Una bibbia in avorio - Anteprima

Page 1

Valentino Pace

Una Bibbia in avorio



Valentino Pace

Una Bibbia in avorio ARTE MEDITERRANEA NELLA SALERNO DELL’XI SECOLO Schede di Serena La Mantia Fotografie di Marcello De Masi


Tutte le immagini del volume provengono dalla campagna fotografica effettuata da Marcello De Masi per concessione del Museo Diocesano di Salerno con l’eccezione delle seguenti: © 2016. Foto Scala, Firenze/BPK, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin, 95, 180 © 2016. Image copyright The Metropolitan Museum of Art/Art Resource/Scala, Firenze, 29, 47 Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe, 189 Archivio Autore, 12, 13, 14, 21, 22, 30 Archivio Autore/Bibliothèque nationale de France, Cabinet des Medailles, 32 Archivio Ultreya, 24 Budapest, Iparmu˝vészeti Múzeum, foto Agnes-Soltész-Haranghy, 44 Cleveland, Museum of Art, 27 Courtesy Abbazia di Farfa, Fara in Sabina (RI), 25 Courtesy John Mitchell, 32 Courtesy Prof. Antonio Braca, 12 Foto di Mauro Piergigli per Italia Medievale, 11 Photo © RMN-Grand Palais (Musée du Louvre)/Jean-Gilles Berizzi-RMN distr Alinari, 58-59 Raccolte d’Arte Applicata, Castello Sforzesco, Milano © Comune di Milano, tutti i diritti riservati, 28 San Pietroburgo, Museo Statale dell’Ermitage, 204 Shutterstock, 6

Progetto e realizzazione: Ultreya, Milano

Fotolito, stampa e confezione: Arti Grafiche Fiorin, Sesto Ulteriano, Milano © 2016 Ultreya srl, Mlano © 2016 Itaca srl, Castel Bolognese per l’edizione italiana Finito di stampare nel mese di luglio 2016 ISBN 978-88-526-0497-3


Sommario

Presentazione di S.E. Luigi Moretti

7

La cattedra eburnea dell’arcivescovo Alfano di Valentino Pace

9

Schede di Serena La Mantia

35

Indice delle tavolette

195 Ringraziamenti

205 Bibliografia

206



Presentazione

Il ciclo eburneo, espressione unica di un’arte profondamente romanica, risale all’XI-XII secolo. La collezione rappresenta un ampio ciclo Cristologico con scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, e si articola in sessantaquattro tavolette, perfettamente conservate, che provengono dalla sacrestia del Duomo e sono custodite in due sale attigue dell’attuale Museo. Dobbiamo allo storiografo salernitano Arturo Capone (1868-1944) l’idea di raccogliere gli Avori e di esporli in due sale nei pressi della Cattedrale. Purtroppo nel 1939, in previsione della guerra, fu necessario trasferirle in un luogo sicuro, e il progetto fu realizzato solo nel 1944, allorché mons. Arturo Carucci, appena nominato direttore, collocò nel Museo Diocesano le tavole di avorio, sfuggite al deterioramento del tempo e all’incuria degli uomini. La presenza degli avori è menzionata per la prima volta negli atti della visita pastorale dell’Arcivescovo Federico Fregoso (1510);1 in seguito sono dettagliatamente elencate negli atti dell’Arcivescovo Marco Antonio Marsilio Colonna (1575).2 La preziosa ricognizione storico-artistica degli autori del presente volume mette in luce una domanda che affiora sempre quando ci imbattiamo nella bellezza di un’opera d’arte: perché dopo mille anni di storia queste tavolette emanano ancora tanto fascino? Mons. Arturo Carucci in Avori salernitani del XII secolo affermava: “Il valore estetico dell’opera eburnea consiste nel suo contenuto, una minuziosa descrizione del messaggio evangelico riprodotta su tavolette di avorio”. Una bellezza descrittiva, rimasta intatta nei secoli, che arriva a noi ancora oggi attraverso un’arte semplice, manifestazione di una profonda fede. Lo storico dell’arte spagnolo e professore di estetica Juan Plazaola ha descritto le espressioni artistiche come una fonte di crescita personale e comunitaria. “Le opere d’arte hanno un tale spessore di umanità da esprimere in maniera densa il mistero dell’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio”.3

Salerno, facciata del Duomo

7


una bibbia in avorio Oggi è più che mai attuale il messaggio rivolto agli artisti dai Padri conciliari, a conclusione del Concilio Vaticano II: “Questo mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani…”.4 Auguro ai lettori di poter godere, attraverso questo volume, della bellezza degli avori salernitani e contribuire alla diffusione del tesoro che rappresenta. + Luigi Moretti Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno

NOTE 1 2 3

4

8

A.D.S. Fondo visite pastorali – busta 2. 1510, carta 12r. A.D.S. Fondo visite pastorali – busta 4 bis. 1575, carta 13v. Juan Plazaola, Arte cristiana nel tempo. Storia e significato, vol. 1, Dall’antichità al Medioevo, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo 2001. 8 dicembre 1965, messaggio consegnato dal card. Leo Jozef Suenens all’architetto Pier Luigi Nervi, al musicista Gian Francesco Malipiero e al poeta Giuseppe Ungaretti, in Insegnamenti di Paolo VI, III, 1965, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1966, p. 755.


