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Neuroscienza e neuroestetica al servizio del museo
Jake Elwes
Jake Elwes
«As an artist, I can take a critical step back and create something that’s not functional – hacking the technology and finding poetry in what it wasn’t intended to do.»
www.jakeelwes.com/index.html Sito ufficiale di Jake Elwes. Jake Elwes1 è un media artist che vive e lavora a Londra. Classe 1993, ha studiato alla prestigiosa Slade School of Fine Art, UCL.
Con le sue opere questo giovane e talentuoso artista parte da una concettualizzazione critica delle nuove tecnologie, che non esita a definire «deep fake technology», per esplorare una nuova narrativa e una nuova estetica tra arte, Intelligenza Artificiale, poesia e riflessioni etiche. Recentemente ha concentrato la propria ricerca sull’apprendimento automatico e sull’Intelligenza Artificiale indagandone le implicazioni filosofiche, sociali e politiche.
Il lavoro di Jake è stato esposto in musei e gallerie internazionali, tra cui ZKM, Karlsruhe; Museo SERBATOIO, Shanghai; Today Art Museum, Pechino; CyFest, Venezia; Edimburgh Futures Institute, Edimburgo; Collezione Zabludowicz, Londra; Frankfurter Kunstverein, Germania; Nuovi contemporanei 2017, Regno Unito; Ars Electronica 2017, Austria; Victoria and Albert Museum, Londra; LABoral Centro, Spagna; Natura Morte, Delhi, India; Galleria RMIT, Australia; Centre for the Future of Intelligence, UK. È stato presentato anche in programmi televisivi su ZDF e BBC.
Opere e progetti
Uno dei primi lavori di Jake Elwes in cui utilizza l’IA è Auto Encoded Buddha: una statua di Buddha osserva il computer che cerca di disegnarne l’immagine. Un modello di Intelligenza Artificiale è stato addestrato su 5000 immagini di Buddha, ma sebbene la macchina sia in grado di generare una sua rappresentazione non arriva alla sua essenza. Questo lavoro è un tributo a TV Buddha (1974) di Nam June Paik, in cui un piccolo Buddha osservava la propria immagine su uno schermo televisivo. La Tv ora è sostituita dall’Intelligenza Artificiale per attualizzare il tema del dialogo tra
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1. Jake Elwes, Auto Encoded Buddha, 2016, supporti misti (monitor, computer con softwareIApersonalizzato, Buddha), in collaborazione con Roland Arnoldt. Courtesy Jake Elwes.
vimeo.com/206500912 Jake Elwes, Closed Loop (extract).
vimeo.com/563521786 Jake Elwes, Latent Space 2021. il sacro e il tecnologico in una narrativa che ci mostra ciò che l’IA non può fare: astrarre il sacro.
La comunicazione è il tema di Closed Loop2: è la registrazione di due modelli di Intelligenza Artificiale che dialogano tra loro, uno con le parole l’altro con le immagini, in un ciclo di feedback senza fine. Qui la comunicazione ha successo: le parole dell’uno descrivono le immagini dell’altro, le due reti neurali conversano creando un gioco e un dialogo infinito. La ricerca di Jake Elwes verso una nuova narrativa ed estetica prosegue nel 2017 con Latent Space3, un video digitale o meglio un video snapshot che produce continuamente nuove immagini. La rete neurale può essere decodificata per creare immagini da questi input – come generalmente avviene – ma qui gli viene data l’opportunità di un nuovo percorso visivo, fluttuante, sospeso in quello spazio latente che non mira alla rappresentazione o interpretazione delle immagini apprese.
Gli ultimi lavori di Jake Elwes costituiscono il Zizi Project: un’esplorazione divertente quanto impegnata dei pregiudizi sociali attraverso l’Intelligenza Artificiale.
Zizi – Queering the Dataset4 realizzato nel 2019, è un multi-channel digital video di centotrentacinque minuti che ci porta a riflettere sulla mancanza di rappresentazione della diversità nei training datasets largamente impiegati nei sistemi di riconosci-
vimeo.com/388245510 Jake Elwes, Zizi, Queering the Dataset.
