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Chatbot e Intelligent Personal Assistant

fiche o integrazioni o cambiamenti. Sistemi come Art Rights permettono invece di creare un “passaporto dell’opera d’arte” che possa essere sempre in qualche modo verificabile. Il tutto nel rispetto della privacy che è una tematica di grande importanza per gli utenti, collezionisti in primis.

R. P.: Se da un lato il numero di collezionisti che gestiscono le proprie collezioni online è in costante aumento, in che misura gli artisti hanno compreso l’importanza di usare le piattaforme digitali per gestire e certificare le proprie opere?

A. C.: A differenza di qualche anno fa, oggi c’è molta più sensibilizzazione quindi si riesce fin da subito a far comprendere anche agli artisti, seppur in una fase emergente della loro carriera, il valore di possedere un archivio ordinato della propria produzione, l’importanza del fatto che un gallerista, nel momento in cui deciderà di lavorare con loro, come prima cosa chiederà: «Dove hai venduto?» e «A chi hai venduto?».

Oggi più che mai l’archivio d’artista è fondamentale, soprattutto per poter predisporre e tracciare il futuro. Infatti sempre più artisti – anche viventi e nelle fasi più established della loro carriera – scelgono di dare vita al proprio archivio per tutelare la loro memoria storica avendo un controllo sull’archiviazione stessa e diventando punto di riferimento per i collezionisti e il mercato, oltre ad avere pieno controllo di decidere come vogliono essere raccontati, compresa l’arbitrarietà di non riconoscere opere di alcuni periodi per loro non validi dal punto di vista artistico, come nel caso del tedesco Gerhard Richter, ad esempio. Credo non si possa più sottovalutare l’importanza dell’archivio. Da un’analisi che abbiamo fatto, con oltre 200 gallerie, è emerso con Art Rights che uno dei fattori principali al momento dell’acquisizione di un’opera da selezionare è proprio la presenza o meno dell’archivio e/o il tracciamento delle vendite da parte di una galleria.

R. P.: Questo è un tema importantissimo per un mercato sempre più trasparente ed è determinante che la creazione di un archivio sia ben recepita dagli artisti di oggi. E passiamo a un altro tema che rappresenta un nuovo scenario: ultimamente ti sei dedicato al mondo della Crypto Art che vede il suo crescente sviluppo nella creazione dei token unitamente all’uso della blockchain. Credi che nei prossimi anni l’impiego e lo sviluppo della tecnologia blockchain avrà un posto insostituibile nell’ambito della gestione e compravendita di opere d’arte?

A. C.: Sicuramente quello che è successo con la Cripto Arte, i NFTs – Non Fungibile Tokens – negli ultimi mesi è stato incredibile: ha creato una forte accelerazione di mercato, ma è notevole che dal punto di vista tecnologico tanti operatori oggi non si pongano più la domanda di cosa siano queste nuove tecnologie bensì decidano in qualche modo di far parte di questo nuovo scenario che comprende anche le opere di Intelligenza Artificiale sempre più soggette e legate agli smart contracts, NFT. Quindi credo che ci sia assolutamente una grande opportunità. Quanto avvenuto è un fenomeno più rivolto alla community Crypto che effettivamente a quello dell’arte. Quello che è stato il “battesimo” di Christie’s, se ne parla anche nel mio ultimo libro, ha destato l’interesse da parte degli operatori i quali ancora devono prendere le misure, ma questo non può avvenire in pochi mesi del 2021. L’asta di Christie’s è arrivata a marzo: il mercato della Crypto arte e degli NFT è passato da venti milioni a oltre cento in un mese e ora ha superato i settecento. Pensiamo quindi che, dopo un normale calo di assestamento, ci dovrà essere assolutamente tempo per ripartire: ci saranno nuovi equilibri nel mondo dell’arte dove si stanno ancora prendendo le misure per determinare nuove regole di acquisizione, esposizione, curatela e valorizzazione delle opere. Meritano quindi ragionamenti a sé stanti.

R. P.: È rilevante anche il tema della fruizione, perché queste blockchain ci rimandano sempre ad avere il possesso di un’opera digitale sul nostro computer ma in realtà è importantissimo anche tornare al concetto di fruizione, al concetto dell’aura di un’opera.

A. C.: Questa è una delle tante questioni aperte in questo momento. L’arte digitale esiste dagli anni Cinquanta: è stata esposta, è stata musealizzata, è stata conservata ed è stata in parte collezionata. Quindi ora c’è bisogno sicuramente di adattare strumenti che

siano anche di valutazione di un mondo e di un sistema. Hanno esposto le opere dove la community Crypto era più presente: parliamo di Metaverse e di altre piattaforme di realtà aumentata. Non è giusto o sbagliato: semplicemente quello era il loro mezzo. Ora i musei stanno iniziando ad acquisire queste opere e troveranno sistemi di esposizione con tutti i canoni del sistema e del mondo dell’arte. Per me la partita è lì, si giocherà su un altro livello e con nuove regole. Da lì in poi si determinerà se questo mercato reggerà o meno, come testimonia anche l’ultimo caso Damien Hirst con il suo progetto The Currency: è qualcosa che merita grande attenzione.

R. P.: Art Rights, libri chatbot, NFTs, blockchain, soluzioni innovative per i musei. Stai usando tante nuove tecnologie che rappresentano una nuova frontiera nel mondo dell’arte. Secondo te quanto il pubblico è predisposto o pronto a recepire queste novità?

