Metropolzine 12

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Metropolzine n° 12 Metropolzine e’ un periodico dell’Associazione Culturale “Italian Dreamers” Via Galvani, 54 21015 Lonate Pozzolo VA Tiratura: 2000 copie Finito di Stampare: Gennaio 2002 Italian Dreamers Staff: Matteo Santoro Simone Fabbri Marco Petrini Collaboratori: Emiliano Maiello Ivan Iapichella Viviano Crimella Mauro Maffioli Roberto Zapparoli Daniele Carotenuto Francesco Castaldo Sede Legale ed Iscrizioni: Italian Dreamers Via Galvani, 54 21015 Lonate Pozzolo VA Redazione Fanzine: Italian Dreamers Casella Postale 161 47838 Riccione Centro RN Internet Home Page: www.italiandreamers.net Internet Help Desk: info@italiandreamers.net Photo Credits: Simone Fabbri Images and Words Tourbook www.mikeportnoy.com www.jordanrudess.com Mattias Karnahl Ken Schles Stampa: Tipolito Tuttostampa Rimini - Tel. 0541.23393 Fotolito: R & R - Rimini

Italian Clinic Tour Febbraio 2002 Poco prima di chiudere questo numero della Fanzine è arrivata la conferma delle date dei clinic di John Petrucci e Jordan Rudess. Per John si tratta di un contentino, ovvero del recupero parziale delle date cancellate lo scorso ottobre. Per Jordan si tratta, invece, della prima volta. L’esperimento, unico nel suo genere è quello di proporre i clinic agganciati alle date del tour. Sinceramente siamo molto dubbiosi per questo in quanto la fretta è cattiva consigliera. Per quello che riguarda John non abbiamo avuto assolutamente tempo per preparare niente, nessun concorso, nessuna lista preferenziale per i nostri soci, nulla.La gioia, comunque, di vedere i due personaggi in un ambiente apparentemente piu’ calmo del palazzetto del concerto, ed imparare qualcosa del proprio strumento preferito, sopperisce a questa nostra “forzata” mancanza organizzativa. Qui di seguito trovate tutti i particolari dei clinic. Quelli di John Petrucci sono gratuiti, e l’unico modo per poter accedere e’ di chiamare il numero di telefono corrispondente e chiedere disponibilita’. 13 febbraio - Milano - Lucky Music Network - 02 581 032 39 - 21.00 15 febbraio - Roma - Universita della Musica - 06 67 47 885 - 13.30 16 febbraio - Bologna - Music Academy 2000 - 051 63 13 706 - 13.30 Quello di Jordan é a pagamento, i prezzi sono: Euro 9,5 prezzo standard. Euro 4 per soci “Associazione Giacomo Spano’” Euro 5,5 per i soci dell’Italian Dreamers con tessera del 2001 a cui verra’ consegnata in omaggio la tessera dell’associazione. Il numero per le prenotazioni è 335 8291139 oppure e.mail assgiacomo@hotmail.com. Per informazioni tecniche sul clinic chiamare il 333 4351324. Quando si prenota via telefono o mail c’e’ la maggiorazione di 1 euro. Un appello, pero’, ci è giunto direttamente dai vari organizzatori: se non siete prenotati NON presentatevi ai clinic, non ci sono altri biglietti e le capienze sono limitate. Italian Dreamers Staff


Jelly Jam in studio per registrare un nuovo album Il side project di John Myung, “The Jelly Jam” sono tornati al lavoro per dare un seguito al primo disco che, pero’, ancora non ha visto la luce! La band formata da Ty Tabor (KING’S X), Rod Morgenstein (DIXIE DREGS) e John Myung ha registrato le nuove sessioni al Millbrook Studio gia’ famoso per il LTE. Il primo album, in ogni caso, dovrebbe uscire per la InsideOut il 18 marzo 2002. Explorers Club 2 “Raising The Mammoth” Sembra che non solo John Myung sia stato invitato per il secondo capito di Explorers Club, alla voce infatti troveremo James Labrie. Data d’uscita il 12 marzo 2002. John Petrucci ed il suo album solista Nel mese di dicembre John Petrucci ha iniziato le registrazioni per il suo album solista contenente nove tracce tra le quali alcuni pezzi suonati durante il tour dei G3. Ecco alcuni titoli: “Jaws of Life”, “Damage Control” e “Glasgow Kiss”. Sull’album suoneranno Dave LaRue (Dixie Dregs, Planet X) al basso, Dave DiCenso e Tony Verderosa alla batteria. Tecnico del suono il solito Doug Oberkircher. Indirizzi e indicazioni per raggiungere i luoghi dei concerti dei Dream Theater in Italia. Palavobis Via Sant’Elia, 33 MILANO Tel. 02-33400551 Metropolitana: MM Lampugnano Il Palavobis è all’uscita della metropolitana Auto: Tangenziale Ovest uscita via Novara. Dal centro di Milano: direzione Fiera di Milano - Ippodromo Il Palavobis si trova nelle vicinanze dell’Ippodromo di Milano. Palaghiaccio Via Appia km 1 ROMA Tel. 06-9309480 Metropolitana e bus: Metro A direzione Anagnina scendere ad Anagnina poi prendere qualsiasi autobus Acotral direzione Castelli Romani scendere a S. Maria delle Mole, Treno locale per Velletri scendere a S. Maria delle Mole Auto: Raccordo anulare direzione Appia- uscire Appia/ Castelli Romani Palasavena via Caselle 26, SAN LAZZARO DI SAVENA (Bo) Mezzi Pubblici: dalla stazione di Bologna autobus n° 25 cambiare alla fermata di Via Rizzoli prendere il 19 fino a San Lazzaro (200 metri dal Palazzetto). Auto: Tangenziale di Bologna uscita n° 13 (San Lazzaro)

Finisce anche il duemilauno, un anno di transizione e traghet-tamento verso quello che si prospetta un fantastico duemiladue. Duemilauno, un anno di sfighe non volute ma “cercate” dalla band !!! Parliamo della saga infinita sul ritardo del DVD di “Scenes…”, la comunicazione che la versione europea recava un errore, i fatti dell’ 11 settembre con conseguente ritiro del triplo live dal commercio a causa delle immagini sulla copertina, i clinic di John Petrucci saltati in attesa di momenti più calmi ed, alla fine la pubblicazione pirata on-line del nuovo album con circa un mese d’anticipo sulla data d’uscita ufficiale!!! Ognuno è stato libero di fare ciò che voleva ma ricordiamo , quando, la mattina dell’uscita di un nuovo album ci si svegliava con l’adrenalina in corpo e si sfrecciava verso il negozio per comprare il cd. Poi si passavano ore ad ascoltare il nuovo prodotto e si iniziava il classico dibattito con gli amici. Purtroppo la sorpresa “Six Degrees” è stata negata, la band non e’ riuscita a tenere in mano le redini del controllo cosi’ come era riuscita a fare con “Scenes”, alcuni ne sono stati felici pur di sentire la musica dei loro beniamini con un mese di anticipo, altri, invece, hanno dovuto sopportare le urla esaltate degli amici quando, invece, volevano rimanere ai vecchi tempi! Non siamo di certo noi a giudicare o dare colpe, il fan club nasce a supporto di tutti i fans e il nostro sforzo consiste nel darvi notizie e curiosità cercando di avvicinarvi il più possibile ad una band tra le più discusse al mondo. Chiudiamo l’anno con il sorriso ma, anche con la stanchezza accumulata dalle tante attività che ci hanno visto impegnati, consapevoli di aver, finalmente, rispettato i tempi e coronato le vostre aspettative. Il numero crescente di fans che si aggiungono al già sostanzioso zoccolo duro dell’ Italian Dreamers lo conferma. Una fanzine che vi condurrà verso un anno colmo di impegni. Parliamo ancora di Jordan e del suo nuovo album, vi raccontiamo la nostra esperienza con il ciclone Transatlantic che ha colpito nel mese di novembre, pubblichiamo la recensione ufficiale della casa discografica sul nuovo album, diamo un’occhiata al DVD di Mike ed alle varie versioni del triplo live e condiamo tutto con i soliti concorsi. Una Metropolzine bella piena che esce volutamente in ritardo per lasciare spazio al regalo del natale scorso che quest’anno ha sconvolto positivamente tutti, arriviamo poco prima del tour per darvi le ultime notizie prima di addentrarci nel pieno della “turbolenza” che ci pervaderà nel duemiladue. Un ringraziamento a tutti voi, al vostro passaparola che ha permesso al fan club di crescere, ad una band che non smette di stupirci. Buon divertimento, ci vediamo in tour. Marco, Matteo e Simone


Negli ultimi dieci anni i Dream Theater hanno giocato con il fuoco. Mentre alcuni gruppi ricercano volontariamente un posto tranquillo per evitare di bruciarsi con imprese rischiose, i Dream Theater si dirigono dritti verso la fiamma, fondendo generi diversi quali metal, jazz e musica classica. Non sono molti i gruppi che potrebbero stare così vicini al fuoco senza scottarsi ma i Dream Theater lo hanno dimostrato più e più volte, continuando contemporaneamente ad alimentare in tutto il mondo un seguito di fan desiderosi di scoprire le nuove sfide musicali della band. Anche nel 2002 il gruppo di progressive metal non deluderà

i suoi ammiratori: con la pubblicazione del coraggioso doppio CD Six Degrees Of Inner Turbulence i Dream Theater hanno probabilmente portato a termine la loro mossa più ardita e presto riusciranno anche a camminare sui carboni ardenti. Nel più classico stile prog rock di capolavori quali 2112 dei Rush e Close To The Edge degli Yes, il sesto album in studio dei Dream Theater è pieno di passaggi squisitamente tecnici (il marchio della band), riff ipnotici e maestosi interludi dell’altro mondo. La title track, che occupa tutto lo spazio del secondo CD, regala ai Dream Theater un posto meritato a fianco dei quei


gruppi storici sopra citati. “Questo è un disco molto ambizioso e credo sia qualcosa che volevamo e dovevamo fare,” ammette Mike Portnoy, batterista straordinario. “Oltre a migliorare singolarmente come musicisti, uno dei nostri obiettivi era diventare anche dei compositori migliori,” insiste il chitarrista John Petrucci. “Ci siamo imposti di dare agli ascoltatori un pezzo tematicamente complesso che sia però denso di elementi melodici.” Come avevano già fatto per il loro ultimo album in studio, Scenes From A Memory (1999), Portnoy e Petrucci si sono occupati della produzione e hanno chiamato Doug Oberkircher, loro vecchia conoscenza, per prendersi cura dell’engineering e Kevin Shirley, per il mixaggio. Avere il controllo creativo delle composizioni e della produzione permise alla band d’esplorare possibilità infinite. “Il grande successo di ‘Scenes’ in tutto il mondo ci diede la possibilità di fare quello che volevamo,” ammette Portnoy. “E fare quello che vogliamo è il vero motivo per cui esistono i Dream Theater.” A testimonianza della loro sfrenatezza, i Dream Theater scrissero e registrarono simultaneamente. La band, comprensiva di Portnoy, Petrucci, del cantante James Labrie, del bassista John Myung e del tastierista Jordan Rudess, all’inizio del 2001 si chiuse

nello studio di registrazione BearTracks a Suffern, nello stato di New York e quando ne uscì, una fluida raccolta di racconti musicali esagerati era stata consegnata ai nastri. “E’ un processo collaborativo,” racconta Portnoy. “Di solito non lavoriamo basandoci su idee individuali – ci ritroviamo in studio, suoniamo e vediamo quello che viene fuori. Ci piace lavorare in questo modo.” “Il nucleo della musica e lo sviluppo delle canzoni si basano molto sull’istinto,” afferma Petrucci. “Il fatto che ci conosciamo così bene e che lavoriamo insieme da un po’ di tempo ci da spazio a sufficienza per improvvisare mentre diamo forma alle melodie.” I quattro musicisti creano la struttura della canzone mentre Portnoy, Petrucci e Labrie esplorano argomenti di vita ordinaria attraverso testi illuminanti ma talvolta controversi come quelli di “The Great Debate”. Una tempesta cacofonica piena di sound byte e voci, il brano è l’equivalente sonoro del dibattito etico che il suo tema presenta.


