AN INDUSTRIAL CITY

Page 1

TONY GARNIER UNA CITTÀ INDUSTRIALE

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 1

18/09/18 15:53


01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 2

18/09/18 15:53


TONY GARNIER UNA CITTÀ INDUSTRIALE

Riproduzione completa delle tavole in bianco e nero dell’edizione del 1932 a cura di Riccardo Mariani Introduzione alla nuova edizione di Gabriele Pasqui

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 3

18/09/18 15:53


© 1990 Editoriale Jaca Book SpA, Milano Riproduzione dei Fogli dell’edizione di Tony Garnier Une Cité Industrielle del 1932 Tutti i diritti riservati Prima edizione italiana agosto 1990 Nuova edizione italiana ottobre 2018

Copertina Paola Forini/Jaca Book

Fotolito Target Color, Milano

Stampa e legatura Stamperia s.c.r.l., Parma settembre 2018

ISBN 978-88-16-60571-8

Editoriale Jaca Book via Frua 11, 20146 Milano; tel. 02.48561520 libreria@jacabook.it; www.jacabook.it Seguici su

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 4

18/09/18 15:53


SOMMARIO

Tony Garnier e il potere invisibile Gabriele Pasqui pag. 7 Saggio introduttivo Riccardo Mariani pag. 13 Una CittĂ Industriale Tony Garnier pag. 41

TAVOLE Visioni prospettiche pag. 47 Planimetrie, alzati e sezioni pag. 103 Fotografie dei cantieri pag. 223

Index de 1932 / The 1932 Index / Indice del 1932 pag. 229

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 5

18/09/18 15:53


01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 6

18/09/18 15:53


TONY GARNIER E IL POTERE INVISIBILE Gabriele Pasqui

IL DISEGNO E L’INTENZIONE • Sfogliando la stupenda riproduzione completa delle tavole in bianco e nero dell’edizione del 1932 di Une Cité Industrielle restiamo insieme stupefatti dalla qualità e dalla ricchezza dei disegni e colpiti dalla brevità della relazione di accompagnamento, che dovrebbe esibire l’intenzione del progetto di Tony Garnier1. In pochissime pagine Garnier descrive la “sistemazione territoriale” dell’impianto della città nuova, città necessariamente industriale perché «la maggior parte delle città nuove che d’ora in poi saranno fondate dovranno la loro istituzione a motivi industriali» (infra, p. 41). Si tratta di una città-modello, una «finzione senza realtà», nella quale «tutte le applicazioni dell’architettura possono legittimamente trovar posto» (ibid.). Dopo aver descritto le regole per la localizzazione di questa città dal punto di vista geografico e in relazione all’assetto geomorfologico (il rapporto con il torrente, la pianura, l’altopiano), Garnier propone di ideare alcuni regolamenti «ricercando le sistemazioni che diano maggiore soddisfacimento ai valori morali e materiali dell’individuo» (ibid.). Tali regolamenti, costruiti sulla base dell’ipotesi (problematica) che la collettività (Garnier scrive: la Società) abbia libera disponibilità dei suoli, riguardano i seguenti elementi: le abitazioni, l’amministrazione e gli edifici pubblici, le scuole, gli impianti sanitari, la stazione ferroviaria, i servizi pubblici e le fabbriche. Per ciascuna di queste funzioni urbane Garnier in poche righe definisce alcune caratteristiche e regole di carattere edilizio e urbanistico, dalle quali traspaiono le intenzioni di riforma sociale a cui il progetto si ispira. Infine, in un breve paragrafo dedicato alla costruzione della città industriale, Garnier identifica i materiali (conglomerato cementizio e cemento armato) con i quali essa sarà realizzata. Queste poche pagine di relazione riassumono il «programma di istituzione di una città. In cui ognuno si rende conto che il lavoro è la legge umana e che nel culto della bellezza e della benevolenza vi è un contenuto ideale sufficiente a render splendida la vita» (infra, p. 46). Immediatamente a seguire, le stupende tavole di Garnier dapprima descrivono il progetto attraverso una serie di visioni prospettiche che presentano la città nel suo insieme: gli edifici principali, i quartieri e i diversi tessuti edilizi; di seguito, attraverso planimetrie, alzati e sezioni, si restituiscono in modo più o meno dettagliato i caratteri costruttivi. La preponderanza del disegno sul testo non deve stupire. Come spiegato dal saggio introduttivo di Riccardo Mariani posto a premessa di questa edizione, la prima versione del progetto di città industriale viene elaborata da Garnier come envoi presentato per la candidatura al Prix de Rome nel 1901. Il Prix de Rome nasce nel 1663 in Francia, sotto il regno di Luigi xiv, come ricompensa annuale a giovani e promettenti pittori, scultori e architetti che dimostrassero la loro superiorità in

7

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 7

18/09/18 15:53


una impegnativa competizione a eliminazione con i propri pari. Le categorie in cui si articolava la competizione erano pittura, scultura, architettura e incisione, a cui venne aggiunta, all’inizio del xix secolo, anche la composizione musicale. Gli studenti, che nel caso di vittoria potevano accedere a una borsa di studio comprendente l’ospitalità per un anno a carico dell’Accademia di Francia nella sede di Palazzo Farnese a Roma, spesso gareggiavano per diversi anni di fila. Si trattava dunque di una competizione costruita nell’ambito dell’approccio culturale “accademico” alle belle arti, nel quale i giovani architetti erano innanzitutto chiamati a mostrare dimestichezza con lo studio del classico, anche mediante rilievi di complessi archeologici o monumentali. Il disegno, dunque, era il linguaggio attraverso il quale si riproduceva nel tempo un approccio estetizzante all’architettura, con una conseguente divaricazione tra la progettazione architettonica, intesa come beaux art, e il settore delle costruzioni edilizie, sottoposto a rapide innovazioni tecnologiche e sempre più presidiato dai saperi dell’ingegneria. Proprio questa oscillazione tra le forme del disegno e l’intenzione di riforma sociale rende la città industriale di Garnier un unicum, soprattutto laddove essa venga paragonata ad altri coevi tentativi di definire le regole e i modelli2 per le nuove città nel contesto dei processi di sviluppo economico e sociale, industrializzazione e inurbamento che ormai si stavano estendendo in tutto il continente europeo. Come dar conto di questo unicum? Come comprendere le caratteristiche di un’opera che nel corso di trent’anni di rielaborazioni (tra la prima versione del 1901 e quella qui proposta del 1932) ha sempre mantenuto un carattere peculiare e irriducibile alle scuole e ai movimenti che in quegli anni ridefinivano la grammatica e la sintassi del linguaggio architettonico e urbanistico?

L’UOMO: IL POTERE INVISIBILE • Bisognerebbe immaginare Tony Garnier al lavoro. Prima, durante il suo soggiorno romano; poi, a Lione, nel suo studio. Immaginarlo mentre disegna, innanzitutto. Provando a figurarsi i modi e i tempi di questo lavoro, gli strumenti utilizzati, le tecniche conosciute e messe in opera. Dentro e alle spalle dei disegni della città industriale sta un grumo di pratiche artistiche e tecniche, a loro volta esito di una catena di saper fare (artigianali e artistici) che fluiscono nei movimenti di Garnier impegnato al suo tavolo da disegno. Ma non c’è solo questa padronanza tecnica, la mano felice e il talento coltivati in ore e ore di prove, esercizi e cancellazioni. Nel lavoro, nei disegni di Garnier e nelle scarne parole che li accompagnano, c’è anche altro. C’è, innanzitutto, la vita di Tony Garnier, nella sua natura unica e idiosincratica, ma anche nel suo accadere in contesti di senso, campi del sapere e modi del potere che ne definiscono le condizioni di possibilità e i limiti. La vita di Garnier a Lione, nato e cresciuto in una famiglia legata al settore tessile: madre tessitrice e padre disegnatore di sete. Gli studi presso una scuola tecnica, dove mostra uno spiccato talento per il disegno, e poi alle Scuole di Belle Arti, prima a Lione, poi a Parigi. Le partecipazioni al Prix de Rome, che vincerà nel 1899, trasferendosi a Roma fino al 1904. La carriera professionale, svolta interamente a Lione e nella regione lionese, dove realizzerà alcuni progetti influenzati dal lavoro sulla Città Industriale. Una vita nella quale l’ispirazione all’ideale della bellezza classica, veicolata dalla formazione nelle accademie di belle arti, si intreccia indistricabilmente con il radicamento, sociale e familiare, nel contesto di una città in rapida trasformazione come Lione, segnata dall’inurbamento dovuto

8

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 8

18/09/18 15:53


all’industrializzazione, ma anche dalla crescente domanda di servizi e infrastrutture pubbliche: la stazione ferroviaria, il macello, le sedi amministrative, i primi presidi del welfare materiale come le scuole, gli ospedali o i campi sportivi. La Città Industriale di Garnier sta esattamente al centro del chiasma tra il suo percorso di formazione accademica e l’ispirazione dovuta al suo radicamento sociale e familiare. Per questa ragione l’opus magnum di Garnier può essere considerato un’auto-biografia, scrittura di sé come scrittura di una vita. In altre parole, osservando Garnier al lavoro vediamo all’opera il potere invisibile che abita alle spalle di ciascuna pratica di vita, comprese le pratiche artistiche e progettuali. Come scrive il filosofo Carlo Sini3, ciascuna delle nostre pratiche è abitata da un potere invisibile, fatto di strumenti e dispositivi, relazioni di potere e di sapere, disposizioni e routine, delle quali non siamo spesso minimamente consapevoli. Il potere invisibile è quel che accade alle nostre spalle, che forgia le forme e il senso delle nostre pratiche, che affonda le sue radici sia nella nostra storia individuale sia in quella collettiva. Per comprendere qualsiasi azione, qualsiasi pratica, siamo dunque chiamati a intravedere il potere invisibile che le alimenta e le connota, che ne definisce i contorni. Senza dimenticare che il potere invisibile è inesauribile, affondando le proprie radici dentro una catena sterminata di pratiche di diversa natura che è semplicemente impossibile rianimare. Tuttavia, il richiamo al potere invisibile ci permette di collocare il lavoro, per esempio quello svolto da Tony Garnier, dentro un contesto di senso più ampio, riconoscendovi i segni di un percorso auto-biografico ma anche di un’atmosfera.

L’ATMOSFERA • L’atmosfera nella quale prende forma il progetto della Città Industriale è quella degli ultimi anni del xix secolo, nei quali riformismo sociale, ottimismo tecnologico e ideali socialisti sembrano poter convergere anche dal punto di vista dell’immaginazione delle forme dell’urbano. Non è il caso di sottolineare come, nel giro di pochi anni, insieme a quello di Garnier, vengano prodotti in Europa altri progetti archetipici di città nuove, molto diversi tra loro: dalla Garden City di Howard alla città lineare di Soria y Mata, per fare solo due esempi4. Tuttavia, nonostante le differenze qualcosa accomuna queste prefigurazioni: da una parte, l’assunzione di una prospettiva urbana e regionale (più spiccata in Howard e in Soria y Mata, che non sono architetti di formazione; meno evidente, ma comunque presente, in Garnier); dall’altra, il tentativo di pensare una forma della “nuova” città che risponda a un insieme di bisogni materiali e insieme morali, individuali e sociali. Le città nuove diventano l’occasione per ripensare insieme spazio e società, per immaginare un’organizzazione spaziale che corrisponda a bisogni economici e sociali emergenti. Garnier, da questo punto di vista, accentua maggiormente alcuni elementi, in coerenza con l’atmosfera propria delle culture socialiste e utopiste francesi del xix secolo. Il primo di questi elementi è l’enfasi sul ruolo degli edifici pubblici come cardini dell’organizzazione e della struttura della città. Questi edifici (servizi amministrativi e grande sala per le assemblee e per le riunioni dei gruppi di cittadini autoorganizzati, musei, impianti sportivi e per lo spettacolo) sono collocati al centro dell’agglomerato e rappresentano i luoghi della vita in comune. Accanto ad essi, un ruolo centrale assumono la grandi infrastrutture e le attrezzature urbane: la stazione ferroviaria, attorno alla quale sorgono alberghi e attività commerciali, i servizi pubblici come il macello, la centrale del latte, i servizi delle acque. Infine, la rete diffusa e concentrata del welfare materiale: le scuole, gli impianti sportivi, gli impianti sanitari.

9

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 9

18/09/18 15:53


Per Garnier è l’armatura pubblica della città a definire la struttura, la distribuzione e l’organizzazione dell’impianto del nuovo insediamento. La fabbrica principale (uno stabilimento metallurgico) è collocata in prossimità del luogo di estrazione delle materie prime (una miniera) e del torrente che permette di produrre energia idroelettrica. Le abitazioni, infine, la cui costruzione è regolata da un insieme di prescrizioni e disposizioni igieniche, si collocano entro una griglia ortogonale che definisce anche i criteri di accessibilità e distribuzione. Potremmo affermare che il progetto di Garnier genera le scelte urbanistiche a partire da principi di disegno urbano, assumendo i luoghi e gli edifici pubblici come cardini dell’organizzazione spaziale. Da questo punto di vista, le differenze rispetto alla città giardino di Howard sono evidenti. Nel caso della Garden City of Tomorrow il principio ispiratore del disegno a scala urbana e regionale è prevalentemente di natura economico-finanziaria, mentre i problemi di fattibilità economica e organizzativa non sono nemmeno sfiorati da Garnier. Pensando al lavoro di Garnier, più che di un’atmosfera unitaria potremmo dunque parlare del compenetrarsi di molte atmosfere: quella del riformismo socialista con venature utopistiche, presente in Francia e in particolare a Lione, che consegna all’architetto l’istanza “sociale” della sua città nuova; quella delle accademie di belle arti, legate a un ideale classico di bellezza e a una centralità della pratica del disegno; quella europea, che anche un personaggio schivo come Garnier ha percepito, connessa ai tentativi di ri-modellazione delle forme dell’urbano in un contesto di impetuoso sviluppo economico e sociale. Dunque, la rappresentazione di Garnier, che, prima a Roma, generando lo sconcerto dei suoi docenti dell’Accademia, poi a Lione, disegna una città insieme bella e salubre, ricca di luoghi e spazi collettivi e razionalmente distribuita, deve essere nutrita del percorso individuale dell’architetto lionese, del potere invisibile che lo abita implicitamente e delle atmosfere entro cui le sue pratiche prendono forma. La comprensione, anche solo parziale, di questo potere invisibile, e delle molte atmosfere che ne definiscono l’ambientazione e il senso, consente di comprendere le ragioni per le quali, come sottolinea molto bene Riccardo Mariani nel saggio introduttivo, Garnier difficilmente possa essere ascritto, anche nella fase matura del suo lavoro, al movimento moderno, e solo per alcuni tratti possa esserne considerato un precursore, comunque assai eccentrico. La natura unica ed eccezionale della sua Città Industriale può essere dunque spiegata solo se riusciamo a vedere al lavoro, nelle concrete pratiche del disegno e della scrittura, gli impliciti auto-biografici che definiscono senso e possibilità di quella particolare “emergenza”, di quel peculiare “evento” che è il progetto di Garnier.

GARNIER E NOI • Che cosa resta dunque di Garnier e della sua città industriale? Per rispondere a questa domanda dovremmo innanzitutto pensare all’archivio Garnier. In un testo straordinario, Archivio Spinoza. La verità e la vita5, rivisitazione e trascrizione di un corso universitario del 1991/92, Carlo Sini riflette sul fatto che il rapporto che ciascuno di noi ha con un autore è sempre mediato dall’incontro con il suo “corpo”. “Spinoza”, per noi che non possiamo attingere alla sua vita vivente, è il nome di un archivio interminabile e continuamente cangiante, corpus materiale che deperisce nel tempo, ma che nel tempo continuamente si riproduce, si amplia, si ridefinisce e risignifica. Si tratta di un archivio nel quale possiamo collocare i suoi manoscritti, i suoi libri, ma anche le associazioni costituite per studiare la sua opera, le biblioteche e le librerie che ospitano le edizioni dei suoi testi, le aule di università in cui si studia Spinoza, il piccolo museo allestito nella casa dove molava le sue lenti e così via. E poi “Spinoza” è il nome del filosofo maledetto e benedet-

10

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 10

18/09/18 15:53


to che ha travolto molte vite, che è stato al centro della meditazione di Goethe e Hegel, Nietzsche e Deleuze e tanti altri. Il suo archivio continua ad alimentarsi di nuove increspature dell’onda mobile che nel corso del tempo si espande e si contrae. L’archivio di un autore si costituisce già in vita, nel rapporto vivente che egli instaura con i suoi allievi e con i suoi diversi interlocutori, ma dopo la sua scomparsa questo archivio diventa il luogo di operazioni consapevoli e intenzionali di coloro i quali vogliono far vivere nel tempo l’esperienza vivente, mediata dal corpus dei monumenti e dei documenti che essa ha generato. È così anche per Tony Garnier e per la sua Città Industriale. I modi e le forme della sua appropriazione, per esempio da parte del movimento moderno e di Le Corbusier, di cui ancora una volta dà conto puntualmente Riccardo Mariani, ci mostrano come l’archivio Garnier abbia lavorato direttamente e indirettamente, alimentando immaginari, costruendo rappresentazioni che ritroviamo in tutte le storie dell’urbanistica. D’altra parte, nonostante la natura peculiare e irriducibile alla grammatica del moderno, Garnier potrebbe anche essere considerato il nome di un ramo secco o non sbocciato del primo movimento moderno, di una sua possibile declinazione che non è stata maggioritaria e che oggi sembra abbia ancora qualcosa da dirci, sia dal punto di vista della forma del progetto, che assume la centralità dei materiali e dello spazio fisico nell’organizzazione urbana, sia sotto il profilo della centralità dell’armatura pubblica della città nella strutturazione dei luoghi e delle loro reciproche relazioni. Tony Garnier è dunque qui, con noi, e dalla nostra stessa parola, dalla nostra stessa scrittura. Per questa ragione, possiamo rialimentarne l’archivio e consegnarlo a nuovi lettori, a nuove riscritture, a nuove interpretazioni.

NOTE Oltre ai testi citati nella bibliografia del saggio introduttivo di Riccardo Mariani segnalo i seguenti volumi: M. Rovigatti, Tony Garnier: architetture per la città industriale, Officina Edizioni, Roma 1985; AA.VV., Tony Garnier (1869-1948), Mazzotta, Milano 1990, catalogo della mostra tenuta a Torino, Mole Antonelliana 28 giugno-7 ottobre 1990; P. Gras, Tony Garnier, Éditions du Patrimoine, Paris 2013. 2 Il riferimento è ovviamente a F. Choay, La città. Utopie e realtà, Einaudi, Torino 2000 (ed. or. L’urbanisme: utopies et réalités: une anthologie, Éditions du Seuil, Paris 1965) e La regola e il modello, Officina Edizioni, Roma 1986 (ed. or. La regle et le modele: sur la theorie de l’architecture et de l’urbanisme, Éditions du Seuil, Paris 1980). 3 C. Sini, Inizio, Jaca Book, Milano 2016. 4 Sui modelli di città a cavallo tra il xix e il xx secolo, specificamente in una chiave urbanistica, rinvio, oltre ai testi già citati di Choay, a P. Gabellini, Tecniche urbanistiche, Carocci, Roma 2001; L. Spagnoli, Storia dell’urbanistica moderna, Zanichelli, Firenze 2008; D. Calabi, Storia dell’urbanistica europea, Bruno Mondadori, Milano 2008; L. Gaeta, L. Mazza, U. Janin Rivolin, Governo del territorio e pianificazione spaziale, CittàStudi, Milano 2013. Rinvio inoltre al classico L. Benevolo, Le origini dell’urbanistica moderna, Laterza, Roma-Bari 1991 e a B. Secchi, La città del xx secolo, Laterza, Roma-Bari 2005. 5 Il testo è ora in C. Sini, Opere, vol. 4, Il pensiero delle pratiche, t. 1, Spinoza o l’archivio del sapere, a cura di F. Cambria, Jaca Book, Milano 2013. 1

11

01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 11

18/09/18 15:53


01_Garnier_001_012_proposta_2_M.indd 12

18/09/18 15:53


SAGGIO INTRODUTTIVO Riccardo Mariani

CENNI BIOGRAFICI • Tony Garnier nasce a Lione il 13 gennaio 1869 da Pierre, disegnatore di sete e Anne Evrard, tessitrice, ambedue ventiduenni. Trascorre tutta l’infanzia nel quartiere Croix-Rousse, tipicamente lionese e popolare, in cui solo pochi anni prima si erano verificati scontri violenti tra dimostranti operai e forze dell’ordine. È appena quattordicenne quando si iscrive all’École technique de La Martinière, dove resta tre anni (1883-1886), distinguendosi per le grandi qualità espresse nel disegno e, per quanto possa apparire strano, anche nella scrittura. Dal 1886 all’89 il giovane Garnier è iscritto all’École des Beaux Arts di Lione, dove l’insegnamento di Architettura è impartito dagli architetti Elvin e Louvier. Nel corso di quei tre anni Garnier è più volte premiato per i progetti che redige; in particolare riceve il primo premio di Architettura, il premio d’Onore e infine il premio Bellemain. Quest’ultimo, fondato da Philibert Bellemain, permetteva a un allievo meritevole di continuare i suoi studi a Lione o a Parigi, e proprio grazie a questo premio, nell’aprile del ‘90, a ventuno anni, Garnier arriva a Parigi dove viene ammesso all’École des Beaux Arts. Secondo l’uso dell’epoca, viene affidato a un atelier, quello diretto dagli architetti Paul Blondel e Scellier de Gisors, anche se in quegli anni la vera grande scuola di architettura e di urbanistica è l’intera città di Parigi. Il 1889 è infatti l’anno della grande Esposizione Universale con le celebrazioni del primo centenario della Rivoluzione francese; la Tour Eiffel lo testimonia ampiamente insieme alla Galerie des machines di Dutert e Contamin e all’entusiasmo delle grandi folle che circolano nella città. Negli anni successivi, fino al ‘99, tanto durerà il suo soggiorno all’Accademia, l’impegno di Garnier è costantemente teso alla partecipazione a importanti concorsi per accumulare quanti più riconoscimenti gli è possibile. Il suo obiettivo principale è vincere il Prix de Rome, il più alto riconoscimento dell’epoca per chi volesse distinguersi in pittura, scultura, musica o architettura. Inoltre, Garnier sa bene che a un giovane di così modeste origini sociali quale lui è, solo il raggiungimento di quel prestigioso obiettivo permetterebbe una vera affermazione professionale. Nel 1895 viene classificato secondo al Second Grand Prix de Rome dove presenta un progetto per un “Palazzo per le Esposizioni e Feste”. L’anno successivo, 1896, concorre al Prix Labarre con un progetto per un “Giardino di Acclimatazione”. 1897, si cimenta nuovamente col Second Grand Prix de Rome, presentando un progetto per una “Chiesa votiva in un luogo di pellegrinaggio celebre”1 e vince il primo premio. Nel ‘98, sempre per il Grand Prix de Rome, presenta senza successo un “Palazzo dei ricevimenti per i Sovrani di Francia” e contemporaneamente concorre al Prix Chenavard con il progetto per un “Giardino Botanico per una Capitale”.