A. C.: Ci vuole tempo. Abbiamo iniziato a parlare di arte digitale, non siamo stati i primi ma nemmeno gli ultimi, e lo abbiamo fatto in tempi non sospetti. Ovviamente quello che è avvenuto prima con il Coronavirus e con l’accelerazione di questi strumenti dovuta alla fisicità perduta, e adesso con i NFTs ha influito. Il tutto è sicuramente un chiaro segnale che il mondo dell’arte è pronto, nonostante i cambiamenti in questo settore arrivino con grande calma. Prima c’era un ritardo di cinque anni, questo per alcuni versi è stato accelerato dal Coronavirus, dalla pandemia. Quindi oggi parlare di realtà virtuale, di realtà aumentata o di blockchain è relativamente più facile. Prima bisogna educare e far capire come si può supportare l’arte attraverso le nuove tecnologie a disposizione. Anche i libri chatbot sono una vera visione in un settore: l’editoria, che al pari dell’arte non era prettamente digitalizzato. Le interazioni e gli utilizzi di questi strumenti altamente innovativi per migliorare la fruizione artistica sono solo la chiave. Abbiamo realizzato Art Rights Prize a dicembre 2020 quando i Metaverse erano ancora poco utilizzati: è stato il primo premio d’arte digitale dove sono state disegnate e realizzate sei sale con oltre trecento opere esposte. Tutto questo perché la tecnologia può supportare, ma non sostituire l’aspetto fisico. È una grande soluzione che può migliorare alcune dinamiche e avvicinare nuovi utenti.

Questa è stata una visione e sarà sempre la nostra vocazione: cercare di capire come le tecnologie possano supportare gli artisti, i collezionisti e i professionisti nel mondo dell’arte. Su questo si lavora quotidianamente ed è la nostra mission.

R. P.: Ci sono tanti progetti legati ad Art Rights che esplorano un mondo moderno...

A. C.: È il frutto di tanta passione. È stato difficile quello che si è fatto in passato, per tanti anni è stato come “predicare” nel deserto. Oggi è un po’ più facile aver ascolto e credito parlando di certi argomenti. In questi giorni presenteremo Phygi: questa volta portiamo il digitale nel fisico, permettiamo la stampa dei NFTs su vari supporti: dai quadri alle stampe e alle magliette, in cui è possibile rendere fisici gli oggetti comprati “virtualmente”.

Il futuro sarà sempre più “phygital”: ci sarà un asset fisico e un asset digitale. Inseriremo anche gli NFT: fondamentalmente sarà possibile comprare le opere d’arte sia fisiche che digitali. È una naturale evoluzione, e come sempre c’è Art Rights alla base. Felici di questa naturale evoluzione perché crediamo sarà la tendenza per gli assets di beni digitali collezionabili.

1. Asta online di Sotheby’s.

Il mercato dell’arte e le nuove applicazioni

«I’ve decided now to buy paintings by all the painters who were on Herbert Read’s list. Having plenty of time and all the museum’s funds at my disposal. I put myself on a regime to buy one picture a day.» Peggy Guggenheim1

Cosa è cambiato nel mercato dell’arte in questo nuovo millennio?

La rivoluzione digitale ha travolto tutto e tutti compreso il mercato dell’arte cambiandone alcune peculiarità. Le case d’asta, dalle più grandi come Sotheby’s e Christie’s alle più piccole e nazionali, hanno iniziato a organizzare sempre più aste online. Anche le fiere, le gallerie e tutte le manifestazioni si sono dotate di una “versione online” rendendosi accessibili al grande pubblico. La tecnologia ha sicuramente aiutato ad accorciare la distanza tra i collezionisti sia privati sia pubblici portando potenzialmente alla portata di molti un mercato che era elitario. Il mercato dell’arte continua a essere un asset culturale complesso ma è sempre più accessibile e comprensibile. Questo grazie anche alla nascita di molte piattaforme online volte a creare maggiore trasparenza e a offrire ai collezionisti, ai mediatori e ai professionisti di questo mercato una nuova strumentazione per analizzarlo e seguirlo, e possibilmente renderlo più equamente proficuo.

Con un mercato sempre più digital si è andata a creare una nuova generazione di collezionisti che sono molto confidence con

le nuove tecnologie e le nuove opportunità che il digitale offre oggi: sono i millenials, la generazione nata tra il 1981 e il 1996. Accanto ai collezionisti baby boomers, ossia i nati tra il 1945 ed il 1964, i millenials costituiscono i collezionisti del futuro insieme alla generazione Z, i nati dalla metà degli anni 90 al 2010.

I millenials interagiscono sui social, contattano direttamente gli artisti, sono informati e aggiornati, comprano opere anche sul web – dal dipinto alla video-art – e spesso usano applicazioni e piattaforme online quali strumenti di supporto di analisi. Sono inoltre ben attenti a tutta la questione etica e sociale che ruota attorno alle opere d’arte.

Ci sono stati dei cambiamenti nella panoramica mondiale del mercato di opere d’arte con la pandemia da Covid-19?

La risposta ovviamente è sì. Durante i lockdown c’è stata una vera esplosione digitale causata dall’inaccessibilità fisica alle aste, fiere e gallerie d’arte. Le case d’aste, che già prima del Covid-19 si erano rese più digital, hanno intensificato le aste online. Le fiere e le gallerie d’arte che ancora non si erano “modernizzate” con una versione online si sono velocemente aggiornate, in alcuni casi offrendo ai nuovi visitatori delle opzioni di interazione virtuale innovative. Le grandi fiere internazionali, come Art Basel, hanno creato le Online Viewing Rooms2, precedentemente sperimentate da David Zwirner, gallerista e filantropo, proprietario della David Zwirner Gallery di New York e in seguito da Larry Gagosian3, il noto gallerista statunitense.

Guardando i numeri: nel 2020 le vendite globali di arte e antiquariato hanno raggiunto una cifra stimata di 50,1 miliardi di dollari, in calo del 22% rispetto al 2019, ma al contempo le vendite online di arte e antiquariato hanno raggiunto il record di 12,4 miliardi di dollari raddoppiando di valore rispetto al 20194 .

Tutti hanno fatto i conti con la pandemia da Covid-19. Anche chi era più restio alle nuove tecnologie ha dovuto utilizzarle per rimanere “connesso” e forse proprio questa forzatura ne ha fatto comprendere la grande potenzialità, e spesso la facilità d’utilizzo.

www.youtube.com/watch?v=_ dW-v-NxqSg Behind Gagosian’s Online Viewing Room: Sam Orlofsky and Alexander Wolf.

