STRANAMENTE FELICE
dai diari di claudia finzi a cura di Maurizio, Marta, Giovanni e Teresa Borgonovo
1 la C ol n a
Tel e m ac o
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prima parte. «il signore ferisce e cura»
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Stranamente felice dai diari di claudia finzi
A cura di
Maurizio, Marta, Giovanni e Teresa Borgonovo
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prima parte. «il signore ferisce e cura»
Nelle edizioni Itaca Marco Gallo. Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare A cura di Paola Cevasco, Antonio, Francesca e Veronica Gallo Marta Bellavista Voglio tutto Giovanna Falcon Ti regalo la mia molla. La vita di Andrea Mandelli Paul Glynn Maria del Villaggio delle formiche Maïti Girtanner con Guillaume Tabard Maïti. Resistenza e perdono
Stranamente felice. Dai diari di Claudia Finzi A cura di Maurizio, Marta, Giovanni e Teresa Borgonovo www.itacaedizioni.it/stranamente-felice-dai-diari-di-claudia-finzi Prima edizione: novembre 2023 © 2023 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0765-3 Stampato in Italia da Mediagraf, Noventa Padovana (PD)
Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Questo libro è stato stampato su carta certificata FSC‰ per una gestione responsabile delle foreste. Stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto.
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Introduzione
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Introduzione
Sono tante le ragioni per cui si pubblica un libro. Quella che sta alla base del volume che avete tra le mani è una delle più nobili: i curatori, Maurizio Borgonovo e i suoi tre figli Marta, Giovanni e Teresa, hanno scoperto un piccolo tesoro e non hanno voluto tenerlo per sé, ma condividerlo. Un tesoro ricevuto assieme a ferite che sanguinano ogni volta che quel tesoro viene tolto dallo scrigno. Ma più forte del dolore di tali ferite è in loro il desiderio di condividere la ricchezza del tesoro, cioè la testimonianza di Claudia, loro moglie e mamma, nei mesi della malattia che l’ha portata alla morte. Questa testimonianza si è stampata anzitutto e soprattutto nella coscienza di Maurizio, Marta, Giovanni e Teresa, e in ognuno con una imperscrutabile singolarità; ma è stata anche affidata alle pagine di un diario. Per affrettare la ripresa da un’operazione al cervello, era stato consigliato a Claudia di esercitare la mente appuntando i principali eventi della giornata. Lei, docile, lo fa; e aggiunge via via riflessioni, domande, turbamenti e scoperte. Che condivide anche con amici, sacerdoti, alunni. Prosegue il «cammino dello sguardo» – iniziato fin da ragazza, come attestano gli scritti riportati nella seconda parte – alla scoperta sempre più profonda dell’avvenimento cristiano,
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«stranamente felice»
della «strada bella» che esso fa percorrere pur dentro ombre e dolori. È una testimonianza che ora raggiunge te, lettore, attraverso le poche, intense, pagine che seguono. Pigi Colognesi
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prima parte
«Il Signore ferisce e cura»
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prima parte. «il signore ferisce e cura»
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«Vorrei raccontare a tutti queste cose»
Claudia Finzi nasce a Bologna il 20 novembre 1962, seconda di tre sorelle, Giovanna (1961) e Alessandra (1964). Riceve in famiglia un’educazione cattolica: i genitori Sergio e Paola si erano conosciuti nella Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana). Nel 1963, quando il papà assume l’incarico di funzionario presso il Centro di Ricerca Nucleare di Ispra, la famiglia Finzi si trasferisce a Varese. Claudia e le sorelle frequentano la Scuola Europea dall’asilo fino alla maturità scientifica. Durante il liceo, insieme a Giovanna incontra la comunità di Gioventù Studentesca, che in quegli anni si stava fortemente radicando e diffondendo a Varese grazie alla presenza carismatica di don Fabio Baroncini. La vita di Claudia liceale è intensa: le profonde amicizie, la “caritativa” con i disabili della cooperativa “L’Anaconda”, la passione per la musica – lo studio del pianoforte – e per la montagna con lunghe risalite verso i rifugi e sciate fuori pista. Il Liceo Scientifico della Scuola Europea prevede un percorso quadriennale, così Claudia si diploma nel 1980 e a soli diciassette anni si iscrive alla Facoltà di Chimica dell’Università degli Studi di Milano, materia a cui si appassiona durante la preparazione dell’esame di maturità, quando decide di approfondire da sola la parte del programma di scienze trascurata per ragioni di tempo dai professori.
