Regia di GIULIA MERELLI Postfazione di RITA D’ASCENZO
Ad Alice, ai bambini che lottano per la sopravvivenza e a chi combatte con loro
rende immortale al ricordo. Sicuramente. rso la stampa di un libro. a, e rilegata, ha qualcosa di affascinante. ome impresso, ne probabilmente resterà i appassionati. n Nicolò, socio in questo progetto, in grado di realizzare questo mio sogno. e va a lui per aver “sposato” messo vo. Dal racconto di Giorgia Coppari è stato tratto il film Vittoria, e a tutti gli intervistati diretto e interpretato da Giulia Merelli. permesso di incontrare articolare Pietro Manganoni, Per vederlo inquadra il QR Code o vai alla pagina del libro www.itacaedizioni.it/vittoria Gigi Soldano, e ci ha fornito la maggior parte delle bblicazione. empre sostenuto soprattutto mici di sempre che ancora prima di aver i riservargli aturalmente. Giorgia Coppari Vittoria www.itacaedizioni.it/vittoria Prima edizione: dicembre 2021 © 2021 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0716-5 Crediti Illustrazione locandina e titolo copertina: Filomena Galvani Fotografie: Leonardo Ranzuglia, Fabio Merelli, Maksim Afonchanka, Volha Petravets Stampato in Italia da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC)
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Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Questo prodotto è composto da materiale che proviene da foreste ben gestite certificate FSC‰, da materiali riciclati e da altre fonti controllate. Utilizziamo inchiostri vegetali senza componenti derivati dal petrolio e stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto.
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Giorgia Coppari
VITTORIA
Regia di Giulia Merelli Postfazione di Rita D’Ascenzo
Presentazione Il 7 settembre 2019 la mia terzogenita, 27 anni, alla ventiduesima settimana di gravidanza, viene ricoverata d’urgenza perché sta perdendo il liquido amniotico: un’infezione ha provocato la rottura della sacca gestionale. Secondo i medici non ci sono speranze che la gravidanza possa andare avanti e che la bambina (proprio quel giorno veniamo a sapere che si tratta di una femmina) possa salvarsi. Non resta che attendere che parta il travaglio e che mia figlia abortisca. La situazione è molto critica e anche pericolosa per la mamma e la figlia, c’è da augurarsi pertanto che tutto finisca al più presto. Dopo una settimana però il travaglio non è ancora partito, nonostante le perdite di liquido e sangue. La bimba continua a muoversi nel grembo della madre. Un medico allora decide di mettere la mamma a letto, ordinandole di non scendere per nessun motivo, e dà inizio a una terapia che dovrebbe aiutare il feto ad affrontare il parto e la sopravvivenza dopo la nascita. La gravidanza va avanti ancora una settimana. Siamo alla ventiquattresima settimana, termine minimo per poter tentare di soccorrere un feto che viene partorito. Il 23 settembre inizia il travaglio. La bambina è podalica, ma la ginecologa di turno
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decide di tentare il parto naturale per non compromettere l’utero, pur sapendo che il rischio per la nascitura è altissimo. Alice (questo è il nome scelto dai genitori) nasce. Il cuoricino perde i battiti, ma un lieve massaggio cardiaco lo rimette in moto. Viene avvolta in una pellicola trasparente e intubata. È viva e pesa 630 grammi. Comincia così il suo ingresso nella vita. Dentro ad un’incubatrice in tin, terapia intensiva neonatale. Tutta la precarietà della nostra condizione umana è ben presente. La situazione infatti è molto delicata e pericolosa. Dopo circa quindici giorni dalla nascita, di notte la bambina viene operata d’urgenza a causa di una perforazione intestinale. Prima di portarla in sala operatoria viene battezzata da una infermiera. È la notte dell’8 ottobre, giorno in cui io e mio marito Bruno, trentasei anni prima ci eravamo sposati. Quello è l’unico momento in cui il papà e la mamma possono stare insieme con la loro bambina. A causa del Covid possono vederla solo tre volte la settimana, ma sempre singolarmente e per poco tempo. Questo è motivo di grande stress per tutti, perché di fatto la bimba per la maggior parte del tempo è affidata al personale che deve occuparsi di una trentina di altri bambini prematuri. Non può quindi avere il supporto, tanto prezioso, della vicinanza dei genitori.