2. Interni del Tefaf, New York, primavera del 2019. Photo Mark Niedermann.

Il 90% dei collezionisti HNW – High Net Worth Individual ovvero “individuo ad alto patrimonio netto” – ha visitato una fiera d’arte o una galleria OVR (Online Viewing Rooms) nel 20205 . Ora che si sta possibilmente tornando a una vita normale, tutto questo mondo digital non sarà protagonista come nell’anno nero della pandemia ma continuerà a essere presente come strumento di supporto per i collezionisti, gli art-advisor, e tutti i professionisti e le istituzioni che ruotano attorno al mercato dell’arte.

Nonostante sia plausibile attendersi, per il futuro, un graduale ritorno all’esperienza fisica, in un mondo che non può basarsi soltanto sull’esperienza virtuale, permarrà una nuova percezione dei canali digitali, che continueranno a rappresentare efficaci punti di contatto tra operatori, collezionisti, appassionati e semplici curiosi6 .

I report di analisi dei trend del mercato dell’arte7 hanno già sottolineato l’uso crescente di piattaforme virtuali e come le ultime tecnologie digitali stiano entrando sempre più vivacemente in questo mercato.

Deloitte, da sempre voce autorevole e di riferimento con i suoi report di analisi del mercato dell’arte, ha redatto quest’anno Il mercato dell’arte e dei beni da collezione – Report 2021 – Speciale. Lo stato dell’arte ai tempi del Covid-198 in cui ci offre un’articolata panoramica sull’impatto della pandemia nel settore artistico e culturale.

Il trasferirsi in rete ha costituito sicuramente una forma di sopravvivenza, ma ciò che si è verificato è destinato a incidere parecchio sulle dinamiche future, in cui auspicabilmente online e offline coesisteranno, arricchendosi a vicenda9 .

Come l’Intelligenza Artificiale può supportare i collezionisti?

Vediamo quali sono i punti critici del mercato dell’arte per capire come le applicazioni con IA possano essere d’aiuto.

Nel report di Deloitte del 201910 vengono evidenziate le tre principali criticità: autenticità, manipolazione dei prezzi e mancanza di trasparenza.

I tre attori coinvolti nel report (collezionisti, operatori di settore e gestori patrimoniali) sono concordi e allineati quando si tratta di individuare i temi che costituiscono una vera minaccia per la reputazione e il funzionamento del mercato dell’arte. Queste preoccupazioni, che comprendono in particolare problemi di autenticazione e provenienza, manipolazione dei prezzi, conflitti di interesse, mancanza di trasparenza, sono condivise da quasi tre quarti dei gestori patrimoniali, dei collezionisti e dei professionisti di settore.

Sebbene l’IA non rappresenti la soluzione a tutti i problemi che ruotano attorno a questo mercato, il suo crescente impiego si sta dimostrando sicuramente utile.

Abbiamo visto nel capitolo dedicato alle blockchain quanto sia importante digitalizzare una collezione d’arte e corredare ogni singola opera del suo “passaporto”, dal certificato di autenticità a tutti quei documenti che ne raccontano la storia.

Il mondo dell’art-management è in forte sviluppo da un lato grazie all’impiego di nuove tecnologie a supporto del collezionismo e dall’altro grazie a una crescente consapevolezza da parte dei collezionisti nella creazione e gestione delle loro collezioni.

Si sta tracciando la strada verso un mercato più trasparente e consapevole. Oggi il mercato dell’arte ha puntato verso una direzione che guarda alla gestione online delle collezioni, alla trasparenza e all’accuratezza dell’investimento. Piattaforme virtuali di art-management, blockchain, dispositivi e applicazioni online a supporto dei collezionisti e operatori del settore sono i lampioni di questa nuova strada.

Queste le tre principali minacce per la reputazione del mercato dell’arte secondo wealth manager, operatori di settore e collezionisti

Autenticità

Manipolazione dei prezzi

Mancanza di trasparenza

3. Report Deloitte sul mercato dell’arte nel 2019.

Il tema dell’autenticità è storicamente una grande criticità nel mondo della compravendita di opere d’arte. In un futuro prossimo l’IA potrebbe essere un alleato nell’identificazione dei falsi. La circolazione di opere contraffatte o con attribuzione erronea riguarda tutto il mondo dell’arte: dai privati alle istituzioni culturali e ai fondi d’investimento che acquistano e vendono.

Riconoscere un falso così come attribuire correttamente un’opera a un artista è un lavoro complesso e in alcuni casi lungo e costoso: se vi sono dubbi, quando l’esperienza, gli occhi e gli strumenti dell’esperto, come la luce di Wood, non sono sufficienti, ci si affida a laboratori specializzati che effettuano test specifici.

Per aiutare gli esperti a riconoscere le opere false sono stati avviati progetti realmente interessanti che impiegano l’Intelligenza Artificiale. Una delle ricerche più promettenti porta la firma di Ahmed Elgammal11, professore presso il Dipartimento di Informatica della Rutgers University, fondatore e direttore dell’Art and Artificial Intelligence Laboratory di Rutgers, che si occupa di data science nel campo delle digital humanities. Insieme ad alcuni ricercatori della Rutgers University, ha addestrato un algoritmo di apprendimento automatico su un ampio dataset per “insegnargli” le caratteristiche specifiche del tratto pittorico di alcuni artisti.

Con questo metodo si raggiunge un’identificazione dei disegni falsi in misura dell’80%:

This paper proposes a computational approach for analysis of strokes in line drawings by artists. We aim at developing an AI methodology that facilitates attribution of drawings of unknown authors in a way that is not easy to be deceived by forged art. The methodology used is based on quantifying the characteristics of individual strokes in drawings. We propose a novel algorithm for segmenting individual strokes. We propose an approach that combines different hand-crafted and learned features for the task of quantifying stroke characteristics. We experimented with a dataset of 300 digitized drawings with over 80 thousands strokes. The collection mainly consisted of drawings of Pablo Picasso, Henry Matisse, and Egon Schiele, besides a small number of representative works of other artists. The experiments shows that the proposed methodology can classify individual strokes with accuracy 70%-90%, and aggregate over drawings with accuracy above 80%, while being robust to be deceived by fakes.