Il ciclo della Creazione


una bibbia in avorio

36


il ciclo della creazione Primo giorno. Separazione della Luce dalle Tenebre

“...e chiamò la luce giorno e le tenebre notte.”

L’intaglio eburneo traduce in un’immagine dalla rara iconografia due momenti distinti dei primi versi del libro della Genesi. La parte mediana della tavoletta e la sua porzione inferiore sono occupate dalla Creazione della materia primordiale (Gn 1,1-2) – ovvero dal cielo e dalla terra ancora informe – quell’attimo del caos in cui, dal nulla, è il misterioso inizio della vita dell’Universo. Fulcro della scena è lo Spirito di Dio nelle sembianze di una maestosa e solenne colomba, in postura araldica che plana ad ali spiegate sulla terra “informe e deserta” – rappresentata da una linea diritta che fa da orizzonte – quasi a volerla “covare”. Lo schema compositivo del triangolo equilatero, a cui è riconducibile la raffigurazione della colomba, è volutamente ricercato quale immediata metafora visiva, nonché simbolica ed emblematica, dell’eguaglianza fra le tre Persone divine: così come tre angoli e tre lati uguali formano una sola figura, allo stesso modo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono Uno e Trino. Più in basso sono le acque, il cui abisso del caos primigenio è stato sapientemente reso dall’intagliatore nell’immagine attraverso una successione di sei onde – probabile rimando al numero dei giorni della Creazione – che, avvicendandosi dall’alto in basso, ne indicano le oscure profondità. Sopra la terra e le acque è invece il Primo giorno della Creazione (Gn 1,3-5): nell’immensità del cielo limpido e vuoto sono, immobili nell’atmosfera che li circonda, due grandi dischi collocati appena sopra le ali spiegate della colomba. Il disco posto a sinistra reca incisi quattro cerchi concentrici e a rilievo la scritta “LUX”, il disco a destra invece ha solo due cerchi concentrici e la scritta “NOX”, entrambe quasi epigrafi dalla “X” che ricorda la croce – a indicare che il disegno salvifico è già all’inizio del creato – a imperitura memoria del fatto che “Dio […] separò la luce dalle tenebre” e così, per la prima volta, “fu sera e fu mattina”. 37


una bibbia in avorio Secondo giorno. Creazione del cielo

“Dio chiamò il firmamento cielo.”

Nella scena, divisa dalla precedente da una colonna tortile sormontata da un capitello “monofogliato” – possibile rimando al tempio salomonico (1Re 7,13-22.40-42) o, in senso più ampio, alla Chiesa – è rappresentato incedere, composto e solenne, Dio Padre in sembianza antropomorfa. Il Suo ritratto dalla folta e corta barba, incorniciato da capelli fluenti sino alle spalle e scriminati sulla fronte, è, quale conseguenza iconografica del Filioque (Concilio niceno del 325), identico a quello del giovane Figlio nel Nuovo Testamento a eccezione del nimbo, qui inciso da due cerchi concentrici, là crucigero. In questa e nelle altre scene veterotestamentarie che seguono, l’Eterno è paludato e calza un paio di sandali, secondo la tradizione evangelica le calzature di Gesù e dei Dodici (Mc 6,9; Gv 1,27). La Sua gestualità, invece, esprime un chiaro rimando al Logos: la mano sinistra, portata al fianco destro, stringe il rotolo che, nell’identificare le Sacre Scritture, ricorda l’incarnazione del Verbo; la mano destra levata, con l’anulare congiunto al pollice, è “parlante” in quanto espressione dell’adlocutio esortativa che Dio rivolge alla creazione. La dimensione dialogica attraverso cui è possibile “ascoltare l’immagine”, riferisce quindi ancora del Logos per mezzo del quale l’Onnipotente nelle sembianze di Cristo sta creando l’Universo, ove l’atto del creare, ovvero l’attimo del “Dio disse”, è significato dal contatto tra la mano “parlante” del Creatore e il Suo creato. Innanzi a Lui sono quattro figure alate, paludate e con dei sandali ai piedi, dalle caratteristiche capigliature a “treccioline perlinate” di ascendenza orientale ricadenti sulle spalle. Sono angeli che, sovrapposti in scorcio, si inchinano al cospetto dell’Eterno aprendo le braccia e le mani, gesto di pieno accoglimento della volontà divina. Tali figure hanno reso di non facile identificazione il soggetto della scena che, nella sua complessità, sembra faccia riferimento a più rimandi simbolico-allegorici. Essa potrebbe essere identificata con la scena, seppur non contemplata nella Bibbia, della Creazione degli angeli, contemporanea alla creazione della luce e quindi immediata consecutio simbolico-visiva della scena precedente, oppure, seguendo anche la tradizione rabbinica, con il Secondo giorno della Genesi quando Dio creò il firmamento (Gn 1,6-8), ritenuto la casa degli angeli. Nondimeno il numero degli angeli si presta a un’ulteriore interpretazione allegoricoapocalittica quale visione dei quattro Arcangeli o degli angeli che, legati sul fiume Eufrate, vennero sciolti (Ap 9,13-15) e poi stettero “ai quattro angoli della terra, e trattenevano i quattro venti” (Ap 7,1), ovvero furono indirizzati in ogni luogo quali messaggeri di Dio (Sal 104[103],4) secondo quell’originale parallelismo esegetico e rappresentativo che assimila, nella forma e nella sostanza d’aria, gli angeli ai venti. 38


