Freigang Hochkirchen Kimpel Moralejo Philjpp Schock-Werner
DAL CATALOGO F. Aceto, M. Andaloro, R. Cassanelli, F. Marazzi, P. Sanvito, F. Zuljani CANTIERI MEDIEVALI IN ITALIA
C A N T I E R I M E D I E VA L I I N E U R O PA
Roberto Barbieri (a cura di) ATLANTE STORICO DEL MEDIOEVO Liana Castelfranchi ARTE MEDIEVALE IN EUROPA Liana Castelfranchi LO SPLENDORE NASCOSTO DEL MEDIOEVO G. De Champeaux, S. Sterckx DIZIONARIO DEI SIMBOLI DEL MEDIOEVO L. Moulin, R. Oursel I MONASTERI FECERO L’EUROPA Aleksej Ilijc Komec L’ARTE RUSSA DEI MONASTERI F. Gallo, V. Minazzi, C. Ruini ATLANTE STORICO DELLA MUSICA NEL MEDIOEVO Paolo Piva (a cura di) ARTE E ARCHITETTURA MEDIEVALE Paolo Piva ARCHITETTURA MEDIEVALE la pietra e la figura
Ulrich G. Grossmann CASTELLI MEDIEVALI D’EUROPA Xavier Barral i Altet VETRATE MEDIEVALI IN EUROPA
In copertina: navata centrale della cattedrale primaziale metropolitana di Nostro Signore Gesù Cristo di Canterbury, Kent, Regno Unito. Sul retro: Costruzione della Torre di Babele, dalla Cronaca universale di Rudolf von Ems, 1360 ca., Zurgo, Zentralbibliotek.
ISBN 978-88-12660-673-9
€
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788812
660674
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www.jacabook.it
CA N T I E R I MEDIEVALI IN EUROPA KIMPEL, FREIGANG, HOCHKIRCHEN, MORALEJO, PHILIPP, SCHOK-WERNER
Il volume si occupa di una delle forze trainanti dell’Europa medievale, l’attività costruttiva, ricollocata nell’ampio orizzonte di fatti economici, culturali, e storico-artistici di cui è sintomo e traccia. Sfuggendo alle generalizzazioni e banalizzazioni storiografiche correnti, Dieter Kimpel traccia in un ampio saggio introduttivo le linee guida del fenomeno e individua i temi trasversali di fondo; saggi specifici, redatti da affermati studiosi e noti specialisti europei, affrontano poi, con metodi e strumenti differenziati, altrettanti casi esemplari di edifici medievali (religiosi e civili), dando a questo termine un vasto respiro, che giunge sino al Cinquecento fiammingo. Si è rivelata così, nel vivo e concreto svolgersi dei cantieri, grazie alla lettura delle fonti epigrafiche, delle cronache e dei documenti d’archivio, e infine dei monumenti stessi, indagati sin nelle più minute e riposte particolarità, la reale prassi costruttiva, con le tradizioni e i «segreti» delle maestranze, gli strumenti di lavoro, la complessa organizzazione del lavoro, la fitta trama di relazioni che legano committenti, artisti e cittadini in queste vere e proprie imprese collettive.
Christian Freigang studioso di Storia dell’arte e Archeologia classica è stato docente presso l’Università di Göttingen e dal 2012 gli è stata assegnata la cattedra di Storia dell’architettura a Francoforte. Dorothea Hochkirchen storica dell’arte, Colonia. Dieter Kimpel (1940-2015) archeologo classico e storico dell’arte, è stato professore presso l’Università di Stoccarda e direttore dell’Istituto di Storia dell’Architettura. Serafin Moralejo (1946-2011) grande esperto di scultura romanica, ha insegnato Storia dell’arte medievale presso l’Università di Harvard. Klaus Jan Philipp esperto di Storia dell’architettura, è stato professore presso l’Università di Amburgo e dal 2008 è docente di Storia dell’Architettura a Stoccarda. Barbara Schock-Werner storica dell’architettura e del design, insegna presso le maggiori università della Germania ed è presidente della Società storica tedesca dei castelli.