Questa pubblicazione propone un approccio computazionale per l’analisi dei tratti nei disegni degli artisti. Puntiamo a sviluppare una metodologia IA che faciliti l’attribuzione di disegni di autori sconosciuti in modo da non essere ingannati dalle contraffazioni. La metodologia utilizzata si basa sulla quantificazione delle caratteristiche dei singoli tratti nei disegni. Proponiamo un nuovo algoritmo per segmentare i singoli tratti. Proponiamo un approccio che combina diverse caratteristiche manuali e assimilate con il compito di quantificare le caratteristiche del tratto pittorico. Abbiamo sperimentato un set di dati di 300 disegni digitalizzati con oltre 80 mila tratti. La collezione era costituita principalmente da disegni di Pablo Picasso, Henri Matisse ed Egon Schiele, oltre a un piccolo numero di opere rappresentative di altri artisti. Gli esperimenti mostrano che la metodologia proposta può classificare i singoli tratti con una precisione del 70%, 90% e raggiunge per i disegni una precisione superiore all’80%, dimostrandosi affidabilie nell’individuazione dei falsi.

In un domani quanto più prossimo avere disponibile uno strumento di facile utilizzo che supporti gli esperti, dalle fondazioni agli storici dell’arte, nell’identificare i falsi con una precisione vicina al 100%, non è più un’utopia.

Un altro settore in cui l’IA può essere un valido alleato è nella valutazione di un’opera d’arte. I collezionisti possono essere tali per passione ma sono sempre attenti anche al valore dell’investimento. Nel report che Deloitte ha condotto con ArtTactic12 leggiamo:

Circa due collezionisti su tre dichiarano di comprare arte o oggetti da collezione per passione, ma con attenzione al valore dell’investimento. Dell’importanza del valore finanziario associato all’acquisto d’arte sono ancora più convinti gli operatori di settore. Circa nove su dieci infatti affermano che i propri clienti acquistano arte e oggetti da collezione per passione, ma con una dichiarata attenzione agli aspetti legati all’investimento.

Dalle prime applicazioni di IA nell’analisi dei trend di mercato basati sui risultati d’asta internazionali – ricordiamo che gli algoritmi lavorano bene laddove ci sono dataset (tanti dati) – la direzione da seguire è verso la creazione di strumenti ancora più innovativi.

Wondeur, il valore dell’opera d’arte

Recentemente sono stati avviati alcuni progetti che utilizzano l’IA, in particolare il deep learning, per creare nuovi strumenti di analisi e verifica a supporto del collezionista oltre che dei professionisti del settore, dall’art-advisor allo storico dell’arte.

Una delle applicazioni che ha più suscitato il mio interesse è Wondeur13. Oggi, grazie a grandi database che raccolgono i risultati d’asta è possibile quotare un’opera analizzando i risultati delle opere precedentemente vendute. Ma come si può quotare l’opera di un artista che non ha mai venduto un suo lavoro attraverso una casa d’asta?

Sono tantissimi gli artisti contemporanei che non si affidano alle aste per vendere le proprie opere, e quantificare il valore di un’opera, senza conoscere le quotazioni delle opere precedenti, è molto complesso. Wondeur sposta l’attenzione dall’opera all’artista.

Gli algoritmi di Wondeur analizzano il percorso di un artista, partecipazioni a fiere internazionali, esposizioni importanti e così via, per determinare il valore dell’opera. La novità sta nel non utilizzare le banche dati dei risultati d’asta: questa applicazione può dare indicazioni anche sul valore delle opere di tutti quegli artisti che non hanno mai venduto in asta.

Sono venuta a conoscenza di Wondeur in occasione di un webinar online di Arte Generali14 che in questo 2021 ha avviato con loro una collaborazione includendo questo strumento nella loro app Generali dedicata ai clienti in modo da poter quantificare un’adeguata copertura assicurativa e monitorare il valore delle opere nel tempo.

Non solo privati: Wondeur può essere un utile strumento anche per un museo che vuole acquisire opere di artisti emergenti e necessita di quantificarne il valore nel tempo.

wondeur.ai Website Wondeur. 4. Olivier Berger e Sophie Perceval, cofondatori di Wondeur.

Ho contattato Olivier Berger e Sophie Perceval, cofondatori di Wondeur, per comprendere il funzionamento di questa innovativa piattaforma. Ne è nata un’intervista che ci offre interessanti spunti di riflessione sul mercato dell’arte.

R. P.: Quando si parla di Wondeur, per quanto semplici possano essere le domande, non altrettanto semplici possono essere le risposte ai temi tanto complessi di questo progetto veramente pioneristico.

O. B.: È un grande progetto di ricerca avviato tre anni fa e non ancora completato. L’ultima rivoluzione dell’IA, la rivoluzione del deep learning, è nata nei laboratori dell’Università di Toronto, ed è la ragione per cui la nostra sede è proprio qui a Toronto. Wondeur è costituito da un’équipe di ricercatori realmente straordinari che sono stati affiancati da un gruppo di ricercatori del MIT – Massachusetts Institute of Technology – per analizzare insieme il mondo dell’arte, perché il mondo dell’arte è un mondo complesso che richiede ancor oggi un approccio quotidianamente aggiornato per comprendere cosa accade nel mondo dell’Intelligenza Artificiale.

R. P.: Solo tramite una ricerca straordinaria si possono comprendere i diversi fattori che hanno un impatto determinante sulle opere d’arte.

S. P.: La maggior parte delle tecnologie attualmente disponibili lavorano sulla fisicità dell’opera per rilevare i falsi o per dare suggerimenti sul valore di un’opera, per fare un’analisi o formulare una previsione sui risultati di vendita all’asta.

O. B.: Sfortunatamente non si può formulare una vera e propria previsione. Quando si prendono in considerazione i milioni di transazioni del mercato auction nell’ultimo decennio, non vi si trovano che tre, quattromila artisti che abbiano avuto più di cinque transazioni, tutti gli altri artisti hanno avuto una sola transazione se non nessuna. Quel che noi facciamo specificatamente è prendere in osservazione quei segnali e fattori che permettono di creare un prezzo seguendo gli stessi principi e gli stessi segnali degli esperti d’arte. È la fundamental analysis. E lo facciamo a livello mondiale per circa il 95% degli artisti nati dopo il 1900.

