complemento d’interesse (detto anche ‘etico’).

3. ALTre Fr A sI CosTrUITe CoN verbI proNomINALI 161

Con molti verbi intransitivi è possibile una costruzione analoga, sempre per esprimere il forte coinvolgimento del soggetto nell’azione o nella situazione: Io me ne stavo andando, quando Pietro mi chiamò. Luca se ne tornò a casa solo soletto. Ce ne infischiamo dei vostri rimproveri! Guarda Matteo come se la ride! In questi casi l’ausiliare nei tempi composti è sempre essere I valori del si Il si può avere diversi valori, a seconda della frase in cui è usato. Può essere un pronome con funzione di complemento, oppure far parte del verbo (solo in tal caso lo chiameremo particella). Riassumiamo i suoi valori in una tabella che puoi consultare in caso di dubbio: Esempio Funzione del si Pronome particella?o Piero si lava. Il si è complemento oggetto del verbo nella frase riflessiva (= Piero lava sé stesso). (=sN-pronomeséstesso) Luisa si lava le mani. Il si è complemento di termine del verbo nella frase riflessiva indiretta (= Luisa lava le mani a sé stessa). sp pronome (= a sé stessa) Marco e Cristina si salutano. Il si esprime reciprocità (= Marco saluta Cristina e Cristina saluta Marco). (=sN-pronomel’unl’altro) Laura si pente. Il si non ha un valore proprio, fa parte del significato del verbo intransitivo pronominale pentirsi. particella Gianni si mangia un gelato. Il si non è parafrasabile, ma indica l’interesse di Gianni nell’azione, e può essere omesso senza che il significato della frase cambi. È complemento di interesse sp pronome Si affittano biciclette. Il si è passivante, cioè rende passiva la frase (= Vengono affittate biciclette). particella In Spagna si va a letto tardi. Il si rende il verbo impersonale, in quanto non è né espresso né sottinteso il soggetto. particella

ComplementiPreposizioneSTRUTTURAPREPOSIZIONALE:SINTAGMAEFUNZIONI

IL

Un arazzo, visto di fronte, sembra un insieme di puntini affiancati l’uno all’altro di vario colore, ma se lo voltiamo scopriamo una trama fitta di fili quasi senza senso che emergono sulla superficie e si rinascondono, dando luogo all’immagine dell’arazzo sull’altro lato. In certa misura, la sintassi è un po’ come la parte visibile di un arazzo, guardandola superficialmente sembra una semplice fila di parole, ma se riusciamo a guardarla “da dietro” scopriamo la trama nascosta che lega tra loro le parole, magari anche a distanza tra loro. Andrea Moro I confini di Babele ARGOMENTI 1. La preposizione 2. Funzioni logiche del sintagma preposizionale: i principali complementi indiretti

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UNITÀ 7 IL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: STrUTTUr A e FUNzIoNI164 1. LA PREPOSIZIONE

Finora hai imparato che il nucleo della frase (SN + SV) può essere completato e arricchito aggiungendo sintagmi nominali che svolgono altre funzioni logiche rispetto al soggetto (apposizione, complemento oggetto, complemento di misu Unra…).altro modo che la lingua italiana offre per formulare messaggi più complessi e dettagliati è quello di utilizzare i sintagmi preposizionali, i quali possono svol gere diverse funzioni logiche. Prima di passare in rassegna tali funzioni, alcune delle quali sono state già pre sentate nei capitoli precedenti, occorre approfondire la conoscenza della prepo sizione. Funzione nel discorso Osserva: Vado in bicicletta da Luca. Vado in bicicletta con Luca. Vado con la bicicletta di Luca. Se togliessimo le parole in neretto, le frasi risulterebbero scorrette e poco signi ficative. Vado bicicletta Luca. Inoltre il destinatario non riuscirebbe a capire i nessi logici tra Luca, vado e bici cletta Abbiamo. tolto le preposizioni, parole in sé povere di significato, ma importanti nella sintassi della frase: senza di esse il testo non sarebbe sintatticamente cor retto e non riuscirebbe a trasmettere un messaggio sensato. Osservando le frasi avrai notato che le preposizioni introducono un sintagma nominale (da Luca, con la bicicletta…) e con esso formano un sintagma preposizionale. Esse possono introdurre anche un verbo di modo infinito. Inizio a correre. A lega correre a inizio, e insieme formano un unico sintagma verbale. Studio per conoscere. Per introduce conoscere e suggerisce il nesso tra le due azioni. In questo caso sono due le frasi: studio – prima frase per conoscere – seconda frase. La preposizione ha la funzione di rivelare i nessi fra gli elementi del discorso.

Anche altre parole sono considerate preposizioni perché sono usate per introdur re sintagmi preposizionali e sono sostituibili con le preposizioni sopra elencate. Esse vengono chiamate preposizioni improprie o perché originariamente appar tenevano ad altre parti del discorso o perché, attualmente, sono a volte preposi zioni, a volte avverbi, aggettivi, verbi, congiunzioni. Di seguito ne presentiamo alcune. entro, presso, verso Entro due giorni finirò questo lavoro. Mio padre lavora presso una ditta di computer. Mi dirigo verso casa. Esse rivelano nessi di luogo o di tempo. senza, tranne, eccetto Non so nuotare senza le pinne. Ho letto tutti i libri di Tolkien, tranne “Il Silmarillion”. Mangio qualsiasi frutto, eccetto le fragole. Esse rivelano nessi di esclusione durante, rasente, mediante, attraverso Durante le vacanze viaggio molto. Mediante un’applicazione costante otterrai buoni risultati. La lucertola correva rasente il muro. Queste parole derivano da verbi.

Vi sono tre tipi di preposizione. Preposizioni proprie (semplici o articolate) Sono preposizioni proprie semplici di, a, da, in, con, su, per, tra, fra.

Tipologia

Di tutte queste, possono fondersi con l’articolo (divenendo preposizioni articola te) solo di, a, da, in, con, su, secondo il seguente schema: + il lo la i gli le di del dello della dei degli delle a al allo alla ai agli alle da dal dallo dalla dai dagli dalle in nel nello nella nei negli nelle con col collo colla coi cogli colle su sul sullo sulla sui sugli sulle

Preposizioni improprie

1. L A prepoSIzIoNe 165

UNITÀ 7 IL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: STrUTTUr A e FUNzIoNI166

Secondo me hai sbagliato. Il secondo goal è stato annullato. / Lungo il fiume crescono i salici. Il fiume più lungo è il Po. Ho dormito a lungo.

Queste parole possono funzionare di volta in volta come avverbio o come prepo sizione. prima, vicino, lontano, lungo, secondo Preposizione Aggettivo Avverbio Abito vicino allo stadio. L’inverno è vicino. Abitiamo vicino.

Tali parole possono fungere da congiunzioni o preposizioni. Locuzioni preposizionali

Le locuzioni sono espressioni tipiche di una lingua formate da più parole che svolgono un’unica funzione. Ecco alcune locuzioni che svolgono la funzione di preposizioni: a forza di, in forza di, per mezzo di, grazie a, in virtù di, fuori di, all’interno di, rispetto a, in barba a, alla faccia di, in vista di, alla volta di, prima di, in seguito a, a causa di, insieme con, insieme a, in compagnia di…

Le preposizioni sono di tre tipi: proprie (semplici o articolate); improprie; locuzioni preposizionali.

Queste parole possono funzionare di volta in volta come avverbio, come preposi zione o come aggettivo. nonostante, malgrado Preposizione Congiunzione Malgrado la pioggia, esco. Malgrado piova, esco. Nonostante la tua insistenza, non accetto l’invito. Nonostante tu insista, non accetto l’invito.

Questioni di lessico I MODI DI DIRE pagina 183

Sei bello come Apollo! Come stai?

sopra, sotto, dentro, fuori, davanti, dietro, dopo, oltre, contro, come Preposizione Avverbio Il micio è sopra il tetto. Io abito sopra Oltre il muro c’è una siepe. Tu non puoi procedere oltre Vengo a casa tua dopo cena. Vengo dopo Sono finito con la bicicletta contro il muro. Possibile che devi essere sempre contro?

1. L A prepoSIzIoNe 167

Per approfondire È POSSIBILE TRADURRE IN ALTRE LINGUE LE LOCUZIONI PREPOSIZIONALI? Una frase come Ce l’ho fatta in barba a tutti. avrebbe bisogno di molte parole per essere espressa senza la locuzione in barba a: Nonostante tutti presupponessero che io non ce la potessi fare, ho rischiato e ce l’ho fatta. L’origine di tale locuzione è nel valore che la barba in passato rivestiva, contraddistinguendo come degno di rispetto e autorità chi la portava. Tant’è che si prestava giuramento “sulla barba di”. Sfidare la barba significa dunque sfidare l’autorevolezza di qualcuno. La locuzione rende quindi la comunicazione più vivace e più economica. essendo così legate alla storia dei parlanti una certa lingua, le locuzioni preposizionali solitamente non possono essere tradotte letteralmente in altre lingue: per tradurle occorre considerarne il significato, la funzione e cercare una forma analoga nella lingua in cui ci si vuole esprimere. Ad esempio osserva come si esprime la locuzione alla faccia di in inglese e in francese: Quanti compiti! Alla faccia delle vacanze… What a lot of homework! So much for the holidays… (= così tanto per) Que de devoirs! Et tu parles de vacances… (= e tu parli di)

2. FUNZIONI LOGICHE DEL SINTAGMA PREPOSIZIONALE: I PRINCIPALI COMPLEMENTI INDIRETTI

La funzione logica di un sintagma preposizionale consiste nel tipo di informa zione che dà sul sintagma da cui è retto. Osserva ad esempio quante diverse in formazioni può dare un sintagma preposizionale introdotto dalla preposizione di.

Sono affezionato al mio cane di stoffa. Indica la materia di cui è fatto il cane. Quello è un uomo di ingegno. Indica una qualità di quell’uomo. Esco di casa. Indica l’allontanamento da un luogo. Soffro di emicrania. Indica la causa della sofferenza. Luca è lesto di mano. Indica che Luca è lesto solo con le mani. Paolo di Tarso cadde da cavallo. Indica la provenienza di paolo. Il campo di grano è stato arato. Indica che il campo produce grano.

Gli occhi di Maria sono azzurri. Indica che gli occhi appartengono a Maria. La casa di Ivo è sulla collina. Indica il proprietario della casa. Questa borsa di libri pesa molto. Indica il contenuto della borsa. L’amico di Ugo gioca a basket. Indica un rapporto. La figlia di Anna si chiama Elena. Indica la parentela. La stessa preposizione può dunque introdurre sintagmi preposizionali aventi funzioni diverse, così come la stessa funzione può essere svolta da SP introdotti da preposizioni diverse. Osserva: La notizia arrivò per lettera. Vado a Viaggiopiedi. in treno. Con la pazienza si ottiene molto. Mediante telegramma ho saputo del tuo arrivo. I sintagmi introdotti dalle diverse preposizioni indicano tutti il mezzo attraverso il quale si realizza quanto espresso dal predicato.

UNITÀ 7 IL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: STrUTTUr A e FUNzIoNI168

Le funzioni logiche dei SP più ricorrenti nei nostri discorsi sono state catalogate sotto il nome di complementi indiretti. Vengono chiamati indiretti perché sono legati al verbo o al nome o all’aggettivo che li reggono grazie alla preposizione.

Non tutte le funzioni dei sintagmi preposizionali sono state classificate come complementi. Alcuni di essi, infatti, si presentano esclusivamente in dipendenza di un certo verbo o di un certo aggettivo. Ad esempio: ƒ il verbo litigare regge un SP introdotto da con Pietro litiga con tutti ƒ giovare regge un SP introdotto da a Correre giova alla salute ƒ privarsi regge un SP introdotto da di Lucia non sa privarsi dei suoi dolcetti preferiti. ƒ ricordarsi, dimenticarsi, vendicarsi, accorgersi reggono un SP introdotto da di.

Non mi ricordo mai del tuo compleanno! Mi sono dimenticato della tua festa. Non potrei mai vendicarmi dei torti subiti da te. Non mi sono accorto del tuo arrivo.

Considereremo questi sintagmi preposizionali come complementi indiretti di aggettivo Di seguito verranno invece presentati i principali complementi indiretti della lin gua italiana, classificati e raggruppati in base alla funzione che li accomuna.

Qualche esempio: complementi indiretti di verbo Entro in casa. Rido da mezz’ora. Appendo un quadro alla parete. complementi indiretti di nome Ho addobbato l’albero di Natale. L’auto di Piero si è fermata. Fido è un cane da caccia. complementi indiretti di aggettivo Questo divano è adatto al riposo Tobia è facile alla distrazione Giona è lesto di mano

2. FUNzIoNI LoGIche deL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: I prINcIpALI coMpLeMeNTI INdIreTTI 169

Considereremo questi sintagmi preposizionali semplicemente come complementi indiretti di verbo. Analogamente, aggettivi come simile, conforme, pari, uguale, necessario… reggono un SP introdotto da a, così come adatto, adeguato, idoneo, disposto, indifferente. Tuo fratello è simile a te Non mi sento adatto a questo incarico Sono indifferente ai tuoi capricci

Quando si vuole indicare non solo il destinatario, ma anche se questo è favorito o svantaggiato da quanto espresso dal predicato, si usa un sintagma preposiziona le introdotto dalle preposizioni per, a, contro, o dalle locuzioni preposizionali in Termine deriva dal latino tĕrminum = confine, delimitazione. Da qui il significato grammaticale di ‘punto ‘delimitazione’complemento.nell’omonimodell’azione’d’arrivoespressoInquantoèsinonimodi termine‘definizione’,significa anche ‘vocabolo’, ‘parola’: ciò con cui si definisce ununconcetto,oggetto.

Il complemento di termine indica il destinatario dell’azione espressa dal predicato o da un nome.

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Funzione: indicare il destinatario Esprimere il destinatario di un’azione significa indicare colui o ciò che la riceve, ciò su cui ricadono i suoi effetti. Possono svolgere tale funzione i complementi di seguito presentati. Complemento di termine Carlo ha mentito a Pietro. Gianni ha prestato il suo libro a un amico.

La tua attitudine allo studio è fuori dal comune. Attenzione! Il complemento di termine può essere costituito dai pronomi perso nali atoni: mi, ti, si, gli (= a lui), le (= a lei), ci, vi. Mi piace la matematica. La matematica (soggetto) piace a me (c. di termine). Gli scrivo. Scrivo a lui (c. di termine). Giacomo ha saputo della tua promozione? Sì, glielo ho detto. Ho detto a lui (c. di termine) ciò (complemento oggetto).

Complemento di vantaggio (e svantaggio) Non impariamo per la scuola, ma per la vita (vantaggio) I soldati combattono per la patria Questo giorno è stato pesantissimo per la mamma (svantaggio) Ho agito contro il mio interesse.

Luca ha dato uno spintone alla porta.

Il complemento di termine è un sintagma preposizionale introdotto dalla prepo sizione a, semplice o articolata, ed è particolarmente importante quando com pleta obbligatoriamente il significato del verbo. Ciò accade con i verbi dare e dire e quelli di significato affine: prestare, offrire, porgere, regalare, raccontare, narrare, mentire, obbedire, telefonare, rinunciare, richiedere Il complemento di termine può essere retto anche da un nome La tua rinuncia alla ricompensa mi ha favorevolmente colpito.

Ma cosa ci hai combinato! Stammi bene.

Funzione: specificare Specificare un sintagma significa rendere meno generico il suo significato, aiutar lo a individuare con maggiore precisione un oggetto o un concetto. Per esprimere tale funzione si può utilizzare: Complemento di specificazione Osserva come nelle seguenti frasi i sintagmi preposizionali introdotti dalla pre posizione di aiutino a specificare i sintagmi da cui sono retti. La bicicletta di Luigi è molto leggera. Non una bicicletta qualsiasi, ma quella il cui proprietario è Luigi. Lo zio di Luca gioca a golf. La relazione con Luca permette di individuare di quale zio si sta parlando.

Gli diedi un pasticcio alla crema e se lo divorò. Questi pronomi personali, in grassetto, non sono essenziali alla struttura delle frasi: se li togliessimo, ogni frase risulterebbe ugualmente corretta. Essi svolgono la funzione di complemento d’interesse (altrimenti detto etico), cioè sottolinea no che quanto viene espresso nella frase coinvolge affettivamente il parlante o il soggetto della frase. Il complemento d’interesse indica il vivo interessamento di una persona verso qualcosa, la sua sollecitudine, il suo affetto, il suo coinvolgimento.

Non un generico quaderno, ma quello che contiene gli appunti. È buono il vino del Piemonte? Non il vino in generale, ma quello prodotto in Piemonte. Etico è un derivatoaggettivodalgreco êthos = abitudine, uso, costume. Dunque significa ‘ciò che concerne la morale, relativo al costume, al comportamento’.

Non un libro qualsiasi, ma un libro il cui autore sia Lewis. Com’è ordinato il tuo quaderno degli appunti!

Tu mi difendi l’audacia di Giovanni?

Potresti prestarmi un libro di Lewis?

2. FUNzIoNI LoGIche deL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: I prINcIpALI coMpLeMeNTI INdIreTTI 171 favore di, a vantaggio di, a danno di, con funzione di complemento di vantaggio o svantaggio. Il complemento di vantaggio (o svantaggio) indica il destinatario a favore (o a danno) del quale si compie quanto espresso dal predicato. Complemento d’interesse

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Avrai notato dagli esempi che il complemento di specificazione è retto solita mente da un nome, e diverse sono le sfumature di significato che lo legano ad esso: può indicare un possesso, un’appartenenza, una parentela, un rapporto, un contenuto, una produzione… tutti espressi da un sintagma preposizionale intro dotto sempre e solo dalla preposizione di (semplice o articolata), non sostituibile con altre preposizioni, come invece accade con altri complementi (Soffro di emi crania = Soffro a causa dell’emicrania: complemento di causa). In alcune occasioni si trova il complemento di specificazione retto da aggettivi (es. desideroso di vitto ria; innamorato dei fiori…) o dal verbo essere (Quel computer è di mio fratello).

Complemento di materia Preferisci gli anelli d’oro o d’argento? Nella piazza vicino a casa mia hanno messo una magnifica statua in bronzo.

Il complemento partitivo esprime il tutto di cui il sintagma reggente indica la parte.

Il complemento di specificazione ha la funzione di esprimere una relazione che rende meno generico il significato della parola che lo regge. Complemento partitivo Chi di voi è preparato in storia? Qualcuno fra i tuoi compagni mi ha riferito ciò. Cinque su dieci soldati caddero in battaglia. I Belgi erano i più forti fra tutti i Galli Cesare uccise gran parte dei nemici. Ho appena sfornato la torta: chi ne vuole una fetta? Per specificare un elemento indicando a quale gruppo, a quale insieme appartie ne, si può utilizzare un sintagma preposizionale introdotto dalle preposizioni di, fra, su con funzione di complemento partitivo. Esso è retto da un sintagma formato da o contenente: ƒ un pronome interrogativo: chi, quale, quanti; ƒ un pronome indefinito: qualcuno, alcuni, ognuno… ƒ un pronome numerale: uno, due, tre…, un migliaio…, il primo, il secondo… ƒ un pronome dimostrativo: di questi, né… ƒ un aggettivo superlativo relativo: il più di…, il meno di… ƒ un nome che indica una quantità: parte, moltitudine, quantità…

Il complemento di materia è un sintagma preposizionale introdotto dalle prepo sizioni di, in, che indica di che materiale è fatto un oggetto.

Osserva la differenza tra il complemento di materia e quello di specificazione confrontando le due frasi: Che bella la tua camicia di seta! I mercanti di seta arrivavano dall’Asia. Nel primo caso il sintagma preposizionale di seta indica la materia con cui è fat ta la camicia, nel secondo, indica il prodotto che i mercanti commerciavano ed è complemento di specificazione. Il complemento di materia indica il materiale di cui è fatto l’oggetto indicato dal sintagma reggente.

Limitare significa tracciare un confine (limes in latino). A volte parlando è ne cessario confinare le nostre affermazioni in un certo ambito, sostenere che sono valide solo in relazione a un certo campo. Osserva: Questo vestito mi è stretto di spalle. Il vestito non è stretto dappertutto, ma solo sulle spalle. Carlo è un genio in matematica. Non è un genio in tutte le discipline, lo è solo nella matematica. Quanto a buone maniere sei un disastro. Non sei un disastro in tutto, lo sei solo nell’ambito delle buone maniere.

Complemento di limitazione

Per esprimere questa funzione si utilizza spesso un sintagma preposizionale in trodotto dalle preposizioni di, in, per, secondo e dalle locuzioni preposizionali in base a, rispetto a, quanto a, in fatto di, con valore di complemento di limita zione. Il complemento di limitazione indica l’ambito entro cui il significato del sintagma che lo regge è valido.

Spesso il complemento di materia è sostituibile con un aggettivo. A Lucca ho visto uno splendido crocefisso ligneo. aggettivo con valore di attributo A Lucca ho visto uno splendido crocefisso di legno. Sp-complemento di materia

2. FUNzIoNI LoGIche deL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: I prINcIpALI coMpLeMeNTI INdIreTTI 173

Il complemento di qualità indica una caratteristica fisica o morale dell’essere indicato dal sintagma reggente.

Complemento di qualità

Per esprimere le caratteristiche di un ente si utilizza solitamente l’aggettivo qua lificativo, ma si può ricorrere anche a un sintagma preposizionale introdotto dalle preposizioni di, a, da, con, con funzione di complemento di qualità.

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SP-complemento di qualità aggettivo qualificativo

I trucchi del mestiere COMPLEMENTO DI QUALITÀ O DI LIMITAZIONE? può capitare di confondere il complemento di qualità con quello di limitazione quando quest’ultimo è introdotto dalla preposizione di. In questi casi occorre fare molta attenzione all’ordine delle parole. osserva: Giovanni è grande d’animo. possiamo definire Giovanni grande non in assoluto, ma in relazione al suo animo. Si tratta di un complemento di limitazione. Giovanni è di grande animo. In questo caso il sintagma preposizionale ha la funzione di esprimere una caratteristica, una qualità di Giovanni. Si tratta di un complemento di qualità.

Luca è un matematico di valore. La zia ha comprato una gonna a pieghe. Ho incontrato un individuo dall’aria sospetta. Roberto è un uomo con un grande senso dell’umorismo. Luca è un valido matematico. La zia ha comprato una gonna pieghettata. Ho incontrato un individuo sospetto. Roberto è un uomo spiritoso.

Funzione: situare nello spazio Per fornire indicazioni relative al luogo in cui accade quanto predicato nella fra se vi sono molti complementi, espressi da avverbi o da sintagmi preposizionali. Complemento di stato in luogo Mario abita a Milano. Mario abita qui. I nonni vivono in campagna. I nonni vivono lontano. La mia vacanza al mare è stata divertente. Laggiù ci siamo divertiti!

Torniamo a casa Torniamo indietro Vado oltre il fiume. Vado là. Salgo sulla barca. Salgo su.

In dipendenza da verbi o da nomi che indicano un movimento da un certo luogo si può trovare un avverbio o un sintagma preposizionale introdotto dalle preposi zioni di, da e dalle locuzioni preposizionali fuori di/da, lontano da con funzione di complemento di moto da luogo. In alcune espressioni tale complemento è da intendersi in senso metaforico. Cadere dalle nuvole.

2. FUNzIoNI LoGIche deL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: I prINcIpALI coMpLeMeNTI INdIreTTI 175

In dipendenza da verbi o da nomi che indicano uno stato o un’azione che si rea lizza in un certo luogo si può trovare un avverbio o un sintagma preposizionale introdotto dalle preposizioni a, in, da, su, tra, dentro, oltre, sopra, dietro, lun go… e dalle locuzioni preposizionali vicino a, lontano da… con funzione di com plemento di stato in luogo In alcune espressioni tale complemento è da intendersi in senso metaforico. Ad esempio: Dormire sugli allori Avere la testa fra le nuvole Complemento di moto a luogo

In dipendenza da verbi o da nomi che indicano un movimento verso un certo luo go si può trovare un avverbio o un sintagma preposizionale introdotto dalle pre posizioni a, da, in, su, per, verso, oltre… o dalle locuzioni preposizionali vicino a, alla volta di, in direzione di… con funzione di complemento di moto a luogo. In alcune espressioni tale complemento è da intendersi in senso metaforico. Ad esempio: Muovere a compassione. Andare su tutte le furie. Complemento di moto da luogo Esco di casa. Esco di là. Sono partito da Napoli Sono partito da lì Non sapevo come uscirne Non sapevo come uscire da lì

Complemento di moto per luogo

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Tornò a casa per la via più breve. I barbari calarono in Italia attraverso le Alpi. Non gettate alcun oggetto dal finestrino. Non passare di lì (= attraverso quel luogo).

Per esprimere l’attraversamento di un luogo si può trovare un avverbio o un sin tagma preposizionale in dipendenza da verbi di movimento introdotto dalle pre posizioni di, da, per, attraverso… con funzione di complemento di moto per luogo. In alcune espressioni tale complemento è da intendersi in senso metaforico. Ad esempio: Attraverso gravi difficoltà Ulisse giunse a Itaca.

Il complemento di moto a luogo indica il luogo verso cui si dirige il movimento espresso dal verbo o dal nome reggente. Il complemento di moto da luogo indica il luogo da cui si allontana il movimento espresso dal verbo o dal nome reggente. Il complemento di moto per luogo indica il luogo attraverso cui passa il movimento espresso dal verbo o dal nome reggente.

Per esprimere da dove proviene un essere animato o inanimato si può utilizzare un aggettivo predicativo del soggetto Piero è tedesco. oppure un sintagma preposizionale retto da verbi quali nascere, derivare, scaturire, discendere, essere generato, sorgere… e da nomi quali nascita, origine, provenienza, derivazione…, introdotto dalle preposizioni di, da con funzione di complemento di origine o provenienza.

Il complemento di stato in luogo indica il luogo in cui si attua la situazione detta dal verbo o indicata dal nome reggente.

Mercurio nacque da Giove e da Maia Il fiume Mosa scaturisce dai Vosgi Gianni proviene da una famiglia pugliese Tale complemento può essere espresso anche dal pronome ne. Il contadino lavora la terra e ne (= da essa) trae profitto.

Il complemento di origine o provenienza indica da chi o da che cosa ha origine o proviene l’essere denominato dal sintagma reggente.

Complemento di origine e provenienza

Per esprimere la lontananza, la separazione, la distinzione fra due oggetti o fra due concetti si può utilizzare un sintagma preposizionale, introdotto dalla prepo sizione da e retto da verbi quali liberarsi, astenersi, differenziare, distinguere, sepa rare, dividere, alleggerire, purificare…, da nomi quali: allontanamento, separazione, differenza, distinzione, liberazione…, da aggettivi quali: libero, puro, diverso, lontano, immune, con funzione di complemento di allontanamento o separazione.

ƒ Un avverbio o una locuzione avverbiale. Adesso mangio. Di quando in quando leggo il “Corriere dello Sport”. Di tanto in tanto si sente un fruscio lontano.

Il complemento di allontanamento o separazione indica ciò da cui si allontana o si differenzia l’essere denominato dal sintagma reggente.

Complemento di tempo determinato Per indicare quando avviene ciò che è espresso dal verbo, ovverosia il momento determinato in cui qualcosa accade, è possibile utilizzare varie strutture.

Complemento di allontanamento o separazione Sta’ lontano dalle cattive compagnie. Non sempre è facile distinguere il vero dal falso. Liberaci dal male.

2. FUNzIoNI LoGIche deL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: I prINcIpALI coMpLeMeNTI INdIreTTI 177

Tale complemento può essere rappresentato anche dal pronome ne.

ƒ Un sintagma preposizionale introdotto dalle preposizioni a, da, su, per, tra, dopo, verso, ogni… e dalle locuzioni preposizionali prima di, dopo di Da ragazzo giocava in porta. Tra pochi minuti la torta sarà cotta. Sarò da voi dopo cena Arriverò per Natale Partirò alle sei. Devi prendere la medicina ogni due ore Ho trovato la soluzione del problema prima dei miei compagni.

Funzione: situare nel tempo Per fornire indicazioni relative al tempo in cui avviene quanto predicato nella frase si possono utilizzare complementi di tempo, sotto forma di avverbi o sin tagmi preposizionali e nominali. Si possono dare due tipi di informazioni rispetto al tempo: il momento in cui qual cosa avviene oppure la sua durata. Per questo vi sono due complementi di tempo.

ƒ Un sintagma nominale. Questa sera guarderò un bel film.

Usi sempre il cellulare: non sai astenertene? (ne = da esso)

Il complemento di tempo continuato indica il periodo di tempo in cui avviene quanto espresso dal predicato. I trucchi del mestiere

Ti sarò amico fino alla fine dei tempi! ƒ Una locuzione avverbiale. Ho dormito a lungo. È una persona malata da sempre. D’ora in poi ci penserò io. ƒ Un sintagma nominale L’allarme ha continuato a suonare tutta la notte

Mi tratterrò da te per tre giorni. Lo conosco da alcuni mesi.

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Complemento di tempo continuato Per indicare da quanto tempo o per quanto tempo dura ciò che espresso dal verbo è possibile utilizzare varie strutture. ƒ Un sintagma preposizionale introdotto dalle preposizioni per, da, in, durante… o dalle locuzioni preposizionali fino a, per tutto il tempo che…

TEMPO DETERMINATO O CONTINUATO? In caso di dubbio nella classificazione di tali complementi, può essere utile porre le seguenti domande: Quando è accaduto? Per quanto tempo? Da quanto tempo? Arrivo fra tre minuti. domanda: quando? Fra tre minuti (complemento di tempo determinato). Conosco Lorenzo da una vita. domanda: da quanto tempo? Da una vita (complemento di tempo continuato). Studio due ore. per quanto tempo? Per due ore (complemento di tempo continuato).

Il complemento di tempo determinato indica il momento in cui avviene quanto espresso dal predicato.

Il complemento di causa non va confuso con quello di fine: il primo indica un fat to precedente che permette (o non permette) il realizzarsi di quanto espresso dal predicato; il secondo indica, invece, lo scopo da perseguire, in vista del quale si fa qualcosa. È ovvio che lo scopo si attua solo in un momento successivo all’azione. Non ci vedo per la fame. prima ho fame, poi non ci vedo. Per la fame è complemento di causa Studio per la promozione. prima studio, quindi sarò promosso. Per la promozione è complemento di fine.

Funzione: circostanziare

Felice per la vittoria, Gianni mostrava a tutti la sua medaglia d’oro. Il complemento di causa è espresso da un sintagma preposizionale retto da un sintagma verbale, o da un aggettivo (come nella terza frase: per la vittoria com pleta l’aggettivo felice), introdotto dalle preposizioni per, di, da, con… o dalle lo cuzioni preposizionali a causa di, a motivo di Il complemento di causa indica la causa, la motivazione di quanto espresso dal predicato o da un aggettivo.

Complemento di fine L’avvocato ha parlato a nostra difesa. Sto studiando per l’interrogazione. Nel cantiere è rimasto molto materiale da costruzione.

Complemento di causa Per il freddo eccessivo il frumento non è maturato. A causa delle lacrime non posso scrivere.

Il complemento di fine è espresso da un sintagma preposizionale, retto dal sin tagma verbale o da un nome e introdotto dalle preposizioni a, da, in, per o dalle locuzioni preposizionali al fine di, allo scopo di, in vista di… Il complemento di fine indica lo scopo per cui si compie quanto espresso dal predicato o da un nome. I trucchi del mestiere COMPLEMENTO DI CAUSA O DI FINE?

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Oltre alle indicazioni di luogo e di tempo, nei nostri discorsi è possibile fornire molte altre informazioni che permettono di circostanziare quanto viene predi cato, ovverosia di rivelarne le motivazioni, gli scopi, le modalità, gli strumenti… Ad ogni tipo di informazione corrisponde un complemento, che da esso prende il nome.

Fu stabilito il giorno per il colloquio.

Tale complemento è per lo più retto da un sintagma verbale, ma può ricorrere anche come complemento del nome in espressioni quali: barca a remi, caldaia a carbone, luci al neon Con tali espressioni si indica lo strumento che permette il funzionamento di un dato oggetto. Il complemento di mezzo indica ciò che aiuta o permette il compiersi dell’azione espressa dal predicato. Complemento di modo Avanzava con cautela. = Avanzava cautamente. Ho studiato con diligenza. = Ho studiato diligentemente.

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Per esprimere in quale modo si compie quanto espresso dal predicato si può uti lizzare un avverbio modificatore di verbo (bene, male, coraggiosamente, diligen temente, rapidamente…) oppure un sintagma preposizionale, in genere retto dal sintagma verbale, introdotto dalle preposizioni di, a, da, con, in, per, senza… e dalle locuzioni preposizionali alla maniera di, al modo di… con funzione di complemento di modo.

Alcuni sintagmi finalizzati a esprimere complementi di modo sono divenuti nel tempo modi di dire: alla rinfusa, alla chetichella, a malincuore, alla carlona, alla buo na, a vanvera, in fretta… Il complemento di modo indica la modalità in cui si svolge quanto espresso dal predicato.

Grazie a Paolo ho saputo quanto ti è accaduto.

Per esprimere lo strumento che aiuta il compiersi di una certa azione o la persona per mezzo della quale essa si compie si può utilizzare un sintagma preposizio nale introdotto dalle preposizioni con, di, per, a, in, mediante… o dalle locuzioni preposizionali per mezzo di, grazie a, ad opera di… con funzione di complemento di mezzo.

Complemento di mezzo La sarta cuce con l’ago e il filo. Quell’uomo vive di espedienti. Viaggio in treno.

Mi piace la bistecca con le patatine.

Complemento di compagnia e unione Giorgio è andato al cinema con i suoi compagni. Luca andrà all’assemblea insieme con Giacomo.

COMPLEMENTO DI ARGOMENTO

Retto da nomi o verbi dal significato affine a ‘parlare’, ha il compito di indicare l’argomento, ciò di cui parla il sintagma reggente. Oggi in classe abbiamo parlato anche di calcio. La lezione sulla Rivoluzione Francese è stata interessante.

COMPLEMENTO DI PARAGONE Indica il secondo termine di un confronto tra due oggetti, due persone, due con cetti. Il sole è più luminoso della (che la) luna. La barca è meno veloce della (che la) nave Luca è (tanto) alto quanto Ivo

Se invece si vuole indicare un oggetto inanimato che ha un rapporto di vicinan za con un altro elemento si utilizza un sintagma preposizionale con funzione di complemento di unione. Ad esempio: Sono uscito con l'ombrello.

COMPLEMENTO DI CONCESSIONE Indica un fatto che, contro le aspettative, non ostacola il realizzarsi di quanto espresso dal predicato. Malgrado la bufera, la barca è salpata. Nonostante tutto, sto bene. Compagnia significa sia l’atto dello stare insieme (farsi compagnia) sia l’insieme degli amici (La semprecompagniamiasitrovaaigiardini). deriva dal latino medievale come composto di due parole: cum (con) + panis (pane). È compagnodunque chi condivide il pane.

Il complemento di compagnia indica l’essere animato (persona o animale) insieme al quale si compie quanto espresso dal predicato. Quando l’essere è inanimato si parla di complemento di unione. Altri complementi In dipendenza da certi verbi o da particolari forme di aggettivi, oppure introdotti da determinate preposizioni, si possono trovare sintagmi preposizionali che svol gono la funzione di altri complementi oltre a quelli precedentemente classificati. Eccone alcuni.

2. FUNzIoNI LoGIche deL SINTAGMA prepoSIzIoNALe: I prINcIpALI coMpLeMeNTI INdIreTTI 181

Per esprimere colui insieme al quale si svolge quanto espresso dal predicato si può utilizzare un sintagma preposizionale introdotto dalla preposizione con o dalle locuzioni preposizionali insieme con, insieme a, in compagnia di, con funzione di complemento di compagnia (se l’essere con cui si svolge l’azione è animato).

182 UNITÀ 7 QUeSTIoNI dI LeSSIco

COMPLEMENTO DI PRIVAZIONE

COMPLEMENTO DI ESCLUSIONE

COMPLEMENTO DI PENA Retto per lo più da verbi dal significato affine a ‘punire, castigare’, indica la pena o il castigo inflitto. Il reo è condannato all’ergastolo

COMPLEMENTO DI COLPA Retto per lo più da verbi dal significato affine a ‘incolpare, accusare’, indica il reato o il delitto di cui si è accusati. L’imputato è accusato di frode.

Indica l’elemento che viene sostituito o scambiato con un altro. Invece che prosciutto voglio formaggio.

Indica l’elemento senza il quale avviene quanto predicato nella frase. È per lo più introdotto dalla preposizione senza. Ha camminato a lungo senza scarpe.

COMPLEMENTO DI SOSTITUZIONE

Indica l’elemento eccetto il quale avviene quanto predicato nella frase. Ho fatto tutti i compiti, tranne storia.

Sintagmi nominali formati da nome + aggettivo: patata bollente = problema, situazione difficile vicolo cieco = strada, situazione senza uscita quinta colonna = informatore, infiltrato sangue blu = di discendenza nobile

Sintagmi nominali formati da nome + sintagma pre posizionale: canto del cigno = ultima opera, azione, esibizione di alto valore lacrime di coccodrillo = pentimento falso o tardivo colpo d’occhio = veduta, quadro d’insieme; sguardo generale

Le loro forme sono diversificate e possono presentarsi come sintagmi verbali, nominali o preposizionali. di seguito qualche esempio. Sintagmi verbali formati da verbo + sintagma nominale (c. oggetto): tirare le cuoia = morire vuotare il sacco = confessare battere la fiacca = evitare la fatica capire l’antifona = cogliere un’allusione, un suggerimento prendere un granchio = cadere in un errore grossolano

183QUeSTIoNI dI LeSSIco I MODI DI DIRE In italiano vi sono molti modi di dire, altrimenti det ti espressioni idiomatiche, che consistono in espressioni convenzionali, il cui significato è fisso e non dipende dalla somma dei significati dei suoi componenti. eccone alcune: dormire sugli allori = adagiarsi avere un chiodo fisso = avere un’idea fissa, una fissazione avere la testa fra le nuvole = essere distratti fare orecchie da mercante = far finta di niente, di non ascoltare essere un libro aperto per qualcuno = non avere segreti avere paura della propria ombra = aver paura di tutto alzarsi con il piede sinistro = essere di cattivo umore, oppure incorrere in una serie di contrattempi avere un diavolo per capello = essere particolarmente nervosi, arrabbiati gettare la spugna = arrendersi conoscere qualcosa o qualcuno come le proprie tasche = conoscere benissimo qualcosa o qualcuno non promettere mari e monti = non fare promesse che non si possono mantenere mettere qualcuno in riga = imporre la disciplina a qualcuno avere l’argento vivo addosso = essere molto vivaci e irrequieti avere le ali ai piedi = correre molto velocemente trovare l’America = trovare il posto (o la persona) migliore in assoluto ampliare i propri orizzonti = ampliare le proprie opportunità piovere sul bagnato = quando a una persona già fortunata capitano altre fortune restarci di sasso = essere sbalorditi lavarsene le mani = fregarsene, disinteressarsi, infischiarsene (elenco tratto dal sito oneworlditaliano.com)

Queste espressioni, se considerate in blocco, riman dano a un significato figurato, metaforico e condiviso dai parlanti. esse hanno origini molto diverse: possono derivare dalle Sacre Scritture (restare di sale, essere nella fossa dei leoni, dalle stelle alle stalle, lavarsene le mani…); dalle favole (far come la volpe con l’uva, scaldare la serpe in seno, vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso); dalla mitologia classica (pomo della discordia, spada di Damo cle, tallone d’Achille); dalle opere letterarie (fare il gran rifiuto - dante, Divina Commedia -, fare il donchisciotte); dal mondo contadino (essere l’ultima ruota del carro, darsi la zappa sui piedi, dormire della grossa, prendere due pic cioni con una fava); dal mondo della tecnica e dell’eco nomia (sparare a zero, avere una marcia in più, giocare al rialzo); dal mondo dello spettacolo (essere un dongiovan ni, sembrare l’armata Brancaleone); dallo sport (salvarsi in corner, prendere in contropiede, fare melina).

Sintagmi verbali formati da verbo + sintagma prepo sizionale: gridare ai quattro venti = divulgare una notizia, svelare a tutti un segreto mangiare a ufo = mangiare senza pagare ridere a denti stretti = ridere malvolentieri

PER IL ROTTO DELLA CUFFIA

184 UNITÀ 7 QUeSTIoNI dI LeSSIco

Sintagmi nominali formati da nome + nome con fun zione attributiva: una ragazza acqua e sapone = naturale, non truccata Sintagmi preposizionali formati da nome + aggettivo, sempre con funzione attributiva: un detenuto a piede libero = evaso. Vi sono infine espressioni idiomatiche della classe degli avverbi, formate da locuzioni avverbiali: alla bell’e meglio = frettolosamente, in modo poco accurato più di là che di qua = in fin di vita ciò che accomuna tutte le espressioni idiomatiche è la rigidità della forma e il significato metaforico. Sono strutture rigide, tant’è che solitamente non si può cambiare l’ordine delle parole che le formano, né so stituire i loro componenti con sinonimi, se non si vuole perderne il significato. Ad esempio, non si può espri mere il significato di tagliare la corda (= fuggire) con espressioni sinonimiche del tipo: tagliare una corda, ta gliare le corde, tagliare la fune, affettare la corda. Né si possono aggiungere aggettivi o altri modificatori: ta gliare la corda spessa, tagliare meno corda. Altro aspetto che li accomuna è l’origine metaforica, che poi nell’uso viene dimenticata, non considerata dal parlante, così che l’intero sintagma vale come un les sema unico. Tale dimenticanza dell’origine metaforica fa sì che non sempre sia facile ricostruirla senza appro fondite conoscenze linguistiche ed extra-linguistiche, come mostrano le seguenti spiegazioni di modi di dire tratte dal sito dell’Accademia della crusca.