2. Jake Elwes, Zizi – Queering the Dataset, 2019. Courtesy Jake Elwes.
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un neural network, nel ruolo di Annie, e Me, oggi la più famosa cabaret drag queen di Londra, nel ruolo di Frank. Questa entusiasmante quanto sorprendente Performance Drag è un’opera d’arte che mira a utilizzare il cabaret e il musical per sfidare le narrazioni che circondano l’IA e la nostra società. Siamo di fronte alla prima drag queen deepfake al mondo e non manca quella pungente ironia che porta alla riflessione: la performance ruota sulle note di Anything You Can Do (I Can Do Better) un grande classico oggi più che mai attuale.
mento facciale. Jake Elwes ha aggiunto al dataset i volti di drag queen e gender fluid trovati online.
Il lavoro nasce con lo scopo di celebrare la differenza e l’ambiguità e ci invita a riflettere su quei pregiudizi della nostra società che riscontriamo in un sistema di categorizzazione, di dati, di archivi. Nel 2020 Jake Elwes prosegue il suo Zizi project creando Zizi & Me5 un video multimediale in cui assistiamo alla performance di una drag queen “Zizi”, un clone deep fake (IA) creato addestrando
3. Jake Elwes, Me & the Drag Queen, Zizi & Me, 2020. Courtesy Jake Elwes.
rb.gy/j5nv6z Zizi & Me, A.I. + drag.
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Refik Anadol
Refik Anadol
refikanadol.com Sito ufficiale di Refik Anadol. Refik Anadol1 nasce nel 1985 a Istanbul, Turchia. Trasferitosi a Los Angeles, consegue il Master of Fine Arts all’UCLA dove è docente presso il Dipartimento di Design Media Arts. E a Los Angeles ha fondato il Refik Anadol Studio.
È un media artist, regista e pioniere nell’estetica dell’Intelligenza Artificiale, ed è il primo AI artist che ha utilizzato l’Intelligenza Artificiale in un’opera d’arte pubblica immersiva. Proponendo un modello di “architettura post-digitale”, Anadol invita il pubblico a immaginare realtà alternative ridefinendo le funzionalità degli elementi architettonici sia interni che esterni.
I progetti di Refik Anadol hanno ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui il Lorenzo il Magnifico Lifetime Achievement Award for New Media Art, Microsoft Research’s Best Vision Award, Lumen Prize Award, iF Gold Award, D&AD Pencil Award, German Design Award, UCLA Art+Architecture Moss Award, Breakthrough in Storytelling Award della Columbia University, University of California Institute for Research in the Arts Award, SEGD Global Design Award e Artists and Machine Intelligence Artist Residency Award di Google.
Le performance audio/visive site-specific di Anadol sono state presentate in luoghi iconici, musei e festival in tutto il mondo, quali la 17a Mostra Internazionale di Architettura – Biennale di Venezia, la National Gallery of Victoria, la Walt Disney Concert Hall, l’Hammer Museum, il Dongdaemun Design Plaza, l’Artechouse, il Centre Pompidou, il Portland Building, il Daejeon Museum of Art, la Florence Biennale, l’OFFF Festival, l’International Digital Arts Biennial Montreal, l’Ars Electronica Festival, l’Usine | Genève, l’Arc De Triomf, l’Istanbul Design Biennial, il Sydney City Art.
Anadol ha collaborato con i team di Microsoft, Google, Nvidia, Intel, IBM, Panasonic, JPL/NASA, Siemens, Epson, MIT, Harvard, UCLA, Stanford University e UCSF per applicare le ultime scoperte scientifiche, ricerche e tecnologie all’avanguardia al suo corpo di lavoro.
