THE HISTORY OF THE MONKEYS

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I NOSTRI ANTENATI titoli della serie

1. LA STORIA DELLE SCIMMIE 2. LA VITA DEGLI UOMINI PRIMITIVI 3. HOMO SAPIENS / LE PRIME ARTI

I NOSTRI ANTENATI


LA

STORIA DELLE SCIMMIE RACCONTATA DA

YVES COPPENS ILLUSTRAZIONI DI

SACHA GEPNER TESTO RACCOLTO DA

SOIZIK MOREAU


PREFAZIONE

International Copyright © 2009 by Editoriale Jaca Book spa, Milano All rights reserved Prima edizione italiana Settembre 2009 Copertina e grafica Ufficio grafico Jaca Book Traduzione dall’originale francese Caterina Longanesi

ISBN 978-88-16-57343-7 composizione del testo e selezione delle immagini Graphic srl, Milano stampa e rilegatura Grafiche Flaminia, Foligno, Perugia finito di stampare nel mese di Giugno 2009 Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma ci si può rivolgere a Editoriale Jaca Book, Servizio Lettori Via Frua 11, 20146 Milano tel. 02.48561520/29, fax 02.48193361 e-mail: serviziolettori@jacabook.it internet: www.jacabook.it

La materia, inerte per 15 miliardi di anni, diventerà vivente verso 4 miliardi di anni fa, complicandosi e organizzandosi sempre più, fino a divenire pensante. La nostra storia ha 4 miliardi di anni, durante i quali la vita, all’origine unica, si diversifica straordinariamente in un numero impressionante di esseri, tutti costruiti secondo lo stesso modello molecolare, dalle forme assai varie, via via più complesse, sempre meglio organizzate. Dopo gli organismi unicellulari che vivono nell’acqua, verranno quelli pluricellulari, che usciranno dall’elemento liquido. Si attesteranno allora piante e prospereranno insetti, ma compariranno anche i primi vertebrati: anfibi, come le rane, poi rettili, come le lucertole e i dinosauri, e mammiferi d’ogni tipo. I continenti andranno alla deriva, allontanandosi o avvicinandosi; più tardi si salderanno in immensi territori, provocando violenti cambiamenti di

temperatura e di clima. L’inclinazione della Terra sul proprio asse e la sua orbita, così come gli eventi climatici del Sole, produrranno sconvolgimenti dell’ambiente terrestre causando la scomparsa di numerose specie. I “sopravvissuti” si adatteranno, si evolveranno, fino a formare un immenso albero genealogico con innumerevoli rami: dai batteri ai virus, dai vegetali agli animali, tutti gli esseri viventi sono imparentati tra loro. La storia di quest’albero è legata all’ambiente, che si è costantemente modificato secondo l’alternarsi di periodi freddi o caldi, umidi o aridi. Ogni vivente è in equilibrio solo in un dato ambiente: se questo cambia, si destabilizza e deve conquistare un nuovo equilibrio evolvendosi e trasformandosi: poco a poco assumerà un’altra forma, meglio adattata al cambiamento subito. Questa trasformazione partecipa alle divisioni, alle ramificazioni dell’albero genealogico al quale


PLESIADAPIFORMI STREPSIRRINE

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Hominoidea Cercopithecoidea

Homininae Paninae

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Scimpanzé Bonobo

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GENERI Homo Australopithecus Sahelanthropus Ardipithecus Orrorin Kenyanthropus Paranthropus Zinjanthropus


INTRODUZIONE I PRIMI PRIMATI Verso 60 milioni di anni fa gli ultimi dinosauri, dai quali sono derivati gli uccelli, si affiancano a un piccolo gruppo di mammiferi, che si è organizzato per sopravvivere in un ambiente in trasformazione. I cambiamenti del clima, infatti, hanno provocato la comparsa delle angiosperme, le prime piante con il seme, il fiore e il frutto. Nel nuovo ambiente bisogna arrampicarsi sugli alberi per raccoglierne i frutti succulenti e non accontentarsi dei soliti insetti crocchianti e agitati. L’anatomia di questi mammiferi, allora, si adatta: la clavicola si sviluppa e dà un supporto utile per stringere il tronco o il ramo. Mani e piedi si dotano di un pollice opponibile per meglio afferrare il frutto agognato. Gli artigli si appiattiscono in unghie per una maggiore destrezza. Solide ossa del tarso (il tallone) permettono la scalata e il salto. Occhi frontali favoriscono la percezione dei colori e dei rilievi e la valutazione delle distanze. Nel corso dell’evoluzione il muso si accorcerà in naso e il cervello, ben sviluppato, analizzerà meglio l’ambiente.