AVERE LA CODA DI PAGLIA chi ha la coda di paglia sa di aver combinato qualco sa, non ha la coscienza tranquilla e, di conseguenza, è sempre sospettoso per timore di essere scoperto. Ma qual è l’origine dell’espressione? La spiegazione tradizionale faceva risalire l’espressione alla favola in cui una volpe che aveva perso la coda, per la vergogna, se ne sarebbe messa una posticcia di paglia. Molto più convincente la ricostruzione proposta da ot tavio Lurati (Dizionario dei modi di dire, Garzanti 2001) che fa riferimento alla pratica medievale di umiliare gli sconfitti o i condannati attaccando loro una coda di pa glia con la quale dovevano sfilare per la città a rischio che qualcuno gliela incendiasse come gesto di ulteriore scherno. La coda, naturalmente, rappresenta il simbolo del degrado dallo status di persona a quello di animale. Questa origine sembra dar conto dei diversi e contem poranei stati d’animo che caratterizzano chi ha la coda di paglia: la consapevolezza del proprio errore, la ver gogna e la diffidenza verso gli altri che possono rendere pubblica la colpa, aggravando il senso di umiliazione. Lurati cita un episodio specifico avvenuto nel Trecen to: i prigionieri pavesi, sconfitti dai milanesi, sarebbero stati cacciati dalla città con una coda di paglia attaccata in fondo alla schiena.

Una probabile spiegazione della locuzione per il rotto della cuffia è riportata nel Vocabolario della lingua ita liana curato da N. zingarelli (2002), sotto la terza ac cezione della voce cuffia, dove si legge: “Nell’armatura antica, parte della cotta di maglia indossata sotto l’el mo o la cervelliera. copricapo di cuoio o pelle imbottita indossato sotto la celata. Uscire per il rotto della cuffia (figurato) cavarsela alla meglio, a malapena (probabil mente perché nelle giostre medievali i colpi assestati sulla cuffia erano ritenuti validi)”. esiste un’altra interpretazione che conserva comunque il significato di ‘passare in qualche maniera’, ‘passare di straforo’, illustrata da ottavio Lurati nel suo Dizionario dei modi di dire (Garzanti 2001) che fa riferimento a un altro senso della parola cuffia: ‘parte della cinta di una città’, quindi passare per il rotto della cuffia coinciderebbe a ‘passare attraverso una piccola breccia aperta nel le mura’. Questa spiegazione sembra avvalorata da un verso delle Satire dell’Ariosto in cui viene utilizzata la stessa locuzione con la sostituzione, però, della parola cuffia con la parola muro: Uno asino fu già, ch’ogni osso e nervo mostrava, di magrezza; e entrò, pe ’l rotto del muro, ove di grano era uno acervo; e tanto ne mangiò che l’èpa, sotto, si fece più d’una gran botte grossa. (Satire I, 247-251) DA FAR TREMAR LE VENE E I POLSI! L’espressione far tremare le vene e i polsi fa parte di uno dei numerosi modi di dire e proverbi che l’italiano ha attinto dalla lingua della Divina Commedia a causa della immediata ed enorme popolarità del poema dantesco. Nel canto I dell’Inferno, dante si rivolge a Virgilio che è giunto in suo aiuto e, riferendosi alla terribile lupa che tanto lo spaventa, dice al maestro:

Vedi la bestia per cu’io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi. (Inferno I, 88-90) Polsi significa in questo passo ‘arterie’, perché deriva da pulsum, participio passato del verbo latino pello, che significa ‘batto’. Il sostantivo pulsus, ‘urto, colpo’, già in Tacito è assimilato al battito cardiaco: lo storico latino usa la locuzione pulsum venarum attingere col significato di ‘tastare il battito delle vene’, cioè ‘tastare il polso’. L’espressione le vene e i polsi indica, dunque, i vasi san guigni, le vene e le arterie: le due parole, in sostanza, sono assunte come sinonimi. per approfondire la conoscenza dei modi di dire puoi consultare l’enciclopedia Treccani, anche on line, da cui sono tratte molte delle informazioni presenti in que sto paragrafo, nonché i dizionari ad essi dedicati. ecco qualche suggerimento: ƒ Lapucci carlo, Dizionario dei modi di dire della lingua italiana, Garzanti-Vallardi 1990. ƒ pittàno Giuseppe, Frase fatta capo ha. Dizionario dei modi di dire, proverbi e locuzioni di italiano, zanichelli 2009. ƒ Quartu Monica, rossi elena, Dizionario dei modi di dire della lingua italiana, hoepli 2012. ƒ Dizionario dei modi di dire sul sito del “corriere della Sera”.

185QUeSTIoNI dI LeSSIco

8 FormeL’AVVERBIOefunzioni La parola è un gran signore, che con corpo piccolissimo e del tutto invisibile, sa compiere cose divine; riesce infatti a calmar la paura, a eliminare il dolore, a suscitare la gioia e ad aumentar la pietà. Gorgia Encomio di Elena ARGOMENTI 1. Funzione dell’avverbio 2. Forme dell’avverbio 3. Tipologia dell’avverbio 4. L’avverbio nell’analisi morfosintattica e logica

Piero canta allegramente Anna e Paul cantano allegramente Avrai notato che al variare del soggetto varia anche il morfo del verbo (da III per sona singolare a III persona plurale), mentre la parola in grassetto non varia: si tratta di un avverbio. A differenza delle parti del discorso variabili (nome, artico lo, aggettivo, pronome e verbo), l’avverbio infatti non presenta morfo, cioè non assume forme diverse nel discorso. È una parte invariabile del discorso, come preposizione e congiunzione, ma si differenzia da esse per un aspetto importante.

Osserva la preposizione nelle seguenti frasi: Pietro va a sciare con i suoi genitori. con introduce un complemento di compagnia Vado a scuola con la bicicletta. con introduce un complemento di mezzo Con questo tempaccio è impossibile uscire! con introduce un complemento di causa La preposizione con non ha un significato specifico: a seconda della posizione nella frase e dei legami che intrattiene con altre parole, assume diversi valori.

Osserva le seguenti immagini e le relative frasi:

UNITÀ 8 L’AVVERBIO188

1. FUNZIONE DELL’AVVERBIO

Osserva, invece, i seguenti avverbi: Pietro scia velocemente. Bevo velocemente il caffè. Velocemente tornerò da te. In tutte queste frasi, l’avverbio velocemente ha un significato riconoscibile al di là della posizione nella frase e di legami espliciti con altre parole: fa capire che l’a zione espressa dal verbo è svolta con velocità, in fretta. Esso ha dunque la funzio ne di arricchire con un’informazione il senso della frase, la quale senza l’avverbio sarebbe comunque ben strutturata, ma trasmetterebbe un significato differente. L’avverbio è una parte invariabile del discorso, dotata di un significato specifico, che modifica il messaggio arricchendolo di informazioni.

In questo caffè c’è poco zucchero. poco = aggettivo Altri avverbi presentano il suffisso mente. Esso può trasformare un aggettivo in avverbio. veloce velocemente dolce dolcemente sicuro sicuramente In origine, nella lingua latina, il suffisso mente era un nome: firma mente = con mente sicura, ferma (da cui fermamente); altera mente = con una mente diversa, opposta (da cui altrimenti); pari mente = con mente uguale (da cui parimenti) In seguito, mente ha perso questo significato ed è stato associato a molti aggettivi qualificativi per formare gli avverbi. Vi sono infine espressioni formate da più parole che hanno nel loro insieme la stessa funzione degli avverbi: sono le locuzioni avverbiali. Dovete arrivare fin qui. D’ora in poi non berrò più il latte. Ti aspetto al più presto. A poco a poco sale la marea. Leggo molti libri, per lo più d’avventura. Arriverò press’a poco alle cinque. Quante volte nell’ora l’insegnantematematicadi ti ha chiesto: Quante volte ci sta il due nell’otto? Siamo sicuri che tu sappia rispondere, ma ti sei mai chiesto che parte del discorso è quante volte? Quante è un interrogativo,aggettivovolte è un nome, ma insieme formano un avverbio. In latino si trattava di un’unica parola: quotiens, in italiano si è poi disgiunta in due termini. In talvolta invece il nome volta si è unito a tal, formando anche nella forma un unico avverbio. Lo stesso si potrebbe dire per un giorno, un tempo, una volta, sintagmi nominali che in latino si conesprimevanol’avverbioolim.

Vi sono avverbi formati dal solo lessema: qui, là, oggi, ieri, dopo, come, perché, quando, dove, poco, molto, troppo… Attenzione! Alcuni di questi lessemi possono svolgere la funzione di altre parti del discorso. Perché mangi? perché = avverbio Mangio perché ho fame. perché = congiunzione

A cena mangio poco. poco = avverbio

2. FORME DELL’AVVERBIO 189 2. FORME DELL’AVVERBIO

Per approfondire

Gli avverbi derivanti da aggettivi possono essere graduati grazie alla presenza di altri avverbi, che ne modificano il grado rendendolo comparativo o superlativo.

Raffaella si veste più elegantemente di Mirella. comparativo di maggioranza

POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO bene meglio ottimamente male peggio pessimamente molto più poco meno minimamente grandemente maggiormente massimamente o sommamente

Non ho mai mangiato così volentieri! superlativo assoluto Si può inoltre graduare l’avverbio per ottenere un’approssimazione, un’attenuazione del concetto che esso esprime. Ho svolto la verifica quasi completamente Vedo abbastanza bene Alcuni avverbi, come gli aggettivi da cui provengono, hanno anche forme particolari di comparativo e superlativo.

Enrico ragiona argutamente quanto Giulia. comparativo di uguaglianza

GLI AVVERBI GRADUATI

Negli ultimi giorni ti ho visto meno frequentemente del solito. comparativo di minoranza

Arriverò prestissimo. superlativo assoluto Ti farò avere mie notizie il più presto possibile. superlativo relativo

UNITÀ 8 L’AVVERBIO190

3. TIPOLOGIA DELL’AVVERBIO 191 3. TIPOLOGIA DELL’AVVERBIO

Gli avverbi si possono classificare secondo vari punti di vista. Proponiamo qui di classificarli in base all’elemento del discorso a cui sono legati e il cui significato viene da essi modificato. Ma com’è possibile capire a quale elemento l’avverbio si lega per modificare il messaggio, visto che non manifesta esplicitamente legami con le altre parti del Èdiscorso?facileindividuare a quale nome è legato un aggettivo, grazie al morfo che evi denzia lo stesso genere e lo stesso numero del nome. Nella frase Davide sostiene che Maria sia proprio simpatica. capiamo subito che simpatica si riferisce a Maria e non a Davide, proprio perché il morfo a evidenzia il genere femminile e il numero singolare manifestati anche dal nome proprio Maria. Con l’avverbio ciò non è possibile: non avendo morfo, esso non evidenzia imme diatamente la parte del discorso a cui è legato. Osserva le frasi: 1. Pietro ha mangiato molto 2. Pietro ha mangiato molto bene. 3. Pietro ha mangiato dei funghi molto buoni. Per capire che molto è legato una volta a ho mangiato, una volta a bene, una volta a buoni, è utile osservare l’ordine delle parole, fare attenzione all’intonazione e alla punteggiatura. In alcuni casi occorre un ulteriore ragionamento. Modificatori di verbi Se vuoi vedere meglio siediti là. Perché mi rispondi così? Sandra parla cortesemente. Oggi sono arrivato tardi a scuola. Ho sofferto molto per la triste vicenda accaduta al mio amico. Gli avverbi evidenziati negli esempi intrattengono un legame sintattico con il verbo e ne modificano il significato completandolo con varie informazioni: il modo meglio = in modo migliore così = in questo modo cortesemente = in modo cortese il luogo là = in quel luogo il tempo oggi = in questo giorno tardi = in un momento successivo a quello stabilito la quantità molto = in grande quantità la causa perché = per quale causa

Questioni di lessico ESAGERIAMO! pagina 196

Osserva l’esempio di analisi sintattica e logica: Oggi sono arrivato tardi a scuola. Io sono arrivato SN SV soggetto predicato verbale oggi tardi a scuola avv. = SP avv. = SP SP c. di tempo c. di tempo c. di luogo

UNITÀ 8 L’AVVERBIO192

Alcuni avverbi hanno il compito di modificare aggettivi e avverbi per ottenere il grado comparativo e superlativo. Il film che ho visto è molto spettacolare Questo argomento è più comprensibile di altri. Il mio cavallo è meno docile di quello che cavalca Filomena. Ieri ho mangiato meno abbondantemente del solito. Ti prego di svegliarmi più tardi domani perché non si va a scuola. Ho studiato molto affrettatamente la lezione. A volte l’avverbio viene usato per aggiungere una qualità, una caratteristica al nome. La quasi totalità della classe ha compreso la lezione. Oggi è proprio una giornata no. Il giorno dopo ritornò il sereno. Io abito al primo piano, mio zio al piano di sopra.

Gli avverbi modificatori di verbo possono essere sempre sostituiti da sintagmi preposizionali e hanno la funzione di complementi.

Modificatori di aggettivi, avverbi e nomi

Gli avverbi evidenziati nelle seguenti frasi non modificano solo un verbo, ma l’intera frase; infatti potresti trasformare tali avverbi in frasi, aventi la funzione di reggere altre frasi. Probabilmente sarò promosso. = È probabile che io sia promosso Forse non mi sono spiegato bene. = Metto in dubbio che mi sia spiegato bene

Modificatori di frasi

Magari potessi giocare ancora con te! = Sarebbe bello se potessi giocare ancora con te Non bevo latte a colazione. = Non è vero che bevo latte a colazione Non è una piccola parola con un grande potere. Basta la sua presenza per ro vesciare il significato di una frase. Pensa come sarebbe diverso per te alla fine dell’anno dire: Sono stato promosso o dire: Non sono stato promosso! Lo posizione preferita dell’avverbio di negazione è vicino al verbo, ma non sem pre nega il verbo, esso infatti, come forse, probabilmente, magari… è un modifica tore di frase. Osserva le seguenti frasi: Roberto non studia. Roberto non studia la grammatica. Roberto non studia la grammatica con passione. Nella prima frase si nega che Roberto studi; nella seconda non si nega che Ro berto studi in generale, ma che studi quella particolare materia: la grammatica; nella terza, infine, Roberto studia sì la grammatica, ma senza passione. In tutte e tre le frasi il non nega la novità che di Roberto o del suo studio, si vuole predicare. Spesso si rafforza lo negazione con avverbi tipo affatto, assolutamente, per niente, punto, mica. Non sono affatto soddisfatto. Sono avverbi modificatori di frase anche sì e no. Essi possono comparire nel di scorso insieme alla frase che modificano, o addirittura sottintenderla, formando così essi stessi delle frasi minimali.

Lucio: Ti sembrerà strano, ma l’hanno risolto tutti, anche Eugenia. Matilde: Eugenia!!! E Nicolò? Lucio: Persino Nicolò l’ha risolto! I miei compagni sono stati inaspettatamente bravi! Anche e persino servono a esprimere una grande sorpresa: chi avrebbe mai im L’avverbio mica deriva dal latino mica = briciola di pane. Dal significato parte’,piccolissimadioriginario‘briciola,ilsuo uso si è esteso in frasi negative, quali “non unanemmenomangiobriciola”, a significare ‘per nulla, affatto’. Nei dialetti si trovano varie versioni di mica: miga e minga al nord, nella zona di Parma invece si è mantenuta la forma brisa ‘briciola’.

3. TIPOLOGIA DELL’AVVERBIO 193

Matilde: Allora nessuno è stato capace di risolverlo?

Modificatori di aspettativa Non sempre ciò che l’avverbio modifica compare direttamente nel discorso. A volte l’avverbio ha la funzione di segnalare che quanto è accaduto è ben diverso da ciò che si presupponeva o ci si aspettava. Osserva il seguente dialogo: Lucio: Il problema di matematica della verifica era proprio difficile!

Vuoi un po’ di caffè? No, grazie, non ne voglio. Vuoi un po’ di caffè? No (= non è vero che ne voglio). Sai sciare? Sì, so sciare. Sai sciare? Sì! (= è vero che so sciare).

maginato che Eugenia e addirittura Nicolò risolvessero il problema? Sono avverbi modificatori di aspettativa, in quanto manifestano che ciò che si presupponeva è stato contraddetto dai fatti. La realtà si è rivelata cioè ben diversa dalle aspet Altritative.avverbi modificatori di aspettativa sono: nemmeno (forma negativa di an che); soltanto o solo (che mettono in evidenza che una certa previsione è stata con traddetta in tutti i casi tranne che uno: Solo Pietro ha risolto il problema: ci si aspet tava che lo risolvessero tutti e invece ci è riuscito solo Pietro); proprio (Proprio Luca ha risolto il problema!: chi l’avrebbe mai detto che fosse proprio lui e non altri a ri solverlo!); addirittura (sinonimo di persino); ancora (Ancora tu? Non dovevamo non vederci più? In casi come questi ancora esprime una spiacevole sorpresa: chi parla non si aspettava di incontrare l’interlocutore un’altra volta. In altri casi, ancora è modificatore di verbo: Non ho ancora capito come si risolvono questi problemi).

Per approfondire NON TUTTI GLI AVVERBI IN –MENTE SONO AVVERBI DI MODO Hai imparato che alcuni avverbi modificatori di verbo sono avverbi di modo. Molti di essi presentano il suffisso –mente, ma non tutti gli avverbi che lo posseggono sono avverbi di modo. Osserva le seguenti frasi: Probabilmente andrò al liceo. La frase non significa Andrò al liceo in modo probabile, ma È probabile / che andrò al liceo. Si tratta di un avverbio modificatore di frase. Fortunatamente ho preso l’autobus in tempo. Non possiamo sostituire l’avverbio con in modo fortunato, l’enunciato non avrebbe senso. Si tratta infatti di un avverbio modificatore di frase: Sono stato fortunato / nel prendere in tempo l’autobus. Sicuramente prenderò ottimo nella verifica. Anche in questo caso non possiamo sostituire l’avverbio con un sintagma preposizionale: in modo sicuro; ma dovremo dire: Sono certo / che prenderò ottimo nella verifica. Si tratta ancora di un avverbio modificatore di frase.

UNITÀ 8 L’AVVERBIO194

Allegramente: avverbio modificatore di verbo, è sostituibile con un sintagma pre posizionale (con allegria, in modo allegro) con valore di complemento (in questo caso di modo). Il compagno più simpatico / della classe / ci / diverte / con le sue battute.

Probabilmente / nevicherà / nel fine settimana.

Persino: avverbio modificatore di aspettativa, non fa parte di un sintagma, fa capire al destinatario dell’enunciato che la domanda era così semplice che tutti avrebbero saputo rispondere, persino Pietro che di solito non sa rispondere.

SN SP SN SV SP

SN SV avv. = SP SN

Più: avverbio modificatore di aggettivo (ne esprime il grado superlativo), fa parte del sintagma nominale cui appartiene l’aggettivo.

4. L’AVVERBIO MORFOSINTATTICANELL’ANALISIELOGICA

Ti / mostrerò / i quaderni / di uno studente molto bravo.

SP SV SN SP Molto: avverbio modificatore di aggettivo (ne esprime il grado superlativo), fa parte del sintagma preposizionale cui appartiene l’aggettivo.

4. L’AVVERBIO NELL’ANALISI MORFOSINTATTIc A E LOGIc A 195

SV SP Probabilmente: avverbio modificatore di frase, non fa parte di un sintagma, esprime un giudizio circa la possibilità che quanto affermato dalla frase si rea lizzi.

Possiamo distinguere, nell’analisi, due tipi di avverbio: quelli facenti parte dei sintagmi e quelli che sono esterni ai sintagmi. Osserva gli esempi: Piero / sorseggia / allegramente / il tè.

Persino / Pietro / ha risposto / alla domanda / dell’insegnante.

SN SV SP SP

196 UNITÀ 8 QUESTIONI DI LESSIcO

chissà quante volte i tuoi genitori o i tuoi insegnanti ti hanno detto di non esagerare… ma ti sei mai chie sto cosa significa esattamente il verbo esagerare? Esso deriva da un termine dotto del latino aggerare, che si gnifica ‘fare argine’ (argine in latino si dice agger). Per costruire l’argine di un fiume occorre ammassare del terreno, amplificare, ingrandire la sponda del fiume. In italiano il verbo ‘esagerare’ ha perso il suo significato originario, ma è rimasta l’idea di amplificare, ingrandire con i gesti e le parole. Torniamo ai tuoi genitori e ai tuoi insegnanti: lo sai che anche loro esagerano spesso? In molti dei nostri di scorsi c’è qualcosa di amplificato, di ingrandito. Ecco alcuni esempi che vogliono farti prendere co scienza degli strumenti che la lingua ci offre per espri mere i concetti nella loro massima potenza o intensità. Il modo più semplice per esagerare con le parole è quello che hai studiato a proposito dell’aggettivo e dell’avverbio. Braccio di Ferro è molto forte Braccio di Ferro è fortissimo Basta aggiungere un avverbio (molto) o un suffisso (-issimo) e l’aggettivo viene amplificato. Anche la sola intonazione può servire allo stesso sco po. Ti è mai capitato di manifestare il tuo stupore da vanti alla bellezza di qualcosa e di dire: Beeello! L’aggettivo rimane di grado positivo, ma soffermandoti sulla e sei riuscito a comunicare tutta l’intensità del tuo stupore. Lo stesso accade quando scandisci le sillabe di una parola. Questo disegno è me-ra-vi-glio-so! A volte ci serviamo di un paragone per far capire l’in tensità di un concetto. Sei bagnato come un pulcino Andrea corre veloce come il vento, Pietro invece è lento come una tartaruga Nelle poesie e nei poemi è frequente trovare tale espe diente. Attraverso i seguenti paragoni, tratti dall’Iliade, Omero ci presenta l’esercito degli Achei sottolineando ne la potenza numerica, la maestosità e il suo grande desiderio di combattere. Come fuoco rovinoso incendia una selva immensa sulle cime d’un monte, e da lontano si vede il bagliore, così mentre quelli marciavano, dalle armi di splendido bronzo, uno scintillio sterminato si levava al cielo per l’aria. Come innumerevoli sciami di mosche fittissime, che nello stazzo di un gregge imperversano nella stagione primaverile, quando i secchi son colmi di latte, altrettanti, contro i Troiani, gli Achei dalle chiome fluenti si disponevano nella pianura, bramosi di fare strage. Nelle poesie, ma anche nei tuoi discorsi quotidiani, nel le pubblicità, compaiono spesso delle metafore, cioè dei paragoni un po’ speciali, in quanto non rivelano il motivo per cui due termini vengono messi in relazione, ma lo lasciano intuire. Luca è proprio un asino. Dire che Luca è un asino significa voler sottolineare il grado massimo delle sua ottusità, equivale cioè a dire che Luca è molto ottuso. Il poeta Ungaretti, in una celebre poesia scritta durante la guerra, paragona gli uomini (fratelli), a una parola tremante e a una foglia appena nata, per mettere in evidenza l’estrema fragilità e precarietà della condizio ne umana. Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata Il poeta Giovanni Pascoli, in alcune delle sue poesie, ci suggerisce un altro modo di intensificare il concetto espresso: ripetendolo più volte. Semplice, no? … bianca bianca nel tacito tumulto una casa apparì sparì d’un tratto… (Il lampo)

ESAGERIAMO!

197QUESTIONI DI LESSIcO

Quando brillava il vespero vermiglio, e il cipresso pareva oro, oro fino… (Fides) Sotto il cielo rosa e oro, chini gli occhi chino il viso, ella cuce, cuce, cuce. (La cucitrice) Per comunicare la gradazione massima di un concet to, si può utilizzare una sequenza di parole che evi denziano il suo intensificarsi. Tale espediente si chiama climax (dal greco klimax = scala). Ieri piovigginava, anzi pioveva, a dir la verità diluviava Tra le forme più usate di esagerazione vi è l’iperbole (dal greco hypér = sopra, oltre e bállein = gettare), ov vero un’espressione inverosimile, insensata se presa alla lettera, ma che rende bene l’intensità del senti mento o della sensazione espressa. È un secolo che non ti vedo. Ho così fame che mangerei un bue intero Quando ho visto il voto della verifica mi sono cadute le braccia

ARGOMENTI 1. Frase semplice, composta e complessa 2. L’analisi del periodo 3. La congiunzione 4. Frasi coordinate 5. Tipi di subordinate 9 LA FRASE COMPOSTA E IntroduzioneLaCOMPLESSAcongiunzioneall’analisi del periodo Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. - Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? - chiede Kublai Kan. - Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, - risponde Marco, - ma dalla linea dell’arco che esse formano. Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: - Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che m’importa. Polo risponde: - Senza pietre non c’è arco. Italo Calvino Le città invisibili

Con una frase semplice, cioè costruita intorno a un solo sintagma verbale. La nonna bagna i fiori. Oppure aggiungendo alla frase semplice un’altra frase semplice, creando così una frase composta.

La nonna bagna i fiori, nonostante piova. Mentre piove, la nonna bagna i fiori. Riparandosi sotto l’ombrello, la nonna bagna i fiori mentre piove. Nonostante non ce ne sia bisogno perché piove, la nonna bagna i fiori.

Per comprendere meglio la distinzione tra frase complessa e frase composta oc corre introdurre due concetti: la subordinazione e la coordinazione. Subordinazione e coordinazione

O ancora combinando tra loro più frasi semplici in una frase complessa, in modo che una frase regga le altre.

Riparandosi sotto l’ombrello, la nonna bagna i fiori. In entrambe, la frase che regge l’intera struttura è la nonna bagna i fiori.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA200 1. FRASE SEMPLICE, COMPOSTA E COMPLESSA

La nonna bagna i fiori eppure piove.

La frase semplice La nonna bagna i fiori è sufficiente per comunicare un messag gio; ma se si vuole esplicitare meglio il significato della vignetta, ovverosia il fatto che sia un po’ insensato bagnare i fiori mentre piove, occorre costruire una frase più articolata, mettendo in relazione tra loro più frasi.

All’interno della frase complessa una frase ha il compito di reggere tutta la strut tura: la chiamiamo frase principale. Ad esempio, osserva queste frasi complesse:

La nonna bagna i fiori e piove.

La nonna bagna i fiori, nonostante piova

Questa scena potrebbe essere espressa in molti modi.

Quando le frasi si aggiungono l’una all’altra si dice che intrattengono un rapporto di coordinazione. La frase coordinata è una frase aggiunta a un’altra frase.

Una prova del fatto che il testo si compone per successive aggiunte è che non è possibile anticipare la seconda frase. E piove la nonna bagna i fiori. Eppure piove la nonna bagna i fiori. Tale spostamento è invece solitamente possibile con le frasi subordinate. La nonna bagna i fiori, nonostante piova. Nonostante piova, la nonna bagna i fiori.

1. FRASE SEMPLICE, COMPOSTA E COMPLESSA 201

la nonna bagna i fiori a. nonostante piova la nonna bagna i fiori b. riparandosi sotto l’ombrello La nonna bagna i fiori, infatti, è una frase autosufficiente dal punto di vista della morfosintassi: non è introdotta da congiunzione e ha il verbo di modo finito che permette di individuare il soggetto. La presenza della congiunzione nonostante e il morfo del verbo piova (congiuntivo presente) fanno invece intuire che la frase a. è retta da un’altra frase, suggerisco no la presenza di un nesso sintattico e rendono la frase dipendente. Nella frase b. è il modo indefinito del verbo che indica la necessità del rimando a una frase reggente per poterne capire il soggetto.

Avrai notato che il rapporto di subordinazione è un tipo di reggenza: come i sin tagmi dipendono l’uno dall’altro nella frase semplice, così le frasi dipendono l’una dall’altra nella frase complessa. La frase a cui gerarchicamente tutte le altre sono subordinate prende il nome di frase principale. La frase subordinata è una frase dipendente da un’altra frase. Per comprendere come si accordano tra loro le frasi in una frase composta occor re prendere in considerazione un’altra modalità di strutturazione della frase: la coordinazione, procedimento che a volte opera tra sintagmi (Mangio pane e cioc colato), frequentemente tra frasi. Osserva, ad esempio, le frasi: La nonna bagna i fiori e piove. La nonna bagna i fiori eppure piove. Grazie alle congiunzioni e ed eppure una frase viene aggiunta all’altra, senza modificare nessuno degli elementi delle due frasi. La prima delle frasi, a cui si possono aggiungere altre frasi e che non è introdotta da congiunzione, è la frase principale. La frase principale è la frase che regge la struttura della frase complessa o composta.

Per approfondire LA STRUTTURA GERARCHICA DELLA FRASE COMPLESSA

Entrambe le frasi, nel loro insieme, contribuiscono a esprimere il messaggio nella sua interezza: chi parla afferma non che non uscirà mai di casa, ma che non lo farà qualora si metta a piovere. In una frase complessa o composta tutte le frasi partecipano a costruire il senso, svolgendo ciascuna il suo ruolo (principale, coordinate o subordinate).

Osserva: non uscirò di casa se inizia a piovere Non uscirò di casa se inizia a piovere.

Il fatto che la frase principale sia autosufficiente dal punto di vista sintattico, non significa che si possa considerare autonoma dal punto di vista del significato. Per comprendere tale concetto può essere utile paragonare la struttura della frase complessa a quella dell’esercito. Leggi il seguente brano tratto dal racconto di R. Kipling, Al servizio della regina. Ammirato dall’ordine e dall’eleganza di una parata militare dell’esercito inglese in India, un capo tribù chiede a un ufficiale come sia stato possibile realizzarla. Così risponde l’ufficiale: Mulo, cavallo, elefante o manzo, tutti obbedi scono al proprio conducente, il conducente al suo sergente, il sergente al suo tenente, il tenente al suo capitano, il capitano al suo maggiore, il maggiore al suo colonnello, il colonnello al suo generale di brigata che comanda tre reggimenti, e il generale di brigata al generale d’armata, che obbedisce al viceré che è al servizio dell’Impera trice. Ecco come si fa. (R. Kipling, Il libro della giungla) Il legame tra ogni elemento dell’esercito e quello a lui superiore nella gerarchia è detto subordinazione. Lo stesso vale in una frase complessa: ogni frase è detta subordinata se è retta da un’altra frase e al vertice della gerarchia vi è la frase cosiddetta principale. Ma è importante sottolineare che sia la frase complessa sia la frase composta esprimono pienamente il loro senso se vengono considerate nella loro interezza: nessuna frase, neanche quella principale, può essere considerata autosufficiente dal punto di vista del significato (come nell’esercito: come potrebbe svolgere il suo ruolo un generale senza i suoi ufficiali e i suoi ufficiali senza i soldati che da essi dipendono?).

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA202

A meno che la subordinata non sia retta da un elemento preciso della frase prin cipale, come accade, ad esempio, con le subordinate introdotte dal pronome re lativo. La nonna, che non si è accorta della pioggia, bagna i fiori. La nonna bagna i fiori, che non si è accorta della pioggia. La frase è una combinazione di parole in grado di trasmettere un significato e ha come nucleo l’intreccio tra un nome e un verbo. La frase semplice è costruita intorno a un solo verbo. La frase complessa è formata da più frasi che intrattengono tra loro almeno un rapporto di subordinazione. La frase composta è formata da più frasi che intrattengono tra loro rapporti di coordinazione.

1. FRASE SEMPLICE, COMPOSTA E COMPLESSA 203

I gradi della subordinazione

Considera la frase complessa: Ho appena saputo che Andrea verrà a cena da noi perché vuole parlarci.

Essa è formata da tre frasi così legate: Ho appena saputo principale che Andrea verrà a cena da noi subordinata di I grado perché vuole parlarci subordinata di II grado Le frasi coordinate si considerano dello stesso grado della frase a cui sono coor dinate.

Il telegramma dice che i nonni stanno bene e che verranno domenica. Il telegramma dice principale che i nonni stanno bene e che verranno domenica subordinata di I grado coordinata alla subordinata di I grado

Sono dello stesso grado anche due subordinate rette dalla stessa frase. Poiché voleva raggiungere la casa della nonna, Cappuccetto Rosso passò dal bosco disobbedendo alla mamma. Cappuccetto Rosso passò dal bosco principale poiché voleva raggiungere la casa della nonna disobbedendo alla mamma subordinata di I grado subordinata di I grado

Si parla di gradi per spiegare il livello di dipendenza delle frasi dalla principale in una frase complessa: una frase può dipendere direttamente o indirettamente dal la principale. Se si considera la principale di grado zero, in diretta dipendenza da essa avremo una subordinata di primo grado; se questa ne regge un’altra, avremo una subordinata di secondo grado, e così via.

Chiamiamo le prime due subordinate esplicite, infatti in esse sono espressi, gra zie al morfo del verbo di modo finito, il numero e la persona del soggetto; men tre le altre due sono subordinate implicite, infatti i verbi di modo indefinito non permettono di riconoscere il numero e la persona del soggetto.

Proprio per questo, la forma implicita è possibile quando il soggetto della subor dinata coincide con quello della reggente. Luca ha deciso di partire per Milano. chi decide è Luca, chi parte è Luca Oppure quando la reggente esprime un comando, un invito, un’esortazione, an che se il soggetto della subordinata è diverso. Cesare ordinò alle sue legioni di ritirarsi. chi ordina è Cesare, chi deve ritirarsi sono le legioni (soggetto implicito) Se le due frasi hanno soggetto diverso, per riconoscere quello della subordinata implicita occorre esplicitarlo. Uscita la mamma, mi misi a giocare. Avendo Polifemo divorato i compagni, Ulisse lo accecò. Le subordinate esplicite hanno il verbo di modo finito (indicativo, congiuntivo, condizionale). Le subordinate implicite hanno il verbo di modo indefinito (infinito, gerundio, participio).

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA204

Subordinate esplicite e implicite

Confronta le seguenti frasi complesse: a. Alessandra fu punita poiché aveva detto una bugia. b. Alessandra, che aveva detto una bugia, fu punita. c. Alessandra fu punita per aver detto una bugia. d. Alessandra, avendo detto una bugia, fu punita. Il senso trasmesso è lo stesso, cambia però la forma delle frasi subordinate: a. una congiunzione subordinante (poiché) introduce un verbo di modo finito (aveva detto: indicativo trapassato prossimo); b. il pronome relativo (che) introduce un verbo di modo finito; c. una preposizione (per) introduce un verbo di modo indefinito (infinito pas sato); d. non c’è alcun elemento esplicito che connetta le due frasi e il verbo è di modo indefinito (gerundio passato).

1. FRASE SEMPLICE, COMPOSTA E COMPLESSA 205

Le subordinate possono dunque avere le seguenti forme: congiunzione subordinante verbo+ di modo finito Sono stato convocato alla partita anche se ho saltato gli ultimi allenamenti. verbo+preposizionedimodo indefinito Mi alleno regolarmente per migliorare le mie prestazioni atletiche. pronome relativo o doppio verbo+ di modo finito Lo sport che preferisco è il tennis. Chi (= colui il quale) viene espulso deve allontanarsi dal campo. avverbio, aggettivo, pronome interrogativo verbo+ di modo finito Non so quando si disputerà il derby Non ricordo quale atleta abbia fatto il record mondiale di salto in lungo Mi chiedo chi sia stato a fare canestro nessun elemento di congiunzione esplicito e verbo di modo indefinito Sbagliando si impara.

Nel primo brano, l’autore ha scelto di utilizzare soprattutto la coordinazione (o paratassi dal greco para = accanto e taxis = ordinamento, disposizione); nel secondo, la subordinazione (o ipotassi, dal greco hypò = sotto e taxis).

Non dovrà sorprendermi, in qualche mattina di nebbia o di sole, il pensiero che quanto ho avuto è stato un dono, un grande dono? Che dal nulla dei miei padri, da quell’ostile nulla, sono pure sgorgato e cresciuto io solo, con tutte le mie viltà e le mie glorie, e a fatica e durezza scampando a ogni sorta di rischi, sono giunto a quest’oggi, robusto e concreto, incontrando lei sola, altro miracolo del nulla e del caso? E che quanto ho goduto e sofferto con lei non è stato che un dono, un gran dono? (C. Pavese, Il mestiere di vivere)

Un giorno di primavera vide sui garofani della sua finestra una farfalla candida e la chiuse fra le dita. (G. Gozzano, Piumadoro e Piombofino)

Per approfondire PARATASSI E IPOTASSI La differenza tra coordinazione e subordinazione non è una differenza di senso, ma di struttura, di strumento: è come scegliere tra l’automobile e il treno per raggiungere la stessa destinazione! Prova a leggere i seguenti brani: Piumadoro era orfana e viveva col nonno nella capanna del bosco.

Evidentemente il primo testo è l’inizio di una fiaba, un testo narrativo i cui eventi sono per lo più legati da nessi temporali, facilmente intuibili. La coordinazione in questo caso è funzionale all’intenzione comunicativa dell’autore, che intende parlare a tutti, anche ai bambini, senza mettere a tema esplicitamente i nessi tra le frasi. Il testo di Pavese, invece, è costruito privilegiando l’ipotassi, in modo da rendere più evidenti al lettore i nessi tra le frasi che compongono la sua riflessione. A volte invece la paratassi è una scelta stilistica finalizzata a suscitare nel lettore la curiosità di comprendere i nessi impliciti esistenti tra le frasi.

Il nonno era carbonaio ed essa lo aiutava nel raccattar fascine e nel far carbone. La bimba cresceva buona, amata dalle amiche, dalle vecchiette degli altri casolari, e bella, bella come una regina.

Leggi, ad esempio, il seguente brano dello scrittore francese Charles Péguy: Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il sa lario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura. Una tradizione venuta, risalita da profondo della razza, una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fat ta. E ogni parte della sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano. Secondo lo stesso principio delle cattedrali. (C. Péguy, Il denaro)

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA206

2. L’ANALISI dEL PERIOdO 207

2. Poi occorre riconoscere da quante frasi è formato, ponendo attenzione al nu mero dei predicati e alle congiunzioni in esso presenti. Mentre scrivo // le cornacchie volano intorno alla casa // e passano davanti alle mie finestre. Il periodo è formato da tre frasi.

Nelle unità 2 e 3 è stato proposto un metodo di analisi morfosintattica e logica della frase semplice. Ora ti proponiamo un metodo di analisi delle frasi composte e complesse, volto a riconoscere la loro struttura e le funzioni logiche di ogni fra se semplice che le compongono. Nella grammatica tradizionalmente tale analisi è detta del periodo. Un metodo di analisi Proponiamo in questo paragrafo le prime quattro azioni da effettuare per analiz zare un Consideraperiodo.ilperiodo: Mentre scrivo, le cornacchie volano intorno alla casa e passano davanti alle mie finestre.

3. Ora va individuata la frase principale, ovverosia quella autosufficiente dal punto di vista sintattico, che regge le altre. Attenzione! Non sempre la prima frase del periodo è la principale. Frase principale: le cornacchie volano intorno alla casa Periodo viene dal greco períodos = giro, circuito, composto di peri = intorno + hodós = strada. Nella periodo,sinonimovieneAnchepuntoterminanellacompiuto,dotatoordinatoindicareutilizzatoclassicaretoricaèstatoperuninsiemedifrasi,disensochelinguascrittaconun(.!?).sespessousatocomedidiverso

è il significato di enunciato. derivato dal latino enuntiāre = far conoscere (nuntiāre) fuori (ĕx), in linguistica indica la frase pronunciata in un hannolibrichecontesto.determinatoLefrasicompaiononeidigrammaticainfatti un significato generico, perché valgono in astratto, a prescindere da chi le pronuncia, dal momento e dal luogo in cui avviene l’atto comunicativo. Lo dell’enunciatostudio tiene invece conto della effettiva situazione enunciaparla,destinatariounrealedelcostruirecontribuisconoipercomunicativa,indagarevariaspetticheailsensomessaggiochepassadamittenteaunquandocioèquandodellefrasi.

2. L’ANALISI DEL PERIODO

1. Per analizzare il periodo, la prima azione da fare è quella di leggerlo con attenzione e comprendere il suo significato (cioè immaginare la scena che descrive e verificare di conoscere il significato di ogni singolo termine).

Le cornacchie volano intorno alla casa e passano davanti alle mie finestre frase principale frase coordinata alla principale mentre scrivo frase subordinata alla principale (I grado)

Esempio: Partiti gli zii, mi misi a leggere. Mi misi a leggere // dopo che gli zii furono partiti. Mi misi a leggere frase principale dopo che gli zii furono partiti frase subordinata che esprime un rapporto di tempo

4. Una volta individuata la principale, si può procedere con il riconoscimento dei rapporti tra le frasi, segnalando se tra esse vi è un rapporto di coordinazione o di subordinazione e segnalando i gradi della subordinazione (visivamente o verbalmente).

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA208

Proseguendo nello studio imparerai a riconoscere la tipologia delle frasi coordi nate e subordinate, così la tua analisi diverrà più precisa e più utile a comprende re la struttura logica dell’intero periodo. Un suggerimento: nell’analisi è utile trasformare in esplicite le subordinate im plicite, per riconoscere quale rapporto di significato intrattengono con la reggen te e qual è il loro soggetto.

Perché non vuoi venire qui? Non ti sarà difficile capire che questo è un enunciato interrogativo, il quale nasce dall’esigenza di ottenere informazioni, spiegazioni. Magari ti decidessi a studiare! Esprime un desiderio: si tratta di un enunciato ottativo (dal latino optare = desiderare, scegliere, volere). Un enunciato può avere valore assertivo, imperativo, esclamativo, esortativo, interrogativo oppure ottativo.

Per approfondire LE FUNZIONI COMUNICATIVE DELL’ENUNCIATO

Torni presto a trovarci, padre Giacomo. Tale enunciato, più che un comando, esprime un invito a fare qualcosa, un’esortazione: è un enunciato esortativo.

Prendiamo ora in considerazione le varie funzioni che gli enunciati possono avere in rapporto all’intenzione comunicativa di chi li formula. Giovanna sorrise vedendo Alberto. Chiamiamo questo enunciato assertivo (o dichiarativo o informativo), in quanto ha lo scopo di dare un’informazione al destinatario.

Quando pronunciamo frasi in una situazione comunicativa reale, cioè quando formuliamo enunciati, avviene un atto comunicativo. La comunicazione consiste nella trasmissione di messaggi da un mittente a un destinatario, in risposta a determinate esigenze. Quando hai fame, chiedi da mangiare; quando vieni a conoscenza di qualcosa di importante, ti viene naturale passare ai tuoi amici l’informazione; se devi imporre il tuo volere, dai un comando; a volte nasce in te un desiderio e lo comunichi a chi ti sta ascoltando. Informazioni, richieste, comandi, desideri… vengono espressi a parole sotto forma di frasi semplici, composte o complesse in grado di esprimere un messaggio compiuto (enunciati).

Vieni anche tu! Esprime un comando: si tratta di un enunciato imperativo. Neanche per sogno! Questo è un enunciato esclamativo: serve a esprimere la reazione del parlante, positiva o negativa, rispetto a un fatto, a una situazione, a un’idea.