S. P.: È importante segnalare che lo spirito con cui lavora la nostra équipe è molto specifico. Quando si lavora su risultati di vendite all’asta e si cerca d’anticiparne i risultati successivi, ovviamente ci si trova a fare un esercizio speculativo. Queste tecnologie costruite allo scopo di pronosticare il prossimo record, non spiegano nulla: il loro scopo non è comprendere il valore di un’opera ma di poter dire, ecco, a quanto la si vende. Per formulare un’opinione su un prezzo – è troppo alto o troppo basso – gli esperti fan ricorso a un considerevole numero d’informazioni e possono quindi ragionevolmente formulare un’opinione. Abbiamo anche intervistato molti compratori e ci siamo resi conto che non comprendere o non poter giustificare un prezzo, infine non poter formulare un’opinione su un prezzo, costituisce per tutti loro un grave problema.

O. B.: Si dice spesso che vi è un gran problema di trasparenza nel mondo dell’arte ed è vero.

S. P.: Ed è altrettanto vero che per noi il tema della trasparenza è ancora un tema irrisolto perché non è sufficiente enunciare il prezzo di un’opera. Il punto davvero importante è spiegare il prezzo: è un prezzo troppo alto o troppo basso: perché? Su cosa ci si basa? Come giudicare quel prezzo? E per rispondere a queste domande si rende necessaria un’analisi fondamentale, come ha detto Olivier, ovvero una vera e propria analisi del valore intrinseco e non speculativo dell’opera.

O. B.: Quel che maggiormente manca in questo mondo è poter valutare il rischio sul valore, il rischio passato, presente e futuro. E questo riguarda tanti altri casi quali gli alternative assets, ovvero i patrimoni alternativi come Real Estates, le proprietà immobiliari, o i mercati obbligazionari. Tutti questi mercati sono stati rivoluzionati quando si è finalmente avuto accesso all’informazione e alla comprensione del rischio perché è questo che crea fiducia. E finché non vi sarà fiducia, anche questo mercato rimarrà estremamente imperfetto e difficile per gli artisti, per i galleristi così come per gli assicuratori. È un mercato superbo reso improduttivo dalla mancanza di valutazione del rischio che ne influenza tutti gli operatori, anche lo stesso collezionista che non azzarda il rischio se non può comprendere il valore di un’opera. E la scommessa che abbiamo fatto io e Sophie è che quando si arriva alla comprensione del prezzo, all’explainability in inglese, si può avere un mercato più fair e più vasto, perché l’assunzione del rischio sarà meglio compresa e la decisione sarà di conseguenza più facile. Questo sarà d’impatto non solo per i grandi artisti, ma anche per gli artisti emergenti, le artiste donna, gli artisti afro-americani, e così via…

S. P.: È la grande questione dell’asimmetria di questo mercato. Vi sono molte persone che giudicano il mercato dell’arte corrotto e decisamente mal funzionante: un mercato opaco dove nulla ha senso e i cui valori sono assurdi. Noi non crediamo affatto che sia così: crediamo al contrario che all’interno di questo mercato vi sia molta autoregolamentazione. Questa autoregolamentazione riposa sulle spalle degli esperti, dei professionisti che hanno un concreto codice di condotta, meraviglioso e ben visibile nei dati: noi lavoriamo con scienziati che non vengono dal mondo o dal mercato dell’arte, e ci confermano che questo è un mondo e un mercato straordinariamente strutturato. No, il mondo dell’arte non è il Far West. Vi sono anomalie dovute all’asimmetria dell’informazione, perché l’informazione non è distribuita in modo uniforme

e corretto e quindi vi sono degli inconvenienti. Ma il mercato nel suo insieme è estremamente ben strutturato e regolamentato dal comportamento dell’insieme dei suoi operatori che non compiono assurdità. È un mercato molto bello, e i dati lo dimostrano, e dimostrano anche che ogni elemento del mondo dell’arte è necessario per il suo funzionamento. È come un organismo vivente, e una piccola abitazione d’artista a San Gimignano è tanto importante nella carriera di un artista quanto lo è una grande Galleria a Milano perché ogni nodo della rete contribuisce a fabbricare il valore e la struttura di un ecosistema dove tutto è interdipendente, dove tutti gli elementi sono utili e necessari. Non si può dire che tutto questo mondo sia diretto da cinque mega gallerie e che tutto il resto non serva a nulla. I dati ci provano il contrario. Possibilmente la cosa fondamentale oggi nel mercato dell’arte è proprio quel resto: le associazioni no profit che costruiscono le carriere degli artisti, le piccole gallerie commerciali, i musei e i programmi specifici dei musei per l’acquisizione di artisti all’inizio della loro carriera, e così via. È tutto questo a far girare il mondo dell’arte. Vi è una struttura, una congruenza molto interessante, affidabile e rassicurante. Di conseguenza il corretto accesso all’informazione cambia completamente il giudizio sulla fairness. E questa è la nostra filosofia perché ci siamo resi conto che molte delle percezioni negative del mondo dell’arte sono un mito che non resiste all’osservazione dei dati.

O. B.: Uno dei motivi per cui lavoriamo con Generali, per esempio, è che la comprensione del valore è molto importante per questo assicuratore. Per tutelare i clienti occorre stipulare una polizza assicurativa adeguata al valore. Questo è qualcosa che non si può fare manualmente, su grandi volumi; quindi, noi forniamo loro delle segnalazioni d’allerta sistematiche, automatiche, atte a supportare i loro team interni. Ma la volontà di Generali è anche visionaria: hanno compreso che non bisogna tenere interna quest’informazione ma bisogna parteciparla ai clienti e rassicurarli adeguatamente per permettere loro di comprendere quel che accade. Quello di cui parlava Sophie: l’asimmetria dell’informazione rovina il mercato. Quando invece si permette all’informazione di circolare liberamente, accade qualcosa di magico. È questa la scommessa che abbiamo fatto. Per il momento i nostri clienti sono le grandi assicurazioni e i grandi istituti bancari. La ragione di questa scelta è che vogliamo che il nostro prodotto sia utilizzato dagli esperti prima di essere offerto al resto della popolazione.

