fiche o integrazioni o cambiamenti. Sistemi come Art Rights permettono invece di creare un “passaporto dell’opera d’arte” che possa essere sempre in qualche modo verificabile. Il tutto nel rispetto della privacy che è una tematica di grande importanza per gli utenti, collezionisti in primis. R. P.: Se da un lato il numero di collezionisti che gestiscono le proprie collezioni online è in costante aumento, in che misura gli artisti hanno compreso l’importanza di usare le piattaforme digitali per gestire e certificare le proprie opere? A. C.: A differenza di qualche anno fa, oggi c’è molta più sensibilizzazione quindi si riesce fin da subito a far comprendere anche agli artisti, seppur in una fase emergente della loro carriera, il valore di possedere un archivio ordinato della propria produzione, l’importanza del fatto che un gallerista, nel momento in cui deciderà di lavorare con loro, come prima cosa chiederà: «Dove hai venduto?» e «A chi hai venduto?». Oggi più che mai l’archivio d’artista è fondamentale, soprattutto per poter predisporre e tracciare il futuro. Infatti sempre più artisti – anche viventi e nelle fasi più established della loro carriera – scelgono di dare vita al proprio archivio per tutelare la loro memoria storica avendo un controllo sull’archiviazione stessa e diventando punto di riferimento per i collezionisti e il mercato, oltre ad avere pieno controllo di decidere come vogliono essere raccontati, compresa l’arbitrarietà di non riconoscere opere di alcuni periodi per loro non validi dal punto di vista artistico, come nel caso del tedesco Gerhard Richter, ad esempio. Credo non si possa più sottovalutare l’importanza dell’archivio. Da un’analisi che abbiamo fatto, con oltre 200 gallerie, è emerso con Art Rights che uno dei fattori principali al momento dell’acquisizione di un’opera da selezionare è proprio la presenza o meno dell’archivio e/o il tracciamento delle vendite da parte di una galleria. R. P.: Questo è un tema importantissimo per un mercato sempre più trasparente ed è determinante che la creazione di un archivio sia ben recepita dagli artisti di oggi. E passiamo a un altro 132
tema che rappresenta un nuovo scenario: ultimamente ti sei dedicato al mondo della Crypto Art che vede il suo crescente sviluppo nella creazione dei token unitamente all’uso della blockchain. Credi che nei prossimi anni l’impiego e lo sviluppo della tecnologia blockchain avrà un posto insostituibile nell’ambito della gestione e compravendita di opere d’arte? A. C.: Sicuramente quello che è successo con la Cripto Arte, i NFTs – Non Fungibile Tokens – negli ultimi mesi è stato incredibile: ha creato una forte accelerazione di mercato, ma è notevole che dal punto di vista tecnologico tanti operatori oggi non si pongano più la domanda di cosa siano queste nuove tecnologie bensì decidano in qualche modo di far parte di questo nuovo scenario che comprende anche le opere di Intelligenza Artificiale sempre più soggette e legate agli smart contracts, NFT. Quindi credo che ci sia assolutamente una grande opportunità. Quanto avvenuto è un fenomeno più rivolto alla community Crypto che effettivamente a quello dell’arte. Quello che è stato il “battesimo” di Christie’s, se ne parla anche nel mio ultimo libro, ha destato l’interesse da parte degli operatori i quali ancora devono prendere le misure, ma questo non può avvenire in pochi mesi del 2021. L’asta di Christie’s è arrivata a marzo: il mercato della Crypto arte e degli NFT è passato da venti milioni a oltre cento in un mese e ora ha superato i settecento. Pensiamo quindi che, dopo un normale calo di assestamento, ci dovrà essere assolutamente tempo per ripartire: ci saranno nuovi equilibri nel mondo dell’arte dove si stanno ancora prendendo le misure per determinare nuove regole di acquisizione, esposizione, curatela e valorizzazione delle opere. Meritano quindi ragionamenti a sé stanti. R. P.: È rilevante anche il tema della fruizione, perché queste blockchain ci rimandano sempre ad avere il possesso di un’opera digitale sul nostro computer ma in realtà è importantissimo anche tornare al concetto di fruizione, al concetto dell’aura di un’opera. A. C.: Questa è una delle tante questioni aperte in questo momento. L’arte digitale esiste dagli anni Cinquanta: è stata esposta, è stata musealizzata, è stata conservata ed è stata in parte collezionata. Quindi ora c’è bisogno sicuramente di adattare strumenti che 133