2. L’ANALISI dEL PERIOdO 209

CONGIUNZIONI SUBORDINANTI soggettive che oggettive che interrogative se, che dichiarative che temporali mentre, quando, appena, allorché, dopo che, prima che, fintanto che, ogni volta che finali perché, affinché causali perché, poiché, visto che, dal momento che, dato che, giacché, siccome concessive benché, nonostante, anche se, sebbene, malgrado, quantunque, quand’anche consecutive che, cosicché, tanto che, al punto di condizionali se, qualora, nel caso che, purché, a condizione che, posto che Connettere è un lessema di origine latina, composto da con + nectere ‘intrecciare’. da tale radice sono derivate molte parole italiane: nesso, connessione, connettivo… In linguistica si chiama connettore permettelinguisticol’elementochel’intrecciotraparoleofrasi; connettivo il legame di senso che si insatura tra esse. Ad esempio, nella frase Mangio perché ho fame, perché è il connettore, il rapporto di causa che lega l’aver fame al mangiare è il connettivo. Il connettore è insommastruttura,una il unaconnettivofunzione.

Oltre alle congiunzioni, altre parti del discorso possono legare tra loro le frasi, svolgendo il compito di connettori: alcuni pronomi, aggettivi e avverbi e le pre posizioni. Hai già studiato, ad esempio, la funzione del pronome relativo, il quale sostituisce un elemento del discorso e al contempo introduce una subordinata, detta appunto relativa, connettendola a un’altra frase. La congiunzione, invece, ha esclusivamente il compito di connettore.

Il compito di mettere in un rapporto di coordinazione o di subordinazione le fra si è affidato principalmente alla congiunzione, parte del discorso invariabile che ha appunto il compito di connettere tra loro le parole, i sintagmi, le frasi.

Le congiunzioni possono essere formate da singoli lessemi o da locuzioni. I principali tipi di congiunzione, presentati nella tabella, hanno la stessa denomi nazione delle frasi coordinate o subordinate che introducono.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA210 3. LA CONGIUNZIONE

CONGIUNZIONI COORDINANTI copulative e, né, nonché avversative ma, però, pure, eppure, tuttavia, nondimeno, anzi, piuttosto, bensì, senonché, mentre disgiuntive o, oppure, altrimenti, ovvero esplicative infatti, difatti, cioè, ossia, ovverosia conclusive dunque, quindi, perciò, pertanto, ebbene, allora, sicché correlative sia…sia, sia…che, o…o, e…e, né…né, non solo…ma anche

4. FRASI COORdINATE 211 4. FRASI COORDINATE

I neonati mangiano, dormono, piangono. Nei sei esempi compaiono frasi della stessa natura, dotate di una certa autonomia sintattica l’una rispetto all’altra e legate da una congiunzione coordinante o sem plicemente giustapposte (separate da una virgola come nell’ultimo esempio). Sono quindi tutte frasi coordinate, ma è diverso il rapporto che le lega alla reggente, dal quale prende il nome sia la frase coordinata sia la congiunzione coordinante. Congiunzioni e coordinate copulative e, né, nonché Sono congiunzioni coordinanti copulative. Esse hanno la funzione di mettere due frasi in rapporto di parità, aggiungendo un’informazione a quella precedente. Giulia lavora e suo fratello studia. Non mangerò né berrò fino all’ora di cena. A differenza di quasi tutte le altre congiunzioni, esse possono unire anche due nomi o due aggettivi. Mi piace far merenda con pane e marmellata. Anna è ordinata nonché precisa. Anna non è ordinata né (= e non) precisa. La congiunzione né corrisponde all’unione della congiunzione e con l’avverbio non. In altri casi la congiunzione copulativa è rafforzata da avverbi quali: inoltre, anche, non, neppure, neanche, nemmeno. Non so nuotare e neanche sciare. Studierò la lezione di oggi e inoltre ripasserò quella di ieri Congiunzioni e coordinate avversative ma, però, eppure, tuttavia, nondimeno, anzi, piuttosto, bensì, senonché Hanno la funzione di mettere in rapporto di contrapposizione due frasi. Infatti la frase introdotta da una congiunzione avversativa esprime un fatto che non ci si aspetterebbe, viste le premesse della frase cui è coordinata. Questioni di lessico I VALORI CONGIUNZIONEDELLA ‘E’ pagina 236

Vi sono molte congiunzioni coordinanti e diversi tipi di rapporto di coordinazio ne. Osserva: Ti ho telefonato, ma non eri in casa. Mangi la minestra o salti dalla finestra. Luigi non c’è, infatti è al mare. Hai studiato, quindi sei stato promosso. E temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio. (Petrarca)

Si presuppone che chi si allena a lungo per una gara abbia buone probabilità di vincerla. In questo caso non è bastato l’allenamento per poter ottenere il risultato sperato. È tardi, però non ho sonno. Anche qui si introduce un fatto inatteso rispetto alla premessa: siccome ho oltre passato l’ora in cui abitualmente mi addormento, dovrei avere sonno, ma non è così. I due fatti coesistono nella realtà. Avevo messo il mio orologio sulla scrivania, eppure non lo trovo.

Mi iscrivo al corso di tennis o continuo quello di nuoto?

Ci accompagnerà a casa mio padre, altrimenti prenderemo l’autobus.

Immagino che tu sia andato al parco, infatti le tue scarpe sono sporche di terra Il fatto che tu abbia le scarpe sporche di terra dimostra che l’ipotesi espressa da chi parla è valida. Il mio gatto è viziato cioè mangia solo cibi preparati da mia madre. Il mangiare solo cibi preparati dalla padrona esemplifica l’essere viziato del gatto.

Tornerò a casa presto ovvero (ossia) arriverò prima di pranzo Questioni di lessico CIOÈ pagina 237

Si presuppone che quando si conosce il posto in cui si è messo un oggetto, lo si trovi con facilità. Invece allo sfortunato parlante qui capita proprio il contrario. Non sbadigliava perché aveva sonno, bensì perché aveva fame In questo caso la contrapposizione è totale, in quanto il secondo elemento annulla il primo, sostituendosi ad esso. Congiunzioni e coordinate disgiuntive o, oppure, altrimenti Hanno la funzione di mettere in rapporto di esclusione due frasi.

Congiunzioni e coordinate esplicative infatti, difatti, cioè, ovverosia, ovvero, ossia

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA212

Si chiamano congiunzioni coordinanti esplicative perché esprimono un rapporto di spiegazione: la frase da esse introdotta ha la funzione di dimostrare, esempli ficare, spiegare con i fatti l’affermazione contenuta nella frase a cui è coordinata.

Mi sono allenato a lungo per la gara, ma non l’ho vinta.

La frase coordinata spiega meglio il senso del tornare a casa presto.

La conseguenza dell’aver preso molto sole è che mi sono abbronzato. Hai fatto due mesi di vacanza quindi sei riposato.

4. FRASI COORdINATE 213

La conseguenza di una vacanza così lunga non può che essere l’assenza di stan chezza. Chi rompe paga. Hai rotto il banco, dunque lo paghi. In questo caso dunque introduce la conclusione di un ragionamento. Dunque e allora, quando non servono a connettere le frasi, assumono altri valori: Dunque, come dicevamo poco fa… Dunque serve a riprendere il filo del discorso. Allora, ti vuoi sbrigare? Allora serve a sollecitare il destinatario. Bene, veniamo al dunque. Qui, addirittura, dunque è nominalizzato e significa “il punto rilevante, definitivo della questione”. Congiunzioni e coordinate correlative sia…sia, o…o, e…e, né…né, non solo…ma anche

In origine ovvero aveva significato disgiuntivo, come o: Ti sei spiegato male, ovvero sono io che non ho capito. Hanno la funzione di congiunzioni coordinanti esplicative anche le locuzioni: vale a dire, in effetti, intendo dire, in altre parole Devi leggere di più vale a dire (devi leggere) un libro alla settimana. Congiunzioni e coordinate conclusive dunque, quindi, perciò, pertanto, ebbene, allora, sicché Hanno la funzione di esprimere un rapporto di conclusione o una conseguenza di quanto è stato affermato nella frase a cui la coordinata si aggiunge. Ho preso molto sole perciò mi sono abbronzato.

Sono congiunzioni che hanno la funzione di correlare, cioè di coordinare frasi del la stessa natura per esprimere un rapporto di parità o di esclusione. Differiscono dalle copulative e dalle disgiuntive per il fatto che introducono entrambe le frasi. Questioni di lessico I DISCORSIVISEGNALI pagina 238

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA214

Giustapposizione viene dal latino iŭxta = vicino tanto da toccare + pōnere = porre. Asindeto invece viene dal greco asýndeton = senza legami.

Coordinazione per giustapposizione

Nelle seguenti frasi composte: Luca sentì dei rumori fuori dalla porta, si spaventò. Al cinema io ridevo, mio fratello piangeva. Stavo per addormentarmi, suonò il cellulare. Non vi è alcuna congiunzione coordinante. Eppure si intuisce che le frasi intrat tengono tra loro un nesso di coordinazione, tanto che potremmo riscriverle così: Luca sentì dei rumori fuori dalla porta, perciò si spaventò

Non amo né essere disturbato né disturbare. O non mi sono spiegato o tu non mi hai ascoltato. Ti telefonerò sia per salutarti sia per chiederti per favore. Sta entrando nell’uso anche la correlazione sia…che, una volta ritenuta errata, ora accettata anche dai linguisti. Sono andato in cantina sia per prendere la bicicletta che per riporre gli sci.

Al cinema io ridevo, invece mio fratello piangeva Stavo per addormentarmi, ma suonò il cellulare Tale modalità di coordinare le frasi, che lascia al destinatario il compito di rico struire i nessi logici, si chiama coordinazione per giustapposizione o per asinde to (dal greco asyndeton = senza legami espliciti). Si noti che non sono le virgole a coordinare le frasi tra loro, infatti la virgola ha la funzione di demarcare il confine tra le frasi, non di unirle sintatticamente e logi camente (vedi il paragrafo dedicato alla punteggiatura nell’unità 10).

ANALISI DEL PERIODO ANALISI LOGICA DELLA FRASE Subordinate completive interrogativeoggettivesoggettive indirette dichiarative complementosoggetto oggetto Subordinate circostanziali Complementi circostanziali temporali tempo causali causa finali fine

5. TIPI dI SUbORdINATE 215 5. TIPI DI SUBORDINATE

L’analisi del periodo è simile all’analisi logica della frase semplice. Quando si vogliono individuare le funzioni dei costituenti della frase (soggetto, comple mento oggetto o altri complementi), si deve riconoscere la natura del legame tra i vari sintagmi. Analogamente, l’analisi del periodo consiste nel riconoscere la natura del legame tra le frasi che lo compongono. Facciamo un esempio per mettere in luce tale analogia. a. Devi impegnarti per vincere. Si tratta di una frase complessa così strutturata: Devi impegnarti frase principale per vincere frase subordinata implicita di I grado Ma che legame di significato vi è tra queste due frasi? Confronta il periodo pre cedente con b. Devi impegnarti per la vittoria. Questo periodo è formato da una frase semplice in cui il sintagma preposizionale per la vittoria esprime lo scopo, il fine dell’impegnarsi, svolge cioè la funzione di complemento di fine. Nell’esempio a. per vincere è una frase che esprime lo scopo dell’impegnarsi: si tratta di una subordinata finale. Allo stesso modo al sintagma nominale soggetto corrisponde una subordinata soggettiva; al sintagma nominale complemento oggetto una subordinata ogget tiva; al sintagma preposizionale complemento di causa corrisponde una subordi nata causale e così via. Data la somiglianza con i complementi, distingueremo i vari tipi di subordinate in parallelo ai tipi di complementi (anche se non tutte le subordinate hanno il complemento corrispettivo), come sintetizzato in questa tabella:

Osserva i seguenti periodi: a. Il cibo è necessario. b. È necessario che l’uomo si nutra.

Il verbo della reggente di una subordinata soggettiva è sempre alla terza persona singolare, in particolare può essere: ƒ il verbo essere, copula di un predicato nominale del tipo: è giusto, è tempo, è ora, è bene, è opportuno… È bene che tu prenda la medicina. È tempo di svelare il segreto. ƒ un verbo copulativo, del tipo: sembrare, parere, apparire, risultare da solo, o se guito dal predicativo del soggetto. Sembra che tu sia stanco. Pareva necessario portare la moto dal meccanico. ƒ un verbo predicativo intransitivo, del tipo: bisogna, accade, succede, conviene, occorre, capita, importa, piace, giova, rincresce… Mi rincresce che ti sia capitato quell’incidente. Bisognerà cambiare tattica ƒ un verbo predicativo transitivo, del tipo: dire, credere, temere, sperare, capire… costruito con il si passivante Si dice che il tempo migliorerà nelle prossime ore Molto tempo fa si credeva che il sole girasse intorno alla terra Si sa già che ci saranno molti spettatori.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA216

Subordinate completive Subordinata soggettiva

Il secondo è, invece, un periodo formato da due frasi (i predicati infatti sono due: è necessario e si nutra). Il rapporto che si instaura tra le due frasi è simile a quello che si instaura tra i due sintagmi nella frase a., infatti che l’uomo si nutra è il sog getto di è necessario, pertanto frasi come queste vengono chiamate subordinate soggettive.

concessive concessione consecutive / condizionali / Subordinate attributive o appositive relative complementoapposizioneattributo di specificazione

Il primo è un periodo formato da una frase semplice, costituita da un sintagma no minale con funzione di soggetto (il cibo) e da un predicato nominale (è necessario).

1. indicativo, se la reggente esprime con certezza qualcosa; Si sa che l’ozio è il padre dei vizi. 2. congiuntivo, se la reggente ha il predicato negativo Non è bene che tu abbia paura delle novità. o se esprime dubbio, incertezza, desiderio, timore… Si spera che gli amici non tradiscano mai. Pare sia rimasto a casa o se ha il verbo predicativo intransitivo; Occorre che tu obbedisca una buona volta.

5. TIPI dI SUbORdINATE 217

Le frase soggettive possono avere forma: ƒ esplicita, introdotte dalla congiunzione che o senza congiunzione, con il verbo di modo

3. condizionale, se la soggettiva esprime un’ipotesi o qualcosa di non ancora certo; Si dice che il bandito si sarebbe rifugiato sui monti ƒ implicita, introdotte dalla preposizione di o senza preposizione, con il verbo di modo infinito. Accade di fraintendere il vero senso delle cose. È utile prendere appunti. La subordinata soggettiva svolge la funzione di soggetto del predicato della frase da cui è retta. Subordinata oggettiva Osserva i seguenti periodi: Piero ha capito la lezione. Piero ha capito che non ci si deve comportare così. Il sintagma nominale la lezione e la frase che non ci si deve comportare così intrat tengono lo stesso rapporto con il predicato ha capito: essi completano il predicato esprimendone l’oggetto: il primo svolge la funzione di complemento oggetto, il secondo di subordinata oggettiva A differenza dei verbi che reggono le soggettive, quelli che reggono le oggettive hanno il soggetto, espresso o implicito nel verbo. Mentre la subordinata soggettiva dipende da verbi intransitivi o da verbi transi tivi al passivo, la subordinata oggettiva dipende solitamente da verbi transitivi attivi, riconducibili alle seguenti aree semantiche.

Verbi che esprimono volontà, desiderio, comando, divieto, timore, come volere, concedere, desiderare, preferire, comandare, permettere, proibire, temere…

Vorrei che le vacanze durassero di più

Le subordinate oggettive possono avere forma ƒ esplicita, introdotte dalla congiunzione subordinante che (raramente dagli av verbi come o quanto). In questo caso hanno il verbo 1. indicativo, se il verbo della reggente esprime con certezza qualcosa; So che hai lavorato con il dovuto impegno. 2. congiuntivo, se la reggente esprime dubbio, timore, volontà; Temo che il bambino abbia la febbre 3. condizionale, se la oggettiva esprime un’ipotesi o un fatto che non si è ancora verificato Avevo capito che Maria sarebbe venuta alla mia festa. oppure un fatto che si realizza a condizione che ne accada un altro; Credo che il ladro sarebbe stato acciuffato se l’intervento della polizia fosse stato più tempestivo. ƒ implicita, se il verbo è all’infinito, introdotto o meno dalla preposizione di Tale forma richiede che il soggetto della reggente sia lo stesso di quello della Tuttavia,oggettiva.con i verbi del tipo comandare e proibire la forma implicita è possibile anche se non c’è identità di soggetto, qualora nella reggente sia indicato il desti natario dell’ordine o del divieto:

ƒ

Mio nonno racconta sempre che durante la guerra fu prigioniero dei tedeschi ƒ

Possono reggere subordinate oggettive anche alcuni verbi intransitivi pro nominali, del tipo accorgersi, meravigliarsi, ricordarsi, pentirsi…, che nella frase semplice solitamente reggono un sintagma preposizionale. Mi sono accorto della tua sofferenza. Mi sono accorto che tu stavi soffrendo Mi sono pentito della mia reazione. Mi sono pentito di aver reagito in quel modo

Verbi di tipo assertivo-dichiarativo, come dire, affermare, assicurare, narrare, riferire, rispondere…

La polizia sospettava che il colpevole fosse il maggiordomo. ƒ Verbi che esprimono percezione o ricordo, come sentire, vedere, capire, ricordare, percepire…

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA218

ƒ

Durante la gita ho sentito che mi venivano a mancare le forze.

ƒ

Verbi che esprimono opinione, ipotesi, dubbio, come credere, dubitare, immagi nare, giudicare, pensare, ritenere, supporre…

La mamma ha proibito a Maria di far tardi la sera. A Maria è il complemento di termine, ma anche il soggetto logico di “far tardi”. La subordinata oggettiva svolge la funzione di oggetto del predicato della frase da cui è retta. Subordinata interrogativa indiretta Confronta i seguenti periodi: Come stai? Ti ho chiesto come stai. Nel primo esempio viene posta una domanda attraverso un periodo interrogativo formato da una frase semplice. Anche nel secondo esempio viene riportato il con tenuto di una domanda, ma non direttamente: la seconda frase come stai è retta da un’altra frase e insieme compongono una frase complessa. Potremmo dire che la subordinata come stai è l’oggetto del verbo ho chiesto e in questo senso vi è una stretta parentela fra le oggettive e le interrogative indiret te. La differenza sta nel verbo reggente, che esprime l’esigenza di ottenere una risposta, di colmare una lacuna di informazione, di sciogliere un dubbio: doman dare, chiedere, non sapere, dubitare, dire, essere perplesso, ignorare… La subordinata interrogativa indiretta può essere introdotta da vari connettori: ƒ la congiunzione se; Fammi sapere se va tutto bene. ƒ i pronomi interrogativi chi, che, che cosa, quale, quanto; Dimmi che cosa vuoi per pranzo. Vorrei sapere quanto pesi. ƒ gli aggettivi interrogativi che, quale, quanto; Non so quanto zucchero aggiungere all’impasto. La mamma mi ha chiesto quale dolce preferisco. ƒ gli avverbi interrogativi come (= in quale modo), dove (= in quale luogo), quando (= in quale tempo), perché (= per quale motivo); Fammi sapere quando andrai in vacanza Mi chiedo come ti vestirai per la festa

5. TIPI dI SUbORdINATE 219

Per approfondire DISCORSO DIRETTO E DISCORSO INDIRETTO Einstein disse: “La mente è come un paracadute, funziona solo se si apre”. Tra virgolette è riportata una citazione di Albert QuandoEinstein.sivogliono citare fedelmente le parole pronunciate o scritte da qualcuno si usa il discorso diretto, che nello scritto è posto tra virgolette (o tra due trattini) e inizia con la lettera maiuscola. Nell’analisi del periodo, quanto è scritto tra virgolette va considerato a sé stante: Cesare disse: “Il dado è tratto!”. 1. Cesare disse 2. Il dado è tratto! Se si osserva bene, però, la seconda frase nel suo complesso è l’oggetto del verbo che la introduce. Infatti se la trasformiamo in discorso indiretto avremo: Cesare disse che il dado era stato tratto. Cesare disse = frase principale che il dado era stato tratto = frase subordinata oggettiva esplicita di I grado Quando si trasforma un discorso diretto in discorso indiretto, avvengono alcuni cambiamenti: nel nostro esempio cambia il tempo del verbo (è tratto era stato tratto), in quanto deve essere accordato con il verbo che lo regge. A volte occorre cambiare anche il modo del verbo e la persona.

Gli ho chiesto aiuto e lui mi ha risposto: “Adesso non posso”. Gli ho chiesto aiuto e lui mi ha risposto che in quel momento non poteva. Adesso, ora, qui, domani, ieri… sono espressioni il cui significato è strettamente legato al momento e al luogo in cui vengono pronunciate e i due interlocutori (mittente e destinatario) sono presenti l’uno all’altro. Quando si passa al discorso indiretto, le parole effettivamente dette vengono “raccontate”, per questo hanno bisogno di altri punti di riferimento. Ad esempio: DISCORSO DIRETTO DISCORSO INDIRETTO ieri il giorno prima domani il giorno dopo (o seguente), l’indomani due giorni fa due giorni prima fra due giorni due giorni dopo la settimana prossima la settimana seguente qui lì o là in questo luogo in quel luogo Evidentemente non occorre trasformare le indicazioni spazio-temporali quando la situazione comunicativa non cambia: Gli ordinai: “Vieni qui!”. Gli ordinai di venire qui

Nel passaggio dal discorso diretto al discorso indiretto spesso cambiano anche le indicazioni di spazio e di tempo.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA220

Paolo aveva promesso: “Mi taglierò i capelli” (prima persona). Paolo aveva promesso che si sarebbe tagliato i capelli (terza persona). (Si usa infatti il condizionale per indicare un fatto che, nel passato, è detto dover avvenire).

Lo pregava: “Fai in fretta!” (seconda persona). Lo pregava che facesse in fretta (terza persona). (Qui si usa il congiuntivo che serve a evidenziare il valore esortativo, espresso nel discorso diretto con il modo imperativo).

Al telefono Mario mi ha supplicato: “Vieni qui!”. Al telefono Mario mi ha supplicato di andare là.

E può avere forma ƒ esplicita, con il verbo di modo indicativo, congiuntivo o condizionale; Ditemi se avete capito bene. Vorrei sapere quanto possa valere questo quadro. Mi chiedo chi accetterebbe queste condizioni. ƒ implicita, con il verbo di modo infinito. Chiedo al vigile quale strada prendere. Ancora non sappiamo dove andare in vacanza. La subordinata interrogativa indiretta esprime il contenuto di una domanda o di un dubbio e si trova in dipendenza da verbi di significato interrogativo o dubitativo.

5. TIPI dI SUbORdINATE 221

Subordinata dichiarativa Osserva: Ti dico questo, che lo spettacolo è stato meraviglioso Il contenuto della subordinata introdotta dalla congiunzione che è anticipato dal pronome dimostrativo questo, oggetto della reggente. Tale modo di costruire il pe riodo ha lo scopo di attirare l’attenzione del destinatario e di creare in lui un’attesa. Se eliminiamo dalla reggente il pronome, il periodo Ti dico che lo spettacolo è stato meraviglioso risulta ancora ben strutturato e sensato, ma viene meno l’enfasi che il parlante intende dare alla sua comunicazione. Possono svolgere la funzione di antecedente, oltre al pronome dimostrativo, an che altre espressioni. Osserva: Un fatto è certo, che la ricchezza non rende felici. Devi capire una cosa, che non puoi aver sempre ragione tu. Provando a eliminare l’elemento antecedente, si nota che la subordinata dichia rativa svolge una funzione analoga alla soggettiva e all’oggettiva, cioè completa il significato del predicato reggente. La subordinata dichiarativa può avere forma ƒ esplicita, introdotta dalla congiunzione subordinante che, con il verbo all’in dicativo, al congiuntivo o al condizionale; So questo con certezza, che tu hai detto la verità Questo voleva Monica, che i nonni le regalassero una bicicletta Di un fatto ero certo, che tu non mi avresti lasciato solo ƒ implicita, con o senza la preposizione di e il verbo all’infinito.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA222

Questo ti avevo detto, di stare più attento. Questo è bello, essere tutti insieme. La subordinata dichiarativa è preannunciata da un elemento antecedente e ha la funzione di completare il significato del predicato della reggente. Subordinate circostanziali Mentre le subordinate completive sono necessarie al completamento della frase reggente, le subordinate circostanziali hanno il compito di precisare il tempo, la causa, lo scopo, ecc. di quanto predicato nella reggente. Subordinata temporale Confronta i seguenti periodi: a. L’altro ieri mio fratello è caduto dall’altalena. b. Mentre mia mamma parlava con una sua amica, mio fratello è caduto dall’altalena. Il rapporto che lega il complemento di tempo al predicato della frase semplice (a.) è lo stesso che lega la subordinata introdotta da mentre alla sua reggente nella frase complessa (b.): è un rapporto di tempo. Il tempo ha tre dimensioni: presente, passato, futuro; dunque una subordinata temporale può esprimere, rispetto alla sua reggente, un rapporto di: contemporaneità Sono tornato a casa mentre la mamma apparecchiava la tavola. anteriorità Sono tornato a casa dopo che la mamma aveva apparecchiato la tavola. posteriorità Sono tornato a casa prima che la mamma apparecchiasse la tavola. Una subordinata temporale può essere espressa in forma ƒ esplicita, introdotta da una congiunzione subordinante (come mentre, quan do, allorché, finché, dopo che, fintanto che, ogni volta che, appena, come = appena, quando) con il verbo di modo indicativo; introdotta da prima che con il verbo di modo congiuntivo; Chiamami, ogni volta che ne hai bisogno Passeranno dei mesi, prima che tu possa riavere i tuoi documenti ƒ implicita, introdotta dalle locuzioni preposizionali dopo di o prima di o dalla preposizione in con il verbo di modo infinito; Prima di prendere una decisione, consultati con qualcuno. Nel sentire la sua voce, accorremmo.

Giovanni fa i compiti ascoltando la musica ( = mentre ascolta la musica). Gli sposi, tagliata la torta ( = dopo che ebbero tagliato la torta), brindarono con gli invitati. La subordinata temporale indica un fatto che precede, accompagna, segue la situazione espressa nella sua reggente.

Subordinata causale La causa di un fatto può essere espressa da un sintagma preposizionale comple mento

Si possono trovare anche subordinate causali al condizionale quando la causa è ipotizzata o desiderata; La disturbo, perché vorrei chiederle un favore. ƒ implicita, introdotta dalle preposizioni per, a, di, per il fatto di, a forza di e il ver bo di modo infinito, solo quando il soggetto della causale è lo stesso di quello della reggente; Ho pagato una multa salata per aver parcheggiato il motorino sul marciapiede ƒ senza legami subordinanti espliciti e il verbo al modo gerundio o participio passato. In tal caso il soggetto deve essere espresso e posposto al verbo, o coin cidere con quello della reggente.

5. TIPI dI SUbORdINATE 223

Non sono andato al parco per il mal tempo oppure da una subordinata. Non sono andato al parco perché pioveva forte La subordinata causale può avere forma ƒ esplicita, introdotta da una congiunzione subordinante: perché, poiché, giacché, siccome (di solito usata quando la causale precede la reggente) o da una locu zione congiuntiva: per il fatto che, visto che, dal momento che, in quanto… con il verbo al modo indicativo. Non esco dal momento che piove. Siccome piove, non esco. Può avere il congiuntivo quando la causa è negata. Di solito la causale negativa è accompagnata da una causale affermativa col verbo all’indicativo. Andiamo spesso in montagna non perché ci piaccia particolarmente lo sci, ma perché amiamo la vita quieta fra i monti.

ƒ

senza legami subordinanti espliciti e il verbo di modo gerundio o participio passato.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA224

Andrea, affranto dalla sconfitta, si ritirò dal torneo. N.B. Una causale può essere retta anche da un aggettivo. La fanciulletta salì in fretta le scale, lieta e superba d’avere una commissione segreta da eseguire. (A. Manzoni)

La subordinata causale esprime la causa di quanto predicato nella reggente. Subordinata finale

Avendo il Ciclope divorato sei dei suoi compagni, Ulisse lo accecò.

Lo scopo di un’azione può essere espresso da un sintagma preposizionale com plemento Si vive per la felicità oppure da una frase subordinata. Si vive per essere felici Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.

Dice l’Ulisse dantesco ai suoi compagni di viaggio: “Non siete stati creati al fine di vivere come bestie, ma per raggiungere la virtù e la conoscenza”. La subordinata finale può avere forma ƒ esplicita, introdotta da una congiunzione subordinante (perché, affinché, ac ciocché, onde, in modo che). Il verbo è sempre al congiuntivo presente o imperfetto; Alzo la voce perché tu mi senta. Alzai la voce perché tu mi sentissi. ƒ implicita, introdotta dalle preposizioni per, a, di, o dalle congiunzioni allo scopo di, al fine, di, nell’intento di, onde e il verbo di modo infinito. Vado al mercato a comprare la frutta. Lavori per vivere o vivi per lavorare?

Vaglia bene ogni proposta, onde non pentirti in futuro. N.B. La subordinata finale può essere retta anche da un aggettivo o da un nome. La campagna per raccogliere fondi in favore dei terremotati ha dato buoni risultati. Il denaro necessario per acquistare il violino è nel salvadanaio.

La subordinata finale indica lo scopo dell’azione espressa nella sua reggente.

5. TIPI dI SUbORdINATE 225

I trucchi del mestiere PERCHÉ: CAUSALE O FINALE?

Per non confondere il perché causale col perché finale, occorre innanzitutto fare at tenzione al modo verbale: la causale ha prevalentemente l’indicativo, la finale ha solo il congiuntivo. Può essere utile anche provare a sostituire la congiunzione per ché con una congiunzione inequivocabilmente funzionale a introdurre la subordinata in questione: Sorrido, perché (= affinché) tu sia contento. Sorrido, perché (= poiché) tu sei contento. Nota il congiuntivo nella finale: lo scopo può essere perseguito o non perseguito e il congiuntivo è il modo tipico della possibilità che una cosa accada o non accada. Come già espresso a proposito dei complementi di fine e di causa, occorre inoltre fare attenzione alla sequenza dei fatti espressi; infatti la causa precede e il fine se gue quanto espresso dalla reggente. Attenzione dunque a espressioni come: Studio, perché voglio essere promosso Nonostante l’apparenza, non si tratta di una subordinata finale. Infatti la volontà della promozione, espressa dal servile voglio, precede l’azione dello studio. A conferma del suo valore causale abbiamo il modo indicativo.

Nella frase semplice a. il sintagma preposizionale nonostante la pioggia è un com plemento concessivo che indica l’elemento nonostante il quale si realizza quanto detto dal verbo (esco).

Nella frase complessa b. il rapporto tra le due frasi è analogo: corrispondente al complemento concessivo troviamo la subordinata concessiva, così chiamata per ché ammette, concede l’esistenza di qualcosa che potrebbe costituire un ostacolo, ma di fatto non impedisce che si verifichi quanto è detto nella reggente.

Subordinata concessiva Osserva i seguenti periodi: a. Nonostante la pioggia, vado al parco. b. Vado al parco nonostante piova.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA226

La subordinata concessiva può avere forma ƒ esplicita, introdotta dalle congiunzioni subordinanti benché, nonostante che, malgrado, sebbene, quantunque, quand’anche e il verbo al modo congiuntivo; an che se, con tutto che e il verbo di modo indicativo; Sebbene fosse piuttosto difficile, ho svolto tutto il compito. Anche se era piuttosto difficile, ho svolto tutto il compito. se la frase subordinata esprime un desiderio, anche se regge il modo condizio nale; Non andrò in montagna a sciare, anche se mi piacerebbe. introdotta dai pronomi indefiniti checché, chiunque e il verbo di modo congiun tivo Chiunque sia è degno di rispetto. Checché tu ne dica, partirò lo stesso. (spesso si trovano nella reggente parole che rafforzano il valore concessivo della subordinata, come lo stesso, ugualmente, tuttavia, nondimeno, pure…); ƒ implicita, introdotta dalle congiunzioni subordinanti concessive con il verbo al participio passato; Sebbene raffreddato, Paolo è uscito di casa. introdotta da pur con il verbo al gerundio o participio passato, o da per o a con il verbo all’infinito Pur essendo molto stanco, si mise al lavoro. Per essere inverno, fa molto caldo. La subordinata concessiva indica un fatto che, contro le aspettative, non ostacola il realizzarsi di quanto espresso dalla reggente.

Il film era triste, ma mi è piaciuto. Nonostante il film fosse triste, mi è piaciuto. Il fatto che un film sia triste presuppone che non piaccia, invece… Quindi la coordinata avversativa contraddice il presupposto della reggente. Nell’analisi del periodo avremo: Il film era triste ma mi è piaciuto principale coordinata avversativa alla principale Mi è piaciuto principale nonostante il film fosse triste subordinata concessiva di primo grado esplicita

Per approfondire

Il connettivo, cioè il nesso logico tra le due frasi, è lo stesso, ma diversi sono i connettori tra le frasi: nella prima una congiunzione coordinante, nella seconda una congiunzione subordinante. Inoltre diversa è la composizione delle affermazioni: nel periodo composto alla prima affermazione viene aggiunta la seconda, nel periodo complesso è evidente sin dall’inizio lo stretto legame tra le due affermazioni grazie alla presenza del connettore nonostante.

CONCESSIVE

La definizione della subordinata concessiva ricorda quella delle coordinate Osserva:avversative.

E AVVERSATIVE

5. TIPI dI SUbORdINATE 227

Subordinata consecutiva

Sono rimasto così male per la tua risposta che mi è venuto da piangere. Il cielo era talmente limpido, che si vedevano le montagne. Mentre le concessive esprimono una situazione inattesa, le consecutive dicono le conseguenze che necessariamente si realizzano in relazione a un certo fatto. Nella reggente vi è solitamente un elemento antecedente (avverbio tanto, così, talmente o aggettivo tale, siffatto o locuzione a tal punto, in modo tale, in condizioni tali…) che crea l’attesa della subordinata consecutiva. La subordinata consecutiva può avere forma ƒ esplicita, introdotta dalla congiunzione che, con il verbo di modo indicativo.

La subordinata consecutiva esprime la conseguenza di quanto detto nella reggente.

Osserva i seguenti periodi:

A questa terza bugia il naso gli si allungò in modo così straordinario, che il povero Pinocchio non poteva più girarsi da nessuna parte (C. Collodi) Se la conseguenza è supposta come possibile troviamo il congiuntivo Non era così lontano che non potesse sentire i nostri discorsi Se, invece, il verificarsi della conseguenza dipende da una qualche condizione, possiamo trovare il condizionale; Agnese è tanto generosa, che aiuterebbe chiunque, se ne avesse la possibilità. ƒ implicita, introdotta dalle preposizioni da, di, per o da locuzioni preposizionali come fino a, a tal punto di, con il verbo di modo infinito. Giovanni rispose con una franchezza tale da non lasciar dubbi. Sei indegno di stare con noi. Sei troppo giovane per parlare così. Ho insistito tanto, fino a convincerti.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA228

5. TIPI dI SUbORdINATE 229

Non sempre quanto detto in un periodo si può verificare incondizionatamente.

Luca: “Il papà mi regalerà un motorino”. Mamma di Luca: “Il papà ti regalerà un motorino, se sarai promosso”.

Come avrai notato, la subordinata se sarai promosso pone una condizione: se que sta si avvererà, si avvererà anche quanto detto nella reggente. La subordinata condizionale indica la condizione da cui dipende il verificarsi di quanto espresso dalla reggente.

La subordinata condizionale può avere forma: ƒ esplicita, introdotta dalla congiunzione se, e il verbo può essere all’indicativo, o al congiuntivo imperfetto o trapassato, se nella reggente c’è un condizionale presente o passato. Se hai fame, mangia. Se avessi fame, mangeresti. Se avessi avuto fame, avresti mangiato. Può essere introdotta anche da congiunzioni o locuzioni congiuntive (qualora, purché, quando, a patto che, a condizione che, posto che, nel caso che) e il verbo è al congiuntivo; Qualora facessero questo, sarebbero puniti. Resto, purché stiate attenti. ƒ implicita, introdotta dalla preposizione a con il verbo all’infinito; A pensarci bene, avrei dovuto stare zitto. senza legami espliciti e col verbo al gerundio; Parlandogli con dolcezza, forse lo convinceresti. introdotta dalla congiunzione se oppure senza legami espliciti e il verbo al par ticipio passato Queste terre, se ben coltivate, renderebbero molto. Interrogato a brucia pelo, non saprei come rispondere.

Subordinata condizionale

Se Maria mi avesse invitato sarei andato alla sua festa. Se avessi vinto la gara di nuoto avrei ricevuto la medaglia d’oro. protasi (non è accaduto che Maria mi abbia invitato; non ho vinto la gara di nuoto) apodosi

Il periodo complesso formato da una subordinata condizionale e dalla sua reggente viene chiamato periodo ipotetico. In esso la condizionale si chiama protasi (= premessa) e la reggente si chiama apodosi (= conseguenza). Se chiedete troverete la risposta. protasi (premessa) apodosi (conseguenza)

Qualora ne fossi al corrente ti scriverei. Se mi obbedissi saresti più contento. protasi (è possibile che tu ne sia al corrente; è possibile che tu mi obbedisca) apodosi 3° tipo (o della irrealtà): la condizione della protasi è sentita come un fatto irreale, irrealizzabile, impossibile. I modi del verbo sono: il congiuntivo (imperfetto o trapassato) per la protasi e il condizionale (presente o passato) per l’apodosi.

IL PERIODO IPOTETICO

Per approfondire

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA230

Non tutte le ipotesi hanno la stessa possibilità o probabilità di realizzarsi: per questo i periodi ipotetici sono di tre tipi. 1° tipo (o della realtà): la condizione espressa nella protasi è descritta come un fatto molto probabile, quasi certo. I modi del verbo sono per lo più indicativo per la protasi; indicativo o imperativo per l’apodosi. Se riprovi ci riesci. Se vuoi udire bene avvicinati! protasi (è molto probabile che ci riprovi; è molto probabile che tu voglia udire bene) apodosi 2° tipo (o della possibilità): la condizione espressa nella protasi è presentata come un fatto possibile, tale cioè che potrebbe realizzarsi o non realizzarsi. I modi del verbo sono per lo più il congiuntivo (imperfetto) per la protasi e il condizionale (presente) per l’apodosi.

Le subordinate del primo tipo, che si pronunciano con una tonalità più bassa e nello scritto si trovano tra due virgole, vengono chiamate accessorie; quelle del secondo tipo necessarie.

5. TIPI dI SUbORdINATE 231

Le subordinate relative sono introdotte da un pronome relativo che sostituisce un elemento della frase reggente (antecedente) e che le connette ad essa in un rapporto di subordinazione: per questo vengono chiamate subordinate relative. La loro funzione è simile a quella dell’aggettivo. Osserva: Ho indossato il maglione verde. Ho indossato il maglione che mi hai regalato L’aggettivo verde e la frase che mi hai regalato hanno valore attributivo rispetto al nome maglione, servono a caratterizzare il maglione di cui si parla. Come l’aggettivo, le frasi relative possono descrivere un elemento o distinguerlo da altri. Osserva: I ragazzi, che hanno consegnato il compito, possono uscire. (possono uscire tutti i ragazzi, in quanto tutti hanno consegnato il compito) I ragazzi che hanno consegnato il compito possono uscire. (solo i ragazzi che hanno consegnato il compito possono uscire, gli altri no)

La subordinata relativa può avere forma: ƒ esplicita, introdotta da vari connettori: un pronome relativo (che, cui, il quale)

Fammi vedere il libro che hai comprato. Il ragazzo con cui parlavi è mio amico. un pronome doppio (chi = colui il quale, chiunque = qualunque persona che, quanto = tutto quello che)

Tornerei volentieri dove sono stato l’anno scorso. = Tornerei volentieri nel luogo, in cui sono stato l’anno scorso

Chi ha affermato ciò è un incompetente. = Colui è un incompetente il quale ha affermato ciò un avverbio relativo di luogo (dove = nel luogo in cui, ovunque = in tutti i luo ghi in cui, donde = dal quale luogo).

Subordinate attributive La subordinata relativa Ti ho riportato il libro che mi avevi prestato. antecedente pronome relativo

Il modo del verbo è di solito l’indicativo, ma possiamo trovare anche il congiun tivo o il condizionale quando la relativa esprime un fatto possibile, desiderato, ipotizzato, temuto; Si facciano avanti quelli che hanno qualche obiezione da fare. (chi parla sa per certo che c’è qualcuno che obietta) Si facciano avanti quelli che abbiano qualcosa da obiettare. (chi parla ipotizza che ci sia qualcuno che obietta, ma non ne è sicuro) È un viaggio che farei volentieri. (se ci fossero le condizioni per farlo) ƒ implicita: ha il verbo all’infinito per lo più preceduto dalle preposizioni a, da, o da un pronome relativo con funzione di complemento indiretto; Gli Americani sono stati i primi ad andare sulla luna (= i quali sono andati). L’isola del tesoro è un libro da leggere (= che deve essere letto). Ognuno ha un amico con cui parlare (= con cui può parlare). oppure ha il verbo al participio (presente o passato). Si tratta di problemi derivanti dalla cattiva digestione Ho letto la lettera inviatami dalla nonna N.B. Con i verbi di percezione (vedere, sentire…), che di solito reggono una ogget tiva, possiamo trovare relative implicite con verbo all’infinito, qualora il comple mento oggetto della reggente sia già in essa espresso. Ho visto Piero uscire = che usciva. Sento gli usignoli cantare = i quali cantano. La subordinata relativa, come l’aggettivo, attribuisce una caratteristica a un elemento della frase reggente.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA232

Altre subordinate Come già detto a proposito dei complementi, i nostri discorsi sono ricchi di co strutti ed espressioni che a volte non si riescono a far rientrare in precise catego rie. Oltre alle subordinate che abbiamo fin qui presentato, ce ne sono molte altre che anche tu usi, ascolti e leggi, magari senza farci caso. Di seguito troverai un elenco di alcune di queste, elenco che non ha la pretesa di esaurire lo studio della frase complessa, ma solo di renderti consapevole di quanti significati possiamo esprimere, di quale ricchezza di strumenti è dotata la nostra lingua per dire quel lo che ci accade, quello che pensiamo, vogliamo, desideriamo, scopriamo…

5. TIPI dI SUbORdINATE 233

Per approfondire LE SUBORDINATE RELATIVE CON VALORE PREDICATIVO

La subordinata relativa, come l’aggettivo, può avere anche funzione predicativa, ovverosia può esprimere un nesso particolare rispetto alla sua reggente.