Questo gruppo, adattato di recente, è quello dei Primati che, di ramo in ramo, arriverà a una biforcazione tra le altre, ma che ci interessa più delle altre. Questa divisione in rami avrà luogo nell’Africa tropicale, circa 10 milioni di anni fa, e in effetti produrrà due linee evolutive a noi care, quella dello Scimpanzé e quella dell’Uomo. La linea degli Scimpanzé passerà attraverso numerose forme di Pre-scimpanzé, delle quali non sappiamo quasi nulla. Perché? Forse perché i terreni sedimentari capaci di trattenere tracce di fossili si conservano meno nelle zone di foresta, o sono poco accessibili. La linea che porterà agli Uomini produrrà, in molti milioni di anni, tutto un “bouquet” di forme pre-umane. Tra 10 e 3 milioni di anni compariranno gli Australopiteci, gli Ardipiteci, gli Orrorin, i Kenyantropi, i Sahelantropi… L’evoluzione di alcuni tra questi pre-umani produrrà, 3 milioni di anni fa, Homo, mentre altri continueranno per la loro strada. Ma torniamo alla fine dell’Era Secondaria e vediamo più da vicino gli ultimi 70 milioni di anni. Tre grandi “bouquet” di forme costituiscono l’intero ordine dei primati: i Plesiadapiformi, le Strepsirrine, le Aplorrine.


P RIMA P ARTE I P R I M AT I F O S S I L I Primo “bouquet” i Plesiadapiformi Il primo “bouquet”, distribuito in 30 milioni di anni, deriva il nome dal greco “plesios”, vicino. Le forme di questi fossili, infatti, sono vicine a quelle dei primati veri e propri, ma piedi e mani sono ancora muniti di artigli e non presentano pollici opponibili, mentre la testa è dotata di un lungo muso: ecco perché certi autori non osano ancora chiamarli primati.

Ricostruita, questa piccola creatura, non più grande di un topo, viveva nella foresta, a quell’epoca tropicale, e si nutriva di frutti e d’insetti.

I Plesiadapiformi furono i primi, sia in America che in Europa, a conquistare l’ambiente arboreo.

Ne sono stati trovati nella regione di Reims, in Francia, dove, 40 milioni di anni fa, crescevano olmi, salici, pioppi, ma anche palme.

Purgatorius è il più antico fossile plesiadapiforme. Datate alla fine dell’Era Secondaria, circa 70 milioni di anni fa, le sue ossa furono scoperte sulle Montagne Rocciose americane, nel Montana. Gli scavi vi furono così estenuanti che i paleontologi battezzarono quel sito “la Collina del Purgatorio” e il fossile lì ritrovato “Purgatorius”.

Un altro di questi primi primati, Plesiadapis, della taglia di uno scoiattolo, viveva anche nelle foreste temperate, calde, semitropicali.

A quei tempi America del Nord, Groenlandia ed Europa formavano un unico continente dove questi piccoli primati avrebbero prosperato, evolvendosi in una temperatura di 15-20 °C. I Plesiadapiformi si estingueranno attorno a 34 milioni di anni fa.


Secondo “bouquet” le Strepsirrine Apparse circa 55 milioni di anni fa, debbono il nome al naso fenduto, il rinario, dotato di peli sensoriali, chiamati vibrisse: è un naso liscio, dalla pelle umida, come il “tartufo” dei cani. I loro fossili comprendono due grandi gruppi, gli Adapiformi e i Lemuriformi, i secondi derivando da una parte dei primi. Inizialmente americani ed europei, saranno poi arabo-africani e asiatici. Nel 1821 Cuvier scoprì nelle cave di gesso della collina di Montmartre, a Parigi, uno strano fossile che prese per quello di un ruminante. Così lo chiamò Adapis parisiensis, da Apis, il dio egizio dalla testa di toro. Più tardi ci si accorse che si trattava di un primate. Questa piccola creatura arboricola, dalla lunga coda, viveva tra le sequoie in riva a una laguna. Da allora la Francia è cambiata parecchio! Alla parentela di Adapis parisiensis appartengono Notharctus e il suo parente stretto, Smilodectes, due americani delle Rocciose, anch’essi folivori e frugivori, abili arrampicatori e saltatori. Oggi vivono molti dei loro probabili discendenti: i Lemuriformi. Notharctus

Smilodectes

Adapis parisiensis


Terzo “bouquet” le Aplorrine Non hanno “tartufo” né vibrisse: col loro naso non fenduto inglobano tutti gli altri primati e costituiscono due grandi insiemi: — Omomiiformi, estinte circa 30 milioni di anni fa, e i loro parenti prossimi, tuttora viventi, i Tarsiformi; — Protosimiformi o Antropoidi, rappresentate da due rami, uno in Asia e l’altro in Africa. Eosimias, “la scimmia dell’alba”, una cinese molto piccola, ha 45 milioni di anni. Algeripithecus, l’africano, è meno antico. Dopo alcuni milioni di anni le Protosimiformi si divideranno in: — Platirrine, che popoleranno l’America tropicale, da cui derivano i Ceboidi; — Catarrine, che popoleranno l’Africa, l’Asia e l’Europa, da cui derivano i Cercopitecoidei e gli Ominoidei. Una platirrina ha narici distanziate e coda prensile. Una catarrina ha narici ravvicinate e la coda, spesso assente, non è mai prensile.

Cebo cappuccino

Uistitì


LE OMOMIIFORMI

LE PLATIRRINE

Appaiono circa 55 milioni di anni fa e si sviluppano in tutto l’Emisfero Nord.