INDICE
L’attività costruttiva nel Medioevo: strutture e trasformazioni Dieter Kimpel La lavorazione della pietra nel duomo di Spira. Deduzioni sull’impresa costruttiva e sulle fasi architettoniche Dorothea Hochkirchen Santiago de Compostela: origini di un cantiere romanico Serafin Moralejo
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L’organizzazione del cantiere in Francia meridionale nel xiii e xiv secolo: l’esempio di Narbona Christian Freigang
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La cattedrale di Lichfield, ovvero cosa è ancora possibile sapere su un cantiere senza fonti scritte? Dieter Kimpel
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Il cantiere del duomo di Strasburgo. Unser lieben frauen werk-oeuvre notre-dame Barbara Schock-Werner
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Il cantiere di San Vito a Praga Barbara Schock-Werner
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Il municipio di Gand e il «gotico commerciale brabantino» Klaus Jan Philipp
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L’ATTIVITÀ COSTRUTTIVA NEL MEDIOEVO: STRUTTURE E TRASFORMAZIONI Dieter Kimpel
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1. Costruzione della Torre di Babele, dalla Cronaca universale di Rudolf von Ems, 1360 ca., Zurigo, Zentralbibliotek.
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on è facile caratterizzare, in breve, l’attività costruttiva del Medioevo europeo. Da un lato si tratta infatti di prendere in considerazione un lasso di tempo di oltre settecento anni, dall’età carolingia alla prima metà del xvi secolo; dall’altro occorre fare i conti, nell’ambito di questo periodo, con una grande varietà regionale, che può avere motivazioni anche molto differenti. È questa una grave lacuna e allo stesso tempo un auspicio degli studi, perché, diversamente da altri ambiti di produzione, non esiste ancora qualcosa di simile a un atlante storico delle tecniche costruttive europee. Potrebbe nascere solo da una cooperazione internazionale, prima di tutto tra gli storici dell’architettura, che dovrebbero d’altronde assicurarsi la collaborazione di studiosi di altre discipline. È questo un punto nodale, poiché le attività costruttive non presentano solo forme di organizzazione molto differenziate e una storia evolutiva segnata, in periodi determinati, da impetuose spinte innovative; ma questa storia ha anche una molteplicità di singoli aspetti la cui spiegazione rientra nelle competenze di discipline molto diverse, come cercheremo di spiegare brevemente. Prima di tutto una definizione: con “attività costruttiva” si intende qui un insieme di operatori, della mente e del braccio, che lavorano, più o meno professionalmente, a un rilevante progetto, nel quale il grado di professionalità segue a sua volta una propria logica. Tali progetti riguardano di regola grandi edifici ecclesiastici, che spesso hanno assunto una funzione di battistrada: castelli, palazzi, fortificazioni, ponti, ma anche porti, installazioni portuali fluviali e marittime, sistemazioni di strade, municipi, palazzi di corporazioni – in linea di massima tutte le strutture collettive già descritte da Vitruvio. Si aggiunga che proprio i più grandi e ambiziosi cantieri sono spesso quelli più interessanti, perché è in questi, come accade in altri settori dell’industria, che si fissano le forme di organizzazione più avanzate. Anche nel Medioevo, infatti, l’attività edilizia mostra una grande varietà di forme storiche di produzione, come si riscontra ancora oggi negli edifici. Esse vanno dall’aiuto non professionale proveniente dal vicinato e dal lavoro comunitario, come