“Quando stavamo scrivendo questa canzone, le discussioni in merito alla ricerca sulle cellule staminali erano in tutti i giornali e notiziari,” ricorda Petrucci. “Ci sono due diverse scuole di pensiero che si scontrano e con quella canzone volevamo catturare proprio questa divergenza.” Gli adrenalinici 14 minuti che formano il brano “The Glass Prison” si snodano tra rabbiosi riff chitarristici, imponenti fughe di tastiere, passaggi di basso sincopato, rullate di batteria e persino rumori scratch che di solito si trovano nei dischi hip-hop. “Quando componiamo non seguiamo nessun schema e credo che quella canzone ne sia un esempio,” dichiara Petrucci. “Andiamo soltanto dove ci porta la musica.” “Misunderstood”, “Blind Faith” e l’eterea “Disappear” esplorano gli aspetti sinistri del lato più d’atmosfera della band. Introdu-

cendo influenze disparate quali i Pink Floyd, i Radiohead, i Tool, Fryderyk Chopin e i Metallica, la band ha provato ad aprirsi nuove strade. “’Disappear’ ha dei momenti molto psichedelici,” spiega Petrucci. “Dato che io e Mike avevamo il comando, abbiamo fatto delle cose dove acceleravamo il nastro, poi diminuivamo la velocità così quello che si sente è in realtà a mezza velocità. Abbiamo fatto anche cose strane con effetti analogici per chitarra. E c’è anche della roba suonata all’incontrario.” La title-track di 42 minuti è tranquilla quanto uno stagno irrorato dalla luce della luna e velenosa quanto un cobra strisciante che affonda i denti nelle tue carni. Ritornando al tema complesso delle malattie mentali, precedentemente affrontato in Awake (1994), “Six Degrees Of Inner Turbulence” è abitata da maniaci momentanei, feriti catatonici che raccontano di fantasie ingannevoli ed individui emotivamente disturbati che veleggiano solitari verso tristi approdi. “I sei personaggi della canzone – da qui i sei gradi del titolo – condividono tra loro un legame: soffrono tutti di stress emotivo,” spiega Portnoy. “Ognuno però reagisce in modo diverso al mondo che li circonda.” Stracolma di strazianti ed improvvisi cambi di direzione musicali, stranezze tipiche delle colonne sonore di Danny Elfman e ritmi intensi, la suite in otto parti è una danza acrobatica su una fune musicale . Bilanciare gli elementi onirici di “Goodnight Kiss” (Parte V), la particolarità di “About To Crash”

(Parte II e VII), l’aggressività di “The War Inside My Head” (Parte III) ed il decrescere catartico di “Solitary Shell” (Parte VI), non è un’impresa facile. Invece i Dream Theater la fanno apparire semplice. “E’ stata una delle nostre più grandi imprese,” ammette Petrucci. “Siamo tutti orgogliosi del risultato,” aggiunge Portnoy. E mentre la musica della band si dirige verso nuovi territori, il gruppo s’imbarca in un nuovo tour. “Abbiamo intenzione d’andare in posti che non abbiamo mai visitato prima,” dichiara Petrucci. La prima tappa è l’Europa poi sarà la volta dell’Asia, del Sud America e degli Stati Uniti – tutti concerti da headliner per la gioia dei fan. “I fan ci hanno sempre sostenuto, sia che pubblichiamo un triplo CD dal vivo, come il nostro Live Scenes From New York, sia questo nuovo doppio CD in studio,” ammette Portnoy. “Siamo sopravvissuti per più di dieci anni perché ci siamo costruiti un seguito in tutto il mondo. E’ la devozione dei fan che rende possibile la nostra musica. Con il loro sostegno, chi può dire cosa faremo la prossima volta?” Ufficio Promozione CGD/East West Dicembre 2001



Un fulmine a ciel sereno ha spezzato le quiete giornate di tutti i soci dell’Italian Dreamers. Quest’anno abbiamo deciso di fare le cose in grande, non solo per farci perdonare tutti i ritardi accorsi durante questo anno tribolato ma, anche per farvi sentire fans più di prima; veri fans!!! Questo “4 Degrees of Radio Edit” è arrivato in netto anticipo rispetto a Babbo Natale a confermare che le poste italiane non sono poi cosi tutto questo male. (basta pagare!!! ;-) Scherzi a parte l’idea è stata partorita e realizzata in tempi record, vediamo come: Tutto inizia verso la fine di settembre, dopo i tragici eventi di New York; è il momento più difficile per noi e per la band, perche’ mentre il mondo e’ shockato per noi e’ arrivato il momento più bello dell’anno, aprire le discussioni, solite del periodo autunnale, su cosa ci sarà dopo la fine della serie dei Xmas CD. Anche noi cerchiamo di mandare avanti la nostra vita normale mentre fuori, forse, tutto e’ cambiato. La band ha

sempre dato il pieno appoggio a queste sorprese natalizie, altri regali da proporre ai fans ma, ancora, non ci sono idee chiare e dettagliate su cosa si possa spedire a tutti i soci per Natale. Ovvio e scontato che ci sarà ancora un supporto audio, è uno dei regali più ambiti per chi si “ciba” di musica e sensazioni come voi e nulla, crediamo, potrà mai sostituire l’impareggiabile supporto argentato, magari multimediale ma che possa essere affiancato alla collezione di Xmas CD che tutti avete nelle vostre case. Con difficoltà si comincia a parlare e proporre fra tutti i membri vecchi e nuovi di quello che è il punto di incontro fra tutti i capi dei fan club ufficiali, ovvero l’Ytseclubs. Non starò qui di certo a fare la lista delle proposte fatte, anche perché potrebbero essere oggetto di prossime uscite su quelli che saranno gli “Annual Cd” ma, posso solo dirvi che quello che avete trovato su “4 Degrees of Radio Edit” ci

è stato proposto direttamente da Mike Portnoy verso la metà di novembre. Il mixaggio del nuovo album era appena terminato ed il nostro batterista stava armeggiando con il Pro Tools per editare le tracce che sarebbero state spedite a radio e siti web vari, non potevamo sperare in qualcosa di migliore, l’idea è stata subito approvata e realizzata. La “rotazione” dei lavori fra i vari Fan Club europei ha fatto si che al Fan Club Greco spettasse la grafica, peraltro ottima a nostro avviso, e che la stampa e la distribuzione fosse a carico del Fan Club Internazionale che ha sede in Olanda. L’idea di fare arrivare a tutti i soci dei fan club sparsi per il mondo, un cd contenente 4 estratti dal nuovo album “Six Degrees of Radio Edit”, in netto anticipo rispetto a tutti è stata completata dal fatto che tale il cd ha una manifattura


totalmente diversa dai reali promo che circolano nelle redazioni di radio e giornali. Sul contenuto del CD non c’e’ molto da dire, l’effetto che produce, però è lo stesso per tutti, in quanto e’ stato, anche per noi, il primo “vero” assaggio del nuovo album. Dopo tanto parlare si e’ cominciato anche ad ascoltare. In realta’ siamo partiti un po’ prevenuti, conoscendo già l’affinità tra Dream Theater ed i “Radio Edits”: praticamente zero. Queste due parole non sono mai andate d’accordo già dai tempi di Images & Words quando i singoli di “Pull Me Under” e di “Take The Time” erano stati adattati ad esigenze televisive e radiofoniche grazie a mostruosi tagli sulle parti più tecniche. L’operazione ha poi creato in seguito il “M.L.A.F.A.D.C.D.S.A.M.D.F. R.S.D.R.E.I.Q.T.” (Movimento Lanciatori a Finestre Aperte di CD Singoli a mo’ di Fresbee resi schifosi da Radio Edits in quanto tali), una volta che si era venuti a conoscenza della bellezza del pezzo per intero. Mi auguro che queste 4 tracce non facciano la stessa fine dei singoli predecessori e considerateli come in realtà sono, dei semplici assaggi di un doppio album che vi sottoporra’ a diversi ascolti, prima di essere interpretato nella

giusta maniera. Noi ci abbiamo messo del nostro, facendo una copertina da collezione e presentandovelo in anticipo rispetto ai veri destinatari mediatici. Da parte della band, un modo per ringraziare e premiare tutti i fans che hanno atteso per due lunghissimi anni un altro album in studio dei Dream Theater, un modo per scusarsi di tutti gli incidenti di percorso accaduti (dvd difettoso, triplo live ritirato dal mercato a causa della copertina); insomma, un tributo che la band ha voluto fare a tutti voi insaziabili ma pazientissimi fans. In questa pagina trovate, oltre alla grafica “ufficiale” che abbiamo usato come sfondo, anche le 4 “alternative cover” proposte dai greci tra cui abbiamo scelto, quasi all’unanimità, quella che poi è stata stampata; speriamo di aver fatto una buona scelta;-) 2 Degrees of Petrus 2 Degrees of Simon


Nella scorsa fanzine vi avevo fatto una breve biografia di Jordan Rudess soffermandomi sui caratteri salienti della sua vita… vi avevo fatto conoscere i suoi album solisti e anche la maggior parte delle sue partecipazioni e progetti paralleli. Servirebbe un libro intero per parlare a fondo di Jordan ma purtroppo non ci è possibile farlo. Come promesso l’articolo della scorsa fanza avrebbe avuto un seguito ed eccomi qui con un’intervista fiume a Jordan, il quale non lesina mai parole quando si tratta di parlare con i suoi amici italiani. Un ringraziamento anche all’amico Erik del fan club “Theater of Dreams” il quale

ha intervistato Jordan due mesi prima di me e dal quale ho attinto alcune informazioni fondamentali. Petrus: “Ciao Jordan, come stai?” R: “Tutto bene ,grazie, abbiamo appena iniziato le prove per questo nuovo tour e siamo veramente impegnati, sto finendo di programmare tutti i suoni delle mie tastiere e sto anche imparando vecchi brani dei Dream Theater.” P: “Scusami !!! Hai detto tastiere ? Plurale ???” R: “Certo, qui la prima novità… avrò con me in tour anche una Korg Karma, sarà collegata via midi alla mia Kurzweil e quindi non verrà suonata.” P: “Siete pronti per questo tour 2002 ?” R: “Certo, prontissimi e inoltre abbiamo delle idee straordinarie per le scalette che andremo ad eseguire ogni sera… dovremo provare tantissimo, anche durante i sound check ma, siamo sicuri che il risultato sarà esplosivo” P: “Visto che parleremo in tour del nuovo album e che faremo una lunghissima intervista con qualcuno di voi nella prossima fanzine, perché non ci racconti di qualche episodio strano successo in studio prima di addentrarci nel tuo album solista … ad esempio si parla che è successo qualcosa con un pezzo di tastiera molto ‘fantasma’…“ R: “Si si, è vero, stavo ascoltando un mix di Kevin Shirley e nella mia mente facevo scorrere le note suonate dalla

mia tastiera… in quel mix non si sentivano però e pensavo fosse solo una questione di premixaggio o qualcosa del genere… poi quando stavamo mixando, pochi giorni dopo, chiesi a Kevin se non era il caso di alzare un poco il sound della mia tastiera proprio in quel passaggio… Kevin rimase allibito, mi disse che non c’era una parte di tastiera in quel passaggio.. io dissi che c’era e gli suonai la mia parte… e poi anche la successiva…” P: “Come andò a finire ?” R: “Nessuno ricordava tale parte, probabilmente andò persa nei passaggi da un computer all’altro e cosi in sede di mixaggio dovetti risuonarla utilizzando un piano che c’era negli studi di Kevin” P: “Veniamo all’argomento principale dell’intervista... che ci dici di questo nuovo solista?” R: “Beh, appena tornato a casa dal tour di ‘Scenes’ ricevetti una chiamata di Peter Morticelli di Magna Carta, il quale mi chiedeva se avevo voglia di fare un nuovo album solista. Presi del tempo per parlarne con mia moglie… volevo passare un po’ di tempo con la mia famiglia ma fu proprio lei a dirmi che ero matto se non facevo quell’album !!! Chiamai Peter e gli diedi il mio ok, dopo di che iniziò il processo di scrittura dei brani” P: “Un album diverso per te…“ R: “Come sai oltre ai Dream Theater sono coinvolto in altri ambienti musicali molto diversi dal progressive metal. Ho voluto provare ad esprimere maggiormente la mia musicalità, diversamente da ‘Listen’ che è un album meno maturo e diversamente da ‘Secret of the