Loro antenato potrebbe essere Parapithecus, scoperto in Egitto: i suoi avi sarebbero venuti dall’Africa su tronchi sospinti dalle correnti marine. L’Atlantico, allora meno vasto di oggi, era più facile da varcare. Giunti in America, questi primati si adattano, si evolvono…

Ma alcune, pare, attraversarono il mare di Tetide, che separava la Laurasia dalla piattaforma arabo-africana. Dotate di grandi occhi e di una visione stereoscopica, correvano agili e veloci tra i rami. La più antica è Teilhardina. Necrolemur, l’europeo di Francia, era un grande consumatore di frutti e doveva già raddrizzarsi spesso.

Un piccolo primate boliviano, Branisella, vecchio di 37 milioni di anni, ha già la morfologia tipica di queste scimmie del Nuovo Mondo: il naso piatto e le narici larghe e distanziate le faranno chiamare Platirrine, dal greco “platys”, largo.

Rooneyia, l’americana del Texas, era anch’essa frugivora.

Queste americane si dividono in due grandi gruppi:

Due asiatiche, Altanius, il mongolo, e Kohatius coppensi (il Kohatius di Coppens), il pakistano, si nutrivano piuttosto d’insetti e di resine.

— Atelidi, quali il Cebo, — Callitricidi, scimmie minuscole quali lo Uistitì, che sa scalare i tronchi come uno scoiattolo. Tutte queste scimmie possono essere grosse come l’Aluatta, una scimmia urlatrice dalle grida possenti, o pesare solo un etto, come l’Uistitì pigmeo. L’ Atele, una scimmia ragno, il Cebo cappuccino, il Saimiri, il Tamarino, l’Uacari e molte altre ancora fanno parte di questa fiorente branca.

Teilhardina

Necrolemur

Kohatius coppensi

Branisella


LE PRIME CATARRINE Eurasiatiche e africane, queste Catarrine sono rappresentate soprattutto dai famosi ritrovamenti nel bacino del Fayyu-m, in Egitto, e nel sultanato dell’Oman, nel sudest della Penisola Arabica.

Ma ben presto le Catarrine dovranno adattarsi a una nuova situazione climatica: l’umidità permanente della loro culla primigenia cede il posto a periodi aridi. L’alternarsi delle stagioni favorisce le capacità uditive e visive.

Quadrupede terrestre e arboricolo di circa 6 kg, munito di una lunga coda, Aegyptopithecus si arrampica agilmente, aiutandosi con mani e piedi prensili.

Tra 25 e 15 milioni di anni fa queste scimmie non cesseranno di evolversi, trasformandosi e diversificandosi.

Grazie agli occhi posti frontalmente, e non sui due lati del cranio, dispone di una buona visione dei rilievi e dei colori: può così distinguere meglio i frutti e gli insetti che gli fornisce l’ambiente caldo e umido delle lussureggianti mangrovie tra le quali si evolve.

Quando la collisione tra la piattaforma continentale afro-araba e quella eurasiatica creerà dei ponti di terre emerse, esse passeranno in Asia e in Europa, adattandosi nuovamente ai cambiamenti climatici e geografici prodotti, tra l’altro, anche da questo fenomeno di avvicinamento.

Nel corso dei millenni e di numerose trasformazioni, le Catarrine si svilupperanno in due direzioni essenziali: — quella delle scimmie con la coda, i Cercopitecoidei (Cercopithecoidea); — quella delle scimmie senza coda, gli Ominoidei (Hominoidea).

Aegyptopithecus

Siamopithecus


I CERCOPITECI Le più antiche fra queste scimmie con la coda sono state localizzate sul lago Vittoria, nell’isola di Rusinga: sono i Victoriapiteci. In Africa si evolvono per milioni di anni, fino agli attuali Cercopiteci: Papio, Babbuini, Cercocebi e tutte le varietà di Colobi investiranno foreste, savane e persino alcuni punti d’acqua del Sahara, dove sono più dei superstiti che dei nuovi arrivati. Dopo la saldatura dei continenti, si espanderanno in Europa e in Asia. Oreopithecus (dal greco “oros”, monte), vecchio da 9 a 8 milioni di anni, scoperto in Toscana, pesa una quarantina di chili e misura 1,20 m. Presenta somiglianze con l’Uomo che probabilmente sono solo convergenze. In effetti molti caratteri – il cranio, lo scheletro del tronco e del bacino, il gomito, la testa del femore – lo avvicinano a noi; lo allontanano da noi gli arti anteriori, molto lunghi, adatti alla brachiazione. La Bertuccia, ultima sopravvissuta, si aggrappa ancora oggi alla roccia di Gibilterra, a meno che, venendo dall’Africa del Nord, non sia stata reintrodotta in Europa dopo l’estinzione del ramo sul nostro piccolo continente. Oreopithecus


PRIMI OMINOIDEI Il primo esemplare di questo fiorente gruppo fu scoperto nel 1856, nell’Alta Garonna, in Francia. Viveva, si pensa, tra le querce, e per questa ragione fu chiamato Dryopithecus, dal greco “drys”, quercia. La dentatura, le grandi orbite, la faccia moderatamente prominente, lo scheletro postcraniale più leggero di quello degli scimpanzé, tutti questi caratteri denotano un adattamento quadrupede e arboricolo di saltatore-corridore e l’abbozzo di una locomozione brachiatrice.