Opere e progetti
Il lavoro di Anadol affronta le sfide e le possibilità che l’onnipresente computer ha imposto all’umanità e cosa significa essere un essere umano nell’era dell’Intelligenza Artificiale. Esplora come la percezione e l’esperienza del tempo e dello spazio stanno cambiando radicalmente ora che le macchine dominano la nostra vita quotidiana.
Attraverso la sua produzione artistica, Refik Anadol ci mostra incredibili realtà alternative, opere, performance audio/visive e installazioni immersive che assumono varie forme virtuali e fisiche:
Interi edifici prendono vita, pavimenti, pareti e soffitti scompaiono nell’infinito, un’estetica mozzafiato prende forma da ampie strisce di dati e ciò che una volta era invisibile all’occhio umano diventa visibile, offrendo al pubblico una nuova prospettiva e narrativa dei loro mondi.
Tra Intelligenza Artificiale, multimedia e innovazione, il fil rouge dei lavori di Anadol sono i dati: per Quantum Memories sono state utilizzate duecento milioni di foto della Terra e dei suoi paesaggi, oceani e atmosfera per visualizzare una realtà alternativa della natura; per Sense of Space, alla 17a Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia, sono stati utilizzati circa settanta terabyte di dati MRI multimodali; i dati fotografici d’archivio del nostro universo della NASA/JPL sono alla base di Machine Memoirs: Space2, la mostra più visitata di sempre a Istanbul. E ancora: per Machine Hallucination ha usato ben centotredici milioni di immagini pubblicamente disponibili di New York City per immaginare il prossimo futuro di una città leggendaria. Per WDCH Dreams sono stati impiegati i cento anni degli archivi digitali della Los Angeles Philharmonic per ispirare le immagini proiettate sull’iconico edificio di Frank Gehry.
Con il progetto WDCH Dreams la Los Angeles Philharmonic ha commissionato a Refik Anadol un lavoro volto a esplorare i cento anni di storia dell’orchestra per celebrare il loro centenario. Anadol ha utilizzato una “mente” creativa e computerizzata per imitare il modo in cui gli umani sognano elaborando i ricordi per formare una nuova combinazione di immagini e idee. Per raggiungere questo obiettivo, Anadol ha lavorato con il programma Artists and Machine Intelligence di Google Arts & Culture e con il ricercatore Parag K. Mital per applicare l’Intelligenza Artificiale
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1. Refik Anadol, Machine Memoirs: Space, solo exhibition, Pilevneli Gallery, marzo-aprile 2021, Istanbul.
vimeo.com/562655604 Refik Anadol, Machine Memoirs: Space Exhibition.
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2. Refik Anadol, Walt Disney Concert Hall – WDCH Dreams, Walt Disney Concert Hall, Ira Gershwin Gallery, 2018.
agli archivi digitali dell’orchestra – quasi quarantacinque terabyte di dati – 587.763 file di immagini, 1.880 file video, 1.483 metadati file e 17.773 file audio: l’equivalente di 40.000 ore di audio da 16.471 spettacoli.
La rielaborazione di questo incredibile patrimonio di dati è diventata una serie di “sculture di dati”. Il lavoro finale è stato proiettato direttamente sull’esterno della Walt Disney Concert Hall per una settimana: dal 28 settembre al 6 ottobre 2018. Questo è stato possibile grazie all’impiego di quarantadue proiettori su larga scala, con una risoluzione visiva di 50k e un suono a otto canali. Parallelamente è stata realizzata una mostra immersiva all’interno della Walt Disney Concert Hall, nella Ira Gershwin Gallery.
Passiamo a Melting Memories presentato dal 7 febbraio al 17 marzo 2018 alla Galleria Pilevneli: uno straordinario lavoro sulla materialità del ricordo. Melting Memories ci porta a esplorare le possibilità rappresentative che emergono dall’intersezione tra le nuove tecnologie e l’arte contemporanea per esplorare il tema del ricordo. Anadol riprende l’affermazione «la scienza afferma significati; l’arte li esprime» del filosofo americano John Dewey, per tracciare un’interessante distinzione tra quelle che egli considera le principali modalità di comunicazione in entrambe le discipline. In Melting Memories lo spettatore si trova di fronte a opere d’arte rivelatrici e contemplative che genereranno risposte alla tesi di Dewey.