Osserva: Ho incontrato Gianni che usciva dal cinema = mentre usciva dal cinema. (la frase esprime un nesso temporale) Il babbo, che è buono, ci perdona = poiché è buono. (la frase esprime un nesso causale) Cerco qualcuno che mi dia un passaggio = affinché mi dia un passaggio (la frase esprime un nesso finale) Non c’è nulla che non sappia fare = tale che sia per me impossibile (la frase esprime un nesso consecutivo) Qui c’è un letto per colui che volesse riposarsi = se volesse riposarsi. (la frase esprime un nesso condizionale) Anna, che pure è brava in matematica, ha sbagliato il compito = anche se è brava in (lamatematica.fraseesprime un nesso concessivo) Come avrai notato, in tutti questi periodi la subordinate relativa può essere sostituita da una subordinata circostanziale.

Ci penserò io – rispose brontolando don Abbondio. (A. Manzoni, I Promessi Sposi) Ho agito senza pensare.

Cammina come se danzasse.

Mentre la mia famiglia è rimasta a Milano, io quest’estate sono andata in montagna. Invece di andare in Sicilia, sono andato in Sardegna.

Col parlare ad Andrea, il professore parlava a tutta la classe.

UNITÀ 9 LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA234

Si dovrebbe pensare più a far bene che a star bene. (A. Manzoni, I Promessi Sposi)

La subordinata modale indica il modo in cui avviene l’azione espressa nella reggente. Solitamente è implicita, con il verbo di modo gerundio, o infinito introdotto da senza.

È introdotta da come, che, quanto, di quanto, di quando… e, quasi sempre, ha il verbo allo stesso modo di quello della sua reggente. A volte, nella comparativa, il verbo è sottinteso.

Può essere anticipata da un elemento nella reggente (meno, più, così…).

Lo zio mi vuole bene come se fossi suo figlio

Ho bevuto più di te (= di quanto hai bevuto tu).

La subordinata comparativa istituisce un paragone con quanto espresso nella frase che la regge.

La subordinata strumentale indica il mezzo attraverso cui si realizza quanto affermato nella reggente. Ha solo forma implicita, col verbo al gerundio, o all’infinito retto dalla preposi zione con Lavorando con impegno ha raggiunto il suo scopo.

La subordinata avversativa indica una circostanza che si contrappone a quanto espresso nella reggente.

I cavalli dormono stando in piedi.

Molto simili alle comparative sono le comparative ipotetiche, introdotte da come se, quasi (che).

Ma si può trovare anche in forma esplicita, introdotta dalla congiunzione come se.

Le frasi incidentali, dette anche parentetiche, sono frasi piuttosto brevi che ‘cadono’ dentro il discorso, senza intrattenere forti legami sintattici con le altre frasi. Nello scritto si trovano tra due virgole, tra due trattini o tra parentesi; nel parlato sono segnalate da un abbassamento del tono della voce.

Può avere forma esplicita, introdotta da per quanto, da quel che, per quel che, secon do quanto… e il verbo è all’indicativo; o forma implicita, introdotta da per, a, in quanto a e il verbo all’infinito. È facile a dirsi. Quanto a lavare l’auto ci penso io. Per andare, va ancora. Luca non è abbastanza grande per uscire da solo di sera.

La subordinata eccettuativa indica una circostanza che va esclusa da quanto detto nella sua reggente.

La subordinata limitativa indica una circostanza che limita, restringe quanto detto nella sua reggente.

5. TIPI dI SUbORdINATE 235

Due avvenimenti contemporanei vengono presentati in contrapposizione grazie a connettori come mentre, invece di, al posto di… Ricorda che la congiunzione mentre è utilizzata spesso per introdurre frasi subor dinate con valore temporale, come: Mentre Francesco era a Oxford, ha incontrato Grazia.

Può avere forma esplicita e implicita; è introdotta da fuorché, salvo che, eccetto che, tranne che, se non che, a meno che, a meno di Della gita Piero non sapeva altro se non che si sarebbe andati in una città della Toscana.

Perpetua era rimasta celibe per aver rifiutati i partiti offerti, come diceva lei, o per non aver mai trovato un cane che la volesse, come dicevan le sue amiche. (A. Manzoni, I Promessi Sposi)

La subordinata aggiuntiva indica una circostanza oltre la quale si verifica quanto espresso nella reggente.

Ha soprattutto forma implicita ed è introdotta da oltre che, oltre a. Cos’altro ti ha detto, oltre che comunicarti il suo disappunto?

236 UNITÀ 9 QUESTIONI dI LESSICO I VALORI DELLA CONGIUNZIONE ‘E’

La congiunzione e, così povera di contenuto, è un con nettore che esprime connettivi molto diversi fra loro. Osserva: Mi sveglio e mi alzo. La e esprime un rapporto di successione nel tempo: prima mi sveglio e poi mi alzo. Sono belli i libri che fanno piangere e ridere allo stesso tempo. Piangere e ridere sono posti dalla e in rapporto di con comitanza, contemporaneità, evidenziato dal sintag ma allo stesso tempo Sei simpatico e tutti ti cercano. La e esprime la conseguenza della tua simpatia: qui la e è usata come sinonimo di ‘dunque’, ‘quindi’, ‘perciò’. Ho mangiato e ho fame. Qui la e è sinonimo di ‘ma’, ‘eppure’, ‘tuttavia’: esprime infatti due concetti che solitamente si contrappongo no: quando si mangia di solito la fame scompare. E le stelle stanno a guardare. E vissero felici e contenti. La prima frase (celebre titolo di un romanzo di A.J. Cro nin), e la seconda (tipica conclusione delle fiabe) pre sentano un uso particolare della e, quasi a voler legare quanto si sta per dire con quanto non è detto, con una aspettativa che precede il testo. Nelle fiabe la e serve a concludere, a tirare le fila di una serie di vicende, come a dire: dopo tutte le traver sie vissute dai personaggi, che li hanno cambiati e fatti crescere, ecco finalmente che sono felici e contenti. Alessandro il Macedone conquistò e l’Anatolia e la Siria e l’Egitto e la Mesopotamia e la Persia e la Battriana, nonché l’India. Quante e! La ripetizione insistita della congiunzione per legare sintagmi o frasi ha la funzione di mettere in ri salto ciascuno degli elementi coordinati e di enfatizzare l’importanza del loro insieme. Tale sistema di coordi nazione viene chiamato polisindeto (dal greco poly = molti e syndein = legare con).

Contrario al polisindeto è l’asindeto (dal greco asyndeton = senza legami espliciti). Il soldato entrò nel locale, si guardò in giro, si avvicinò al banco, chiese da bere, sorseggiò la sua birra, pagò e uscì frettolosamente. Le frasi che compongono questo periodo, tranne l’ul tima che è una coordinata copulativa, sono coordina te per asindeto: nel discorso orale abbiamo sospensioni della voce che nello scritto sono espresse con la virgola

237QUESTIONI dI LESSICO CIOÈ

Cioè ha anche altre funzioni, oltre a quella di introdurre una coordinata esplicativa. Ad esempio, può essere usato in un dialogo per chie dereLuca:precisazioni. Hai sbagliato il compito.

Matteo: Cioè? Luca: Cioè non hai seguito le indicazioni dell’insegnante. Matteo: Cioè? Luca: L’insegnante aveva detto di sottolineare i verbi e gli aggettivi e tu hai sottolineato solo gli aggettivi. A volte si usa cioè per correggere un’affermazione, per esprimere un cambiamento repentino di idea.

Mamma: Andrea, vuoi fare merenda? Andrea: Sì, mangerò pane e marmellata… cioè no, non ho fame. Vi è poi un altro uso di cioè, come riempitivo, ovvero ripetuto frequentemente o posto all’inizio del discorso per prendere tempo, ma si tratta di un modo di parlare piuttosto scorretto e fastidioso. Recentemente è stato sostituito da un altro intercalare: tipo

SEGNALI DISCORSIVI

Guarda, alla fine della frase, serve anche a rafforzare la convinzione del parlante rispetto a ciò che dice.

Te lo meriti davvero, guarda Eh?, capisci?, capito?, mi sono spiegato? servono per controllare la reale comprensione da parte del de stinatario. Allora ci vediamo alle otto, eh?

Nei discorsi orali si utilizzano spesso delle parole, delle espressioni e delle frasi che non hanno alcun legame sintattico all’interno del testo in cui compaiono. Esse infatti, indipendentemente dalla categoria grammati cale a cui appartengono, hanno il compito di segnalare le diverse tappe del discorso: vi sono formule di aper tura del testo (buongiorno, pronto, sì, dico…), di chiusu ra (arrivederci, addio, prego…); oppure espressioni che segnalano rinvii a quanto già detto o a quanto si sta per dire (allora, dunque, cioè, come diremo fra breve…). Ma osserviamole più nel dettaglio. Immagina un dialogo fra due amici, Simone e Andrea. Uno dei due deve fare un proposta un po’ imbarazzan te: ha bisogno di soldi. Simone: “Ehm insomma scusa eh? non so come dirtelo ma hai cento euro da prestarmi?” E Andrea, un po’ titubante, risponderà: “Ma… veramente… ecco… in questo momento non navigo in buone acque!” Oppure, se il rifiuto è netto: “Ma senti un po’… cento euro!!!”

Ancora: si usano segnali discorsivi quali senti un po’, ehi!, mi segui?, vedi?, guardi… per attirare l’attenzio ne o per ridestarla Ehi voi due, dove state andando? Senti un po’ ma il tuo amico di che cosa si occupa? Guardi, non può sbagliare (può dire il vigile urbano che dà l’indicazione di una strada).

Il paradosso è che non intendevo offenderlo, capisci? L’uso di questi segnali discorsivi è frequente nelle con versazioni telefoniche, quando non si vede la faccia del destinatario; oppure quando il nostro interlocutore ha lo sguardo da… pesce lesso. Prendi la prima via a sinistra. Quella, capito? A volte, il capisci? o il capito? servono non tanto a ve rificare la reale comprensione del messaggio, quanto a ribadire le implicazioni che da questo si debbono trarre. Sono tua madre, capito? Sì; pronto (al telefono), caro te, caro mio, capo servono per stabilire un contatto.

238 UNITÀ 9 QUESTIONI dI LESSICO I

Le espressioni evidenziate sono i cosiddetti segnali di scorsivi che trovano largo impiego nel discorso orale o nella prosa narrativa che riproduce il parlato. Nella lingua parlata il tempo a disposizione per orga nizzare il discorso è infatti molto breve, quindi l’uso di queste espressioni ha la funzione prevalente di garan tire l’appropriatezza comunicativa di un testo. Guardiamoli in azione. Dico, ti sembra di esserti comportato come si deve? Qui il significato di “dico” non è prevalentemente una voce del verbo dire, ma si tratta di una formula di aper tura del discorso, attraverso la quale chi parla vuole rimarcare l’importanza di quanto sta per affermare. L’hai fatto tu questo disegno? Beh a dire il vero mi ha aiutato mio fratello. Qui chi parla manifesta incertezza, titubanza, e anche una certa ansietà di fronte alle reazioni del professore di disegno. La stessa cosa accade in: Quando ci vediamo? Più tardi cioè… mah… non so… diciamo fra tre ore. A volte il parlante, attraverso i segnali discorsivi, cerca di prendere tempo. Non ti nascondo una certa, come dire, una certa perplessità.

Lo sai cosa mi piacerebbe fare, caro mio, invece che seppellirmi in casa? Ehi capo, cosa ci fa in mezzo alla strada? In un certo senso, diciamo, per così dire, come lo volete chiamare? … possono indicare la voluta mancanza di precisione nella formulazione di un messaggio. Lei è stato compagno di università del mio papà? In un certo senso, sì. A dire il vero, frequentava un’altra facoltà. Da quanto sei sposato? Diciamo da tre anni. Utilizzando mi sembra, forse, magari, se non sbaglio, penso io, dicono, il parlante sembra prendere le distan ze rispetto a quanto afferma. Questo rovesciamento della situazione è forse dovuto a un’incomprensione fra voi? La rivista che cerchi è in edicola, mi sembra, già da alcuni giorni. Appunto, proprio, davvero indicano invece il rafforza mento della precisione del parlante rispetto a ciò che afferma. È appunto quello che ho detto. Come tutti sanno, lo dicono tutti, naturalmente, certa mente, non ci sono dubbi… sono segnali discorsivi che servono al parlante per avvalorare, anche con il punto di vista degli altri, il suo punto di vista. Questa estate, lo dicono tutti, sarà molto afosa. Si usano no?, vero?, ti pare?, non è così?, dico male? per chiedere conferma Hai chiuso a chiave la porta, no? Oltre tutto ha dimostrato un coraggio notevole, dico male? Naturalmente, anche l’interlocutore fa uso di segnali discorsivi per dare conferma rispetto a quanto il mit tente dice: esatto, giusto, assolutamente, perfetto, okay, è vero, ricevuto.

Questa faccenda bisogna chiarirla. Assolutamente È una situazione troppo indefinita. Esatto. Ne riparliamo bene domani con l’avvocato.

Okay. Oppure servono a dire che l’interlocutore è solo parzial mente d’accordo: eh be’, mah, insomma… Sei convinto? Insomma… vorrei capire meglio. O, al contrario, disaccordo totale: tu dici?, lei dice? Ce l’abbiamo fatta! Tu dici?

239QUESTIONI dI LESSICO

Potremmo continuare ancora a lungo, ma già da questi pochi esempi si intuisce che la lingua, con le sue innu merevoli possibilità espressive, è strumento adeguato all’uomo per attestare la sua esperienza in tutti i suoi aspetti, per parlare della realtà in tutte le sue innu merevoli sfumature. Prima di concludere questo breve excursus, accenniamo a segnali discorsivi tipici di certi generi letterari: c’era una volta ci porta nel mondo della fiaba, così come c’è caratterizza il genere della barzel letta. C’è un tizio che per la strada dà una gran botta a un passante. Ciao, Giovanni, ma sai che quasi non ti riconoscevo? Sei calato almeno dieci chili, ti sei fatto crescere i baffi e hai cambiato l’andatura. Guardi che io non mi chiamo Giovanni, io mi chiamo Alberto. Oh! Questa è bella, hai cambiato anche il nome?

ARGOMENTI 1. Dalla frase al testo 2. Il senso 3. I requisiti di testualità 4. Intenzione comunicativa 5. Atteggiamenti testuali 6. Il testo scritto 10 IL IntroduzioneTESTO all’arte del discorso Il poeta e il cestaio E oggi, in questo bel giorno di settembre, mentre la luce scalda la siepe dalla parte della strada ed entra l’odore dell’erba dalla porta socchiusa, penso, con qualche presunzione, che ci sia un legame tra il suo intrecciare e il mio scrivere: come lui sceglieva una a una le sue bacchette di salice, così io scelgo a una a una le parole. Come lui intrecciava le festuche secondo un ritmo, così io cerco di intrecciare le parole secondo un ritmo. Come lui lasciava un’impronta di sé nell’intreccio, così io spero di lasciare l’impronta di un mio respiro nelle parole che ho sottratto al bianco del foglio, per sottrarre dal silenzio qualcosa dei lineamenti della sua esistenza. Pierluigi Cappello Questa libertà

1. DALLA FRASE AL TESTO

Ogni mattina molti lavoratori raggiungono il proprio ufficio in treno. Quest’anno la neve in montagna non si è fatta vedere. Valentino Rossi si prepara a vincere un altro mondiale!

Come vorrei un cellulare nuovo!

Testo deriva dal latino tĕxtus, participio passato del verbo tĕxere = intrecciare.tessere, Ha la stessa origine la parola ‘tessuto’.

Ogni mattina molti lavoratori raggiungono il proprio ufficio in treno.

Hai studiato che la frase è una sequenza di parole costruita intorno a un verbo e dotata di significato; e che ogni frase semplice, composta o complessa, pronun ciata o scritta, può servire a esprimere e a comunicare un fatto, un’idea, un desi derio, ecc. Non sempre, però, una sola frase è sufficiente per comunicare tutto ciò che il parlante intende dire. Considera ora i seguenti gruppi di frasi:

UNITÀ 10 IL TESTO242

Le carrozze dei treni sono poche e spesso affollate. Molti treni viaggiano con ritardo. Tra i pendolari si registra sconforto e agitazione. Come puoi notare, tra i due gruppi di frasi c’è una notevole differenza. Il primo gruppo è costituito da frasi che, considerate una per una, sono sensate, ma non si riconosce alcun nesso logico tra loro. Ogni frase esprime infatti un concetto, un fatto, una speranza, un desiderio, ma nessuna di esse è in qualche modo riferibile all’altra. Si potrebbe anche dire così: ogni frase potrebbe essere oggetto di una comunicazione tra due persone, ma tutte assieme difficilmente potrebbero costi tuire un messaggio unico, oggetto di un’unica comunicazione. Il secondo gruppo appare, invece, sostanzialmente diverso. Anche le sue frasi hanno un significato autonomo: ciascuna potrebbe essere oggetto di dialoghi se parati, ma prese tutte assieme costituiscono un messaggio dotato di un senso unitario. Questo perché risultano essere accomunate da uno stesso argomento e seguono un filo logico che non è difficile immaginare. Cosa manca però a queste frasi per costruire un testo ben formato? Manca un’ar ticolazione chiara che aiuti le frasi a esprimere la loro unità, che sveli i nessi esi stenti tra una frase e l’altra. L’unità deve essere infatti fatta emergere attraverso l’esplicitazione dei nessi tra le frasi, in modo tale da svelarne il senso compiuto: Ogni mattina molti lavoratori raggiungono il proprio ufficio in treno, ma le carrozze sono poche e spesso affollate; se a questo aggiungiamo che molti treni viaggiano con ritardo, non ci è difficile capire perché tra i pendolari ci sia sconforto e agitazione. Il risultato ottenuto potrebbe essere utilizzato come un breve articolo di giornale o come l’introduzione del conduttore di un telegiornale a un servizio. Si tratta, infatti, di un messaggio dal senso unitario utilizzabile in una comunicazione, cioè di un testo Un testo è un insieme di frasi aventi un argomento in comune, che esprimono nel loro complesso un senso unitario, grazie a una articolazione che esplicita il filo logico che le lega.

Nessuno penserebbe che il professore sia improvvisamente impazzito, oppure che abbia perso l’uso della vista e dell’udito; nessuno si volterebbe neanche a guardare il compagno temendo una preoccupante metamorfosi! Tutti, invece, capirebbero senza esitazioni il senso di quel messaggio: evidentemente il compagno indicato dal professore deve aver dimostrato, in qualche occasione, di possedere una dote che nelle favole contraddistingue le volpi: la furbizia! Tutti noi saremmo cioè portati a interpretare quella frase come portatrice di un senso che va oltre il significato letterale e che si lega, invece, alla particolare si tuazione in cui la frase viene pronunciata. Questo accade perché gli interlocutori, quando comunicano tra loro, sono nor malmente portati ad aspettarsi che i testi siano dotati di senso. Quando il senso letterale di un testo non soddisfa tali attese, chi ascolta è portato a cercare un senso Consideraulteriore.oraquesta

frase: La felicità corre sul filo. Essa, pur essendo grammaticalmente corretta, appare insensata. Come abbiamo detto, il fatto che noi siamo istintivamente portati a domandar ci cosa vuol dire? attesta che siamo predisposti al senso. Se fosse stato un ami co a dire questa frase, noi subito gli avremmo detto: o sei impazzito oppure spie gami cosa stai dicendo! Questo perché non ci accontentiamo di una insensatezza, non riteniamo accettabile che una comunicazione sia basata su un non-senso. Così gli chiederemmo subito di spiegarsi meglio, ossia di svelarci la sensatezza di quella frase. Egli, se veramente è intenzionato a comunicarci qualcosa, per farsi capire dovrà costruire un testo in cui sia evidente il senso del messaggio che ci voleva comunicare, e potrebbe rispondere così: Quest’estate, in America, ho conosciuto Jessy, e siamo diventati grandi amici! Così ogni settimana aspetto il giorno in cui ci sentiremo al telefono e quel giorno è oggi! La mia felicità corre sul filo del telefono! In questo caso per riconoscere il senso della frase si è dovuto procedere a un chiarimento contestuale: il mittente ha dovuto infatti inserire la frase in un te sto che, chiarendo alcuni elementi impliciti, rendesse interpretabile il suo senso Cosìmetaforico.unafrase insensata, se considerata isolatamente, può diventare accettabile e coerente se viene contestualizzata, cioè inserita in un discorso più ampio, che formi cioè un testo. Immagina ancora che uno sconosciuto ti si avvicini e, dopo essersi guardato fur tivamente attorno, ti sussurri all’orecchio: Mio zio indossa cravatte a pallini!

2. IL SENSO 243 2. IL SENSO Supponi che un professore dica a un alunno: Luca, sei una volpe!

UNITÀ 10 IL TESTO244

Tu resteresti allibito poiché, pur comprendendo il significato letterale dell’enun ciato, non riusciresti a comprendere il senso della comunicazione. Un testo è in fatti sensato quando è percepito come risposta a una domanda esplicita o im plicita Potremmo. dire che la “forza” che lega insieme le parole e le frasi di un testo è la domanda a cui il testo risponde. Ogni testo, infatti, nasce come atto comunicativo intenzionale, ossia come una risposta a una domanda. Questa domanda può esse re esplicita (come in un’interrogazione, in un tema, in un’intervista ecc.) oppure implicita (un romanzo, una poesia, un libro di testo). Un testo è tanto più ricco e interessante quanto più è profondo il livello di do manda a cui risponde. Ad esempio, il testo del meteorologo del telegiornale è molto semplice, d’uso, in quanto contiene specifiche e ridotte informazioni volte a rispondere a una semplice domanda: “Che tempo farà nei prossimi giorni?”. Un libro di storia, un trattato di scienze o un romanzo, invece, affrontano questio ni che hanno livelli di senso diversi e stratificati: “Quale è la misteriosa origine dell’uomo e della civiltà?” “Come è fatto il mondo fisico in cui viviamo?” ecc.

Supponi che, durante un’interrogazione di storia, un tuo compagno risponda così a una domanda della professoressa: Annibale perse perché vinceva! Questo enunciato è corretto dal punto di vista grammaticale e si pone come ri sposta a una domanda (Perché Annibale perse la seconda guerra punica?), ma con tiene un’evidente contraddizione. In questo caso è probabile che la professoressa chiederà all’alunno di correggere il proprio discorso. L’alunno si correggerà così: Annibale aveva già riportato un gran numero di vittorie sui Romani e sperava che di lì a poco Roma avrebbe ceduto, ma la sua tattica fondata sull’attesa permise ai Romani di riorganizzarsi. Questo lo portò alla sconfitta. Un testo coerente è un testo che non presenta contraddizioni. Pertinenza Considera questo testo: Visita al museo di arte contemporanea. Ieri siamo andati a visitare il museo di arte contemporanea della nostra città. Il museo è assai ampio e contiene opere molto particolari e difficili da interpretare. Una bravissima guida ci ha accompagnato per le sale del museo spiegandoci le opere più importanti. La guida ha uno zio che vive in Texas. Le opere che io ho preferito sono quelle di Goldaniga e Cirnigliaro. Nel suo insieme è semplice e corretto. È giusto sottolineare le dimensioni del museo e la difficoltà di interpretazione di alcune opere per poter giustificare la necessità di una guida. Così è opportuno, nel finale, esprimere un giudizio sulle opere viste. Peccato che sia stata inserita un’informazione, magari vera, ma non pertinente: il fatto che lo zio della guida viva in Texas non riguarda il tema ge nerale del testo. Non basta dunque che il testo abbia un unico argomento, risponda a una doman da (in questo caso rappresentata indirettamente dal titolo: racconta la visita al mu seo di arte contemporanea) e non contenga contraddizioni; bisogna che tutto quel che si dice sia pertinente al discorso che si sta costruendo. In un testo caratterizzato dalla pertinenza tutte le informazioni sono funzionali a rispondere alla domanda da cui il testo si origina.

3. I rEqUISITI DI TESTUALITÀ 245

3. I REQUISITI DI TESTUALITÀ Coerenza

UNITÀ 10 IL TESTO246 Novità Supponi che un tuo compagno, entrando in classe, al mattino, proclami ad alta voce:

Anche la prossima primavera verrà dopo l’inverno! Per un attimo la classe resterebbe perplessa: è infatti assolutamente nota a tutti la successione delle stagioni. Insomma, l’affermazione è ovvia. Anche un enunciato come Stamattina ho visto una moto con due ruote. sarebbe sentito come insensato, in quanto privo di interesse. Caso mai avrebbe senso dire Stamattina ho visto una moto con tre ruote. Parlando e scrivendo, noi evitiamo le ovvietà più manifeste come quelle dei nostri esempi. Tuttavia spesso, senza accorgercene, diciamo e scriviamo delle ovvietà con tutta l’aria di comunicare delle notizie interessanti. Ecco un testo, apparen temente corretto, ma pieno di ovvietà: Parlate del giorno più bello dell’anno. Per me il giorno più bello dell’anno è stato un giorno d’agosto. Quella mattina mi alzai dal letto e andai a lavarmi in bagno: mi lavai il viso con il sapone e i denti con lo spazzolino e il dentifricio. Infine mi asciugai con l’asciugamano e, uscito dal bagno, mi vestii e feci colazione. Sarà anche stata una bella giornata, ma certo non molto diversa dalle altre! Parlare e scrivere sono delle attività intenzionali: l’uomo non le compie per au tomatismo, ma volontariamente e secondo uno scopo. L’uomo parla e scrive per comunicare qualcosa, per trasmettere un messaggio. Un testo è comunicativo quando porta una novità. Coesione Considera il testo: Ieri sono rimasto in casa. Ero molto stanco. Intuitivamente si capisce che i due fatti sono legati tra loro. Solo che il legame è lasciato implicito, ossia le due frasi non sono state connesse da nessun elemento verbale. Esplicitare attraverso un elemento di connessione, cioè un connettore, il legame tra le due frasi serve a precisare il senso dell’intero testo. Ieri sono rimasto a casa perché ero molto stanco. Chi parla vuole esplicitare una diretta dipendenza tra i due eventi, istituendo un rapporto di causa-effetto tra le due frasi: l’essere stanco è causa del restare a casa e il restare a casa è l’effetto dell’essere stanco.

Eccone un elenco in base al tipo di connettivo che esprimono. Connettivo Connettori tempo prima; allora; in un primo tempo; all’inizio; il giorno dopo; due mesi prima; ecc. (per esprimere l’anteriorità di una sequenza testuale rispetto a un’altra) mentre; intanto; contemporaneamente; nel frattempo; ecc. (per esprimere la contemporaneità tra due sequenze testuali) poi; più tardi; in seguito; dopodiché; alcuni giorni dopo; l’anno dopo; da ultimo; alla fine; infine; ecc. (per esprimere la posteriorità di una sequenza testuale rispetto a un’altra) luogo qui; da questa parte; da quella parte; su; giù; lì; là; sopra; sotto; in mezzo; ecc. (questi connettori sono deittici, cioè fanno riferimento direttamente al luogo in cui avviene la comunicazione) a Milano; verso Milano; in quella parte del mondo; vicino a lui; ecc. (anche i complementi di luogo in alcuni casi hanno la funzione di connettere sequenze testuali) causa-effetto perché; poiché; giacché; dato che; a causa di; in seguito a; in conseguenza di; per effetto di; per tutte queste ragioni; perciò; ragione per cui; è per questo che; da ciò deriva che; ecc.

Osserva l’esempio: Non vengo al cinema, amo guardare i film. Devo studiare.

3. I rEqUISITI DI TESTUALITÀ 247

Il testo nella prima parte appare contraddittorio e, per essere inteso, necessita di un connettore. Non vengo al cinema, anche se amo guardare i film. Devo studiare. Mentre nella seconda parte è chiarissimo il connettivo causale, nonostante non compaia il connettore. Non vengo al cinema, anche se amo guardare i film, perché devo studiare. I connettori sono elementi linguistici che servono a rendere espliciti i connettivi, cioè i nessi logici tra le parti del testo. La funzione di connettore può essere svolta da parole appartenenti a differenti parti del discorso: congiunzioni, preposizioni, avverbi, pronomi, ma anche inte riezioni e alcune espressioni.

Il nesso tra le due frasi è emerso grazie alla presenza della congiunzione perché, che ha svolto la funzione di connettore: rendere esplicito il nesso logico, o con nettivo, esistente tra le frasi. A volte, nei dialoghi, non è necessario essere troppo espliciti, altre, invece, oc corre dosare bene la presenza dei connettori per rendere meno dubbia o faticosa la comprensione del testo.

UNITÀ 10 IL TESTO248

ordine prima di tutto; innanzi tutto; in primo luogo; inoltre; poi; in secondo luogo; si aggiunga; infine; da ultimo; per finire; da… a; fra l’altro; primo; secondo; ecc. (per esprimere la sequenzialità) da una parte…dall’altra; da un lato…dall’altro; per un verso…per un altro; non tanto…quanto; non solo…ma anche; d’altronde; d’altro canto; al contrario; invece; piuttosto; peraltro; ecc. (per esprimere la simmetria o la contrapposizione tra sequenze del testo) oargomentazionedimostrazione se si ammette che; se è vero che; dando per certo che; immaginiamo; supponiamo; ipotizziamo che… ne dedurremo; avremo; troveremo che… ebbene; infatti; in realtà; per la verità; in effetti; come si può notare; come tutti sanno; com’è evidente; ovviamente; cioè; comunque; in tal caso; allora; in ogni caso; ad esempio; quindi; dunque; insomma; in conclusione; si potrebbe obiettare che…; potresti osservare che…; ti domanderai perché… ecc. valutazione a mio (o nostro) giudizio (o avviso; parere); secondo me; ritengo (o riteniamo) che; direi che; senza alcun dubbio; si spera che; sarebbe bene che; sarebbe giusto che; vale la pena di; sottolineo; ribadisco; sia ben chiaro; ecc.

Un testo senza connettori sarebbe difficilmente interpretabile. Immagina di to gliere tutti i connettori tra frasi e tra periodi a questo testo: Prima di venire a trovarti, devo passare da Marco poiché mi deve restituire la moto. Ovviamente ci metterò molto: secondo me inventerà qualche scusa per tenersela ancora un po’! Intanto che mi aspetti perché non chiami Francesca per chiederle se viene con noi al cinema? Ecco quello che otterresti: Venire a trovarti, devo passare da Marco mi deve restituire la moto. Ci metterò molto: inventerà qualche scusa tenersela ancora un po’! Mi aspetti non chiami Francesca chiederle viene con noi al cinema? Un testo coeso è un testo in cui le diverse parti sono legate tra loro in modo chiaro ed efficace, attraverso l’uso di connettori appropriati ai connettivi che devono esplicitare.

4. INTENZIONE COMUNICATIVA

Potresti mandarmene una copia in anteprima; sarei intenzionato a scrivere una recensione sul giornale per cui lavoro. è chiaro che la sua intenzione comunicativa è quella di aiutarlo a promuovere il suo nuovo libro. È facile osservare che tutto quanto in un testo viene affermato dipende dall’in tenzione comunicativa. Sarebbe infatti insensato se Luigi, avendo come scopo quello di farsi inviare il libro, scrivesse a Giorgio:

4. INTENzIONE cOmUNIc ATIvA 249

Se un testo nasce come risposta organica a una domanda, a un’esigenza, a un’at tesa, ogni testo sarà unico e irripetibile, in quanto frutto di esigenze e contingen ze diverse. È però possibile individuare alcune caratteristiche che accomunano certi tipi di testo e che li distinguono da altri: tutti noi siamo in grado di distin guere una lettera da un romanzo, una conversazione telefonica da una poesia… È nostro compito ora capire perché vi siano testi di tipo diverso e quali siano le loro caratteristiche. Ma innanzitutto occorre sottolineare che un testo dipende in tutti i suoi aspetti dall’intenzione comunicativa, cioè dalla ragione per cui viene prodotto. In altre parole, esso è lo strumento con cui viene realizzata una certa intenzione comunicativa. Quando, ad esempio, poniamo una domanda a qualcuno, noi suggeriamo al no stro interlocutore l’intenzione comunicativa a cui la sua risposta dovrà confor marsi per essere pertinente. Se tu chiedessi a un passante: “Scusi, sa che ore sono?” e la persona interpellata, dopo aver guardato l’orologio, rispondesse soddisfatto “Sì!” e se ne andasse, tu rimarresti esterrefatto: evidentemente il passante avrebbe frainteso la tua reale intenzione comunicativa, che era di ottenere una informazione circa l’orario, non di sapere se egli fosse in grado di leggere l’ora. L’intenzione comunicativa del te sto prodotto dal passante non sarebbe la stessa che tu avevi nel porre la domanda. È possibile stabilire l’intenzione comunicativa di un testo rispondendo alla do manda: “Perché questo testo è stato prodotto?”. Ad esempio se in una lettera Luigi scrive a Giorgio: Sarebbe bello fare una bella cena insieme, come ai vecchi tempi. Conosco un ristorante in cui cucinano il cinghiale in modo squisito! L’intenzione comunicativa di Luigi è quella di convincere Giorgio a fargli visita dopo tanto tempo. Se invece gli scrive: Da ormai un anno non abito più a Milano, mi sono trasferito nelle Marche! Abito in un paese a qualche chilometro da Urbino. la sua intenzione comunicativa è di informare Giorgio del suo trasferimento. Infine, scrivendogli: Ho saputo che hai scritto un romanzo bellissimo e che sta per essere pubblicato!

Ho saputo che ti ostini a scrivere romanzi e che pretendi anche di pubblicarli. A me il tuo libro non interessa molto, tu comunque mandamelo. Se avrò voglia lo leggerò… Considera ora questo altro esempio. Pietro, tutto trafelato, chiede al capostazione dove si trovi il binario 3, da cui sta per partire il suo treno. Sarebbe davvero buffo se il capostazione, invece di rispondere brevemente e con una indicazione precisa, comunicasse pomposa mente: Ebbene caro signore, questa stazione è davvero un raro esempio di funzionalità e bellezza fuse in un’unica architettura! La compenetrazione delle strutture geometriche e la fluidità degli spazi sono una metafora plastica del tempo che fugge nel contesto della nostra nuova società delle comunicazioni. Così la collocazione dei binari in serie parallele e successive… Invece non sarebbe fuori luogo se, intervistato da Pietro sulla storia architettoni ca della stazione, il capostazione pronunciasse quelle stesse parole: in quel con testo, la sua lunghezza e i riferimenti alla struttura architettonica della stazione apparirebbero come adeguati allo scopo. L’intenzione comunicativa non determina solo il contenuto, ma anche la forma di un testo e la sua organizzazione.

UNITÀ 10 IL TESTO250

Come puoi notare, tale testo risponde all’esigenza di fornire a un turista le in formazioni sufficienti a conoscere come è fatta la città (dove si trova, quanto è grande, quali sono i suoi monumenti principali, le sue particolarità ecc.). Si tratta di una descrizione referenziale che privilegia l’oggetto e trascura invece le impressioni, i giudizi, i sentimenti di chi scrive: ha una funzione prettamente Diversoconoscitivo-informativa.sarebbese,alritorno da una gita, parlassi a un tuo amico di Venezia, de scrivendo le diverse situazioni vissute, i sentimenti e le reazioni che la visita alla città ha suscitato in te. Venezia è davvero impressionante: non immaginavo che si potesse costruire una città sull’acqua! Avresti dovuto vedere le persone che si muovono in traghetto e in barca invece che in autobus o in macchina. E che ricchezza di monumenti! In particolare mi hanno colpito i mosaici della basilica di San Marco: non avevo mai visto niente di simile… tutto quell’oro! Siamo stati anche a Torcello, ma ero molto stanco… non mi ricordo molto! Per non parlare poi del giro in gondola che abbiamo fatto: una imbarcazione più strana non l’ho mai vista. Pensa che è costruita… Descrivere deriva dal latino describĕre (< de + scribĕre) = ‘disegnare’.sinonimosimodello.copiaretrascrivere,daunInDantetrovacomedi

La città di Venezia, costruita interamente sul mare, è formata da un arcipelago di 118 isolette, attraversate da 150 canali o rii, spesso collegate tra loro da ponti, alcuni dei quali particolarmente famosi come il Ponte di Rialto o il Ponte dei Sospiri. Il centro storico, meta prediletta dai turisti, è suddiviso in sestieri, termine che nelle altre città corrisponde ai quartieri. I sei sestieri di Venezia sono San Marco, Cannaregio, Castello, Dorsoduro, San Polo e Santa Croce. ll sestiere di San Marco, il meno esteso ma più importante della laguna di Venezia, ha in Piazza San Marco il suo centro pulsante. Piazza San Marco, da molti definita “il più bel salotto del mondo”, è cinta da palazzi e portici continui sotto i quali tutti i giorni si animano caffè e negozi. Di forma trapezoidale, su di essa si affacciano alcuni tra gli edifici più importanti e conosciuti della città. Tra questi la Basilica di San Marco, massimo monumento religioso della città, capovaloro dell’architettura romanico-bizantina… (tratto da www.vacanze-venezia.net/mappa)

5. ATTEGGIAMENTI

TESTUALI

5. ATTEggIA mENTI TESTUALI 251

Descrivere Supponiamo che la realtà di cui ci interessa parlare sia Venezia, tipica meta di gite Volendoscolastiche.documentarsi

Di un certo contenuto, di una certa realtà (che sia essa un fatto, un’esperienza, un luogo, una persona, un pensiero, un ricordo, un testo…) possiamo parlare in modi diversi a seconda delle ragioni per cui essi destano il nostro interesse. Tali diversi atteggiamenti si traducono in vari modi di costruire il testo, in diversi procedi menti di scrittura, se si tratta di un testo scritto. Ne presentiamo di seguito i fondamentali, con la consapevolezza che nessuno di tali atteggiamenti testuali è esclusivamente presente in un testo: spesso nel testo compaiono più sequenze ascrivibili a diverse modalità di esprimersi (descrivere, esporre, narrare, argomentare, regolare).

sulla città, magari proprio in preparazione di una gita, si potrebbe leggere una pagina tratta da una guida turistica, alla voce “Venezia”.

I giorni 13 e 14 aprile la classe terza si recherà in visita di istruzione a Venezia.

La partenza con i pullman da scuola sarà alle ore 7.30. Una volta giunti a Venezia visiteremo piazza San Marco, la basilica e la torre dell’orologio. Il secondo giorno ci recheremo in battello a Torcello, uno dei più antichi insediamenti della laguna. Lì potremo ammirare la bellissima Basilica dell’Assunta. Nel pomeriggio abbiamo prenotato un giro in gondola… In questo caso, gli avvenimenti e le informazioni essenziali sono stati esposti se condo la successione cronologica dei fatti, mettendo in evidenza gli avvenimenti principali in modo breve e coinciso e usando espressioni e termini semplici ed efficaci. Esporre significa spiegare un argomento, presentando in modo chiaro e sistematico dati e informazioni. Narrare Immagina che tu e i tuoi amici, passati molti anni, vi ritroviate a cena insieme. Vi ricordate della nostra gita a Venezia di tanti anni fa? La propose il professore di arte e noi non mostrammo alcun entusiasmo. Ma poi fummo tutti contenti di esserci andati! Prendemmo il treno fino a Mestre e poi andammo in battello fino a Venezia. Ricordo ancora la faccia che faceste alla vista di San Marco e dei canali… e quando Luca cadde dalla gondola?

Narrare viene dal latino gnarus = esperto, colui che sa, che conosce. chi la sa la racconti: può narrare chi ha sperimentato, ha conosciuto gli eventi. È sinonimo di raccontare, la cui di(simileetimologiaaquella contare) mette in luce l’enumerazione,invecel’elencazionedeifatti.

Tale descrizione si costruisce tutta intorno al desiderio di voler comunicare all’in terlocutore la sorpresa per aver visitato una città straordinaria, piena di partico lari inusuali. Si tratta di una descrizione espressiva che privilegia il punto di vista del soggetto. Descrivere significa far vedere con le parole. Si può descrivere con l’intenzione di far vedere l’oggetto in modo analitico e preciso (descrizione referenziale), oppure di far vedere l’oggetto in modo critico (descrizione espressiva).

Il testo racconta di eventi che non appartengono al presente: la vicenda riguarda un tempo trascorso, un tempo distante da quello attuale. E ancora: dopo una gita a Venezia, potresti inventarti una storia ambientata in quella città, non realmente accaduta, ma possibile. C’era una volta a Venezia un ricco mercante di preziosi, il quale era molto avido e aveva messo gli occhi sulla pala d’oro di San Marco. Desiderava così tanto tutte quelle gemme e tutto quell’oro, che un giorno… Esporre deriva dal latino espōnere (< ex + pōnere) = mettere fuori. Dunque chi espone mette in vista, in mostra. Da qui l’idea di riferire. In questo senso è sinonimo di spiegare (< explicāre = svolgere, distenderesciogliere,ciòcheèpiegato,involuto).

Esporre Un altro modo di parlare di un viaggio a Venezia è quello che potrebbero utilizzare i professori presentando il programma di una gita scolastica.

UNITÀ 10 IL TESTO252

Argomentare

Se poi qualcuno ponesse delle domande sul programma, i vostri professori do vrebbero argomentare ulteriormente, cioè offrire altre ragioni circa le soluzioni individuate, esplicitando gli elementi su cui fondano le loro affermazioni e i loro ragionamenti.

Il professore di arte, invece, potrebbe ripercorrere le varie tappe della gita cer cando di illustrare quali siano le ragioni e gli scopi culturali della visita.

La narrazione consiste nel raccontare fatti accaduti in un tempo passato o in un mondo diverso da quello in cui viviamo la nostra esistenza reale (si parla in questo caso di mondo possibile).

5. ATTEggIA mENTI TESTUALI 253

Argomentare significa sostenere una propria tesi con argomenti tali da persuadere il destinatario della sua validità. Regolare Un atteggiamento testuale molto frequente nella vita pratica, sociale e politica è quello regolativo (o prescrittivo). Il suo scopo è dare delle regole e le domande di fondo che lo originano sono: come si fa a…? come ci si deve comportare in tale occa sione? Esempi di testi regolativi, spesso in forma mista (parole e disegni), sono le istru zioni per l’uso oppure le ricette di cucina. In campo sociale e giuridico, di particolare importanza sono le leggi e gli statu ti, che impongono le regole di comportamento. Ogni scuola, ad esempio, ha uno Statuto degli studenti e delle studentesse. Il testo regolativo ha lo scopo di fornire istruzioni per l’uso o di istituire delle regole. Argomentare viene dal verbo latino arguo = mettere in evidenza, far capire, e anche provare dimostraree + il suffisso –mentum che, in generale, legato a un verbo, indica il processo di essastrumentoeverbo,espressadell’azionerealizzazionedallamodalitàilmezzooconcuièrealizzata. Il suo significato è dunque quello di provare a ladimostrandoneargomento,supropriaqualcunoconvinceredellatesiunqualchevalidità.