il ciclo della creazione

39


una bibbia in avorio

42


il ciclo della creazione

43


una bibbia in avorio

44


il ciclo della creazione Quinto giorno. Creazione degli animali acquatici e dei volatili

“…riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra.”

L’Onnipotente, posto ancora in ingresso alla scena per indicarne il senso di lettura da sinistra a destra, ha creato la fauna dei cieli e delle acque. “Le acque brulichino”, disse, “di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo.” La scena è divisa in due parti uguali in senso orizzontale, in modo da riservare lo stesso spazio di creato agli abitanti del cielo e dei mari. Gli uni e gli altri, disposti in ritmo compositivo e quasi sopraggiunti al Creatore dai loro rispettivi habitat come se da Lui chiamati, vi dirigono lo sguardo e paiono quasi incantati alla Sua vista. In alto è uno stormo di cinque anatre che si susseguono di profilo; al di sotto sono altri sei volatili, poggianti su una striscia di terra e allineati in ordine crescente: sono le colombe, la tortora (?), il cigno, il fagiano (o pavone?) e l’aquila regina dei cieli. In basso sono le acque dei mari, così limpide da potervi guardare attraverso ma increspate al contempo, dove le onde in successione visualizzano le profondità degli abissi (cfr p. 36). Emergono dai flutti, l’uno dietro l’altro, due banchi di pesci dalle squame ben definite: il primo composto da quattro pesci più grandi, il secondo da cinque più piccoli. In fondo sopraggiunge una tartaruga, ancora intenta a nuotare, di cui è visibile il carapace di prospetto. Più in basso sono un polpo e una seppia, entrambi descritti con i tentacoli distesi nel mentre del movimento propulsore, e un’anguilla (o murena?) il cui caratteristico andamento ondulatorio orizzontale è stato ribaltato in verticale. Adagiata sui fondali degli abissi è la meravigliosa pistrice dalla testa e dalle zampe canine, dal corpo anguiforme a spirale e dalla coda caudata. Metamorfosi leggendaria dei grandi cetacei, rimanda alle forze oscure e sinistre delle profondità marine che possono inghiottire l’uomo tra le fauci dei flutti. La tavoletta non è solamente un felice esempio di conoscenze naturalistiche medioevali in merito alle diverse specie viventi – uccelli rapaci e non, pesci, rettili, cefalopodi – ma, vista la presenza del mostro marino, anche una possibile sintesi del “bestiario cristiano” che, dalla Bibbia al Physiologus del II secolo d.C. sino ai Padri della Chiesa, rintraccia nelle oppositae qualitates e nelle contrariae virtutes antropologiche il simbolismo animale. Budapest, Iparmu˝vészeti Múzeum (inv. 18.858) * Il fondo grigio evidenzia le tavolette che non sono conservate al Museo di Salerno

45



Il ciclo della NativitĂ


una bibbia in avorio

114


il ciclo della natività La Visitazione

“Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!”