muse’ che è basato su un’improvvisazione al piano. Questo album è stata per me la chance di scrivere la mia musica, quella che mi scorre dentro; è un album con un fondamento di progressive rock che però include tanti altri stili diversi tra loro… musica creata da me per fare viaggiare la mente dell’ascoltatore E’ un mix di tanti generi a cui sono affezionato, da cui provengo. Il focus principale rimane sempre il rock per dare energia all’album. C’è di tutto, un assolo di pianoforte, riff aggressivi uniti a parti romantiche. Ci sono fraseggi di pianoforte jazz e parti che ricordano il sound dei Dream Theater. Ho messo su questo cd tutto quello che fuorisce dalla mia testa” P: “E’ un processo naturale per te il fatto di comporre musica?” R: “Certo! A volte mi concentro per giorni interi su un brano, suono per ore ed ore e inserisco tutto all’interno dei miei computer. Campioni di suoni, fraseggi di synth, parti di pianoforte… inizio ad associare una ritmica e il brano comincia a prendere una sua forma. Mi ci vogliono anche quattro o cinque giorni per ultimare un solo pezzo. Essendo un musicista le idee mi vengono in diversi modi… a volte mi siedo davanti alla tastiera e i riff mi nascono semplicemente appoggiando le mani alla tastiera; altre volte mi vengono in mente giri di accordi mentre dormo… altre ancora mi vengono in mente mentre guido, in quel caso utilizzo il mio cellulare e chiamo la segreteria di casa dettando o canticchiando il motivo che mi è venuto in mente” P: “Come hai scelto i musicisti presenti in questo album ?” R: “Ognuno di essi è arrivato a me da strade differenti, un paio me li ha proposti l’etichetta; vedi Terry Bozzio… non lo conoscevo personalmente ma mi è sempre piaciuto il suo stile

di suonare. Dovevo scegliere tra Terry, Nick degli Spock’s Beard, Rod Morgenstein o Mike Mangini. La mia preferenza andò a Terry e tuttora sono convinto che sia stata un’ottima scelta.” P: “Terry Bozzio proviene al Texas, come avete fatto a registrare le sue parti ?” R: “Non potevo chiedere a Terry di trasferirsi a New York quindi gli ho spedito le registrazioni di tutte le mie tracce, le parti MIDI della ritmica di batteria e lui ci ha messo del suo in sede di registrazione. Gli avevo mandato anche le tracce di basso in modo da dargli una panoramica più vasta su come andava impostata la sezione ritmica. Terry ha avuto solo cinque giorni e ancora adesso non so come abbia fatto” P: “E Billy Sheehan come è arrivato a te ?” R: “Anche lui tramite la Magna Carta. Inizialmente la mia idea era di fare tutto l’album da solo, suonando tutti gli strumenti ma, proprio l’etichetta mi ha incoraggiato ad usare diversi musicisti anche per esigenze di marketing.” P: “Sappiamo tutti che Billy è un personaggio molto particolare… un genio, come ti sei comportato con lui ?” R: “Billy ha suonato sul brano ‘Crack the meter’. Avevo preparato degli abbozzi di spartiti per lui in quanto non aveva il tempo materiale di impazzire con la sua parte di sezione ritmica. Non gli ho dato nessuna dritta se non lo spartito che gli avevo preparato… ovviamente Billy l’ha stravolto ed il risultato si sente.” P: “E che ci dici dei chitarristi ?” R: “Steve Morse è arrivato tramite la mia connessione con i Dixie Dregs e ha curato parecchie parti soliste mentre John, beh, John Petrucci ha fatto grandi cose con me e ho

girato a lui la mia richiesta di avere un ottimo ritmico. Proprio lui ha suonato con la sua chitarra tutte le ritmiche che avevo creato tramite sampler e midi, il suo sound ritmico è inimitabile !!! John si è cimentato anche in alcune parti solistiche e il risultato e stato sorprendente… ha suonato al suo meglio !” P: “… e tutti gli altri ?” R: “Mark Wood è un mio amico, suona un violino creato da lui, si chiama Viper Violin e ha 7 corde. Mark ha suonato per me sia delle parti solistiche che delle parti orchestrali. Anche Eugene Friesen è un mio grande amico e ha partecipato, con il


suo cello, alle parti orchestrali mischiando il suono del suo strumento alla sua voce… lo puoi sentirebene alla fine del brano ‘Headspace’. La voce che apre l’album dicendo ‘At the moment of your birth’ è di Barry Carl, un basso che ho preso da un famoso gruppo chiamato ‘Rockapella’. Peter Ernst è un nuovo talento che ho scoperto mentre suonava ad una festa da queste parti…lo potete sentire suonare la chitarra classica sul brano ‘Shifting Sands’. Poi c’è il mio assistente Bert Baldwin che suona le keyboard strings.” P: “Come facciamo a riconoscere tutti i guest nel tuo album e i momenti in cui suonano ?” R: “Non è poi cosi difficile riconoscere lo stile di suono dei singoli. Nell’ultima pagina del booklet all’interno del cd sono indicati tutti i nomi dei guest e i relativi brani in cui suonano. Sta all’ascoltatore capire l’esatto momento in cui entra lo strumento di uno di loro.” P: “Leggendo bene noto che John Petrucci e Steve Morse compaiono nello stesso brano ‘Quantum Soup’ un’impresa in cui ancora non era riuscito

nessuno !!!” R: “Hai pienamente ragione, finchè quei due non si decideranno a fare un album insieme non avremo modo di ascoltarli. Ho pensato di lasciare le ritmiche di quel brano e John e di fare suonare Steve come solista.” P: “Girano voci anche di un altro chitarrista…….” R: “Se ti riferisci al fatto che anche io ho suonato alcune parti di chitarra è vero ;-) Durante gli ultimi giorni del tour di ‘scenes’ ho affittato una Music Man John Petrucci Model e ho messo giù alcuni riff di chitarra che mi passavano per la mente. In sede di registrazione dell’album mi sembrava strano suonare parti di chitarra con al fianco gente come John Petrucci… ma sperimentai quella che puoi sentire su ‘Shifting Sands’ dove ho preso un riff di chitarra sullo stile di Hendrix, l’ho filtrato tramite la mia Kurzweil e, in reverse, l’ho mixato all’interno dell’album. Lo ammetto, ho preso delle lezioni da John Petrucci ma, è tutta farina del mio sacco” P: “Sulla rassegna stampa di Magna Carta si parla di ‘Feeding the weel’ come di un concept, puoi spiegarcene il significato ?” R: “La ruota, in senso metafisico, rappresenta la vita e il movimento. Il nostro pianeta è costantemente in rotazione, il mondo è in rotazione e ci sono tante cose che noi possiamo fare per mantenere la nostra vita in gioco, la nostra ruota in movimento. Credo che ognuno di noi abbia la sua piccola ruota da fare girare e la cosa curiosa è che la possiamo controllare ed alimentarne il movimento. Il concetto di questo album è che ognuno di noi ha controllo sulla propria ruota, tanti credono nel fato, nel destino ed io sono estremamente convinto che ci sono cose che possiamo fare per avere il controllo su quello che è il nostro destino, la nostra ruota che gira. Ci sono

cose come la meditazione, gli esercizi ma, anche il lavoro… l’importante è che ognuno di noi possa fare qualcosa per rimanere in corsa. Sostanzialmente si parla un po’ di genesi umana, nel senso che ognuno di noi, dalla nascita, ha preso il suo posto in questa grande ruota che è in continua evoluzione. Non prendetemi per un pazzo, è solo un mio modo di vedere il mondo !!! La frase iniziale dell’album rende perfettamente la mia idea… infatti al momento della nostra nascita ognuno di noi prende il suo posto su questa stupenda, grande ruota che è il mondo, la vita ” P: “Come mai non hai usato parti vocali per guidare l’ascoltatore alla scoperta di questo concept ?” R: “Inizialmente l’idea era quella di avere anche parti vocali, poi qualcosa è cambiato nella mia mente; anche il fatto di dover coordinare parecchi musicisti ospiti mi ha fatto tralasciare eventuali parti vocali per concentrarmi sulla musica. Come ti ho appena detto, credo che la frase iniziale renda l’idea dell’intero concept” P: “Si vocifera che in un tuo album precedente è possibile ascoltare anche


Jordan Rudess nella parte di cantante;-)” R: “Vero, ‘Listen’, l’ultimo mio album solista uscito alcuni anni fa, annoverà come cantante anche un certo Jordan Rudess… penso che nessuno dei ragazzi all’interno dei Dream Theater abbia mai sentito questo album” P: “Ed ora esploriamo i pezzi… dopo una frase iniziale che ci introduce al concetto principale abbiamo ‘Quantum Soup’ …” J: “Questo brano è nato in Florida; ero in vacanza con la famiglia ed avevo affittato una tastiera presso un negozio locale ( S.P.Q.R. : Sono Pazzi Questi Rudess); questa tastiera non aveva le casse e nei pomeriggi in cui la mia famiglia si riposava dopo svariati bagni in piscina io mi mettevo in soggiorno e suonavo usando le cuffie. Volevo che questo brano fosse una sorta di avventura, qualcosa di intenso, di pieno; cosi ho creato questo sound da ‘big band’, molto jazzato… ho coinvolto il mio amico Eugene Friesen il quale ha dato un grande contributo con il suo sound stile Pat Metheny.” P: “Un altro pezzo che reputo interessante è proprio ‘Shifting Sands” R: “E’ un brano a cui sono molto legato, molto familiare per me. Inizialmente era stato scritto per festeggiare il quarantesimo compleanno di mia moglie, doveva essere la colonna sonora di alcuni video clip che volevo presentare durante la festa. Ad un certo punto, durante la composizione, ho notato che questo brano non doveva essere utilizzato per il compleanno di mia moglie ma, per un mio futuro album… e cosi è finito su ‘Feeding the wheel’. Avevo bisogno di una traccia rilassante nel

mezzo di tutta l’intensità all’interno dell’album e ho deciso di tirare fuori dagli archivi questo brano.” P: “E’ vero che ‘Dreaming in Titanium’ lo si poteva sentire l’anno scorso al NAMM ?” R: “Verissimo, non ti sfugge niente ! Avevo creato questo brano per la Kurzweil; doveva essere uno dei brani da mettere come sound di sottofondo ai visitatori dello stand. Oltre al brano creai delle parti grafiche con il mio MAC, ne venne fuori uno spettacolo audio video che fu proiettato in più di una occasione durante la fiera. Pensai che era un grande brano e lo conservai per un futuro album.. ed eccolo qua !” P: “I miei preferiti sono ‘Crack the meter’ e ‘Revolving door’, cosa mi dici in merito ?” R: “Credo che ‘Crack the meter’ sia il brano più radiofonico; ha un sound molto vicino a quello dei Dregs. Sia Billy che Steve Morse hanno fatto un gran bel lavoro. Mi viene in mente un sound un po’ vecchio stile, un po’ allo stato brado; è bello riuscire a far ricordare all’ascoltatore qualcosa di già ascoltato… un sound familiare ! Mentre in ‘Revolving door’ il discorso è completamente l’opposto; è qualcosa di elettrico, un sound che ti pervade la mente. John Petrucci ha fatto un grande lavoro negli assoli di questo brano, il titolo infatti si rifà molto ai tanti cambiamenti di stile presenti in tutti gli otto minuti e passa.” P: “La cover di questo album è molto significativa; come nasce ?” R: “Nasce da un mio amico che si chiama Dave Mattingly. Ha lavorato per parecchie pubblicazioni di fiction basate sulla scienza. Mi ha dato alcuni dei suoi lavori in modo da potermi orientare nel suo stile. Sapevo che volevo qualcosa da lui e dopo qualche giorno di discussione intorno all’argomento

fulcro dell’album Dave se ne è uscito con alcune prove, tra le quali ho scelto quella che potete vedere come copertina del disco. Prima mi hai chiesto perché non ci sono parti cantate, oltre alla risposta che ti ho dato aggiungi il fatto che nel booklet sono presenti, per ogni canzone, alcune frasi che riassumo un po’ il concetto che ho voluto esprimere musicalmente per ciascun brano” P: “Questo tuo nuovo album sarà facile da reperire nei negozi ?” R: “Certo, a differenza dei miei primi album solisti, questo album sarà distribuito da Magna Carta che sicuramente ha un’ottima distribuzione in tutto il mondo.” P: “Il 2001 è stato un anno molto produttivo per te, un album solista, tre mesi in studio con i Dream Theater e si parla anche di una collaborazione con David Bowie, vero ?” R: “Verissimo, è stato un anno importantissimo per me. La collaborazione con David è nata quasi per caso; lavorai in studio insieme al suo produttore Tony


