Edoardo Rossi Rolling Stone. Il tempio del rock a Milano Prima edizione in Supermiscela, febbraio 2015 Custodisce gelosamente le chiavi del backstage: Samuele Zamuner Detona hit dalla console: Enrico Brizzi Miscela cocktail dai nomi fiabeschi: Alessandra Maestrini Controlla la lista degli accrediti: Marcello Fini Inventa giochi di luci: Serena Tommasini Degna Blandisce i buttafuori per entrare gratis: Tommaso Naon ufficiostampa@italicaedizioni.it - +39 347 8725246 In copertina: foto di Paolo Toso Š Italica edizioni Isbn 978-88-98133-14-7 Italica edizioni è un sogno nato camminando tra buoni amici nel corso del grande viaggio a piedi Italica 150 http://www.italicaedizioni.it www.facebook.com/italicaedizioni info@italicaedizioni.it
A Davide e Billy Rovelli
Il Rolling Stone era un locale all’interno del quale ti potevi sentire in contatto con il mondo, al posto giusto. Ti sentivi proprio lì dove le cose accadevano. […] Era il posto di tutti, in una città di tutti. Lorenzo Jovanotti
Indice
Un club senza eguali Un viaggio in tram p. 13 A Milano succede di più 17 Qualcosa di grande sta per accadere 21 Il ritorno delle band in Italia: Ozzy, Tina e gli altri 24 La naja di Linus, Albertino e il Deejay time 30 La versione di Lorenzo 35 La mia giacca andava a fuoco! 39 Scuro, crudo, rock 42 Il ragno 46 La pesca miracolosa 50 Rolling contro Alcatraz 56 Stilisti, principesse e Mc 64 L’invasione dei vj 69 Da cosa nasce cosa: Mtv Italia al Rolling Stone 72 Il tempio dell’amore 78 Nel cuore stesso della festa 83 La quiete pubblica 86 L’ultima primavera 90 La demolizione di un sogno 94 Accadde al Rolling Stone Contributi di Pedro, Stefano Loi, Silvia Bernero, Paolo Martella, Olly Riva, Caparezza, Giada Missaglia, Alessandro Cattelan, Ste Lucchese, Max De Riu, Gianpiero “Jam” Kesten, Andrea
Rock, Andrea “Kappa� Costantini, Luca Fantacone, Ferdinando Masi, Fabio Fiore, Manuela Longhi, Claudio Trotta, Omar Pedrini 99 137
Ringraziamenti
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Un club senza eguali
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Un viaggio in tram
Fra i tanti simboli di Milano, uno dei più noti è senza dubbio il tram. Proprio come è successo per il Duomo, il Castello sforzesco o i Navigli, anche le vetture del trasporto pubblico meneghino sono diventate con il tempo una vera e propria icona, raffigurate in un’infinità di dipinti, di riproduzioni e stampe. Per quanto mi riguarda, il tram ha sempre avuto il sapore della libertà. Ero ancora un ragazzo che viveva a Torino e lo utilizzavo ogni giorno per andare e tornare da scuola. Avevo dodici anni quando mi dissi che, forse, mi avrebbe potuto condurre anche verso destinazioni più liete: cominciai quindi a usarlo nei weekend per andare al cinema in centro con gli amici, per raggiungere i negozi di dischi dall’altra parte della città o per asserragliarmi in sala giochi, incollato ai più moderni simulatori di guida. Oppure, semplicemente, per fare il turista a casa mia, e avventurarmi a scoprire le zone che ancora nessuno mi aveva mostrato. Il tram mi sembrava un grande contenitore che oltre alle persone portava a spasso, anche solo per il tempo di un paio di fermate, una quantità incredibile di pensieri, ansie, aspettative, delusioni e piccole gioie. In breve: pezzi di vita. Un giorno di maggio del 1999 mi trovavo a Milano e montai proprio su un tram. Il 27, per l’esattezza. Mi stavo dirigendo alla prima “festa di compleanno” della rivista Rock sound magazine, con la quale avevo cominciato a collaborare come free lance. Il 13
mio viaggio durò una dozzina di fermate e, quando le porte si spalancarono, finalmente davanti a me si stagliò l’insegna che per tanto tempo mi ero immaginato di poter vedere dal vivo, quella del Rolling Stone. Scesi dal tram come in uno stato di trance, e le porte spalancate del locale furono per me il più dolce degli inviti. Bastarono pochi passi per fare il mio ingresso in quello che consideravo il tempio della musica rock a Milano. Per un attimo pensai a quanti ragazze e ragazzi dovevano aver provato quelle stesse sensazioni prima di me, smontando dal tram per dirigersi al locale. Dal giorno della sua apertura, quella scena si doveva essere ripetuta per centinaia di