ad esempio nella costruzione di dighe, sino alle attività fortemente differenziate di tipo industriale, o all’odierna progettazione computerizzata ed edificazione mediante robot. Quando ci si occupa di una determinata struttura architettonica è importante dunque chiarire a quale punto, entro l’ampio spettro delle forme di produzione indicate, questa si trovi, tra gli estremi del bricolage e dell’high tech. Aspetti propri, e una propria storia, presenta il problema della conduzione dell’impresa costruttiva: chi è il committente, chi quindi determina ciò che accade? Nelle cattedrali può essere il vescovo o il capitolo, ma a questi si possono aggiungere anche altri gruppi, come le confraternite borghesi e i signori feudali. Ciò può essere chiarito perlopiù solo attraverso le fonti, cosicché si rende necessario prima di tutto il lavoro di critica delle fonti dello storico, e più in particolare di chi si occupa di storia delle istituzioni. Per altri aspetti, è richiesto piuttosto il contributo di storici dell’economia. Tra questi aspetti rientrano il finanziamento della costruzione e la sua amministrazione, che a loro volta, come ha indagato analiticamente Schöller, presentano una propria storia. Si tratta di fattori fondamentali, perché solo un finanziamento sicuro e ben amministrato dà luogo a un’impresa costruttiva continuativa e fedele al progetto. Anche la storia dell’organizzazione del lavoro appartiene a quest’ambito, distinguendosi allo stesso tempo l’attività costruttiva in modo rilevante dalle altre branche della produzione (Tav. 1). A quanto detto si collegano strettamente gli aspetti storico-sociali. Fa differenza infatti se un lavoratore è reclutato a forza oppure come ricercato specialista, se si tratta insomma di un servo o di un individuo che può vendere liberamente la propria forza-lavoro. In quest’ambito rientra la storia dei profili professionali, e accanto a questa i problemi del salario, della posizione sociale e delle conquiste corporative. Per gli architetti, ma anche per i lapicidi – addetti all’esecuzione delle iscrizioni e della scultura decorativa – e i muratori, sono ben percepibili le variazioni di questi profili.
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4. Interni della cattedrale di Salisbury.
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5. Facciata dell’abbazia della SS. Trinità di Venosa.
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A fronte: 9. Semipilastri standardizzati, abbazia di Saint-Denis. 10. Pilastro standardizzato, abbazia di Saint-Denis. 11. Pilastro romanico con riempimento, Clermont Ferrand, Notre-Dame du Port. 12. Pilastro gotico compatto, cattedrale di Chartres. 13. Parte superiore di un pilastro, seconda metà del xiii secolo, cattedrale di Colonia. 14. Il traforo cieco secondo lo schema delle commessure, cattedrale di Amiens, transetto superiore. 15. Rappresentazione grafica della costruzione per filari orizzontali e della tecnica “a catasta”.
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como ma sopra la sede prima e corte dell’antico regno visigoto. Il cluniacense Bernardo, al quale Alfonso vi aveva affidato nel 1080 la riforma del monastero di Sahagún per farne la Cluny del suo regno, fu eletto alla sede toledana, che non tardò a recuperare il suo rango primaziale. Secondo quanto suggerisce Reilly, l’implicazione del vescovo Diego Peláez nelle rivolte che ebbero luogo in Galizia nel 1087-1088 contro il sovrano, poté avere qualcosa a vedere con le aspettative frustrate dalla restaurazione di Toledo nel suo status primitivo. Gli accordi del «concilio magno» del 1075 fornivano l’opportunità di alimentare tali aspettative? La scomparsa degli atti corrispondenti e la damnatio memoriae che si impose sull’evento potrebbero essere una risposta sufficiente. La storia trasfigurata
12. Portico della Gloria: l’impronta borgognona che rivela nella struttura il portico della cattedrale trova pochi elementi di collegamento nello stile delle sculture. Una bottega borgognona lavorò senza dubbio al cantiere, nella cripta e nel portico, la cosidetta “cattedrale vecchia”, e a questa si devono pure i capitelli nelle campate occidentali e nei matronei, che precedono sempre i pezzi lavorati nello stile caratteristico del portico, tradizionalmente considerato “di Mateo”, ovvero colui che diresse il cantiere “dalle fondamenta”.