13

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 13

18/09/18 15:18


In quello stesso anno un avvenimento di grande rilievo suscita l’attenzione di Garnier, è l’edificio al numero 1 di Rue Danton, appena realizzato dall’architetto Hennebique utilizzando il cemento armato. Nel 1899, con un progetto per una “Sede Centrale di una Banca di Stato”, Garnier vince finalmente l’agognato Prix de Rome. A Roma, pensionnaire di Villa Medici, Garnier resterà circa sei anni, dal 1899 al 1904, dando prova di una grande vivacità intellettuale e, come testimoniano i rapporti dell’Académie des Beaux Arts di Parigi, anche di una forte indipendenza critica nei confronti della complessiva impostazione culturale dell’Accademia stessa. La funzione precipua del Prix de Rome è quella di perfezionare il giovane architetto nello studio del classico; questo approfondimento deve essere testimoniato da rilievi perfettamente eseguiti di complessi archeologici monumentali o parti di monumento. Questa impostazione, così rigida e ortodossa, è già fortemente criticata fin dalla prima metà del secolo da molti economisti liberali2 che denunciano l’inutilità di una tale formazione accademica di fronte al continuo affermarsi di nuovi materiali da costruzione prodotti dall’industria, e soprattutto di fronte alla concorrenza di paesi come l’Inghilterra e la Germania che impostano la formazione dell’architetto su basi ben più scientifiche, senza per altro trascurare l’aspetto umanistico della professione. Il modello Prix de Rome e le consuetudini didattiche e culturali che questo impone di fatto nell’ambiente degli architetti, comportano invece una frattura sempre più radicale tra le due professioni che si occupano del settore delle costruzioni edilizie, quella dell’ingegnere, che diviene sempre più arida nell’esclusiva ricerca tecnologica, e quella dell’architetto, sempre più estetizzante e quindi dissociata dalla realtà delle contingenze sociali e culturali. Alla fine del secolo, cioè all’epoca in cui Garnier parte per Roma, a queste critiche di tipo un po’ pragmatico e in un certo senso di “proto-funzionalismo” economico, si aggiungono specifiche osservazioni d’ordine politico promosse da una cultura socialista sempre più permeata nell’opinione pubblica e tanto più nel giovane architetto lionese, cresciuto in una delle prime città industriali d’Europa e certamente in una delle più impegnate nell’applicazione dei primi postulati del Movimento operaio. Più in generale, la sclerotica ortodossia dell’Accademia parigina aveva subito nel tempo una serie di contestazioni importanti che stabilivano precedenti culturali di tutto rilievo; come quello di Henri Labrouste che già nel 1829, inviando i progetti di restauro dell’Arco di Tito e del Tempio di Paestum, fu acremente attaccato da Quatremère de Quincy. In quel caso, data la forza politica e culturale dell’agguerrito ambiente liberale cui apparteneva lo stesso direttore dell’Accademia, Vernet, l’architetto Labrouste non ebbe a subire particolari ritorsioni, al punto che anni dopo poté realizzare la Bibliotèque S.te Geneviève (1858-68), dove, tramite l’impiego di strutture in ghisa e ferro, ottiene grandi superfici trasparenti assolutamente rimarchevoli per l’epoca, anticipando così uno dei temi più cari dell’architettura moderna. Quando Garnier arriva a Villa Medici vi trova gli architetti Duquesne, Patouillard e Recoura. Quest’ultimo, ormai al suo ultimo anno, aveva consacrato il suo envoi alla «Restituzione del Circo di Massenzio»; Patouillard, appassionato di archeologia ma soprattutto interessato a riconoscere il meccanismo urbano e dunque non soltanto la banale logica del «monumento» isolato dal suo contesto, stava disegnando la «Ricostruzione dell’Isola Tiberina», mentre Duquesne, al suo primo anno, rilevava le Terme di Caracalla. È proprio Duquesne che già al primo envoi (1900) contravviene alle prescrizioni dell’Accademia inviando, anziché gli elaborati richiesti, il progetto per «Un vasto Hotel de la Ville», o «della Città Futura», costituendo un ulteriore precedente alle prossime trasgressioni di Garnier, col quale, non a caso, sarà legato da amicizia e da comuni interessi culturali. In quegli stessi anni arrivano a Villa Medici altri vincitori del Prix de Rome come Paul Bigot (1900), Henri Prost e Hulot (1902), Léon Jaussely (1903) e Ernest Hébrard (1904).

14

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 14

18/09/18 15:18


Si tratta di un gruppo di architetti con forti interessi per l’urbanistica, tanto che diverranno di lì a poco i principali protagonisti francesi di questa nuova disciplina; basti pensare alla vastissima e qualificata opera di Prost, estensore tra l’altro di uno dei più importanti piani urbanistici di Parigi3. Il debutto di Garnier avviene dunque in questo clima di revisione4 dei vecchi canoni accademici i cui effetti sono immediatamente riscontrabili fin dal suo primo envoi. Nella primavera del 1901 Garnier invia infatti, secondo i termini del regolamento, il suo primo lavoro, «Il rilievo del Tabularium». La reazione dell’Accademia è drastica: il suo envoi è addirittura tolto dall’Esposizione con queste motivazioni: «l’autore non ha rispettato il regolamento, che esige che i lavori vengano inviati nello stato in cui sono stati presentati a Villa Medici, conformemente al programma di studio regolarmente approvato dal direttore dell’Istituto. È bensì vero che l’esposizione all’Académie des Beaux-Arts può talvolta ammettere lavori parzialmente estranei al programma di lavoro con cui l’artista è stato ammesso al Prix de Rome – lavori che i pensionnaires potrebbero comunque render pubblici a discrezion loro: ma in questo caso sembra che il lavoro sul Tabularium (che, certamente, non è stato rilevato sul luogo, ma che in compenso è accompagnato da una bella fotografia) sia stato assolto dall’autore quasi controvoglia, come se si trattasse di una punizione. Due ricalchi grossolani in matita, intitolati «stato attuale» e «restauro», accompagnati da un acquerello dilettantesco completano il foglio. Il tutto accompagnato da una ridicola e tracotante professione di fede – un motto scritto di sbieco che scompagina margini e disegni, e che recita testualmente: «siccome tutta l’architettura si basa su falsi principi, l’architettura antica fu un errore. Solo la verità è bella». Ora, l’Académie – erede in questo di tre secoli di una tradizione di lungimirante e illuminata tolleranza nei confronti di un rinnovamento costantemente auspicato, e non di rado fervidamente e concretamente promosso – non ha il dovere di preoccuparsi delle opinioni del signor Garnier, che dopo aver dedicato la propria gioventù alla conquista del Prix de Rome sembra ora voler confondere sotto un solo giudizio tutta l’architettura che si potrebbe qualificare antica. L’Istituto ha nondimeno il diritto di esigere il rispetto di un impegno che il candidato ha contratto accettando la pensione di Villa Medici, e che vincola l’artista ad un programma preciso – un programma viceversa eluso anche nel secondo contributo presentato da questo giovane: uno scarabocchio indecifrabile, pomposamente intitolato «città industriale», forse a causa dell’impianto disordinato, e che evoca piuttosto una cattedrale medievale rilevata per il catasto ad una scala troppo piccola. In conclusione, non si può non stigmatizzare l’errore che porta l’autore a confondere le proprie aspirazioni sociali ed artistiche – in sé non prive d’interesse – con il mandato preciso dei borsisti di Villa Medici, di cui si ricordano gli esami (segue un estratto del regolamento per l’assegnazione dei Prix de Rome). L’Académie svolge quindi un servizio all’autore sottraendo al giudizio del pubblico i disegni menzionati, inviati sotto il pretesto dell’esposizione annuale. Con ciò, si impone al candidato la presentazione, l’anno prossimo, di nuovi elaborati precisamente pertinenti alle condizioni regolamentari»5. La Commissione accademica giudica dunque il primo progetto della Cité di Garnier come uno scarabocchio indecifrabile, pomposamente intitolato «città industriale». È un debutto decisamente infelice e poco lusinghiero, ma sancisce in modo incontestabile che già nel 1901 lo schizzo urbanistico generale della nuova città è compiuto, anche se i giudici, inveterati accademici sordi a qualunque innovazione, minacciano la reputazione di Garnier accusandolo addirittura di non aver rilevato il monumento assegnatogli ma di averlo semplicemente copiato da una fotografia. Per l’envoi del secondo anno Garnier prepara uno studio sull’Arco di Tito e cinque disegni su Santa Maria in Cosmedina, ma ancora una volta il responso della Commissione accademica parigina è secco e negativo: «les travaux sont médiocres et le choix des sujets déplorable!»6. Nel frattempo l’impegno dell’architetto lionese a proposito della sua Città Industriale non diminuisce, anche se è costretto a adottare sistemi più pertinenti all’ortodossia accademica. Nel 1903,

15

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 15

18/09/18 15:18


come terzo envoi, presenta il rilievo delle vestigia della città di Tusculum, con rilievi più dettagliati del teatro e dell’anfiteatro romano. Il giudizio della Commissione è ancora una volta fortemente negativo, in più, l’Accademia è vivamente dispiaciuta che il candidato non abbia seguito i consigli ricevuti l’anno precedente. La relazione sottolinea il fatto che i disegni «tracciati con pesantezza e troppo neri, mancano di precisione», ma riconosce tuttavia che il giovane ha «a suo modo portato a termine dei lavori interessanti e abbondantemente sviluppati». Durante il terzo anno a Villa Medici, come previsto dal regolamento dell’Accademia, Garnier parte per il suo viaggio di studio verso il Sud. Lo accompagnano due colleghi, lo scultore Vermare e il musicista Florent Schmitt. Insieme visitano Ercolano e Pompei, poi si dirigono verso la Sicilia, e quindi la Grecia, la Turchia e l’Egitto. Garnier è indubbiamente interessato da quanto scopre e qualche rapido schizzo lo testimonia, ma evidentemente il suo pensiero è fisso alla composizione della Città Industriale poiché non insiste nelle sue ricerche di spazi e colori come poco dopo di lui farà invece Henri Prost e come prima avevano fatto Alphonse Defrasse a Epidauro e Pontremoli a Pergamo. Nonostante le inevitabili incomprensioni tra l’ambiente accademico e gli «insubordinati» vincitori del Prix de Rome è tuttavia necessario sottolineare due fenomeni di rilievo: in questo periodo molti dei pensionnaires inviati a Villa Medici sono, e saranno ancor più in seguito, tra le migliori intelligenze del Paese. Inoltre, mentre alcuni settori della cultura restano effettivamente vincolati a certo tradizionalismo, altri si mostrano già maturi per esperienze culturalmente più avanzate. Lo dimostra il fatto che in un solo anno, il 1902, vengono tradotti e pubblicati in francese sia il testo di Ebenezer Howard, Ville jardin de demain, che quello di Camillo Sitte, L’Art de bâtir les villes, e solo pochi mesi dopo, agli inizi del 1903, Eugène Henard pubblica il suo primo fascicolo degli Etudes sur les transformations de Paris. L’accoglienza dell’opinione pubblica a questi avvenimenti culturali è indubbiamente favorevole, lo provano i commenti positivi riportati dalla stampa dell’epoca e in particolare dalle riviste di architettura, così come il fatto che il tema del concorso per il Prix de Rome del 1903, vinto da Léon Jaussely, fosse il progetto per «Una piazza pubblica», cioè un tema prettamente urbanistico. Jaussely, per altro, è lo stesso architetto che partecipa al concorso Chenavard del 1900 con «Une place dans la métropole d’un grand Etat démocratique»7. In quel caso, al di là del linguaggio architettonico e urbanistico adottati, che risentono di una matrice ancora fortemente accademica, assume una particolare importanza la nota redatta dallo stesso Jaussely quando descrive l’aspetto sociale del progetto: «I progetti della scienza e della meccanica e le loro applicazioni generali modificano le condizioni attuali della vita sociale, permettendo all’uomo più indipendenza e svaghi, incamminano l’umanità verso la realizzazione della liberazione dello spirito tramite l’educazione sociale». (...) «In ogni città bisognerebbe dunque creare per questo bisogno, dei vasti locali dove il popolo possa non solo sviluppare la sua educazione, ma anche discutere la sua organizzazione, le condizioni di lavoro e possa manifestare liberamente»8. Tutto questo testimonia il formarsi di un’atmosfera culturale che privilegia sempre più la riflessione sulla città e sulla sua nuova dimensione sociale, quindi urbanistica, e che costituisce ora la nuova centralità degli interessi progettuali dell’architetto-urbanista. Il soggiorno romano di Garnier si conclude nel 1904, ma il frutto del lavoro che più lo ha coinvolto culturalmente non interessa tuttavia l’ambiente accademico parigino che accetterà di esporre il suo progetto di Città Industriale solo come opera supplementare. Di fronte a questa dichiarata incomprensione, Garnier pensa addirittura di emigrare in America, dove si illude di poter trovare maggiore tolleranza e forse una clientela interessata; ma si tratta solo di una tentazione passeggera perché in realtà, a ben vedere, le diverse reazioni al suo progetto di Città Industriale non sono poi così catastrofiche. L’Accademia, ovviamente, non può mostrare entusiasmo per un’opera non pre-

16

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 16

18/09/18 15:18


vista dal suo piano di lavoro, non richiesta e che ha il torto di aver distolto il candidato dai suoi veri impegni. Tuttavia, come si legge nel rapporto finale, se anche non apprezza l’interesse per un tale progetto, «può lodare il modo in cui è presentato». È certamente un riconoscimento molto avaro, ma è altrettanto vero che niente di più poteva essere dichiarato da quel consesso accademico. La «Construction moderne», una delle poche riviste moderne dell’epoca e certamente la più seguita, commentando l’esposizione di quei lavori con un articolo del suo direttore, Paul Planat, mostra un certo apprezzamento per le due prove, e riconosce che il progetto di Cité costituisce un gesto «secessionista», tanto più curioso in quanto manifesta un doppio contrasto del quale non si può disconoscere la originalità: «uno studio su Tuscolo ad un tempo molto antica e molto moderna, ed il piano di una nuova città dotata di tutto il comfort e dell’igiene che si vuole imporre alla città moderna senza che sia, per altro, tralasciata la bellezza degli elementi e dell’insieme»9. Decisamente favorevole e senza riserve è invece l’apprezzamento espresso dalla rivista «Construction lyonnaise», che al contrario della rivista parigina pone in secondo piano le valutazioni sui rilievi di Tusculum per valorizzare con una certa enfasi il nuovo progetto urbanistico: «Il nostro compatriota Tony Garnier espone un’opera di portata differente rispetto a quelle dei compagni, una città industriale che egli ha sito ai bordi di un fiume dove essa trova la sua forza motrice...»10. In sostanza però, ciò che manca completamente in questa vicenda è un vero contributo della stampa specialistica o meno alle idee di Garnier. Qualche piccola citazione per gli ambienti professionali, ma niente che faccia parlare e discutere del suo progetto, né in senso positivo né in senso negativo. Questa assenza di una critica seria all’opera di Garnier durerà per tutta la sua vita, anche quando negli anni Venti-Trenta l’architettura e l’urbanistica diverranno oggetto di discussione nella stampa settimanale e quotidiana. Naturalmente il carattere particolarmente schivo dell’autore non contribuisce alla diffusione delle proprie idee, anche se l’aver pubblicato due volte il suo progetto di città e una volta l’Album sui lavori pubblici di Lione sta a indicare un certo interesse a che si prenda in considerazione la sua opera. È sintomatico comunque che anche in occasione della seconda edizione della Città Industriale, quando già esistono riviste d’avanguardia e pubblicazioni di vario genere sull’architettura moderna, nessuno o quasi sottolinei l’importanza dell’avvenimento, soprattutto tra i «moderni»11.

LA CARRIERA PROFESSIONALE • Nel 1905 Garnier rientra dunque a Lione, preceduto da una buona presentazione sulla stampa locale e dove il sindaco della città, Victor Augagneur, gli affida immediatamente un incarico, il progetto per la «Centrale comunale del latte». È certamente un impegno modesto e non offre grandi possibilità artistiche, ma è quanto basta perché Garnier decida di stabilirsi a Lione e aprirvi il suo studio di architetto, soprattutto dopo che Augagneur gli promette esplicitamente l’incarico per i futuri Macelli della città. Forte di questa importante garanzia, Garnier rifiuta il posto di professore che gli offre la Scuola di Architettura di Glasgow, in quel tempo diretta da Mackintosh1. A partire da questa data l’attività professionale di Garnier si fa intensa ma quasi mai frenetica. Un avvenimento imprevisto riveste una grande importanza nella vita dell’architetto Garnier, l’arrivo alla direzione del municipio di Lione di un personaggio dalla forte personalità che gli offrirà ben presto una grande stima e un vero sostegno professionale, il nuovo sindaco socialista della città, Edouard Herriot. Intanto ha già partecipato al concorso della Fondazione Rothschild per «Abitazioni a basso costo», a Parigi; selezionato insieme ad altri ventiquattro per il secondo grado, non ottiene tuttavia alcun risultato, dato che l’incarico è affidato a Augustin Rey. Nello stesso anno, 1905, progetta la ricostruzione della zona dell’Ospedale Maggiore a Lione, ancora senza successo.

17

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 17

18/09/18 15:18


Nel 1906 vince il secondo premio al Concorso per la ristrutturazione del Quartiere della Borsa a Marsiglia, e se anche il suo progetto è decisamente di qualità superiore a quella dei vincitori, Henri Hebrard e Ramasso, non gli viene affidato nessun incarico. Poco tempo dopo il sindaco Herriot, mantenendo la vecchia promessa del suo predecessore, gli affida finalmente il progetto per il Mercato del bestiame e i Macelli da costruirsi nel quartiere la Mouche. Questo complesso, che sarà realizzato in tempi diversi e con una serie di varianti, per le diverse funzioni al quale fu adibito, rappresenta tuttavia una delle opere più importanti compiute da Garnier perché più d’ogni altra si avvicina allo spirito e agli intenti già espressi nella Cité Industrielle. Il progetto è elaborato tra il 1906-1907. Il cantiere, che presenta notevoli difficoltà a causa del terreno alluvionale, viene aperto solo nel 1909, ma nel ‘14 la grande hall è già completa per ospitare l’Esposizione Internazionale che lo stesso Garnier dirige. Lo spazio a disposizione è importante, 25 ettari per una struttura calcolata per una città di 500 mila abitanti. Il grande complesso che deve assolvere a due distinte funzioni, macello delle carni e mercato del bestiame, è concepito in maniera unitaria ma senza che si verifichino sovrapposizioni di funzioni. I collegamenti tra i vari edifici assumono dunque una particolare importanza e sono garantiti da una serie di passaggi coperti. La grande hall del mercato, che riecheggia il cantiere navale della Cité Industrielle, è risolta architettonicamente e tecnicamente con varie assonanze con la «Galerie des machines» dell’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Nonostante le evidenti parentele tecniche e stilistiche con questo illustre predecessore, l’edificio di Garnier salvaguarda tuttavia una specifica fisionomia complessiva grazie al sapiente uso combinato di acciaio e cemento armato2. L’anno successivo, 1907, partecipa al concorso di Reims per la costruzione dei nuovi Macelli e del Mercato del bestiame e vince il secondo premio. Nel 1909 l’Associazione degli Architetti lionesi gli offre una medaglia di riconoscimento per i disegni di Tuscolo che sono stati esposti a Parigi nel 1905. Intanto, in questo periodo, mentre è impegnato nella costruzione della sua abitazione nel quartiere Saint Rambert, a Lione, è anche nominato direttore dei lavori del futuro Ospedale Grange-Blanche. Il 1910 è per Garnier un anno di grande importanza, infatti, insieme al sindaco della città Edouard Herriot, compie un lungo viaggio di studio in Germania e in Danimarca per osservare da vicino gli impianti ospedalieri più moderni realizzati in quei Paesi3. Rientrato da questo viaggio inizia la costruzione dell’Ospedale Grange-Bianche a Lione ed è nominato Professore, Chef d’Atelier, alla Scuola Regionale di Architettura di Lione. L’ospedale, previsto per 1600 letti, è concepito come una vera città, con funzioni distinte e, fin dove è igienicamente possibile, integrate tra loro. Subito dopo (1914), progetta lo Stadio Comunale della città che sarà realizzato dal ‘20 al ‘26. Intanto, nominato responsabile dell’Esposizione Internazionale Urbana di Lione del 1914, ha l’occasione di entrare in contatto col mondo degli urbanisti e di alcuni teorici dell’urbanistica. Questo lo spingerà a pubblicare a Parigi, nel 1917, il suo «vecchio» progetto di Cité Industrielle, presso l’editore Vincent. Il 20 luglio 1915, a quarantasei anni, si sposa civilmente a Lione con Catherine Laville. Lo stesso anno della prima edizione della sua Cité, Garnier progetta un gruppo di abitazioni per i dipendenti della ditta Berliet a Vénissieux e il Sanatorio Franco-Americano da costruirsi a Lione. Contemporaneamente inizia a progettare l’École des Arts di Lione, che sarà oggetto di vari rifacimenti fino al ‘23. Nel 1918 è incaricato della progettazione di un edificio per i servizi centrali delle Poste, Telegrafi e Telefoni nel quartiere dell’Ospedale Maggiore, a Lione, mentre costruisce una sede del Credit Lyonnais. Sul finire dell’anno progetta un Monumento ai Caduti della Grande Guerra a Loyasse, Rhone, che sarà il primo di una lunga serie.