Biscante per registrare alcune parti di tastiera nel nuovo album dei Prefab Sprout. Tony è un ottimo amico e quasi mio vicino di casa; un paio di anni fa mi aveva commissionato un paio di brani da comporre per David; uno inizialmente era per un film e un altro per un tribute a John Lennon. Al momento questi brani non sono usciti ancora. Durante i primi giorni di autunno Tony ha ricevuto l’incarico di produrre il nuovo album di David Bowie e non ha esitato a chiedere la mia collaborazione.” P: “Come si è svolta la tua collaborazione, hai scritto i brani insieme a David ?” R: “No, anche perché quando ci incontrammo David aveva già ben 19 pezzi in mano e il lavoro maggiore consisteva nel decidere quali fare uscire e quali no. Le sue richieste erano molto precise riguardo il mio lavoro; nessun riff particolare, parti di tastiere molto semplici; dovevo suonare cose che il pubblico poteva capire molto facilmente.” P: “Potremo sentire la tua presenza su ognuno dei brani che comporranno l’album?” R: “Io ho suonato in 8 pezzi, però in fase di mixing non so dirti come verranno fatti i relativi tagli” P: “Torniamo un po’ alla tua

musica, giorni fa John Petrucci mi stava descrivendo come impara nuove cose alla chitarra riproducendo sulla tastiera delle sue Music Man le tue parti di tastiera, anche tu hai qualche strano modo per imparare cose nuove ?” R: “Penso che tra me e John ci sia uno scambio impressionante di nozioni, anche a me succede di voler a tutti costi imparare e ripetere alcuni suoi riff sulla tastiera della mia Kurzweil. Per me il discorso è più facile in quanto ho delle basi di chitarra elettrica mentre non ho mai visto John mettere le sue mani su una tastiera ;-) Penso che suonare la tastiera sia una base per ogni musicista, penso che solo sulla tastiera puoi ricreare un’armonia completa, ecco perché John cerca di ricreare le mie parti musicali, anche per riuscire a fare evadere la mente dal manico della sua chitarra. Io personalmente cerco di prendere spunto da tutti i musicisti, da tutti gli strumenti; in quanto con la tastiera puoi avere un’infinità di suoni e la mente di un tastierista deve essere veramente aperta a tutto” P: “Le tue esperienze musicali coprono un po’ tutti i generi, hai mai provato a fermarti a pensare se i tuoi sogni di bambino sono stati realizzati?” R: “Quando ero bambino ero completamente concentrato sulla musica classica e sul fatto di diventare un pianista classico. Band come Genesis e Gentle Giants mi han-

no poi sconvolto la vita positivamente, aprendo la mia mente ad altri generi musicali . Sicuramente dopo i trenta ho iniziato a riempire la mia carriera di esperienze musicali che mi hanno portato ad essere fiero di me stesso” P: “Riguardo ai fatti accaduti l’11 settembre… ?” R: “Abito 40 miglia fuori dalla grande mela. Dalle mie parti la vita sembra essere tornata al suo tono abituale ma, alcune persone ancora sono impaurite. Ricordo alcune sere dopo la tragedia che io e Mike siamo stati a vedere un concerto dei Tool proprio nel centro di New York; mia moglie non ha assolutamente voluto mettere piede in città ed ha preferito rimanere in casa.” P: “Hai menzionato ora tua moglie, è proprio insieme a lei che hai organizzato un concerto a favore della croce rossa …”


R: “A dire il vero l’idea iniziale è stata mia, volevo fare qualcosa e l’idea di un concerto di beneficenza mi allettava parecchio. Mia moglie ha appoggiato la mia idea in pieno e ha deciso di prendere in mano la completa organizzazione della serata creando tutte le connessioni per aiutare la Croce Rossa. Abbiamo avuto praticamente pochissimi giorni per fare pubblicità all’evento ma internet ci ha aiutato parecchio e siamo riusciti a raccogliere ben 12.000 dollari tra cui un supporto anche dal vostro sempre presente fan club.” P: “E’ possibile che il materiale suonato durante quella serata possa apparire in un album ?” R: “La mia idea è quella di fare un album con il materiale di quella sera e di devolvere l’intero ricavato alla Croce Rossa. Purtroppo ho suonato materiale composto da altre persone e con i diritti ci sarebbe un po’ di confusione. Credo che prenderò tutto il materiale composto da me e aggiungerò alcuni brani presi dai miei archivi, oppure cercherò di aggiungere qualche brano inedito per fare in modo che sia tutto materiale scritto da me.” P: “E il tuo progetto con Rod Morgenstein, ci sarà un altro album?” R: “Certo, abbiamo già tantissimo materiale che speriamo di completare prima della partenza del nuovo tour con i Dream Theater.” P: “Hai nominato il nuovo tour dei Dream, ci saranno cose particolari come il precedente?” R: “Stiamo pensando di fare uso ancora di materiale come DV clips, video etc… Sicura-

mente ci sarà ancora Bert Baldwin che con una tastiera manderà dei video clip su dei megaschermi.” P: “Un tour a cui non potremo mancare allora…” R: “Certo, come ti dicevo all’inizio della chiacchierata vedrai che stupiremo i nostri fans.” P: “Allora ci vediamo in tour” R: “Beh, che dire di più… un saluto a tutti e… non mancate mi raccomando !” Petrus


E’ proprio vero che il mondo è vario… come è vero che se si gira un attimo il mondo ci si può imbattere nei Dream Theater in diversi modi…tutto cominciò con le prime versioni giapponesi con le classiche extra track o corredate di mini cd ma, col tempo anche la casa discografica dei nostri beniamini ha fatto uscire delle vere e proprie chicche anche in altri paesi… questo a partire da Scenes from a Memory. Delle varie versioni giapponesi dei cd dei Dream Theater e di tutte le svariate versioni orientali di Scenes from a Memory ve ne parlerò sicuramente in una prossima fanzine (ahime, lo spazio non è mai tanto per dire tutto ciò che vorremmo veramente) ma, in questo numero faremo un piccolo giro del pianeta per vedere cosa ci ha riservato l’uscita di “Live Scenes from New York”. Ometto le versioni video in

quanto la video cassetta VHS e il DVD usciti in altri paesi non hanno materiale extra rispetto alle versioni uscite in Italia seppur dopo tanti ritardi. Prenderò in considerazione solamente il famoso triplo cd per mostravi (le immagini in queste due pagine ne sono la testimonianza) un po’ quali e quante versioni sono state pubblicate. Purtroppo, la prima versione uscita quel famoso 11 settembre è quella con la copertina recante la cosiddetta “Flaming Apple” ovvero una mela in fiamme con lo skiline di New York (tra cui le Torri Gemelle) sullo sfondo. Tale versione è stata ritirata subito dopo la strage delle torri dal mercato e solo pochissime persone sono riuscite ad acquistarla. Il triplo

live è stato ripubblicato con lo stesso numero di etichetta con una nuova copertina dove, al posto del “Flaming Apple” compare il simbolo dorato dei Dream Theater. Vediamo cosa contiene questa versione : La versione più curiosa è quella uscita in Korea/ Taiwan. Già dai tempi di “Scenes…” queste due nazioni ci avevano riservato delle sorprese ma, questa volta si sono


dei Dream Theater in caricatura stile The Simpsons, niente di spettacolare ma molto curioso. Aprendo la confezione plastificata troviamo i tre cd e due booklet, uno contenente immagini e credits che nelle altre versioni sono stampati direttamente sul digipack, l’altro, scritto completamente in ideogrammi contiene una descrizione completa del contenuto del cd con tanto di mini recensione e, inoltre, reca delle immagini pubblicitarie delle nuove chitarre di Petrucci marcate Music Man / Ernie Ball.

veramente superati stupendo anche il sottoscritto. Tale versione di “Live scenes…” è contenuta in un box di circa 20cm x 20cm largo circa 8cm. Aperto tale box possiamo trovare all’interno una confezione plastificata (non digipack come tutte le altre) che contiene i tre cd e una maglietta. La maglietta porta sul davanti una stampa di una scena live

La terra del sole stupisce sempre tutti con le versioni migliori in assoluto degli album dei Dream Theater… dopo un’uscita un po’ sottotono di “Scenes…” (non c’erano contenuti extra, ne mini cd ma solo un adesivo), torniamo ai vecchi fasti con una confezione digipack molto più bella di quelle standard descritte sopra… una confezione più grande, più resistente, il classico OBI all’esterno. Ma la sorpresa viene dentro, oltre ai

tre cd, contenuti in copertine separate in modo da evitarne l’usura, troviamo il famoso “Tour Book” commemorativo venduto ai concerti del passato tour. La particolarità è che questo “Tour Book” è in formato miniaturizzato !!! Oltre a questo c’è anche un mini booklet di 8 pagine recante un messaggio personalizzato di Mike Portnoy e John Petrucci ai fans giapponesi. Unica nota negativa la mancanza dei contenuti audio descritti nelle precedenti versioni… e una buona scusa per averle tutte nella vostra collezione. Il giro del mondo è finito Petrus


La nebbia agli irti colli piovigginando sale… ma sotto il maestrale non c’è un mare che urla e biancheggia, piuttosto c’è il Simon che urla e impreca a causa della visibilità zero fuori dal Palaquatica. Tutti voi che siete stati il 20 novembre al concerto dei Transatlantic vi ricorderete sicuramente della nebbia scesa dopo le 17.00.Una nebbia impressionante che ha rallentato l’arrivo di parecchie persone; in tanti si sono addirittura persi ma, il peggio è venuto all’uscita: praticamente un muro invalicabile di nebbia, alla mezzanotte, ha rallentato l’uscita di tutti mettendo anche in pericolo coloro che dovevano guidare fino a casa. Il cartello che abbiamo trovato al casello di Melegnano diceva: “nebbia fino a Lodi” ma, noi la nebbia l’abbiamo trovata fino a Rimini… ma partiamo dall’inizio. E’ un martedì come tutti gli altri in quel di Rimini, alcuni ospiti in

casa del sottoscritto… la sera prima i soliti discorsi, i soliti ricordi dei tanti concerti visti in giro per il mondo… le solite birre e la solita piadina. La mattina seguente il risveglio non è il massimo della vita ma, il furgoncino di Simone chiamato ‘The YtseVan’ arriva sotto casa mia con un grande scaramazzo di clacson. Tutto è pronto per un’altra trasferta… una della più attese dell’anno; dopo il concerto degli “Yes” di pochi giorni prima Milano ci aspetta di nuovo; Mike Portnoy e i suoi Transatlantic fanno la prima attesissima comparsa in Italia per quello che si prospetta un grande evento. Le speranze che i nostri cari quattro amici suonatori non ripetano le figuracce delle date del tour americane sono tante. Il viaggio scorre tranquillo tra una sosta in autogrill, un po’ di pogo e qualche chiacchiera giusto per allietare l’atmosfera.