I. «Vorrei raccontare a tutti queste cose»
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All’inizio dell’Università si trasferisce in un appartamento a Milano, zona Città Studi, con altre otto studentesse fuorisede, che gli amici chiamano simpaticamente “odalische”. Ai primi del 1983 i genitori si trasferiscono a Milano e Claudia lascia l’appartamento per rientrare in famiglia. Prosegue negli studi, nella vita della facoltà approfondendo sempre di più quanto ha incontrato nel movimento di Comunione e Liberazione. Sono anche anni di nuove amicizie e nuove passioni – prime tra tutte quella calcistica, sfegatata abbonata interista, e quella musicale, con un particolare interesse per Bruce Springsteen. Le vicende, talora drammatiche, di Claudia “giessina” e universitaria le seguiremo attraverso gli occhi stessi della protagonista nell’appendice di questo libro. Nel 1986 Claudia si laurea in Chimica a pieni voti e l’anno successivo vince una borsa di perfezionamento post-universitario all’Accademia dei Lincei. Dal 1988 al 1989 lavora presso il Centro di Ricerca Donegani di Novara. All’inizio del 1989 dà la disponibilità – insieme a Maurizio Borgonovo, a cui è legata sentimentalmente dal 1987, e ad altri amici – a trasferirsi negli Stati Uniti per sostenere le nascenti comunità di CL in quel paese. Maurizio va a Davis in California e Claudia a Tampa in Florida; per un anno riescono a vedersi un paio volte, pur sentendosi quotidianamente al telefono; proprio in questo periodo maturano la decisione di sposarsi. L’8 settembre 1990 Maurizio (che tutti, anche Claudia, chiamano “Borgo”) e Claudia celebrano le nozze nella chiesa di Sant’Ildefonso a Milano e insieme tornano nuovamente in California. Maurizio si occupa di ricerche sulla qualità dei tappeti erbosi ad uso sportivo presso la Facoltà di Riverside e Claudia collabora con un gruppo di ricerca presso il laboratorio di chimica della stessa università. Dopo pochi mesi scopre di essere in attesa della prima figlia e decide di sospendere l’at-
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prima parte. «il signore ferisce e cura»
tività di laboratorio che avrebbe potuto mettere a rischio la sua gravidanza. Ad aprile 1991 la giovane famiglia rientra in Italia definitivamente e si stabilisce prima a Milano, poi nel 1992 a Nerviano, presso Rho. Dopo la nascita di Marta (settembre 1991) Claudia svolge attività di consulenza presso laboratori di analisi e inizia a insegnare come supplente. Negli anni successivi la famiglia si allarga: nel 1994 nasce Giovanni e nel 1997 Teresa (rispettivamente Gio e Tere degli appunti). Claudia affronta anche due gravidanze che non giungono a termine; la seconda, nel 2004, si interrompe inaspettatamente dopo aver superato i primi mesi più delicati: un’esperienza dolorosa che la segna profondamente. Dal 2001 entra di ruolo come insegnante di Matematica e Scienze presso la Scuola Paritaria Secondaria di Primo Grado “Paolo VI” di Rho, dove in seguito assume anche l’incarico di vicepreside. Collabora con il gruppo di ricerca “Il rischio educativo” per il settore matematico e scientifico e pubblica alcuni articoli sull’insegnamento delle scienze. A scuola Claudia propone ai ragazzi l’esperienza dei Cavalieri del Graal1, con il desiderio di condividere con i suoi studenti l’incontro con Gesù da lei stessa fatto. Sono anni di impegno nella scuola, nelle amicizie, nella famiglia, anni dominati dal desiderio di vivere intensamente ogni istante. Giungiamo, così, all’estate 2013. Leggiamo alcune riflessioni che Claudia ha appuntato in questi mesi.
Proposta di amicizia cristiana rivolta ai ragazzi delle medie, nata dall’esperienza educativa di don Giorgio Pontiggia. 1
I. «Vorrei raccontare a tutti queste cose»
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Uscire dal guscio (7 luglio 2013)2 Le stesse cose accadute ai ragazzi: una grande amicizia, la sorpresa del Mistero che fa irruzione nella tua vita in modo talmente inaspettato, che ti lascia a bocca aperta e che ti chiede tutto, a te Finzi Claudia. La prima sera mi ricordo benissimo ero preoccupata, ferita perché i miei ragazzi non erano attenti, ma avevo addosso una cappa, come una misura che mettevo su di loro e quindi anche su di me (pensavo: chissà se noi di Rho siamo chiari nella proposta, se siamo abbastanza incisivi, vedi gli altri gruppi come sono molto più avanti di noi). Poi Dio ha fatto accadere Sé fra noi e di fronte a questo solo la commozione ha avuto spazio. Difatti ti ricordi prima dell’assemblea ti ho detto che la domanda che avevo nel cuore per me e per loro è: cosa è accaduto in questi giorni? Quello che è accaduto è per me? Perché per me questo è un punto da cui non si torna indietro, l’ho visto e domando che in questo stesso modo invada prepotentemente tutta la mia vita, o meglio, domando di uscire dal guscio a 50 anni per accorgermi di come da 50 anni la sta invadendo. Qualcuno che mi chiama (28 settembre 2013)3 Cosa vuol dire vivere in relazione col Mistero in modo che non sia mistico né ridotto? In modo che non sia un’illusione, un pensiero? Quello che mi “ammatta” è pensare di non avere dei legami, ma in fondo mi preoccupa non tanto avere dei legami con le persone, quanto non essere in relazione col Mistero mentre vivo, che è un po’ la stessa cosa.