18

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 18

18/09/18 15:18


Nel 1919 pubblica Les Grands Travaux de la Ville de Lyon, presso l’editore Charles Massin a Parigi. In questo album Garnier presenta una serie di ipotesi di sviluppo e di rinnovamento della città, proponendo molti nuovi edifici, tra i quali alcuni saranno realizzati di lì a poco: un ospedale, un sanatorio, uno stadio, una scuola d’arte, una latteria con relativo stabilimento per la pastorizzazione del latte, una scuola di tessitura, una Borsa del Lavoro, un quartiere residenziale, un grande macello con relativo mercato del bestiame, un palazzo per le poste e infine una serie di monumenti urbani. Nella maggior parte dei casi si tratta di progetti che ha già redatto, alcuni sono già in costruzione, mentre altri sono in attesa di esecuzione. Mentre l’anno volge al termine, progetta la Centrale Telefonica di Vaudrey, che sarà poi realizzata nel ‘27; progetta una Camera del Lavoro per Lione e infine si cimenta con uno dei progetti che gli stanno più a cuore, un Monumento ai Caduti nel suo vecchio quartiere, la Croix-Rousse. Nel 1920 costruisce la sua seconda casa a Saint Rambert l’Ile Barbe, progetta un ospedale a Metz e gli viene affidato l’incarico per un complesso di Abitazioni a basso costo nel quartiere degli Stati Uniti, a Lione, che sarà realizzato tra il ‘29 e il ‘35. Infine, partecipa, ma senza successo, al Concorso per il Monumento ai Caduti di Marsiglia. L’anno successivo, 1921, si impegna ancora su un Monumento ai Caduti a Parigi, e nel ‘22 progetta finalmente il Monumento ai Caduti che sarà effettivamente realizzato, due anni dopo, nell’Isola dei Cigni, nel Parc de la Tète d’Or a Lione. Nel 1923 progetta l’ampliamento della Villa Gros a Saint Didier au Mont d’Or, e un Auditorium a Saint Hilaire du Tourvet, a Isère. Nel 1924 redige un progetto urbanistico per la zona di confluenza tra il Rodano e la Saona e contemporaneamente progetta, fuori concorso, il Palazzo per la Società delle Nazioni a Ginevra. Nel 1925 partecipa alla Grande Esposizione della Arti Decorative a Parigi, dove realizza il Padiglione «Lione-Saint Etienne». Contemporaneamente il Museo delle Arti Decorative di Parigi allestisce una mostra delle sue opere. Nel 1926, nei dintorni di Cassis, Bouches du Rhone, realizza La Villa Carnoux. L’anno successivo, 1927, progetta la Scuola di Tessitura di Lione che sarà edificata nel ‘33 e scrive una breve prefazione al testo di M. Kharachnik, Quelques problèmes d’urbanisme. Nel 1928 partecipa con particolare entusiasmo al Concorso internazionale bandito dalla Panamerican Union per un faro dedicato a Cristoforo Colombo da edificarsi a S. Domingo. Garnier progetta il faro e la sistemazione urbanistica dell’intera zona, ma senza successo. Nel 1930 progetta una villa importante sulle rive del Lago di Ginevra, un monumento dell’aviatore Ferber e un altro a Pierre Mouillard. Nel 1930, con la collaborazione di Jacques Debat-Ponsan, progetta e inizia la costruzione del Municipio di Boulogne-Billancourt, che sarà terminato nel ‘34. Nel 1931 partecipa al Concorso per la costruzione del nuovo Municipio di Villeurbanne ma non ottiene alcun risultato. Questo insuccesso è addirittura paradossale e per certi versi incomprensibile. Il Concorso è vinto dall’architetto Robert Giroud che aveva vinto il primo Grand Prix de Rome nel 1922 e che era stato collaboratore di Garnier per il Monumento ai Caduti di Lione. Ancora più inquietante è il fatto che a partire dal 1931 la città di Villeurbanne costruisce ex-novo l’intero centro cittadino, quasi una «città nuova», ma nessuno visibilmente coinvolte Garnier in questa grandissima operazione. L’ipotesi non è accertata, ma non è escluso che proprio in seguito a questi avvenimenti di Villeurbanne, l’anno successivo, 1932, Garnier pubblichi per la seconda volta, aggiungendo qualche nuova tavola, il suo album su La Cité Industrielle. D’ora in avanti la sua attività si affievolisce sensibilmente; progetta il Parco di Parilly a Lione, l’estensione dell’Ospedale Lons-Le-Saulnier e infine partecipa all’ultimo concorso della sua vita, l’Ospedale di Reims.

19

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 19

18/09/18 15:18


Nel 1936 cessa praticamente ogni attività professionale. Nel 1937, in segno di omaggio per la sua attività, gli viene dedicato un busto in bronzo all’Ospedale Grange-Blanche. Nel 1939 il Maestro lascia Lione e si trasferisce nella sua casa di Bédoule, presso Marsiglia, dove morirà quasi dieci anni dopo, il 19 gennaio 1948.

L’IDEOLOGIA DELLA CITÉ INDUSTRIELLE • In un articolo intitolato La Cité Industrielle de Tony Garnier, pubblicato sulla «Construction moderne» del 10 gennaio 1926, Pierre Bourdeix, con molto anticipo rispetto alle enunciazioni funzionaliste presentate nella Carta d’Atene, sostiene che nell’urbanistica dell’architetto lionese è già presente la distinzione delle tre funzioni urbane principali: la produzione, l’abitazione, l’igiene. A partire da questa affermazione, seguita nel tempo da numerose altre, si è voluto riconoscere in Garnier, di volta in volta, un precursore dell’Urbanistica e dell’Architettura contemporanee, oppure, in base a differenti considerazioni, un utopista moderno. Le Corbusier, che andò a visitarlo nel 1908 a Lione, molti anni dopo, nel ‘46, scriverà del suo progetto urbanistico: «Verso il 1900, Tony Garnier nella sua Cité Industrielle materializzata attraverso una serie magistrale di disegni, propone per la prima volta un suolo di città divenuto spazio pubblico e predisposto all’installazione di dispositivi comunitari preziosi per tutti gli abitanti. Egli integra di nuovo dopo una lunga eclisse, la dignità e la purità, nei luoghi d’abitazione, di lavoro e di contatto civico»1. Nikolaus Pevsner cita Garnier per sottolineare che la sua «fama si fonda soprattutto sulla pubblicazione di un grosso volume che egli intitolò Une Cité Industrielle (1901-1904, pubblicato nel 1907). Il progetto è uno fra i più importanti incunaboli della nuova urbanistica ed i singoli edifici danno prova di saper sfruttare audacemente i nuovi materiali non meno degli edifici di Perret: tetti in cemento armato molto sporgenti, tetti in vetro di grande portata, cubi bloccati dei singoli edifici»2. Reyner Banham, associando il destino culturale di Garnier a quello di Auguste Perret, parla di «progenitori del Movimento Moderno in Francia», così come altri parleranno in seguito di «protorazionalisti», aggiungendo poi che «quale precursore degli sviluppi del pensiero architettonico egli deve essere ricordato e valutato semplicemente per aver ritenuto una città industriale (in effetti qualsiasi città) un soggetto degno dell’attenzione di un architetto. Con questo atteggiamento, continua Banham, egli ampliò i termini di riferimento dell’architettura e avvicinò l’arte alla realtà (la verité) di un’epoca industrializzata. Però l’influenza di questo atteggiamento fu in parte diminuita presso i suoi stessi contemporanei dal fatto che, benché sostanzialmente finita intorno al 1904, la sua Cité Industrielle dovette attendere fino al termine della guerra per essere pubblicata e ebbe la massima influenza sugli uomini della generazione più giovane, la generazione che era stata preparata dai futuristi a concepire le città industriali, e che aveva già, a quel tempo, l’esempio di qualche opera realizzata di Garnier»3. Sigfried Giedion, dal canto suo, afferma che «La Cité Industrielle ha influenzato direttamente gli uomini che collaborano oggi a delineare l’urbanistica del futuro. Tale influenza è comprensibile, perché il progetto di Garnier ha in sé i germi di metodi attuali»4. Piero Bottoni, passando in rassegna i precursori dell’urbanistica moderna, dopo aver citato Leonardo da Vinci, al quale «si devono le prime fondamentali idee sulla circolazione urbana su strade differenziate», presenta «i principi urbanistici derivanti dalle geniali idee dell’arch. Sant’Elia, l’opera del quale dovrà essere considerata precorritrice nel campo internazionale delle più moderne teorie dell’urbanistica». Infine, giunge all’architetto lionese. «Fra i piani di particolare interesse è da ricor-

20

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 20

18/09/18 15:18


dare quello di Garnier, che risale a più di un trentennio, col quale viene dato lo schema d’impianto di una città industriale. In questo, che dev’essere considerato uno schema ancora fantasioso e primitivo, sono peraltro indicati alcuni elementi divenuti fondamenti comuni delle teorie urbanistiche di oggi. Citiamo la distribuzione fra le zone di lavoro e quelle d’abitazione e la separazione delle une dalle altre, nonché dei diversi tipi di industria fra di loro (industrie nocive e non nocive) con larghe zone di verde destinate in parte ad ovviare l’inconveniente del fumo»5. Bruno Zevi, nel suo tentativo di sistematizzare tutta la cultura architettonica moderna, afferma che il dimensionalismo urbanistico, cioè il modulo demografico di base della progettazione urbanistica, «poco interessava il razionalismo francese di Garnier, il che spiega come lo schema di quest’ultimo sia stato ripreso infinite volte e gonfiato nel monotono rettangolarismo e nella ripetizione di sazievoli cubetti paralleli. (...) Primo a spalancare la via del razionalismo – conclude Zevi – Garnier fu l’ultimo a distaccarsi dalla prima età dell’architettura moderna»6. Anche Zevi, dunque, come molti altri, dà per scontato che gli avvenimenti culturali degli anni Trenta fossero la naturale evoluzione di embrioni concepiti attorno all’inizio del secolo da uomini come Garnier che però in seguito non avrebbero avuto la capacità di evolvere con le loro stesse idee. Soltanto Lewis Mumford riconosce esplicitamente il filo diretto che collega le esperienze realizzate nella Vallata del Tennessee con il progetto di Garnier. Più esattamente Mumford indica nella diga e condotta forzata di Hiwassee l’opera che più di ogni altra discende direttamente dalla Cité Industrielle, che a sua volta si riallaccia a concrete esperienze già realizzate in Europa e specialmente negli impianti idroelettrici di Ginevra del 18807. La maggior parte dei critici e degli storici riconosce dunque a Garnier il merito di avere strutturato la sua città secondo almeno tre funzioni principali, ben distinte nella composizione urbanistica dell’insediamento. È indubbiamente un metodo di grande innovazione rispetto al passato ed è perciò sottolineato dai commentatori e dagli urbanisti che anni dopo affronteranno le stesse problematiche. In particolare, poiché il tema di base dell’urbanistica razionalista degli anni Trenta sarà proprio la «città funzionale», è naturale che l’interesse degli architetti moderni si focalizzasse su tutte le esperienze e le possibili indicazioni da poter citare come precedenti storici. In sostanza, l’opera di Garnier viene «identificata» sulla base di avvenimenti e di parametri scoperti e stabiliti molto tempo dopo la sua elaborazione. In questo modo viene impiegato un criterio logico che non giudica l’opera in quanto tale ma soprattutto in relazione alle possibili affinità con quegli stessi parametri e avvenimenti. In altri termini, vediamo che così come gli architetti italiani del Movimento Moderno pretendono di assumere Antonio Sant’Elia a capostipite nazionale del Movimento, la stessa operazione è compiuta da una determinata componente della cultura francese con l’opera di Tony Garnier. Le Corbusier, infatti, cita la Cité Industrielle come ouverture di una serie, alla quale fa seguito l’opera di Auguste Perret, dopo di che appare la rivista «L’Esprit Nouveau» che nel 1922 presenta «Une ville contemporaine de 3 millions d’habitants», dello stesso Le Corbusier, e infine la «thèse d’urbanisme dite Ville Radieuse», nel 1930, sempre di Le Corbusier, proseguendo quindi con «La Charte d’Athènes» e via via con tutte le altre manifestazioni legate al Movimento Moderno. Questa volontà di riconoscere alcuni caratteri genetici del Movimento Moderno nell’opera di un predecessore, contemporaneo ma relativamente estraneo ai dibattiti culturali del tempo, sottolinea la necessità del Movimento Moderno francese e italiano di costituirsi una radicata base storica dalla quale far discendere quindi una più salda legittimazione culturale e operativa. In realtà, tanto nel caso Sant’Elia quanto nel caso Garnier, non esiste alcun filo genetico che unisca seriamente i due architetti fra loro, e tanto meno la loro opera con le successive manifestazioni dei rispettivi modernismi nazionali, quello italiano e quello francese.

21

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 21

18/09/18 15:18


Nonostante certe posizioni radicali infatti, tanto in Italia quanto in Francia, la maggior parte degli aderenti al Movimento Moderno sembra essere preoccupata da un problema di fondo, marcare una netta distinzione col Modernismo tedesco, basato su uno scientifico sistema di razionalizzazione totale. La distinzione proposta dal Modernismo francoitaliano non si basa su principi sociali e filosofici puntuali da contrapporre a quelli socialdemocratici tedeschi, ma si ispira a concetti relativamente generici e a manifestazioni estetiche non scevre da mille ambiguità, potenzialmente capaci tuttavia di sottintendere una ulteriore serie di distinguo. Si tratta del concetto di «mediterraneità», per esempio, che diventa l’asse portante e il riferimento ideologico di base di questo razionalismo latino degli anni Trenta, e quindi del neo-razionalismo. Tutto questo si sviluppa in relazione a due fatti concomitanti e di grande rilievo: da una parte la fine del razionalismo nord-europeo drasticamente decretata tanto dal nazismo quanto dallo stalinismo, e dall’altra, almeno per quanto riguarda la Germania, da un fisiologico esaurimento del razionalismo stesso. In questa ottica assume una particolare opportunità per gli architetti italiani la figura di Sant’Elia, fieramente antitedesco, addirittura caduto durante la prima guerra mondiale, e l’opera di Garnier fortemente impregnata di colori e reminiscenze mediterranee, addirittura pompeiane. Tutt’altro che trascurabile è poi il fatto che sia Garnier che Sant’Elia non abbiano lasciato trattati teorici, ma solo poche righe scritte a fatica. Questo permette ai sedicenti «successori» una straordinaria libertà di manovra. Per quanto riguarda la ricostruzione genealogica fornita da Le Corbusier relativamente al Movimento Moderno Internazionale, una nota stridente viene inoltre dal fatto che quel suo argomentare sul razionalismo di Garnier sia del 1946, molto tardi come si vede, ben trentotto anni dopo il loro unico incontro a Lione e solo a due anni dalla morte del Maestro che avverrà i primi giorni del ‘48. Prima di quella data, quando molte scelte ideologiche e operative erano ancora oggetto di accese discussioni anche a livello internazionale, il nome di Garnier di fatto compare molto raramente, poiché avrebbe implicitamente costituito una chiara scelta di campo che non corrispondeva alle idee dell’architetto svizzero come di molti suoi associati. Il risultato di questo tipo di analisi dell’opera urbanistica di Garnier risulta insomma fatalmente riduttivo, limitandosi al riconoscimento della invenzione di una sorta di «zoning» urbanistico, che si sviluppa quasi in parallelo alle primissime esperienze di razionalizzazione economica, quando invece il tentativo dell’architetto lionese è quello di stabilire un preciso ordine nella distribuzione urbanistica, badando tuttavia che questo non diventi soverchiante rispetto alla libertà compositiva della città stessa e alla conseguente organizzazione della vita dei cittadini. In altre parole, Garnier conosce perfettamente il senso della città industriale moderna per esserci nato e vissuto, conosce le macchine e i loro ritmi così come conosce le fasi consecutive del sistema produttivo; a questo punto la sua preoccupazione fondamentale, adottando come clientela di base una popolazione operaia di 35.000 individui, sta proprio nel non lasciare prevalere l’aspetto e la sostanza del meccanicismo sugli spazi previsti per questa popolazione. Proprio su questo si articolano le varie componenti del suo progetto, dalla circolazione pubblica agli spazi domestici più riservati, mentre tra gli architetti del Movimento Moderno l’aspetto e la sostanza della città-macchina come della macchina-per-abitare restano centrali e, non raramente, spinti fino alla esasperazione. In questo senso, l’assunzione di Tony Garnier a capostipite di una determinata dimensione del Modernismo, quella che si manifesta e si impone dalla seconda metà degli anni Venti fino al Quaranta e in seguito durante la prima fase della Ricostruzione, è decisamente una forzatura che non corrisponde alle reali intenzioni culturali e politiche del Maestro lionese. In effetti, l’unico rapporto tra «avanguardia» e «continuità» che l’opera di Garnier può evocare è piuttosto rintracciabile nel piano della Tennessee Valley Authority, realizzato negli Stati Uniti a partire

22

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 22

18/09/18 15:18


dal 1933 con l’adozione di una serie di idee già avanzate da Garnier. Quel piano infatti, meglio conosciuto sotto la sigla tva, si basa sullo sfruttamento collettivo della portata d’acqua del Tennessee, che attraverso una serie di dighe viene trasformata in elettricità e distribuita nella regione a basso costo per usi sociali e industriali. Dalla trasformazione di questa energia in lavoro e produzione prende vita una serie di cittadine integrate nel territorio circostante secondo un piano regionale prestabilito. Non è poi casuale che a questa esperienza di pianificazione regionale abbia vigorosamente partecipato Lewis Mumford, che come è noto appartiene a un albero genealogico ben diverso da quello dei razionalisti europei suoi contemporanei. Con questo tipo di presupposti è fatale che la maggior parte dei commenti all’opera di Garnier scivoli rapidamente su una critica di tipo funzionale-estetico, molto più pertinente al giudizio su un «oggetto» architettonico che non a un piano urbanistico di largo respiro. Probabilmente questo è dovuto all’impiego del termine Cité, che spinge erroneamente alcuni critici a considerare il suo progetto come qualcosa di contenuto dentro il perimetro di un piccolo insediamento urbano quasi alla scala del grosso quartiere, e quindi di proporzioni urbanistiche relativamente modeste. Più esattamente invece, Garnier concepisce uno dei primi piani regionali d’Europa. La prima base del piano infatti è costituita dallo sfruttamento pubblico di una risorsa naturale: la trasformazione della portata d’acqua del Rodano in energia elettrica. L’elettricità diviene la forza motrice essenziale che alimenta ogni attività della nuova città industriale. Prima ancora che si consideri la proprietà pubblica del suolo urbano, dunque, viene proposta la socializzazione di una risorsa primaria come l’acqua che dà origine all’economia della città e del territorio dopo essersi trasformata in energia elettrica a basso costo. Il primo atto è dunque la ricerca nella regione lionese di quella parte di territorio in cui le condizioni naturali esistenti siano suscettibili di alimentare e quindi di assorbire un intervento a scala industriale e perciò di rilevanti proporzioni. Questo annulla ogni casualità nella determinazione del sito in cui la città nuova deve nascere e svilupparsi. Sulla base delle vedute prospettiche disegnate da Garnier molti hanno tentato di riconoscere quale potesse essere questo luogo preciso ma finora senza successo. Indubbiamente l’architetto, a partire da qualche suggestione naturale, ha poi proseguito su un piano di similitudine e quindi relativamente schematico. Il suo interesse stava più nel proporre un «modello» che non una soluzione puntuale. Considerando però il dibattito sullo sfruttamento dei fiumi già in corso alla sua epoca e in momenti immediatamente successivi, si trova che nel bacino dell’alto Rodano, nei dintorni di Bellegarde, esistono almeno tre progetti di dighe idroelettriche di grande importanza. Osservando poi la morfologia specifica della cittadina di Bellegarde e le sue relative adiacenze, si nota una sorprendente affinità topografica tra l’immagine «ipotetica» offerta da Garnier e quella reale del punto in cui la Valserine si congiunge col Rodano. In altri termini, quel tratto di fiume, sul quale furono progettate nel tempo diverse dighe, sia prima che dopo la Grande Guerra, suscitando ogni volta lunghe e accese polemiche tra i vari gruppi di tecnici, potrebbe essere il luogo scelto da Garnier per istallarvi la sua Cité Industrielle, permettendogli così di assumere dati ambientali e tecnici assolutamente plausibili e pertinenti, cioè «reali». D’altra parte è impensabile che un giovane vissuto in una città come Lione alla fine del secolo passato, e politicamente partecipe di quanto avveniva attorno al Movimento operaio, come era Garnier, non partecipasse ai dibattiti più accesi e ai fenomeni culturali più vivi del suo tempo. Lione è la più antica città manifatturiera di Francia e la prima in cui si sviluppa un forte sindacato dei lavoratori con ampi collegamenti internazionali. Anche il sindacalismo femminile nasce in questa città attorno al 1868-69. Il mondo intellettuale che costituiva un ampio riferimento per le parti più emancipate della classe operaia era costituito da personaggi come Elisée Reclus, Patrick Geddes, Petr Kropotkin,