Altrettanto famoso, lo stravagante Gigantopithecus, 250 kg di peso, visse tra 8 milioni e 1 milione di anni fa. Contemporaneo di Homo erectus, prima di scomparire, probabilmente senza discendenti, è forse all’origine della leggenda dello Yeti, “l’uomo delle nevi”, creatura fantastica che alcuni avrebbero scorto sui contrafforti dell’Himalaya.

Un altro, il Proconsul del Kenya e dell’Uganda, vecchio di oltre 20 milioni di anni, deve il nome a quello di uno scimpanzé dello zoo di Londra, chiamato Consul, celebre nel 1930.

Proconsul

Gigantopithecus


Ramapithecus e Sivapithecus, forse femmina e maschio dello stesso genere, vecchi di 15 milioni di anni, presentano somiglianze con gli Ominidi, tanto che per lungo tempo furono classificati nella nostra famiglia. La faccia è corta, la dentatura indica un regime alimentare coriaceo fatto di radici e semi; d’altronde il meccanismo dentario è quello di Australopithecus, dato che, come questo, vivevano in ambiente aperto. Ma sarebbero piuttosto all’origine degli Oranghi, la cui vita arboricola potrebbe essere un ritorno. Altri fossili di grandi scimmie talvolta debbono il proprio nome al luogo in cui furono scoperti: Rudapithecus, l’ungherese, Graecopithecus, il greco, Ankarapithecus, il turco, Mesopithecus, l’iraniano…

Ramapithecus

Sivapithecus


Indri

Lemure variegato

S ECONDA P ARTE LE SCIMMIE ATTUALI

I LEMURIDI discendenti da Strepsirrine fossili Intorno a 165 milioni di anni fa il Madagascar si separò dal continente africano. Per raggiungere questa grande isola i primi Lemuridi attraversarono il canale di Mozambico, probabilmente su tronchi d’alberi sospinti dalle correnti, e proliferarono in numerose famiglie con più specie tuttora viventi.

Vedremo ora che cosa sono divenute le scimmie oggi. Incontreremo le moderne Strepsirrine e seguiremo la grande evoluzione delle Aplorrine, in particolare lungo la linea delle Catarrine, fino al Gorilla e allo Scimpanzé.

I Lemuri e i Maki hanno un piccolo muso da volpi. L’Apalemure, o Lemure del bambù, pesa tra 700 g e 1 kg; la testa e i grandi occhi sono rotondi; dotato di una lunga coda, corre veloce, sia tra gli alberi che a terra, alla ricerca dei bambù, di cui è ghiottissimo. Il Lepilemure emette vocalizzi rumorosi. Gli occhi del Chirogaleo brillano nella notte come quelli del Valuvi o del Microcebo pigmeo, il quale è così piccolo da stare nel palmo di una mano. Il Sifaka è capace di balzi potenti che arrivano fino a 10 m; l’Indri, grande e pesante, dal folto pelame bianco e nero e la coda ridotta, se ne sta in posizione eretta tra i rami. L’Ayèayè è munito di un dito molto lungo, utilissimo per catturare larve. Sifaka

Microcebo

Chirogaleo

Valuvi

Ayè-ayè

Lemure catta

Apalemure


Galagone di Grant

Lori

Galagone moholi

I LORISOIDI

I TARSI

discendenti da Strepsirrine fossili

discendenti da Aplorrine fossili

Vivono in Asia e in Africa. Il Lori, sprovvisto di coda, si sposta lentamente, soprattutto di notte, in cerca di frutti, insetti o piccoli vertebrati, nelle foreste dell’India del sud e dello Sri Lanka. Suo cugino, il Potto, abita gli alberi dell’Africa occidentale. Dall’Africa tropicale atlantica fino all’Etiopia, il Galagone conduce anch’esso vita notturna. Più piccolo e ben più veloce del Lori, procede a salti come un canguro e balza sulle prede, uccelli o lucertole.

Comparso circa 50 milioni di anni fa, da allora il Tarsio non è affatto cambiato. Diversamente dai Lemuridi e dai Lorisoidi, che sono Strepsirrine, questo curioso primate, alto da 10 a 15 cm, non ha il “tartufo” del cane, il rinario liscio e umido, ma un naso piccolo: è una vera Aplorrina. Molto vivace, esclusivamente arboricolo, si arrampica e salta con agilità. Deve il nome alle ossa del tarso, molto sviluppate. Le mani e i piedi, dalle lunghe dita munite di unghie e di cuscinetti a ventosa, afferrano i rami senza rischio di scivolare. Grazie alle grandi orecchie, ha un udito finissimo, mentre gli immensi occhi rotondi gli assicurano un’eccellente visione notturna. Carnivoro e anche frugivoro, predilige gli insetti e i piccoli roditori che popolano le profonde foreste delle isole della Sonda, della Malesia e delle Filippine.