Ad aprire il primo percorso visivo del racconto figurato inerente le storie del Nuovo Testamento – tutte disposte sulle tavolette in senso verticale e su due o tre registri – è la scena che, realizzata sul registro superiore della tavoletta eburnea, forse un tempo preceduta da un’Annunciazione adesso perduta, narra della Visitazione. Fulcro dell’immagine è l’incontro tra le due cugine in dolce attesa: Maria, che entrando da sinistra ha appena attraversato l’uscio della porta di casa, la cui anta è decorata a motivi circolari e cornici, viene accolta da Elisabetta che, scesi i gradini, si dirige all’ingresso verso la cugina. Sopra la porta è una sorta di nicchia in cui è appesa una lampada o un turibolo per l’incenso – forse a voler ricordare la funzione sacerdotale di Zaccaria? – eguale a quello raffigurato sotto la cupola sostenuta da colonne presso la piccola struttura architettonica posta alle spalle di Elisabetta. La casa, arredata in modo spiccatamente mediterraneo, presenta sulla destra un vistoso tendaggio – riccamente ornato da bordure lavorate a merletto macramè chiuso da frange annodate che negli avori salernitani appare per la prima volta – dietro il quale, accostato su di un lato, curiosa un’ancella che assiste alla scena. Maria ed Elisabetta, ambedue nimbate e abbigliate sontuosamente da lunghe vesti dalle maniche aderenti e manti decorati da inserti ancora a merletto macramè e bordure frangiate, accostano l’una all’altra la guancia scambiandosi un tenero bacio e stringendosi vicendevolmente in un forte abbraccio che, oltre a sottolineare in entrambe la comune condizione della ventura maternità, sembra voler celare ulteriori risvolti simbolici. Tale iconografia dell’abbraccio, infatti, è simile a quella della Concordia Apostolorum, in cui i santi Pietro e Paolo si riconciliano con un abbraccio poco prima del martirio presso le mura di Roma. Se Elisabetta, in attesa del Precursore che è Giovanni Battista ultimo dei profeti, è figura dell’età sub lege, Maria, portando in grembo il Messia, diviene figura della Chiesa e quindi dell’età sub gratia. Quindi, come poi avrebbero fatto i due prìncipi degli apostoli stabilendo l’indissolubile unità tra l’Ecclesia ex gentibus e quella ex circumcisione, così anche l’ultimo figlio dell’Antico Testamento e il primo del Nuovo si abbracciano tramite le proprie madri nell’attesa del dies natalis – il giorno del martirio – sancendo così nell’immagine la continuità dottrinale del disegno salvifico di Dio nel passaggio dal racconto biblico a quello evangelico. 115


una bibbia in avorio Il dubbio e il sogno di Giuseppe

“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa.”

L’immagine, bipartita sull’asse verticale, narra due momenti consecutivi dedicati alla vita degli ancora fidanzati Giuseppe e Maria. Il primo, che rappresenta il Dubbio di Giuseppe, si rifà al Vangelo di Matteo e all’apocrifo Protovangelo di Giacomo ed è introdotto, sulla sinistra della scena, dalla figura di Maria: “Quando giunse per lei il sesto mese, ecco che Giuseppe tornò e, entrato in casa, la trovò incinta… Allora si gettò a terra sul sacco e pianse amaramente” mentre anch’ella piangeva amaramente per difendere la sua purezza (13,1). La Vergine, abbigliata similmente alla scena della Visitazione (cfr p. 114), mostra una particolare cintura annodata al basso ventre, la quale sembra mettere in evidenza l’avanzare della gravidanza; con il volto mesto e preoccupato, alza le mani mostrandone bene i palmi a volersi salvaguardare dall’accusa disonorevole ricevuta da Giuseppe. Lui, rivolgendo lo sguardo deluso e perplesso alla futura sposa che, dal canto suo, cerca di difendere la sua onestà, poggia la testa sulla mano destra mentre l’altra mano è sul ginocchio. A causa della cucitura visivo-narrativa venutasi a creare con l’episodio seguente, ovvero quello del Sogno, Giuseppe siede ai piedi del letto su cui, di lì a poco, dormirà. Sulla parte destra della tavoletta, infatti, Giuseppe, che poco prima rifletteva sull’accaduto, è ora raffigurato disteso sul letto, quest’ultimo rappresentato come visto dall’alto: il padre putativo di Gesù poggia la mano dietro la nuca (cfr pp. 50, 80, 100) e la testa su di un guanciale dalle estremità decorate, così come decorati, anche da frange annodate, sono la parte inferiore del letto e la coperta che gli scalda le gambe. Accanto a lui, oltre la sponda destra del letto, è l’angelo del Signore che, con la mano “parlante”, gli appare in sogno al fine di rassicurarlo sull’onestà della sua futura sposa e dell’essersi compiuta in lei l’opera dello Spirito Santo. In alto è la città di Nazaret, raffigurata da un fondale fatto dalla sequenza di alcune architetture, monumenti impreziositi, come quello centrale a “ferro di cavallo”, da originali motivi decorativi. 116


il ciclo della nativitĂ

117


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.