L’arrivo a Milano è nel primo pomeriggio e all’interno del Palaquatica ci sono solo i tecnici che stanno montando la strumentazione. Il primo a venirmi incontro è Alan ovvero la persona che, con Vivio, ha curato tutta la storia della batteria di Mike, una persona in gamba e molto disponibile a spiegarci tutti i trucchi del mestiere. Mentre Simon e Millo si assentano per un giro in centro città io mi fermo per fare alcune foto e, di li a poco, ecco entrare prima Roine con Daniel dei Pain of Salvation (per l’occasione quinto membro della band !), poi Pete che si accerta subito che tutto vada per il verso giusto e infine i due più casinari: Neal e Mike. Mike sfoggia un look completamente nuovo, con capelli corti riccioli e occhiale da sole anche in condizioni di buio pesto. Pochi minuti ed inizia il sound check; c’è chi si diverte a fare le foto anche durante il sound


check mentre il sottoscritto prende posizione su una sedia e si gode lo spettacolo di 5 pazzi scatenati che, essendo l’ultimo giorno di tour, hanno voglia di scherzare molto più del solito. Il soundcheck non dura tanto ma, si capisce benissimo che li gruppo è rodato, molto più dei concerti americani, quindi la serata sarà emozionante. Si fa presto sera e i cancelli vengono aperti, fuori oltre alla nebbia c’è un freddo polare e i presenti fanno presto ad entrare dentro il tendone dove si terrà il concerto in cerca di un po’ di caldo… la solita calca al banco del merchandising e poi le luci si spengono. L’intro di ‘Duel with the Devil’ esce dalle casse prima che la band salga sul palco e poi, con un flash di luci, ecco tutti e 5 apparire alle loro posizioni. La batteria di Mike è posizionata di traverso rispetto al pubblico cosi come le tastiere di Neal, in modo da lasciare più spazio al pubblico interessato a spiare la tecnica dei due. Nel centro del palco Pete e Roine e poco più dietro Daniel in una zona molto oscura. I venticinque minuti e passa del primo brano sembrano non finire mai ma la certezza che la band è in forma ormai è assodata. Finalmente tutti i presenti possono assaporare il sound transatlantico meglio che nel doppio live o nella versione video. Le emozioni sono appena iniziate e dopo un brano da “Bridge across forever”, ecco ‘My new world’ presa dal primo lavoro di questo quartetto. Ancora una buona ventina di minuti di emozioni per poi sfociare nella ballad ‘We all need some light’. La voce di

Neal delizia il pubblico e ci conferma che anche il vocalist e tastierista di questa band è un animale da palco che sa tenere calda la platea. Purtroppo una platea poco numerosa, un po’ per la lontananza del concerto (soprattutto per chi abita in centro italia), un po’ per il fatto che il concerto è in un anonimo martedì, e maggiormente per il costo veramente alto del biglietto, cosa di non poco conto. Non c’è tempo per fermarsi e torniamo subito al secondo album con la lunghissima ‘Suite Charlotte Pike’ contornata di uno stupendo medley dei Beatles che Mike ha deciso di chiamare ‘Abbey Road Medley’; i brani suonati (compresi i cinque capitoli della suite) sono : Jam/If She Runs, You Never Give Me Your Money, Mr. Wonderful, Mean Mr. Mustard, Polythene Pam, She Came In Through The Bathroom Window, Jam/Temple Of The Gods, Motherless Children/If She Runs (Reprise),

Golden Slumbers, Carry That Weight, The End, End Jam, Her Majesty. Ancora un’altra mezzora buona di sound più che ottimo con tanto di ricordo di una delle band che hanno segnato la storia della musica… I Beatles. Un pò di pausa per la band, giusto 2 minuti per la diffusione dalle casse dell’intro di ‘Stranger in you soul’ e tutti siamo pronti per un’altra mezzora di musica. Questo sembra essere l’ultimo pezzo e infatti succede di tutto a metà del brano… Mike e Neal si scambiano gli strumenti (da notare che mentre Neal è anche un ottimo batterista Mike non ha invece un’idea di come si mettono le mani sulla tastiera), Pete si esalta al basso e la sezione di mezzo culmina con uno stagediving di Mike con tanto di camminata sulle teste di altri (la foto di queste pagine lo conferma). I dieci minuti restanti del brano vengono eseguiti e i sette capitoli di questa suite sono eseguiti in maniera eccezionale. Stavolta sembra finita… il concerto dura


poi mai avremmo sperato che qualcosa del genere potesse accadare ad un concerto dei Transatlantic. Sapevamo già le scalette dei concerti precedenti ma stentavamo a credere in uno show cosi bello. Dopo l’ultimo pezzo eravamo pronti per ascoltare anche “Shine on your crazy diamond”, la splendida cover dei Pink Floyd presente sul secondo cd di ‘Bridge across forever’, un’attesa vana in quanto la band ha salutato il pubblico definitivamente.

da più di due ore… il pubblico è contento e la band ha saputo dare spettacolo fino in fondo… ma le luci ancora non si accendono.

Scopriremo poi in after show, parlando con Mike, che la band è rimasta un pò delusa dalla presenza del pubblico decisamente sotto tutte le aspettative e per questo motivo non hanno eseguito la cover dei Pink Floyd.

La band torna sul palco per il bis e le note di “All of the above” rimbombano nel tendone del Palaquatica. Ancora mezzora buona di concerto… spettacolo. Guardo sorridendo Emiliano ricordando la performance di quasi tre ore degli “Yes” del sabato precedente pensando che mai e

I saluti alla band sono velocissimi a causa della nebbia che ci causerà non pochi ritardi… il viaggio di ritorno infatti è lunghissimo e straziante per chi la mattina dopo deve lavorare ma, il ricordo di un bel concerto ci fa compagnia fino a Rimini. ______________________

INTERVISTA CON PETE Ciò che segue è il risultato di un’intervista fatta dai colleghi olandesi a Pete, bassista del gruppo e dei Marillion contornata dalle quattro chiacchiere che il sottoscritto a fatto con l’intervistato poco prima del concerto di Milano, un’intervista abbastanza curiosa. Pete: “Tutto è iniziato quando ci invitarono al Near Fest negli States, nel settembre del 2000, qualche giorno dopo il concerto al Roseland dei Dream. Tali organizzatori del Near Fest volevano avere a tutti costi il Transatlantic come band americana. Sapevo che sia i Flower Kings che gli Spock’s avevano già partecipato e l’idea era molto eccitante per me, l’organizzazione avrebbe coperto i costi della trasferta mia e di Roine dall’Inghilterra all’america. Era una buona occasione per tutti noi. Il problema più grosso non era quello di dover provare i brani ma era quello di stare un pò di tempo insieme per conoscerci meglio in quanto nelle settimane di registrazione dell’album ci fu molto da lavorare e poco per stare insieme” Domanda: “E’ vero che vi siete conosciuti tutti nella poco prima di entrare in studio per registrare il primo album?” Pit: “Si, parzialmente vero… Neal e Mike già si conoscevano bene ma io e Roine ci siamo conosciuti in hotel proprio poche ore prima della partenza del nostro aereo per New York. Neal fu curiosissimo, si presentò in studio dicendo “Ciao,


io sono Neal…”, non credi che sia curioso ?” D: “Direi ma, poi vi ha spiegato che era colui che doveva suonare le tastiere ? ;-)” P: “Certo, si è presentato spiegandoci un po’ chi era e come funzionava il tutto ma, la vera persona di riferimento era Mike; tutti noi lo conoscevamo perfettamente e lui conosceva noi, in fondo era proprio lui ad aver scelto noi per questo disco.” D: “Questa è l’introduzione alle registrazioni dell’album ma, torniamo al primo tour…” P: “Beh, dopo il primo album e un piccolo shouw case capimmo che potevamo essere considerati una band e trovammo veramente utile per noi poter suonare insieme su un palco. Fortunatamente alcuni organizzatori ci proposero alcune date per giugno 2000 e per noi era una vera occasione per suonare i nostri brani finalmente davanti ad un pubblico prima dell’apparizione al Near Fest. Ci organizzammo in fretta, passammo alcuni giorni a casa di Mike per le prove, lui era impegnatissimo, aveva appena concluso una parte di tour con i Dream, era presissimo con l’organizzazione del Roseland ma trovò lo stesso il tempo per metterci a disposizione uno spazio per provare.” D: “Come è stata l’esperienza durante i giorni di prove in casa di Mike ?” P: “La sfortuna non ci ha abbandonato mai, avevamo pianificato molto bene i nostri

giorni di prove ma abbiamo dovuto attendere per un giorno che il nostro aiutante ci portasse un impianto per fare le prove. Il primo giorno lo abbiamo praticamente passato a discutere tra di noi e a gironzolare per casa di Mike mettendogli a soqquadro il suo basement dove ha la sua collezione di dischi e reliquie. Quell’uomo colleziona di tutto, sia dei Dream Theater che dei Beatles, passando per Led Zeppelin e Grateful Dead. Abbiamo passato tutta la serata per decidere i brani da suonare ai concerti, mentre i seguenti due giorni li abbiamo trascorsi provando. Alla fine dei tre giorni eravamo prontissimi per suonare, eravamo molto uniti e i concerti ci hanno dato ragione…” D: “Quindi le date di giugno vi sono servite per avere una maggiore coesione all’interno del gruppo…” P: “Direi ! Più suonavamo insieme più ci rendevamo conto che non eravamo semplicemente un side-project ma una vera e propria band. Quei pochi giorni in casa Portnoy ci furono utilissimi per rafforzare l’unione musicale e l’affiatamento tra di noi; e il tour, a parte le sfighe che ci sono capitate in tutti e sei

giorni, andò in maniera egregia secondo noi. Sembrava un po’ di essere noi quattro contro il resto del mondo!!!” D: “Secondo te, questo piccolo tour e poi la data al Near Fest sono serviti come stimolo per il secondo album ?” P: “A dire il vero ci aspettavamo di più dai concerti, non tanto dal nostro sound ma proprio dal pubblico… in fondo il Transatlantic era considerato un side-project e in pochi furono invogliati a venirci a vedere anche se gli show furono molto belli e i pochi presenti erano coinvolti. Di un secondo album si era già parlato, volevamo avere più musica da presentare al pubblico, ci sarebbe piaciuto vedere un po’ la prospettiva di suonare in Europa, insomma, c’era già parecchia carne al fuoro anche prima di questo mini tour.” D: “Il progressive rock ha un mercato molto difficoltoso


band di appartenenza.”

sia in America che in Europa, poi voi siete considerati un progetto parallelo e la distribuzione non vi aiuta cosi tanto.” P: “Per la distribuzione ci siamo affidati alla Inside Out che è una grande casa per il progressive rock e metal, purtroppo però sembra tutto rose e fiori; componenti di band famose che fanno un disco, la gente in eccitazione, tanti siti internet che parlano di noi… ma, quando vai a fare i conti con l’oste vedi che è tutto sotto le aspettative. In ogni caso per noi è divertente fare ciò che facciamo come Transatlantic, dopo due album in studio e due tour siamo diventati molto amici e riusciamo a progettare qualcosa sempre riuscendo a mantenere il focus sulle nostre

D: “A quanto pare l’Europa ha reagito meglio al vostro progetto, non credi ?” P: “Certamente, io me lo immaginavo e ho cercato più volte di convincere Mike e Neal a fare un tour nel nostro continente. Purtroppo tutti noi abbiamo anche delle famiglie e dopo dei tour lunghissimi ci adoriamo starcene in casa con i nostri bimbi a giocare e a rilassarci. Inoltre progettare un tour in Europa è molto costoso e Neal è uno che guarda molto il lato monetario della cosa. Come vedi, però, siamo riusciti a schedulare un bel tour in un mese in cui ognuno di noi era rilassatissimo. Undici date in Europa non sono niente male; sapevamo di avere una grande base di fans in Inghilterra e in Germania, sapevamo che non potevamo mancare in Italia e cosi è stato” D: “Ti piace il posto in cui state per suonare ? (riferito al Palaquatica)” P: “Direi proprio di si, sarà una bella audience stasera, so che i fan italiani sono molto legati a