migliaia di volte. Così tante che negli anni Ottanta il Comune, data la straordinaria affluenza, aveva messo a disposizione un numero aggiuntivo di vetture, proprio per permettere a chi lo desiderasse di raggiungere il locale senza doversi muovere con mezzi propri. Quanti pensieri, quante aspettative e pezzi di vita dovevano aver trasportato quei convogli, da quando le porte del locale si erano aperte per la prima volta un mercoledì di inizio primavera, il 18 marzo del 1981. Quella che racconterò, dunque, non può essere che una delle storie del Rolling Stone. Mi piace immaginare di aver allestito la sala della pista centrale con un divano e un tavolino sul quale sono sparpagliati vecchi cimeli, comunicati stampa, locandine e fotografie, e aver invitato i miei ospiti per raccogliere i loro ricordi e alcuni degli aneddoti di cui quei muri sono stati testimoni. Ho avuto chiaro fin dall’inizio che non sarei mai riuscito a stendere una biografia definitiva e condivisa. Le testimonianze erano sempre parziali, filtrate dal tempo, e in alcuni casi addirittura contraddittorie, però mi sono detto che in fondo è giusto così, perché il Rolling Stone ne ha viste passare davvero tante, rimanendo indifferente a pochi. Ciascuno dei miei ospiti, nel raccontare quelle serate, è stato 14
vittima di un composto ma sincero sussulto emozionale: il locale, proprio come gli anni felici della gioventù, ha lasciato un segno nel cuore di ognuno di loro. Stendere un elenco completo delle band, dei dj o degli addetti ai lavori che in qualche modo hanno collaborato non è mai stato nelle mie intenzioni: i nomi che usciranno saranno quelli passati al setaccio della storia. Per un certo verso, sarebbe stato un esercizio compilatorio fin troppo semplice. Pensate a un gruppo a caso… Sì, ha suonato al Rolling Stone. Un dj? Sì, ci ha messo i dischi. Un celebre organizzatore d’eventi? Certo, lui e il suo staff vi hanno promosso una quantità di serate. A mio avviso è più interessante concentrarsi su quello che è stato il mood del locale, che è a sua volta il risultato di vissuti, ricordi, immagini, odori e sensazioni elaborati e stipati in qualche angolo della memoria da ciascuno dei ragazzi che lo hanno frequentato. Difficile dunque dire quanti Rolling Stone ci siano stati, durante i ventotto anni di vita del locale. Almeno uno per ciascuno di loro, o forse anche di più. Prima di addentrarci nel racconto, è curioso riportare quanto ho scovato nei meandri del web mentre, all’inizio della stesura del libro, mi documentavo per ricordare meglio cosa accadesse a Milano all’inizio degli anni Ottanta. Su un sito di astrologia, un utente avanzava la richiesta di ricevere l’oroscopo personalizzato – ovvero con il dettaglio delle caratteristiche psicologiche, dei talenti e delle vocazioni – di un amico nato a Milano il 18 marzo 1981, alle ore 18.35. Che si trattasse proprio dell’oroscopo del Rolling Stone? Quasi per scherzo iniziai a leggere: «Lui è un Pesci ascendente Vergine […], quindi può trattarsi di una persona in perenne ricerca di un equilibrio tra razionalità e spiritualità, o logica e intuizione (Steve Jobs apparteneva a questo tipo) […] molto probabilmente una persona che se vuole sa essere molto socievole e divertente». 15
Incuriosito, ho continuato a scorrere la pagina: «Il suo Marte […] può indicare dei forti rischi di divorzi o brusche separazioni in caso di matrimoni o altri contratti legali a lungo termine, a causa di un temperamento impulsivo che può costargli molto caro se non controllato». E qui non sono riuscito a trattenere un sorriso. «Nel caso abbia fratelli e sorelle, potrebbe trattarsi di una persona che li vede come individui irrequieti, con una gran voglia di muoversi e di esplorare il mondo». E infine: «A mio vedere però si tratta di una persona tutt’altro che egoista (anche se certi comportamenti momentanei potrebbero farla sembrare tale), ma con una certa sensibilità e una forte predisposizione ad aiutare chi è in difficoltà». Che sia possibile riscontrare qualche analogia con la storia del locale? Difficile dirlo. Di sicuro – mi sono detto – sarà interessante rileggerlo quando avrò finito di scrivere questo libro.
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