Composto da dipinti di dati, sculture di dati aumentati e proiezioni di luce, il progetto nel suo insieme presenta nuovi progressi tecnologici che consentono ai visitatori di sperimentare interpretazioni estetiche dei movimenti motori all’interno di un cervello umano. Ogni opera nasce dagli straordinari esperimenti dell’artista con gli strumenti tecnologici avanzati forniti dal Neuroscape Laboratory dell’Università della California, a San Francisco.
3. Refik Anadol, Melting Memories, Pilevneli Gallery, marzo 2018, Istanbul.
Il Neuroscape Laboratory è un centro di neuroscienze per la creazione di tecnologie e per la ricerca scientifica sulla funzione cerebrale di individui sani e con problemi di salute. Anadol raccoglie dati sui meccanismi neurali del controllo cognitivo da un EEG (elettroencefalogramma) che misura i cambiamenti nell’attività delle onde cerebrali e fornisce prove di come funziona il cervello nel tempo. Questi set di dati sono gli elementi costitutivi degli algoritmi unici di cui l’artista ha bisogno per le strutture visive multidimensionali in mostra.
Melting Memories ci illustra anche alcuni punti cardine della produzione artistica di Anadol: dalla volontà di esplorare le nuove
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tecnologie allo studio della memoria umana, dagli antichi egizi a Blade Runner 2049 coniugando diverse discipline come l’arte, le reti neurali e la neuroscienza per far emergere un’estetica, uno spazio artistico in cui non c’è conflitto tra l’IA e l’essere umano nella sua essenza, nei suoi ricordi.
È del 2021 il visionario lavoro Machine Memoirs: Space3 la mostra personale più completa del Refik Anadol Studio tenutasi a Istanbul presso la Istanbul Pilevneli Gallery. Un viaggio immersivo in cui le relazioni tra dati, memoria, conoscenza e storia nelle dimensioni cosmiche, sono alla base della collaborazione con NASA JPL dal 2018.
Gli elementi costitutivi principali delle opere sono le fotografie pubblicamente disponibili dello spazio scattate dai satelliti e dai veicoli spaziali dispiegati dalla NASA.
Attraverso l’utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico addestrati su questo enorme set di dati, abbiamo interpretato una speculazione visiva, basata sulla macchina, dei tentativi storici dell’umanità di esplorare le sue profondità, svelando le intricate connessioni tra oscurità e apertura, creando un universo di dati alternativo di forme astratte dove risme di informazioni visive producono possibilità estetiche aperte.
Gli ultimi lavori di questo visionario artista sono Sense of Space: Connectome Architecture + Molecular Architecture4, realizzati per la Biennale di Architettura 2021, Venezia. In queste opere ritroviamo tutte le tematiche care all’artista: dai Big-Data al tema della memoria, dalle nuove tecnologie al rapporto uomo-IA.
Comprendere l’architettura come un organismo vivente nell’era dei big data e dei metodi analitici e computazionali avanzati richiede uno sguardo più sfumato sulle complesse relazioni tra il corpo umano e il significato mutevole della struttura.
vimeo.com/571515830 Refik Anadol Sense of Space, Molecular Architecture.
Per rispondere al tema portante della Biennale di Architettura di Venezia 2021, «Come vivremo insieme?», Anadol ci porta a
4, 5. Refik Anadol, Machine Memoirs: Space, solo exhibition, Pilevneli Gallery, marzo-aprile 2021, Istanbul.