Galagone di

Potto

Tarsio


I CERCOPITECI ATTUALI discendenti da Aplorrine fossili Oggi queste Catarrine con la coda sono innumerevoli, con più di 80 specie di tutte le taglie, dall’africano Cercopiteco nano del sud, che pesa meno di 1 kg, all’imponente Babbuino o al Mandrillo, di 60 kg. I Cercopiteci si spostano a quattro zampe, al suolo o tra gli alberi, e balzano di ramo in ramo, tenendosi sospesi alle lunghe braccia: questa locomozione è favorita da clavicole ben sviluppate, una sorprendente articolazione della spalla e delle braccia; le mani hanno dita allungate che assicurano una presa solida. Il tarso, spesso molto forte, permette salti potenti. Insettivori, talora carnivori, ma soprattutto folivori e frugivori, vivono nelle fasce tropicali, dove crescono alberi provvisti di foglie in tutte le stagioni. Alcuni, tuttavia, si adattano a regioni più aride, come le Bertucce berbere dell’Atlante, i Babbuini e i Gelada dell’Arabia o dell’Etiopia, i Babbuini gialli del Sahara. Il Macaco del Giappone sopporta inverni molto rigidi bagnandosi in sorgenti d’acqua calda per combattere il freddo. Cercopiteco nano del sud

Babbuino giallo

Babbuino

Mandrillo

Gelada

Macaco


Le Grandi Scimmie d’Asia I Pongidi L’ORANGO L’Orango, “l’uomo delle foreste” in malese, dal lungo pelame rosso, cambia letto tutte le sere. Per proteggersi dai predatori, tigri, pantere, cani selvatici, lo costruisce sugli alberi, a 12-18 metri d’altezza, su una biforcazione, intrecciando rami che tappezza di foglie per arrotolarvisi a palla. La femmina si fa un suo nido, dove abita col piccolo, che poppa avidamente per un anno, per poi nutrirsi dei frutti che la madre gli rigurgita in gola, talvolta dopo averli masticati. Verso i tre anni è il tempo dello svezzamento, dei primi passi a terra e sugli alberi: il piccolo smette di tenersi aggrappato alle gonne di pelliccia della mamma per raccogliere frutti e giocare con i compagni della sua età. Verso gli otto anni l’adolescente si emancipa, forte di quanto gli è stato insegnato. Adulto a quindici anni, ruggisce, gonfia la sacca laringea, un organo vocale posto sotto il mento, lancia un grido possente e sospira per sedurre la graziosa femmina che si avvicina: allora si accoppieranno a 20 metri dal suolo!


Con l’età, sulle guance del maschio si formeranno dei cuscinetti di grasso. L’Orango, arboricolo per eccellenza tra le grandi scimmie, predilige le foreste umide e le mangrovie. Le gambe corte, arcuate, le braccia lunghe gli danno, a terra, un’andatura pesante, goffa, ma tra i rami è un perfetto acrobata che si lancia armonioso e leggero da una liana a un tronco, appendendosi con i piedi, con le mani. Mediocre nuotatore, se proprio deve attraversare un corso d’acqua ne saggia la profondità con un bastone. Innamorato della solitudine, detesta la vita di gruppo che conducono i Gorilla o gli Scimpanzé africani.


Gli Ilobatidi IL GIBBONE E IL SIAMANGO Gli Ilobatidi, “coloro che passeggiano nei boschi”, sono diffusi nel sud-est asiatico fino ai confini dello Yunnan, in Cina. Il Gibbone e suo cugino più grande, il Siamango, vivono in buona armonia con gli Oranghi tra i rami delle foreste tropicali. La faccia nera, incorniciata da un collarino bianco, spicca sul folto mantello rosso chiaro o grigio scuro. Uniche scimmie capaci di tenersi appese con una sola mano, essi sanno anche piroettare a 360°. Al suolo, eretti sulle zampe posteriori, praticano una specie di bipedismo, allargando a bilanciere le lunghissime braccia per mantenere l’equilibrio. Non costruiscono nidi, ma dormono seduti sulle callosità delle natiche. Monogami, poco violenti, vivono in gruppi famigliari su un territorio che delimitano con grida e suoni per allontanare gli intrusi. Noti per l’intelligenza, sanno sventare le astuzie dei predatori, pitoni e rapaci, ma a terra, di fronte alla pantera, diventano più vulnerabili.


GLI OMINIDI Gli Ominoidei si sono evoluti in numerose famiglie, tra le quali quella degli Ominidi (Hominidae), che si è divisa in tre rami: — Paninae (Scimpanzé) — Gorillinae (Gorilla) — Homininae (Ardipithecus, Orrorin, Sahelanthropus, Kenyanthropus, Australopithecus e… Homo, l’uomo). In quale momento della storia le linee si sono separate? Toumai (Sahelanthropus tchadensis), vecchio 7 milioni di anni, esumato nel 2001 nel Ciad, si presenta già come appartenente agli Homininae. Un primate di 9 milioni di anni, Samburupithecus del Kenya, scoperto nelle colline di Samburu, come un altro fossile trovato a Moroto in Uganda, Morotopithecus, aspettano ancora una collocazione. Chororapithecus l’etiope e Nakalipithecus il kenyano, entrambi di 10 milioni di anni, allungano ancora la lista dei candidati alla comune ancestralità. Queste scoperte aggiungono nuove pagine all’indagine per risolvere l’enigma. Uno di questi fossili potrebbe essere l’antenato comune delle grandi scimmie e degli uomini, oppure il più antico dell’una o delle altre linee?