A gita conclusa, si potrà poi valutare l’intero evento attraverso osservazioni, rac conti, riflessioni utili ad approfondire l’esperienza fatta. Ad esempio, potresti essere chiamato a scrivere un testo dal titolo: “Venezia come centro di mediazione tra oriente e occidente”. Infine, volendo tornare con un gruppo di amici a Venezia, dovrai scegliere gli ar gomenti più adatti per persuaderli a seguirti. Non si può non conoscere Venezia, è una città unica al mondo per le sue caratteristiche urbanistiche e per il suo patrimonio artistico…

I fattori che ci hanno portato a scegliere di includere la visita a Torcello nel nostro percorso sono tre: innanzitutto il valore artistico, poi quello storico, e infine…

Una delle ragioni del fascino della città di Venezia è sicuramente quello della sua lunga storia e dei suoi continui rapporti con l’Oriente. Nella città lagunare si possono infatti osservare le contaminazioni artistiche tra la cultura greco-bizantina e l’arte italiana medievale, come avremo modo di notare nella basilica di San Marco…

Il PUNTO ESCLAMATIVO segnala il valore esclamativo o imperativo della frase o anche di singole parole e interiezioni, per esprimere sorpresa, stupore, meravi glia, dolore, gioia, sdegno… Guarda chi si vede! Proprio tu affermi ciò! Che Guaifreddo!ate!Vieni qui! Boh! . !

Tutto quanto si è detto finora a proposito del testo riguarda sia il testo orale sia quello scritto. Vi sono però alcune regole da tenere presente quando si scrive, ol tre a quelle riguardanti l’ortografia, cioè la corretta trascrizione dei suoni della lingua (vedi p. 271 e seguenti).

Considera questa espressione:

Il PUNTO FERMO segnala la fine di un periodo, cioè di una parte di testo dotata di una sua autonomia. Ho rivisto il mio vecchio compagno di giochi, Giorgio, con cui ho vissuto i momenti più belli della mia infanzia. Dopo il punto si mette la lettera maiuscola e, se si vuole accentuare il distacco dall’enunciato precedente, si va anche a capo.

La punteggiatura

UNITÀ 10 IL TESTO254 6. IL TESTO SCRITTO

Presentiamo in questo paragrafo alcuni aspetti della scrittura finalizzati a distri buire consapevolmente il contenuto del testo scritto, ad articolarlo in modo effi cace, ovverosia la punteggiatura e la paragrafazione.

Mentre i bambini guardano la TV in cucina apriamo le finestre. Il messaggio è ambiguo: I bambini guardano la TV in cucina oppure In cucina apriamo le finestre? Entrambi i casi sono plausibili, ma qual è il messaggio che il testo vuol comunicare? Se quello vero è il primo, si dovrà scrivere: Mentre i bambini guardano la TV in cucina, apriamo le finestre. Se è vero il secondo: Mentre i bambini guardano la TV, in cucina apriamo le finestre. Si dovrà cioè usare un segno di interpunzione (o di punteggiatura), come la vir gola Parlando,(,). ci si accompagna con l’intonazione, i gesti, lo sguardo; scrivendo, oc corre invece servirsi di un’esatta punteggiatura, così che chi legge sia aiutato a capire il testo (messaggio) attraverso una chiara articolazione dei contenuti. Passiamo ora in rassegna i vari segni di punteggiatura.

Paolo, Giorgio, Lucia e Andrea giocano a palla (elenco di nomi propri).

C’era una volta, non so più in quale terra, una coppia di poveretti. (le virgole isolano un’intera frase) In presenza di un inciso, si può trovare la virgola anche dopo la congiunzione e. Luigi gioca e, a dir la verità, perde tanto tempo.

…?,

I PUNTINI DI SOSPENSIONE indicano l’interruzione del discorso che non si rie sce, per qualche ragione, a continuare; o che non si vuole continuare perché non rilevante o sconveniente. “Ecco… ehm… veramente… se lei sapesse…” “Vorrei dire… Ma non è affar mio”. La VIRGOLA è un segno di interpunzione interno alle frasi e ai periodi e ha diver se funzioni. La virgola separa gli elementi di un elenco.

Sei davvero tanto stanco da non poter andare a teatro? A volte, per esprimere particolare sorpresa, si abbinano i punti esclamativo e in terrogativo.

Il PUNTO INTERROGATIVO segnala la funzione interrogativa diretta svolta dall’enunciato. Nella lettura l’intonazione interrogativa riguarda tutto l’enuncia to e non solo l’ultima parola. Come stai? È venuto anche Luigi al cinema con voi?

Sei riuscito a rompere in una sola volta un intero servizio di bicchieri?!

Paolo è alto, biondo e ricciolino (elenco di qualità espresse da aggettivi).

La domenica riposiamo, giochiamo e andiamo a messa (elenco di azioni espresse da verbi). Come puoi notare, l’ultimo elemento della serie può essere unito agli altri dalla congiunzione e. La virgola si pone in un enunciato imperativo o esortativo (che esprime un comando, una volontà, una preghiera, un invito) per evidenziare e isolare sintatticamente il complemento di vocazione (la persona cui è destinato l’ordine o la preghiera).

Mario, Ragazzi,lavora!cercate di fare meno chiasso! Per Bacco, Luca, mettiti a studiare! Le virgole isolano un inciso, cioè un sintagma o una frase inseriti nel testo.

6. IL TESTO ScrITTO 255

Mario, un professionista affermato, guadagna bene. (le virgole isolano il sintagma con valore di apposizione)

Visto che non ti decidi, lo faccio io. Sebbene piova a dirotto, esco ugualmente, poiché non posso rimandare l’appuntamento. Un’ultima notazione importante sulla funzione della virgola: prima del pronome relativo che (= il quale, la quale…) va inserita o no? Dipende, come illustrato nell’unità 9, se la subordinata relativa introdotta dal pronome è accessoria o Adnecessaria.esempio, se scriviamo I ragazzi che hanno studiato affrontano l’esame con maggiore tranquillità. significa che sono tranquilli solo i ragazzi che hanno studiato, gli altri no. In que sto caso, la subordinata relativa è necessaria e non va posta tra due virgole.

I DUE PUNTI segnalano uno stacco più deciso rispetto alla virgola tra due blocchi di testo, di cui il primo crea nel destinatario un’attesa: il senso del testo è sentito come bisognoso di un completamento e ciò che segue i due punti esprime tale Possonocompletamento.infattiprecedere un elenco annunciato da un’espressione nel primo blocco Nel tuo giardino crescono tanti fiori: rose, tulipani, margherite e gardenie. oppure introdurre la spiegazione di ciò che precede.

La Via Lattea è una galassia di dimensioni enormi: tutte le stelle visibili a occhio nudo le appartengono.

Luca gioca, in camera contemporaneamente suo fratello fa i compiti. Luca gioca in camera, contemporaneamente suo fratello fa i compiti.

:;

UNITÀ 10 IL TESTO256

La virgola può servire anche per eliminare l’ambiguità, sia nelle frasi complesse sia in quelle composte. Luca gioca in camera contemporaneamente suo fratello fa i compiti.

Diverso è il caso di I ragazzi, che hanno studiato, affrontano l’esame con maggiore tranquillità.

Questa volta è tranquillo anche il professore, perché tutti i ragazzi della sua classe hanno studiato. In questo caso la subordinata relativa è accessoria e va posta tra due virgole.

Il PUNTO E VIRGOLA in concorrenza con il punto, indica il confine tra due frasi di senso compiuto, che hanno però un significativo legame di senso. In montagna, per compiere una salita ed evitare pericoli, occorre un’attrezzatura adeguata; molti se ne scordano, a volte con gravi conseguenze.

Nei periodi formati da frasi complesse, la virgola delimita le subordinate.

Come puoi notare, non sarebbe sufficiente la virgola per separare il secondo “blocco” dal primo, che già contiene virgole al suo interno.

“ ”

Gli “esperti” non hanno saputo rendere ragione di quanto sta accadendo In questo caso si possono usare in alternativa gli apici a coppia, ‘esperti’, che ser vono anche per racchiudere il significato di una parola tradotta da un’altra lingua.

Il nonno disse: “Paolo, corri a prendermi il giornale!”.

6. IL TESTO ScrITTO 257

– E poi, e poi, e poi…

I due punti servono anche a introdurre le battute di un discorso diretto, che va posto tra virgolette (“ ”) o fra trattini (- -).

– E poi che cosa?

– Degli imbrogli? Che imbrogli ci può essere? (A. manzoni) Il trattino si usa anche per mettere in evidenza gli elementi di un elenco in co lonna. Il contenuto del mio saggio sul fiume Po si articolerà in tre punti: - le origini; - il corso; - la foce. --

– E poi c’è degli imbrogli.

Le LINEETTE possono essere usate ƒ in un discorso diretto, per inserire l’indicazione di chi sia il parlante, del tono e del registro del suo discorso; “Aspettami – gridò la fanciulla – almeno fino a questa sera”. ƒ o per delimitare un inciso in concorrenza con le virgole. C’era una volta – non so più in quale terra – una coppia di poveretti. Il TRATTINO si usa per indicare il rapporto stretto fra due termini appartenenti alla stessa classe del discorso, i cui significati, pur diversi, vengono a saldarsi. grigio-verde diritto-dovere italo-americano Spesso, nei dialoghi, un solo trattino posto all’inizio è sufficiente a segnalare l’i nizio di ogni battuta, al termine della quale si va generalmente a capo.

Le VIRGOLETTE DOPPIE ALTE indicano che la parola o le parole cui fanno da cor nice è di natura diversa da quella usuale. In particolare esse ƒ delimitano il discorso diretto (in questo caso si possono usare anche le virgolette basse « », dette “sergenti” o “caporali”); In una sua canzone Giorgio Gaber dice: «Ma io ti voglio dire che non è mai finita, che tutto quel che accade fa parte della vita». ƒ segnalano l’uso di un termine o di una espressione con un valore insolito.

PREPOSIZIONALE:

COMPLEMENTI 1. LA TipologiaFunzionePrEPOSIzIONEdellapreposizionedellapreposizione Preposizioni proprie (semplici e articolate) Preposizioni improprie Locuzioni preposizionali ( ) SEZIONI numerateetitolate CAPITOLI SEnumeratietitolatizIONEcontitolo PASOTTOPAcsottotitoloeAPITOLOrAgrAFIrAgrAFI

UNITÀ 10 IL TESTO258

L’ISOLA DEL TESOrO di r.L. Stevenson Parte prima: Il vecchio filibustiere I. Il vecchio lupo di mare all’“Ammiraglio Benbow” II. cane Nero appare e scompare III. La macchia nera Iv. Il baule da marinaio v. La fine del cieco vI. Le carte del capitano Parte seconda: Il cuoco di bordo vII. vado a Bristol vIII. All’insegna del “cannocchiale”

IX. Polvere e armi X. Il viaggio

Alessandro Manzoni (1785-1873) scrisse I Promessi Sposi. La distribuzione grafica del testo Sezioni, capitoli, paragrafi Più un testo è lungo e articolato, maggiore è la necessità di offrire al destinatario una mappa per orientarsi in esso. Se guardi, ad esempio, l’indice di un romanzo, ti accorgi che l’autore, oltre al ti tolo, che esprime in termini più o meno espliciti l’argomento della narrazione, generalmente suddivide il testo in parti (o sezioni) e capitoli, spesso a loro volta titolati.

LA PREPOSIZIONE

XI. ciò che udii nel barile delle mele XII. consiglio di guerra Nel caso dei manuali scolastici, oltre al titolo, alle sezioni e ai capitoli, compaiono anche i paragrafi e i sottoparagrafi, per articolare ulteriormente la distribuzione degli argomenti. Osserva ad esempio una parte dell’indice del presente volume. UNITÀ SINTAGMA STRUTTURA E FUNZIONI – I

6 IL

Le PARENTESI sono un segno più forte delle virgole per segnalare un inciso piut tosto estraneo al resto del testo, utile, ma non indispensabile alla comprensione.

Il capoverso

.

Tutti accorsero alla finestra, ma prima ancora la gran vetrata di fondo s’aprì per incanto e Piumadoro apparve col suo seguito alla corte sbigottita. I soffioni le avevano tessuta una veste di velo, le farfalle l’avevano colorata di gemme. Le diecimila cetonie, cambiate in diecimila paggetti vestiti di smeraldo, fecero ala alla giovinetta che entrò sorridendo, bella e maestosa come una dea. Il capoverso è il principio del periodo o del verso con cui si va a capo, segnato di solito da una piccola rientranza della riga. Si tratta di una compostaparolada capo (dal latino caput = testa) + verso (dal latino vĕrtere = girare, voltare).

In un testo prevalentemente descrittivo e narrativo si va a capo ƒ quando c’è un cambio di scena dovuto a una variazione di tempo; Piumadoro era orfana e viveva col nonno nella capanna del bosco. Il nonno era carbonaio ed essa lo aiutava nel raccattar fascine e nel far carbone. La bimba cresceva buona, amata dalle amiche e dalle vecchiette degli altri casolari, e bella, bella come una regina. Un giorno di primavera vide sui garofani della sua finestra una farfalla candida e la chiuse tra le dita. ƒ al cambio di protagonista della scena; verso sera Piumadoro, la farfalla, la cetonia ed il soffione giunsero dalla Fata dell’Adolescenza. Entrarono per la finestra aperta. La buona Fata li accolse benevolmente. Prese Piumadoro per mano, attraversarono stanze immense e corridoi senza fine, poi la Fata tolse da un cofano d’oro uno specchio rotondo. ƒ a uno spostamento nello spazio; Piumadoro pianse. Pianse tre giorni e tre notti. All’alba del quarto giorno volle chiamar gente. ma socchiuse appena l’uscio di casa che il vento se la ghermì, se la portò in alto, in alto, come una bolla di sapone… Piumadoro gettò un grido e chiuse gli occhi. Osò riaprirli a poco a poco, e guardare in giù, attraverso la sua gran capigliatura disciolta. volava ad un’altezza vertiginosa. ƒ quando avviene un cambio di atteggiamento testuale (ad esempio passando dalla narrazione alla descrizione).

Le sequenze sono tratte dalla fiaba di g gozzano, Piumadoro Piombofinoe

6. IL TESTO ScrITTO 259

Anche testi più brevi, come quelli che generalmente si scrivono in ambito scola stico (riassunto, tema, lettera…), richiedono un’articolazione consapevole del contenuto, attraverso un utilizzo corretto del capoverso, cioè andando opportu namente a capo. Non è efficace andare a capo alla fine di ogni periodo: un testo eccessivamente spezzato non aiuta il destinatario a seguire il filo logico del discorso, così come un testo che non va mai a capo non permette di capire l’articolazione del contenuto. Diamo qui alcune indicazioni basilari per aiutarti a decidere quando andare a capo, tenendo conto dei differenti atteggiamenti testuali.

UNITÀ 10 IL TESTO260

ƒ quando, presentando un argomento, si danno informazioni in più passaggi; Più o meno al centro della cellula eucariotica si trova una struttura rotondeggiante, il nucleo cellulare. Il nucleo è circondato da una membrana, ma comunica con il citoplasma attraverso i canali. Il nucleo contiene il DNA in forma di lunghissimi bastoncelli, i cromosomi, che portano l’informazione genetica. Il numero e la forma dei cromosomi dipendono dalla specie: per esempio, ogni cellula del corpo umano ne contiene 46. Una cellula priva del suo nucleo non è capace di riprodursi e di rispondere adeguatamente a gran parte delle sollecitazioni ambientali, anche se può sopravvivere per qualche tempo. Per compiere la maggior parte delle sue funzioni, la cellula ha bisogno di consultare continuamente il proprio patrimonio genetico, custodito appunto nel suo nucleo.

ƒ quando si vuol dare risalto a un nuovo concetto, logicamente connesso al pre cedente; Le cellule sono come i mattoncini del Lego, sono cioè i mattoni con cui sono costruiti tutti gli organismi viventi. Tuttavia le cellule, a differenza dei mattoni, non sono statiche né tutte uguali fra loro. Le cellule sono in continua attività e svolgono molte funzioni nello stesso istante. (in questo esempio il connettore tuttavia esprime un nesso logico avversativo)

ƒ quando avviene un cambio di atteggiamento testuale; Parecchi procarioti hanno sottili estensioni esterne - i pili - che permettono di aderire alle superfici. I flagelli di alcuni tipi di procarioti servono al movimento cellulare in un ambiente liquido. Perché ci interessiamo tanto della biologia dei procarioti? Le risposte sono varie e tutte molto importanti. Per prima cosa capire le funzioni dei procarioti aiuta enormemente lo studio delle cellule degli organismi più complessi. Inoltre… (in questo caso si è passati dall’esporre all’argomentare)

Sequenze tratte dall’Enciclopedia dei Ragazzi, Treccani, on line.

In un testo prevalentemente espositivo si va a capo ƒ quando si passa da un’informazione che si ritiene nota al destinatario a un’in formazione non nota; Tutti i viventi sono fatti di cellule. Alcuni come l’ameba e i batteri consistono in una sola cellula, sono cioè organismi unicellulari: una cellula = un individuo. mentre all’altro estremo, nei vegetali e negli animali, un singolo organismo può essere formato da miliardi di cellule. Il nostro corpo, per esempio, è una società cooperativa di migliaia di miliardi di cellule con molti tipi di specializzazioni.

In un testo regolativo si va a capo a ogni istruzione. Osserva i primi due articoli della Costituzione italiana: Art. 1

quando si inserisce una citazione lunga.

A lei interessano le storie. cosa sono le storie? «chiamerò storia un testo narrativo di qualsiasi lunghezza, si tratti di un romanzo o di un’opera più breve, anzi la chiamerò storia ogniqualvolta personaggio e avvenimenti particolari si influenzino a vicenda formando una narrazione con un suo significato».

Ecco che cosa interessa affermare alla O’connor: la storia non è composta di «fatti», ma di «relazioni» e di persone. Dove non ci sono relazioni concrete tra personaggi e avvenimenti, non c’è storia e dunque non c’è racconto. In un testo argomentativo si va a capo per distinguere la tesi, gli argomenti, la conclusione.

L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione. Art. 2

6. IL TESTO ScrITTO 261 ƒ

Nella famosa favola Il lupo e l’agnello di Fedro, le accuse con cui il lupo cerca di opprimere l’agnello sono false. convenuti allo stesso ruscello perché spinti dalla sete, il lupo si trova al di sopra, parecchio sotto l’agnello. Aizzato dal suo malvagio istinto, il lupo trova come pretesto di lite che l’agnello gli intorbidisce l’acqua. ma giustamente l’agnello risponde timidamente che si tratta di un’accusa infondata, infatti lui si trova in una posizione inferiore e l’acqua scende verso di lui. Non potendo obiettare, il lupo accusa l’agnello di averlo infastidito sei mesi prima. ma anche in questo caso il capo d’accusa non sussiste: l’agnello sei mesi prima non era ancora nato. In modo assolutamente irrazionale il lupo infine attacca l’agnello dicendo che allora fu suo padre a offenderlo. gli balza addosso e ingiustamente se lo Nessunasbrana. delle tre accuse lanciate dal lupo all’agnello giustificano il fatto di sbranarlo, le prime due perché sono fallaci e la terza perché non ha forza sufficiente: quale colpa avrebbe avuto infatti l’agnello se a offendere il lupo fosse stato suo padre?

La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. trattaSequenzadal flanneryoconnor.itsito 1° cAAArgOmENTOTESI2°rgOmENTO3°rgOmENTOONcLUSIONE

L’uomo si esprime non solo con le parole, ma anche con i gesti e con le espressioni del volto e dello sguardo. È questo il cosiddetto linguaggio del corpo. Anche molti gesti (come le parole) sono segni conven zionali: accettati per un tacito accordo tra gli abitanti di un dato territorio, essi sono manifestazione della cultu ra e della tradizione di un popolo. muovere la mano per salutare, strizzare l’occhio in segno d’intesa, scuotere ripetutamente la testa da destra a sinistra (e viceversa) per dire “no” e dall’alto al basso per dire “sì”… sono tutti segni che permettono la comunicazione. Non tutti i popoli, però, li usano allo stesso modo: per esempio, il nostro dire di sì col capo corrisponde, presso i Bulgari, al “no” e viceversa; mangiare e bere succhiando e assa porando rumorosamente è considerato dai giapponesi un’espressione gentile con cui dimostrano di sentirsi a proprio agio e di gradire il cibo offerto: non è così per noi, che giudichiamo tali comportamenti non corret ti e scortesi; il bacio, che per noi è una dimostrazione d’affetto, è considerato una maledizione in certe zone Èdell’Africa.importante notare che molto spesso i vari tipi di se gno non funzionano isolatamente: il gesto si accompa gna all’espressione che deve essere coerente con esso: chi stringe i pugni minaccioso non può al tempo stesso sorridere bonariamente. Il gesto si associa inoltre alla voce accompagnandone l’intonazione, il volume, riba dendo o confermando il significato delle parole e delle Inespressioni.molticasi il gesto è utile, anzi preferibile all’uso delle Leggiparole.la seguente filastrocca di gianni rodari.

IL VIGILE URBANO Chi è più forte del vigile urbano? Ferma i tram con una mano; con un dito calmo e sereno, tiene indietro un autotreno; cento motori scalpitanti li mette a cuccia alzando i guanti. Sempre in croce in mezzo al baccano: chi è più paziente del vigile urbano? che caos accadrebbe a un incrocio se il vigile dovesse urlare al megafono: “Alt!”, “Avanti da sinistra!”, “Fermi a destra!”, “Pedoni avanti!”… ma sarebbe molto arduo farsi capire solo a gesti per esprimere concetti più complessi e articolati.

Il curato dovrebbe celebrare il matrimonio di renzo e Lucia, fissato per il giorno successivo, ma un potente del luogo, Don rodrigo, cerca di impedirlo e invia due suoi bravi dal nostro Don Abbondio per “convincerlo” ad astenersi dallo sposare i due promessi.

SCRIVERE

GESTI ED ESPRESSIONI

Tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628, Don Abbondio […] Diceva tranquillamente il suo ufizio e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l’indice della mano destra e, messa poi questa nell’altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo sul sentiero: poi alzava il viso e, girati oziosamente gli occhi intorno, li fissava alla parte d’un monte dove la luce del sole si dipingeva qua e là sui massi sporgenti.

Don Abbondio, ritratto nei suoi gesti usuali con una precisione tale che “par di vederlo”, si accorge improv visamente della presenza di due bravi alla confluenza di due viottoli. Leggiamo i gesti della spavalderia e della prepotenza. Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcuno, era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l’aspettato era lui. Perché al suo apparire, coloro s’eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt’e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni [su un muricciolo della strada], s’era alzato tirando la sua gamba sulla strada; l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s’avviavano incontro.

262 UNITÀ 10 qUESTIONI DI LESSIcO

Osserva, leggendo i seguenti brani tratti da I Promessi Sposi, come l’autore, Alessandro manzoni, descrive con le parole i gesti e le espressioni dei suoi personaggi. Don Abbondio, curato di campagna, uomo pacifico e abitudinario, ma molto pauroso, ha cercato di organiz zare la sua vita in modo tale da tenersi il più possibile lontano dai guai. vive in una società turbolenta, nel la Lombardia del 1600 dominata dagli Spagnoli, nella quale i signorotti fanno la parte del leone, usano pre potenze sui più deboli, si circondano di sgherri (i co siddetti “bravi”) per compiere ogni sorta di ribalderie.

Ed ora i gesti e le espressioni della paura. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su per ispiar le mosse di coloro […] Mise l’indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia all’indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell’occhio, fin dove poteva, se qualcuno arrivasse.

263qUESTIONI DI LESSIcO

Finalmente don Abbondio arriva a casa. Mise in fretta nella toppa la chiave che già teneva in mano; aprì, entrò, richiuse (vedi la fretta di don Abbondio?) diligentemente e, ansioso di trovarsi in una compagnia fidata, chiamò subito: “Perpetua! Perpetua!” avviandosi verso il salotto […] con un passo così legato, con uno sguardo così adombrato, con un volto così stravolto, che non ci sarebbero nemmen bisognati gli occhi esperti di Perpetua per scoprire a prima vista che gli era accaduto qualcosa di straordinario davvero.

I bravi hanno “comunicato” al nostro povero curato il divieto di Don rodrigo e… Il povero don Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese per quella delle stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che parevano aggranchiate […] Non conosceva Don Rodrigo che di vista e di fama, né aveva mai avuto che far con lui, altro che di toccare il petto col mento, e la terra con la punta del suo cappello, quelle poche volte che l’aveva incontrato per la strada.

1. FONEMI E GRAFEMI LaFonemipronuncia di vocali e 2.GrafemiconsonantiORTOGRAFIA I casi ortografici cosiddetti “critici” Le doppie La lettera maiuscola Quando si usa l’apostrofo? ƒ Elisione ƒ Apocope ƒ QuandoTroncamentoandare a capo? ƒ La sillaba ƒ La composizione sillabica delle parole ƒ Dittongo e iato Quando segnare l’accento? 3. LE PARTI DEL DISCORSO Parti del discorso variabili ƒ Nome ƒ Verbo ƒ Articolo ƒ Aggettivo ƒ PartiPronomedeldiscorso invariabili ƒ Preposizione ƒ Congiunzione ƒ Avverbio ƒ Esclamazione 11 PRONTUARI

4. TAVOLE DEI VERBI Coniugazione dei verbi ausiliari Prima coniugazione attiva Prima coniugazione passiva Seconda coniugazione attiva Seconda coniugazione passiva Terza coniugazione attiva Terza coniugazione passiva Verbi irregolari Verbi anomali ƒ Verbi anomali della prima coniugazione ƒ Verbi anomali della seconda coniugazione ƒ Verbi anomali della terza Verbiconiugazionedifettivi 5. MAPPE CONCETTUALI DELLE UNITÀ

Le consonanti si distinguono fra loro in base a tre caratteristiche: ƒ il punto di articolazione del suono (o di chiusura); ƒ il tipo di chiusura (continua o momentanea); ƒ la vibrazione o non vibrazione delle corde vocali. In base al luogo di articolazione, distinguiamo le consonanti: La fonologia è lo studio dei suoni distintivi della lingua. Deriva dal greco phōnḗ = suono + lógos = parola,ragionamento.discorso, Ortografia significa ‘scrittura corretta delle parole’, dal greco orthós = dritto, corretto, vero + graphḗ = Lascrittura. vocale è il suono della lingua nella articolazionecui l’aria espirata non incontraDalostacoli.latino vōcem = voce. Consonante significa letteralmente ‘che suona insieme con un altro suono’, dal latino cum + sonāre suoniDettosuonare.=deidella lingua significa ‘suono nella cui articolazione l’aria incontraostacoli’.degli

UNITÀ 11 ProNTUArI266 1. FONEMI E GRAFEMI Fonemi

Per pronunciare le vocali (a é è i ò ó u) l’aria espirata dai polmoni esce dalle labbra, dopo aver fatto vibrare le corde vocali, senza aver incontrato ostacoli. Le vocali si distinguono tra loro (a seconda della posizione della lingua) in ante riori (i, è – ecco, é egli), posteriori (u, ó bocca, ò – orto); a è intermedia.

Confrontando tutte le parole distinte da un solo suono è possibile individuare i fonemi di una lingua. I fonemi sono le più piccole unità sonore distintive di una lingua.

Considera le parole mela tela vela gela cela pela bela Ognuna di esse significa qualcosa, esprime un concetto differente da quello espresso dall’altra avente l’iniziale diversa.

Ma anche vénti vènti pésca pèsca fósse fòsse pur essendo parole omografe (cioè scritte con le stesse lettere), trasmettono si gnificati diversi, perché diverso è il suono della /e/ e della /o/: chiuso in “vénti” (numero) o in “pésca” (il nome del pescare); aperto in “vènti” (movimenti d’aria) e in “pèsca” (frutto); così è chiusa la /o/ di “fósse” (congiuntivo imperfetto del verbo essere) e aperta la /o/ di “fòsse” (del terreno). E ancora, le parole pece pesce foce foche ala ascia si differenziano per un suono, anche se questo viene rappresentato nelle seconde parole di ogni coppia (pesce, foche, ascia) da più di una lettera.

La pronuncia di vocali e consonanti Per pronunciare un qualunque suono della lingua occorre far agire in un certo modo gli organi della voce (corde vocali, palato, lingua, denti, labbra, cavità na sali), attraverso i quali passa l’aria proveniente dai polmoni in fase di espirazione.

In base al modo di articolazione distinguiamo le consonanti: nasali n · m · gn CONTINUE chiusura incompleta, si può continuare la loro pronuncia sibilanti s (di masso e di rosa) sc + i-e liquide r · l gl + i fricative f v c + a, o, u, h g + a, o, u, h t · d · p · b

SEMIOCCLUSIVE chiusura completa, ma immediatamente seguita da una leggera apertura

In base alla vibrazione (o non vibrazione) delle corde vocali, distinguiamo le consonanti: sonore b · d · gh · g · m · n · gl · gn · v · l · r s (rosa) z (orzo) le corde vocali vibrano sorde p · t · ch · c · sc · f s (sano) z (balzo) le corde vocali non vibrano

chiusura all’interno della cavità orale, mediante il contatto della parte posteriore della lingua (dorso) col velo del palato (o gola) palatali c + (e, i) g + (e, i) gn · sc · gl chiusura (più o meno completa) mediante il contatto del dorso della lingua col palato duro alveolari s · r · l chiusura non completa fra la punta della lingua (apice), a ridosso degli incisivi superiori, e il palato duro dentali t · d · n · z chiusura completa fra l’apice della lingua, a ridosso degli incisivi superiori labiali p · b · m f · v chiusura completa a livello delle labbra chiusura fra i denti superiori e il labbro inferiore

1. FoNEMI E Gr AFEMI 267 gutturali c + (a, o, u, h) g + (a, o, u, h)

OCCLUSIVE chiusura completa, possono essere pronunciate in un momento c + e-i g + e-i z (di orzo e di azione)

Quando abbiamo affrontato i diversi fonemi, abbiamo incontrato la è (aperta di bello) e la é (chiusa di sera), la ò (aperta di notte) e la ó (chiusa di otre). Possiamo quindi affermare che le vocali italiane sono sette: a é è ó ò i u La lingua latina distingueva le vocali, in base alla durata della loro pronuncia, in brevi (ă ĕ ĭ ŏ ŭ) e lunghe (ā ē ī ō ū) contraddistinte le prime dal segno ˘ e le altre dal segno ˉ . Bastava la sostituzione di una vocale breve con una lunga, o viceversa, per cambiare il significato di una parola: pŏpulus (con la “o” breve) = popolo pōpulus (con la “o” lunga) = pioppo. Nella lingua parlata, però, questa differenza di durata (o quantità) andò perduta e si affidò la distinzione fra le vocali al grado di apertura delle vocali accentate (toniche). Per cui si ebbe, nel passaggio dal latino classico all’italiano, una evoluzione in tal senso: LATINO ITALIANO vītam i lunga vita i nĭvem i breve tēlam e lunga néve, téla e chiusa pĕc/tus, pĕ/dem e breve pètto e seapertalasillaba latina termina con una consonante piede seie la sillaba latina termina con la e sōlem o lunga nŭcem u breve sóle, nóce o chiusa nŏc/tem, fŏ/cus o breve nòtte o seapertalasillaba latina termina con una consonante fuoco seuo la sillaba latina termina con la o pānem, lătus a lunga o breve pane, lato a

UNITÀ 11 ProNTUArI268

Per approfondire LE VOCALI NEL PASSAGGIO DAL LATINO ALL’ITALIANO

α alfa e β beta

1. FoNEMI E Gr AFEMI 269

Grafemi Di una lingua è possibile distinguere l’alfabeto fonetico dall’alfabeto grafico. Ov verosia: un elenco ordinato dei suoni distintivi (fonemi) e un elenco ordinato delle lettere utili a trascriverli (grafemi). Fonemi Grafemi a aria a b bello b tʃ cena c k cane chiesa d dare d e péra e ɛ bèllo f fine f dʒ gelo g g gara ghiro hanno chiesa ghianda h i vino i j ieri l lana l ʎ aglio m mamma m

Fonemi Grafemi n notte n ɲ gnocco o ómbra o ɔ fòsso p porta p k quasi q r re r s stella s z sdraio ʃ scena sci t torre t u luna u w fuori v volo v ts zappa z dz zaino

Non vi è infatti esatta corrispondenza tra fonemi e grafemi: 21 sono i grafemi e 30 i fonemi ƒ Alcuni grafemi corrispondono a diversi fonemi: i grafemi c e g, possono avere suono duro o dolce; s e z, aspro o dolce; le vocali e, o, possono essere chiuse o aperte; i, u, possono essere vocali o semiconsonanti (come nelle parole aiuto, cuore). ƒ Vi è un grafema, la q, che si pronuncia solo combinato con la u. È detto grafema sovrabbondante perché è un doppione del suono duro c. ƒ Vi è infine il grafema h che non corrisponde ad alcun fonema, ma combinato con altre lettere serve per rendere duro il loro suono. Anche altri grafemi com binandosi a coppie o a gruppi di tre danno vita a fonemi (gn, sc, gli). L’alfabeto è il sistema dei segni grafici utilizzato greco:dell’alfabetoduedalleIldileirappresentarepersuoniolettereunalingua.nomederivaprimelettere

A ben vedere, solo 11 grafemi del nostro alfabeto corrispondono a 11 fonemi. a b d f l m n p r t v

UNITÀ 11 ProNTUArI270 Per approfondire GRAFEMI INGLESI Molte parole inglesi sono entrate nella lingua italiana, portando con sé alcuni grafemi che non appartengono al nostro alfabeto, ma che ci sono ormai diventati familiari. J (i lunga) jolly jack jogging K (cappa) okay shock backstage W (doppia v) weekend web show X (ics) export relax box Y (ipsilon) stand by beauty-case baby

2. orToGr AFIA 271

2. ORTOGRAFIA I casi ortografici cosiddetti “critici” Nel passaggio dalla lingua parlata alla lingua scritta si sollevano alcuni problemi, sia perché non vi è corrispondenza biunivoca tra i fonemi e i grafemi, sia perché i grafemi sono solo 21 e le parole potenzialmente infinite, quindi si sono dovuti trovare degli espedienti per risolvere eventuali ambiguità. Inoltre in alcune paro le vive ancora la grafia latina. Presentiamo in questo paragrafo le questioni ortografiche che possono sollevare dubbi e problemi durante la scrittura. H Il grafema h non corrisponde ad alcun fonema ma, combinato con c e g, ne rende duro il suono davanti a i ed e: finché, chiamare, ghiaia, gheriglio. Nella lingua scritta la h serve anche a distinguere le forme verbali ho, hai, ha, han no da o (congiunzione), ai, a (preposizioni) e anno (nome) o dalle esclamazioni oh!, ah!, ahi! GL Combinato con i dà aglio, taglio, voglio. In questo caso la i è un segno gra fico, ovverosia non viene pronunciata (come quando c e g sono unite a io e ia: lin guaggio, acacia) In alcune parole come: glicine, glicerina, trigliceridi, negligente, g, l, i rappresentano invece tre fonemi distinti, come quando sono seguiti da a e o: gladiolo, glossario.

SC Costituisce un solo fonema quando è combinato con la e o con la i, che non compaiono mai contemporaneamente (scena, scimmia, conoscenza).

GN Non vuole mai la i quando è accompagnato da a, e, o, u. Quindi scrive remo: gnocco, ingegnere, ognuno, ignavia, ingegno, ignudo… Però si scrive: bagniamo, disegniamo, perché il morfema -iamo indica la 1^ per sona plurale dell’indicativo presente di tutti i verbi: lodiamo, temiamo, sentiamo.

Q Il grafema q può essere usato solo in combinazione con il grafema u. Davanti a u seguita da o aperta (ò) usiamo di solito la lettera c anziché q: cuo re, percuoto, riscuoto, scuola, scuoio, cuocere… Tuttavia scriviamo: quoziente, quota, quotidiano, quotazione, quorum. Quest’ultima è una parola latina ed è usata per in dicare, in una votazione, il numero di voti necessario perché un candidato venga eletto o perché una legge venga approvata: La proposta di legge non ha raggiunto il quorum. Anche le altre parole scritte con la q rimandano più o meno direttamente al latino, derivando dalla parola quotus (= quale nell’ordine?).

Fanno eccezione: scienza, coscienza e le parole da loro derivate (scienziato, scien tifico, cosciente, coscienzioso). Queste due parole conservano infatti la grafia latina del verbo scire = sapere, da cui conscire = essere consapevole. Diverso è il caso della parola conoscenza, che deriva da cognoscere.

Vi è inoltre una ragione per cui di solito davanti a o usiamo cu e non qu: il suono u può spesso scomparire nei derivati: cuore > scorato; scuola > scolaro; cuocere > cotto; percuotere > percosso. Capita del resto che in poesia il grafema u non compaia: core, percote, proprio come si può dire giuoco e gioco, fuoco e foco.

Tale rafforzamento, che dà vita a un unico fonema, si rende graficamente rad doppiando la lettera relativa a tale consonante. Alcune avvertenze relative alla formulazione delle doppie.

Q si raddoppia in cq: acqua, acquisto. Unica eccezione è soqquadro, formata con il prefisso latino sub, che raddoppia sempre la consonante iniziale, come in sommossa, sottrarre.

G, Z non raddoppiano nelle parole uscenti in -ione: carnagione, correzione. B non raddoppia in parole uscenti in -bile: abile, mobile.

La lettera maiuscola Un’importante distinzione fra i grafemi (che non riguarda i fonemi, in quanto si pone solo nei testi scritti), è quella fra lettere MAIUSCOLE e lettere minuscole. La lettera maiuscola si usa all’inizio di un periodo Ieri ero piuttosto infelice. Oggi invece sono davvero contento. all’inizio del discorso diretto Luigi a quel punto protestò: “Io non accetto”. in tutti i nomi propri di persona e animale, nei nomi geografici, nei cognomi e soprannomi Luigi, Fido, la Francia, il signor Bianchi, ti chiamano Polpettone nei nomi dei popoli gli Italiani, i Belgi ma si scrivono con la lettera minuscola se sono aggettivi: il popolo italiano, l’insalata belga. nei nomi di feste religiose e civili Pasqua, Pentecoste, Ferragosto nei titoli di opere classiche, di quadri celebri e di opere musicali l’Orlando furioso, l’Ultima cena, il Così fan tutte nei nomi di avvenimenti storici di particolare importanza la Rivoluzione francese, la Restaurazione nei nomi dei secoli il Settecento, il Novecento nelle personificazioni la Fortuna, l’Aurora distese le sue rosee dita nei nomi di enti pubblici lo Stato, la Regione nelle sigle Fiat, INPS Le sigle si trovano scritte sia con la sola prima lettera maiuscola, sia con tutte le lettere maiuscole. In questo secondo caso si mette in risalto che ognuna delle lettere della sigla è l’iniziale di una parola: FIAT = Fabbrica Italiana Automobili Torino. nei nomi indicanti autorità civili, religiose, cariche sociali, titoli il Presidente, il Ministro, il Papa Ma si deve scrivere: il presidente Mattarella, il ministro Martina, papa Francesco, se il nome funge da apposizione del nome proprio. Maiuscolo deriva dal latino māius = maggiore.

Le doppie Spesso una consonante è pronunciata con maggiore energia articolatoria.

Si ha spesso raddoppiamento della consonante iniziale di parole composte con prefissi, quali a, da, fra, sopra, contra: accogliere, davvero, frapporre, soprattutto, contrapporre…

UNITÀ 11 ProNTUArI272

L’apostrofo segnala un’elisione, ovverosia il fenomeno per cui una parola perde la vocale finale davanti ad altra parola che comincia per vocale. L’elisione è obbligatoria con gli articoli lo, la, una l’orologio, l’amico, un’amica con tutte le preposizioni articolate dell’amica, dell’oro, all’aeroporto, sull’aereo con gli aggettivi questo, quello, bello, santo al singolare maschile e femminile quest’anno, quell’inghippo, bell’uomo, Sant’Anna con gli aggettivi buona, qualcuna, nessuna solo davanti a nomi femminili buon’ora, qualcun’altra, nessun’azione ma: buon anno, qualcun altro, nessun uomo con la preposizione di davanti a tutte le vocali d’oro, d’accordo con la preposizione da in pochi casi d’ora innanzi, d’altra parte, d’ora in poi L’elisione è possibile con i pronomi mi, ti, si, vi, ne, lo l’ascolto, m’invita, me n’intendo ma anche: lo ascolto, mi invita, me ne intendo con ci (pronome o avverbio di luogo) la i si elide davanti ad altra i e in certi casi davanti a e c’incantò tutti, c’era, c’entro ma anche: ci incantò tutti, ci era, ci entro con l’articolo gli solo davanti ad altra i gl’Italiani, gl’irascibili ma anche: gli Italiani, gli irascibili Elisione deriva dal verbo latino elīdere, composto da ex = fuori + lāedere = spingere. Da ‘spingere fuori’ a ‘eliminare’ il passo è breve.

Che fatica improba sarebbe stato capirne il senso se non fosse stato usato l’apo strofo! Come avremmo potuto distinguere l’ascia da lascia? Se invece fosse stato scritto per intero la ascia, allo uscio, ne sarebbe risultato dan neggiato il ritmo, la musicalità e la comicità, e ne sarebbe derivata una cacofonia (dal greco: cattivo suono).

Elisione

2. orToGr AFIA 273

Quando si usa l’apostrofo?

Leggi ad alta voce il seguente brano di Achille Campanile, tratto da Tragedie in due battute. Protagonisti sono due amici, Licio e Lucio. Lucio ha due asce: una liscia e una scabra (ruvida). Licio gliene chiede una in prestito per dare una levigatina a una delle porte della sua casa: quella liscia.

Licio: Lucio, lascia l’ascia all’uscio. Lucio: L’ascia scabra o l’ascia liscia?

Licio: Lascia all’uscio l’ascia liscia. Lucio: Lascio l’ascia liscia all’uscio liscio?

Licio: Lucio, esci e lascia l’ascia liscia all’uscio liscio, liscia l’uscio e mesci.

La ragione principale per cui esiste l’apostrofo è proprio quella di segnalare, quando si incontrano parole che terminano e iniziano per vocale, una modalità di pronuncia caratterizzata da eufonia (= suono gradevole, armonioso).

Quali sono allora le condizioni che consentono il troncamento di una parola?

ƒ La parola deve terminare in o o in e, precedute da r, l, n. Le doppie si scempiano (col = colle; tor = torre). ƒ Nel caso si tratti di verbi, il troncamento può avvenire nella terza persona sin golare: vuol(e).