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L’operazione comunque ha un buon esito e Alice si rivela una tenace e valorosa guerriera: reagisce bene ad ogni terapia e supera i continui attacchi di batteri e virus che spesso la costringono a trasfusioni e forti cure antibiotiche. I suoi occhietti reagiscono bene anche ad un intervento con il laser per ovviare ai danni provocati dall’ossigeno. Il nutrimento le arriva, attraverso un sondino, dal latte materno che mia figlia si tira ogni tre ore con una tenacia e una costanza davvero ammirevoli. La scorta si fa sempre più consistente: abbiamo tutti i congelatori pieni di boccette di latte con tanto di giorno e ora del tiraggio. La giornata è una continua attesa delle ore 21, orario in cui è possibile telefonare per conoscere il peso raggiunto: ogni grammo in più è una gioia per tutta la famiglia e spesso vuole essere il fratellino, di cinque anni, a dare la notizia a nonni e zii. In questa ansia continua trascorriamo cinque mesi e mezzo e sicuramente l’ansia maggiore la vivono il papà e la mamma, che anche quando hanno la possibilità di starle vicino sono in una continua trepidazione perché la saturazione a volte non è regolare e li fa allarmare. Finalmente, dopo circa quattro mesi dalla nascita mia figlia può prendere in braccio la sua bambina, ma naturalmente nessun contatto pelle a pelle (tanto importante per i neonati) dato che deve essere ben bardata da capo a piedi. Alice fa il suo ingresso a casa il 4 marzo, tra la commozione immaginabile di tutti.
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Questi mesi mi hanno fatto stare umilmente in ginocchio davanti al grande mistero della nascita e della vita. Mi hanno fatto comprendere che non è affatto scontato che una gravidanza arrivi a termine e che quando questo avviene è sempre un miracolo. Siamo abituati a pensare che un miracolo sia un evento prodigioso che modifica il corso naturale di un evento; in realtà credo che dovremmo, come Einstein insegna, ritenere tutto miracolo: un embrione che diventa feto e poi bambino nel grembo di una donna è un prodigio a cui non dovremmo mai abituarci. Scrivere un racconto, Vittoria, è stato il mio modo, come nonna, di stare vicina ad Alice e anche di esprimere la gratitudine per chi ha lottato con lei, ognuno a suo modo, anche con la preghiera. È stato il mio modo per celebrare lo straordinario prodigio della vita e il Mistero che lo sottende. Giorgia Coppari
Ringraziamento Ringrazio l’attrice Giulia Merelli, che ha messo tutta la sua anima nell’interpretare Vittoria, e i suoi preziosi collaboratori che ci hanno messo il cuore.
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SCENA 1 Come un feto
Vittoria narra i suoi primi mesi di vita come feto. La collina come simbolo del grembo materno.
Questa sera in cielo splende una luna piena piena. Chissà se quando sono nata io la luna era piena. Perché mi interessa? Perché per come sono andate le cose doveva esserci qualcosa di straordinario e spettacolare da qualche parte. Io stavo bene nella pancia di mamma, ma qualcosa di molto molto piccolo e stronzetto (scusate ma ci vuole, in realtà pare si chiami batterio) mi ha buttato fuori molto prima di quando sarei dovuta uscire: circa quattro mesi prima. Quattro mesi di capriole indisturbate in un ambiente ovattato e raccolto, in cui decidevo io se mettermi a testa in su o in giù: averli persi non è cosa da poco, tanto più se si considera che appena uscita mi sono ritrovata incollata a un lettino, stretta da tubi che mi impedivano di muovermi e che mi entravano in bocca e nel naso. Insomma, una triste sorte per un feto (così mi chiamavo allora) di appena 600 grammi. Oltretutto dovevo finire di formarmi e non è bello essere esposti al mondo prima di essere diventati dei bei neonati paffutelli con tutto in regola, soprattutto per una femmina, sì perché io sono una femmina e anche abbastanza vanitosetta. In breve tempo da feto sono diventata Vittoria; così ha voluto mio padre, anche se tutti gli diceva-
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Indice Presentazione 5 SCENA 1 Come un feto
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SCENA 2 Il nido e la festa
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SCENA 3 A sei anni
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SCENA 4 A dieci anni
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SCENA 5 Nutrita dall’amore
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L’amore che genera Giulia Merelli 59 Postfazione Rita D’Ascenzo 69
Altre stagioni verranno fino allo spiccare del volo possa tu essere allora l’aquila regale che punta decisa il sole Bruno Cantarini
Vittoria, una bambina di dieci anni, nata prematura di appena 600 grammi, riguardando il proprio passato, scopre che ciò che l'ha tenuta in vita è l'amore. Dal racconto è stato tratto un monologo cinematografico.
Un embrione che diventa feto e poi bambino nel grembo di una donna è un prodigio a cui non dovremmo mai abituarci.
Giorgia Coppari
Giorgia Coppari, insegnante di italiano e storia, vive ad Ancona, che fa spesso da sfondo alle sue trame. Ha pubblicato per Itaca La Promessa, Qualcosa di buono, Chiamatemi Isa, Il ballo della vita e il volume di racconti Tutto al suo posto.
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