Mike e credo che ci siano tante persone desiderose di ascoltarci dal vivo con questo sound completamente differente dai Dream Theater” (Purtroppo la serata non ha avuto l’audience prevista dalla band e Pete a fine concerto era un po’ contrariato NDPetrus) D: “Come mai la decisione di suonare cosi tante cover dal vivo ? Mi riferisco a stasera, alle serate precedenti in Europa e anche a quelle americane” P: “Ci siamo chiesti subito dall’inizio, in america, come poter riempire il tempo sul palco, volevamo fare uno show molto lungo e decidemmo di fare dei piccoli tributi ai nostri gruppi preferiti: Beatles, Genesis, Pink Floyd. In America non avevamo ancora un secondo album fuori e non potevamo fare solo un’oretta di concerto; qui in Europa è stato più facile con due album fuori, anche se Mike ci ha convinto a fare questo lungo medley dei Beatles. E’ un sound che si avvicina molto al nostro genere e poi noi è molto divertente suonare cover.” D: “Visto che siamo alla fine di questo tour, ci puoi raccontare qualche episodio strano o bizzarro accaduto durante i vostri concerti ?” P: “Ci sono delle cose stupidissime che ti potrei raccontare, molte sono accadute grazie al nostro tour manager. La più curiosa ci è successa poco distanti da Philadelpia; avevamo fatto una pausa per fare benzina al tourbus e avevamo anche voglia di mangiare qualcosa nel vicino Burger King. Evan (il tour manager) si sedette con noi e, per chissà quale misteriosa combinazione, appoggiò le chiavi del tourbus sul vassoio in cui stava mangiando. Noi avevamo finito quando ci alzammo e andammo in bagno,


lui ancora non aveva finito ma ci seguì… al nostro ritorno dal bagno la ragazza del fast food aveva buttato via tutti i nostri vassoi nella spazzatura credendo che anche Evan avesse finito. Passammo una buona mezzora a convincere il personale del locale a farci cercare nella spazzatura le nostre chiavi e arrivammo al luogo del concerto con una buona ora di ritardo.” D: “Si narrà che Philadelpia per voi è stata una città sfortunata…” P: “Beh, direi (ridendo)… il concerto è stato il peggiore, abbiamo avuto un mare di problema con i monitor sul palco, problemi con le chitarre e sulla via del ritorno abbiamo anche avuto un incidente in quanto Evan (che in quel momento guidava) andò a tamponare un idiota che aveva inchiodato poco davanti a noi. Anche Evan fu l’idiota di turno in quanto non guardava la strada… il problema è che la polizia stava guardando il traffico in quel punto perché eravamo vicini ad un ponte… cosi ci fecero scendere e controllarono tutti i nostri documenti, a me e a Roine ci chiesero anche i passaporti che ovviamente erano ben custoditi dentro le nostre valigie… non eravamo americani e ci hanno controllato da cima a fondo… un incubo !!!” D: “Ve ne sono successe anche sul palco vero ?” P: “A parte alcuni problemi di audio a Philadelpia l’episodio più bello fu a New York. Neal era nel centro di un momento abbastanza sincopato, lo stand delle sue tastiere si ruppe e una tastiera cadde nel mezzo del palco producendo un suono terribile che fuoriusci dalle spie e rischio di romperci i timpani. Penso che sia stato uno dei botti più grossi che ho sentito in vita mia” D: “A quanto pare è stato un

tour molto divertente anche per voi… ma, parlaci un po’ di Mike, prova a darci una tua visione di Mike come uomo e come batterista…” P: “Beh, Mike come batterista è impressionante, non è un uomo, è una macchina… tutti i Dream Theater sono delle macchine. Con i Transatlantic era più rilassato e l’ho visto anche sbagliare… ma non sbaglia per delle imprecisioni, riesce a sbagliare solo alcune volte in cui prova a fare cose più difficili di quelle che sa già fare… ma ti assicuro che la seconda volta non le sbaglia mai.” D: “E come uomo … ?” P: “Beh. E’ una delle persone più simpatiche e disponibili che abbia mai conosciuto.Tutti i DreamTheater sono persone speciali. Ho avuto modo di essere loro ospite a un paio di concerti e devo confidarti che sono veramente persone semplici, non tutti i grandi artisti sono cosi disponibili con tutti. Nonostante gli impegni di un tour, lo stress della stampa, dei fans, sono sempre disponibili ad incontrare tutti e a concedersi. Mike poi è un perfezionista, non deve andare nulla storto quando ha lui il controllo, cura ogni particolare, non si fa sfuggire nulla e ti assicuro che nel music business di oggi non sono tutti cosi.” D: “Tra poco inizia il concerto…” P: “Si torno nei camerini a riposarmi un po’… tanti saluti a tutti gli Italian Dreamers”.


Bentornati. Eccoci dunque all’ultima parte di questa ‘saga’ che ci ha portato a conoscere molto in dettaglio la storia della batteria di Mike. Chi ha avuto l’opportunità di assistere al live Transatlantic a Milano nel novembre scorso avrà potuto vedere il co-autore di questi articoli, Alan Muirden, proprio in veste di “drum technician” alle spalle di Portnoy, in sostituzione di Josè che aveva altri impegni in quel periodo. E’ comprensibile quindi quanto precise possono essere le sue informazioni… Con questo capitolo, dunque, si conclude il ciclo, sospeso sull’ultima fanzine nel periodo di Falling Into Infinity. Riprendiamo: Quando FII fu registrato Mike aveva due kits montati in studio: oltre al “Purple Monster” aveva un set di 4 pezzi costituito da parti del suo vecchio set Imperial Star. I pezzi erano una cassa da 24”, un tom da 12” ed un timpano da 16”. Il rullante era uno dei suoi normali Starclassic Air-Ride. La selezione dei piatti consta in un Rock Ride 22”, due AA Crash da 16” e 18”, uno Splash da 10” ed un Mini China 12”. Non dimentichiamoci il doppio pedale, avendo una cassa sola… Mike si avvalse del lavoro di John “Magee” McGary per il tour di FII al posto del suo drum tecnician abituale Josè Baraquio, in quanto non era disponibile a causa di problemi famigliari durati per tutto il tour. Josè si dovette incontrare con Magee, visto che a quel tempo l’album era già stato registrato e Josè “costruì” ben prima il kit Starclassic. Magee quindi si trovò un tantino spaesato. Fortunatamente ogni singolo pezzo del kit è etichettato, quindi l’assemblaggio diventa

relativamente semplice. L’incontro per questo passaggio di consegne avvenne appena prima dello show di apertura del tour. Magee cominciò a far parte dello staff appena dopo questo evento. Durante il tour di FII Mike si presentò con delle pelli frontali sulle casse, nere col logo Tama Starclassic. Queste videro due cambiamenti durante il tour: il primo avvenne quando arrivarono le nuove pelli stampate con il disegno della copertina del disco, ma (sia in USA che in Europa) furono realizzate senza il logo Tama. Questa situazione perdurò fino alla fine del ’97. Durante il ’98 le casse ottennero finalmente le stesse pelli, con lo stesso design, ma col logo Tama aggiunto… Inoltre, sempre durante il tour di FII, Mike fece alcuni clinics qua e là, per cui venivano ‘sballottati’ tra le città dove i Dream Theater suonavano al momento (Helsinki per ex.) e Mike usò il suo kit europeo o quello americano come nel caso delle date in Brasile. Curiosamente le pelli frontali di Fallin’ vennero rimpiazzate da quelle nere col logo Tama per molti di questi clinics… Ci fu una sola eccezione all’uso del kit verde/ bianco/verde europeo durante il tour. Capitò durante la data di Atene, dove Mike suonò un kit Starclassic fornito localmente con gli Octobans ed il Gong tom versione standard, neri; tutto senza rack, quindi Magee dovette provvedere al montaggio con le classiche aste (un lavoraccio…). Questo kit era in versione colore “Sunbrust fade”, con le pelli delle casse nel solito nero con logo Tama. Le varia-

zioni nel parco piatti, in questo periodo, interessarono il China Kang 10”, solitamente alla sinistra sopra il primo paio di Octobans: fu rimpiazzato da una versione 8” e il 10” venne montato sopra lo Splash da 10”, a contatto. Il Mini China da 12” alla destra di Mike venne sistemato sopra (anch’esso a contatto) il Jack DeJohnette Encore Crash 14”. Con questi due ‘settaggi’ i bordi capovolti dei china kang davano una resa molto più trash, specialmente il 10”, ma il suono era egregio! Mike e Sabian battezzarono questi piatti “Firecracker stacks” proprio grazie al loro suono tagliente ed esplosivo… Lo Splash 6” che era stato messo sopra al Tambourine fu sostituito da due Ice Bells della LP da 6” ed 8”, insieme sulla stessa asta. L’HH Crash da 17” di fronte a dx venne rimpiazzato da un 19“ e l’AA Crash 16“ di fronte a sx divenne un 17“ versione HH. Sempre in questo periodo Mike integrò il Tama Rhithm Watch, che sarebbe una sorta di metronomo elettronico montato all’estrema sinistra del kit. Questo fu presente su tutti e tre i kits, ma col tempo divenne meno importante di un asciugamano… Mike affrontò il Fallin Into infinity tour con due kits: negli Usa il secondo kit era la versione ridotta a 4 pezzi del sopracitato kit Imperial Star, identico a quando lo usò per il lavoro in studio ma con un set di piatti leggermente ridotto. In Europa questo kit non fu trasportato, anche se per il concerto famoso di Rotterdam era proprio quello, completo con pelle della cassa col logo Majesty, con un tom in più da 14” montato alla sinistra di MP. A parte Rotterdam, quindi, tutti i concerti Mike li affrontò usando il tom da 12” per la parte del suo solo che riguardava la partecipazione del pubblico ed un kit di quattro pezzi Starclassic coi tom versione profonda, entrambi sospesi sopra la cassa. Durante il tour ELP/DeepPurple negli Stati Uniti (gli shows finali di FII) Mike ottenne due nuovi set di “Barchimes”. La versione LP venne


quindi sostituita con questi due set nuovi fiammanti. I più attenti potrebbero aver notato il graduale deterioramento di questi strumenti, specialmente del set alla sinistra di Mike, durante il corso del tour. Lo stesso successe nel tour di Awake… Per concludere il discorso riferito a Fallin’ possiamo parlare delle scarpe. Già anche le scarpe! Da quel tempo fin’ora, Mike utilizza dei “Wrestling Boots” di ASICS. Sono perfette per suonare la batteria, sostengono bene la caviglia ed hanno una suola fine che permette di avere una buona sensazione coi pedali, soprattutto per quando si lavora molto di doppia cassa! SFAM e oltre…. La registrazione di Metropolis pt.II- Scenes From A Memory al Beartracks Studio’s, a Suffern, NY, vide di nuovo il “Purple Monster” in azione. Le uniche modifiche degne di nota fatte al kit sono state l’aggiunta dei prototipi degli Splash “Max” e “Stax” e di alcuni Sabian Radia Cup Chimes, posizionati come segue: 7” sopra il 10” Medium Stax in fronte, i tre Cymbal Disks alla sinistra di Mike vennero sostituiti da due altre Cup Chimes

Radia (7” ed 8”); le due Ice Bells LP montate appena sotto lo Splash da 6” sulla dx (poi cambiato, lo splash, con un 7” Max Splash…) vennero rimpiazzate con un’ennesima Radia Cup Chime da 8”. Comunque, quando venne il momento del tour di SFAM, la Cup Chime sopra lo Stax 10” fu sostituita con un Cymbal Disk 6”. Altre modifiche occorse per lo SFAM tour interessarono la sostituzione della Thunder Sheet dietro al kit in luogo di un Gong “Zodiac” da 28”. Un paio di date dopo l’inizio del tour la Thunder Sheet passò dall’estrema destra all’estrema sinistra, questo a causa del limitato spazio che ormai restava intorno che dava dei problemi col posizionamento del Percussion Rack. Di comune accordo tra Mike e Josè, quindi, la Thunder Sheet venne mandata in pensione ed il Gong si ritrovò all’estrema sinistra, in una zona poco raggiungibile del resto... Quando i DT vennero in Europa nel novembre ’99 per fare qualche data col nuovo ‘assunto’ Jordan (e debuttare con qualcosa del nuovo materiale di SFAM), l’Euro Starclassic kit tornò ad avere le pelli frontali delle casse col normale logo Tama su fondo nero. Questo fu anche il caso delle

date di apertura del tour mondiale di SFAM in USA, iniziate alla fine di gennaio 2000. Le nuove pelli coi titoli dei giornali apparirono nel kit americano solo a metà febbraio. Molti di voi avranno notato che il giornale raffigurato sulle pelli aveva la parola “Daily” sostituita dalla parola “Tama”… Originale! Altri cambiamenti occorsero vicino alla fine del tour di SFAM: la Radia Cup Chime che era montata sotto il Max Splash 7” qualche volta scompariva del tutto, e poi (v. Roseland) la si ritrovava montata sopra il Low Stax. Questo puramente per il fatto che lo spazio sopra il tambourine a destra non lasciava spazio a più di un piatto. Sul kit europeo la Cup Chime di sinistra venne eliminata del tutto… E questo è tutto. La lunga storia della crescita del cuore ritmico dei Dream Theater finisce qui. Altre modifiche saranno sicuramente avvenute, nel frattempo, in occasione dello sviluppo di Six Degrees of Inner Turbolence, ma di questo, magari, ne parleremo un’altra volta… Ciao a tutti! Alan & Vivio