Il troncamento consiste nella perdita della vocale o della sillaba finale di una parola, indipendentemente dal fatto che la parola successiva cominci per vocale o per consonante. Una parola troncata non vuole l’apostrofo.

In esse compaiono parole più brevi rispetto alla loro forma normale: un(o), man(o), mal(e), ragion(e), fra(te). Sono parole troncate.

Considera le seguenti espressioni: un orologio, a man salva, mal di testa, a ragion veduta, fra Galdino

Attenzione! Non si elidono mai i pronomi personali li, le, gli: li avevo salutati, le avevo detto, gli indicai; né l’articolo determinativo le (e le preposizioni articolate con le: delle, alle, nelle…): le elementari, delle amiche. Apocope L’apostrofo alla fine della parola può indicare un altro fenomeno, diverso dall’e lisione. Limitata a pochissime parole, l’apocope consiste nella perdita dell’ultima sillaba di una parola: po’ = poco mo’ = modo pie’ = piede be’ = bene va’ = vai sta’ = stai da’ = dai fa’ = fai di’ = dici L’apostrofo può segnalare un’apocope, ovverosia il fenomeno per cui una parola perde l’ultima sillaba.

ƒ Certi avverbi ammettono il troncamento quando finiscono in a: or(a), allor(a). Apostrofo e apocope derivano dal greco, come parole composte del suffisso apo + due rispettivamenteverbi, stréphein = volgere e koptéin = tagliare. L’apocope è dunque un ‘tagliar via’, mentre l’apostrofo è un segno ‘rivolto indietro’. Questo perché nasce da un segno grafico della lingua greca girato al contrario.

Troncamento

Non tutte le parole possono essere troncate, né in tutte le posizioni: non si può dire “frut” per frutto, o “volt” per volto, o “Resta da lui almeno un’or”, anche se si dice “Or sai”.

UNITÀ 11 ProNTUArI274

Il troncamento si ha in genere con: grande davanti a consonante, talora anche nel femminile e nel plurale gran disordine, gran cose, gran signora santo davanti a consonante san Francesco, san Raffaele ma si dice: santo Stefano frate davanti a nome proprio fra Cristoforo, fra Martino quale, tale sia davanti a vocale che a consonante qual è, qual buon vento, tal uomo, tal donna I trucchi del mestiere

Vediamo in particolare quali parole si troncano obbligatoriamente. uno, nessuno, ciascuno, alcuno, buono davanti a parole maschili inizianti per vocale o (escluseconsonante S impura, cioè s + consonante; SC, Z, X, GN, PS) un asino, un cane, nessun uomo, nessun collega, buon amico, buon lavoro ma si dice: uno scoppio, uno zoo, uno scienziato, uno xilofono, uno gnomo, uno psicologo con i nomi femminili ovviamente si ha l’elisione: un’alba, alcun’emozione bello, quello davanti a parole che cominciano per (escluseconsonante S impura, SC, Z, X, GN, PS) bel bambino, quel giovane ma si dice: bello sforzo, quello zar, quello xilofono, bello gnomo, quello pseudonimo

TRONCARE O ELIDERE? A volte è difficoltoso riconoscere se una parola è troncata o elisa e ancor più scriverla. Per aiutarti ti suggeriamo questa semplice verifica: se la parola accorciata può stare davanti ad altra parola che comincia per consonante si tratta sicuramente di una parola troncata, quindi non vuole l’apostrofo. Ad esempio: nessun amico è troncata perché possiamo dire nessun paese; così qual è: possiamo infatti dire “qual buon vento!” Al contrario: quand’anche è elisa; infatti non possiamo dire: quand vieni?

2. orToGr AFIA 275

La sillaba Hai finora imparato che la lingua italiana si serve di determinati suoni, i fonemi, che possono essere distinti in vocalici e consonantici. Per comporre le parole tali suoni non si combinano a caso, bensì secondo schemi codificati. Osserva: con-si-de-ra-real-beg-gia-reta-vo-loca-sasu

Ciascuna di tali parole è formata da una o più combinazioni di fonemi, pronun ciata ognuna con una emissione di voce: la prima parola è pronunciata con una sola emissione di fiato, la seconda con due emissioni, la terza con tre, la quarta con quattro e la quinta con cinque. Ciascuna di queste combinazioni si chiama sillaba. Una sillaba deve contenere sempre almeno una vocale. La sillaba è una combinazione di fonemi che può essere pronunciata con un’unica emissione di voce. Sillaba deriva dalla parola greca syllámbanein composta da syn = insieme + lambánein = prendere. Una sillaba infatti ‘prende insieme’ più fonemi, è costituita dalla loro unione. Così come una parola è composta da più sillabe, un sintagma da più parole, una frase da più sintagmi, un testo da più frasi. Si dice infatti che la lingua ha una natura composizionale.

Quando andare a capo?

UNITÀ 11 ProNTUArI276

La composizione sillabica delle parole segue determinate regole che sono utili da conoscere per non sbagliare a suddividerle nei testi scritti quando si vuole andare a capo: La vocale iniziale di parola, seguita da una consonante semplice, fa sillaba a sé. e-re-mo a-ra-re La consonante semplice forma una sillaba con la vocale che segue. pa-ne ma-re Le consonanti doppie si dividono. col lo gob bo I gruppi di consonanti diverse formano una sillaba con la vocale che segue, purché si possano trovare all’inizio di parole italiane. In caso contrario, la prima consonante fa parte della sillaba precedente, l’altra (o le altre) della sillaba seguente. In particolare, se nel gruppo di consonanti la prima è l, r, n, m, queste appartengono sempre alla sillaba precedente; se la prima è s, v queste vanno sempre a capo. que-sto a-stro pi-gro re-spi-ro Infatti st, str, gr, sp ricorrono in parole come stivale, strozzare, grugnire, spirito. tec-ni-co crip-ta al tro ter so can to cam bio po-sto sce-vro Dovendo dividere in sillabe parole composte con prefissi (con, dis, trans, post…) possiamo considerare il prefisso sillaba a sé o seguire le norme date. dis-pa-ri o di spa-ri trans-ap-pen-ni-ni-co o tran sa-pen-ni-ni-co Dittongo e iato La vocale è parte essenziale della sillaba, ma ciò non significa che a ogni vocale corrisponda sempre una sillaba. In lio-cor-no, ad esempio, i e o appartengono alla stessa sillaba (e si dice che formano dittongo); mentre in re a-le la e e la a appar tengono a sillabe diverse (e in questo caso si parla di iato). Come possiamo distinguere se una combinazione di vocali è da considerare iato o dittongo, e dunque, nel caso sia necessario andare a capo, dividerle o no? Dittongo grecodall’aggettivoderivadîphthongos = di doppio suono. Iato viene dal verbo latino hiāre = essere aperta.restareaperto,abocca

2. orToGr AFIA 277

La composizione sillabica delle parole

Rispetto al numero delle sillabe che la compongono, una parola può essere monosillaba composta da una sola sillaba re, gru, da, per bisillaba composta da due sillabe ca-sa, al-ba, gi-glio trisillaba composta da tre sillabe al-be-ro, la-vo-ro, ba-na-na polisillaba composta da quattro o più sillabe ca-gno-li-no, con-si-de-re-vo-le

Osserva le seguenti coppie di parole iuta - tuta uomo - tomo iosa - cosa tuono - trono Nelle parole di sinistra (iuta, uomo, iosa, tuono) i e u occupano la posizione che nelle parole di destra (tuta, tomo, cosa, trono) è occupata dalle consonanti: sebbe ne in esse i e u suonino come vocali, si comportano come consonanti, per cui in questi casi sono chiamate semivocali o semiconsonanti.

UNITÀ 11 ProNTUArI278

Dividiamo in sillabe e otteniamo il DITTONGO: iu-ta, uo-mo, io-sa, tuo-no. Così in qua-si, fuo-co, gui-da, pia-no, fie-no, pio-lo. Il dittongo è sempre costituito dalle semivocali i o u che si appoggiano su un’altra vocale (a, e, o, i accentata, u accentata). In tutti gli altri casi la combinazione di vocali è da considerarsi iato, per cui ogni vocale appartiene a una sillaba diversa. Possiamo così schematizzare: il DITTONGO è costituito da ƒ A, E, O + I, U semivocali (non accentate): cau-sa, zai-no, feu-do, noi ƒ I, U semivocali + A, E, O: chie-sa, chio-do, cuo-re ƒ I, U semivocali + I,U vocali (cioè accentate): fiù-me, chiù-so, guì-da lo IATO avviene quando ƒ A, E, O si incontrano fra di loro: a-or-ta, pa-e-se, re-a-gi-re ƒ A, E, O + I, U vocali (accentate): pa-ù-ra ƒ I, U vocali + A, E, O: fol-lì-a ƒ I, U vocali + I,U semivocali: flù-i-do. Nelle parole in cui i è segno grafico, come a-glio, scioc-co, Gio-ve… non si parla né di dittongo né di iato. Si dà il caso, talvolta, di un incontro di tre vocali, o trittongo: se due di esse sono semivocali, formano sillaba con la vocale piena: a-iuo-la. Se invece la prima e la terza sono vocali piene, si formano due sillabe distinte, di cui la seconda comincia con la semivocale: a-ia, bù-io, a-iù-to.

Quando segnare l’accento? In una parola non tutte le sillabe sono pronunciate con la stessa intensità: una, più delle altre, “porta” la voce (vale a dire l’accento). Si parla, in questo caso, di sillaba tonica In ogni parola una sola sillaba è tonica Tutte le altre sono dette atone A seconda della posizione della sillaba su cui cade l’accento, una parola è detta tronca l’accento cade sull’ultima sillaba cit-tà po-ver-tà piana l’accento cade sulla penultima sillaba pà la--ne vó-ro Accento deriva dal composto latino ad = vicino,presso + căntus = Letteralmentecanto. significa ‘il punto in cui la voce canta’.

2. orToGr AFIA 279

sdrucciola l’accento cade sulla terzultima sillaba tà-vo-lo à-na-nas bisdrucciola l’accento cade sulla quartultima sillaba con-sì-de-ra-no di-cià-mo-glie-lo Per parlare correttamente è sempre obbligatorio pronunciare le parole rispettan do il loro accento, ma non è sempre obbligatorio evidenziarlo graficamente sulle parole scritte. Ecco i casi in cui è necessario segnarlo: sulle parole tronche non monosillabiche; si segna l’accento grafico acuto per la e chiusa, grave in tutti gli altri casi perché sicché poiché affinché città caffè soffrì però virtù sui monosillabi uscenti in dittongo può più giù già ciò Attenzione! qui e qua sono senza accento, perché non terminano in dittongo. su alcuni monosillabi, per distinguerli da altri monosillabi omografi (= parole scritte con gli stessi grafemi) da preposizione Vengo da Roma. dà verbo Il nonno dà un bacio al nipotino. di preposizione La casa di Giorgio è sulla collina. dì nome La notte si alterna al dì e congiunzione Ho mangiato e bevuto è verbo La gatta è sul tetto. la articolo Ho dimenticato la merenda pronome Io la vedo bene. là avverbio Vado là li pronome Li ho visti. lì avverbio Mettiamoci lì. ne pronome Ne ho mangiati due. né congiunzione Non voglio né il dolce né la frutta se congiunzione Se piove non uscirò. sé pronome Pensa solo a sé. si pronome Gianni si lava. sì avverbio Sì, sono d’accordo. te pronome Parlo con te tè nome Alle cinque bevo il tè. Attenzione! L’accento non va su va fa sta in quanto non hanno omografi. sui polisillabi omografi, per ragioni di chiarezza e solo facoltativamente àncora e ancòra càpitano e capitàno sùbito e subìto

UNITÀ 11 ProNTUArI2803.

Tipologia

L’intreccio tra nome e verbo è il nucleo della frase. Il verbo è nucleo del sintagma verbale ed è il vertice sintattico della frase. Il verbo concorda in numero, persona, a volte genere, con il sintagma nominale che svolge la funzione di soggetto.

Le parti del discorso sono nove e si suddividono in variabili e invariabili. VARIABILI INVARIABILI Nome Preposizione Articolo Congiunzione Aggettivo Avverbio Pronome Esclamazione Verbo Nelle unità 4, 5, 7, 8, 9 le parti del discorso sono state presentate in modo dettagliato e approfon dito. Forniamo qui uno schema riassuntivo che presenta in breve ciascuna parte dal punto di vista della funzione nel discorso, delle caratteristiche morfosintattiche e della tipologia. Parti del discorso variabili NomeFunzione nel discorso Il nome indica esseri animati o inanimati, eventi, concetti. Morfologia Il morfo del nome dà informazioni relative al genere (maschile o femminile) e al numero (singolare o plurale). Sintassi L’intreccio tra nome e verbo è il nucleo della frase. Il nome è il nucleo del sintagma nominale. Con il nome concordano l’articolo, l’aggettivo, il verbo, e il pronome quando lo sostituisce.

I verbi si distinguono in predicativi e copulativi, in base alla capacità che hanno o meno di predicare senza l’aiuto di ulteriori sintagmi. I verbi predicativi si distinguono in transitivi e intransitivi, in base alla capacità o meno che hanno di reggere un sintagma nominale complemento oggetto.

LE PARTI DEL DISCORSO

Tipologia La tipologia del nome è molto articolata: si distinguono nomi propri e nomi comuni, in base al modo esclusivo o generico di nominare gli enti; nomi concreti e astratti; numerabili e di massa; individuali e collettivi, in base alla natura di ciò che denominano. VerboFunzione nel discorso Il verbo esprime azioni, situazioni, eventi, collocandoli nel tempo e mettendoli in relazione alla persona. Morfologia Il morfo del verbo dà informazioni relative alla persona (I, II, II), al numero (singolare o plurale), a volte al genere (femminile e maschile), al tempo (presente, passato, futuro), al modo (indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo, infinito, participio, gerundio), alla diatesi (attivo, passivo).

Sintassi

nel discorso L’articolo precede il nome. L’articolo determinativo precede nomi che indicano esseri noti a entrambi i parlanti; l’articolo indeterminativo precede nomi che denominano esseri indeterminati o noti al solo mittente. L’articolo partitivo precede i nomi di massa.

Tipologia Vi sono tre tipi di articoli: determinativo il lo la i gli le indeterminativo un uno una dei delle degli partitivo del dello della AggettivoFunzionenel

ArticoloFunzione

discorso L’aggettivo attribuisce una caratteristica al nome. L’aggettivo può avere funzione di descrivere l’essere denominato o di distinguerlo da altri.

Sintassi Si accorda con il nome per formare il sintagma nominale.

3. LE PArTI DEL DISCorSo 281

PronomeFunzionenel

Morfologia Concorda con il nome assumendone il genere e il numero. Sintassi Può avere funzione attributiva e far parte di un sintagma nominale o predicativa e far parte di un sintagma verbale.

Tipologia Vi sono sette tipi di aggettivi: qualificativo bello buono giusto sbagliato… numerale uno due tre primo secondo terzo… dimostrativo questo quello codesto possessivo mio tuo suo nostro vostro loro indefinito alcuni pochi troppi… interrogativo quale? quanto? … esclamativo che…! quale…!

Tipologia Vi sono sei tipi di pronomi che hanno una certa corrispondenza coi rispettivi aggettivi, vale a dire: possessiviesclamativiinterrogativiindefinitinumeralidimostrativi

Morfologia Concorda con il nome assumendone il genere e il numero

discorso Il pronome sostituisce un elemento della frase, preferenzialmente il nome. Morfologia Concorda con l’elemento che sostituisce assumendone il genere e il numero. Sintassi Può sostituire un sintagma nominale (es Ti vedo) o preposizionale (es Ti parlo), può far parte di un sintagma verbale se ha funzione predicativa (es. Sembri lui).

Altri tre tipi invece non hanno corrispondenza con gli aggettivi: personali io tu voi mi me ti te sé relativi che il quale cui… doppi chi (= colui il quale) chiunque (= tutti quelli che)

La preposizione introduce il nome o il verbo di modo infinito. È una parola-gancio: rivela il nesso logico tra la parola che introduce e altre parole della frase. Sintassi

La congiunzione connette due o più parole oppure più frasi. Mario è stanco e assonnato. = unisce due aggettivi Mangerò la pasta o il riso? = unisce due nomi Non ti ho risposto perché ero distratto. = unisce due frasi Sintassi Ha la funzione di strutturare periodi complessi (in cui prevale l’ipotassi) o composti (caratterizzati da paratassi). Può essere formata da un lessema unico (e, ma, perché, che…) o da una locuzione (per il fatto che, piuttosto che…).

SUBORDINANTI soggettive che oggettive che interrogative se, che dichiarative che temporali mentre, quando, ogni volta che… finali perché, affinché causali perché, poiché, dal momento che… concessive benché, nonostante, anche se… consecutive che, cosicché, tanto che, al punto di… condizionali se, qualora, nel caso che…

UNITÀ 11 ProNTUArI282Parti del discorso invariabili

PreposizioneFunzioneneldiscorso

Tipologia

Preposta a un sintagma nominale serve a formare un sintagma preposizionale (es. di + SN-il carro = SP-del carro)

Tipologia

Vi sono quattro tipi di preposizioni: semplici di a da in con su per tra fra articolate del allo nella improprie dopo durante lungo attraverso… locuzioni preposizionali prima di davanti a in seguito a… CongiunzioneFunzioneneldiscorso

Si distinguono le congiunzioni coordinanti da quelle subordinanti in base al modo di connettere tra loro le frasi (per progressiva aggiunta, le coordinanti; organizzando gerarchicamente, le subordinanti).

COORDINANTI copulative e, né, nonché avversative ma, però, bensì… disgiuntive o, oppure, altrimenti… esplicative infatti, difatti, cioè… conclusive dunque, quindi, perciò… correlative sia…sia, sia…che, o…o, …

L’esclamazione, detta anche interiezione, manifesta uno stato d’animo. Oh, che bella sorpresa! Toh, chi si vede! Mah, se lo dici tu… Sintassi Gettata in mezzo al discorso, non ha alcun legame morfosintattico con altri elementi della frase. Tipologia Può essere formata da un solo lessema (ahi!, accidenti!), o da una locuzione (per Bacco!).

AvverbioFunzionenel

Qualche esempio: Luca studia saltuariamente = sostituisce un SP (= in modo saltuario) Lucia è molto contenta. = fa parte del SV La quasi totalità degli studenti è presente. = fa parte del SN Persino Luca se ne è andato. = non fa parte di alcun sintagma Tipologia Può essere formato da un solo lessema (qui, quando, adesso…), con il suffisso mente (dolcemente, fortemente…), da una locuzione (per di là, di sotto…). EsclamazioneFunzioneneldiscorso

discorso L’avverbio modifica il significato di un elemento del discorso. Può modificare diversi elementi del discorso: il verbo, l’aggettivo, il nome, un altro avverbio, un intero enunciato, l’aspettativa del parlante. Sintassi A seconda dell’elemento che modifica, può far parte o meno di un sintagma oppure può sostituire un sintagma preposizionale.

3. LE PArTI DEL DISCorSo 283

Modi indefinitiINFINITO

essendo stato

TRAPASSATO REMOTO fui furonofostefummofufostistatostatostatostatistatistati

FUTURO SEMPLICE sarò sarannosaretesaremosaràsarai

PARTICIPIO GERUNDIO stato PASSATO stato PASSATO

PASSATO sarei sarebberosarestesaremmosarebbesarestistatostatostatostatistatistati

PRESENTE essente (ente)

FUTURO ANTERIORE sarò stato sarai stato sarà sarannosaretesaremostatostatistatistati

PRESENTE essere PASSATO essere

IMPERFETTO eranoeravateeravamoeraeriero

PASSATO PROSSIMO sono stato sei stato è sonosietesiamostatostatistatistati

CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE sianosiatesiamosiasiasia PASSATO sia stato sia stato sia sianosiatesiamostatostatistatistati

TRAPASSATO fossi stato fossi stato fosse fosserofostefossimostatostatistatistati

PASSATO REMOTO furonofostefummofufostifui

PRESENTE siatesii

PRESENTE essendo

IMPERFETTO fosserofostefossimofossefossifossi

INDICATIVO essivoinoieglituio PRESENTE sonosietesiamoèseisono

CONDIZIONALE IMPERATIVO essivoinoieglituio sarebberosarestesaremmosarebbesarestisarei

UNITÀ 11 ProNTUArI2844. TAVOLE DEI VERBI Coniugazione dei verbi ausiliari ModiESSEREfiniti

TRAPASSATO PROSSIMO ero stato eri stato era eravamostato stati eravate stati erano stati essivoinoieglituio

PRESENTE

TRAPASSATO PROSSIMO avevo avuto avevi avuto aveva avevanoavevateavevamoavutoavutoavutoavuto essivoinoieglituio

TRAPASSATO avessi avuto avessi avuto avesse avesseroavesteavessimoavutoavutoavutoavuto IMPERATIVO essivoinoieglituio avrebberoavresteavremmoavrebbeavrestiavrei avrei avrebberoavresteavremmoavrebbeavrestiavutoavutoavutoavutoavutoavuto abbiateabbi GERUNDIO

CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE abbianoabbiateabbiamoabbiaabbiaabbia

PRESENTE hahaiho aveteabbiamo hanno PASSATO PROSSIMO ho avuto hai avuto ha avuto abbiamo avuto avete avuto hanno avuto IMPERFETTO avevanoavevateavevamoavevaaveviavevo

PASSATO

4. TAVoLE DEI VErBI 285

PASSATO REMOTO avemmoebbeavestiebbiavesteebbero

FUTURO SEMPLICE avrò avrannoavreteavremoavràavrai

PRESENTE avere PASSATO avere avuto PRESENTE avente PASSATO avuto PRESENTE avendo PASSATO avendo avuto

TRAPASSATO REMOTO ebbi ebberoavesteavemmoebbeavestiavutoavutoavutoavutoavutoavuto

FUTURO ANTERIORE avrò avuto avrai avuto avrà avrannoavreteavremoavutoavutoavutoavuto

PASSATO abbia avuto abbia avuto abbia abbianoabbiateabbiamoavutoavutoavutoavuto avesseroavesteavessimoavesseavessiavessi

CONDIZIONALE

IMPERFETTO

PRESENTE

ModiAVEREfiniti INDICATIVO essivoinoieglituio

PRESENTE

Modi indefinitiINFINITO PARTICIPIO

TRAPASSATO avessi amato avessi amato avesse avesseroavesteavessimoamatoamatoamatoamato

PASSATO avrei avrebberoavresteavremmoavrebbeavrestiamatoamatoamatoamatoamatoamato

IMPERFETTO amasseroamasteamassimoamasseamassiamassi

FUTURO ANTERIORE avrò amato avrai amato avrà avrannoavreteavremoamatoamatoamatoamato

INDICATIVO essivoinoieglituio PRESENTE amanoamateamiamoamaamiamo

CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE aminoamiateamiamoamiamiami

TRAPASSATO PROSSIMO avevo amato avevi amato aveva avevanoavevateavevamoamatoamatoamatoamato essivoinoieglituio

PRESENTE amare

CONDIZIONALE IMPERATIVO essivoinoieglituio PRESENTE amerebberoameresteameremmoamerebbeamerestiamerei

UNITÀ 11 ProNTUArI286Prima coniugazione attiva ModiAMAREfiniti

indefinitiINFINITO

PASSATO REMOTO amastiamai amò amaronoamasteamammo

TRAPASSATO REMOTO ebbi ebberoavesteavemmoebbeavestiamatoamatoamatoamatoamatoamato FUTURO SEMPLICE amerò amerannoamereteameremoameràamerai

PRESENTE amateama Modi

PASSATO PROSSIMO ho amato hai amato ha amato abbiamo amato avete amato hanno amato IMPERFETTO amavaamaviamavoamavamoamavateamavano

PASSATO abbia amato abbia amato abbia abbianoabbiateabbiamoamatoamatoamatoamato

PARTICIPIO GERUNDIO PASSATO avere amato PRESENTE amante PASSATO amato PRESENTE amando PASSATO avendo amato

PASSATO REMOTO fui furonofostefummofufostiamatoamatoamatoamatiamatiamati

PRESENTE sono amato sei amato è sonosietesiamoamatoamatiamatiamati

CONGIUNTIVO essivoinoieglituio

Prima coniugazione passiva ModiAMAREfiniti

PASSATO PROSSIMO sono stato amato sei stato amato è stato amato siamo stati amati siete stati amati sono stati amati IMPERFETTO ero amato eri amato era eranoeravateeravamoamatoamatiamatiamati

IMPERFETTO fossi amato fossi amato fosse fosserofostefossimoamatoamatiamatiamati

TRAPASSATO fossi stato amato fossi stato amato fosse stato amato fossimo stati amati foste stati amati fossero stati amati

PRESENTE sarei sarebberosarestesaremmosarebbesarestiamatoamatoamatoamatiamatiamati

PASSATO sia stato amato sia stato amato sia stato amato siamo stati amati siate stati amati siano stati amati

PRESENTE sia amato sia amato sia sianosiatesiamoamatoamatiamatiamati

CONDIZIONALE IMPERATIVO essivoinoieglituio

PASSATO sarei stato amato saresti stato amato sarebbe stato amato saremmo stati amati sareste stati amati sarebbero stati amati PRESENTE sii siateamatoamati Modi indefinitiINFINITO

PARTICIPIO GERUNDIO

TRAPASSATO REMOTO fui stato amato fosti stato amato fu stato amato fummo stati amati foste stati amati furono stati amati

FUTURO ANTERIORE sarò stato amato sarai stato amato sarà stato amato saremo stati amati sarete stati amati saranno stati amati

INDICATIVO essivoinoieglituio

FUTURO SEMPLICE sarò amato sarai amato sarà sarannosaretesaremoamatoamatiamatiamati

4. TAVoLE DEI VErBI 287

TRAPASSATO PROSSIMO ero stato amato eri stato amato era stato amato eravamo stati amati eravate stati amati erano stati amati essivoinoieglituio

PRESENTE essere amato PASSATO essere stato amato PRESENTE (manca) PASSATO amato PRESENTE essendo amato PASSATO essendo stato amato

TRAPASSATO PROSSIMO avevo temuto avevi temuto aveva avevanoavevateavevamotemutotemutotemutotemuto essivoinoieglituio

temeronotemestetememmotemette)

PRESENTE temetetemi

PASSATO REMOTO temétemestitemei(o

TRAPASSATO avessi temuto avessi temuto avesse avesseroavesteavessimotemutotemutotemutotemuto

INDICATIVO essivoinoieglituio PRESENTE temonotemetetemiamotemetemitemo

FUTURO SEMPLICE temerò temerannotemeretetemeremotemeràtemerai

Modi indefinitiINFINITO PARTICIPIO GERUNDIO PRESENTE temere PASSATO avere temuto PRESENTE temente PASSATO temuto PRESENTE temendo PASSATO avendo temuto

UNITÀ 11 ProNTUArI288Seconda coniugazione attiva

CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE temiatetemiamotematematematemano PASSATO abbia temuto abbia temuto abbia abbianoabbiateabbiamotemutotemutotemutotemuto

IMPERFETTO temesserotemestetemessimotemessetemessitemessi

CONDIZIONALE IMPERATIVO essivoinoieglituio PRESENTE temerebberotemerestetemeremmotemerebbetemerestitemerei PASSATO avrei avrebberoavresteavremmoavrebbeavrestitemutotemutotemutotemutotemutotemuto

ModiTEMEREfiniti

FUTURO ANTERIORE avrò temuto avrai temuto avrà avrannoavreteavremotemutotemutotemutotemuto

PASSATO PROSSIMO ho temuto hai temuto ha temuto abbiamo temuto avete temuto hanno temuto IMPERFETTO temevamotemevatemevitemevotemevatetemevano

TRAPASSATO REMOTO ebbi ebberoavesteavemmoebbeavestitemutotemutotemutotemutotemutotemuto

CONDIZIONALE IMPERATIVO essivoinoieglituio

IMPERFETTO ero temuto eri temuto era eranoeravateeravamotemutotemutitemutitemuti

PASSATO REMOTO fui furonofostefummofufostitemutotemutotemutotemutitemutitemuti

PRESENTE sia temuto sia temuto sia sianosiatesiamotemutotemutitemutitemuti

IMPERFETTO fossi temuto fossi temuto fosse fosserofostefossimotemutotemutitemutitemuti

Modi indefinitiINFINITO PARTICIPIO GERUNDIO

4. TAVoLE DEI VErBI 289

TRAPASSATO fossi stato temuto fossi stato temuto fosse stato temuto fossimo stati temuti foste stati temuti fossero stati temuti

FUTURO SEMPLICE sarò temuto sarai temuto sarà sarannosaretesaremotemutotemutitemutitemuti

CONGIUNTIVO essivoinoieglituio

TRAPASSATO PROSSIMO ero stato temuto eri stato temuto era stato temuto eravamo stati temuti eravate stati temuti erano stati temuti essivoinoieglituio

PASSATO sia stato temuto sia stato temuto sia stato temuto siamo stati temuti siate stati temuti siano stati temuti

PRESENTE sarei sarebberosarestesaremmosarebbesarestitemutotemutotemutotemutitemutitemuti

PASSATO sarei stato temuto saresti stato temuto sarebbe stato temuto saremmo stati temuti sareste stati temuti sarebbero stati temuti PRESENTE sii siatetemutotemuti

PRESENTE essere temuto PASSATO essere stato temuto PRESENTE (manca) PASSATO temuto PRESENTE essendo temuto PASSATO essendo stato temuto

PRESENTE sono temuto sei temuto è sonosietesiamotemutotemutitemutitemuti

Seconda passiva ModiTEMEREfiniti

TRAPASSATO REMOTO fui stato temuto fosti stato temuto fu stato temuto fummo stati temuti foste stati temuti furono stati temuti

PASSATO PROSSIMO sono stato temuto sei stato temuto è stato temuto siamo stati temuti siete stati temuti sono stati temuti

FUTURO ANTERIORE sarò stato temuto sarai stato temuto sarà stato temuto saremo stati temuti sarete stati temuti saranno stati temuti

coniugazione

INDICATIVO essivoinoieglituio

TRAPASSATO PROSSIMO avevo sentito avevi sentito aveva avevanoavevateavevamosentitosentitosentitosentito essivoinoieglituio

UNITÀ 11 ProNTUArI290Terza coniugazione attiva

PASSATO PROSSIMO ho sentito hai sentito ha sentito abbiamo sentito avete sentito hanno sentito IMPERFETTO sentivanosentivatesentivamosentivasentivisentivo

INDICATIVO essivoinoieglituio PRESENTE sentonosentitesentiamosentesentisento

TRAPASSATO avessi sentito avessi sentito avesse avesseroavesteavessimosentitosentitosentitosentito

FUTURO SEMPLICE sentirò sentirannosentiretesentiremosentiràsentirai

CONDIZIONALE IMPERATIVO essivoinoieglituio PRESENTE sentirebberosentirestesentiremmosentirebbesentirestisentirei PASSATO avrei avrebberoavresteavremmoavrebbeavrestisentitosentitosentitosentitosentitosentito

sentitesenti Modi indefinitiINFINITO PARTICIPIO GERUNDIO PRESENTE sentire PASSATO avere sentito PRESENTE sentente PASSATO sentito PRESENTE sentendo PASSATO avendo sentito

FUTURO ANTERIORE avrò sentito avrai sentito avrà avrannoavreteavremosentitosentitosentitosentito

PASSATO REMOTO sentironosentistesentimmosentìsentistisentii TRAPASSATO REMOTO ebbi ebberoavesteavemmoebbeavestisentitosentitosentitosentitosentitosentito

ModiSENTIREfiniti

CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE sentanosentiatesentiamosentasentasenta

PASSATO abbia sentito abbia sentito abbia abbianoabbiateabbiamosentitosentitosentitosentito

IMPERFETTO sentisserosentistesentissimosentissesentissisentissi

PRESENTE sia sentito sia sentito sia sianosiatesiamosentitosentitisentitisentiti

INDICATIVO essivoinoieglituio

PASSATO REMOTO fui furonofostefummofufostisentitosentitosentitosentitisentitisentiti

FUTURO SEMPLICE sarò sentito sarai sentito sarà sarannosaretesaremosentitosentitisentitisentiti

4. TAVoLE DEI VErBI 291

Modi indefinitiINFINITO PARTICIPIO GERUNDIO PRESENTE essere sentito PASSATO essere stato sentito PRESENTE (manca) PASSATO sentito PRESENTE essendo sentito PASSATO essendo stato sentito

TRAPASSATO REMOTO fui stato sentito fosti stato sentito fu stato sentito fummo stati sentiti foste stati sentiti furono stati sentiti

coniugazione

CONGIUNTIVO essivoinoieglituio

PRESENTE sii siatesentitosentiti

TRAPASSATO fossi stato sentito fossi stato sentito fosse stato sentito fossimo stati sentiti foste stati sentiti fossero stati sentiti

PASSATO PROSSIMO sono stato sentito sei stato sentito è stato sentito siamo stati sentiti siete stati sentiti sono stati sentiti

IMPERFETTO ero sentito eri sentito era eranoeravateeravamosentitosentitisentitisentiti

PRESENTE sono sentito sei sentito è sonosietesiamosentitosentitisentitisentiti

FUTURO ANTERIORE sarò stato sentito sarai stato sentito sarà stato sentito saremo stati sentiti sarete stati sentiti saranno stati sentiti

Terza passiva ModiSENTIREfiniti

PASSATO sia stato sentito sia stato sentito sia stato sentito siamo stati sentiti siate stati sentiti siano stati sentiti IMPERFETTO fossi sentito fossi sentito fosse fosserofostefossimosentitosentitisentitisentiti

PRESENTE sarei sarebberosarestesaremmosarebbesarestisentitosentitosentitosentitisentitisentiti

PASSATO sarei stato sentito saresti stato sentito sarebbe stato sentito saremmo stati sentiti sareste stati sentiti sarebbero stati sentiti

CONDIZIONALE IMPERATIVO essivoinoieglituio

TRAPASSATO PROSSIMO ero stato sentito eri stato sentito era stato sentito eravamo stati sentiti eravate stati sentiti erano stati sentiti essivoinoieglituio

INFINITO PASSATO REMOTO PARTICIPIO PASSATO accendere accesi, accendesti, accese, accendemmo, accendeste, accesero acceso accludere acclusi, accludesti, accluse, accludemmo, accludeste, acclusero accluso accorgersi mi accorsi, ti accorgesti, si accorse, ci accorgemmo, vi accorgeste, si accorsero accortosi affliggere afflissi, affliggesti, afflisse, affliggemmo, affliggeste, afflissero afflitto allusi, alludesti, alluse, alludemmo, alludeste, allusero alluso annettere annettei (annessi), annettesti, annetté (annesse), annettemmo, annetteste, annetterono (annessero) annesso appendere appesi, appendesti, appesi, appendemmo, appendeste, appesero appeso aprire apersi (aprii), apristi, aperse (aprì), aprimmo, apriste, apersero (aprirono) aperto ardere arsi, ardesti, arse, ardemmo, ardeste, arsero arso aspergere aspersi, aspergesti, asperse, aspergemmo, aspergeste, aspersero asperso assidersi mi assisi, ti assidesti, si assise, ci assidemmo, vi assideste, si assisero assisosi assistere assistei (assistetti), assistesti, assisté (assistette), assistemmo, assisteste, assisterono (assistettero) assistito assistere, consistere, desistere, esistere, insistere, persistere, preesistere, coesistere, resistere, sussistere derivano dal verbo stare, che è irregolare, ma si coniugano tutti regolarmente assumendo le desinenze della seconda coniugazione, tranne per il participio passato in -ito assolvere assolsi, assolvesti, assolse, assolvemmo, assolveste, assolsero assolto assumere assunsi, assumesti, assunse, assumemmo, assumeste, assunsero assunto attingere attinsi, attingesti, attinse, attingemmo, attingeste, attinsero attinto chiudere chiusi, chiudesti, chiuse, chiudemmo, chiudeste, chiusero chiuso cingere cinsi, cingesti, cinse, cingemmo, cingeste, cinsero cinto coincidere coincisi, coincidesti, coincise, coincidemmo, coincideste, coincisero coinciso comprimere compressi, comprimesti, compresse, comprimemmo, comprimeste, compressero compresso concedere concessi (concedei, concedetti), concedesti, concesse (concedé, concedette), concedemmo, concedeste, concessero (concederono, concedettero) concesso concludere conclusi, concludesti, concluse, concludemmo, concludeste, conclusero concluso confondere confusi, confondesti, confuse, confondemmo, confondeste, confusero confuso conoscere conobbi, conoscesti, conobbe, conoscemmo, conosceste, conobbero conosciuto

alludere

UNITÀ 11 ProNTUArI292Verbi irregolari

INFINITO PASSATO REMOTO PARTICIPIO PASSATO contundere contusi, contundesti, contuse, contundemmo, contundeste, contusero contuso convergere conversi, convergesti, converse, convergemmo, convergeste, conversero converso (raro) coprire vedi aprire correggere corressi, correggesti, corresse, correggemmo, correggeste, corressero corretto correre corsi, corresti, corse, corremmo, correste, corsero corso costruire costruii (costrussi), costruisti, costruì (costrusse), costruimmo, costruiste, costruirono (costrussero) costruito (costrutto) crescere crebbi, crescesti, crebbe, crescemmo, cresceste, crebbero cresciuto crocifiggere crocifissi, crocifiggesti, crocifisse, crocifiggemmo, crocifiggeste, crocifissero crocifisso decidere decisi, decidesti, decise, decidemmo, decideste, decisero deciso deludere delusi, deludesti, deluse, deludemmo, deludeste, delusero deluso deprimere depressi, deprimesti, depresse, deprimemmo, deprimeste, depressero depresso desumere desunsi, desumesti, desunse, desumemmo, desumeste, desunsero desunto devolvere devolvei (devolvetti), devolvesti, devolvé (devolvette), devolvemmo, devolveste, devolverono (devolvettero) devoluto difendere difesi, difendesti, difese, difendemmo, difendeste, difesero difeso dipendere dipesi, dipendesti, dipese, dipendemmo, dipendeste, dipesero dipeso dipingere dipinsi, dipingesti, dipinse, dipingemmo, dipingeste, dipinsero dipinto dirigere diressi, dirigesti, diresse, dirigemmo, dirigeste, diressero diretto discendere discesi, discendesti, discese, discendemmo, discendeste, discesero disceso discutere discussi, discutesti, discusse, discutemmo, discuteste, discussero discusso disperdere dispersi, disperdesti, disperse, disperdemmo, disperdeste, dispersero disperso dissuadere dissuasi, dissuadesti, dissuase, dissuademmo, dissuadeste, dissuasero dissuaso distinguere distinsi, distinguesti, distinse, distinguemmo, distingueste, distinsero distinto distruggere distrussi, distruggesti, distrusse, distruggemmo, distruggeste, distrussero distrutto divergere diversi, divergesti, diverse, divergemmo, divergeste, diversero (manca) dividere divisi, dividesti, divise, dividemmo, divideste, divisero diviso

4. TAVoLE DEI VErBI 293

UNITÀ 11 ProNTUArI294

INFINITO PASSATO REMOTO PARTICIPIO PASSATO eccellere eccelsi, eccellesti, eccelse, eccellemmo, eccelleste, eccelsero eccelso elidere elisi, elidesti, elise, elidemmo, elideste, elisero eliso eludere vedi deludere emergere emersi, emergesti, emerse, emergemmo, emergeste, emersero emerso ergere ersi, ergesti, erse, ergemmo, ergeste, ersero erto erigere vedi dirigere escludere vedi accludere esistere vedi assistere espandere espansi, espandesti, espanse, espandemmo, espandeste, espansero espanso espellere espulsi, espellesti, espulse, espellemmo, espelleste, espulsero espulso esplodere esplosi, esplodesti, esplose, esplodemmo, esplodeste, esplosero esploso esprimere vedi comprimere estinguere vedi distinguere estrarre vedi trarre evadere evasi, evadesti, evase, evademmo, evadeste, evasero evaso figgere fissi, figgesti, fisse, figgemmo, figgeste, fissero fissofitto (aggettivo) fingere finsi, fingesti, finse, fingemmo, fingeste, finsero finto flettere flettei (flessi), flettesti, fletté (flesse), flettemmo, fletteste, fletterono (flessero) flesso fondere fusi, fondesti, fuse, fondemmo, fondeste, fusero fuso frangere fransi, frangesti, franse, frangemmo, frangeste, fransero franto friggere frissi, friggesti, frisse, friggemmo, friggeste, frissero fritto fungere funsi, fungesti, funse, fungemmo, fungeste, funsero funto (raro) giungere giunsi, giungesti, giunse, giungemmo, giungeste, giunsero giunto illudere vedi deludere immergere vedi emergere imprimere vedi comprimere incidere incisi, incidesti, incise, incidemmo, incideste, incisero inciso includere vedi accludere incutere vedi discutere indulgere indulsi, indulgesti, indulse, indulgemmo, indulgeste, indulsero indulto (raro) infiggere vedi figgere

INFINITO PASSATO REMOTO PARTICIPIO PASSATO infliggere vedi affliggere infrangere vedi frangere intridere intrisi, intridesti, intrise, intridemmo, intrideste, intrisero intriso intrudere intrusi, intrudesti, intruse, intrudemmo, intrudeste, intrusero intruso invadere vedi evadere ledere lesi, ledesti, lese, ledemmo, ledeste, lesero leso leggere lessi, leggesti, lesse, leggemmo, leggeste, lessero letto mettere misi, mettesti, mise, mettemmo, metteste, misero messo mordere morsi, mordesti, morse, mordemmo, mordeste, morsero morso mungere munsi, mungesti, munse, mungemmo, mungeste, munsero munto muovere mossi, movesti, mosse, movemmo, moveste, mossero mosso nascere nacqui, nascesti, nacque, nascemmo, nasceste, nacquero nato nascondere nascosi, nascondesti, nascose, nascondemmo, nascondeste, nascosero nascosto negligere neglessi, negligesti, neglesse, negligemmo, negligeste, neglessero negletto occorrere vedi correre offendere vedi difendere offrire offrii (offersi), offristi, offrì (offerse), offrimmo, offriste, offrirono (offersero) offerto omettere vedi mettere opprimere vedi comprimere ottundere vedi contundere percorrere vedi correre percuotere percossi, percotesti, percosse, percotemmo, percoteste, percossero percosso perdere persi (perdei, perdetti), perdesti, perse (perdé, perdette), perdemmo, perdeste, persero (perderono, perdettero) perso (perduto) permettere vedi mettere persuadére persuasi, persuadesti, persuase, persuademmo, persuadeste, persuasero persuaso piangere piansi, piangesti, pianse, piangemmo, piangeste, piansero pianto piovere piovve, piovvero piovuto porgere porsi, porgesti, porse, porgemmo, porgeste, porsero porto precludere vedi accludere precorrere vedi correre prediligere predilessi, prediligesti, predilesse, prediligemmo, prediligeste, predilessero prediletto