23

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 23

18/09/18 15:18


Emile Zola. In particolare, in una serie di articoli pubblicati su giornali come «Le Révolté» e «La Revolte» a partire dal 1880, Kropotkin presenta le sue idee sull’uso collettivo delle risorse naturali, specialmente quelle idroelettriche, per la costituzione di una rete di villaggi industriali distribuiti organicamente nel territorio, in cui sia possibile integrare il lavoro in fabbrica col lavoro nei campi, e in cui, soprattutto, sia possibile integrare il lavoro manuale col lavoro intellettuale. Letteratura di questo genere, che non appare sulle riviste specializzate ma su fogli popolari, non sfugge evidentemente all’attenzione di Garnier così come non gli sfuggono le prime riflessioni sulla «città-giardino» di Ebenezer Howard e quindi le visioni utopiche di Edward Bellamy (Looking Backward), al quale Howard deve molte delle sue idee. Si dice che Garnier leggesse poco, sappiamo tuttavia per certo che ha letto Emile Zola e specialmente una sua opera, Travail (Lavoro), nella quale il letterato affronta il tema di una città futura da cui risaltano con evidenza specifiche reminescenze utopiche, soprattutto fourieriste. A riprova di questa sua affinità con Zola e quindi coi valori morali che questi rappresenta nella società e nella cultura francese, a mo’ di dichiarazione di principio, Garnier «incide» sul cornicione del portico che protegge la Sala delle Assemblee, nel centro della città, una lunga serie di citazioni tratte proprio dal Travail. Certamente non in quell’opera specifica vanno ricercate le origini teoriche della Cité Industrielle in quanto essa è piuttosto la proiezione di una lunga serie di suggestioni forse anche disordinate e addirittura contraddittorie, che comunque costituiscono una dimostrazione di quale potesse essere la risposta del socialismo non autoritario alle esasperazioni del conflitto tra capitale e lavoro. All’epoca in cui elabora la sua Cité, Garnier ha trentanni, è giovane ma non giovanissimo; non stupisce che leggesse poco da adulto, ma intorno ai trent’anni le informazioni e le suggestioni esaltanti si raccolgono ad ogni angolo di via. Inoltre, in quei suoi anni di più radicata formazione, gli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento, i temi trattati quotidianamente da tutta la stampa, popolare e borghese, erano proprio quelli dell’alloggio popolare, delle migliaia di minori che morivano ogni anno per la sporcizia e la malnutrizione, della prostituzione, dell’alcolismo. Di fronte a quella realtà, seppure deformate o abbreviate, raggiungevano anche gli strati più bassi dell’interesse sociale le notizie di nuove associazioni di lavoratori create in Germania o in Inghilterra, della creazione di «città operaie» fondate da filantropi o dalle prime associazioni cooperative per la costruzione di alloggi a basso costo. Poco importa, di fronte a un progetto reale, di cui si possono cioè controllare tutte le componenti, accertare se la posizione di Garnier fosse più vicina a quella di Howard o a quella del diretto antagonista di Bellamy, William Morris. A quel tempo aveva molto successo, nell’ambiente dei riformisti, Progress and Poverty (1881) un testo dell’americano Henry George che fu venduto a centinaia di migliaia di copie in America e in Europa. Il suo contenuto è certamente riformista, e di questo viene infatti accusato dai marxisti, cionondimeno propone soluzioni precise e radicali per il miglioramento delle condizioni del popolo e per una più equa distribuzione del benessere. Proprio George avvia il movimento per la single-tax, fondata sull’antico concetto che essendo la terra un bene comune deve essere sfruttata in comune. Si tratta di concetti biblici, rilanciati da Locke e sostenuti dai Fisiocratici; infine, divengono gli elementi basilari del riformismo urbano dei primi aderenti alla «Fabian Society» e, con tutte le variazioni contingenti, degli associati alla «Garden City Association» (1899), da cui nascerà infine la «Town and Country Planning Association» (1910). Da questa complessa rete di idee e di sperimentazioni reali prende corpo un «genere», una forma culturale che, meglio definita in seguito, e considerata afferente alla cultura «organica», per le sue profonde connessioni con la storia e con l’ambiente, per il suo credo evoluzionista e non trasformatore, per il suo carattere profondamente umano e quindi più riformista che radicale, che tuttavia non esce vincitrice dal confronto con le altre proposte politiche e culturali dell’epoca. Le

24

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 24

18/09/18 15:18


semplificazioni radicali che altri movimenti propongono con sempre maggiore insistenza di lì a poco, il loro spirito ben più comunicabile, grazie proprio alla estrema esemplificazione e riduzione a slogan facilmente trasmissibili, hanno decisamente la meglio su idee come questa della Cité Industrielle, basata su un’economia biotecnica che richiede invece conoscenze approfondite, riflessione e la capacità di affidare al tempo la maturazione dei suoi postulati. Questo vasto insieme di sollecitazioni entra certamente nella fantasia di Garnier e si incrocia con le sue effettive esperienze di vita; l’«ibrido» che ne risulta è la Cité Industrielle. Howard stabilisce i limiti demografici della Garden City a 32 mila abitanti; Garnier si attesta su 35 mila. La «Città-verde» è vincolata a un importante sistema di trasporti e gode di una relativa autonomia economica, cioè produttiva; come nella città di Garnier. Le due «città-nuove» non sono concepite come uniche nel territorio, ma fanno parte di una determinata rete di urbanizzazione in cui si tenta l’integrazione industria-natura. Il modello formale delle due «città» è molto diverso: Howard è uomo di lettere e ama comunicare direttamente con la gente; scrive molto e partecipa volentieri a conferenze e dibattiti. Garnier sa esprimersi solo col disegno e col colore; detesta parlare e scrivere. Esiste tuttavia un elemento unificante, che d’altra parte caratterizza questo squarcio di secolo, un forte sentimento di continuità col prossimo e il desiderio di costruire un mondo in cui «uomini», «natura» e «cose» vivano in armonia.

L’URBANISTICA DELLA CITÉ INDUSTRIELLE • L’enunciato principale sul quale si fonda la città nuova, il suo «modulo» di base, è la ricerca di una specifica organizzazione capace di offrire la massima soddisfazione ai bisogni materiali e morali dell’individuo. A partire da questo assunto, di fronte a una realtà che ne è priva, Garnier deve crearsi dapprima una serie di limiti e di condizioni, che costituiscano la somma delle normative alle quali si attiene la disposizione urbanistica degli edifici, così come la loro singola composizione architettonica. La sua progettazione segue dunque due linee fondamentali: che esistano, e lui li stabilisce, regolamenti edilizi e urbanistici relativi alla circolazione, al rapporto tra funzioni, all’igiene, alla disposizione dei locali, e, dato tutt’altro che marginale, che la Società, cioè la gente della città, goda della libera disponibilità del suolo e che assuma direttamente la responsabilità di occuparsi dell’approvvigionamento dell’acqua, del pane, della carne, del latte, dei medicinali. In altri termini, Garnier considera come già avvenuta la municipalizzazione delle risorse naturali e sociali, così come da tempo gran parte del Movimento dei lavoratori andava chiedendo insieme a molti intellettuali, sociologi, riformatori. Il secondo dato di base della città nuova è l’esistenza di una grande fabbrica, metallurgica nel caso specifico, che costituisca la principale fonte economica per una popolazione di 35 mila abitanti. L’industria, afferma Garnier, è ormai l’unica ragione che determini la fondazione di nuove città. Il luogo topografico in cui l’industria si stabilizza è determinato a sua volta dalla presenza di particolari risorse come le materie prime necessarie alla metallurgia, una forza naturale suscettibile di essere trasformata per il lavoro e infine la comodità di buoni mezzi di trasporto. Una diga sul fiume e il relativo impianto idroelettrico distribuiscono la forza motrice, l’illuminazione, il riscaldamento necessario sia alle fabbriche che alla città. La fabbrica più importante è situata nella piana, all’incrocio tra l’affluente e il fiume, in prossimità del collegamento con il sistema ferroviario. Più in alto, esposti a sud e protetti dai venti, trovano spazio gli edifici adibiti alle attività sanitarie. Ognuno di questi elementi principali, fabbrica, città, ospedale, è isolato in modo tale da potersi sviluppare nel caso se ne presenti la necessità. Un punto di fondamentale importanza per

25

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 25

18/09/18 15:18


meglio cogliere lo spirito di questo piano è il fatto che Garnier consideri tra gli elementi di base, oltre alla nuova fabbrica, un vecchio insediamento urbano esistente che, seppure di modeste dimensioni spaziali, viene tuttavia rispettato e integrato nel nuovo tessuto urbanistico. Simbolicamente questa scelta è di grande rilievo e segna un punto di forte distinzione con le teorie degli architetti moderni che vent’anni dopo avranno nei confronti delle preesistenze storiche di non straordinario valore culturale, un atteggiamento assolutamente negativo. Il quadro relativo all’impianto generale della città nuova è completato dalla presenza di un sistema ferroviario per i collegamenti esterni e da una linea di tram che ha la funzione di collegamento urbano ma anche extra urbano e che dovrebbe collegare questa città nuova con altre del medesimo tipo distribuite nella regione. Quando Garnier cita gli elementi fondamentali del suo insediamento, parla di attività quali il produrre, la sanità, cioè la zona ospedaliera, e infine, con un solo termine, «città», indica l’abitare, cioè la parte residenziale. Questo ha significato per molti che Garnier volesse ridurre a tre le funzioni urbanistiche principali della città nuova. In realtà, come è facile vedere, col termine «città» Garnier assimila tutte le funzioni relative alla residenza così come alla ricreazione, all’amministrazione, alla cultura, all’istruzione, allo scambio sociale. Consideriamo dunque questa componente sociale della città, quella o quelle parti in cui non si produce, non si abita stabilmente, ma si svolgono funzioni essenziali per la soddisfazione dei bisogni morali dell’individuo. I servizi amministrativi e gli edifici pubblici: sociali, culturali, sportivi e commerciali, sono situati al centro dell’insediamento urbano e strutturati su tre gruppi: 1. i servizi amministrativi municipali propriamente detti e vari spazi assembleari; 2. le raccolte pubbliche; 3. gli edifici sportivi e per lo spettacolo. La zona destinata alle assemblee è, tra le tante, quella che maggiormente denota lo spirito sociale e libertario di Garnier. Intanto prevede un vasto spazio «molto aperto» in cui il pubblico possa accedere liberamente e continuamente e capace di 3 mila posti. La sua funzione è quella di permettere l’ascolto in simultanea delle riunioni parlamentari, così come concerti o altre manifestazioni che richiedano grandi spazi. Un gruppo di altre tre sale, una per mille posti e due per cinquecento, assicura lo svolgersi di manifestazioni culturali specifiche, come conferenze e proiezioni. Infine una grande quantità di piccole sale garantisce a qualunque gruppo o sindacato o categoria professionale di potersi riunire e dibattere questioni d’ogni genere. Questo grande insieme di spazi per riunioni è collegato a un vasto porticato che costituisce la passeggiata coperta, una sorta di galleria fourierista, corrispondente al centro della città e in cui possano circolare grandi quantità di persone riparate dal fastidio delle intemperie. In fondo al grande loggiato, ben visibile, è collocata una grande torre con orologio che ha la specifica funzione di indicare il centro della città stessa. Questa zona cardinale della città ha dunque una funzione primaria, è il «cervello» della città stessa e contemporaneamente è il luogo della memoria e dei sentimenti sociali, è lo scambiatore delle idee e il luogo della decisione politica. Come si vede, in questo progetto non si accenna né a chiese né a caserme, che infatti non sono previste tra le tante componenti della città. In questo senso Garnier si dichiara più owenista che fourierista; infatti, mentre sono previste abbondanti infrastrutture per la cura della mente e del corpo, sono invece totalmente assenti sistemi di controllo militare e spazi per il culto. Di fatto Garnier è un laico che riversa negli spazi sociali della sua progettazione tutta la religiosità di cui è investito e che così fortemente si esprime nei suoi progetti di Monumenti ai caduti che non a caso lo interessano tanto e ai quali dedica energie apparentemente eccessive nella sua

26

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 26

18/09/18 15:18


carriera di architetto. A ben vedere, si scopre facilmente che il “fourierismo” è completamente assente dalla fantasia di Garnier che in nessun momento accenna a un sistema così rigido di comportamenti e di uso delle zone e delle funzioni. Il «funzionalismo» di Fourier è teso all’ordine ma salvaguardando le gerarchie e anzi sottolineando la loro distinzione; l’ordine di Garnier, invece, mira all’integrazione sociale a ogni livello, nella natura, nell’abitato, nella fabbrica. Trascurando il resto dei servizi amministrativi, poiché non presentano novità di rilievo, se non una sorta di ufficio di collocamento, vediamo invece un altro elemento focale della vita associata di questa città, che rimanda alle raccomandazioni più volte espresse da Reclus e da Geddes. Si tratta degli edifici destinati a raccogliere gli «oggetti» che rappresentano la storia di quel territorio, di quella città e di quella società, cioè reperti archeologici, documenti relativi all’industria e al commercio, archivi. Completano l’insieme, un giardino botanico, una grande biblioteca con annessa stamperia e infine una grande sala per le esposizioni. Nello stesso grande giardino arboreo in cui si trovano le biblioteche e le sale d’esposizione, Garnier situa anche gli edifici sportivi e per lo spettacolo in modo da inserirli nel percorso di una vasta passeggiata attrezzata per la sosta e per il riposo. Tutti gli edifici, precisa, sono concepiti in cemento armato e vetro. La sala da spettacolo e l’auditorium sono calcolati per 1900 spettatori, con tutti gli annessi previsti per qualunque tipo di manifestazione pubblica. Completano queste attrezzature, un teatro all’aperto a gradoni, come un teatro antico, sale da ginnastica, una grande piscina e infine uno stadio con tribune coperte e annessi molti terreni da gioco. Mentre lo sport e lo spettacolo fanno parte di un unico percorso urbano, che non è propriamente una «zona», quanto piuttosto una direzione di sviluppo delle attività ricreative, l’istruzione pubblica obbedisce invece a tutt’altri criteri. Garnier procede a una divisione degli edifici destinati all’educazione prendendo come base l’età scolare degli allievi. L’istruzione fino a quattordici anni è impartita direttamente nel quartiere, in edifici in cui non è prevista la separazione tra maschi e femmine, com’era invece l’abitudine dell’epoca. L’unica separazione, rappresentata da una strada-giardino per la ricreazione tra una lezione e l’altra, serve a distinguere gli allievi più giovani dagli altri. Le scuole secondarie hanno invece una collocazione specifica nel contesto urbano, e sono sistemate all’estremità nord-est, cioè nel punto più vicino alla zona industriale. L’insegnamento, precisa Garnier, risponde ai bisogni di una città industriale; quindi, soddisfatte le necessità di aggiornamento degli addetti all’amministrazione e al commercio, il resto della formazione è centrato sull’indirizzo professionale per i giovani dai quattrodici ai vent’anni. Naturalmente la scuola professionale artistica è sviluppata in modo particolare e in ogni direzione disciplinare per garantire alle due industrie di base, quella metallurgica e quella della seta, il massimo della creatività e quindi della competitività sul mercato. Nella parte più elevata del territorio, a nord della città, ma in posizione riparata dai venti, Garnier situa le attività sanitarie, composte da un ospedale, un edificio per la elioterapia, la sezione per le malattie contagiose e un edificio per gli invalidi; il tutto per un totale di 715 letti. L’insieme del complesso e i suoi particolari sono trattati, dice Garnier, «secondo l’attuale grado di avanzamento della scienza medica». Un punto focale di grande importanza è costituito dalla stazione e dall’insieme che vi gravita attorno. È sicuramente l’ambiente più «misto» dell’intero complesso urbano e tale da garantirne una vivacità originale rispetto all’ordine relativo che regna nel resto della città. Il quartiere della stazione comprende infatti abitazioni, alberghi, grandi magazzini e il mercato all’aperto. Tutti gli edifici più alti della città sono concentrati in questo punto, mentre l’elemento di spicco, che si eleva sopra ogni altro, è costituito da una torre-orologio in cemento armato, concepita come una sorta di faro. Questa seconda torre, insieme alla prima del centro civico,

27

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 27

18/09/18 15:18


stabilisce i due grandi riferimenti topografici della città: dalla stazione si individua immediatamente il centro urbano, da quello si reperisce facilmente la stazione che nasce all’incrocio di una serie di arterie principali, provenienti dalla vecchia città, dalla nuova, dalle fabbriche. La linea ferroviaria, dice Garnier, è prevista completamente diritta per permettere l’uso di treni a grande velocità. Abbiamo già visto, attorno al centro civico, una serie di edifici destinati all’amministrazione pubblica, ma Garnier compie una ulteriore distinzione relativamente ai «Servizi pubblici» che costituiscono una delle affermazioni politiche più nette del suo piano urbanistico. Si tratta di tutti quei servizi che, sottratti alla speculazione privata, Garnier ritiene debbano essere garantiti dalla collettività e da questa stessa gestiti. L’approvvigionamento dell’acqua, la trasformazione dei rifiuti, il controllo tecnico delle dighe, la fornitura dell’energia, dell’illuminazione e del riscaldamento, sia nelle officine che nelle abitazioni, tutto questo richiede una apposita sede edilizia. La zona industriale è situata tra l’affluente, il fiume e la ferrovia senza però essere totalmente isolata dal resto, ma semplicemente distinta. È infatti strettamente connessa col quartiere della stazione principale che a sua volta è collegato col vecchio nucleo urbano. La fabbrica principale è metallurgica e produce tubi, laminati, attrezzi agricoli, oltre che parti di materiale rotabile per ferrovie, automobili, navi e aerei. L’intera zona è servita da una serie di viali alberati e ogni fase della produzione è concepita in modo da potersi sviluppare autonomamente secondo le esigenze della lavorazione stessa. È sintomatico che, a partire dal perimetro strettamente industriale, Garnier abbia previsto una serie di piccole aziende agricole per l’approvvigionamento e altre per la trasformazione dei prodotti che da queste derivano. Fin qui abbiamo visto gli apparati che strutturano la città e che ne stabiliscono la filosofia generale e la specifica qualità sociale. Vediamo ora il tessuto connettivo di questo grande insieme, l’abitazione umana, dove vive quotidianamente la gente che partecipa e profitta di queste conquiste sociali che i vari servizi rappresentano. Dopo aver esaminato una serie di regolamenti edilizi di varie città, distinte geograficamente e climaticamente, Garnier stabilisce tre regole fondamentali alle quali deve attenersi l’edificazione degli alloggi privati e, fin dove è possibile, anche di quelli pubblici. 1. Obbligo per le camere da letto di avere almeno una finestra aperta a sud; è comunque necessario garantire una grande penetrazione della luce in tutto l’alloggio. 2. Qualunque tipo di cortile interno è proibito; ogni spazio, per quanto piccolo, deve essere illuminato e areato dall’esterno. 3. I muri interni degli alloggi sono lisci e hanno gli angoli arrotondati per ragioni igieniche. Per la costruzione dei quartieri residenziali Garnier procede secondo uno schema preciso Dapprima divide il terreno in isolati di 150 metri di lato secondo l’asse est-ovest e di 30 metri secondo quello nord-sud. Questi isolati sono a loro volta divisi in quartieri con lato di 15 metri, uno dei quali è sempre prospicente la strada. Secondo l’architetto lionese questa ripartizione permette di sfruttare al massimo il terreno e di rispettare le regole edilizie che lui stesso ha stabilito. La superficie costruita, sia che si tratti di un edificio pubblico che di uno privato, non deve mai superare la metà dell’area del terreno; lo spazio restante è adibito a giardino e a percorso pedonale pubblico. L’uso di questi spazi liberi per i percorsi pedonali renderà possibile la scelta del tragitto migliore per raggiungere le varie parti della città e soprattutto eliminerà completamente la monotonia di un insediamento a scacchiera. Evidentemente, per raggiungere questo scopo, sono proibiti i muri di recinzione e altre barriere d’ogni genere. Stabilita la dimensione esatta delle strade e il loro orientamento, 20 metri per le strade nord-sud,

28

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 28

18/09/18 15:18


alberate sui due lati e 19 o 13 metri le altre est-ovest, Garnier precisa di quali materiali sarà costituita la sua città. Il cemento armato occupa naturalmente il posto d’onore, di conseguenza, tanto più saranno semplici le casseforme, tanto meno saranno costose le costruzioni. Questo impone una grande semplicità di espressione nelle strutture e quindi il bando di ogni decorativismo e ornamento. Strutture e muri nudi, dunque, e questo permetterà di far risaltare ancora di più opere d’arte e altri «oggetti» di arredo separati nettamente dalla costruzione. Conclude infine Garnier: «Ecco riassunto il programma per edificare una città, dove ciascuno si renda conto che il lavoro è la legge umana e che c’è sufficiente idealità nel culto della bellezza e della benevolenza per rendere la vita splendida». Il lavoro è la legge umana; per questa affermazione, rispecchiata nettamente nell’intero insieme urbano, la Cité Industrielle è anche definita la Città del lavoro, intesa nel senso di una società che progredisce e si afferma con la propria partecipazione quotidiana e con la politica dei fatti, più che con le grandi affermazioni ideologiche che rimandano a tempi successivi e nebulosi la definizione del modello ideale di vita e di spazio.