Contributo per un incontro dei responsabili dei Cavalieri dopo la vacanza in Val Senales. 3 Dopo la giornata d’inizio anno degli adulti e studenti universitari di CL. 2
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prima parte. «il signore ferisce e cura»
Non mi basta un livello superficiale con nessuno, mi trovo “insoddisfatta” e questo è un bel motore. Ma questo è un pensiero, perché la vita è un’altra cosa, l’evidenza che c’è ogni giorno qualcuno che mi chiama per nome, chiedendo che io prenda posizione, che io prenda sul serio quello che succede veramente. Per esempio, la possibilità di giudicare quello che succede per fare un passo. Terrasanta (18 gennaio 2014)4 Due sono le cose che in questo periodo mi hanno travolto che sono collegate e che mi hanno fatto fare esperienza della concezione che Gesù ha della vita (non come un problema morale ma come sguardo sull’umano, su di me). Il viaggio in Terrasanta in particolare alla roccia in cui Gesù dice a Pietro: «Mi ami tu?». Percezione evidente di un fatto. Ma sono solo sassi senza la Chiesa, tanto è vero che per me è stata fondamentale la compagnia con cui sono andata e il libretto di Giussani5 come aiuto ad immedesimarsi. La percezione che qui c’è la stessa evidenza di un fatto che accade oggi, basta aprire gli occhi. Infatti, lì mi sono venuti in mente i miei amici. «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?»6 E qui entra la seconda cosa che mi ha accompagnato Intervento per l’incontro del gruppo di Scuola di comunità, sul testo di Luigi Giussani, All’origine della pretesa cristiana, cap. VII: «La concezione che Gesù ha della vita», Rizzoli, Milano 2011. 5 Luigi Amicone, Sulle tracce di Cristo. Viaggio in Terrasanta con Luigi Giussani, Bur, Milano 2006. 6 È la frase evangelica che il quindicenne Marco Gallo, figlio degli amici Paola e Antonio conosciuti in America, aveva scritto sul muro della propria camera la sera prima di morire in un incidente stradale. Cfr. Marco Gallo. Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare, a cura di Paola Cevasco, Antonio, Francesca e Veronica Gallo, Itaca, Castel Bolognese 2016, 4a ristampa. 4
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(uno di questi fatti in cui si rende evidente la Sua presenza oggi) che è la lettera che una mia amica ha scritto su «Tempi», in cui racconta di un dialogo con i bambini in classe che le chiedono il senso di una canzone. E dice: «Sguscia fuori sorprendentemente la ragione per cui so che il mio Marco è vivo. So che c’è qualcuno che non mi abbandona, che ha sempre cura di me. E non ho più paura, sono libera». La stessa disponibilità, apertura come atteggiamento, religiosità, al Suo disegno io l’ho vista e incontrata nella Madonna, in Pietro, in Giovanni, in Gesù e lo desidero per me nel quotidiano. Io capisco che sto bene quando Lo vedo, non quando le cose vanno bene. Se accade ai miei compagni di strada accade anche a me. Le facce dei giovani Cavalieri (25 marzo 2014)7 Mi è capitato qualcosa di nuovo e inaspettato in questi giorni che vorrei tanto raccontare. Sta tutto nella felicità dei volti di quei ragazzi che ci sono stati donati. Continuo a pensare che in fondo so così poco di loro, che non conosco i loro drammi (a volte enormi, troppo grossi per delle spalle così piccole, a volte apparentemente ridicoli) e le loro gioie. E poi li guardavo in faccia mentre cantavano e giocavano. Erano davvero contenti, pieni di una Presenza enorme, molto più grande di noi tutti sommati assieme. Capisco perché tutti gli adulti che conosco che partecipano all’avventura dei Cavalieri dicono che lo fanno per sé e non per convertire i ragazzi, capisco perché addirittura tanti adulti incontrano e rincontrano il movimento stando con i ragazzi dei Cavalieri: perché sono loro che ti trascinano, aderendo
Messaggio e-mail agli amici dei Cavalieri dopo aver partecipato al gesto della promessa con i suoi ragazzi delle scuole medie. 7