Le Grandi Scimmie d’Africa I Gorillinae IL GORILLA Il Gorilla, la più grande e la più pesante di tutte le scimmie, vive nelle montagne del Ruanda, a 3.000 m d’altitudine, e nelle pianure umide dell’Africa equatoriale.


Si sposta al suolo: la pianta dei piedi è a contatto col terreno, mentre le mani, piegate all’indentro, poggiano sulle articolazioni delle falangi; il peso di 150 kg in età adulta gli impedisce di frequentare i rami sui quali si bilanciava da cucciolo. Ogni quattro o cinque anni, amorevolmente circondata da tutto il clan, dopo nove mesi di gestazione, la femmina partorisce un piccolo che allatta per due anni. Svezzato, il gorillino resterà ancora a lungo con la madre, che lo coccola con grossi baci sonori, gli fa il solletico, lo intrattiene con buffe smorfie e allegre risate. Per farsi una famiglia, il maschio deve avere almeno quindici anni, epoca in cui il pelame della sua schiena diventa grigio. Sarà lui a scegliere gli itinerari, i luoghi per la siesta o il riposo notturno. La sua taglia impressionante, 1,40-2 m, dissuade gli eventuali nemici, il che è gradito al suo temperamento poco aggressivo; ma se disturbato, urla e si batte i pugni sul petto, afferrando poi molti rami e lanciandoli sull’intruso, che se la dà a gambe. Qualche volta due maschi si affrontano e il perdente se ne va più lontano a fondare un’altra famiglia. Il gorilla muore a trent’anni circa, ma in cattività può vivere fino a cinquant’anni.


I Paninae LO SCIMPANZÉ E IL BONOBO I nostri cugini più stretti, gli Scimpanzé, e i Bonobo – o Scimpanzé pigmei – spaziano su un territorio che va dal Senegal alla Tanzania. Queste scimmie dal pelo nero vivono da quaranta a cinquant’anni e camminano come i Gorilla. Fanno il nido a terra, raramente sugli alberi, sparpagliando al suolo, per isolarsi dal freddo, uno strato di escrementi che ricoprono di rami e foglie. Percorrono fino a 6 km al giorno in cerca di cibo, dato che consumano 20 kg di steli teneri e foglie; tra i loro piatti preferiti vi sono i cardi, le ortiche e i funghi. Il piccolo rimane molto a lungo accanto alla madre, che gli prodiga cure attente, talora fino all’adolescenza: può così approfittare di un apprendistato efficace e acquistare l’esperienza che gli viene trasmessa.


Grandi giocherelloni, i giovani Scimpanzé e Bonobo si divertono con rami e liane elastiche, giocando a nascondino sulla volta aerea della foresta. Per imitare gli adulti, si abbandonano a giochi sessuali che creano calore e tenerezza. Il clan dei Bonobo è principalmente vegetariano, ma a volte si regala una piccola antilope che viene spartita in allegria. Tra i Bonobo, a differenza degli altri Scimpanzé, l’autorità spetta alle femmine che, molto socievoli e affettuose, si danno volentieri una mano tra loro.


LA VITA SOCIALE DELLE GRANDI SCIMMIE Alleanze o conflitti animano una vita sociale complessa, vicina a quella degli uomini. Manifestando un evidente grado di coscienza di sé, gli Scimpanzé si riconoscono in uno specchio. Vero rito famigliare o d’amicizia, la spidocchiatura crea legami; gli Scimpanzé vi dedicano ore intere. I giovani rispettano gli anziani e offrono loro frutti o carne. Quando due clan di Scimpanzé s’incontrano, manifestano la loro gioia con uggiolii e pacche amichevoli. Se uno scopre una pianta di fico, le sue grida avvertono gli altri: tutti accorrono per rimpinzarsi di frutti. A volte cacciano in gruppo colobi e maiali selvatici, la cui carne fornisce le proteine. L’autorità del maschio dominante dipende più dalla sua intelligenza che dalla sua forza: in caso di conflitti, sa farsi degli alleati per affrontare l’avversario. Generalmente pacifici, certi clan possono pattugliare il loro territorio per proteggerlo, attaccare un gruppo vicino e, talvolta, persino sterminarne i maschi. I Bonobo praticano l’accoppiamento faccia a faccia e rispettano il tabù dell’incesto.