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La storia – si dice – la scrive il vincitore, e la sequenza storica che qui si è cercato di ricostituire, a partire da diversi indizi e congetture sul loro accordo, fu effettivamente raccontata, sebbene in un’altra maniera, dai vincitori del 1088 e dai loro immediati beneficiari. Il genere letterario muta, dall’ipotesi storica all’epica in prosa, e con questo cambiano ugualmente i protagonisti. Invece di un sovrano ispanico che patrocina la costruzione del santuario iacobeo e di una abbazia francese – Cluny – abbiamo un imperatore francese, Carlo Magno, al quale si attribuisce la dotazione dello stesso santuario e dell’altra abbazia in Gallia: Saint-Denis. Questo è il racconto che ci offre la Historia Turpini, cronaca apocrifa delle campagne ispaniche di Carlo Magno, inclusa nel Liber Sancti Iacobi. Passando ora dai domini di Clio a quelli della sorella Calliope, il capitolo quinto della Historia Turpini ci informa che «con l’oro che diedero a Carlo Magno i re e principi [musulmani] di Spagna, ampliò (augmentavit) la basilica di san Giacomo, nelle cui terre si era trattenuto allora tre anni; [...] e la dotò degnamente di campane, tessuti, libri e molti ornamenti». Ecco dunque la possibile memoria immaginaria dell’iniziale finanziamento della basilica con parte dell’oro ottenuto dal re Abdallah di Granada da parte di Alfonso vi. Alla fine del xv secolo il viaggiatore tedesco Gerolamo Münzer credeva ancora di trovarsi di fronte a una chiesa costruita dall’imperatore dalla barba fiorita, con il bottino conquistato ai Mori in combattimento. Tale sarà ugualmente la credenza locale ed è da ciò che la cappella assiale del deambulatorio, per la quale si ha memoria del patronato di Alfonso vi, passò a intitolarsi «del re di Francia». Il passo citato della Historia Turpini attribuisce inoltre a Carlo Magno la fissazione della sede episcopale di san Giacomo e del suo capitolo, ma è il capitolo diciannove della stessa cronaca – forse un doppione ampliato di quello già commentato – che soddisfa pienamente la nostra curiosità intorno al favoloso programma carolino per la
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3. Veduta del coro della cattedrale di Narbona da sud-est.
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tori della costruzione elencano i privilegi papali a favore della fabbrica36. In seguito, essi consegnano questa lista a due canonici, quindi ai direttori della costruzione, che la «deposuerunt ad custodiendum» nel «sacrarium», dove si conservava anche la cassa del cantiere. Oltre all’amministrazione della costruzione per il nuovo coro esiste un ulteriore ufficio per la vecchia costruzione: nel 1317 è attestato l’«operarius ecclesie Narbone pro opere antiquo St-Justi»37. In questo bisogna riconoscere la prosecuzione dell’ufficio dell’operarius, fondato nel 123838, che è menzionato ancora nel 125739. Diversamente dall’amministrazione del nuovo edificio, si tratta di un ufficio singolo, che per altro non costituisce prebenda40, ma è temporalmente limitato ed è legato da un severo obbligo di rendere conto. Negli statuti per il nuovo edificio invece sono recepite, mediante i raddoppiamenti dei responsabili, le istanze di controllo reciproco, e il controllo delle finanze è regolato più severamente. In particolare sembra importante la divisione orizzontale delle competenze. L’amministrazione delle finanze viene separata da quella del cantiere, posta nelle mani di due procuratori ecclesiastici, così il direttore tecnico è del tutto separato dall’amministrazione. Anche la gerarchia dei capicantiere, come l’ufficio della costruzione, è chiaramente strutturata. Esistono due uffici rigorosamente separati, quello del «magister principalis fabrice» (oppure «magister maior») a cui è sottoposto quello del «magister fabrice» (o «magister operis»). Solo i titolari di questa carica hanno la competenza per comparire come esperti tecnici o architettonici41. Gli altri lavoratori impegnati nell’edificio ricevono la semplice denominazione di magister, operarius o artifex42, oppure sono indicati secondo le loro professioni: lathomus, peyrerius, massonus ecc43. Il posto di capocantiere principale non è sempre occupato: in tal caso dirige il cantiere il semplice magister fabrice, senza però salire con ciò alla carica più alta. Così poco prima del 1349 appare Raymond Aycard come «magister [...] in eorum [i.e. dei magistri principales] subiogatus», poi Pierre Daniel come «magister [...] similiter nunc magister principalis»44, e a lui coordinato appare in altro luogo Louis Richeclerc, magister fabrice45. Ai capicantieri era fornita un’«abitazione di servizio» comune, una torre ristrutturata della cinta muraria a occidente della cattedrale. Si può assumere che quest’edificio rappresentasse in qualche modo il luogo abitativo del capocantiere principale, poiché la torre era stata comunque abitata in precedenza proprio dalle maggiori cariche del capitolo46. La casa dell’officina di proprietà della fabbrica citata per Rodez non offre paralleli con Narbona47. Dati biografici dei più importanti capicantiere si traggono dalle fonti in stupefacente quantità. Nell’anno 1286 uno degli amministratori della costruzione, Raymond de Céret, con il nulla osta dei direttori delle attività edilizie,
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11. Il gioco geometrico delle volte della cattedrale.