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con l’entusiasmo irruento e a volte disordinato tipico dei 12 anni all’Unico che può davvero tutto. Loro sono semplici e lo capiscono senza sovrastrutture che Gesù può davvero tutto, non per modo di dire, ma che arriva dove io non ce la faccio più. Può tutto vuol dire proprio tutto, dall’inizio. Capisco perché Giovanna, malata di Sla (che non conosco) ha voluto fare la promessa, come anche io da tanti anni la voglio fare ogni anno. Capisco che io sono davvero preferita. Ci è stato detto l’altro giorno: se non entriamo nel merito del criterio di giudizio ma pretendiamo di dare “dei giudizi” ai ragazzi, non si generano personalità nella fede, perché una personalità cresce tanto più quanto più emerge un criterio. Ecco, io volevo dire che in questi giorni ci siamo aiutati a questo livello con i ragazzi. Alcuni esempi. Il gioco non era un riempitivo, era un modo di raccontare ciò che ci ha colpito di san Giovanni Bosco; i canti pieni di letizia erano un’espressione immediata di quello che stavamo vedendo, del nostro essere totalmente presi dall’Unico che può unire 300 ragazzi che non si conoscono di tante comunità diverse; il silenzio che mai abbiamo dovuto richiamare perché era liberamente desiderato da loro, per vedere se era vero quello che aveva detto don Marcello8 (uno di loro è anche andato a spezzare un rametto per vedere se era vero che c’erano le gemme che spuntavano). L’ordine nelle camere e la libera consegna dei cellulari ai responsabili: hanno aderito liberamente alla proposta di consegnarci i telefoni il giorno della promessa per essere
Don Marcello Brambilla, caro amico di Claudia con il quale ha condiviso l’esperienza dei Cavalieri. 8
I. «Vorrei raccontare a tutti queste cose»
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aiutati a stare attenti (questo è uno dei miracoli più grandi per un ragazzo d’oggi). Sul mio pullman, tre secondi dopo la consegna dei cellulari avvenuta con tremore («Prof, lo tratti bene, per me è come un figlio») già cantavamo insieme a squarciagola, felici e liberi. L’incontro personale di ciascuno di noi con Cristo, atteso e desiderato. Non ci siamo mai soffermati sulle conseguenze (valori, comportarsi come si deve, non guardare la tv, mangiare ordinatamente, ecc.), eppure tutte queste cose le abbiamo viste. Io vorrei raccontare a tutti queste cose, ma non sono tanto brava a scrivere, ma secondo me dovremmo farlo, visto che testimonianza e racconto sono le cose che importano davvero. Per questo vi scrivo. Grazie.
III. Lettere americane (1989-1991)
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Indice
Introduzione Pigi Colognesi
5 Prima parte
«Il Signore ferisce e cura» I. «Vorrei raccontare a tutti queste cose» II. «All’improvviso qualcosa non va» III. «Non mi serve niente altro. Che sorpresa!» IV. «Chi tira le fila mi vuol bene» V. «Voglio la vita, non la gestione della vita» VI. «Siamo nati per essere felici» VII. «Ho deciso di essere docile» VIII. Una benedizione IX. Ha parlato con la sua presenza
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Seconda parte
Una ragazza di nome Claudia Lettere e diari della giovinezza
Introduzione Suor Cristiana I. Giessina a Varese (1979-1980) II. Universitaria e neolaureata (1980-1989) III. Lettere americane (1989-1991)
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Basta guardare per accorgersi, è semplice, quasi di una semplicità disarmante: accorgersi di essere amati è il motore di tutto. Claudia
«stranamente felice»
A cinquantadue anni Claudia Finzi è una donna vivace: cura la famiglia, insegna materie scientifiche con passione, si dedica all’educazione dei giovani adolescenti, coltiva tante amicizie. A un certo punto «qualcosa non va»: un brutto tumore al cervello. Esami clinici, ricoveri, interventi chirurgici, terapie più o meno efficaci. E un deciso lavoro su di sé. Senza nascondersi nulla, senza cercare scappatoie, Claudia diventa sempre più consapevole che persino quel «qualcosa che non va» è una «strada bella». È addirittura una strana «preferenza»: «La mia esistenza ha un senso solo perché mi faccio voler bene da Gesù. Ma ti rendi conto?». «Mentre hai sempre tenuto tu il “pallino” di tutto, c’è qualcun Altro che inizia a tenerlo per te e tu ti scopri stranamente felice. Non manca niente.»
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