S. P.: Relativamente al modo in cui funziona l’algoritmo, non scendiamo in dettagli tecnici.

R. P.: Quel che interessa è permettere al lettore di capire il focus, i punti che l’algoritmo analizza per valutare le carriere degli artisti, le loro opere.

S. P.: Quel che è importante sapere, per la comprensione dell’evoluzione del valore o dei rischi sul valore di un’opera, è seguire le tappe della carriera di un artista e come analizzare l’impatto di ogni tappa sul valore dell’opera. È un meccanismo per confrontare e valutare l’impatto delle diverse istituzioni sulla carriera di un artista. Noi lo applichiamo su scala mondiale poiché le carriere sono sempre più internazionalizzate, e su un arco di 100 anni quindi con un’ampia visuale storica per poter rilevare con precisione quali traiettorie hanno seguito gli artisti che successivamente ritroviamo in una o in un’altra istituzione. E questo, se volete, è un enorme esercizio di confronto. Confrontiamo, misuriamo, osserviamo tutti gli elementi che vanno a costituire una carriera e vediamo quanto velocemente progredisce. E proprio in questo consiste il misurare il successo di stima. Quando parliamo della velocità di avanzamento di una carriera, non stiamo parlando di quanto risulta poi visibile nelle vendite all’asta. Vi possono essere artisti che per un certo periodo hanno forti accelerazioni di carriera, ma poiché non realizzano opere facili da vendere sul mercato, non producono pittura, fotografia, o scultura ma realizzano installazioni video o performance, non si hanno dati di vendita pubblica del loro lavoro, e tuttavia noi siamo in grado di determinare la velocità con cui le loro carriere si sviluppano attraverso la misura del successo di stima e del riconoscimento culturale delle loro opere che è il criterio fondamentale per spiegarne l’evoluzione del valore finanziario nel tempo.

O. B.: Questo ci permettere di comprenderne il valore intrinseco. Prendiamo per esempio un artista le cui opere si vendono oggi a parecchi milioni sul mercato auction. Capiremo dove è ancorato

il valore e qual è la parte volatile a causa di un’imperfezione del mercato o di una frenesia del mercato per questo artista. E proprio questa parte rappresenta un rischio d’erosione. Inoltre la nostra ricerca consiste in gran parte nel comprendere come il mercato abbia influito sulle carriere delle artiste donna o degli artisti appartenenti a minoranze, sulle loro traiettorie e sui loro valori, e quanto velocemente il mercato recupererà questo ritardo. È una vera e propria analisi della volatilità, del rischio sul valore che tiene conto degli stessi fattori che gli esperti d’arte considerano a livello globale, oltre a fattori difficili da reperire perché nascosti nell’insieme dell’informazione. Quindi noi non ci sostituiamo all’esperto. L’esperto è insostituibile ma noi gli permettiamo di ampliare il campo di applicazione della sua competenza. L’esperto è fondamentale come lo sono gli altri operatori di questo mercato. Non c’è da sostituire i galleristi, o i musei, o gli esperti e i consulenti. Tutti questi operatori hanno un ruolo fondamentale nel mercato. Il problema è aumentare la quantità d’informazione per consentire a questa asimmetria di informazioni di scomparire.

S. P.: Del resto è un problema relativamente nuovo, cioè degli ultimi trent’anni, perché l’internazionalizzazione delle carriere ha seguito l’internazionalizzazione dei mercati. Questo significa che oggi un esperto che per esempio lavora sulla collezione di una società, una collezione che può essere una raccolta globale, mondiale, con artisti che provengono dall’Asia, dal Sud o dal Nord America, o dall’Europa, per poter comprendere veramente a fondo ciascuno di questi artisti e la loro carriera dovrebbe avere una conoscenza approfondita di ciascuna di queste scene locali, il che è impossibile, perché un esperto d’arte trae la propria forza dalla profondità della propria conoscenza. Un esperto è tale proprio non perché sa un po’ di tutto, ma perché sa tutto di qualcosa di specifico. Sa tutto dell’arte italiana dagli anni ’40 a oggi, dell’arte europea, forse non nel suo insieme, forse dell’arte tedesca, francese e svizzera da tale a tale anno, o sull’arte cinese dal ’400 al 1800, ma la precisione del suo campo di dominio fa parte delle condizioni necessarie per accumulare competenze sufficienti. E oggi un esperto ha bisogno di avere cognizioni in campi molto diversi perché queste collezioni sono molto diversificate. Questo è impossibile senza il supporto di una macchina. Ed è qui che noi possiamo aiutare l’esperto dicendogli: «Ecco, voi non potete obbligatoriamente diventare un esperto della scena emergente cilena perché non avete contatti in Cile, non conoscete le gallerie cilene, ecc., ma possiamo già dirvi in generale dove situare questo o quell’artista e qual è l’impatto relativo delle diverse istituzioni in Cile». E lo facciamo su una base oggettiva.

O. B.: È la macchina a estrapolare queste informazioni dai dati. La macchina confronta 245.000 artisti quotidianamente. Quindi immaginatevi un enorme spazio multidimensionale nel quale la macchina mette a confronto artisti e istituzioni in modo permanente e quotidiano. Questo è molto importante perché il mercato ha bisogno di fiducia, ha bisogno di un approccio che ne rispetti la complessità e prenda in considerazione quegli stessi segnali che prendono in considerazione gli esperti.

R. P.: Olivier, parlando di cifre, quanti artisti annoverate nel vostro sistema?

O. B.: Oggi si analizzano 345.000 artisti. In più vi sono diverse decine di migliaia di artisti che analizziamo ma che non abbiamo pubblicato. Per il momento ci concentriamo sugli artisti nati dopo il 1900, se pur lavoriamo anche su qualche decina di migliaia di artisti nati prima del 1900. L’analisi si sviluppa su diversi livelli: a livello dell’artista, dell’opera, di intere collezioni e anche di portfolio. Oggi si può redigere un elenco di artisti tramite un drag and drop nel sistema interno e ottenere un’analisi istantanea. Si può analizzare gruppi d’artisti e di istituzioni a livello città, nazione, e mondo. Tutto dipende dalla domanda cui si deve rispondere.