4. TAVoLE DEI VErBI 295

UNITÀ 11 ProNTUArI296

INFINITO PASSATO REMOTO PARTICIPIO PASSATO preludere vedi alludere premettere vedi mettere prendere presi, prendesti, prese, prendemmo, prendeste, presero preso presumere vedi assumere proteggere protessi, proteggesti, protesse, proteggemmo, proteggeste, protessero protetto pungere punsi, pungesti, punse, pungemmo, pungeste, punsero punto radere rasi, radesti, rase, rademmo, radeste, rasero raso recidere vedi decidere redigere redassi (redigei, redigetti), redigesti, redasse (redigé, redigette), redigemmo, redigeste, redassero (redigerono, redigettero) redatto redimere redensi, redimesti, redense, redimemmo, redimeste, redensero redento reggere ressi, reggesti, resse, reggemmo, reggeste, ressero retto rendere resi, rendesti, rese, rendemmo, rendeste, resero reso reprimere vedi comprimere resistere vedi assistere respingere respinsi, respingesti, respinse, respingemmo, respingeste, respinsero respinto ridere risi, ridesti, rise, ridemmo, rideste, risero riso ridurre ridussi, riducesti, ridusse, riducemmo, riduceste, ridussero ridotto riflettere vedi flettere rifulgere rifulsi, rifulgesti, rifulse, rifulgemmo, rifulgeste, rifulsero rifulso (raro) riscuotere vedi scuotere risolvere vedi assolvere rispondere risposi, rispondesti, rispose, rispondemmo, rispondeste, risposero risposto rodere rosi, rodesti, rose, rodemmo, rodeste, rosero roso rompere ruppi, rompesti, ruppe, rompemmo, rompeste, ruppero rotto scendere scesi, scendesti, scese, scendemmo, scendeste, scesero sceso scindere scissi, scindesti, scisse, scindemmo, scindeste, scissero scisso sconfiggere vedi figgere scorgere scorsi, scorgesti, scorse, scorgemmo, scorgeste, scorsero scorto scrivere scrissi, scrivesti, scrisse, scrivemmo, scriveste, scrissero scritto

INFINITO PASSATO REMOTO PARTICIPIO PASSATO scuotere scossi, scotesti, scosse, scotemmo, scoteste, scossero scosso smettere vedi mettere soccorrere vedi correre soffrire vedi offrire sommergere vedi emergere sorgere sorsi, sorgesti, sorse, sorgemmo, sorgeste, sorsero sorto sorridere vedi ridere spandere spansi, spandesti, spanse, spandemmo, spandeste, spansero spanto spargere sparsi, spargesti, sparse, spargemmo, spargeste, sparsero sparso spendere spesi, spendesti, spese, spendemmo, spendeste, spesero speso spingere spinsi, spingesti, spinse, spingemmo, spingeste, spinsero spinto stringere strinsi, stringesti, strinse, stringemmo, stringeste, strinsero stretto struggere strussi, struggesti, strusse, struggemmo, struggeste, strussero strutto succedere vedi concedere tendere tesi, tendesti, tese, tendemmo, tendeste, tesero teso tergere tersi, tergesti, terse, tergemmo, tergeste, tersero terso tingere tinsi, tingesti, tinse, tingemmo, tingeste, tinsero tinto torcere torsi, torcesti, torse, torcemmo, torceste, torsero torto trafiggere vedi figgere trascorrere vedi correre trasmettere vedi mettere uccidere vedi decidere ungere unsi, ungesti, unse, ungemmo, ungeste, unsero unto vincere vinsi, vincesti, vinse, vincemmo, vinceste, vinsero vinto volgere volsi, volgesti, volse, volgemmo, volgeste, volsero volto

4. TAVoLE DEI VErBI 297

FUTURO SEMPLICE starò starannostaretestaremostaràstarai PASSATO REMOTO stetterostestestemmostettestestistetti PRESENTE stianostiatestiamostiastiastia IMPERFETTO stesserostestestessimostessestessistessi

PRESENTE vadanoandiateandiamovadavadavada IMPERFETTO andasseroandasteandassimoandasseandassiandassi

FUTURO SEMPLICE darò darannodaretedaremodaràdarai

FUTURO SEMPLICE andrò andrannoandreteandremoandràandrai PASSATO REMOTO andastiandai andò andaronoandasteandammo

PRESENTE va’ andate(vai)

STARE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE dannodatediamodàdaido

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE starebberostarestestaremmostarebbestarestistarei

DARE

UNITÀ 11 ProNTUArI298Verbi anomali della prima coniugazione ANDARE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE vannoandateandiamovavaivado

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE stannostatestiamostastaisto

PRESENTE sta’ state(stai) PASSATO stato PRESENTE stando

PRESENTE dianodiatediamodiadiadia IMPERFETTO desserodestedessimodessedessidessi

PASSATO andato PRESENTE andando

PASSATO REMOTO diedi (detti) diededesti diederodestedemmo(dette)(dettero)

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE darebbedarestidareidaremmodarestedarebbero PRESENTE da’ date(dai) PASSATO dato PRESENTE dando

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE andrebberoandresteandremmoandrebbeandrestiandrei

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE bevobevibevebeviamobevetebevono

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE cadreicadresticadrebbecadremmocadrestecadrebbero

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE berrebbeberrestiberreiberremmoberresteberrebbero PRESENTE bevetebevi PASSATO bevuto PRESENTE bevendo

FUTURO SEMPLICE berrò berrannoberreteberremoberràberrai PASSATO REMOTO bevvi bevverobevestebevemmobevvebevesti(bevetti)(bevette)(bevettero) PRESENTE bevanobeviatebeviamobevabevabeva IMPERFETTO bevessimobevessebevessibevessibevestebevessero

PRESENTE cadetecadi PASSATO caduto PRESENTE cadendo

CHIEDERE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE chiedonochiedetechiediamochiedechiedichiedo FUTURO SEMPLICE chiederannochiederetechiederemochiederàchiederaichiederò PASSATO REMOTO chieserochiedestechiedemmochiesechiedestichiesi PRESENTE chiedanochiediatechiediamochiedachiedachieda IMPERFETTO chiedessimochiedessechiedessichiedessichiedestechiedessero

CADERE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE cadonocadetecadiamocadecadicado

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE chiederebberochiederestechiederemmochiederebbechiederestichiederei PRESENTE chiedetechiedi PASSATO chiesto PRESENTE chiedendo

4. TAVoLE DEI VErBI 299 Verbi anomali della seconda coniugazione BERE

FUTURO SEMPLICE cadrò cadrannocadretecadremocadràcadrai PASSATO REMOTO cadderocadestecademmocaddecadesticaddi PRESENTE cadanocadiatecadiamocadacadacada IMPERFETTO cadesserocadestecadessimocadessecadessicadessi

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE conduconoconduceteconduciamoconduceconduciconduco

INDICATIVO CONGIUNTIVO

PASSATO REMOTO condusseroconducesteconducemmocondusseconducesticondussi

FUTURO SEMPLICE coglierò coglierannocoglieretecoglieremocoglieràcoglierai

essivoinoieglituio PRESENTE colgonocoglietecogliamocogliecoglicolgo

UNITÀ 11 ProNTUArI300 COGLIERE

essivoinoieglituio PRESENTE compicompiocompiecompiamocompitecompiono

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE compireicompiresticompirebbecompiremmocompirestecompirebbero

PASSATO REMOTO colserocogliestecogliemmocolsecogliesticolsi PRESENTE colganocogliatecogliamocolgacolgacolga IMPERFETTO cogliesserocogliestecogliessimocogliessecogliessicogliessi

INDICATIVO CONGIUNTIVO

FUTURO SEMPLICE compirò compirannocompiretecompiremocompiràcompirai

PRESENTE compitecompi PASSATO compiuto PRESENTE compiendo CONDURRE

FUTURO SEMPLICE condurrò condurrannocondurretecondurremocondurràcondurrai

PRESENTE conducanoconduciateconduciamoconducaconducaconduca

IMPERFETTO conducesseroconducesteconducessimoconducesseconducessiconducessi

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE condurrebberocondurrestecondurremmocondurrebbecondurresticondurrei PRESENTE conduceteconduci PASSATO condotto PRESENTE conducendo

IMPERFETTO compissimocompissicompissicompissecompistecompissero

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE coglierebberocoglierestecoglieremmocoglierebbecoglieresticoglierei

PASSATO REMOTO compironocompistecompimmocompìcompisticompii PRESENTE compianocompiatecompiamocompiacompiacompia

PRESENTE coglietecogli PASSATO colto PRESENTE cogliendo COMPIERE

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE cuocereicuoceresticuocerebbecuoceremmocuocerestecuocerebbero cuocetecuoci PASSATO cotto cuocendo INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio diconoditediciamodicedicidico FUTURO SEMPLICE dirannodiretediremodiràdirai PASSATO REMOTO disserodicestedicemmodissedicestidissi PRESENTE dicanodiciatediciamodicadicadica IMPERFETTO dicesserodicestedicessimodicessedicessidicessi

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE cuocetecuociamocuocecuocicuociocuociono FUTURO SEMPLICE cuocerò cuocerannocuoceretecuoceremocuoceràcuocerai PASSATO REMOTO cosserocuocestecuocemmocossecuocesticossi PRESENTE cuocianocuociatecuociamocuociacuociacuocia IMPERFETTO cuocesserocuocestecuocessimocuocessecuocessicuocessi

PRESENTE

PRESENTE

DIRE

4. TAVoLE DEI VErBI 301 CUOCERE

PRESENTE

dirò

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE dorrebberodorrestedorremmodorrebbedorrestidorrei PRESENTE dolete(vi)duoli(ti) PASSATO doluto PRESENTE dolendo(si)

PRESENTE

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE direbbedirestidireidiremmodirestedirebbero PRESENTE ditedi’ PASSATO detto PRESENTE dicendo DOLERE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio doliamoduoleduolidolgo (dogliamo) dolgonodolete FUTURO SEMPLICE dorrò dorrannodorretedorremodorràdorrai PASSATO REMOTO dolserodolestedolemmodolsedolestidolsi PRESENTE doliamodolgadolgadolga (dogliamo) doliate dolgano(dogliate) IMPERFETTO dolessimodolessedolessidolessidolestedolessero

essivoinoieglituio PRESENTE giaccionogiacetegiacciamogiacegiacigiaccio FUTURO SEMPLICE giacerò giacerannogiaceretegiaceremogiaceràgiacerai PASSATO REMOTO giacestigiacquigiacquegiacemmogiacestegiacquero PRESENTE giaccianogiacciategiacciamogiacciagiacciagiaccia IMPERFETTO giacestegiacessimogiacessegiacessigiacessigiacessero

FARE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE devo (debbo) devonodovetedobbiamodevedevi(debbono)

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE fannofatefacciamofafaifaccio

PRESENTE debba (deva) debba (deva) debba dobbiatedobbiamo(deva)debbano(devano)

IMPERFETTO dovesserodovestedovessimodovessedovessidovessi

FUTURO SEMPLICE dovrò dovrannodovretedovremodovràdovrai PASSATO REMOTO dovei doveronodovestedovemmodovédovesti(dovetti)(dovette)(dovettero)

UNITÀ 11 ProNTUArI302 DOVERE

FUTURO SEMPLICE farò farannofaretefaremofaràfarai PASSATO REMOTO fecerofacestefacemmofecefacestifeci

GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE giacerebberogiacerestegiaceremmogiacerebbegiacerestigiacerei PRESENTE giacetegiaci PASSATO giaciuto PRESENTE giacendo

IMPERFETTO facesserofacessifacessifacessefacessimofaceste CONGIUNTIVO

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE dovrestidovreidovrebbedovremmodovrestedovrebbero

PRESENTE (manca) PASSATO dovuto PRESENTE dovendo

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE farebbefarestifareifaremmofarestefarebbero PRESENTE fa’ fate(fai) PASSATO fatto PRESENTE facendo GIACERE INDICATIVO

PRESENTE facciatefacciamofacciafacciafacciafacciano

PARERE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE paionoparetepaiamopareparipaio

FUTURO SEMPLICE godrò godrannogodretegodremogodràgodrai

PRESENTE nuocetenuoci PASSATO nuociuto PRESENTE nuocendo

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE parrebberoparresteparremmoparrebbeparrestiparrei PRESENTE (manca) PASSATO parso PRESENTE parendo

PRESENTE godetegodi PASSATO goduto PRESENTE godendo NUOCERE

4. TAVoLE DEI VErBI 303 GODERE

PASSATO REMOTO nocqueronuocestenuocemmonocquenuocestinocqui PRESENTE nuoccianonuociatenuociamonuoccianuoccianuoccia

FUTURO SEMPLICE parrò parrannoparreteparremoparràparrai

IMPERFETTO paresteparessimoparesseparessiparessiparessero

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE nuocciononuocetenuociamonuocenuocinuoccio

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE godrebberogodrestegodremmogodrebbegodrestigodrei

PASSATO REMOTO godei goderonogodestegodemmogodègodesti(godetti)(godette)(godettero) PRESENTE godanogodiategodiamogodagodagoda IMPERFETTO godesserogodestegodessimogodessegodessigodessi

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE godogodigodegodiamogodetegodono

FUTURO SEMPLICE nuocerò nuocerannonuoceretenuoceremonuocerànuocerai

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE nuocerebberonuocerestenuoceremmonuocerebbenuocerestinuocerei

PASSATO REMOTO paresteparemmoparveparestiparviparvero PRESENTE paianopaiatepaiamopaiapaiapaia

IMPERFETTO nuocesseronuocestenuocessimonuocessenuocessinuocessi

FUTURO SEMPLICE piacerò piacerannopiaceretepiaceremopiaceràpiacerai PASSATO REMOTO piacestepiacemmopiacquepiacestipiacquipiacquero

PRESENTE piaccianopiacciatepiacciamopiacciapiacciapiaccia

FUTURO SEMPLICE porrò porrannoporreteporremoporràporrai PASSATO REMOTO poseroponesteponemmoposeponestiposi PRESENTE ponganoponiateponiamopongapongaponga

PRESENTE piacetepiaci PASSATO piaciuto PRESENTE piacendo PORRE

PRESENTE (manca) PASSATO potuto PRESENTE potendo

IMPERFETTO piacessimopiacessepiacessipiacessipiacestepiacessero

UNITÀ 11 ProNTUArI304 PIACERE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE pongoponiponeponiamoponetepongono

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE piaccionopiacetepiacciamopiacepiacipiaccio

IMPERFETTO potestepotessimopotessipotessipotessepotessero

PRESENTE poneteponi PASSATO posto PRESENTE ponendo POTERE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE puoiposso può possonopotetepossiamo

FUTURO SEMPLICE potrò potrannopotretepotremopotràpotrai PASSATO REMOTO poteronopotestepotemmopotèpotestipotei PRESENTE possapossapossapossiamopossiatepossano

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE potrebberopotrestepotremmopotrebbepotrestipotrei

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE porrebberoporresteporremmoporrebbeporrestiporrei

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE piacerebberopiacerestepiaceremmopiacerebbepiacerestipiacerei

IMPERFETTO ponessiponessiponesseponessimoponesteponessero

4. TAVoLE DEI VErBI 305 RIMANERE

PRESENTE (manca)

PRESENTE rimaneterimani PASSATO rimasto PRESENTE rimanendo

FUTURO SEMPLICE rimarrò rimarrannorimarreterimarremorimarràrimarrai PASSATO REMOTO rimaserorimanesterimanemmorimaserimanestirimasi PRESENTE rimanganorimaniaterimaniamorimangarimangarimanga IMPERFETTO rimanesserorimanesterimanessimorimanesserimanessirimanessi

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE rimarrebberorimarresterimarremmorimarrebberimarrestirimarrei

SAPERE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio scelgonosceglietescegliamoscegliescegliscelgo

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio saprebberosaprestesapremmosaprebbesaprestisaprei PASSATO

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE rimangonorimaneterimaniamorimanerimanirimango

PRESENTE

saputo PRESENTE sapendo SCEGLIERE

FUTURO SEMPLICE sceglierò sceglierannosceglieretesceglieremosceglieràsceglierai PASSATO REMOTO scelseroscegliestescegliemmoscelsescegliestiscelsi PRESENTE scelganoscegliatescegliamoscelgascelgascelga IMPERFETTO scegliesseroscegliestescegliessiscegliessiscegliessescegliessimo CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE sceglierebberosceglierestesceglieremmosceglierebbesceglierestisceglierei PRESENTE sceglietescegli PASSATO scelto PRESENTE scegliendo

FUTURO SEMPLICE saprò saprannosapretesapremosapràsaprai PASSATO REMOTO sepperosapestesapemmoseppesapestiseppi PRESENTE sappianosappiatesappiamosappiasappiasappia IMPERFETTO sapessisapessisapessesapessimosapestesapessero

PRESENTE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE sannosapetesappiamosasaiso

UNITÀ 11 ProNTUArI306 SEDERE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE siedo (seggo) siedonosedetesediamosiedesiedi (seggono) FUTURO SEMPLICE sederò sederannosederetesederemosederàsederai PASSATO REMOTO sedei sederonosedestesedemmosedésedesti(sedetti)(sedette)(sedettero) PRESENTE sieda (segga) sieda (segga) sieda siedanosediatesediamo(segga)(seggano) IMPERFETTO sedesserosedestesedessimosedessesedessisedessi CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE sederebberosederestesederemmosederebbesederestisederei PRESENTE sedete(vi)siedi(ti) PASSATO seduto PRESENTE sedendo SODDISFARE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE soddisfosoddisfisoddisfasoddisfiamosoddisfatesoddisfano FUTURO SEMPLICE soddisferò soddisferannosoddisferetesoddisferemosoddisferàsoddisferai PASSATO REMOTO soddisfecerosoddisfacestesoddisfacemmosoddisfecesoddisfacestisoddisfeci PRESENTE soddisfinosoddisfiatesoddisfiamosoddisfisoddisfisoddisfi IMPERFETTO soddisfacessisoddisfacessisoddisfacessesoddisfacessimosoddisfacestesoddisfacessero CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE soddisferebberosoddisferestesoddisferemmosoddisferebbesoddisferestisoddisferei PRESENTE soddisfatesoddisfa PASSATO soddisfatto PRESENTE soddisfacendo SPEGNERE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE spengonospegnetespegniamospegnespegnispengo FUTURO SEMPLICE spegnerò spegnerannospegneretespegneremospegneràspegnerai PASSATO REMOTO spenserospegnestespegnemmospensespegnestispensi PRESENTE spenganospegniatespegniamospengaspengaspenga IMPERFETTO spegnestespegnessimospegnessespegnessispegnessispegnessero CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE spegnerebberospegnerestespegneremmospegnerebbespegnerestispegnerei PRESENTE spegni spegnete(spengi) PASSATO spento PRESENTE spegnendo

PRESENTE svella (svelga) svella (svelga) svella svellanosvelliatesvelliamo(svelga)(svelgano)

PASSATO REMOTO tenestetenemmotennetenestitennitennero PRESENTE tenganoteniateteniamotengatengatenga

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE terrebberoterresteterremmoterrebbeterrestiterrei

PRESENTE tenetetieni PASSATO tenuto PRESENTE tenendo

FUTURO SEMPLICE svellerò PASSATO REMOTO svelserosvellestesvellemmosvelsesvellestisvelsi

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio svellerebberosvellerestesvelleremmosvellerebbesvellerestisvellerei

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio svello (svelgo)

FUTURO SEMPLICE PASSATO REMOTO tacquerotacestetacemmotacquetacestitacqui PRESENTE tacciamotacciatacciatacciatacciatetacciano

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE tacerebberotacerestetaceremmotacerebbetacerestitacerei

IMPERFETTO tenesserotenestetenessimotenessetenessitenessi

PRESENTE svelletesvelli PASSATO svelto svellendo INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio

tacerò tacerannotaceretetaceremotaceràtacerai

IMPERFETTO tacesserotacestetacessimotacessetacessitacessi

PRESENTE

PRESENTE tacetetaci PASSATO taciuto PRESENTE tacendo TENERE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio tengonoteneteteniamotienetienitengo FUTURO SEMPLICE terrò terrannoterreteterremoterràterrai

IMPERFETTO svellessimosvellessisvellessisvellessesvellestesvellessero

PRESENTE

svellerannosvelleretesvelleremosvelleràsvellerai

svellesvellisvelliamosvelletesvellono(svelgono)

4. TAVoLE DEI VErBI 307 SVELLERE

PRESENTE

TACERE

PRESENTE taccionotacetetacciamotacetacitaccio

PRESENTE

FUTURO SEMPLICE vedrò vedrannovedretevedremovedràvedrai PASSATO REMOTO viderovedestevedemmovidevedestividi PRESENTE veda (vegga) veda (vegga) veda vediamo(vegga)vediatevedano(veggano) IMPERFETTO vedessivedessivedessevedessimovedestevedessero

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE vedrebberovedrestevedremmovedrebbevedrestivedrei PRESENTE vedetevedi PASSATO visto PRESENTE vedendo

FUTURO SEMPLICE trarrò trarrannotrarretetrarremotrarràtrarrai PASSATO REMOTO trasserotraestetraemmotrassetraestitrassi PRESENTE tragganotraiatetraiamotraggatraggatragga IMPERFETTO traessetraessitraessitraessimotraestetraessero

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE traggonotraetetraiamotraetraitraggo

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE valgonovaletevaliamovalevalivalgo

PASSATO REMOTO valestevalemmovalsevalestivalsivalsero PRESENTE valganovaliatevaliamovalgavalgavalga IMPERFETTO valesserovalestevalessimovalessevalessivalessi

FUTURO SEMPLICE varrò varrannovarretevarremovarràvarrai

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE trarrebberotrarrestetrarremmotrarrebbetrarrestitrarrei

PRESENTE traetetrai PASSATO tratto PRESENTE traendo VALERE

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE varrebberovarrestevarremmovarrebbevarrestivarrei

VEDERE

UNITÀ 11 ProNTUArI308 TRARRE

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE vedonovedetevediamovedevedivedo

PRESENTE valetevali PASSATO valso PRESENTE valendo

IMPERFETTO vivessimovivessevivessivivessivivestevivessero

4. TAVoLE DEI VErBI 309 VIVERE

IMPERFETTO volessevolessivolessivolessimovolestevolessero

FUTURO SEMPLICE vorrò vorrannovorretevorremovorràvorrai PASSATO REMOTO volestevolemmovollevolestivollivollero PRESENTE vogliavogliavogliavogliamovogliatevogliano

FUTURO SEMPLICE vivrò vivrannovivretevivremovivràvivrai PASSATO REMOTO vivestevivemmovissevivestivissivissero PRESENTE vivanoviviateviviamovivavivaviva

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE vorrebbevorrestivorreivorremmovorrestevorrebbero

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE vivrebbevivrestivivreivivremmovivrestevivrebbero

PRESENTE (manca) PASSATO voluto PRESENTE volendo

PRESENTE vivetevivi PASSATO vissuto PRESENTE vivendo

VOLERE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE voglionovoletevogliamovuolevuoivoglio

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE vivonoviveteviviamovivevivivivo

FUTURO

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE appaioappariappareappariamoappariteappaiono

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio apparirebberoappariresteappariremmoapparirebbeapparirestiapparirei

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio

SEMPLICE morirò (morrò) morirai (morrai) morirà morirannomoriretemoriremo(morrà)(morremo)(morrete)(morranno) PASSATO REMOTO morironomoristemorimmomorìmoristimorii PRESENTE muoianomoriatemoriamomuoiamuoiamuoia IMPERFETTO morisseromoristemorissimomorissemorissimorissi CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE morirei morirebberomorirestemoriremmomorirebbemoriresti(morrei)(morresti)(morrebbe)(morremmo)(morreste)(morrebbero) PRESENTE moritemuori PASSATO morto PRESENTE morendo RIEMPIRE

PASSATO apparveroapparisteapparimmoapparveapparistiapparvi PRESENTE appaianoappariateappariamoappaiaappaiaappaia IMPERFETTO apparisseroapparisteapparissimoapparisseapparissiapparissi

PRESENTE muoionomoritemoriamomuoremuorimuoio

PRESENTE riempirebberoriempiresteriempiremmoriempirebberiempirestiriempirei PRESENTE riempiteriempi PASSATO riempito PRESENTE riempendo

PRESENTE

PRESENTE riempionoriempiteriempiamoriempieriempiriempio FUTURO SEMPLICE riempirò riempirannoriempireteriempiremoriempiràriempirai PASSATO REMOTO riempironoriempisteriempimmoriempìriempistiriempii PRESENTE riempianoriempiateriempiamoriempiariempiariempia

FUTURO

SEMPLICE apparirò apparirannoapparireteappariremoappariràapparirai

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio IMPERFETTO riempisseroriempisteriempissimoriempisseriempissiriempissi

appariteappari

apparso PRESENTE apparendo MORIRE

REMOTO

PRESENTE PASSATO

UNITÀ 11 ProNTUArI310Verbi anomali della terza coniugazione APPARIRE

PRESENTE

PRESENTE

4. TAVoLE DEI VErBI 311 SALIRE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE salitesaliamosalesalisalgosalgono FUTURO SEMPLICE salirò salirannosaliretesaliremosaliràsalirai PASSATO REMOTO salironosalistesalimmosalìsalistisalii PRESENTE salganosaliatesaliamosalgasalgasalga IMPERFETTO salisserosalissesalissisalissisalissimosaliste

uscendo

PRESENTE salitesali PASSATO salito PRESENTE salendo INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE odoodiodeudiamouditeodono FUTURO SEMPLICE udirò (udrò) udirai (udrai) udirà udirannoudireteudiremo(udrà)(udremo)(udrete)(udranno) PASSATO REMOTO udironoudisteudimmoudìudistiudii PRESENTE odanoudiateudiamoodaodaoda IMPERFETTO udisseroudisteudissimoudisseudissiudissi

udito PRESENTE udendo USCIRE

REMOTO

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE salirebberosalirestesaliremmosalirebbesalirestisalirei

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE uscirebberousciresteusciremmouscirebbeuscirestiuscirei PASSATO uscito PRESENTE

CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio udirebberoudiresteudiremmoudirebbeudirestiudirei PASSATO

PRESENTE usciteesci

INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio esconousciteusciamoesceesciesco FUTURO SEMPLICE PASSATO uscironouscisteuscimmouscìuscistiuscii PRESENTE escanousciateusciamoescaescaesca IMPERFETTO uscisserouscisteuscissimouscisseuscissiuscissi

PRESENTE uditeodi

UDIRE

uscirò uscirannouscireteusciremousciràuscirai

UNITÀ 11 ProNTUArI312 VENIRE INDICATIVO CONGIUNTIVO essivoinoieglituio PRESENTE vengonoveniteveniamovienevienivengo FUTURO SEMPLICE verrò verrannoverreteverremoverràverrai PASSATO REMOTO vennerovenistevenimmovennevenistivenni PRESENTE vengavengavengaveniamoveniatevengano IMPERFETTO venissevenissivenissivenissimovenistevenissero CONDIZIONALE IMPERATIVO PARTICIPIO GERUNDIO essivoinoieglituio PRESENTE verrebberoverresteverremmoverrebbeverrestiverrei PRESENTE venitevieni PASSATO venuto PRESENTE venendo

CALERE CONSUMERE FERVERE

PresenteCONGIUNTIVO : ferva, ferva… Imperfetto: fervessi, fervessi…

PresenteINDICATIVO : (manca) Imperfetto: (manca) Futuro: (manca) Pass. rem.: consunsi, consunse, consunsero

PresenteCONDIZIONALE : si addirebbe, si addirebbero

PresenteCONGIUNTIVO : si addica, si addicano Imperfetto: si addicesse, si addicessero

PresenteCONGIUNTIVO : (manca) Imperfetto: (manca)

PresenteINDICATIVO : fervo, fervi… Imperfetto: fervevo, fervevi… Futuro: ferverò, ferverai… Pass. rem.: fervei… (poco usato)

PresenteCONDIZIONALE : carrebbe PresenteCONDIZIONALE : (manca) PresenteCONDIZIONALE : ferverei, ferveresti… IMPERATIVO: (manca) Participio: (manca) Gerundio: calendo IMPERATIVO: (manca) Participio: consunto Gerundio: (manca) IMPERATIVO: fervi… Participio: (manca) Gerundio: fervendo

PresenteCONGIUNTIVO : bisogni, bisognino Imperfetto: bisognasserobisognasse,

PresenteCONGIUNTIVO : caglia Imperfetto: calesse

PresenteINDICATIVO : cale Imperfetto: caleva Futuro: (manca) Pass. rem.: calse

IMPERATIVO: (manca) Participio: (manca) Gerundio: (manca) IMPERATIVO: (manca) Participio: (manca) Gerundio: (manca)

4. TAVoLE DEI VErBI 313

PresenteCONDIZIONALE : (manca) PresenteCONDIZIONALE : bisognerebberobisognerebbe,

IMPERATIVO: (manca) Participio: bisognato Gerundio: bisognando

PresenteINDICATIVO : si addice, si addicono Imperfetto: si addiceva, si addicevano Futuro: si addirà, si addiranno Pass. rem.: (manca) PresenteINDICATIVO : aggrada Imperfetto: (manca) Futuro: (manca) Pass. rem.: (manca)

Verbi difettivi ADDIRSI AGGRADARE BISOGNARE

PresenteINDICATIVO : bisogna, bisognano Imperfetto: bisognava, bisognavano Futuro: bisognerà, bisogneranno Pass. rem.: bisognò, bisognarono

PresenteCONGIUNTIVO : (manca) Imperfetto: (manca)

PresenteCONDIZIONALE : urgerebbe, urgerebbero

PresenteINDICATIVO : prude, prudono Imperfetto: prudeva, prudevano Futuro: pruderà, pruderanno Pass. rem.: prudette, pruderono

PresenteCONDIZIONALE : pruderebbe, pruderebbero PresenteCONDIZIONALE : (manca)

PresenteINDICATIVO : urge, urgono Imperfetto: urgeva, urgevano Futuro: urgerà, urgeranno Pass. rem.: (manca)

PresenteCONGIUNTIVO : osti, ostino Imperfetto: ostasse, ostassero

PresenteCONGIUNTIVO : verta, vertano Imperfetto: vertesse, vertessero

PresenteCONGIUNTIVO : pruda, prudano Imperfetto: prudesse, prudessero

URGERE VERTERE VIGERE

PresenteCONDIZIONALE : verterebbe, verterebbero PresenteCONDIZIONALE : vigerebbe, vigerebbero

IMPERATIVO: (manca) Participio: (manca) Gerundio: prudendo

OSTARE PRUDERE SOLERE

UNITÀ 11 ProNTUArI314

IMPERATIVO: (manca) Participio: (manca) Gerundio: ostando

PresenteINDICATIVO : osta, ostano Imperfetto: ostava, ostavano Futuro: osterà, osteranno Pass. rem.: (manca)

PresenteINDICATIVO : vige, vigono Imperfetto: vigeva, vigevano Futuro: vigerà, vigeranno Pass. rem.: (manca)

PresenteCONGIUNTIVO : soglia, soglia… Imperfetto: solessi, solessi

IMPERATIVO: (manca) Participio: solito Gerundio: solendo

PresenteCONGIUNTIVO : viga, vigano Imperfetto: vigesse, vigessero

IMPERATIVO: (manca) Participio: (manca) Gerundio: urgendo

PresenteCONDIZIONALE : osterebbe, osterebbero

IMPERATIVO: (manca) Participio: (manca) Gerundio: vigendo

PresenteINDICATIVO : soglio, suoli, suole, sogliamo, solete, sogliono Imperfetto: solevo, solevi… Futuro: (manca) Pass. rem.: in disuso

IMPERATIVO: (manca) Participio: (manca) Gerundio: vertendo

PresenteINDICATIVO : verte, vertono Imperfetto: verteva, vertevano Futuro: verterà, verteranno Pass. rem.: verté, verterono

PresenteCONGIUNTIVO : urga, urgano Imperfetto: urgesse, urgessero

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 1 · LA COMUNICAZIONE VERBALE 315

QUALIuominiSONO LE CONDIZIONI DELLA COMUNICAZIONE VERBALE?

PERCHÉ L’UOMO HA BISOGNO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE? CHE COSA È UN TESTO? QUALI TIPI DI SEGNO CI SONO? LA COMUNICAZIONE È UNO SCAMBIO DI SEGNI CHE PRODUCE SENSO. Il segno è una cosa (significante) che ne indica un’altra (significato). Il significante è sempre percepibile con i sensi: può essere un gesto, un suono, un’immagine, un oggetto… altrimenti non sarebbe possibile trasmettere il significato. La comunicazione verbale è uno scambio di messaggi formulati con le parole. I suoi fattori sono: mittente: produce il testo destinatario: riceve il testo codice: la lingua canale: il mezzo fisico attraverso cui passa il messaggio testo: il segno linguistico contesto: la situazione reale in cui avviene la comunicazione  Segni naturali: possono essere interpretati dall’uomo grazie all’esperienza, ma non sono da lui istituiti.  Segni intenzionali: istituiti dall’uomo per comunicare. Quindi convenzionali e arbitrari. La comunicazione verbale utilizza segni intenzionali: i testi. Il testo è un messaggio formato di parole, combinate secondo regole, dotato di un senso compiuto.

CHE COSA È UN SEGNO? CHE COSA È LA COMUNICAZIONE VERBALE? Affinché la comunicazione verbale raggiunga il suo scopo ci deve essere un terreno comune tra mittente e destinatario. Inoltre il destinatario deve:  essere disponibile a interpretare il testo  conoscere il codice e i sottocodici, in cui è formulato  far riferimento al contesto in cui avviene la comunicazione  fare dei ragionamenti (inferenze) per comprenderlo pienamente

LA COMUNICAZIONE VERBALE QUALE TIPO DI SEGNO UTILIZZA?  per conoscere sé stesso e la realtà  per dare informazioni  per persuadere il destinatario  per stabilire amicizie e rapporti con altri

COME SI COMBINANO LE PAROLE PER FORMARE LE FRASI? QUALI TIPI DI PAROLE FORNISCE LA LINGUA ITALIANA?

Occorre utilizzare parole appartenenti al lessico italiano (= insieme di tutti i suoi lessemi).

6. La preposizione introduce il nome o il verbo di modo infinito. 7. La congiunzione connette due o più parole oppure più frasi. 8. L’avverbio modifica il significato di un elemento del discorso. 9. L’interiezione o esclamazione manifesta uno stato d’animo. Occorre rispettare le regole della morfologia.  I lessemi invariabili non cambiano forma.  I lessemi variabili cambiano forma quando sono usati nel discorso. Hanno il morfo (la parte variabile del lessema). Esso fornisce indicazioni circa il genere (maschile o femminile) e il numero (singolare o plurale). Nel verbo il morfo indica anche la persona, il modo, il tempo. Occorre rispettare le regole della sintassi.  Ordine delle parole  Concordanza = legame per cui le parole variabili assumono la forma del nome cui si riferiscono.  Reggenza = legame per cui una parola vuole essere accompagnata da una certa altra parola. Non si possono combinare i lessemi indifferentemente, occorre costruire dei sintagmi.

Il sintagma è una combinazione significativa di parole, che svolge una precisa funzione logica nella frase. Vi sono tre tipi di sintagmi.  Il sintagma nominale, che ha per nucleo un nome e ha la funzione di denominare.  Il sintagma verbale, che ha per nucleo un verbo e ha la funzione di predicare.  Il sintagma preposizionale, che è introdotto da preposizione e ha la funzione di circostanziare.

1. Il nome indica esseri animati o inanimati, eventi, concetti.

3. L’articolo precede il nome. 4. L’aggettivo attribuisce una caratteristica al nome. 5. Il pronome sostituisce un elemento della frase, preferenzialmente il nome. Lessemi invariabili

CHE COS’È UN SINTAGMA?

2. Il verbo esprime azioni, situazioni, eventi, collocandoli nel tempo.

LA FRASE È UNA COMBINAZIONE DI PAROLE IN GRADO DI TRASMETTERE UN SIGNIFICATO. LA FRASE HA COME NUCLEO L’INTRECCIO TRA UN NOME E UN VERBO.

I lessemi italiani sono suddivisi in 9 parti del discorso. Lessemi variabili

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 2 · LA FRASE316

1. Un sintagma verbale avente come nucleo un verbo predicativo svolge la funzione di predicato verbale. 2. Un sintagma verbale formato da un verbo copulativo + un aggettivo o un sintagma predicativo del soggetto svolge la funzione di predicato nominale Verbo essere o verbo copulativo + aggettivo Anna è stanca. + sintagma nominale Anna sembra una statua. + pronome Anna sembra te. + sintagma preposizionale Anna sembra di marmo. + avverbio Questo mi pare meglio.

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 3 · SOGGETTO E PREDICATO 317

Il soggetto è il sintagma nominale che concorda con il sintagma verbale.

QUANTI TIPI DI PREDICATI CI SONO?

OGNI SINTAGMA NELLA FRASE SVOLGE UNA FUNZIONE LOGICA. LE PRINCIPALI FUNZIONI LOGICHE DELLA FRASE SONO SOGGETTO E PREDICATO.

CHE COS’È IL SOGGETTO? CHE COS’È IL PREDICATO? No.  Spesso può essere intuito osservando il morfo del verbo.  I verbi impersonali non lo richiedono.  I verbi usati impersonalmente non lo richiedono. È SEMPRE OBBLIGATORIO ESPLICITARE IL SOGGETTO?

Il soggetto può essere espresso:  da un SN semplice avente come nucleo un solo nome  da un SN composto, formato da più SN uniti da congiunzione Il soggetto serve a mettere a tema nelle frasi:  chi compie l’azione  chi subisce l’azione  ciò di cui si esprime un modo d’essere  chi prova un sentimento  chi riceve qualcosa  ciò che serve da strumento per compiere un’azione

Ci sono 2 tipi di predicato: verbale e nominale.

COME È FATTO IL SV-PREDICATO NOMINALE? Il predicato è il sintagma verbale che dice qualcosa di nuovo a proposito del soggetto. COME È FATTO IL SN-SOGGETTO? PERCHÉ NELLE FRASI C’È IL SOGGETTO?

SINTAGMA

COME È FATTO IL NOME? QUAL È LA FUNZIONE DEL NOME? QUAL È LA FUNZIONE DELL’ARTICOLO? Il nome è un lessema variabile del discorso. È formato da una componente lessicale e un morfo. Il morfo dà informazioni circa  il genere (maschile o femminile) e  il numero (singolare o plurale)  Determinativo il lo la i gli le  Indeterminativo un uno una dei degli delle  Partitivo del dello della  Determinativo e indeterminativo: possono introdurre nomi che indicano esseri determinati o una classe di esseri.  Determinativo: ha la funzione di introdurre un nome nel discorso che indica un essere noto sia al mittente sia al destinatario.  Indeterminativo: ha la funzione di introdurre un nome nel discorso che indica un essere noto solo al mittente o non individuato.  Partitivo: ha la funzione di introdurre nel discorso un nome di massa, considerando una parte (un po’ di) della sostanza che

QUALI TIPI DI ARTICOLO ESISTONO?

NOMINALE HA PER NUCLEO UN NOME E HA LA FUNZIONE DI DENOMINARE. OLTRE AL NOME I SUOI COMPONENTI SONO ARTICOLO E AGGETTIVO. PUÒ ESSERE FORMATO DA UN PRONOME. Il nome (o sostantivo) indica oggetti, esseri animati, eventi, concetti. Il nome indica ogni cosa che esiste nella realtà o nella fantasia. La funzione morfosintattica dell’articolo è quella di confermare o rivelare il genere e il numero del nome. Altre funzioni dipendono dalla sua tipologia.

QUALI TIPI DI NOME ESISTONO? In base al modo di denominare si distinguono i nomi  comuni: indicano in modo generico aspetti della realtà di cui si conoscono le caratteristiche distintive  propri: indicano aspetti della realtà in modo esclusivo. Nello scritto sono segnalati dalla lettera iniziale maiuscola In base alla realtà denominata si distinguono i nomi  concreti: indicano esseri animati e inanimati  astratti: indicano idee ed eventi  numerabili: indicano oggetti che possono essere contati  di massa: indicano sostanze che non hanno una forma definita e quindi non si possono contare  individuali: indicano esseri considerati uno per uno  collettivi: indicano gruppi di esseri della stessa specie

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 4 · IL SINTAGMA NOMINALE318

IL

QUALIindica.DIVERSE FUNZIONI HANNO?

QUALI TIPI DI AGGETTIVO E DI PRONOME ESISTONO? AGGETTIVO E PRONOME  Dimostrativo: individua l’essere denominato dal nome dando informazioni circa la sua posizione rispetto a mittente e destinatario.  Numerale: dà informazioni sulla quantità o sulla posizione in una serie dell’essere denominato dal nome.  Indefinito: esprime una quantità non misurata e un giudizio su di essa.  Interrogativo: invita il destinatario a colmare un vuoto di informazione.  Esclamativo: introduce una frase che comunica la reazione del parlante rispetto a una certa situazione.  Possessivo: indica un legame fra l’essere denominato dal nome e un altro essere.

IL SINTAGMA NOMINALE HA PER NUCLEO UN NOME E HA LA FUNZIONE DI DENOMINARE. OLTRE AL NOME I SUOI COMPONENTI SONO ARTICOLO E AGGETTIVO. PUÒ ESSERE FORMATO DA UN PRONOME. L’aggettivo si aggiunge al nome; il pronome lo sostituisce. Entrambi possono essere usati o per descrivere l’essere denominato o per distinguerlo da altri esseri. SOLO AGGETTIVO  Qualificativo: esprime le caratteristiche e le qualità dell’essere indicato dal nome. Simpatico. L’AGGETTIVO PUÒ AVERE  valore di attributo, se appartiene a un sintagma nominale o preposizionale: Hanno abbattuto la grande quercia.  valore predicativo, se è retto da un verbo: La quercia è diventata grande. IL PRONOME PUÒ SOSTITUIRE  un sintagma nominale: Quale vuoi?  un sintagma preposizionale: Mi dici la verità?  oppure può far parte di un sintagma verbale:Ilcolpevole è lui! Aggettivo e pronome sono parti variabili del Ildiscorso.loromorfo assume la forma (genere e numero) del nome che accompagnano o (asostituiscono.4uscite) buono, buona, buoni, buone (a 2 uscite) grande, grandi (a 1 uscita) ogni QUAL È LA FUNZIONE DEL’ AGGETTIVO E DEL PRONOME?