La tecnologia ha fatto grandi passi anche nel mondo del supporto audio/video. Il DVD ormai da qualche mese non è più una novità riservata a pochi, bensì il nuovo formato di supporto video che pian piano, ma non troppo, andrà a sostituire la ‘vecchia’ videocassetta in VHS, esattamente come il CD ha fatto per il vinile e tutt’ora sta facendo con la classica cassetta. Un esempio è il doppio video didattico di Mike Portnoy, già recensito su queste pagine un annetto fa. E’ finalmente uscita la versione DVD, splendido esempio del potenziale che offre questo tipo di supporto. Il prodotto è sempre composto da 2 sezioni, una dedicata al Liquid Tension Experiment e l’altra ai Dream Theater, esattamente come nella vhs.La differenza sostanziale, oltre alla possibilità poter di saltare da un capitolo all’altro quasi con la stessa semplicità di un cd, cosa non da poco (pensate al Fast Forward del videoregistratore… aaargh!!), tramite la selezione dei capitoli nel menù principale, è l’aggiunta di nuovo materiale sotto forma di video live e quella splendi-

da opzione offerta dal DVD che sarebbe la scelta dell’angolo di ripresa del video.Cosa questa che in un video didattico, quale è LDT, è fantastica! Francamente mi aspettavo che tutte le tracce didattiche offrissero la possibilità di scelta dell’angolazione, invece solo due per disco lo permettono: nel DVD1 abbiamo “When The Water Breaks” e “Biaxident”; nel DVD2 “Home” e “Dance Of Eternity”. Sono possibili 3 angoli di ripresa: uno principale, diciamo ‘normale’, esattamente identico a quanto mostrato nella VHS; il secondo è una ripresa aerea di Mike e strumento, che essendo quasi sempre in movimento si trova a volte a dare una visuale capovolta rispetto a quella che credo desiderino tutti i batteristi che vedono questo video: batteria in alto e Mike in basso (la stessa visuale che più o meno si avrebbe stando seduti dietro al proprio strumento, per intenderci). Non che sia un handicap, comunque. Tutto quanto è sempre ben chiaro e visibile. La terza opzione è una ripresa fissa sui piedi, da un’ottima posizione direi: centrale, leggermente angolata verso sinistra. Mi è capitato, in passato, di vedere video che mostravano in un angolo dello schermo una


ripresa dei piedi vista di lato, quello sinistro, che non permetteva di vedere chiaramente il piede destro, cioè il più importante! Con LDT è tutto bello chiaro!Anche la scaletta principale di tutto il lavoro è stata riprodotta tal quale nel DVD. C’è però l’aggiunta di una bonus track su ognuno dei due dischi: nel primo ci sono circa 10 minuti live di “Paradigm Shift”. Nel secondo troviamo “Lines In The Sand”, 11 minuti, sempre live. La selezione di ciò che si vuol vedere è permessa dal semplice menù iniziale, supportato da della musica in sottofondo che cambia a secondo del menù che si sta navigando (da LTE per dvd1 e DT per dvd2 ovviamente). Abbiamo la funzione per far partire l’intero video, quella della scelta dei capitoli e quella delle “Special Features” dove possiamo trovare le bonus tracks sopracitate, il menù di selezione della visuale della ripresa, una photo gallery (ma solo nel dvd2), il link internet della Hudson Music con un piccolo estratto del suo catalogo, e la funzione Audio Selections dove si accede ad un’ennesima chicca, l’ultima, che questa versione ci riserva: la possibilità di attivare il commento audio di Mike. Significa che se si seleziona questa funzione e si fa partire la riproduzione dell’intero video, sentiremo i commenti di Mike, con la musica passata in sottofondo, introdotti in ogni parte di sola musica (dove non parla già, insomma). Tali commenti riguardano alcuni aspetti della tecnica che sta eseguendo o considerazioni generali sul pezzo o sullo strumento... Sempre in un inglese bello chiaro quale è quello del nostro Mike. (E per fortuna visto che purtroppo non sono previsti doppiaggi e tantomeno sottotitolazioni!) E’ bello attivare questa opzione se si è già visto tutto il video prima, però. I produttori di questo video sono i capi in persona della Hudson Music ovvero Rob Wallis e Paul Sieger che vediamo nella foto in basso insieme allo stesso Mike. La loro volontà di produrre “in prima

persona” questo video ha fatto fare quel salto di qualità che ci permette di valutare il lavoro come un “must” per ogni fan di Mike. Ho avuto modo di vedere diversi video didattici nel passato che a volte risultano addirittura noiosi, a causa del fatto che si concentrano unicamente sulla didattica o a causa della semplicità dei mezzi utilizzati per la produzione, che danno un risultato abbastanza monotono. Negli ultimi tempi la qualità di questi prodotti è comunque migliorata anche rispetto a queste cose, ma LDT è ancora diverso dal solito. Penso che Mike si sia molto divertito a girare il filmato: abbiamo diverse “location”, da New York al Millbrook Studio, dal Beartrack alle sequenze live in giro per il mondo. Questo suo entusiasmo lo ha spinto ad aprire un po’ di più le sue “scatole dei segreti” rendendoci partecipi di un pezzo di storia che va da Images & Words fino al tour di Metropolis 2000. Diciamo insomma che, rispetto al solito, risulta un prodotto sicuramente più commerciale, viste tutte le parti aggiunte, ma la visione diventa più interessante anche per un qualsiasi fan di Portnoy e soci che non suona la batteria. La cosa più buffa e particolare è la confessione di Mike sul video di “The Dance of Eternity”. Al momento di registrare il filmato, il tour di M2000 non era ancora cominciato e dunque Mike non aveva mai suonato quel pezzo tutto intero dall’inizio alla fine. Per paura di sbagliare o di non eseguire bene un particolare passaggio, il buon vecchio Mike ha registrato il video così come ha registrato l’audio sul disco, cioè un

pezzo per volta. I maghi dell’editing video hanno fatto “sparire” qualsiasi taglio rendendolo poi un pezzo unico, ma con la possibilità del DVD di scegliere l’inquadratura, provate a posizionarvi sui piedi e vedrete delle “strane” passeggiate da un pedale all’altro! Un particolare non irrilevante è che Mike durante il video ci mostra le sue tecniche ed i suoi fraseggi comodamente ‘distribuiti’ sull’enormità del Purple Monster o sull’inusuale set di LTE, situazione alquanto rara per noi ‘poveracci’ che la batteria ce la dobbiamo comprare! Un buon batterista, comunque non dotato di tanto ‘splendore’, può in ogni caso estrapolare i piccoli segreti della tecnica sopraffina di Mike, adeguandoli al proprio set ed alle proprie esigenze. Di spunti ne vengono dati tanti e tutti validi ed interessanti, e, se si ascolta attentamente anche la versione con i suoi commenti, Mike dà anche qualche consiglio sulla costruzione dei brani, su come ricordarseli e su come divertirsi prendendosi gioco delle metriche “tradizionali”. Un po’ il marchio di fabbrica dei Dream Theater e dei progetti paralleli associati. Insomma, concludendo, abbiamo 190 minuti di video (circa 20 minuti in più della vhs), questa volta con la purezza dell’immagine DVD e l’agilità di spostamento tra i vari capitoli propria di questo genere di supporti. Il prezzo sulla copertina totalizza ben $49.95, ai quali vanno aggiunte le solite spese di spedizione. Come per la versione VHS è possibile acquistarne una copia visitando il sito internet www. hudsonmusic.com . Per la versione PAL per l’Europa bisogna però contattare: Hudson Music Europe - 2 hartshaw, New Barn - Longfield, Kent DA3 7JH, UK - Tel/Fax: +44 (0)1474 708065 - E-mail: hudsoneuro@aol.com Buona visione, Vivio


ROYAL HUNT > The Mission > Frontiers 2001

Non è un compito facile quello dei Royal Hunt: la band, infatti, deve togliere dalla testa dei suoi numerosi fan il ricordo di D.C. Cooper e deve riconquistare la fiducia di tutti gli appassionati che non hanno apprezzato Fear, lavoro dalle non poche lacune. The Mission però sembra una risposta più che valida a tutte le critiche ricevute; Il gruppo dimostra di aver ritrovato la grinta e la passione dei mai dimenticati Paradox e The Moving Target, ed anche John West appare finalmente all’altezza della sua fama grazie a linee molto melodiche ed in grado di colpire l’ascoltatore senza mai risultare scontate. La produzione è ottima ed il suono tagliente delle chitarre di Jacob Kjaer va ad integrarsi al meglio con le atmosfere sinfoniche che arrichiscono tutto l’album. La forza di questo disco in ogni caso non va cercata nell’esecuzione da parte dei singoli musicisti ma nella miscela tra composizioni progressive più articolate e brani più melodici e diretti. Non manca però da parte mia una critica quasi doverosa: la batteria, infatti, non è all’altezza degli altri strumenti, troppo finta e macchinosa. Ma perché una band del genere non si decide ad assumere tra le sue file un batterista in carne ed ossa? Di sicuro la musica farebbe un ulteriore e definitivo salto di qualità. Il gruppo guidato da Andre Andersen ha comunque ritrovato la retta via e si dimostra tutt’altro che esaurito: sono tante ancora le emozioni che i quattro sapranno suscitare in noi se continueranno a proporci dischi del genere. Pode

ARTENSION > Sacred Pathways > Frontiers 2002 “Sacred Pathways” è il titolo della quinta fatica degli Artension, band di progressive metal dallo stampo neoclassico, nella quale militano grandi musicisti tra quali il tastierista Vitalij Kuprij (Ring Of Fire), il cantante John West (Royal Hunt), ed il batterista Mike Terrana (Rage, Axel Rudi Pell). La musica proposta dal virtuoso quintetto non tradisce le aspettative e già dai primi secondi della opener Voyage To Nasca, strumentale, possiamo intuire l’orientamento del disco basato su un continuo alternarsi di parti orchestrali ed assoli stratecnici spartiti non equamente tra tastiere e chitarre; la figura dominante di questa formazione, infatti, è sicuramente quella di Vitalij Kuprij, dal quale troppo spesso dipende il valore delle composizioni. Quasi tutti i dodici brani del cd sono intensissimi grazie ad un ottimo lavoro del sopraccitato Mike Terrana e del bassista Kevin Chown (Magnitude 9, Tiles), che assieme formano una sezione ritmica davvero precisa ed instancabile. A spezzare il ritmo sostenuto dell’album vi sono solamente il duo di pianoforte e voce in Flower Of The Orient dove finalmente John West sfrutta tutte le sue capacità canore riscattando una prestazione a mio viso non eccezionale, ed il monologo del tastierista dal titolo The Emperor. Bellissimi poiché ben curati e correttamente bilanciati tra tecnica e melodia, gli assoli di Roger Staffelbach, chitarrista con una preparazione invidiabile e dotato di uno stile personale ed originale. “Sacred Pathways” conferma quanto di buono ci hanno proposto in passato gli Artension con “Machine” e ci offre altro materiale da gustare in questo inizio 2002 che sa veramente di progressive metal. Pode


MELDRUM> Loaded Mental Cannon > Frontiers 2001

PALLAS > The Cross & The Crucible > Inside Out 2001

Se è vero che nel mondo della musica hanno un ruolo importante anche l’aspetto ed il look degli addetti ai lavori, allora le Meldrum partono sicuramente in pole position. Questo quartetto che prende il nome dalla chitarrista Michelle Meldrum, infatti, può contare sulla presenza tra le sue file di tre ragazze di notevole impatto scenico...ma parliamo d’altro… Il gruppo propone una sorta di rock in stile Guano Apes, ma utilizza suoni molto più pesanti rispetto ai colleghi, specialmente per quanto riguarda la sei corde che a tratti sembra uscita da Far Beyond Driven dei Pantera, molto distorta e compressa. Eccezionale la performance della cantante “Moa Holmsten “ capace nell’alternare efficaci rappati, molto ritmici, a linee più continue, incentrate su intervalli consonanti, sfruttando fino ai limiti le sue preziose corde vocali. I dodici brani che costituiscono il cd sono molto vari e comprendono momenti energici e coinvolgenti, come The Story Of Junk, Apartame, Feeling Small, Chaos e New World Order, ma anche rilassanti concentrati di melodia come Feeding The Hope e Reign Mantra. Come se non bastasse registriamo su Through Shattered Eyes la graditissima presenza del chitarrista John Nurum, marito della dolce Michelle, che ci allieta con un assolo andando ad elevare ulteriormente il già discreto livello tecnico della band. Ascoltatevi Loaded Mental Cannon e salvate nella vostra testa il nome Meldrum…non c’è niente da aggiungere che la musica non possa dire da sola.