R. P.: È davvero importante. Peccato che in Italia l’esportazione delle opere d’arte, a volte anche solo la loro autenticazione, sia un problema. Senza polemizzare, la situazione data dalle leggi che regolano il mondo dell’arte in Italia è un po’ difficile.

O. B.: Stiamo lavorando in via riservata a un piano d’analisi e confronto sul posizionamento di diverse città europee e americane nello spazio culturale internazionale, e sulle potenziali dinamiche di queste città in rapporto ad altre per fare emergere gli artisti se-

condo diversi criteri. La motivazione di questa pubblicazione è di sollecitare il risveglio culturale di quelle città che vogliono comprendere di poter avere delle grandi risorse e che gli eventuali impedimenti possono essere corretti.

S. P.: Ci occupiamo principalmente dell’arte della seconda parte del XX secolo e dell’arte contemporanea, periodi in cui si trova la maggior parte degli artisti in attività. È per questo che abbiamo sviluppato il sistema di drag and drop con cui è possibile prendere una collezione di duemila opere, inserirla nel sistema e dire dove sono i punti d’interesse, di dinamicità e di stabilità, quali sono gli artisti in lenta progressione o che sono rimasti indietro, e gli artisti sui quali focalizzare lo sguardo perché presentano una dinamica d’accelerazione. In pochi secondi possiamo dare un’idea di come si sta comportando una collezione. E questo è nell’ordine di una funzionalità del software e non è certo un gadget perché è proprio qui quel che si ha bisogno di sapere. Dove sono i rischi? Come sono distribuiti? Il rischio principale è su 10 o su 500 opere? Questo può cambiare tutto, e permette anche di gestire le possibilità finanziarie di un patrimonio artistico.

O. P.: Rebecca, l’ultima domanda riguarda i nuovi media. Noi abbiamo inserito i NFTs nella nostra ricerca sin dall’inizio del nostro progetto, ben prima che giungessero alla ribalta della cronaca.

R. P.: Olivier, vi ho posto la questione dei NFTs poiché è un nuovo movimento artistico, piccolo o grande che sia, rappresenta comunque l’attualità, ma vi è molta speculazione attorno e dentro al mercato dell’arte degli NFTs. Queste nuove collezioni rappresentano delle realtà ibride soprattutto in termini di proprietà. E Wondeur può analizzarle ed essere di grande aiuto.

O. B.: Gli NFTs sono un buon esempio perché sono arrivati sul mercato come una bomba, almeno agli occhi del pubblico. Molte persone hanno faticato a capire cosa succedesse, ma se torniamo indietro di qualche anno anche la fotografia è stata una rivoluzione. La fotografia non era affatto considerata una Fine Art, ci sono stati momenti di speculazione, d’incomprensione, e vi sono ancor oggi persone che valutano che la fotografia non possa essere una Fine Art, un’opera d’arte. Gli NFTs, sono un’onda – ce ne saranno altre, ed è un nuovo medium, ma i principi fondamentali che spiegano la creazione del valore non cambiano. Sono anni ormai che studiamo gli NFTs. Ne comprendiamo il valore e la dinamica del valore. Oggi è un mercato completamente speculativo per la maggior parte degli artisti, il 98% è completamente speculativo, vale a dire che non vi è alcuna stabilità del loro valore. Abbiamo ultimato questa analisi circa due mesi fa, nel momento del boom, permettendo oggi agli operatori del mercato di poter ben comprendere quali parti degli NFTs siano opere d’arte, e quali parti degli NFTs siano ancora puramente speculative e rappresentino un grosso rischio. La ragione per cui abbiamo svolto questa analisi è che se il mercato continua a esplodere ci sarà un vero e proprio bagno di sangue e molte persone perderanno una gran quantità di soldi. Tutto questo costituisce un pericolo per gli artisti digitali, per il mondo dell’arte e la sua reputazione. Per noi è importante aver fatto questa analisi e aver fornito una spiegazione sui punti dove è o non è fissato il valore e aver reso il compratore informato e consapevole prima di assumere il rischio dell’acquisto. Oggi nessuno comprende il rischio che ci si assume con l’acquisto di un NFTs e non è accettabile. Non è accettabile né per l’artista, né per il collezionista né per il mercato. Ci possono essere altre onde, ma i principi fondamentali dei valori non cambiano.

S. P.: Inoltre quel che si rileva nella sua domanda, Rebecca, è che i comportamenti cambiano. Le nuove generazioni si interessano ad altri generi d’arte, altri artisti, altri tipi di media, altre forme artistiche. Quel che di fatto osserviamo è che il mondo dell’arte è sempre in ascolto. La maggior parte delle persone che lavorano nel mondo dell’arte hanno il compito di stare all’ascolto dell’arte e partecipare alla creazione e alla protezione della cultura. Quindi alla produzione della cultura partecipano tutti i produttori culturali, le istituzioni il cui dovere è di permettere che gli artisti possano realizzare le loro opere, esibirle, condividerle. Poi per la protezione della cultura ci sono degli operatori patrimoniali per esempio i musei, ma anche le grandi collezioni private, che si impegnano a preservare queste produzioni per l’importanza che avranno per le generazioni future, e a proteggerle poiché rappresentano la nostra cultura o la cultura del luogo o di una certa generazione in una

data epoca. Quando un’opera è diventata un simbolo, l’immagine di una generazione o di un paese o di un modo di vedere il mondo, qualcuno vorrà certamente proteggerla. La dinamica della produzione e promozione della cultura e quindi della protezione della cultura, non cambia. Le onde vanno e vengono, i contenuti cambiano. I nuovi collezionisti, le nuove generazioni possono avere altri gusti, ma quel che è certo è che ci saranno sempre dei segnali. E sono questi segnali che noi osserviamo: i segnali che indicano in un preciso momento se un’opera è passata da un semplice oggetto a un oggetto culturale, e da un oggetto culturale a un oggetto patrimoniale. È una progressione graduale nel tempo. Per questo torniamo indietro nel tempo fino al 1900 e prima ancora perché infine si tratta di dinamica. Sono dinamiche umane, collettive, e in continuo cambiamento.