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modello di taglio esatto e unitario. Quest’osservazione empirica è d’altronde impedita dai numerosi restauri, che però per altro verso si possono identificare facilmente sulle foto a colori. Anche i pilastri con le loro sedici nervature sono lavorati del tutto sistematicamente, e cioè secondo singole sagome per ogni tipo di blocco inserito. Queste sagome non stabilivano cioè, come altrimenti è consueto, il profilo complessivo, ma definivano anche la posizione esatta di ogni commessura. Di conseguenza queste si trovano, a corsi alternati, esattamente l’una sopra l’altra in asse verticale e nelle nervature accade lo stesso. Anche il traforo dell’apice dell’arcata è tagliato sempre allo stesso modo secondo un piano di commessure, e così esattamente che a volte la commessura si vede solo sulle foto a colori. Sembra che ciò valga anche per le parti superiori, per quanto è possibile verificare dal triforio, e per l’affermazione, occasionalmente espressa negli studi, che l’odierno profilo sia stato mutato, non ho potuto trovare alcun indizio archeologico-costruttivo convincente. In altre parole il perfetto lavoro al dettaglio è mantenuto uguale in modo stringente dall’alto in basso e dall’esterno verso l’interno. Il procedimento tecnico-costruttivo che ha trovato impiego qui è il piano delle commessure detto anche «piano delle commessure orizzontali» – un concetto che io stesso ho coniato in mancanza di un termine adatto. Con questo intendo un piano o progetto che, anche nella prefabbricazione seriale dei blocchi, definisce esattamente l’altezza delle commessure orizzontali. Nel piano delle commessure si stabiliscono in anticipo anche quelle verticali. Questi sono procedimenti che compaiono per la prima volta nella cattedrale di Amiens nel 1235-1240, nel contesto dell’impiego della prefabbricazione e con l’aiuto di disegni progettuali in scala: ad Amiens il piano «secondo le commessure orizzontali» nel livello inferiore del coro, e il «piano secondo tutte le commessure» nel transetto sud. In Inghilterra non mi è noto niente di simile. Nella navata di York, che si data a circa il 1280, si è tentata una tale perfezione, ma la si è raggiunta solo parzialmente, e se, per citare solo un altro edificio di altissimo livello d’ambizione, si osservano le parti sorte in questo periodo della cattedrale di Lincoln, come il celebre Angel Choir, vi si nota lo stesso tentativo, ma anche il suo fallimento, e molto più evidente che a York. Detto per inciso, si trova una insufficienza manuale analoga a quella di Lincoln e anche altrove, dove ci si è fatti influenzare dal repertorio formale francese senza una corrispondente tradizione di mestiere – per esempio in Germania nel duomo di Colonia, nella chiesa di Wimpfen im Tal e nella facciata ovest di Strasburgo. Ci dobbiamo chiedere cosa significhino le osservazioni fatte nella navata. Tanto per cominciare, tutto ciò è medievale? Oppure è una sorta di sistema a scatole costruttive del xviii o xix secolo? Perché da una parte la cattedrale è la più fortemente restaurata in assoluto in Inghilterra, e dall’altra il sistema costruttivo secondo «il piano delle commessure»