E’ difficile spiegare a parole l’intensità e la profondità della musica che compone l’ultimo album dei Pallas, intitolato The Cross And The Crucible. La band che per anni ha segnato con eccellenti lavori il mondo del progressive rock ha veramente dato alla luce un disco incredibile, vario e supportato da una produzione eccezionale, anche se non di facile approccio. Le atmosfere che i cinque musicisti riescono a creare sono avvolgenti ed incalzanti, paragonabili a quelle dei dischi più sperimentali dei Pink Floyd. Vistosa anche l’influenza che Peter Gabriel e la sua world music hanno avuto sul quintetto di Alan Reed, che più volte con le sue linee vocali ricorda il collega ex Genesis. I nove brani di The Cross And The Crucible si evolvono tutti in modo progressivo attraverso imprevedibili ed inquietanti sinfonie e l’unica nota che li accomuna è la classe con cui sono eseguiti. Non mancano neanche esplorazioni in territori veramente distanti da quelli più classici per la band, la quale in For The Greater Glory spiazza l’ascoltatore con un improvvisa esplosione di percussioni che colora ed arricchisce tutta la canzone. In definitiva dunque i Pallas mettono la firma su uno dei lavori migliori di tutto il 2001 targato progressive ed aggiungono l’ennesima perla alla loro non troppo ricca, relativamente agli anni di carriera, discografia.

Pode

Pode

JORN > Worldchanger > Frontiers 2001 In un anno che l’ha visto protagonista in lavori eccezionali, come quelli pubblicati con Ark e Beyond Twilight, Jorn Lande non si accontenta e realizza anche il suo secondo album solista, intitolato Worldchanger. Il disco contiene nove brani molto vari, sia per quanto riguarda le linee vocali che per la musica, con passaggi estremamente heavy (Bless The Child), momenti chiaramente legati al progressive della sua band con Tore Ostby (Worldchanger), e fantastiche melodie che riportano alla mente l’hard rock anni 80’, primi 90 (Sunset Station). Gli arrangiamenti strumentali sono curatissimi e valorizzati al meglio da una produzione allo stesso tempo limpida e potente, ed i musicicsti che affiancano in questa avventura Mr.Lande sono di indiscutibile talento…Tore Moren, alla chitarra, alterna a riff granitici in stile Zack Wilde, assoli molto tecnici ed allo stesso tempo musicali, incentrati sulla plettrata alternata, sul bending e sul wah-wah, mentre improvvise sfuriate di Jan “Hellhammer” Aksel con la doppia cassa transitano sui nostri diffusori a velocità sostenute. Una nota particolare va riservata al brano “House Of Cards”, dal quale vi sarà impossibile non rimanere affascinati; atmosferico, coinvolgente, mai scontato ed estremamente melodico. E sono proprio le melodie a fare si che questo disco sia così interessante…Il cantante norvegese, infatti, riesce a catturare l’attenzione ed a penetrare la mente dell’ascoltatore, mantenendo uno stile personale e fantasioso, ed andando così ad incrementare le motivazioni delle numerose voci che lo descrivono come il nuovo re del rock e del progressive. Che dire d’altro su Worldchanger? Adesso non rimane che ascoltarlo in attesa dell’arrivo di Lande e compagni qui in Italia. Pode


Siete dei pazzi!!! E come tali, vi meritate questa paginetta, dedicata alla corsa più strana del mondo con i personaggi più ridicoli capitanati dal perfido Dick Dastardly e dal furbo Mutley, capace di qualsiasi cosa pur di ottenere la sua famosa medaglia. Questa mia leggiadra constatazione è frutto delle scommesse fatte con il resto dello staff su quante lettere avrei trovato in casella, questo o quel giorno, legate al concorso per vincere un Pass “All Areas” per l’imminente tour di febbario. Il giorno da ricordare è stato verso la fine di settembre quando mi sono trovato l’avviso di recarmi allo sportello interno delle poste centrali, per ritirare delle non precisate “stampe”. Immaginavo il solito pacchetto contenente materiale promozionale troppo grande per la nostra misera casellina ed invece mi ritrovo davanti una contenitore di cartone dove alla fine ho contato 62, dico, 62 lettere. Niente di strano direte voi, si, fino a che dividendole ho scoperto che tutte le lettere provenivano da “solo” due mittenti, per un totale di 31 lettere a testa inviateci con l’affrancatura prioritaria. Bene, eccovi accontentati!!! Dedicato a chi ha tentato, a chi ha provato, a chi ha voluto vincere il concorso a tutti i costi. La redazione dell’Italian Dreamers ha deciso che, per la perseveranza e non da meno per il semplice fatto che hanno indovinato la data d’uscita del nuovo album fissata al 17 gennaio 2002, i premi raddoppiano, ed i vincitori diventano due:

Francesco Falciano Tessera 2166 di Ferrara Figuccio Roberto Tessera 2070 di Concorezzo MI I due baldi giovani passeranno delle giornate indimenticabili durante i concerti dei Dream Theater ed avranno la possibilita’ di farvi morire d’invidia raccontando la loro esperienza sulle prossime pagine di Metropolzine. Per tutti gli altri, grazie. Gifava Classifica aggiornata in attesa che scendano in campo i pezzi del nuovo album: 1) The Spirit Carries On (Dvd Version) 2) Learning to Live (Dvd Version) 3) A Fortune in Lies (Live at the Marquee) 4) The Killing Hand 5) The Silent Man (Live -Xmas CD 1998) Four Contests of Transatlantic Live Scenes. Visto che abbiamo avuto “solo” due vincitori per il concorso dell’anno, non possiamo lasciare il resto della truppa a mani vuote, eccovi un po’ di concorsi vari, potete rispondere e partecipare a tutto quello che volete, più di cosi’!!! 1 - Quale traccia video e’ contenuta all’interno del triplo live “Live

Scenes from New York”? Tra tutte le risposte giuste verranno estratte 2 copie del live e 2 copie di “Leonardo”. 2 - In quale giorno si e’ tenuto il concerto al “Roseland” in cui e’ stato registrato il live? Tra tutte le risposte giuste verranno estratte 10 copie del raro promo del live “Selections from ... Live Scenes from New York”. 3 - In quale giorno e in quale luogo si e’ tenuto il concerto dei Transatlantic a Milano? Tra tutte le risposte giuste verra’ estratta una preziosa copia in digipack di “Bridge Across Forever” 4 - In quale giorno esatto sono cominciate le registrazioni di “Six Degrees of Inner Turbulence”? Tra tutte le risposte giuste verranno estratte 5 copie autografate del nuovo album dei Dream Theater. Ps. Insieme ai premi spediremo anche qualche promo di gruppi distribuiti dalla EDEL Risposte e classifiche all’indirizzo sottostante please, buon divertimento. Ah dimenticavo, per poter partecipare occorre essere iscritti per il 2002 al Fan Club. Italian Dreamers Redazione Fanzine - C.P. 161 47838 Riccione Centro RN


Passati i concerti di febbraio, dal 1 marzo in poi ci si puo’ iscrivere per il 2002 nella seguente modalita’: L’iscrizione, come sempre e’ diversificata in base al fatto di essere un vecchio socio oppure di non essere mai stato iscritto: VECCHIO SOCIO: all’interno del pacco trovate un bollettino postale da compilare con tutti i vostri dati comprensivi del vostro numero di tessera. Il bollettino va intestato a: Associazione Culturale Italian Dreamers C/c n. 29577269 Via Galvani, 54 21015 Lonate Pozzolo VA Il costo del rinnovo e’ di �€ 18.00 SOCIO EX NOVO: se non siete mai stati iscritti al Fan Club e lo volete diventare per la PRIMA VOLTA, dovrete inviare un vaglia postale di € 18.00 al seguente indirizzo: Associazione Culturale Italian Dreamers Via Galvani, 54 21015 Lonate Pozzolo VA Sia per vecchi soci che per i nuovi l’iscrizione 2002 comprende: - Tessera Personalizzata - 3 numeri di Metropolzine - Adesivo - Annual Fan Club CD 2002. L’iscrizione ha validita’ nell’anno solare e scade comunque il 31/12/2002 anche per chi si iscrive negli ultimi mesi dell’anno che comunque ricevera’ TUTTO il materiale pubblicato durante il 2002, salvo esaurimento scorte. ATTENZIONE, NON ACCETTIAMO PAGAMENTI IN CONTANTI, NON SPEDITE BUSTE CON I SOLDI DENTRO. RICORDATEVI di inserire nel bollettino e nel vaglia SEMPRE il vostro Nome, Cognome e Indirizzo completo di Via, Numero Civico, CAP, Citta’ e Provincia. Per qualsiasi dubbio info@italiandreamers.net


Dream Theater and whole World Tourbulence Tour 2002 crew, welcome to the Show. Un ringraziamento particolare a tutti i DT Fan Club sparsi nel mondo: Stephane e Seb@Your Majesty Francia, Steffen e Margret@The Mirror Germania, Masa e Famiglia@Carpe Diem Giappone, Denis e Roots@IDTFC, Kirby@ International Fan Club USA, Savvas@Infinite Dreams Grecia, Andreas@SDTS Svezia, Mark Bredius@Under a Cyber Moon, Michael@Mikeportnoy.com. Altri ringraziamenti vanno a: Gianni Andreotti@CGD East West Italia, Max e Fabio@Edel Italia, Pantera e Cristina@Barley Arts, Gary Imhoff & Brian Greenspoon@Elektra NYC, Stacey Montgomery@Sabian Canada, Byron Smith@Ernieball USA, Alberto@Syncro Italia, Matt@Inside Out, Elio@Frontiers, Max Kava@Maxkava.com, Gemmj@Metal Shock. Hanna&Barbera per Mutley, Dick Dastardly ed i concorrenti del Wacky Races. FAN CLUBS UFFICIALI RICONOSCIUTI NEL MONDO International Fan Club - P.O. Box 124 4100 AC Culemborg Holland Residents of North and South America - P.O. Box 940325 Houston, TX 77094-7325 USA The Mirror - Postfach 3137 50246 Pulheim Deutschland Carpe Diem! - 6-24-11, Ryoke, Saitama 336-0901 Japan Your Majesty - 107, rue de Reuilly, 75012 Paris France SDTS - Fornbacken 3 152 56 Södertälje Sweden Infinite Dreams - P.O Box 3698 10210 Athens Greece DT Norway - Knuserveien, 4C 8630 Storforshei Norway YtseBR - Caixa Postal 71019 Sao Paolo-SP 03410-990 Brasil HOME - P.K. 121 Besiktas Istanbul 80690 Turkey


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