O. B.: E Rebecca, come lei ben sa, l’arte contemporanea è uno dei pilastri delle nostre democrazie liberali. La maggior parte dei cambiamenti sociali sono passati attraverso l’arte contemporanea anzitutto come espressione politica. Una bella evoluzione è permettere di comprendere il valore per creare fiducia e consentire quella dinamica di mercato che permette agli artisti con idee innovatrici di vivere del loro lavoro ed esprimere la loro opinione. Quindi il progetto Wondeur è un progetto scientifico, economico, ma anche culturale e sociale. È anche un progetto che ha chiamato a sé grandi talenti del mondo dell’IA. La nostra è una dimensione davvero importante.

Toronto, 2 maggio 2021

Neuroscienza e neuroestetica al servizio del museo

«Dissi nel Dorian Gray, che i grandi peccati del mondo vengono consumati nella mente; ma tutto vien consumato nella mente. Sappiamo ora che non vediamo con gli occhi e non udiamo con le orecchie. Questi in realtà sono canali di trasmissione, adeguati o no, delle impressioni sensoriali. Solo nella mente il papavero è rosso e la mela è profumata e l’allodola canta.» Oscar Wilde, De Profundis1

Mi muovo in punta di piedi in questo capitolo, perché sono una storica dell’arte e non una neuroscienziata, ma proprio come storica dell’arte reputo di notevole interesse e attualità alcuni studi di neuroscienza e neuroestetica, un po’ ostici forse ma che ci permettono di indagare come funzioni l’esperienza estetica nel nostro cervello quando ci troviamo a contemplare un’opera d’arte.

Come percepiamo la bellezza? Cosa succede a livello cerebrale quando ammiriamo un’opera d’arte come la Venere di Botticelli, la Gioconda di Leonardo o un dipinto astratto di Kandinskij?

Già gli studi di psicologia della percezione applicata all’arte hanno portato alla pubblicazione di testi riferimento in questo ambito. È del 1954 Art and Visual Perception. A Psychology of Creative Eye dello psicologo dell’arte Rudolf Arnheim, mentre pochi anni dopo, nel 1960, lo storico dell’arte Ernst Gombrich pubblicherà Art and Illusion. A Study in the Psychology of Pictoral Representation. Il tema è ripreso in modi innovativi dagli sviluppi recenti delle neuroscienze. Le neuroscienze hanno una storia antica e complessa, che ha molteplici radici. Un passo importante

nella loro fondazione come disciplina avviene nel 1962 con la nascita del NRP – Neuroscience Research Program – presso il Massachusetts Institute of Technology – il famoso MIT. Il NRP è stato fondato da Frank O. Schmitt, a cui si deve anche la creazione del termine “neuroscienze”, e da un gruppo di scienziati – fisici, biologici, medici e psicologi – interessati a unire le loro competenze per indagare il comportamento e il funzionamento del cervello. Nei vent’anni a seguire questo team di ricercatori ha certamente contribuito allo studio e alla definizione delle neuroscienze. Lo studio del funzionamento del cervello è stato inoltre supportato nel XX secolo da tutta una serie di progressi in diverse discipline, dalla biologia molecolare all’elettrofisiologia, e con l’innovazione tecnologica si sono andate a creare nuove tecniche di brain imaging: strumentazioni sofisticate che hanno permesso di monitorare il cervello dall’interno. Per comprendere l’incredibile livello di ricerca raggiunto2 vi invito a vedere i QR code di questo capitolo.

I neuroscienziati di oggi hanno fatto tesoro degli studi dei loro predecessori e in questi ultimi venticinque anni hanno ottenuto straordinari risultati interdisciplinari relativi al funzionamento del nostro sistema nervoso, e per quanto direttamente ci interessa, su come il cervello si attivi quando ci troviamo di fronte a un’opera d’arte.

Tra i tanti recenti studi di quei visionari neuroscienziati che si sono dedicati allo studio della percezione3 dell’arte, vi propongo tre brevi sintesi che per il mio percorso di studio sono state fondamentali: Eric Kandel, premio Nobel nel 2000, Semir Zeki, fondatore della Neuroestetica e Vittorio Gallese dell’équipe di Giacomo Rizzolatti che ha scoperto i neuroni specchio.

1. Visitatori del Musée du Louvre ammirano il capolavoro vinciano, Gioconda.

rb.gy/xqidtj “Could future devices read images from our brains?” Mary Lou Jepsen, TED2013. rb.gy/8v8zvf “A neural portrait of the human mind”, Nancy Kanwisher, TED2014.

www.youtube.com/ watch?v=Jyc7FIglkHI Eric Kandel at TEDxMet, 18 dicembre 2013. Eric Kandel: un ponte tra arte e neuroscienze4

Eric Kandel è uno dei neuroscienziati più influenti del XX secolo. È stato il primo psichiatra statunitense ad aver vinto il Nobel per la medicina grazie ai suoi studi sui meccanismi biochimici che portano alla conservazione della memoria nei neuroni – premio Nobel nel 2000 condiviso con i colleghi Arvid Carlsson e Paul Greengard. Abbiamo visto che i successi della neuroscienza derivano da un approccio di studio interdisciplinare. Di fatto Eric Kandel si rifà al saggio5 di Charles P. Snow, famoso fisico molecolare, che sosteneva come si stesse creando una frattura tra la cultura scientifica e quella umanistica e quanto fosse necessario che questi due mondi si connettessero l’uno con l’altro per far progredire la conoscenza umana. Con questo scopo nel 2017 Eric Kandel scrive il libro Arte e Neuroscienze. Le due culture a confronto e ci porta alla scoperta dei meccanismi di elaborazione dell’informazione visiva a livello cerebrale, arrivando a spiegarci quali siano i passaggi che avvengono nel cervello dalla visione di un’immagine – o di un’opera – fino alla sua elaborazione e quindi alla comprensione o all’interpretazione dell’opera stessa, sempre dal punto di vista neuroscientifico.

Il punto di partenza del percorso di ricerca di Kandel è la risoluzione del problema ottico inverso, identificato la prima volta

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