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ENOGASTRONOMIA di Rino Cacioppo METAMORFOSI IN 50 ANNI DELLA CUCINA TORINESE

METAMORFOSI IN 50 ANNI DELLA CUCINA DI PESCE

DA CUCINA DI TERRA A QUELLA DI PESCE.

Mezzo secolo fa trovare nel menu di un ristorante o di una trattoria torinese, un piatto di pesce era impresa titanica come cercare di mangiare dopo le 21,30. La risposta era sempre la stessa: “ci spiace la cucina è già chiusa”. L’unico rifugio per chi faceva tardi era da “Vittorio Urbani”, frequentato agli inizi dai giocatori di Juve e Toro e dopo le 21,30 dai giornalisti di Stampa e Tuttosport. In mezzo secolo si è assistito ad una lenta ma continua mutazione dei menu non più di sola terra con i tradizionali primi a base di agnolotti ed i secondi a base di carne come gli arrosti e i brasati. Era facile trovare quasi sempre il tradizionale fritto misto piemontese, il bollito misto, la bagna cauda nei mesi invernali e perfino la finanziera. Poi pian piano la lenta mutazione verso l’apertura al pesce grazie all’avvento in città di una nutrita schiera di cuochi toscani di Altopascio e dintorni favorita dalla crescente immigrazioni di operai provenienti dal sud per lavorare alla Fiat. Cosi “Benito” in corso Siracusa è stato il primo ristorante di pesce della città.

LA SALA DEL RISTORANTE URBANI. UNO DEI MERAVIGLIOSI PIATTI DI BENITO.

IL DELFINO BLU DI CORSO ORBASSANO. DINO CARBONE.

Poi per i più abbienti c’è stato il cambio di sede dai paraggi dell’ateneo dove era frequentato solo studenti universitari a via Sacchi in una sede di maggior pregio, del “Gatto Nero” che ha incominciato a fare apprezzare i piatti di pesce come la sua insalatina di pesce tiepida con un filo di super olio toscano a freddo. A metà degli anni ‘70 un’altra svolta sulla via del pescato è stata effettuata da “Dino Carbone” in corso Allamano a Grugliasco diventato in breve tempo il rifugio di tutti gli amanti torinesi del pesce con la possibilità, dopo avere cenato, di poter danzare nello spazio sottostante. Altra svolta importante nella ristorazione cittadina il successo della prima “Smarrita” di Moreno Grossi, il più dotato dei cuochi giunti a Torino dalla toscana, con i camerieri vestiti in tela di sacco stile francescano. In mezzo secolo la situazione è cambiata dal giorno alla notte. In nessun locale ti diranno che la cucina è chiusa anche alle 22, ma se cerchi nei menu un fritto misto piemontese per non parlare della finanziera è impresa titanica. Si sono moltiplicati i ristoranti di pesce per tutti i gusti e per

IL GRAN BAR.

tutte le specialità. Il “Delfino Blu” dello chef egiziano è uno dei templi dei plateau royal come “Simini Braserie de la Mer” di corso Racconigi è il regno delle ostriche e di tutti frutti di mare. Poi tutta la serie dei specialisti in Sushi a partire dal “Gran Bar” della Grande Madre preferito da Gigi Buffon finchè è stato a Torino. Altri locali molto apprezzati dagli amanti del pesce da segnalare in via della Rocca “l’Ancora” e soprattutto “il Bastimento” a pochi passi da piazza Vittorio dove Gigi Mejoas ha dato vita ad un ottimo ristorantino di pesce stile bistro parigino (leggi tavolini mignon) ma con ottimo pesce molto dei quali arriva direttamente dalla Puglia ed una eccellente carta dei vini. Negli ultimi anni ha visto crescere la sua fama in maniera continua grazie al suo rapporto qualità-prezzo e alla bravura del suo chef “La Cucina” di Lido Baggiani in corso Novara. Buona qualità anche da “Briss due pesci fuor d’acqua” all’inizio di corso Orbassano. Mentre in corso Casale il “Casale 93” offre un menu con buon pesce ed altre specialità della cucina pugliese come il quasi adiacente “il Trullo”. Ma qui stando dietro alle nuove aperture, Covid permettendo, ci sarebbe da fare un elenco infinito. Senza dimenticare i locali dei circoli e dei club come il Caprera che da qualche anno non è più solo aperto ai soci e con l’abile regia di Bobo ha un menu equamente diviso fra mare e terra a prezzi accettabili.

IL BASTIMENTO.

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