SOLO PRONOME  Personale: sostituisce sintagmi nominali o preposizionali indicanti esseri coinvolti nella situazione comunicativa.  Relativo: sostituisce un nome e mette in relazione due frasi.  Doppio: contiene un pronome dimostrativo e un indefinito.

COME SONO FATTI L’AGGETTIVO E IL PRONOME?

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 4 · IL SINTAGMA NOMINALE 319

SINTAGMA

APPOSIZIONE

Il sintagma nominale dipendente da un nome può svolgere la funzione di aggiungere informazioni sul nome da cui dipende. Sherlock Holmes, abile investigatore, non fallisce mai.

Il sintagma nominale ha funzione di complemento di vocazione quando ha il compito di attirare l’attenzione del destinatario della comunicazione e non ha legami sintattici con il resto della frase. Mamma, ho fame!

COMPLEMENTO DI MISURA

Il sintagma nominale ha funzione di complemento oggetto quando esprime la persona o la cosa che riceve l’azione espressa da un verbo transitivo. Piero dà una penna a Mario.

Il sintagma nominale può dare indicazioni relative al tempo. Questa sera non esco. Sono stato sveglio tutta la notte.

NOMINALE PUÒ SVOLGERE DIVERSE FUNZIONI LOGICHE NELLA FRASE, OLTRE QUELLA DI SOGGETTO.

QUALI FUNZIONI LOGICHE PUÒ AVERE IL SINTAGMA NOMINALE QUANDO NON È SOGGETTO?

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 4 · IL SINTAGMA NOMINALE320

COMPLEMENTO DI VOCAZIONE

COMPLEMENTO OGGETTO

COMPLEMENTO PREDICATIVO DELL’OGGETTO

COMPLEMENTO DI TEMPO

Il sintagma nominale svolge la funzione di complemento di misura, quando indica pesi, altezze, lunghezze, età, prezzi. Il fruttivendolo pesa le patate. Fiumicino dista da Roma pochi chilometri. Mio fratello ha quindici anni. La mia maglietta costa venticinque euro.

PREDICATIVO DEL SOGGETTO Aggettivo o sintagma nominale possono avere funzione predicativa quando concordano con il soggetto e predicano insieme al verbo da cui sono retti. Luca è un bravo ragazzo.

Un aggettivo o un sintagma nominale svolgono la funzione di complemento predicativo dell’oggetto quando, retti da un predicato, esprimono qualcosa a proposito del complemento oggetto. Tutti considerano Angelo un furbacchione.

IL

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 5 · IL SINTAGMA VERBALE 321

IL VERBO HA LA FUNZIONE DI STRUTTURARE LA FRASE DAL PUNTO DI VISTA SINTATTICO: SI ACCORDA CON UN SN - SOGGETTO E REGGE OBBLIGATORIAMENTE DETERMINATI SINTAGMI, ALTRI SOLO OCCASIONALMENTE. Prendiamo ad esempio il verbo "dare". Esso costruisce la frase con il SN-soggetto e altri sintagmi obbligatori: Qualcuno dà qualcosa a qualcuno Può inoltre reggere altri sintagmi: Luca dà una penna a Mario in regalo.

Il verbo è un lessema variabile del discorso. È formato da una componente lessicale e un morfo IlCant-atemorfodà informazioni circa  il genere (maschile o femminile) Marco è cambiat-o, Lucia è cambiat-a  il numero (singolare o plurale) Egli cant-a, essi cant-ano  la persona (I, II, III) io dorm-o, tu dorm-i, egli dorm-e  la coniugazione (I, II, III). and-are, tem-ere, fin-ire  il finitomodo se il morfo indica la persona: Indicativo Io canto Congiuntivo Io canti Condizionale Io canterei Imperativo Canta! indefinito se non indica la persona: Infinito Cantare Gerundio Cantando Participio Cantato  Il tempo presente passato e futuro, che si esprime in diverse forme nei vari modi. No, ci sono vari tipi di sintagmi verbali. Sintagma verbale semplice  Una sola forma verbale. Andai, sono andato Sintagmi verbali complessi con funzione di predicato verbale:  Verbo servile + verbo di modo infinito. Volevo cantare, potrei dormire  Verbo fraseologico + verbo di modo infinito o gerundio. Ero sul punto di partire. IN CHE MODO IL VERBO SVOLGE LA SUA FUNZIONE SINTATTICA? COME È FATTO IL VERBO? UN SOLO VERBO È SEMPRE SUFFICIENTE PER COSTRUIRE LA FRASE? Sintagmi verbali complessi con funzione di predicato nominale:  Verbo copulativo + predicativo del soggetto.Sembrafelice.  Verbo occasionalmente copulativo + predicativo del soggetto. Resta fermo.  Verbo servile + verbo copulativo + predicativo del soggetto. Può sembrare un gioco.  Verbo fraseologico + verbo copulativo + predicativo del soggetto. Continua a essere ritenuto un eroe.

?

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 5 · IL SINTAGMA VERBALE322 MODI FINITI  Indicativo: descrive, presenta una situazione.Achillehaimpugnato la sua lancia.  Congiuntivo: esprime un'ipotesi, un desiderio, un dubbio. Ah, se Achille impugnasse la sua lancia!  Condizionale: esprime la possibilità che un evento accada a certe condizioni. Achille impugnerebbe la sua lancia se…  Imperativo: esprime un comando. Achille, impugna la tua lancia! MODI INDEFINITI  Infinito: esprime il significato del verbo decontestualizzato da un’occasione reale di comunicazione ed è la forma che trovi nel vocabolario.Impugnare,avere impugnato  Participio: si trova nelle forme composte del verbo; Ho usatoimpugnato.dasolo,ha funzione di verbo, Impugnata la spada, Achille combatté… di diUnaggettivo,ragazzopulito.nome.Ilmiocantantepreferito.  Gerundio: esprime la circostanza o la modalità in cui si compie un’azione; Studiando, Carla ha superato l’esame. retto da un verbo, esprime un’azione nel suo svolgimentoStapiovendo.

QUALI DIVERSE FUNZIONI HANNO I MODI VERBALI

IL FUTURO SEMPLICE PUÒ ESPRIMERE  un fatto che avverrà nel futuro: Marco cambierà lavoro fra due mesi.  un'ipotesi, un’approssimazione Saranno circa le cinque.  un D'oracomandoinpoimi porterai maggior rispetto!  il riconoscimento di un fatto vero ma non rilevanteAngelosarà anche un bravo ragazzo, ma io non mi fido.  il riconoscimento di un fatto ovvio, scontatoIlvestito che hai scelto mi piacerà di sicuro.

PASSATO REMOTO PUÒ ESPRIMERE  un fatto accaduto in un preciso momento del Colombopassatoscoprì l'america nel 1492. L’IMPERFETTO PUÒ ESPRIMERE  un fatto contemporaneo a un altro nel passato a cui fa "da sfondo" Mentre guardava la televisione, si addormentò.  un'azione consuetudinaria nel passato Andava tutti i giorni al bar.  una capacità posseduta nel passato Luca sapeva suonare il violino QUALI DIVERSE FUNZIONI HANNO I TEMPI VERBALI DEL MODO INDICATIVO?

IL PRESENTE PUÒ ESPRIMERE  un’azione che si svolge nel presente Sono le otto e faccio la colazione.  un’azione che si ripete abitualmente Tutti i pomeriggi gioco a tennis.  una verità sempre valida Due più due fa quattro.  una massima, un proverbio Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.  una caratteristica del soggetto Marco scia molto bene.  un fatto del passato (presente storico) Cesare muore nel 44 a.C.  un fatto che avverrà certamente nel futuro Domani vado in montagna. IL PASSATO PROSSIMO PUÒ ESPRIMERE  un'azione avvenuta o iniziata nel passato i cui effetti hanno una certa connessione con il ILHopresentelettoilgiornale.

IL FUTURO ANTERIORE PUÒ ESPRIMERE  un fatto futuro precedente a un altro fatto Andrò dopo che sarà rientrato il babbo.  un'ipotesi, una congettura Saranno arrivati due ore fa.  il riconoscimento di un fatto vero ma non rilevanteSicuramente ieri avrai studiato, ma oggi non sei preparato.  il riconoscimento di un fatto ovvio, scontatoPietrosarà uscito presto perché io non l'ho visto a colazione.

IL TRAPASSATO PROSSIMO E REMOTO POSSONO ESPRIMERE  un fatto accaduto precedentemente a un altro fatto del passato Quando ebbe finito di mangiare, si sdraiò per riposare. Aveva appena riappeso la cornetta, quando il telefono squillò di nuovo.

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 5 · IL SINTAGMA VERBALE 323

IL PRESENTE PUÒ ESPRIMERE  una situazione ipotetica, spesso in tono corteseDomani verrei a casa tua alle cinque.  un invito, una richiesta o un ordine, espressi in forma cortese Mi presteresti la tua bicicletta?

QUALI FUNZIONI PUÒ SVOLGERE IL GERUNDIO?

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 5 · IL SINTAGMA VERBALE324

IL PRESENTE PUÒ ESPRIMERE  un comando Chiuda la porta, per favore!  un’esortazione Su, si faccia coraggio!  un augurio Possa tu restare sempre giovane! L'IMPERFETTO PUÒ ESPRIMERE  un invito E se venissi con me al cinema?  un desiderio Ah, se avessi una barca!  un’ipotesi Se fosse uno scherzo?

IL TRAPASSATO PUÒ ESPRIMERE  un rimorso, un rammarico Ah, se avessi studiato un po' di più l’anno scorso!  Verbo nei tempi composti (aveva preso, sia arrivato…) e quando è predicato di un’intera frase Luigi, trovata la soluzione, si sentì un genio.  Aggettivo quando fa parte di un sintagma nominale e ha valore di attributo Ho appena finito di leggere un libro oppureinteressante.quando è retto da un verbo copulativo e ha valore predicativo Lucio sembra soddisfatto.  Nome quando è accompagnato dall'articolo e indica una persona, un oggetto, un’idea In ogni città vi è un monumento dedicato ai

QUALIcaduti.DIVERSE

QUALI FUNZIONI PUÒ SVOLGERE IL PARTICIPIO?

IL PASSATO PUÒ ESPRIMERE  un rammarico, un rimorso, ovvero un desiderio del passato che non si è realizzato Avrei giocato volentieri con te!

 È sempre retto da altre frasi, in rapporto alle quali assume diversi valori. Passeggiando per il bosco, Cappuccetto Rosso incontrò il lupo.  In dipendenza di una forma finita del verbo fraseologico stare, indica un'azione continuata nel tempo. Luca sta giocando a tennis.  Preceduto da una negazione, esprime la II persona singolare dell’imperativo negativo e ha il valore di divieto. Non parlare al conducente.  Ha valore imperativo affermativo nelle istruzioni.Aprirecon cura.  A volte si comporta come un nome. Lavorare stanca.  Può essere usato da solo in frasi interrogative o esclamative. Essere o non essere?

QUALI FUNZIONI HA L’INFINITO PRESENTE USATO IN MODO INDIPENDENTE?

QUALI DIVERSE FUNZIONI HANNO I TEMPI VERBALI DEL MODO CONDIZIONALE USATO IN MODO INDIPENDENTE?

FUNZIONI HANNO I TEMPI VERBALI DEL MODO CONGIUNTIVO USATO IN MODO INDIPENDENTE?

• Si passivante. In Cina si produce molto riso.

QUALI ALTRI TIPI DI FRASE SI POSSONO COSTRUIRE CON IL VERBO PRECEDUTO DA PRONOME PERSONALE DI FORMA ATONA?  Frase attiva: il pronome personale non si riferisce al soggetto. Io ti ho visto.  Frase riflessiva indiretta: il soggetto e il destinatario dell’azione si riferiscono allo stesso essere, e il complemento oggetto indica una parte di esso. Luca si lava le mani.  Frase attiva reciproca: il pronome personale sta per “l’un l’altro”. Piero e Marcella si salutano.  Frase attiva con verbo intransitivo impersonale: il pronome fa parte del verbo, non ha funzione di complemento. Ti sei vergognata?  Frase attiva con complemento d’interesse: il pronome personale esprime il coinvolgimento del soggetto in quello che fa. Mi mangio un bel gelato!  Frase attiva con verbo impersonale: non è né espresso né sottinteso il soggetto. In Spagna si va a letto tardi.

COME SI COSTRUISCE LA FRASE RIFLESSIVA?

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 6 · LA FRASE ATTIVA, PASSIVA, RIFLESSIVA 325

QUALI FUNZIONI SVOLGE IL SP RETTO DAL VERBO PASSIVO?  Complemento d’agente quando indica chi compie l’azione subita dal soggetto. Polifemo fu accecato da Ulisse.  Complemento di causa efficiente quando indica l’essere inanimato che provoca l’azione subita dal soggetto. Polifemo fu accecato da un bastone appuntito. Unendo al verbo di forma attiva le forme atone del pronome personale in base alla Neipersona.Tutipettini.tempicomposti, l’ausiliare nella frase riflessiva è sempre il verbo essere Io mi sono pettinato. Solo i verbi transitivi possono costruire frasi passive e riflessive.

COME

NELLA FRASE ATTIVA IL SOGGETTO COMPIE L’AZIONE ESPRESSA DAL PREDICATO. NELLA FRASE PASSIVA IL SOGGETTO SUBISCE L’AZIONE ESPRESSA DAL PREDICATO. NELLA FRASE RIFLESSIVA SOGGETTO E COMPLEMENTO OGGETTO SI RIFERISCONO ALLO STESSO ESSERE.

Nella frase passiva il complemento oggetto diventa soggetto e concorda con il verbo, che cambia la forma da attivo a passivo; quello che era il soggetto si trasforma in un sintagma preposizionale che indica colui che compie l’azione. Il gatto insegue i topi -> I topi sono inseguiti dal gatto. SI FORMA IL VERBO PASSIVO? Ausiliare essere + del verbo. Dorotea infastidita da un’ape. • Ausiliare venire + participio passato del verbo. Lucia viene rapita dall’Innominato. • Ausiliare andare + participio passato del verbo. Questa minestra va mangiata!

participio passato

QUALE DIVERSA FUNZIONE HA LA FRASE PASSIVA RISPETTO ALLA FRASE ATTIVA? Attivo e passivo sono due diverse direzioni di lettura delle situazioni: la frase attiva mette in primo piano chi agisce, la frase passiva mette in primo piano colui che subisce l’azione.

è

COME AVVIENE LA TRASFORMAZIONE DALLA FRASE ATTIVA ALLA FRASE PASSIVA?

? La

Mi

Il

QUALI FUNZIONI LOGICHE PUÒ SVOLGERE IL SINTAGMA PREPOSIZIONALE? SP è formato da una preposizione + un sintagma nominale. È LA FUNZIONE DELLA PREPOSIZIONE preposizione rivela i nessi fra gli del discorso. Può introdurre un SN e legarlo a un altro SN Il cane di pezza un SN e legarlo a un SV Il gatto sembra di marmo un verbo all’infinito e legarlo a un altro verbo.Inizioa correre un verbo all’infinito e legarlo a una frase alleno spesso per vincere TIPI DI PREPOSIZIONE ESISTONO?  Preposizioni proprie semplici Di, a, da, in, con, su per, tra, fra.  Preposizioni proprie articolate (semplici + articoli)del,dello, nello…  Preposizioni improprie (possono svolgere la funzione anche di avverbi, congiunzioni, aggettivi)entro,senza, durante, sopra, come, prima, nonostante…  Locuzioni preposizionali (formate da più parole)aforza di, in forza di, per mezzo di, grazie a SPECIFICARE  Complemento di specificazione: esprime una relazione che rende meno generico il significato della parola che lo regge. Lo zio di Luca.  Complemento partitivo: esprime il tutto di cui il sintagma reggente indica la parte. Chi di voi è contento?  Complemento di materia: indica il materiale di cui è fatto un oggetto. Anello d’oro.  Complemento di limitazione: indica l’ambito entro cui il significato del sintagma che lo regge è valido. È un genio in matematica.  Complemento di qualità: indica una caratteristica fisica o morale. Gonna a pieghe. INDICARE IL DESTINATARIO  Complemento di termine: indica il destinatario dell’azione espressa dal predicato o da un nome. Scriverò alla nonna.  Complemento di vantaggio (o svantaggio): indica il destinatario a favore (o a danno) del quale si compie quanto espresso dal predicato. I soldati combattono per la patria.  Complemento d’interesse: indica il vivo interessamento di una persona verso qualcosa.Stammibene.

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 7 · IL SINTAGMA PREPOSIZIONALE326 IL NUCLEO DELLA FRASE (SN + SV) PUÒ ESSERE COMPLETATO E ARRICCHITO AGGIUNGENDO SINTAGMI PREPOSIZIONALI, I QUALI POSSONO SVOLGERE DIVERSE FUNZIONI LOGICHE. COME È FATTO IL SINTAGMA PREPOSIZIONALE?

elementi

QUALI

QUAL

CIRCOSTANZIARE  Complemento di causa: indica la causa, la motivazione di quanto espresso dal predicato o da un aggettivo. Soffro per il freddo.  Complemento di fine: indica lo scopo per cui si compie quanto espresso dal predicato o da un nome. Studio per l’interrogazione.  Complemento di mezzo: indica ciò che aiuta o permette il compiersi dell’azione espressa dal predicato. Viaggio in treno.  Complemento di modo: indica la modalità in cui si svolge quanto espresso dal predicato.Hostudiato con diligenza.  Complemento di compagnia: indica l’essere animato (persona o animale) insieme al quale si compie quanto espresso dal Giorgiopredicato.vaalcinema con i suoi compagni.  Complemento di unione: indica l’essere inanimato insieme al quale si compie quanto espresso dal predicato. Sono uscito con l'ombrello.

SITUARE NEL TEMPO  Complemento di tempo determinato: indica il momento in cui avviene quanto espresso dal predicato. Ci vediamo alle 16.15.  Complemento di tempo continuato: indica il periodo di tempo in cui avviene quanto espresso dal predicato. Piove da due ore.

 Complemento di argomento: indica l’argomento, ciò di cui si parla. Abbiamo parlato di calcio.  Complemento di paragone: indica il secondo termine di un confronto tra due oggetti, due persone, due concetti. Il sole è più luminoso della luna.  Complemento di concessione: indica un fatto che, contro le aspettative, non ostacola il realizzarsi di quanto espresso dal Nonostantepredicato.tutto, sto bene.  Complemento di sostituzione: indica l’elemento che viene sostituito o scambiato con un altro. Invece che prosciutto voglio formaggio.  Complemento di privazione: indica l’elemento senza del quale avviene quanto predicato nella frase. Ha camminato a lungo senza scarpe.  Complemento di esclusione: indica l’elemento eccetto il quale avviene quanto predicato nella frase. Ho fatto tutti i compiti, tranne storia.  Complemento di pena: retto per lo più da verbi dal significato affine a “punire, castigare”, indica la pena o il castigo inflitto. Il reo è condannato all’ergastolo.  Complemento di colpa: retto per lo più da verbi dal significato affine a “incolpare, accusare”, indica il reato o il delitto di cui si è L’imputatoaccusati.è accusato di frode.

SITUARE NELLO SPAZIO  Complemento di luogo: indica il luogo in cui si attua, verso cui si dirige, da cui proviene l’azione. sto in casa, vado a casa, esco di casa  Complemento di origine o provenienza: indica da chi o da che cosa ha origine o proviene un essere. Sono di Parigi.  Complemento di allontanamento o separazione: indica ciò da cui si allontana o si differenzia un essere. Stai lontano da qui.

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 7 · IL SINTAGMA PREPOSIZIONALE 327

MORFOSINTATTICA?Distinguiamogliavverbi facenti parte dei sintagmi e quelli che sono esterni ai sintagmi.  Modificatore di verbo: sostituibile con un sintagma preposizionale, ha valore di complemento.allegramente= SP in modo allegro  Modificatore di aggettivo: fa parte del sintagma nominale cui appartiene l’aggettivo.ilcompagno più simpatico = SN  Modificatore di avverbio: fa parte del sintagma a cui appartiene l’avverbio. troppo tardi = SP in un tempo eccessivo  Modificatore di nome: fa parte del sintagma cui appartiene il nome. alla quasi totalità = SP  Modificatore di enunciato: non fa parte di un sintagma, va classificato solo come avverbio.probabilmente = avverbio  Modificatore di aspettativa: non fa parte di un sintagma, va classificato solo come avverbio.persino= avverbio

È UNA PARTE INVARIABILE DEL DISCORSO, DOTATA DI UN SIGNIFICATO SPECIFICO, CHE MODIFICA IL MESSAGGIO ARRICCHENDOLO DI INFORMAZIONI. COME È FATTO L’AVVERBIO? L’avverbio può avere diverse forme:  avverbi formati dal solo lessema qui, là, oggi, quando, dove  avverbi con il suffisso -mente. velocemente  locuzioni avverbiali, formate da più parole fin qui, al più presto, a poco a poco

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 8 · L’AVVERBIO328

QUALI ELEMENTI POSSONO MODIFICARE NEL DISCORSO?  Modificatori di verbi: completano il significato del verbo con varie informazioni modo: meglio, così, cortesemente luogo: là tempo: oggi, tardi quantità: molto causa: perché  Modificatori di aggettivi e avverbi: si usano per ottenere il grado comparativo e superlativo.moltospettacolare, più tardi  Modificatori di nomi: aggiungono una caratteristica al nome. una giornata no, l’anno dopo  Modificatori di enunciati: si possono trasformare in frasi, aventi la funzione di reggere altre probabilmente,frasi.forse, non, fortunatamente  Modificatori di aspettativa: segnalano che quanto è accaduto è ben diverso da ciò che si presupponeva o ci si aspettava. anche, persino

L’AVVERBIO

COME SI ANALIZZA L’AVVERBIO NELL’ANALISI

CHE COSA SIGNIFICA SUBORDINAZIONE?

COORDINAZIONE?

Subordinate attributive o appositive Relativa: introdotta da un pronome relativo, attribuisce una caratteristica a un elemento della frase reggente. Ti ho riportato il libro che mi avevi prestato.

QUALI TIPI DI FRASI COORDINATE ESISTONO?

CHECOORDINAZIONECOSASIGNIFICA

QUALE FRASE REGGE LA STRUTTURA DELLA FRASE COMPLESSA E COMPOSTA?

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 9 · LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA 329

La frase coordinata è una frase aggiunta a un’altra frase. Piove ma la nonna bagna i fiori. Puo essere coordinata grazie a una congiunzione o per giustapposizione. Mangio, bevo. La frase subordinata è una frase dipendente da un’altra Riparandosifrase.sotto l’ombrello, la nonna bagna i fiori. Può essere esplicita (verbo di modo finito) o implicita (verbo di modo indefinito).

LA FRASE COMPLESSA È FORMATA DA PIÙ FRASI CHE INTRATTENGONO TRA LORO ALMENO UN RAPPORTO DI SUBORDINAZIONE. LA FRASE COMPOSTA È FORMATA DA PIÙ FRASI CHE INTRATTENGONO TRA LORO RAPPORTI DI

La frase principale regge la struttura del periodo (= frase complessa o composta). Non è introdotta da congiunzioni e ha il verbo di modo finito. Subordinate completive  Soggettiva: svolge la funzione di soggetto del predicato della frase da cui è retta. Vivere è bello.  Oggettiva: svolge la funzione di complemento oggetto del predicato della frase da cui è retta. Ti ho detto di smetterla.  Interrogativa indiretta: esprime il contenuto di una domanda o di un dubbio. Ti ho chiesto come stai.  Dichiarativa: preannunciata da un elemento antecedente, completa il significato del predicato della reggente. Questo è bello, essere tutti insieme. Subordinate circostanziali  Temporale: indica un fatto che precede, accompagna, segue la situazione espressa nella sua reggente. Prima di uscire, metti a posto.  Causale: esprime la causa di quanto predicato nella reggente. Sconfitto, Andrea si ritirò dal torneo.  Finale: indica lo scopo dell’azione espressa nella sua reggente. Si vive per essere felici.  Concessiva: indica un fatto che, contro le aspettative, non ostacola il realizzarsi di quanto espresso dalla reggente Per essere inverno, fa molto caldo.  Consecutiva: esprime la conseguenza di quanto detto nella reggente. Agnese è tanto generosa, che aiuterà chiunque.  Condizionale: indica la condizione da cui dipende il verificarsi di quanto espresso dalla reggente.Sechiedete, troverete la risposta.  Copulativa: rapporto di parità. e, né  Avversativa: rapporto di contrapposizione. ma, però  Disgiuntiva: rapporto di esclusione. o, oppure  Esplicativa: rapporto di spiegazione. infatti, cioè  Conclusiva: rapporto di conclusione o di conseguenza.dunque,quindi  Correlativa: rapporto di correlazione. sia…sia, o…o QUALI TIPI DI FRASI SUBORDINATE ESISTONO?

 Pertinenza: in un testo pertinente tutte le informazioni sono funzionali a rispondere alla domanda da cui il testo si origina.  Novità: un testo è comunicativo quando porta una novità.

Descrivere: far vedere con le parole in modo analitico e preciso (descrizione referenziale), oppure di in modo critico (descrizione espressiva). Esporre: spiegare un argomento, presentando in modo chiaro e sistematico dati e informazioni. Narrare: raccontare fatti accaduti in un tempo passato o in un mondo diverso da quello in cui viviamo la nostra esistenza reale. Argomentare: sostenere una propria tesi con argomenti tali da persuadere il destinatario della sua validità. Regolare: fornire istruzioni per l’uso o istituire delle regole.

MAPPA CONCETTUALE UNITÀ 10 · IL TESTO330 UN TESTO È UN INSIEME DI FRASI AVENTI UN ARGOMENTO IN COMUNE, CHE ESPRIMONO NEL LORO COMPLESSO UN SENSO UNITARIO, GRAZIE A UN’ARTICOLAZIONE CHE ESPLICITA IL FILO LOGICO CHE LE LEGA. DA CHE COSA NASCE IL SENSO DEL TESTO? DA CHE COSA NASCONO I DIVERSI TIPI DI TESTO? La “forza” che lega insieme le parole e le frasi di un testo è la domanda a cui il testo risponde. Ogni testo nasce come atto comunicativo intenzionale, ossia come una risposta a una domanda. Questa domanda può essere esplicita (un tema) oppure implicita (un romanzo, un articolo di Ungiornale).testoè tanto più ricco e interessante quanto più è profondo il livello di domanda a cui risponde. Un testo dipende in tutti i suoi aspetti (contenuto, forma, organizzazione) dall'intenzione comunicativa, cioè dalla ragione per cui viene prodotto. Di un certo contenuto, di una certa realtà possiamo parlare in modi diversi a seconda delle ragioni per cui essi destano il nostro interesse. Tali diversi atteggiamenti si traducono in vari modi di costruire il testo, in diversi procedimenti di scrittura, se si tratta di un testo scritto.

CHE COSA SONO CONNETTORI E CONNETTIVI? I connettori sono elementi linguistici (congiunzioni, preposizioni, avverbi, pronomi, ma anche interiezioni e alcune espressioni) che servono a rendere espliciti i connettivi, cioè i nessi logici tra le parti del testo. Maggior organicità rispetto all'orale Correttezza ortografica Uso della punteggiatura Paragrafazione QUALI ASPETTI OCCORRE PRESTARE ATTENZIONE IN UN TESTO SCRITTO?

QUALI SONO I REQUISITI DI TESTUALITÀ? QUALI TIPI DI ATTEGGIAMENTI TESTUALI SONO PIÙ FREQUENTI?

 Coerenza: un testo coerente non presenta contraddizioni.

 Coesione: in un testo coeso le diverse parti sono legate tra loro in modo chiaro ed efficace, attraverso l’uso di connettori appropriati ai connettivi che devono esplicitare.

A

67

3. SOGGETTO E PREDICATO 52 1. Struttura e funzione 54 2. Il soggetto 55 diversi valori del soggetto 55 Il soggetto espresso da un sintagma composto 56 Quando il soggetto non è espresso 56 i trucchi del mestiere esplicitare 57 3. Il predicato 58 Predicato verbale e predicato nominale 58 Predicato nominale con verbi occasionalmente copulativi 59 per approfondire Avverbi e sintagmi preposizionali predicativi 59

Il verbo “essere”: copula o predicato verbale? 60 4. L’analisi logica 61

QUESTIONI DI LESSICO I rapporti tra le parole L’uso del dizionario

47

49

INdIce 331 INDICE Una premessa: perché Nel suono il senso 4 1. LA COMUNICAZIONE VERBALE 6 1. L’uomo parla! 8 2. La comunicazione 9 3. Il segno 10 I segni naturali 10 I segni intenzionali 11 Il segno linguistico: il testo 12 4. Gli elementi della comunicazione verbale 13 5. L’interpretazione del testo 15 La conoscenza del codice 15 La conoscenza dei sottocodici 15 Il riferimento al contesto 16 L’inferenza 16 6. Comunicare per conoscere 18 7. Comunicazione e dialogo 20 QUESTIONI DI LESSICO I registri del discorso 22 Il linguaggio poetico 24 L’apporto dei dialetti alla lingua italiana 27 2. LA FRASE 32 1. La frase 34 2. Lessico e morfologia 35 Lessemi variabili 35 Lessemi invariabili 35 Le parti del discorso 36 3. Sintassi 37 Ordine delle parole 37 concordanza 38 per approfondire La concordanza a senso 39 Reggenza 40 per approfondire L’intonazione 41 4. Il sintagma 42 I tipi di sintagma 42 per approfondire Sintagmi nominali particolari 43 i trucchi del mestiere Sostituire 45 5. L’analisi morfosintattica 46

QUESTIONI DI LESSICO Quando il verbo non c’è: le frasi nominali 62 4. IL SINTAGMA NOMINALE: STRUTTURA E FUNZIONI 64 1. Nome 66 Funzione del nome nella comunicazione 66 Tipologia del nome 67 Nomi comuni e propri

Nomi astratti e concreti 68 per approfondire L’importanza dell’astrazione 69 Nomi numerabili e di massa 69 Nomi individuali e collettivi 70 caratteristiche morfologiche del nome 70 i trucchi del mestiere Riconoscere il genere e il numero dei nomi 71 Il genere 71 Il numero 72 per approfondire Il plurale dei nomi stranieri 75 2. Articolo 76 Funzione morfosintattica dell’articolo 76 Tipologia dell’articolo 77 Determinativo 77 Indeterminativo 77 Partitivo 78 Funzione dell’articolo nella comunicazione 78 i trucchi del mestiere Articoli o preposizioni articolate? 80 per approfondire Non sempre i nomi hanno bisogno dell’articolo 81 3. Aggettivo e pronome 82 Funzione dell’aggettivo e del pronome nella comunicazione 82 caratteristiche morfosintattiche dell’aggettivo e del pronome 83 Caratteristiche morfologiche 83 Aggettivo con funzione attributiva o predicativa 83 Il pronome come sostituente 84 Tipologia dell’aggettivo e del pronome 84 Aggettivi qualificativi 85 per approfondire Forme speciali di aggettivi graduati 86 Aggettivi e pronomi numerali 87 Cardinali 87 Ordinali 87 Moltiplicativi 87 Aggettivi e pronomi indefiniti 88 Aggettivi e pronomi dimostrativi 89 Dimostrativi di identità 90 per approfondire La deissi 91 Aggettivi e pronomi interrogativi 92 Aggettivi e pronomi esclamativi 92 Aggettivi e pronomi possessivi 93 i trucchi del mestiere Suo, loro, proprio e altrui 94 per approfondire Gli aggettivi sostantivati 95

4. Funzioni del sintagma nominale (quando non è soggetto) 103 Apposizione 103 Predicativo del soggetto 104 i trucchi del mestiere Predicativo o…? 107 complemento oggetto 108 complemento predicativo dell’oggetto 110 complemento di vocazione 111 complemento di misura 112 complemento di tempo 112

Le formule di cortesia 119 Lo stile nominale 121

Pronomi personali 95 i trucchi del mestiere Se stesso o sé stesso? 98

UNITÀ332

5. IL SINTAGMA VERBALE: FUNZIONI E STRUTTURA 122

Pronomi relativi 100 per approfondire Dove al posto del pronome relativo 101 Pronomi doppi 102

QUESTIONI DI LESSICO Etimologia: alla scoperta dell’origine delle parole 113 La formazione del nome 115

1. La funzione sintattica del verbo 124 per approfondire Le valenze del verbo 125

2. Il sintagma verbale complesso 126 Verbo servile + verbo di modo infinito 126 i trucchi del mestiere Quale ausiliare usare con i verbi servili? 127 Verbo fraseologico + verbo di modo infinito o gerundio 128 per approfondire I verbi causativi 129

1. La preposizione 164 Funzione nel discorso 164 Tipologia 165 Preposizioni proprie (semplici o articolate) 165 Preposizioni improprie 165 Locuzioni preposizionali 166 per approfondire È possibile tradurre in altre lingue le locuzioni preposizionali? 167

2. Funzioni logiche del sintagma preposizionale: i principali complementi indiretti 168 Funzione: indicare il destinatario 170 Complemento di termine 170 Complemento di vantaggio (e svantaggio) 170 Complemento d’interesse 171 Funzione: specificare 171 Complemento di specificazione 171 Complemento partitivo 172 Complemento di materia 172 Complemento di limitazione 173 Complemento di qualità 174 i trucchi del mestiere complemento di qualità o di limitazione? 174

Funzione: situare nello spazio 175 Complemento di stato in luogo 175 Complemento di moto a luogo 175 Complemento di moto da luogo 175 Complemento di moto per luogo 176 Complemento di origine e provenienza 176 Complemento di allontanamento o separazione 177 Funzione: situare nel tempo 177 Complemento di tempo determinato 177 Complemento di tempo continuato 178 i trucchi del mestiere Tempo determinato o continuato? 178 Funzione: circostanziare 179 Complemento di causa 179 Complemento di fine 179 i trucchi del mestiere complemento di causa o di fine? 179

INdIce 333 3. Caratteristiche morfologiche del verbo 131 Genere 131 Persona e numero 132 Tempo 132 Modo 133 per approfondire L’aspetto del verbo 135 4. L’uso dei tempi e dei modi verbali 136 I modi finiti 136 Indicativo 136 Congiuntivo 137 i trucchi del mestiere Salviamo il congiuntivo! 138 Condizionale 139 Imperativo 139 I modi indefiniti 140 Infinito 140 Participio 141 Gerundio 142 5. Verbi regolari, irregolari, difettivi, sovrabbondanti 143 Verbi regolari 143 i trucchi del mestiere Avvertenze ortografiche riguardanti la prima coniugazione regolare 144 Verbi irregolari 145 Verbi difettivi 145 Verbi sovrabbondanti 145 QUESTIONI DI LESSICO Da dove derivano le parole italiane? 146 Nomi e aggettivi derivati da participi 150 Agende, bevande e merende: i falsi gerundi 151 6. LA FRASE ATTIVA, PASSIVA, RIFLESSIVA 152 1. Frase attiva e frase passiva 154 La trasformazione della frase attiva in frase passiva e viceversa 154 Le forme del passivo 155 Complemento d’agente e di causa efficiente 156 per approfondire Il predicato nominale risultativo 157 2. Frase riflessiva 158

3. Altre frasi costruite con verbi 160 I valori del si 161

pronominali

7. IL SINTAGMA PREPOSIZIONALE: STRUTTURA E FUNZIONI 162

196

1. Frase semplice, composta e 200 Subordinazione e coordinazione 200 per approfondire La struttura gerarchica della frase 202 I gradi della subordinazione 203 Subordinate esplicite e implicite 204 per approfondire e ipotassi 2. L’analisi

188

2.

195

QUESTIONI DI LESSICO I modi 8. L’AVVERBIO FUNZIONE DELL’AVVERBIO

193

198

245

di dire 183

complessa

nomi 192

194

189 per

2. FORME DELL’AVVERBIO approfondire Gli avverbi TIPOLOGIA DELL’AVVERBIO Modificatori di aggettivi, avverbi e Modificatori di frasi Modificatori di aspettativa per approfondire Non tutti gli avverbi in –mente sono avverbi di modo 4. L’avverbio morfosintatticanell’analisielogica

del periodo 207 Un metodo di analisi 207 per approfondire Le funzioni dell’enunciatocomunicative 209

Paratassi

I

206

5. Tipi di subordinate 215 Subordinate completive 216 Subordinata soggettiva 216 Subordinata oggettiva 217 Subordinata interrogativa indiretta 219 per approfondire discorso diretto e discorso indiretto 220 Subordinata dichiarativa 221 Subordinate circostanziali 222 Subordinata temporale 222 Subordinata causale 223 Subordinata finale 224 i trucchi del mestiere Perché: causale o finale? 225 Subordinata concessiva 226 per approfondire concessive e avversative 227 Subordinata consecutiva 228 Subordinata condizionale 229 per approfondire Il periodo ipotetico 230 Subordinate attributive 231 La subordinata relativa 231 Altre subordinate 232 per approfondire Le subordinate relative con valore predicativo 233 QUESTIONI DI LESSICO I valori della congiunzione ‘e’ 236 Cioè 237 segnali discorsivi 238 10. IL TESTO 240 Dalla frase al testo 242 Il senso 243 I requisiti di testualità

186 1.

graduati 190 3.

UNITÀ334 Complemento di mezzo 180 Complemento di modo 180 Complemento di compagnia e unione 181 Altri complementi 181

QUESTIONI DI LESSICO Esageriamo! 9. LA FRASE COMPOSTA E COMPLESSA

3.

4. Frasi coordinate 211 congiunzioni e coordinate copulative 211 congiunzioni e coordinate avversative 211 congiunzioni e coordinate disgiuntive 212 congiunzioni e coordinate esplicative 212 congiunzioni e coordinate conclusive 213 congiunzioni e coordinate correlative 213 coordinazione per giustapposizione 214

1.

191 Modificatori di verbi 191

3. La congiunzione 210

192

complessa

Preposizione

Verbi anomali della prima coniugazione 298

Seconda coniugazione passiva 289 Terza coniugazione attiva 290 Terza coniugazione passiva 291 Verbi irregolari 292 Verbi anomali

Verbi anomali della seconda coniugazione 299 Verbi anomali della terza coniugazione DELLE

310 Verbi difettivi 313 MAPPE CONCETTUALI

UNITÀ 315 1. La comunicazione verbale 315 2. La frase 316 3. Soggetto e predicato 317 4. Il sintagma nominale 318 5. Il sintagma verbale 321 6. La frase attiva, passiva, riflessiva 325 7. Il sintagma preposizionale 326 8. L’avverbio 328 9. La frase composta e complessa 329 10. Il testo 330

Seconda coniugazione attiva 288

4. TAVOLE DEI VERBI 284 coniugazione dei verbi ausiliari 284 Prima coniugazione attiva 286 Prima coniugazione passiva 287

3. LE PARTI DEL DISCORSO 280 Parti del discorso variabili 280 Nome 280 Verbo 280 Articolo 281 Aggettivo 281 Pronome 281 Parti del discorso invariabili 282 282 Congiunzione 282 Avverbio 283 Esclamazione 283

INdIce 335 coerenza 245 Pertinenza 245 Novità 246 coesione 246 4. Intenzione comunicativa 249 5. Atteggiamenti testuali 251 descrivere 251 esporre 252 Narrare 252 Argomentare 253 Regolare 253 6. Il testo scritto 254 La punteggiatura 254 La distribuzione grafica del testo 258 Sezioni, capitoli, paragrafi 258 Il capoverso 259 QUESTIONI DI LESSICO Scrivere gesti ed espressioni 262 11. PRONTUARI 264 1. FONEMI E GRAFEMI 266 Fonemi 266 La pronuncia di vocali e consonanti 266 per approfondire Le vocali nel passaggio dal latino all’italiano 268 Grafemi 269 per approfondire Grafemi inglesi 270 2. ORTOGRAFIA 271 I casi ortografici cosiddetti “critici” 271 Le doppie 272 La lettera maiuscola 272 Quando si usa l’apostrofo? 273 Elisione 273 Apocope 274 Troncamento 274 i trucchi del mestiere Troncare o elidere? 275 Quando andare a capo? 276 La sillaba 276 La composizione sillabica delle parole 277 Dittongo e iato 277 Quando segnare l’accento? 278

Referenze fotografiche p. 7: Italy, Rome, 2008 © Elliott Erwitt/Magnum Photos p. 33: Ireland, Donegal, Tory Island, 1995 © Martine Franck/Magnum Photos p. 53: France, Paris, Tuileries Gardens, 1985 © Martine Franck/Magnum Photos p. 65: USA, Juanita Smith, the photographer's daughter, 1950's © W. Eugene Smith/Magnum Photos p. 123: France, Haut de Seine, Clamart, Library for children, 1965 © Martine Franck/Magnum Photos p. 153: Japan, Tokyo, street scene, 1974 © Dennis Stock/Magnum Photos p. 163: Nepal, Kathmandu, 1983 © Elliott Erwitt/Magnum Photos p. 187: Somalia, children playing by refugee camp where they come to escape drought, 1980 © Chris Steele-Perkins/Magnum Photos p. 199: Gangtok, kindergarden of a girl’s school © Marilyn Silverstone/Magnum Photos p. 237: © Robert Kneschke/Fotolia p. 241: © Maurizio Milanesio/Fotolia

UNITÀ336

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La frase tipica che dà inizio a un’amicizia è: “Veramente? Anche tu? Credevo che solo C.S.io…”.Lewis, I quattro amori

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L’amicizia sorge dalla semplice compagnia, quando due o più persone scoprono di avere in comune qualche punto di vista, interesse, o perfino un gusto, che gli altri non condividono e che, fino a quel momento, ognuno pensava di possedere come proprio esclusivo tesoro (o fardello).

Il dono misterioso della parola permette all’uomo di dare il nome a tutto ciò che c’è: il prato verdeggiante, il cane silente, gli sguardi minacciosi e una mano amica sulla spalla; e a tutto ciò che può accadere: le sue idee, i suoi desideri, i suoi gusti, i suoi dolori e le sue gioie. L’uomo, attraverso le parole, conosce la realtà e comunica sé agli altri: parlando, ognuno di noi può stringere amicizie, dare il proprio contributo alla società e alla storia, costruire ponti fra i popoli. Ecco perché è importante essere consapevoli della potenzialità della lingua, la quale ci fornisce un numero finito di parole e regole per costruire infiniti messaggi. Pochi suoni per costruire infiniti sensi: approfondendo la conoscenza delle possibili combinazioni tra gli elementi linguistici, possiamo essere sempre più creativi e liberi.

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