CONCLUSIONI • A Boulogne-Baillancourt, nello stesso periodo in cui Garnier progetta e realizza l’Hotel de Ville, lavorano alcuni tra i più importanti architetti francesi dell’epoca. Tra il 1920 e il 1940 vengono infatti costruiti circa trenta edifici firmati da Le Corbusier e Pierre Jeanneret, Robert Mallet-Stevans, André Lurçat, Louis-Raymond Fischer, André Gutton, Auguste Perret, Jean Léon Courreges, Pierre Patout e altri. Nonostante questi personaggi siano tutti presenti nel medesimo luogo e spesso nella stessa strada1, per il resto, salvo rare eccezioni, questi architetti hanno poco in comune se non il privilegio di eseguire la volontà di un sindaco particolarmente dinamico e avveduto, André Morizet, che tenta in questo modo di nobilitare un piccolo centro urbano di recente formazione. Abbiamo già notato infatti come molti critici pretendano che, insieme a Perret, Garnier rappresenti una specie di capofila del Movimento Moderno da cui discenderebbero stilisticamente gli altri esponenti. In realtà questa versione è poco solida e in parte tendenziosa. Fin troppo evidente è l’atteggiamento di Le Corbusier che ricorre alla «paternità» culturale di Garnier solo nel ‘46, cioè quando, dopo la sua lunga serie di coinvolgimenti ideologici poco innocenti e data la mutata situazione politica internazionale, può essere di particolare utilità richiamarsi a un sicuro ascendente «socialista» come è Garnier. In quanto agli altri, a parte il confronto assolutamente caricaturale che Bottoni propone tra Garnier e Sant’Elia criticando il primo con argomenti che in realtà valgono per il secondo, la maggior parte dei commentatori è visibilmente attratta dal polo di una specifica dimensione del modernismo, tanto da trascurare il fatto che questo debutta con una gamma di posizioni culturali di cui il «razionalismo» o la «nuova oggettività» non sono che delle possibili estensioni ma non necessariamente estensioni dirette e «naturali». Nei momenti di fondazione di vasti sistemi culturali, come è il caso del «modernismo», la ricerca del primo enunziatore è pressoché inutile e talvolta addirittura un controsenso. In effetti ciò che più conta è la ricerca delle varie componenti che determinano quello specifico clima generale in cui le nuove forme culturali prendono sostanza. Soprattutto nel caso del «modernismo» è fondamentale rintracciare le intersezioni e le complementarità dalle quali quel fenomeno prende vita. In questo modo si può assistere al formarsi di una «maniera», di un’atmosfera gene-

29

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 29

18/09/18 15:18


rale dalla quale nascono prodotti e speculazioni culturali che se anche non sono perfettamente omogenee godono tuttavia di ampi livelli di affinità pur se espressi in ambienti separati da grandi distanze geografiche. La cultura di questo secolo, come di gran parte del precedente, è tutta improntata dal conflitto tra «tradizione» e «modernità». Ben pochi, tra gli intellettuali e gli artisti dell’epoca, sfuggono a questa logica dominante. È perciò evidente che la ricerca delle affinità e delle assonanze filologiche non può svolgersi su un piano strettamente morfologico, ma piuttosto verificando quanto dell’enunciato relativo al rapporto «tradizione-modernismo» è effettivamente presente nell’opera compiuta. In altre parole, poiché la modernità ha comunque una precisa componente sociale sollecitata dall’industrialesimo, dinamicizzata dal meccanismo e dalla standardizzazione, dalle leggi del mercato e infine dall’urbanesimo come fenomeno dominante, tipico del passaggio storico da un’economia rurale a una industriale, questa componente culturale, ovvero la riflessione sulla civiltà industriale e urbana, deve essere esposta chiaramente e costituire il parametro di base che permetterà di verificare la validità del progetto urbanistico e architettonico. Inoltre, poiché il concetto stesso di «funzionalismo» trova ulteriori estensioni nella direzione dell’impiego sociale dell’opera, sociale inteso nel senso dell’economia e dei diritti esercitati da grandi masse e non da parti ristrette di società o da gruppi di individui, è ancor più necessaria la comparazione tra modello sociale e modello spaziale. Da qualche tempo, dopo più attenti esami di documenti e produzioni, osserviamo con sempre maggiore evidenza che anche il concetto di modernità, che per lungo tempo ha rappresentato un sicuro spartiacque tra «progresso» e «reazione», necessita di ulteriori interpretazioni e precisazioni. In altre parole, se per molto tempo definire «moderno» un comportamento o un soggetto significava automaticamente collocarlo in una ben determinata area ideologica, genericamente definita come «progressista», si intravede ora l’esistenza nel tempo di diversi modi di intendere e di praticare il modernismo stesso. È possibile infatti, pur militando in piena comunità con altri di vocazione moderna, appartenere nondimeno a campi ideologici e politici opposti. La modernità, in quanto tale, non è e non costituisce uno status ideologico concluso, ma piuttosto una prima e incompleta risposta a una situazione ambientale problematica che presenta caratteri di relativa «oggettività»; per esempio, uno stato di malessere generale, uno straordinario tasso di disoccupazione e miseria, un esteso bisogno di alloggi e servizi. La vera scelta ideologica, storicamente, si effettua in una fase successiva, più esattamente nei tempi e nella maniera di fornire i caratteri peculiari e i contenuti specifici della modernità stessa, completata dalle sue precise finalità sociali e politiche. Ciò premesso, è fuor di dubbio che Tony Garnier sia un «iniziatore» e un «iniziato» al modernismo, ma certamente non nel senso che pretende di attribuirgli opportunisticamente Le Corbusier nel ‘46 e altri prima e dopo quella data. La modernità di Garnier appartiene a tutt’altro contesto e le sue complementarità si intrecciano in tutt’altro ambiente culturale che quello dogmatico e per certi versi «teologico» che ispira la maggior parte degli architetti europei degli anni Trenta e successivamente della Ricostruzione. Proviamo a confrontare alcuni livelli di queste diverse modernità. Proprio un certo dogmatismo dei «razionalisti» e una sorta di «teologismo» da questi applicato all’architettura, segnano un netto divario tra i due distinti modi di intendere e di applicare il modernismo. Intanto è sintomatico che Garnier non parli mai di «modernismo», né per sostenerne la necessità né per negarla. Ancor più sintomatico è poi l’atteggiamento comples-

30

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 30

18/09/18 15:18


sivo di Garnier nei confronti della scrittura. Una sua nota scolastica ci avverte che egli eccelle nel disegno e nella scrittura, ma in tutta la sua carriera l’architetto lionese non scrive più di qualche pagina e con molta riluttanza. Il comportamento dei «razionalisti», primo fra tutti Le Corbusier, ma subito seguito da numerosa compagnia, è invece esattamente il contrario. L’architetto svizzero è già noto agli inizi degli anni Venti per la letteratura che pubblica più che per l’architettura che ha realizzato. Sono infatti le sue affermazioni elementari e lapidarie che lo impongono a certa opinione pubblica più di quanto non sia l’esame critico della sua urbanistica e della sua architettura. Da questo punto di vista il fare di Garnier non è premoderno ma addirittura «antimoderno», tanto rifugge dal proselitismo esasperato che sarà invece uno dei caratteri preminenti dei razionalisti. Garnier espone la sua proposta globale, che è innanzi tutto di ordine economico, politico, sociale, culturale e quindi urbanistica e architettonica, attraverso il solo linguaggio che gli è proprio e al quale riconosce la legittimità di esprimere le proprie tesi. Non affida a frasi semplificate e orecchiabili il senso di un messaggio, ma propone un «modello» complessivo immediatamente verificabile. L’impiego più o meno sapiente della parola non lo interessa e preferisce quindi scoprire l’intero suo meccanismo, congegno per congegno, in modo da illustrare l’insieme del suo sistema. Questo metodo, che rappresenta una scelta ideologica di fondo, implica una dichiarazione totale e senza compromessi né giri di parole, come purtroppo molti invece faranno in seguito, con una serie continua di affermazioni e negazioni o glissements su questioni particolarmente delicate. D’altra parte, il proselitismo che contraddistingue i razionalisti degli anni Trenta e il loro colloquiare continuo con lo Stato, comporta inevitabilmente una tale semplificazione, e talvolta perfino una banalizzazione del messaggio, da renderlo «neutrale» e polivalente. La presa di posizione di Garnier è invece totale e perciò deve necessariamente arrivare fino al dettaglio di ogni componente, compreso il ruolo della «decorazione» e del colore nella nuova architettura del cemento armato. I «razionalisti» al contrario, ancora nel 1936 in occasione di un congresso internazionale appositamente organizzato a Roma per rispondere alla questione dei «Rapporti dell’architettura con le arti figurative», chiedono altro tempo per decidere. In particolare Le Corbusier dichiara: «E ai pittori dico solo questo: lasciateci respirare, lasciateci mettere in marcia l’immenso cantiere dei tempi moderni, concedeteci dieci anni. L’architettura raggiungerà attraverso la sperimentazione e la cura e l’intento che porteremo, una grazia certa»2. Nell’opera di Garnier, dove il cemento armato è il protagonista assoluto insieme all’acciaio, il ruolo della «decorazione» e del «colore» è netto e definito fin dal primo momento. Già questo fatto, tutt’altro che trascurabile dal punto di vista formale e ideologico, dovrebbe impedire che la sua architettura sia fraintesa, anche se collocata al vertice di una piramide ideale, con quegli degli iconoclasti degli anni Trenta che non solo chiedono almeno fino al ‘46 per decidere quale rapporto intrattenere con le arti, e questo già costituisce un’assurdità, ma infine pretendono di stabilire una sorta di legge universale che dovrebbe poi regolare il comportamento progettuale di tutti gli altri adepti. Nel modello urbano e architettonico che Garnier propone con la sua Cité Industrielle esiste qualcosa di ancor più preciso che una semplice affermazione in favore del colore e della decorazione pittorica. Nella sua città infatti le citazioni storiche hanno un valore preciso e fondamentale che in nessun modo si può intendere come un banale ammiccamento al classicismo, ma che costituisce più opportunamente l’occasione di una riflessione culturale e nel contempo di una circostanziata segnaletica urbana attraverso l’uso di frammenti storici inseriti nel paesaggio urbano. Garnier usa dunque della citazione per sottolineare una funzione urbanistica. In questo senso

31

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 31

18/09/18 15:18


inserisce una copia della Nike di Samotracia sulla Casa per un artista mentre scolpisce frasi tratte da una particolare opera di Zola sul loggiato del Municipio. I due «gesti» si equivalgono perfettamente. Il primo fa ricorso a un linguaggio «classico», il secondo a un linguaggio che Garnier propone come un nuovo classico, cioè una certezza sociale e politica indiscutibile che passi dalle pareti degli edifici alla coscienza dei cittadini. Molti anni dopo tutta l’architettura moderna dovrà confrontarsi con questo problema della segnalazione della funzione urbana del singolo edificio. Gli architetti costruttivisti in Russia concepiscono l’edificio stesso con già inserite frasi, lettere, simboli e immagini che ne indicano la funzione sociale e politica. In Germania il rapporto con il «titolo» dell’opera è più distaccato, e spesso le facciate di certe architetture sono concepite secondo le regole della moderna grafica editoriale. In Italia, le stesse necessità, così bene esemplificate nella Casa del Fascio di Terragni, provocano discussioni, polemiche e conflitti interni al movimento stesso. Tutto sottolinea, insomma, come sia intrinseco alla progettazione moderna il ricorso a ulteriori attributi espressivi che concorrano alla completezza dell’immagine architettonica e della sua funzione nella più vasta struttura urbanistica. Questo interesse straordinario per la segnalazione funzionale, per la citazione costruita attraverso la elaborazione di nuovi frammenti storici tocca i minimi dettagli dell’architettura in una composizione dialettica di grande raffinatezza. Garnier mostra con attenta lucidità e chiarezza la struttura della città e la struttura dei suoi edifici. Tutto è estremamente sobrio, nitido e senza alcuna concessione al superfluo. Questo non gli impedisce tuttavia di far interpretare al materiale da costruzione il ruolo più appropriato e consapevole. Il cemento è il materiale da costruzione più elastico che l’uomo abbia mai avuto occasione di utilizzare dopo la terra battuta, eppure, ancor oggi, grazie anche al dogmatismo di molti razionalisti, questo è invece impiegato nel modo più rigido immaginabile, cosicché il risultato è visibile in una serie infinita di edifici concepiti più come menhir moderni che, come sarebbe più opportuno, come vere sedimentazioni dell’accumulata cultura costruttiva e architettonica. Garnier, quando lo ritiene utile per una maggiore espressività dell’architettura, plasma la materia componendo un grande equilibrio dialettico tra l’essenzialità delle strutture e certe finezze di dettaglio. Policromismo, tessere di ceramica colorata, modellazione del cemento si sposano così al grande insieme di un’architettura che resta comunque sobria e morale. La maggior parte dei razionalisti lavorerà nella direzione opposta. In altri termini, scoperto un materiale dalle infinite possibilità come il cemento, Garnier cerca di esplorarne quante più possibile, senza tuttavia lasciarsi imprigionare da uno sperimentalismo incontrollato e soprattutto senza lasciarsi sopraffare da questo incontro con le nuove tecniche di calcolo e di cantiere. Più volte, in questo stesso testo, ho ripetuto che Garnier era profondamente partecipe di una serie di principi che a quel tempo erano definiti «socialisti». Talvolta si è voluto interpretare il suo socialismo alla luce di avvenimenti più recenti, identificando socialismo con marxismo; in effetti, attribuire a Garnier affinità di questo genere è scandaloso. Ciò non toglie che tutta l’opera e la vita di Garnier fossero improntate da un radicato «socialismo». Spiegare qui che cosa fosse quel socialismo sarebbe troppo lungo e non completamente pertinente, purtuttavia è necessario accennare agli avvenimenti straordinari che dopo la prima guerra mondiale sconvolgono l’intero sistema culturale occidentale, con la conseguente formazione di alcune tendenze che in brevissimo tempo soffocano, fino a farle scomparire, altre forme culturali e politiche maturate negli anni precedenti. Accade, insomma, che pur distinguendosi su alcuni contenuti ideologici di fondo, la maggior parte delle formazioni culturali e artistiche d’avanguar-

32

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 32

18/09/18 15:18


dia assuma nei fatti il medesimo comportamento autoritario e dogmatico che, con altre manifestazioni, contraddistingue la dinamica della situazione politica europea. Questo spirito autoritario coinvolge la maggior parte delle componenti sociali e culturali europee di rilievo, che d’ora in avanti non si limiteranno più a «produrre» cultura ma tenteranno altresì di imporla in modo assolutistico. La cosiddetta «polemica sul modernismo», infatti, diventa un avvenimento storico di rilievo dal momento in cui una parte del «razionalismo» europeo tenta di imporsi come «sistema generale», e con questo di sovrapporsi allo Stato. I razionalisti, infatti, non si limitano a manifestare la propria versione della modernità ma ne forniscono una dimensione esclusiva e assoluta, e in questa occasione il loro atteggiamento complessivo nei confronti di altre forme culturali adotta lo «stile» e i metodi delle ideologie totalitarie dominanti in Europa in quella stessa epoca. È inquietante il fatto che certi comportamenti e mezzi impiegati per l’affermazione di queste idee assumano lo stesso profilo e la stessa conformazione di ciò che comunemente si ritiene essere la sostanza della modernità stessa. L’uso sempre più largo della stampa, del cinema, della radio, della pubblicità, per diffondere le nuove immagini del razionalismo, in fondo fa parte del medesimo clima autoritario che è incorporato quasi indistintamente dal mondo intellettuale e artistico con una strabiliante adesione non tanto a una specifica ideologia politica quanto piuttosto all’idea stessa di totalitarismo. In altre parole, le varie «polemiche» per l’affermazione del «modernismo» nell’arte e nell’architettura hanno una validità accertata a condizione di condividere appieno forme, contenuti e metodi di questa specie di «crociata» effettivamente condotta con tutti i crismi della lotta politica organizzata contro ogni altra forma culturale. Il «razionalismo» è la prima manifestazione culturale che richiede una «militanza» attiva e pragmatica più che speculazioni filosofiche approfondite. La solitudine filosofica dell’architetto razionalista, infatti, non è tanto una condizione ambientale quanto piuttosto una scelta determinata e consapevole. Quando Edoardo Persico e qualche altro raro critico dubiteranno dei riferimenti etici di Le Corbusier perché questi «traffica» indistintamente a Mosca e a Roma3, cioè dal fascismo al bolscevismo e viceversa, in fondo scivola in una grande ingenuità. In effetti all’architetto svizzero non importava poi molto della ideologia nel senso della sua stretta manifestazione politica, perché aveva ben capito che il sistema progettuale di cui disponeva, la «macchina per abitare», richiedeva un cliente speciale che disponesse di una immensa autorità, una «macchina totalitaria», appunto, e quindi uno Stato autoritario. La sua immagine di società, così come emerge nel «Plan Voisin» per Parigi e in altri esempi, consiste in masse urbane senza volto da «sistemare» convenientemente, cioè rispettando le sole componenti primarie del «ciclo biologico» dell’uomo, che finiscono per sostituire la sua spiritualità. In questo senso, non fa alcuna differenza progettare un quartiere popolare per Mosca o per Roma o per Parigi. Non è certamente un caso che Hilberseimer, Taut, Le Corbusier, e altri «razionalisti», al loro debutto di fronte all’opinione pubblica internazionale esordiscano con un progetto di città, esattamente come vent’anni prima aveva fatto Garnier, e poi Sant’Elia, e Ernest Hébrard con la sua «Ville Mondiale» e Cristian Andersen con una «Città Universale». Il progetto urbano infatti, meglio di qualunque altra riflessione compositiva, esprime con sufficiente chiarezza l’idea sociale al quale il progettista fa riferimento; in quel contesto ciò che più conta è l’immagine globale della città al cui interno possono poi coesistere anche alcuni elementi non perfettamente «omogenei» tra loro e perfino contraddittori.

33

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 33

18/09/18 15:18


In questo senso, tra il socialismo di Garnier, riformista, moderato, morale, umilmente consapevole della reale essenza umana, e quello degli architetti moderni della seconda generazione, pieni di certezze e di soluzioni, non raramente di arroganza, e soprattutto portatori di un preciso modello sociale gerarchicizzato, non esiste alcuna parentela né affinità. Per Garnier, la città è un insieme di possibilità offerte all’uomo perché questi, nelle migliori condizioni ambientali, possa sviluppare appieno la propria coscienza e dignità. In questa ottica non disdegna l’aspetto emotivo e sentimentale dell’opera offerta alla collettività che considera attentamente al pari di come ne cura i caratteri distributivi e la funzionalità tecnica. Il «monumentalismo», inteso nel senso di un sentito riferimento collettivo, non gli fa orrore, lo spinge anzi a cimentarsi con il mondo delle simbologie e della mitologia che in questo modo completa l’immagine di società verso la quale egli tende. Anche il riferimento mitologico è inteso perciò come evocazione di un universo armonioso, e, citando un caso concreto, non stupisce che nel Monumento ai Caduti progettato per l’Isola dei Cigni a Lione, Garnier evochi certa pittura simbolista di fine secolo, in particolare quella di Arnold Böcklin con la sua «Ile des morts»4. In sintesi, confrontando non solo le architetture ma l’intero modello di città che queste due componenti del modernismo rappresentano, si riconoscono senza equivoci due società ben distinte, quando non addirittura ideologicamente opposte: una, quella di Garnier, che può circolare in piena autonomia di percorsi reali e ideali in una maglia urbana completamente libera e che ha un centro amministrativo come una grande arena predisposta per il confronto intellettuale, l’altra, quella di molti razionalisti, che ha percorsi obbligati per tempi e ritmi ben scanditi in una maglia rigidamente ortogonale e dove la partecipazione spontanea e autonoma del singolo individuo è assolutamente negata. Per riepilogare, dunque, Garnier non rappresenta affatto la testa del Movimento Moderno, ma è il fondatore di una cultura urbanistica e architettonica autonoma che non avendo progenie si esaurisce con lui. L’ambiente al quale Garnier consegna il suo «modello» non lo accetta, non lo studia e di fatto lo rifiuta per impossessarsi di modelli più elementari, più drastici, più orecchiabili. La follia arrogante degli anni Venti-Trenta e successivamente del Dopoguerra, il bisogno di verità assolute e partigiane che dominano la società europea di quegli anni, oscurano praticamente quel largo filone culturale che certo riformismo, nato nella Rivoluzione Industriale, ha generato. Le Play, Reclus, Howard, Morris, Geddes, e tutti gli altri che propongono soluzioni non autoritarie, non violente, né contro la natura né contro gli uomini, in breve, quanti assumono l’essenza umana nella sua interezza reale, cioè con vizi e virtù, e da questa base tentano di sviluppare un sistema evolutivo che coinvolga coscientemente uomo e ambiente, ebbene tutti questi sono i grandi sconfitti di questo lungo periodo. Le scorciatoie hanno momentaneamente vinto. Resta ora da verificare se si può dire altrettanto per gli uomini e per le loro città.