GLI UTENSILI Buoni manipolatori di utensili, Scimpanzé e Bonobo sono anche capaci, in una certa misura, di prepararli, sfrondando e ricavando bastoncini più o meno sottili per pulirsi i denti, grattarsi la schiena, frugare un nido di termiti, delle quali sono ghiotti. Sanno rendere appuntito un ramo, che usano come spiedo per infilzare piccole prede, allargare un buco e introdurvi la mano, usare una pietra per schiacciare una noce. Hanno capito che una foglia grande può riparare dalla pioggia, o servire da coppa per bere facilmente. Comprimono dei vegetali, talora masticandoli, per ottenere una specie di spugna con cui asciugarsi la pelliccia o… pulirsi il sedere, o che useranno come mollica di pane per inzupparla di succo o di rugiada. I giovani osservano gli adulti, ne imitano i gesti e a loro volta trasmetteranno questo sapere. Di recente è nata una “archeologia degli Scimpanzé”: percussori di noci e resti di noci schiacciate sono stati scoperti in Costa d’Avorio, in strati sedimentari risalenti al 2000 a.C.


IL LINGUAGGIO

BIBI, LA BONOBO

Gli Scimpanzé comunicano con sguardi e mimica, ma anche con oltre 25 suoni diversi che manifestano stupore, collera, gioia, tristezza, paura…

Ho conosciuto una graziosa Bonobo femmina, di nome Bibi, abituata alle gioie del circo. Portava, quel giorno, delle mutandine che l’obbligavano al pudore e frenavano i suoi slanci di tenerezza.

Modulati secondo le situazioni, gridi e richiami si trasformano a volte in vero canto. Gibboni e Siamanghi emettono suoni che si snodano, dall’acuto al grave, in veri trilli. Alcuni ricercatori hanno insegnato il linguaggio delle scimmie a una femmina che ha poi saputo usare, e trasmettere, circa 300 parole. Eppure nessuna scimmia sa parlare: la forma della lingua, la posizione della laringe, posta troppo in alto, la morfologia delle mascelle non permettono di articolare. D’altra parte è certo che la scimmia, malgrado i suoi talenti, non ha sviluppato la riflessione dell’uomo.

Seduto a un tavolo, io scrivevo: Bibi posava le sue dita sulle mie, accompagnando la mia matita con vigore, quasi cercasse di sapere come faceva quell’oggetto che si muoveva a lasciare una traccia.

IL BEBÉ COLOBO Ho goduto a lungo, nel sud etiopico, della compagnia di un gentile cucciolo di Colobo: accoccolato sulla mia spalla, si dedicava pieno di buona volontà a cercarmi… delle pulci in testa! Questa occupazione gli piaceva, come gli piaceva grattarmi con il dito, o… con i denti, un neo che avevo alla radice dei capelli e che gli sembrava appetitoso! Nel mio accampamento s’ingegnava a demolire le file sovrapposte di cibi in scatola, o a disfare la tavola apparecchiata. Se sgridato, elemosinava il mio appoggio toccandomi il braccio o la gamba e poi… ricominciava a combinarne di tutti i colori!


DECLINO DELLE GRANDI SCIMMIE Mentre la specie umana si moltiplica e i Cercopiteci proliferano, le Grandi Scimmie sono gravemente minacciate. L’uomo infatti distrugge sempre più le foreste per aumentare i terreni destinati all’agricoltura, per alimentare le fabbriche di cellulosa, da cui si ricava la carta, riducendo così l’habitat delle Grandi Scimmie. Inoltre, varie malattie ed epidemie, come il Virus Ebola, fanno strage di alcuni di questi animali. Cacciatori e bracconieri, malgrado i divieti, decimano i clan per procacciarsi carne o per proporre ai turisti mani e crani! E ancora, si catturano gli esemplari più giovani per venderli a zoo o a privati, che li trasformano in docili e divertenti animali da compagnia.

Per finanziare azioni di protezione, si sono mobilitate associazioni come il GRASP (Great Apes Survival Partnership), il Jane Goodall Institute, la Diane Fossey Foundation, la Fondation Geneviève Laporte de Pierrebourg. Anche i Parchi Nazionali offrono rifugi. Centri di Riabilitazione riescono a salvare scimmie ferite o ricomprate, insegnando loro a riadattarsi alla vita selvaggia del loro ambiente d’origine. Ma questi sforzi non bastano. I Gorilla contano meno di 1.000 individui, gli Scimpanzé arrivano a non più di 150.000, i Bonobo a 15.000, gli Oranghi e i Gibboni assai probabilmente a meno di 100.000.