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6. Refik Anadol e Gökhan S. Hotamisligil, Sense of Space and Molecular Architecture, scultura 3D AI, proiezione, software personalizzato, materiale digitale d’archivio, stampa 3D robotica su larga scala, suono a 4 canali. Biennale di Architettura di Venezia, 2021.
refikanadol.com/works/ renaissance-dreams-ai-cinema/ Refik Anadol, Renaissance Dreams. riflettere sulla relazione tra forma, ossia le connessioni spaziali, e funzione, ossia le relazioni temporali, con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale, incoraggiando lo spettatore a riflettere anche sul ruolo degli strumenti avanzati di IA e della stampa 3D per ridefinire il nostro senso dello spazio.
Con la collaborazione tra Taylor Kuhn, coordinatore dello Human Connectome Project (HCP) presso l’UCLA, e il suo Refik Anadol Studio, l’artista ha sviluppato una rete dinamica, un ponte tra neuroscienze e design per studiare questioni fondamentali sull’architettura del cervello umano generando un modello cerebrale 3D completamente immersivo: Sense of Space. In Molecular Architecture vediamo come la forma si collega alla funzione e come l’architettura molecolare determina la salute o la malattia.
A Milano, il centro internazionale di cultura digitale Meet ospita fino al 31 dicembre 2021, l’installazione site-specific Renaissance Dreams di Refik Anadol.
L’installazione multimediale immersiva presenta quattro capitoli; ciascuno incentrato su datasets di pittura, scultura, testi letterari e opere architettoniche creati tra il 1300 e il 1600. Questi datasets sono stati elaborati attraverso algoritmi (GAN) unici che sono stati specificamente sviluppati per generare una forma multidimensionale dinamica che corrisponde all’architettura e all’infrastruttura del Meet.” Refik Anadol
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Sofia Crespo
Sofia Crespo
The intersection of biological processes and machine learning: artificial biodiversity
www.sofiacrespo.com Sito ufficiale di Sofia Crespo.
vimeo.com/412296711 KVG Virtual Artist Studio official launch with Sofia Crespo. Sofia María Crespo1, 2 è una neural artist di origine argentina. Diplomatasi alla Miami Ad School nell’aprile 2015, ha poi studiato informatica applicata presso la University of Technology and Economics di Berlino dove attualmente vive.
Lavorando con le reti neurali e l’apprendimento automatico, Sofia Crespo elabora opere dove è evidente il suo marcato interesse per la tecnologia ispirata alla biologia e ci offre una visione inclusiva della stessa tecnologia nel mondo della fauna e della flora: un ponte tra noi e la natura. Questa visione non manca di stupire per la suggestiva bellezza delle immagini e di farsi apprezzare per l’idea che delicatamente sottende: il tema della salvaguardia della biodiversità.
Le opere di Sofia Crespo sono state esposte presso importanti mostre internazionali: dall’AI Art Exhibition curata da Luba Elliot presso The Jam Factory Oxford, UK, all’Art-AI Festival 2019 di Leicester, UK, al New Century New Materials presso l’Heritage Gallery, Whitinsville, MA, USA, e infine nel 2021 a Re: Humanism – Re:define the Boundaries alMaxxi di Roma. Ha partecipato a importanti convegni e talk quali il Women In Data Science Zurich 2019, Deep Learning for Arts, Aesthetics, and Creativity MIT-IAP 2021.
Opere e progetti
Sofia Crespo3 lavora con le tecnologie ispirate alla biologia indagando, come lei stessa afferma, «il modo in cui la vita organica utilizza meccanismi artificiali per simulare sé stessa ed evolversi». Sofia Crespo indaga l’intersezione tra i processi biologici e il machine learning: i suoi lavori ci portano a scoprire una biodiversità artificiale unica nel suo genere.
Neural Zoo, ispirato da Parallel Botany di Leo Lionni del 1976 e da The Codex Seraphinianus di Luigi Serafini del 1981, è una serie di opere realizzate nel 2018-2019 atte a esplorare un mondo creativo inedito che coniuga elementi noti in nuove forme e dimensioni: funghi, meduse, rane, falene, fiori, scarabei, pappagalli, le immagini della natura vengono riorganizzate in nuove e affascinanti opere visuali con l’uso di reti neurali artificiali.