34

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 34

18/09/18 15:18


NOTE CENNI BIOGRAFICI Questa è l’unica volta, per quanto se ne sappia, che Garnier si cimenta con un progetto di Chiesa. Horace Say, Etudes sur l’administration de la Ville de Pans, Paris, 1846. «L’architecture en effet s’enseigne à Paris à l’École des Beaux Arts. Pour obtenir admission dans cette école, il faut savoir faire un beau dessin; tout le surplus est considéré comme fort peu utile. Pour en sortir avec honneur, il faut faire un dessin plus beau encore, et obtenir ainsi d’etre envoyé, aux frais du gouvernement, à l’école que la France entretient à Rome», p. 295. 3 Henri Prost tra l’altro diresse i servizi di architettura e urbanistica del Marocco, dove progettò i piani regolatori di Rabat, Casablanca, Meknès, Fez. Negli anni ‘30 redasse il Piano urbanistico di Parigi. 4 Anche Claude Debussy, Gran Prix de Rome nel 1884, aveva subito le dure critiche dei relatori dell’Accademia che avevano giudicato «scandalosa» la sua musica. Ben due dei suoi envoi, «Zuleima» e la «Primavera», furono respinti, mentre per il terzo il suo relatore Saint-Saens, pur accettandolo «con riserva», scriveva: «On n’écrit pas en fa dièse majeur pour l’orchestre!». 5 «Rapport de l’Institut sur les envois de Rome de Tony Garnier», in Louis Piessat, Tony Garnier, Lione 1988, p. 172. 6 Ibidem, p. 174. 7 Ibidem, p. 175. 8 Cristophe Pawlowski, Tony Garnier et les débuts de l’urbanisme fonctionnel en France, Paris 1967, p. 46. 9 P. Planat, Les envois de Rome, in «La Construction moderne», 9 juillet 1904, p. 482. 10 L’Exposition des envois de Rome, in «La Construction lyonnaise», 16 juillet 1904, p. 162. 11 Tra gli autori più noti che commentano la Cité Industrielle fino alla seconda guerra mondiale, citiamo: Le Corbusier, Trois rappels à Messieurs les arcbitects, iii, Le plan, in «L’Esprit Nouveau», 1921, n. 4, p. 463. P. Bourdeix, La Cité Industrielle de Tony Garnier, in «La construction moderne», 10 janvier 1926, pp. 170-176. R. Malespine, L’Urbanisme nouveau, Lyon, 1930. P. Bourdeix, Tony Garnier précurseur de l’architecture d’aujourd’hui, in «L’Architecture d’Aujourd’hui», n. 4, mars 1931, pp. 33-38. J. Badovici, L’Oeuvre de Tony Garnier, in «L’Architecture vivante», printemps-été 1932. Julius Posener, La Cité Industrielle de Tony Garnier, in «L’Architecture d’Aujourd’hui», juillet 1935, pp. 4-5. Nikolaus Pevsner, Pioneers of tbe Modern Movement, London 1936, pp. 175-176. J. Badovici e A. Morancé, L’Oeuvre de Tony Garnier, Paris, 1938. Siegfried Giedion, Space, Time and Architecture, Cambridge, Mass., 1941, pp. 253-255, e Tribute to Greatest of Modern Town Planners, in «Architectural Review», iv, 1943, p. 90. 1 2

LA CARRIERA PROFESSIONALE Cfr. René Jullian, Tony Garnier constructeur et utopiste, Paris 1989, nota 42, p. 169. Il mercato del bestiame e i macelli nel quartiere di La Haudre hanno avuto una vita complessa. Furono concepiti nel 1907; il cantiere si apre nel 1909 per essere sospeso nel ‘13 onde permettere l’organizzazione dell’Esposizione Internazionale che lo stesso Garnier dirige. Nel 1914 l’intero complesso è requisito dall’autorità militare e trasformato in fabbrica di guerra e caserme. Nel ‘20 è abbandonato dall’esercito e cominciano lavori di restauro originario che durano fino al ‘23. Nel 1924 ricomincia l’esecuzione del progetto originario che durerà fino al 1928. 3 Durante questo viaggio Garnier visita gli edifici più moderni, in particolare quelli ospedalieri, realizzati a Francoforte, Colonia, Berlino, Amburgo, Copenahgen. 1 2

L’IDEOLOGIA DELLA CITÉ INDUSTRIELLE Le Corbusier, Manière de penser l’Urbanisme, Éditions de l’Architecture d’aujourd’hui, Collection Ascoral, primo volume, Paris 1946, p. 43. In occasione di un congresso internazionale di Urbanistica, svoltosi a Strasburgo nel 1923, Le Corbusier aveva accennato all’opera di Tony Garnier trattando il tema del centro delle grandi città: «un (des urbanistes) a étudié une «Cité Industrielle» (de petite envergure il est vrai). Les édifices municipaux sont au centre, bien ordonnés, mais tout 1

35

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 35

18/09/18 15:18


à côté commence un lotissement de maisons familiales (une famille par maison) contigu au centre meme de la ville. Ce lotissement très ingénieux puisqu’il préconise une solution neuve de la propriété n’a pas sa place au centre actif de la ville, on ne peut pas mettre les maisons familiales au centre d’une ville». In questo caso l’architetto svizzero cita un particolare dell’opera del Maestro lionese ma completamente a sproposito, visto che non era affatto nelle intenzioni di Garnier di occuparsi di grandi città quanto piuttosto, al contrario, creare una maglia territoriale di piccoli centri urbani autonomi proprio per evitare i tipici scompensi della metropoli industriale. Le Corbusier, «Le centre des grandes villes» sta in: Où en est l’Urbanisme en France et à l’Etranger, pubblicato dalla Société Française des Urbanistes in occasione del Congrès International d’Urbanisme et d’Hygiène Municipale, Strasbourg 1923. 2 Nikolaus Pevsner, Storia dell’architettura europea, Bari 1959, p. 332; tit. or., An Outline of European Architecture, Penguin Books Ltd., Harmondsworth, Middlesex, 5 ed., 1957. 3 Reyner Banham, Architettura della prima età della macchina, Bologna 1970, p. 40; tit. or., Theory and Design in the First Machine Age. 4 Sigfried Giedion, Spazio, tempo ed architettura, Milano 1965, p. 682; tit. or., Space, Time and Architecture, Cambridge, Mass., usa 1941. 5 Piero Bottoni, Urbanistica, «Quaderni della Triennale», Milano 1938, p. 133. 6 Bruno Zevi, Storia dell’architettura moderna, Torino 1955, p. 104. 7 Lewis Mumford, La cultura delle città, Milano 1954, p. 328, tit. or., The Culture of Cities, New York 1938. In una nota del volume La città nella storia, Milano 1963, p. 733 (tit. or. The City in History, New York 1961), Mumford ritorna sulla questione Garnier, scrivendo che la sua opera piuttosto che a quella di Howard è da paragonare a quella di Le Corbusier, «alla quale è decisamente superiore per le sue intuizioni umane e sociali».

CONCLUSIONI Boulogne-Billancourt è una cittadina residenziale che si sviluppa da quando una legge del 1855, richiesta dal barone Haussmann, autorizza il disboscamento di una parte del Bois de Boulogne. Ben presto la zona diviene la residenza della ricca società parigina e di artisti affermati come Gudin, Roybet, Frédéric Auguste Bartholdi, Joseph Bernard, Max Blondat, Paul Landowski. Soprattutto nel quartiere «Parc du Prince» si concentra la maggior parte degli edifici privati progettati da architetti alla moda negli anni ‘20-’30. Rue des Arts: Résidence atelier, 1924, Le Corbusier e Pierre Jeanneret; inoltre: 9 e 15 allée des Pins, Résidence atelier, 1924, idem, 1927 (distrutta nel 1935); Rue de la Tourelle, n. 24, Immeuble de rapport, 1934. Rue Denfert-Rochreau: n. 8, Hotel particulier, 1926, Robert Mallet-Stevens; n. 6, Résidence, 1927, Le Corbusier e Pierre Jeanneret; n. 4, Hotel particulier, 1927, Louis-Raymond Ficher; n. 5, Immeuble de rapport, 1936, Georges- Henri Pingusson; Rue du Belvédère: n. 9, Résidence atelier, 1927, André Lucart; n. 5, Hotel particulier, 1928, R: Bornay; n. 4 e n. 11, Hotel particulier, 1927, L.R. Ficher; n. 21 e 25, Résidence atelier, 1929, Auguste Perret; n. 6-12, Hotels particuliers, 1933, Jean Hillard. 2 Le Corbusier, Les tendances de l’architecture rationaliste en rapport avec la collaboration de la peinture et de la sculpture, sta in: Reale Accademica d’Italia, Fondazione Alessandro Volta, Convegno di Arti, 25-31 ottobre 1936-xiv, Tema: Rapporti dell’architettura con le arti figurative, Roma 1937, p. 106. 3 Edoardo Persico, Profezia dell’architettura, conferenza tenuta a Torino il 21 gennaio 1935, in E. Persico, Oltre l’architettura, scritti scelti e lettere, pref. e cura di Riccardo Mariani, Milano 1977, p. 234. 4 Arnold Böcklin, Svizzera, 1827-1901, «L’Ile des morts», 1880, Kunstmuseum, Basilea. 1

AVVERTENZE: Nel testo si è preferito mantenere il termine envoi per indicare il rapporto di fine anno che ogni pensionato alla Villa Medici doveva inviare all’Accademia di Parigi per dimostrare lo stato di avanzamento della ricerca assegnatagli e secondo le indicazioni da questa ricevute.

36

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 36

18/09/18 15:18


BIBLIOGRAFIA E FONTI DOCUMENTARIE

La documentazione originale relativa alla vita e all’opera di Tony Garnier è depositata alla Bibliothèque de l’École Nationale des Beaux-Arts de Lyon, negli Archivi dell’Académie de France a Roma, al Musée de Boulogne- Billancourt, negli Arcbives municipales de la Ville de Lyon, alla Bibliothèque du Conservatoire National des Arts et Métiers de Paris, alla École Nationale Supérieure des Beaux- Arts de Paris.

Testi principali relativi all’opera di T. Garnier Per molti anni l’opera fondamentale di Garnier, La Cité Industrielle, viene citata ma mai seriamente commentata complessivamente. Il nome dell’architetto lionese appare sulla stampa specializzata per la prima volta quando sono presentati i vincitori del «Primo Premio di Roma», da distinguersi dal «Secondo Premio di Roma» che costituiva una selezione per accedere al «Primo». Le riviste in cui più di frequente si cita il nome di Garnier sono «La Construction moderne», diretta da P. Planat, e «La Construction lyonnaise». È forse sintomatico il fatto che la maggior parte degli articoli pubblicati nella «Construction moderne» esca nei mesi estivi; ben 10 escono in agosto! In pratica, fino al 1925 Garnier è presentato per le singole opere che costruisce o con le quali concorre a qualche importante competizione. Nel 1925 Pierre Bourdeix comincia a esporre l’idea urbanistica di Garnier, e dopo di lui scriveranno altri personaggi di prestigio come S. Giedion (1928), B. Taut (1929), J. Badovici (1932), J. Posener (1935), N. Pevsner (1936). Nella maggior parte di questi scritti l’opera di Garnier è presentata in maniera succinta per inserirla tra gli iniziatori del «Movimento Moderno». Si tratta in prevalenza di considerazioni «doverose», nel senso che, essendo impossibile disconoscere la sua «priorità», quanto meno cronologica, su determinati metodi progettuali e costruttivi, questa viene riconosciuta ma senza una precisa collocazione filologica. Tra gli scritti principali di questo periodo sono da citare: Concours de Rome, in «La Construction moderne», ix, 11 ag. 1894. E. Rivoalen, Concours du Prix de Rome, in «La Construction moderne», 10 ag. e 7 settembre 1895. E. Rumler, Le Concours du prix de Rome, in «La Construction moderne», 8 ag. 1896. E. Rivoalen, Le Concours du gran prix d’architecture, in «La Construction moderne», 21 ag. 1897. Fino al 1904 una serie di articoli su «La Construction moderne» e la «Construction lyonnaise» continua a commentare Les envois de Rome, senza aggiungere nulla di nuovo a quanto già

37

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 37

18/09/18 15:18


pubblicato in precedenza. Dal 1905 le stesse riviste presentano i nuovi concorsi ai quali Garnier partecipa, il Rothschild, Marsiglia e i Macelli di Lione, fino al 42esimo Congresso degli architetti francesi che si svolge nelle Halles dei Macelli in concomitanza dell’Esposizione Internazionale Urbana di Lione organizzata dallo stesso Garnier. Queste presentazioni sono di massima scarne e molto tecniche; l’entusiasmo e la «curiosità» per i nuovi materiali e i sistemi costruttivi hanno il sopravvento sui principi progettuali. Nel 1917 esce la prima raccolta delle tavole che illustrano la Città Industriale e che lo stesso Garnier ripubblicherà con qualche aggiunta e integrazione nel 1932. Tony Garnier, Une Cité Industrielle, étude pour la construction des villes, Paris 1917, idem, Paris 1932. Da questo momento in avanti l’opera di Garnier è presentata con sempre maggiore senso critico e «professionalità», questo anche in virtù della nuova atmosfera culturale che ormai investiva l’intera Europa. Tony Garnier, Les Grands Travaux de la Ville de Lyon, prefazione di Edouard Herriot, Paris, 1920. Le Corbusier, Trois rappels à Messieurs les architectes. iii. Le plan, in «L’Esprit Nouveau», N. 4, Paris, 1921. L. Doillet, L’Ile des morts à Lyon, in «L’Architecture», 25 luglio 1923. J. Badovici, Un Monument aux morts à Lyon, in «L’Architecture vivante», Paris, autunno-inverno 1924. Léon Deshairs, Prefazione al Catalogo dell’esposizione dei disegni di Tony Garnier al Museo delle Arti Decorative a Parigi, Parigi, 1925. Tony Garnier, prefazione a M. Kharachnik, Quelques problèmes d’urbanisme, Paris, 1927. Siegfried Giedion, Bauen in Frankreicb: Eisen Eisenbeton, Leipzig, 1928. Plinio Marconi, Mostra romana del concorso per il faro alla memoria di Cristoforo Colombo a San Domingo, in «L’Architettura e le Arti decorative», Roma, settembre 1929. Bruno Taut, Project for the Quartier des Etas Unis, in «Modern Architecture», London, 1929. Pierre Bourdeix, Tony Garnier précurseur de l’architecture d’aujourd’hui, in «L’Architecture d’aujourd’hui», N. 4, Paris, marzo 1930. Emil Malespine, L’Urbanisme nouveau, Lyon, 1930. Malespine merita una considerazione particolare nella storia delle citazioni relative a T. Garnier; nel 1922, infatti, Malespine edita a Lione la rivista «Manomètre», che uscirà fino al ‘25, con la quale tenta di associarsi alle più importanti pubblicazioni europee dell’epoca. Gli autori presentati, oltre a Garnier, sono certamente i più prestigiosi del momento, ma nonostante questo sforzo il periodico non riesce a imporsi, sottolineando ancora una volta quanto Lione fosse distante da Parigi e dal mondo. Jean Badovici, L’Oeuvre de Tony Garnier, in «L’Architecture vivante», Paris, primavera-estate 1932. Anche Badovici, fondatore di questa pubblicazione, che editerà 21 numeri dal 1923 al 1933, tenta in ogni modo, ma con scarso successo, un «lancio» internazionale dell’opera di Garnier. Julius Posener, La Cité Industrielle de Tony Garnier, in «L’Architecture d’aujourd’hui», Paris, luglio 1935. Nikolaus Pevsner, Pioneers of the Modern Movement, London, 1936. J. Badovici e A. Morancé, L’Oeuvre de Tony Garnier, Paris, 1938. Siegfried Giedion, Space, Time and Architecture, Cambridge, Massachusets, 1941. Tribute to the Greatest of Modern Town Planners, in «Architectural Review», aprile 1943.

38

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 38

18/09/18 15:18


A partire dal 1946 le presentazioni si fanno più complete nel tentativo di inserire l’opera dell’architetto lionese in un più ampio contesto storico; in particolare la sua urbanistica è finalmente comparata con quella di altri maestri europei, anche se prevale la versione definitivamente accreditata da Le Corbusier proprio in quello stesso anno nel testo Manière de penser l’urbanisme, Paris, 1946. Tra i non tantissimi scritti di questo ultimo quarantennio, vanno ricordati: Giulia Veronesi, Tony Garnier 1869-1947, Milano, 1948. Bruno Zevi, Storia dell’architettura moderna, Milano, 1950. Arnold Whittick, European Architecture in the Twentieth Century, vol. 1, London, 1950. Silvano Tintori, Garnier tecnico e politico della città industriale, in «Casabella Continuità», N. 255, Milano, 1961. Françoise Choay, L’Urbanisme, utopies et réalités, Paris, 1965. Christophe Pawlowski, Tony Garnier et les débuts de l’urbanisme fonctionnel en France, Paris, 1967. Dora Wiebenson, Tony Garnier: The Cité Industrielle, New York, 1969. «Rassegna», numero monografico dedicato a Tony Garnier, Milano, 1984 (con scritti di J.-L. Cohen, M. Rovigatti, P. Pinon, A. Lagier, A. Charre, M. Roz). Maria Rovigatti, Tony Garnier, architettura per la città industriale, Roma, 1985. Tony Garnier, Une Cité Industrielle, prefazione di Henri Poupée, riedizione, Paris, 1988. René Jullian, Tony Garnier, constructeur et utopiste, Paris, 1989.

39

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 39

18/09/18 15:18


02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 40

18/09/18 15:18


UNA CITTÀ INDUSTRIALE Tony Garnier

SISTEMAZIONE TERRITORIALE • Le ricerche di architettura che noi qui presentiamo in una lunga serie di tavole, riguardanti l’impianto di una città nuova, Città Industriale: poiché la maggior parte delle città nuove che d’ora in poi verranno fondate dovranno la loro istituzione a motivi industriali. Abbiamo dunque affrontato il caso più generale. D’altra parte, in una città di tal sorta, tutte le applicazioni dell’architettura possono legittimamente trovar posto, e c’è la possibilità di esaminarle tutte. Attribuendo alla nostra città una dimensione intermedia (ipotizziamo che abbia circa 33.000 abitanti), perseguivamo pur sempre lo stesso scopo, di applicarci a ricerche d’ordine generale, che lo studio di un villaggio o quello di una città molto grande non sarebbe stato in grado di motivare. Ed è nello stesso spirito che abbiamo ipotizzato, per il territorio sul quale si estende l’insieme degli edifici, che esso comprendesse tanto delle zone montane che una pianura, quest’ultima attraversata da un fiume. La nostra città è una finzione senza realtà: possiamo dire tuttavia che le città di Rive-de-Gier, Saint-Etienne, Saint-Chamond, Chasse, Givors, hanno necessità analoghe a quelle della città da noi immaginata. La regione del Sud-Est della Francia è quella in cui situiamo il luogo di questo studio, e i materiali in uso in questa regione saranno quelli da noi impiegati come mezzi di costruzione. La ragione determinante per l’istituzione di una città siffatta può essere la prossimità di materie prime da lavorare, o l’esistenza di energia naturale suscettibile di impiego per usi industriali, ovvero la comodità dei mezzi di trasporto. Qui, è la forza del torrente che costituisce il primo spunto: vi sono anche delle miniere nella regione, ma possiamo immaginarcele più distanti. Il letto del torrente è sbarrato: un impianto idroelettrico distribuisce l’energia, la luce, il riscaldamento alle fabbriche e a tutta la città. Lo stabilimento principale è collocato in pianura, nel punto di incontro fra il torrente e il fiume. Una via ferroviaria di grande comunicazione passa fra la fabbrica e la città, quest’ultima in posizione elevata su di un altopiano. Ancora più in alto, si collocano ben distanziati l’uno dall’altro gli impianti sanitari; essi sono, come la città stessa, al riparo dei venti freddi, esposti a mezzogiorno, disposti su terrazze digradanti verso il fiume. Ognuno di questi elementi principali (fabbrica, città, cliniche) è isolato in modo da renderne possibile l’espansione in caso di necessità; e questo fatto ci ha permesso di perseguirne lo studio da un punto di vista più generale. Ricercando le sistemazioni che diano maggior soddisfacimento ai bisogni morali e materiali dell’individuo, siamo stati condotti a ideare dei regolamenti in merito ad esse: regolamenti del traffico, norme sanitarie, ecc., e a dare per già acquisiti alcuni progressi di ordine sociale dai quali risulterebbero per normale estensione queste norme, incompatibili con le leggi vigenti. Abbiamo dunque ipotizzato che la Società abbia libera disponibilità dei suoli, e che sia essa ad occuparsi dell’approvvigionamento idrico, del pane, del latte e dei medicinali, per via delle molte cautele necessarie nella gestione di questi prodotti.

41

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 41

18/09/18 15:18


ABITAZIONI • Molte città hanno già emanato alcuni regolamenti di igiene, variabili a seconda delle condizioni geografiche o climatiche. Noi abbiamo ipotizzato che nella nostra città l’orientamento e il regime dei venti avessero condotto a formulare un insieme di disposizioni, che si possono così riassumere; 1° Per le abitazioni, le camere da letto debbono avere almeno una finestra a sud, grande abbastanza da illuminare tutta la stanza e da lasciar entrare abbondantemente la luce solare. 2° Proibizione di corti e cavedi, vale a dire di spazi perimetrati da muri, ad uso di illuminazione o ventilazione. Ogni spazio, per quanto piccolo, deve essere illuminato e ventilato dall’esterno. 3° All’interno delle abitazioni le pareti, i pavimenti, ecc. debbono avere una finitura liscia, e i raccordi d’angolo arrotondati. Queste norme, obbligatorie per le abitazioni, ispireranno il più possibile le disposizioni relative agli edifici pubblici. L’area edificabile nei quartieri di abitazione viene suddivisa inizialmente in isolati di 130 metri in direzione est-ovest, e di 30 metri in direzione nord-sud; questi stessi isolati vengono suddivisi in lotti di 13 x 13 metri, sempre con un affaccio su strada. Una divisione siffatta permette di utilizzare al meglio il terreno e di soddisfare le prescrizioni teste descritte. Che si tratti di abitazione o di un qualunque altro edificio, esso può comprendere uno o più lotti; ma la superficie edificata dovrà sempre essere inferiore alla metà della superficie totale, il resto del lotto essendo destinato a giardino pubblico e permanendo accessibile ai pedoni: ciò significa che ogni costruzione deve lasciare sulla parte non edificata del proprio lotto un passaggio libero, che va dalla strada all’edificio retrostante. Questa disposizione permette l’attraversamento della città in ogni direzione; indipendentemente dalle strade, che non è più necessario seguire; e il terreno della città, considerato nel suo assieme, è come un grande parco, senza alcun muro di cinta a delimitare i terreni. Lo spazio fra due abitazioni in direzione nord-sud è perlomeno uguale all’altezza della costruzione situata a sud. Per via di queste norme, che non consentono l’uso se non della metà del terreno e proibiscono ogni recinzione, ed anche poiché il suolo è livellato solo in funzione dello smaltimento delle acque, non c’è da temere la monotonia dei nostri attuali allineamenti. La città comprende un reticolo di strade parallele e perpendicolari. La strada principale inizia dalla stazione ferroviaria, e va da est a ovest. Le strade nord-sud sono larghe 20 metri e sono alberate da entrambi i lati; le strade ovest-est sono larghe 13 o 19 metri; quelle di 19 metri sono alberate solo lungo il lato sud, quelle di 13 metri non lo sono affatto.