Quando non ci sono più alberi, non ci sono più scimmie. Proverbio cinese


GLOSSARIO ANTROPOIDE (dal greco anthropos, uomo). Grandi scimmie e uomini costituiscono la grande famiglia degli Antropoidi viventi. APLORRINE (dal greco haploos, semplice, e rhis, naso) scimmie dotate di un naso stretto. BRACHIAZIONE locomozione arboricola volteggiando di ramo in ramo sospesi alle braccia. Gli oranghi e i gibboni sono eccellenti brachiatori. CALLITRICIDI (dal greco kalos, bello, e thrix, chioma) famiglia di graziosissime piccole scimmie americane dalla coda non prensile. CATARRINE (dal greco kata, verso il basso, in giù, e rhis, naso). Le narici delle scimmie catarrine sono ravvicinate e aperte verso il basso. Queste scimmie, appartenenti al gruppo delle Aplorrine, occuparono e occupano ancora tutto il Vecchio Mondo. CEBOIDI grandi scimmie d’America dotate di un’importante coda prensile, vero quinto arto. CERCOPITECI (dal greco kerkos, coda, e pithecos, scimmia) scimmie munite di coda; tuttavia alcune specie di questa grande famiglia, come il mandrillo, ne sono sprovviste. CINOCEFALO (dal greco kyon, cane, e kephale, testa) sorta di babbuino con testa di cane che gli antichi Egizi hanno spesso raffigurato sulle pareti di templi e tombe. DRYOPITHECUS (dal greco drys, quercia, e pithekos, scimmia). Il primo fossile della grande famiglia dei Driopiteci fu scoperto associato a resti di quercia nel sud della Francia.

ILOBATIDI (dal greco hyle, bosco, e baino, camminare) famiglia di scimmie, i gibboni e i siamanghi, che si spostano tra gli alberi, sospesi agli arti superiori o in piedi, con le braccia a bilanciere. LAURASIA territorio costituito da Asia, Europa, Groenlandia e Nordamerica prima della separazione di questi continenti, nell’Era Secondaria.

mente fossili vicini agli Adapiformi.

“tartufo” di alcuni animali, come il cane e il gatto.

PONGIDI o PONGINI nome di una grande scimmia asiatica Pongo. Questa famiglia o sottofamiglia è quella degli oranghi.

VOLTA AEREA nelle foreste tropicali è la cupola formata dalle cime frondose degli alberi più alti; può trovarsi a oltre 80 metri dal suolo.

PRIMATE (dal latino primus, che sta al primo posto) parola coniata dallo svedese Linneo nel 1758 per designare “l’ordine sovrano della natura”, il primo ordine dei mammiferi, dal quale è derivato l’uomo.

I GRANDI PERIODI DELL’ERA TERZIARIA in milioni di anni

LEMURIDI piccoli primati, numerosi nel Madagascar, spesso notturni, i cui occhi brillano intensamente nella notte. Per gli antichi Romani i lemuri erano i fantasmi dei defunti; molti Malgasci li temono, convinti che i loro morti s’incarnino in queste creature.

PROSCIMMIE (dal latino pro, che precede, e simia, scimmia) insieme dei primati fossili più antichi che hanno preceduto le scimmie. I loro discendenti attuali sono i lemuri, i lori e i tarsi. Questo termine, e quanto esso designa, non è più usato nelle classificazioni moderne.

LORI (dall’olandese loris, clown) fa riferimento alla mimica di questi piccoli primati, veri pagliacci della foresta.

STREPSIRRINE (dal greco streptos, ricurvo, e rhis, naso). Il rinario di queste scimmie è un “tartufo” umido, ancora munito di vibrisse.

OMINIDI famiglia che riunisce i Gorillinae (gorilla), i Paninae (scimpanzé e bonobo), gli Homininae (pre-umani come gli australopiteci e l’uomo).

EOCENE 54,8-33,7 Le scimmie compaiono alla fine dell’Eocene (Eosimias “la scimmia dell’alba”: Cina, 45 milioni di anni) OLIGOCENE 33,7-23,8

OMINOIDEI superfamiglia di primati che riunisce uomini e grandi scimmie, viventi e fossili.

TARSIDI (dal greco tarsos, graticcio, e, per estensione, disposizione delle dita, palma del piede). Il tarso è lo scheletro del piede formato da una doppia fila di ossa corte. Si collocano nella famiglia dei Tarsidi i piccoli primati aplorrini dotati, tra le altre caratteristiche, di ossa del tallone molto solide.

OMOMIIDI (OMOMIIFORMI) (dal greco omoios, simile, e myia, mosca) famiglia di scimmie fossili molto piccole; gruppo fratello dei Tarsidi.

TETIDE mare che separava l’Eurasia dall’Africa nell’Era Secondaria e all’inizio dell’Era Terziaria. Ai nostri giorni non ne resta che il Mediterraneo.

PLATIRRINE (dal greco platys, largo, e rhis, naso) scimmie del Nuovo Mondo (America tropicale) dotate di narici larghe e distanziate. Hanno tre premolari per ogni semi-mascella. Appartengono alle Aplorrine.

TOUMAI (significa “speranza di vita” in lingua goran del Ciad) è il Sahelanthropus tchadensis, vecchio di 7 milioni di anni, il più antico tra gli Homininae finora conosciuti; visse dopo la separazione tra il ramo degli scimpanzé e quello degli uomini. VIBRISSE peli sensoriali (tattili) delle narici dell’uomo o del

PLESIADAPIFORMI (dal greco plesios, vicino) primati unica-

PALEOCENE 65-54,8 (Altanius: Marocco)

MIOCENE 23,8-5,3 PLIOCENE 5,3-1,8

ERA QUATERNARIA PLEISTOCENE 1,8 milioni-10.000 anni OLOCENE 10.000 anni-oggi



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