La nostra corteccia visiva riconosce le trame, ma il cervello è contemporaneamente consapevole che quegli elementi non appartengono a nessuna disposizione della realtà a cui ha accesso. La visione artificiale e l’apprendimento automatico potrebbero offrire un ponte tra noi e una “natura” speculativa a cui è possibile accedere solo attraverso alti livelli di calcolo parallelo.
In questo nuovo zoo riconosciamo la matrice originaria ma la contempliamo in forme nuove, animali fantastici che si liberano in uno spazio digitale onirico.
Sempre al mondo naturale è ispirato Artificial Remnants4: questo progetto nasce per rispondere alla specifica domanda dell’artista: «Come interagiamo con la ricca diversità del mondo naturale nello spazio virtuale e digitale?». Per rispondere Sofia María Crespo ha usato il machine learning per generare nuovi insetti, con tanto di nomi e descrizioni anatomiche.
Artificial Remnants sono nuovi insetti digitali di nascita, creati per celebrare la diversità naturale oltre una sterile riproduzione
www.youtube.com/watch?v=_ mGs3tR-3HM Artist talk with Sofia Crespo.
1. Sofia Crespo, Organic resonance, 2018, realizzata attraverso la rete neurale CNN (Convolutional Neural Network). Courtesy Sofia Crespo.
2. Sofia Crespo, Micro beauty, 2018-2019. Courtesy Sofia Crespo. 3. Sofia Crespo, Artificial Remnants, Nvidia’s GTC AI Art Gallery. Courtesy Sofia Crespo.
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virtuale e con un’interattiva modalità di fruizione e visione: sul sito online si possono selezionare gli insetti della Crespo ed esplorarne le caratteristiche come se fossimo su una pagina web interattiva del National Geographic nella sua versione artificiale.
La loro diversità e qualità decisamente digitali sono in contrasto complementare all’insuperabile creatività della selezione naturale, ma possono fungere da prisma con cui avvicinarsi a nuove prospettive e apprezzare il mondo vulnerabile e non umano che troppo spesso diamo per scontato.
Crespo ha continuato e continua a creare nuove specie artificiali, fruibili digitalmente dagli utenti, e con fini specifici: This Jellyfish does Not Exist5 sono bellissime meduse che non esistono ma che possiamo far muovere sul web passandoci sopra il mouse.
4. Sofia Crespo, This Jellyfish does Not Exist. Courtesy Sofia Crespo.
Queste meduse sono l’esito di un progetto in collaborazione con Entangled Other per sensibilizzare e supportare la protezione del mondo oceanico.
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Dagli insetti digitali, meduse virtuali e anemoni 4.0, il passo successivo di questa straordinaria e giovane artista è stato creare un ecosistema artificiale. Nel 2021 Sofia Crespo realizza Beneath the Neural Waves6: con una 3DGAN ha voluto esplorare la biodiversità creando digitalmente un ecosistema acquatico per confrontarsi con il concetto di relazione.
Beneath the Neural Waves ci porta a esplorare un frammento di barriera corallina generato da neuroni insieme ad alcuni degli esemplari che lo abitano. Possiamo muoverci virtualmente in questo ecosistema per esplorarne i dettagli.
beneaththeneuralwaves.com Sofia Crespo, Beneath the Neural Waves.
5. Sofia Crespo, Beneath the Neural Waves, 2021. Courtesy Sofia Crespo.
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6, 7. Sofia Crespo, Artificial Natural History, 2020. Courtesy Sofia Crespo.
Questi superorganismi e nuove specie artificiali ci portano in dimensioni naturali parallele ma fortemente connesse con la realtà. Sono loro i protagonisti di Artificial Natural History: un libro e un progetto di stampa fine art del 2020.