AMMINISTRAZIONE / EDIFICI PUBBLICI • Al centro dell’agglomerato viene riservata una vasta zona per la distribuzione degli edifici pubblici. Essi formano tre raggruppamenti: i. Servizi amministrativi e sale di assemblea. ii. Musei. iii. Impianti sportivi e per lo spettacolo. I gruppi ii e iii sono collocati in un parco delimitato a nord dalla strada principale e dal gruppo i, a sud da una terrazzatura piantumata che consente la vista della pianura, del fiume e delle montagne della sponda opposta. Gruppo i. – Le sale di assemblea comprendono: 1° Una sala aperta, molto aperta, perennemente accessibile al pubblico e capace di 3.000 posti; essa è adibita alle affissioni, all’audizione dei fonografi altoparlanti che consentono di seguire,

42

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 42

18/09/18 15:18


mentre si stanno svolgendo, le sedute assembleari ovvero le rappresentazioni musicali; essa viene utilizzata anche per grandi riunioni; 2° Una seconda sala da 1.000 posti, disposti a gradonata, e due altre sale, esse pure a gradini, di 300 posti ciascuna; – queste tre sale sono destinate a conferenze e proiezioni, ecc. 3° Un gran numero di salette di riunione (ognuna con un suo ufficio e spogliatoio) per sindacati, associazioni, gruppi vari. Tutte queste sale hanno accesso da sotto un vasto portico che fa da passeggiata coperta, sito al centro della Città, dove può circolare una gran folla al riparo delle intemperie. A sud di questo portico, la torre dell’orologio, visibile lungo tutta la via principale, indica da lontano il centro città. I servizi amministrativi comprendono: 1° Un edificio che contiene i servizi del Consiglio cittadino, quelli degli atti pubblici (nascite, matrimoni, decessi), quelli del tribunale per le sentenze arbitrali; ognuno di questi servizi dispone di sale per il pubblico, sale di commissione, uffici e loro dipendenze. 2 ° Un secondo edificio destinato a tutti gli uffici in cui gli organismi cittadini hanno almeno un impiegato in contatto con l’amministrazione. 3° Un terzo edificio per i laboratori di analisi. 4° Un ultimo, infine, per gli archivi amministrativi, in prossimità del servizio antincendio. Vi è inoltre il servizio per l’organizzazione del lavoro, che comprende uffici per la registrazione di domande e offerte di impiego, uffici di informazione, un gruppo di uffici per sindacati e associazioni, e contiene alloggi e ristoranti per accogliere le persone in attesa di un posto di lavoro. Vi sono inoltre i servizi di consultorio, che comprendono un edificio adibito a consultorio medico, una farmacia per la distribuzione dei medicinali, e un servizio di idroterapia medica. Più a sud e sulla via principale, si trova il Servizio per la corrispondenza: poste, telegrafi, telefoni. Gruppo ii. – Questo gruppo comprende le raccolte: 1° Collezioni storiche, documenti di interesse per la città dal punto di vista archeologico, artistico, industriale, commerciale. Nel parco, intorno alle sale che contengono le raccolte, sono collocati i monumenti in materiale durevole. 2° Collezioni botaniche, nel giardino e in una grande serra. 3° Biblioteca, composta di una sala di lettura molto ampia – da un lato per la consultazione delle opere della biblioteca, dall’altro per quella dei periodici e delle stampe – e da una grande sala delle carte, al cui centro sta un mappamondo affiancato da una scala a gradini per consentirne lo studio. All’ingresso di questo servizio i locali indispensabili per i cataloghi, la rilegatura, l’archiviazione, la stampa, l’ufficio prestiti all’esterno, ecc.; intorno ad essi, i depositi. 4° Una grande sala a sé stante, con quattro accessi, destinata alle esposizioni temporanee; vi si possono esporre diverse mostre contemporaneamente ovvero una sola, di maggiori dimensioni. Gruppo iii. – Per lo sport e lo spettacolo, questo gruppo comprende: 1° Una sala di spettacolo e audizioni (1.900 posti), con tutti gli annessi necessari: scena mobile per consentire la riduzione degli intervalli e l’eliminazione delle attrezzature sovrastanti o sottostanti il palco; dipendenze per gli attori, l’orchestra e l’apparato scenico; vestiboli e servizi, ridotto e ristoro per il pubblico. 2° Uno spazio a gradonata semicircolare, come negli antichi teatri, per rappresentazioni all’aria aperta, con scenario di sola verzura.

43

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 43

18/09/18 15:18


3° Palestre. 4° Un grande stabilimento balneare, con piscine calde e fredde, con molte cabine e vasche, locali per docce, massaggi e rilassamento, un ristorante, una sala per la scherma e piste di allenamento. 5 ° Terreni da gioco (tennis, calcio, ecc.) e piste di allenamento per corse ciclistiche o podistiche, per il salto, il lancio del disco, ecc. Tribune coperte e gradonate erbose protette da alberi bordano su una metà questi terreni. I gruppi ii e iii sono disposti, come si è detto precedentemente, in mezzo a giardini alberati e, di conseguenza, attraversati da passeggiate con panchine per la sosta, fontane, ecc. Per tutti gli stabilimenti pubblici, la costruzione è quasi interamente in cemento e vetro armati.

SCUOLE • In alcuni punti della città, adeguatamente scelti e ripartiti nei quartieri, sono situate le Scuole primarie per bambini di ogni età fino a circa quattordici anni: scuole miste, vale a dire che le stesse classi comprendono ragazzi e ragazze, la suddivisione dei giovani facendosi dipendere solo dall’età e dall’avanzamento nella istruzione. Una strada speciale, trattata a giardino, separa le classi dei piccoli da quelle dei grandi e serve da luogo di svago in attesa delle ore di lezione; vi sono anche, beninteso, dei portici – coperti e scoperti – destinati alle ricreazioni. Queste scuole posseggono, oltre alle aule scolastiche, una sala di proiezione. Nelle vicinanze, l’abitazione dei direttori e dei custodi. All’estremo nord-est della città sono collocate le Scuole secondarie; l’insegnamento che vi è impartito risponde alle necessità di una città industriale: è un insegnamento speciale per un piccolo numero di allievi destinati all’amministrazione e al commercio, indi un insegnamento professionale artistico, e per la maggioranza un insegnamento professionale industriale. Queste scuole secondarie sono frequentate da tutti i giovani dai quattordici ai vent’anni. Alcuni, cui sono riconosciute doti per la prosecuzione degli studi, vengono avviati a scuole speciali o ad una Facoltà. La Scuola professionale è abbastanza sviluppata da formare operai dell’industria con competenze di architettura, pittura, scultura, e di tutte le loro applicazioni per arredamento, tessuti, biancheria, ricamo, abbigliamento, lavoro del cuoio e del rame, dello stagno e del ferro, vetreria, ceramica, smalto, stampa, litografia, fotografia, incisione, mosaico, insegne, manifesti, ecc. La Scuola professionale industriale si occupa soprattutto delle due principali industrie della regione: l’industria metallurgica e la preparazione della seta: di conseguenza, un indirizzo specifico è dedicato ad ognuna di queste industrie e vi si analizza il procedimento lavorativo in tutte le sue fasi.

IMPIANTI SANITARI • Gli Stabilimenti sanitari (71b letti) collocati sulla montagna a nord del centro città, sono riparati dai venti freddi dalla montagna; delle cortine di verzura li inquadrano ad est e ad ovest. Essi comprendono quattro elementi principali: 1° L’Ospedale. 2° Lo Stabilimento elioterapico. 3° La Sezione malattie contagiose. 4° Lo Stabilimento per gli Invalidi. L’assieme e il dettaglio sono qui trattati secondo il grado di avanzamento attuale della scienza medica. La disposizione di ciascun elemento contempla la possibilità di ampliamento.

44

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 44

18/09/18 15:18


STAZIONE • Il quartiere della stazione è riservato principalmente alle abitazioni collettive: alberghi, grandi magazzini, ecc. di modo che il resto della città sia sbarazzato dalle costruzioni in altezza. Nella piazza di fronte alla stazione si tengono i mercati all’aperto. La stazione, di media importanza, si situa al punto di incontro fra la grande arteria proveniente dalla città e le vie che portano alla città antica, lungo i bordi del torrente; in immediata successione si apre la fabbrica principale. I suoi servizi pubblici sono a livello stradale; i percorsi sotterranei sono semiti da banchine e sale d’attesa a livello. Una grande torre con l’orologio è visibile da tutta la città. La stazione delle merci è sita più ad est; quella del servizio alla fabbrica, più ad ovest. Ipotizziamo la ferrovia di grande comunicazione assolutamente rettilinea, in modo da permettere l’impiego di treni a grande velocità.

SERVIZI PUBBLICI • Certe istituzioni dipendono dall’Amministrazione comunale e sono sottoposte a speciali normative. Esse sono i macelli, la conservazione delle farine e del pane, i servizi delle acque, la gestione dei prodotti farmaceutici, la centrale del latte. L’Amministrazione si occupa dello smaltimento delle acque e dei rifiuti, dell’utilizzo degli scarti; essa soprintende anche alla regolazione dei livelli idrici, alla fornitura di forza motrice, di luce e di riscaldamento alle fabbriche e ai privati: a tal fine è dunque necessario un impianto centrale, dovendosi ventilare, scaldare, illuminare ogni locale elettricamente, dovendo disporre di acqua calda e fredda, effettuare la pulizia per aspirazione, ecc.

FABBRICHE • La fabbrica principale è uno stabilimento metallurgico. La materia prima è prodotta dalle vicine miniere, l’energia dal torrente. Essa produce soprattutto tondini, profilati, lamiere, ruote, macchine utensili e macchine agricole; vi si effettua il montaggio di carpenteria metallica, materiale ferroviario e di navigazione, vetture automobilistiche e veicoli per l’aviazione. Di conseguenza, essa comprende altiforni, acciaierie, officine, grandi presse e grandi martelli, laboratori di montaggio e aggiustaggio, un attracco per il varo e la riparazione delle navi; una stazione apposita raccordata alla viabilità principale, un porto fluviale, delle officine di arredamento delle carrozzerie, officine per i refrattari, ecc.; piste di prova per i diversi veicoli, numerosi laboratori, abitazioni per il personale ingegneristico. Naturalmente, vi sono dei servizi distribuiti in tutte le sue parti: servizi igienici, spogliatoi, mense, posti di pronto soccorso, ecc. Grandi viali, piantati con alberi disposti a quinconce, servono le diverse zone della fabbrica. Ogni reparto è disposto in modo tale da potersi ampliare in maniera indipendente e senza nuocere agli altri reparti. Nei dintorni del nucleo centrale, vi sono altri agglomerati, delle fattorie per lo sfruttamento agricolo, bachicolture, filature, ecc.

COSTRUZIONE • I materiali impiegati sono il conglomerato cementizio per le fondazioni e i muri, e il cemento armato per le solette e le coperture. Tutti gli edifici importanti sono costruiti quasi esclusivamente in cemento armato.

45

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 45

18/09/18 15:18


Questi due materiali hanno una consistenza plastica all’utilizzo, e necessitano di casseri preparati appositamente. Più le casserature saranno semplici, più ne sarà facile l’allestimento e conseguentemente minore il costo. Questa semplicità dei mezzi conduce logicamente ad una grande semplicità di espressione nella struttura. Rileviamo d’altronde che, se la nostra struttura resta semplice, senza ornamento, senza modanature, nuda ovunque, possiamo disporre in seguito delle arti decorative in tutte le loro forme, ed ogni oggetto artistico manterrà la sua espressività tanto più netta e pura in quanto sarà del tutto indipendente dalla costruzione. Chi non vede inoltre che l’impiego di questi materiali permette più che mai di ottenere grandi linee orizzontali e grandi tratti verticali, atti a conferire agli edifici quell’aria di calma e di equilibrio che li armonizzi con le linee della natura? Altri sistemi costruttivi, altri materiali condurranno, senza dubbio, ad altre forme che sarà altrettanto interessante esplorare. Ecco riassunto il programma di istituzione di una città, in cui ognuno si rende conto che il lavoro è la legge umana e che nel culto della bellezza e della benevolenza vi è un contenuto ideale sufficiente a render splendida la vita.

46

02_Garnier_013_046_proposta_2_M.indd 46

18/09/18 15:18


TAVOLE Visioni prospettiche

03_Garnier_046_227.indd 47

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 48

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 49

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 50

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 51

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 52

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 53

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 54

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 55

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 56

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 57

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 58

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 59

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 60

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 61

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 62

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 63

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 64

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 65

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 66

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 67

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 68

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 69

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 70

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 71

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 72

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 73

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 74

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 75

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 76

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 77

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 78

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 79

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 80

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 81

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 82

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 83

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 84

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 85

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 86

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 87

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 88

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 89

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 90

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 91

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 92

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 93

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 94

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 95

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 96

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 97

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 98

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 99

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 100

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 101

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 102

18/09/18 15:19


TAVOLE Planimetrie, alzati e sezioni

03_Garnier_046_227.indd 103

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 104

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 105

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 106

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 107

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 108

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 109

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 110

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 111

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 112

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 113

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 114

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 115

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 116

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 117

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 118

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 119

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 120

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 121

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 122

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 123

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 124

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 125

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 126

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 127

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 128

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 129

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 130

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 131

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 132

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 133

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 134

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 135

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 136

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 137

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 138

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 139

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 140

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 141

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 142

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 143

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 144

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 145

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 146

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 147

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 148

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 149

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 150

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 151

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 152

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 153

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 154

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 155

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 156

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 157

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 158

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 159

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 160

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 161

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 162

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 163

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 164

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 165

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 166

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 167

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 168

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 169

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 170

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 171

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 172

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 173

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 174

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 175

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 176

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 177

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 178

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 179

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 180

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 181

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 182

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 183

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 184

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 185

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 186

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 187

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 188

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 189

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 190

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 191

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 192

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 193

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 194

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 195

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 196

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 197

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 198

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 199

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 200

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 201

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 202

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 203

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 204

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 205

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 206

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 207

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 208

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 209

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 210

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 211

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 212

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 213

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 214

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 215

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 216

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 217

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 218

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 219

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 220

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 221

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 222

18/09/18 15:19


TAVOLE Fotografie dei cantieri

03_Garnier_046_227.indd 223

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 224

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 225

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 226

18/09/18 15:19


03_Garnier_046_227.indd 227

18/09/18 15:19


04_Garnier_228_240_M.indd 228

18/09/18 15:54


INDEX DE 1932 THE 1932 INDEX INDICE DEL 1932

04_Garnier_228_240_M.indd 229

18/09/18 15:54


MODE D’EMPLOI • Pour améliorer la qualité de la reproduction graphique des planches de 1932, notamment de Vues Perspectives et des Plans, on a divisé cette édition en trois parties. La première rassemble les Vues Perspective, imprimée en deux tones de clair-obscur sur un fond plat; la deuxième rassemble les plans, les élévations et les sections, ici imprimées au trait sur un fond plat. Une troisième brève partie est consacrée aux photographies des chantiers choisies par Garnier, imprimées ici en noir et blanc. Afin de maintenir un format lisible des planches, nous avons inséré dans le livre deux larges feuilles repliées, qui contiennent les plan ches suivantes: 2, 7, 8, 9, 10, 11, 12. 14 planches en couleurs de l’originel n’ont pas été inséré dans l’édition actuelle parceque d’une qualité absolument pas reprodusible, puisqu’elle étaient déjà mal faites dans l’édition de Garnier. Ces planches-ci, qui n’ajoutent rien à l’achèvement de l’ouvrage sont les suivantes: 3, 4, 5, 6, 81, 83, 84, 123, 124, 126, 163, 164.

DIRECTIONS FOR READERS • The present edition has been divided into three parts. The first section presents Garnier’s perspective views; the second section is devoted to the architect’s plans, elevations, and sections; the third part illustrates his building sites, originally selected by Garnier himself. In the interest of scale and legibility, plates 2, 7, 8, 9, 10, 11 and 12 appear on two gatefolds. Sadly, the quality of fourteen color plates in the original 1932 volume defies reproduction. These plates, 3, 4, 5, 6, 81, 82, 83, 84, 123, 124, 126, 163 and 164, have been excluded from the present edition. However, a description of each plate is found in the index below.

NOTA AL LETTORE • Per raggiungere una ottimale riproduzione tipografica delle tavole del ‘32 e per migliorare la stessa leggibilità delle Visioni prospettiche e delle Planimetrie si è divisa la presente edizione in tre parti. La prima raggruppa le Visioni prospettiche stampate in duo-tone più un fondino, la seconda raggruppa le planimetrie, gli alzati e le sezioni stampate a tratto sempre con un fondino. Una breve terza parte raccoglie le fotografie dei cantieri selezionate da Garnier, stampate in mezza tinta bianco e nero. Per mantenere leggibile il formato delle tavole n. 2, 7, 8, 9, 10, 11, 12, le abbiamo riprodotte sue due grandi fogli ripiegati, ma non rilegati nel volume. 14 tavole a colori dell’originale non sono state incluse nell’attuale edizione perché di qualità assolutamente non riproducibile, essendo già state mal eseguite nell’edizione di Garnier. Tali tavole, che non aggiungono nulla alla completezza dell’edizione, erano le seguenti: 3, 4, 5, 6, 81, 82, 83, 84, 123, 124, 126, 163, 164.

230

04_Garnier_228_240_M.indd 230

18/09/18 15:54


planches

Plan d’ensemble du projet de Cité Industrielle ayant figuré aux expositions des envois de Rome, à Rome et à Paris en 1901 et 1904 Plan d’ensemble de la Cité Industrielle Paysages en couleurs, pas reproduits

1 2 3-6

plates

General plan of the project, exhibited among the ‘envois’ of Rome, in Rome, 1901 and in Paris, 1904 General plan of ‘La Cité Industrielle’ Landscape views [not reproduced]

1 2 3-6

tavole

Piano d’insieme del progetto di Città Industriale esposte tra gli envois di Roma, a Roma e Parigi nel 1901 e nel 1904 Piano d’insieme della Città Industriale Paesaggi e colori non riprodotti

SERVICES PUBLICS

PUBLIC SERVICES

SERVIZI PUBBLICI

Plan d’ensemble des établissements publics, quartier central de la cité, tracé des voies, emplacements et plantations Plan général des services administratifs Plan général du quartier des Collections Plan général du quartier des Sports Salles d’assemblées, plan Salles d’assemblées, élévation Salles d’assemblées, détail Salles d’assemblées, détails ameublement et décoration jardin Salles d’assemblées, la tour des horloges; perspective Salle d’assemblées, les jardins des services administratifs; perspective Salle d’assemblées, portiques; perspective Salle d’assemblées, l’administration et les portiques; deux perspectives Collections historiques, plan et élévation Collections historiques; perspective Bibliothèque, plan et élévation Bibliothèque, perspective Salles d’espositions temporaires, plans, élévation et coupe Salles d’expositions temporaires; perspective Salle de spectacle, d’audition, plans Salle de spectacle, d’audition, élévations Salle de spectacle, d’audition, coupes Salle de spectacle, d’audition; perspective Tracé des pistes d’entraînement et des terrains de jeux Etablissement d’hydrothérapie, plan

General plan of public buildings, town center, street layout, and green General plan of the administrative services General plan of the collections district General plan of the sports district

Piano d’insieme degli edifici pubblici, quartiere centrale della città, tracciato delle strade, organizzazione del verde Piano generale dei servizi amministrativi Piano generale del quartiere delle Collezioni Piano generale del quartiere degli Sport Sale delle assemblee, pianta Sale delle assemblee, prospetto Sale delle assemblee, particolari Sale delle assemblee, particolari dell’arredamento e della decorazione del giardino Sale delle assemblee, la torre degli orologi, prospettiva Sale delle assemblee, i giardini dei servizi amministrativi, prospettiva Sale delle assemblee, i portici, prospettiva Sale delle assemblee, l’amministrazione e i portici, due prospettive Raccolte storiche, pianta e prospetto Raccolte storiche, prospettiva Biblioteca, pianta e prospetto Biblioteca, prospettiva Sale per esposizioni temporanee, pianta, prospetto e sezione Sale per esposizioni temporanee, prospettiva Sala per spettacolo, auditorium, pianta Sala per spettacolo, auditorium, prospetto Sala per spettacolo, auditorium, sezioni Sala per spettacolo, auditorium, prospettiva Tracciato delle piste d’allenamento e dei terreni da gioco Edificio per l’idroterapia, pianta

7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

Meeting halls Plan Elevation Details Details of garden furniture and decoration, plan and elevation The clock tower; perspective The administrative service garden; perspective The arcade; perspective The administration building and arcade; two perspective views