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con lastre di pietra nobile, il montaggio di blocchi difficili, le correzioni e le riparazioni. Allora anche i lapicidi dovevano essere pagati a giornata, e quindi si dava luogo ad un complicato conteggio misto. Col pagamento a giornata i lapicidi ottenevano un profitto minore di quello che avrebbero ottenuto se avessero lavorato a cottimo. Ciò nonostante il pagamento a cottimo fu disprezzato dai lapicidi tedeschi, e nelle riunioni dei lapicidi della confraternita si raccomandò ai membri di non lavorare su questa base. Peraltro lo sforzo organizzativo dev’essere stato molto grande, poiché da una parte era necessario contrattare un prezzo adeguato per un cubito di una determinata forma, e poi ogni singolo pezzo doveva essere controllato, misurato, collaudato e annotato. Per poter pagare al lapicida che l’aveva eseguito il prezzo relativo bisognava svolgere così un complicato conteggio. Per gli studiosi però la presenza di questi conteggi non comporta soltanto una testimonianza più chiara sull’andamento dei lavori, ma anche la menzione dei nomi e spesso anche delle provenienze dei lapicidi. Essi venivano riportati o soltanto con la specificazione di provenienza, come brabantino, polacco, würzburghese, oppure il nome proprio veniva integrato con il nome della città d’origine: Johan de Colonia, anche Johan Colner, Cuncz Winer (viennese), Jacob Saxo (sassone), Hannus Festfal (westfalico), Nicl Austraicher (austriaco) ecc. Ciò dimostra che le maestranze del cantiere praghese si componevano di maestri di molti paesi e città, naturalmente ci sono tra loro cechi, ma anche polacchi, ungheresi, slovacchi, austriaci. Ci sono lapicidi da tutti i territori imperiali, ma i tedeschi del sud sono la maggioranza, e i colonesi sono notevolmente numerosi, sono citati lapicidi dall’attuale Belgio (Brabante), ma curiosamente mancano i francesi. Il numero dei lapicidi è soggetto a una continua oscillazione, si colloca per lo più tra quindici e venti, in rari casi cresce fino a trenta o diminuisce fino a meno di dieci. La continua fluttuazione è un aspetto costitutivo di ogni cantiere, ma a Praga essa sembra essere stata maggiore della media e questo dipende da due motivi: da una parte il cantiere di San Vito non è l’unico luogo di lavoro a Praga e lo stesso committente, Carlo iv, fece costruire contemporaneamente nelle vicinanze immediate la chiesa di Tutti i Santi, al cui cantiere venne ogni tanto consegnato anche del materiale, e allo stesso tempo si costruì nel palazzo imperiale; in secobdo luogo, nella città nuova praghese (Nove Màsto) si costruiscono la cappella del Corpus Domini, il convento di Emmaus, Santo Stefano, la chiesa di Nostra Signora auf der Säul e la chiesa degli Agostiniani nella corte di Carlo. Di tutto questo l’imperatore è committente, come anche della grande impresa del ponte in pietra sulla Moldava. Come la relativa torre, che proteggeva il passaggio alla città vecchia (Staré Màsto), il ponte è da considerare opera di Peter Parler. Sulla torre ci sono
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14. La Porta d’Oro.
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il xvi secolo nei Paesi Bassi in semplice norma decorativa. Una norma, che, proprio perché veniva offerta sul mercato edilizio quale prodotto manifatturiero, poteva altrettanto rapidamente essere sostituita da un’altra più aggiornata, come poi si trovò nella trattatistica del Rinascimento italiano. Dal punto di vista della tecnica costruttiva questo cambiamento fu irrilevante. Per l’efficienza organizzativa del cantiere non cambiava nulla se il nucleo in laterizio di un edifìcio anziché con trafori e fogliami tardogotici veniva decorato con colonne e pilastri desunti dagli ordini architettonici, oppure se gli scalpellini e tagliapietre lavoravano seguendo sagome serliane, mentre i «cleenstekers», anziché fogliami gotici, incidevano foglie d’acanto57.
18. Volta della cappella.
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