«Un libro di storia naturale che non è mai esistito», così Sofia Crespo descrive questo suo lavoro realizzato con l’impiego di reti neurali artificiali. Nuove specie artificiali di pesci, granchi, farfalle, coralli vanno a costituire una sorta di bestiario, con un lavoro di classificazione e categorizzazione della storia del mondo naturale generato con Intelligenza Artificiale.
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Helena Sarin
Helena Sarin
Playing a game of GANstruction
rb.gy/9lcbgt Helena Sarin·TEDxKonstanz “Making pictures with Artificial Intelligence”. Helena Sarin1 è un’artista visuale e un ingegnere del software, originaria di Mosca. Ha studiato System Analysis alla Moscow Civil Engineering University e dopo aver vissuto molti anni in Israele, si è trasferita in New Jersey, Stati Uniti.
Helena Sarin ha sempre lavorato con tecnologie d’avanguardia, prima presso i Bell Labs e poi come consulente indipendente applicando il machine learning a computer vision software. Appassionata di arti applicate e fotografia, è stato quasi naturale per lei coniugare arte, fotografia computazionale, software e GAN.
Oggi è riconosciuta quale una delle artiste più influenti nel mondo della AI Art come lo testimoniano varie pubblicazioni, tra cui Forbes, ArtNet News, Art in America, Interesting Engineer e BBC – FUTURE: The A-Z of how artificial intelligence is changing the world dove è menzionata alla lettera “I” di Immaginazione2!
Le sue opere sono state esposte in importanti musei e mostre internazionali: Liminal Territories, Pal Project, Paris 2021, Proof of Art, Linz Austria 2021, VisionarIAs all’ETOPIA Center for Art and Technology, Zaragoza, Spain, 2021, AI Art Gallery, Nvidia GTC Conference, 2021, AI Art Gallery (Nvidia GTC Conference, 2020), CADAF Online 2020, CADAF Miami 2019, AI Art – Jam Facto-
ry Oxford 2019, Man and Machine alla Kate Vass Gallery, Zurich 2019, Future Intelligence al Tank Museum, Shanghai 2019. AI Art Dubai 2019, e NeurIPS Conference, AI Art Gallery 2018 e 2019.
Con la chiusura delle istituzioni d’arte durante la pandemia da Covid-19, Helena ha continuato a produrre opere con le GAN e si è dedicata alla stesura di particolari libri d’arte come The Book of veGAN, Artists Book con Kate Ray, “#gen2GAN” con Dmitri Cherniak, e The Book of GANesis.
Tutte le sue opere d’arte, libri inclusi, riflettono il particolare spirito e stile di questa artista che definisce sé stessa come una “GANcomic. Erudita”.
Opere e progetti
Le opere d’arte di Helena Sarin sono immagini generate usando GAN (Generative Adversarial Network): la sua produzione è caratterizzata da uno stile in evoluzione negli anni che mantiene costante la sua matrice identificativa, infatti, i database di immagini usati per addestrare le sue GAN sono costituite da set di dati, disegni, schizzi e fotografie realizzati dalla stessa artista.
Lavorare con le GAN è soprattutto esaltante. Con le GAN c’è l’avventura di nuovi modelli e nuovi dataset. C’è un elemento di sorpresa, a differenza di qualsiasi altro strumento digitale. C’è una certa imprevedibilità che ispira, sblocca e crea qualcosa di speciale, qualcosa che va ben oltre i filtri di Instagram o il normale trasferimento di stile.
Helena ci spiega il suo Playing a Game of GANstruction3 riprendendo la bellissima frase di Jackson Pollock: «It’s all a game of construction – some with a brush, some with a shovel, some choose a pen».
Se alcuni artisti usano il pennello, lo scalpello o la penna, Helena Sarin come AI artist usa neural networks e con la sua produzione artistica ci porta a esplorare la sua singolare estetica basata su dataset personalizzati che in questo processo computazionale non perdono tracce del Cubismo sintetico non solo di Picasso e
1. Helena Sarin, Love at the First Checkpoint, GANcollage. Courtesy Helena Sarin.
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Braque, dell’Astrattismo e Suprematismo di Malevi/, e ancora dell’Espressionismo tedesco e del Costruttivismo russo: un Russian GANstructivism proprio della sua tradizione natale. I suoi lavori riprendono la tradizione delle nature morte addestrando l’IA su immagini di cibo, fiori, vasi, bottiglie e altri “bricolage”, come lei stessa li definisce.