7 8 9 10

11 12 13 14 15 16 17 18

Historical collections Plan and elevation Perspective

19 20

Library Plan and elevation Perspective

21 22

Halls for temporary exhibitions Plan, elevation, and section Perspective

23 24

Hall for entertainments, auditorium Plan Elevations Sections Perspective

25 26 27 28

Layout of training tracks and games fields

29

1 2 3-6

7 8 9 10 11 12 13

14 15 16 17

18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

231

04_Garnier_228_240_M.indd 231

18/09/18 15:54


planches

Etablissement d’hydrothérapie, élévation et coupes Etablissement d’hydrothérapie, la grande piscine; perspective Etablissement d’hydrothérapie et pistes d’entraînement; perspective

31 32 33

plates

Building for hydrotherapy Plan Elevation and sections The great pool; interior perspective Building for hydrotherapy and training tracks; perspective

30 31 32 33

tavole

Edificio per l’idroterapia, prospetto e sezioni Edificio per l’idroterapia, la grande piscina, prospettiva Edificio per idroterapia e piste di allenamento, prospettiva

ÉCOLES

SCHOOLS

SCUOLE

Quartier des Écoles, tracé des voies de communication, des emplacements des établissements publics et des îlots de constructions particulières École d’enseignement professionnel industriel, plan et élévation École d’enseignement primaire, plan École d’enseignement primaire, élévation et détails École d’enseignement primaire; perspective d’ensemble École d’enseignement primaire; perspective du jardin Écoles d’enseignement professionnel artistique et d’enseignement supérieur, plan d’ensemble École d’enseignement professionnel artistique, détail plan École d’enseignement professionnel artistique, élévations École d’enseignement professionnel artistique, la salle des moulages; perspective École d’enseignement professionnel artistique, entrée du côté des salles de collections; perspective École d’enseignement professionnel artistique, allée des ateliers; perspective École d’enseignement professionnel artistique, entrée principale, perspective École d’enseignement professionnel artistique, entrée principale, perspective

School district, street layout, public buildings, and private building lots Technical school for industrial studies; plan and elevation

Quartiere delle Scuole, tracciato delle strade, della localizzazione degli edifici pubblici e dei blocchi di edilizia privata Scuola professionale di insegnamento industriale, pianta e prospetto Scuola di insegnamento primario, pianta Scuola di insegnamento primario, prospetto e particolari Scuola di insegnamento primario, prospettiva d’insieme Scuola di insegnamento primario, prospettiva del giardino Scuole professionali d’insegnamento artistico e d’insegnamento superiore, piano generale Scuola professionale d’insegnamento artistico, pianta Scuola professionale d’insegnamento artistico, prospetto Scuola professionale d’insegnamento artistico, la sala dei calchi, prospettiva Scuola professionale d’insegnamento artistico, l’ingresso sul lato delle sale delle raccolte, prospettiva Scuola professionale d’insegnamento artistico, viale degli ateliers, prospettiva Scuola professionale d’insegnamento artistico, ingresso principale, prospettiva Scuola professionale d’insegnamento artistico, ingresso principale, prospettiva

34

35 36

Primary school Plan Elevation and details Aerial perspective Garden; perspective

34 35

36 37 38 39

37 38

Technical Arts schools and secondary school Plan

40

Technical Arts schools Plan Elevations Hall of plaster casts; perspective Collections room; perspective Avenue of the Ateliers; perspective South entrance; perspective South entrance; perspective

41 42 43 44 45 46 47

39

40 41 42

43

44

45

46

31 32 33

34

35 36 37 38 39

40 41 42

43

44

45

46

47

47

232

04_Garnier_228_240_M.indd 232

18/09/18 15:54


planches

plates

ÉTABLISSEMENTS SANITAIRES

HEALTH BUILDINGS

Etablissements sanitaires, plan d’ensemble Etablissements sanitaires, hôpital, plan Etablissements sanitaires, plan du rez-dechaussée d’un service de chirurgie Etablissements sanitaires, élévation et coupe d’un service de chirurgie Etablissements sanitaires; perspective générale de l’hôpital Etablissements sanitaires, plan d’ensemble de l’établissement des Invalides Etablissements sanitaires, détails plan et élévation de l’établissement des Invalides Etablissements sanitaires; perspective d’ensemble de l’établissement des Invalides Etablissements sanitaires, héliothérapie, plan Etablissements sanitaires, héliothérapie, détails plan, élévation et coupe Etablissements sanitaires, héliothérapie; perspective

General plan Hospital; plan Surgery department; ground floor plan Surgery department; section and elevation Hospital; general view Building for invalids; general plan Building for invalids; plan and elevation Building for invalids; general view Heliotherapy; plan Eleliotherapy; plan, section, and elevation details Heliotherapy; perspective

48 49

50 51 52

53

48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58

Edifici sanitari, piano generale Edifici sanitari, ospedale, pianta Edifici sanitari, piano terra di un reparto di chirurgia Edifici sanitari, prospetto e sezione di un reparto di chirurgia Edifici sanitari, prospettiva generale dell’ospedale Edifici sanitari, piano generale dell’edificio degli Invalidi Edifici sanitari, pianta e prospetto dell’edificio degli Invalidi Edifici sanitari, prospettiva generale dell’edificio degli Invalidi Edifici sanitari, elioterapia, piano Edifici sanitari, elioterapia, pianta, prospetto e sezione Edifici sanitari, elioterapia, prospettiva

48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58

55 56

57 58

STAZIONE FERROVIARIA

RAILWAY STATION 59

60 61 62 63 64

General plan of the railway station district Main railway station; plan of the tracks Street level plan Elevation and section Clock tower; details Perspective

59 60 61 62 63 64

Piano generale quartiere della Stazione Stazione ferroviaria delle grandi comunicazioni, pianta dei binari Stazione, piano delle strade Stazione, prospetto e sezione Stazione, particolare della torre degli orologi Stazione, prospettiva

HOUSING

ABITAZIONI

65 66 67 68 69

Street layout and survey of a residential district Residential district; plan Residential district; plan Residential district; plan Residential district; plan

70 71

Residential district Main street, perspective

Tracciato delle strade e del livellamento di un quartiere residenziale Piano di un quartiere residenziale Piano di un quartiere residenziale Piano di un quartiere residenziale Piano di un quartiere residenziale Quartiere residenziale, strada principale, prospettiva

HABITATIONS Tracé des voies et nivellement d’un quartier d’habitation Plan d’un quartier d’habitation Plan d’un quartier d’habitation Plan d’un quartier d’habitation Plan d’un quartier d’habitation Quartier d’habitation, rue principale; perspective Quartier d’habitation; perspective

EDIFICI SANITARI

54

STATION DE LA VOIE FERRÉE Plan général du quartier de la Gare Station de la voie ferrée de grande communication, plan au niveau des voies Station, plan au niveau des rues Station, élévation et coupe Station, détail de la tour des horloges Station; perspective

tavole

65 66 67 68 69 70

59 60 61 62 63 64 65

65 66 67 68 69 70

233

04_Garnier_228_240_M.indd 233

18/09/18 15:54


planches

72 Quartier d’habitation; perspective 73 Quartier d’habitation; perspective 74 Quartier d’habitation; perspective 75 Quartier d’habitation; perspective Quartier d’habitation, rue 76 principale; perspective 77 Quartier d’habitation; perspective 78 Quartier d’habitation; perspective 79 Quartier d’habitation; perspective 80 Quartier d’habitation; perspective Jardin; planche en couleurs pas 81 reproduit Fontaine; planche en couleurs pas 82 reproduit Jardin; planche en couleurs pas 83 reproduit Fontaine; planche en couleurs pas 84 reproduit Habitation, 2 chambres, plan, 85 coupe et élévation Habitation, 2 chambres, plan et 86 élévation Habitation, 3 chambres, plan et 87 élévation Habitation, 3 chambres, plans, 88 coupes et élévations, dessin coté Habitation, 3 chambres, coupe et 89 élévation, dessin coté Habitation, 3 chambres; perspective 90 d’intérieur Habitation en commun, logements 91 de 2 chambres, plans et élévation Habitation en commun, logements 92 de 2 chambres, plan et élévation Habitation en commun, logements 93 de 2 chambres, plan et élévation Habitation en commun, logements de 3 chambres, plans, coupes, 94 élévation 95 Détails d’intérieur d’une habitation Habitation, 2 chambres, plans, 96 coupe, élévation 97 Quartier d’habitation; perspective Habitations, 1 chambre, plans, 98 élévations Habitations, 2 chambres, plans, 99 élévations Habitation, 2 chambres, plan, 100 élévation Habitation, 2 chambres, plan, 101 élévation Quatre vues perspectives 102 d’habitations

plates

Perspective Perspective Perspective Perspective Perspective

71 72 73 74 75

Main street; perspective Perspective Perspective Perspective Perspective Garden [four-color plate, not reproduced] Fountain [four-color plate, not reproduced] Garden [four-color plate, not reproduced] Fountain [four-color plate, not reproduced]

76 77 78 79 80

House Two-bedroom house; plan, section, elevation Two-bedroom house; plan, elevation Three-bedroom house; plan, elevation Three-bedroom house; plan, section, and elevation, construction drawings Three-bedroom; interior perspective Apartment house; three-bedroom unit; interior perspective Two-bedroom unit; plan and elevation Two-bedroom unit; plan and elevation Two-bedroom unit; plan and elevation Three-bedroom unit; plan, elevation and section Interior details Two-bedroom house; plan, section, elevation Residential quarter; perspective One-bedroom house; plan, elevation Two-bedroom house; plan, elevation Two-bedroom house; plan, elevation

81 82 83 84

85 86 87

88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100

tavole

Quartiere residenziale, prospettiva Quartiere residenziale, prospettiva Quartiere residenziale, prospettiva Quartiere residenziale, prospettiva Quartiere residenziale, prospettiva Quartiere residenziale, strada principale, prospettiva Quartiere residenziale, prospettiva Quartiere residenziale, prospettiva Quartiere residenziale, prospettiva Quartiere residenziale, prospettiva Giardino, tavola a colori non riprodotta Fontana, tavola a colori non riprodotta Giardino, tavola a colori non riprodotta Fontana, tavola a colori non riprodotta Abitazione, 2 camere, pianta, sezione, prospetto Abitazione, 2 camere, pianta e prospetto Abitazione, 3 camere, pianta e prospetto Abitazione, 3 camere, pianta, sezione e prospetto, disegno quotato Abitazione, 3 camere, sezione e prospetto Abitazione, 3 camere, prospettiva dell’interno Abitazione collettiva, alloggio di 2 camere, piano e prospetto Abitazione collettiva, alloggio di 2 camere, piano e prospetto Abitazione collettiva, alloggio di 2 camere, piano e prospetto Abitazione collettiva, alloggio di 3 camere, piano, prospetto e sezione Particolari dell’interno di un’abitazione Abitazione, 2 camere, pianta, sezione, prospetto Quartiere d’abitazione, prospettiva Abitazione, 1 camera, pianta, prospetto Abitazione, 2 camere, pianta, prospetto Abitazione, 2 camere, pianta, prospetto Abitazione, 2 camere, pianta, prospetto

71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87

88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101

234

04_Garnier_228_240_M.indd 234

18/09/18 15:54


planches

Habitation, 3 chambres, plan, élévations Habitation, 2 chambres, plan, élévation Habitation, 4 chambres, plans, élévation Quatre vues perspectives d’habitations Habitation, 3 chambres, plan et élévation Habitation, 1 chambre avec atelier ou magasin, plan et élévation Habitation, 2 chambres, plan, élévation Habitation, 3 chambres, plan et élévations Habitation, 3 chambres, plan et élévations Quatre vues perspectives d’habitations Habitation, 3 chambres avec atelier d’artiste, plan, élévation Habitation avec atelier; pespective Habitation, 4 chambres avec jardin couvert, plan, coupe Habitation avec jardin couvert; perspective Habitation, 2 chambres avec garage, plans, élévations Deux vues perspectives d’une habitation Deux vues perspectives d’une habitation Habitation, 4 chambres avec ateliers d’artiste, plans, élévation Quatre vues d’une habitation d’artiste Quatre vues d’une habitation d’artiste Intérieur d’habitation; planche en couleurs pas reproduit Intérieur d’habitation; planche en couleurs pas reproduit Hôtel pour voyageurs; perspective Habitation, détail; planche en couleurs pas reproduit Habitation, détail; planche en couleurs pas reproduit Habitation, 7 chambres, un bureau, plans, élévation et coupe Deux vues perspectives d’habitation

103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 (bis)

125 126 127 128

plates

Two-bedroom house; plan, 101 elevation 102 Housing; four perspective views Three-bedroom house; plan and 103 elevation Two-bedroom house; plan, 104 elevation Four-bedroom house; plan, 105 elevation 106 Housing: four perspective views Three-bedroom house; plan and 107 elevation House with atelier or shop, one 108 bedroom; plans, elevation Two-bedroom house; plan, 109 elevation Three-bedroom house; plan, 110 elevation Three-bedroom house; plan, 111 elevation 112 Housing, four perspective views Three-bedroom artist’s house; 113 plan, elevation 114 Artist’s house; perspective Four-bedroom house with covered 115 garden; plan, section House with covered garden; 116 perspective Three-bedroom house with garage; 117 plans, elevation 118 House; two perspective views 119 House; two perspective views Four-bedroom house with three 120 artist ateliers; plan, elevation 121 Artist’s house; four views 122 Artist’s house; four views House; interior view [four-color 123 plate, not reproduced] House; interior view [four-color 124 plate, not reproduced] 125a House; detail Railway station hotel; perspective 125b House; detail [four-color plate, not 126 reproduced] Seven-bedroom house and office; 127 plans, section, and elevation 128 House; two perspective views Two-bedroom house with artist’s 129 atelier; plan, elevation 130 Artist’s house; perspective 131 Artist’s house; perspective 132 Artist’s house; perspective Plan of a communal housing district 133

tavole

Quattro vedute prospettiche delle abitazioni Abitazione, 3 camere, pianta, prospetto Abitazione, 2 camere, pianta, prospetto Abitazione, 4 camere, pianta, prospetto Quattro vedute prospettiche delle abitazioni Abitazione, 3 camere, pianta e prospetto Abitazione, 1 camera con atelier o negozio, piani e prospetto Abitazione, 2 camere, pianta, prospetto Abitazione, 3 camere, pianta, prospetto Abitazione, 3 camere, pianta, prospetto Quattro vedute prospettiche delle abitazioni Abitazioni, 3 camere con atelier d’artista, pianta, prospetto Abitazione con atelier, prospettiva Abitazione, 4 camere con giardino coperto, pianta, sezione Abitazione con giardino coperto, prospettiva Abitazione, 2 camere, con garage, pianta, prospetto Due vedute prospettiche di una abitazione Due vedute prospettiche di una abitazione Abitazione, 4 camere con atelier d’artista, piante, prospetto Quattro vedute di una abitazione per artista Quattro vedute di una abitazione per artista Interno di abitazione, tavola a colori non riprodotta Interno di abitazione, tavola a colori non riprodotta Abitazione, particolare, tavola a colori non riprodotta Abitazione, particolare, tavola a colori non riprodotta Albergo per viaggiatori, prospettiva Abitazione, 7 camere, con ufficio, piante, prospetto e sezione

102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 125 (bis)

127

235

04_Garnier_228_240_M.indd 235

18/09/18 15:54


planches

Habitation, 2 chambres avec atelier d’artiste, plan, élévations Habitation d’artiste; perspective Habitation d’artiste; perspective Habitation d’artiste; perspective Plan d’u quartier d’habitation en commun Hôtel pour voyageurs, plan et coupe Voir 125 (bis). Dans le text originel la planche 135 paraît par erreur comme 125 Habitation en commun, logements de 1 chambre, plan, élévations Plabitation en commun, logements de 1 chambre; perspective Habitation en commun, logements de 1 et 4 chambres, plans Habitation en commun, logements de 1 et 4 chambres, élévations Habitation en commun, logements de 1 et 4 chambres; perspective Habitation en commun, logements de 1 et 4 chambres; perspective Habitation en commun, logements de 2 et 3 chambres, plans Habitation en commun, logements de 2 et 3 chambres, plans Habitation en commun, logements de 2 et 3 chambres, élévation Habitation en commun, logements de 2 et 3 chambres, élévation Habitation en commun, logements de 2 et 3 chambres, coupe Habitation en commun, logements de 2 et 3 chambres; perspective

129 130 131 132 133

plates

Hotel; plans, elevation [See 125b. above. In the original edition plate 135 was erroneously listed as 125.] Apartment house, single room units Plans, elevations Perspective

134

135

136 137

134

135 136

Apartment house, from one to fourroom units Plans Elevations Perspective Perspective

138 139 140 141

137 138 139 140 141

Apartment house, two and threeroom units Plans Plans Elevation Elevation Section Perspective

142 143 144 145 146 147

142 143 144 145 146 147

INSTALLATIONS ET CONSTRUCTION

INFRASTRUCTURE AND BUILDINGS

Système d’évacuation des eaux usées et des eaux de pluie d’un quartier d’habitation Détails de l’évacuation des eaux usées et des eaux de pluie au droit d’une habitation Système de couverture en terrasse, détails à 0m02 et 0m10 p.m. et grandeur d’exécution Système de construction en béton

Residential district, waste water, and drainage systems Details of waste and rain water drainage systems Terrace, roofing system; details and construction drawing Reinforced concrete construction system Reinforced concrete construction system

148

149

150 151

tavole

Due vedute prospettiche di una abitazione Abitazione, 2 camere con atelier d’artista, pianta, prospetto Abitazione d’artista, prospettiva Abitazione d’artista, prospettiva Abitazione d’artista, prospettiva Piano di un quartiere di abitazioni collettive Albergo per viaggiatori, piante e sezione Vedi 125 (bis). Compare nell’edizione originale per errore numerata come 125 Abitazione collettiva, alloggio a una camera, piante, prospetti Abitazione collettiva, alloggi a una camera, prospettiva Abitazione collettiva, alloggi da una a quattro camere, piante Abitazione collettiva, alloggi da una a quattro camere, prospetti Abitazione collettiva, alloggi da una a quattro camere, prospettiva Abitazione collettiva, alloggi da una a quattro camere, prospettiva Abitazione collettiva, alloggi di 2 e 3 camere, piante Abitazione collettiva, alloggi di 2 e 3 camere, piante Abitazione collettiva, alloggi di 2 e 3 camere, prospetti Abitazione collettiva, alloggi di 2 e 3 camere, prospetti Abitazione collettiva, alloggi di 2 e 3 camere, sezione Abitazione collettiva, alloggi di 2 e 3 camere, prospettiva

128 129 130 131 132 133 134

135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147

INFRASTRUTTURE E COSTRUZIONI 148 149 150 151 152

Sistema di smaltimento delle acque nere e dell’acqua piovana in un quartiere d’abitazione Particolari dei sistemi di smaltimento delle acque Sistema di copertura delle terrazze Sistema costruttivo in cemento Sistema costruttivo in cemento Particolari della costruzione in cemento armato

148 149 150 151 152 153

236

04_Garnier_228_240_M.indd 236

18/09/18 15:54


planches

Système de construction en béton Détails de construction en ciment armé Système de construction en ciment armé Détails de construction de portes et de fenêtres, volets, etc.

152 153 154

Details of a reinforced concrete building Reinforced concrete construction system Door, window, and shutter; details

153 154 155

tavole

Sistema di costruzione in cemento 154 armato Particolari di costruzione di porte e 155 finestre, persiane, etc.

155

SPECIAL FACTORIES

ÉTABLISSEMENTS SPÉCIAUX Abattoirs, plan Ferme d’élevage, plan et perspective Ferme vinicole, plan

plates

156 157 158

Slaughterhouses; plan, perspective Agricultural complex; plan, perspective Winery; plan, perspective

USINE MÉTALLURGIQUE

METALLURGICAL FACTORY

Plan général de l’usine métallurgique; pas reproduit Plans de la disposition des charpentes métalliques des ateliers de constructions navales Details des charpentes métalliques des ateliers de construction Atelier de construction navales Vue des usines, perspective; planche en couleurs pas reproduit Vue des hauts fourneaux, perspective; planche en couleurs pas reproduit

Metallurgical factory, general plan [not reproduced] Layout of metalworker’s shops and shipbuilding shops Steel construction details at the shipbuilding workshop Shipbuilding shop Workshops; perspective [fourcolor plate, not reproduced] Blast-furnaces; perspective [fourcolor plate, not reproduced]

159

160 161 162 163

164

STABILIMENTI SPECIALI 156 157 158

156 Mattatoi, piano e prospettiva Fattoria di allevamento, pianta e 157 prospettiva Fattoria vinicola, pianta e prospettiva 158

FABBRICA METALLURGICA 159 160 161 162 163 164

Piano generale della fabbrica metallurgica; non riprodotto Pianta della disposizione delle carpenterie metalliche degli ateliers di costruzioni navali nella fabbrica metallurgica Particolari delle carpenterie metalliche degli ateliers di costruzione Atelier per costruzioni navali Veduta delle officine, prospettiva, tavola a colori non riprodotta Veduta degli alti forni, prospettiva, tavola a colori non riprodotta

159

160

161 162 163 164

237

04_Garnier_228_240_M.indd 237

18/09/18 15:54


04_Garnier_228_240_M.indd 238

18/09/18 15:54


REMERCIEMENTS • J’ai le plaisir de remercier l’architecte Louis Piessat de Lyon, ancien élève et assistent de Tony Garnier, pour les conseils et les materiaux qu’il m’a fourni pour ce travail.

ACKNOWLEDGMENTS • I am much obliged to architect Louis Piessat of Lyons, former pupil and assistant to Tony Garnier, for his advice and the materials he put at my disposal for preparing this book.

RINGRAZIAMENTI • Mi è doveroso ringraziare l’architetto Louis Piessat, di Lione, già allievo e assistente di Tony Garnier, per i consigli e i materiali che mi ha fornito per questo lavoro.

04_Garnier_228_240_M.indd 239

18/09/18 15:54


04_Garnier_228_240_M.indd 240

18/09/18 15:54


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.