Sarin rielabora anche il linguaggio visivo delle avanguardie russe con l’uso di elementi geometrici diagonali per suggerire movimento e dinamismo, accompagnato da un uso prevalente di colori primari che ritroviamo anche nei suoi ultimi lavori.
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2. Helena Sarin, Rustic Mandala. Courtesy Helena Sarin.
Per comprendere la filosofia di Helena Sarin, riprendiamo un articolo del 2018 scritto da Jason Bailey su Artnome: «Helena Sarin: Why Bigger Is not Always Better With GANs and AI Art», che include il saggio di Sarin NeuralBricolage.
[…] gli artisti possono proteggersi dall’omogeneità nell’arte dell’Intelligenza Artificiale e ignorare la corsa agli armamenti computazionali e concentrarsi maggiormente sui modelli di addestramento utilizzando i propri set di dati realizzati a mano. Addestrando le GAN sulla tua opera d’arte, puoi essere certo che nessun altro produrrà esattamente gli stessi risultati. Questo approccio è quello adottato da Sarin.
In questo articolo Sarin racconta il suo lavoro per la generazione di output GAN e la post-elaborazione ponendo attenzione alla preparazione dei set di dati utilizzati poi per addestrare una GAN (SNGAN_projection):
Il modello viene quindi addestrato fino al collasso completo. Memorizzo e monitoro i campioni generati per timeout predefinito, interrompendo l’addestramento e diminuendo il timeout quando inizio a osservare immagini interessanti. Questo potrebbe anche rivelarsi piuttosto frustrante, poiché ho notato che la legge universale delle GAN è che il modello produce sempre le immagini più sorprendenti nelle iterazioni tra i checkpoint, qualunque sia il valore su cui è impostato l’intervallo di salvataggio – sei stato avvertito.
A questo punto Sarin seleziona alcune delle immagini che a suo avviso hanno un certo potenziale e le usa anche per creare mosaici usando script Python. Successivamente utilizza un CycleGAN per aumentare la risoluzione dell’immagine.
3. Helena Sarin, Shelfie Series, 2018. Courtesy Helena Sarin.
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4. Helena Sarin, Candy store, 2018. Courtesy Helena Sarin.
Molte delle immagini generate da SNGAN potrebbero avere uno schema sorprendente o una composizione cromatica interessante, ma mancano di contenuti sufficienti per reggersi da sole. Il passaggio finale consiste nell’utilizzare tali immagini come parte del collage. Seleziono quella che chiamo un’immagine di ancoraggio ad alta risoluzione. Ho anche sviluppato una serie di script OpenCV che generano collage basati sulla somiglianza, la dimensione e la posizione delle immagini di ancoraggio con le immagini SNGAN che creano lo sfondo. I miei esempi preferiti sono Egon Envy o Om.
Il lavoro di questa artista consiste nell’organizzare un dataset con le proprie opere e nello sperimentare e trovare il procedimento e le giuste reti neurali che si adattano alle sue esigenze. E le esigenze di Sarin sono complesse: se da un lato esplora lo spazio latente dall’altro lato lavora affinché il risultato finale rifletta le caratteristiche della sua arte analogica.
Recentemente Helena Sarin ha creato una serie di lavori che sono in vendita come NFTs – su Superrare.com la troviamo come @ glagolista –, opere che ci mostrano un’ultima e ulteriore evoluzione nella sua produzione artistica.
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5. Helena Sarin, Girl in the Room, trasposizione di un’opera di Matisse ad acquerello realizzata attraverso l’utilizzo di AI Garden Views Edition.