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Introduzione
L’Intelligenza Artificiale oggi
www.youtube.com/ watch?v=3SbYKMhgZvkd Intelligenza Artificiale, la realtà e il sogno, superando le paure, Paolo Traverso, TEDxTrento. «L’Artificial Intelligence è il ramo della computer science che studia lo sviluppo di sistemi hardware e software dotati di specifiche capacità tipiche dell’essere umano (interazione con l’ambiente, apprendimento e adattamento, ragionamento e pianificazione), capaci di perseguire autonomamente una finalità definita, prendendo decisioni che fino a quel momento erano solitamente affidate alle persone.»1
Dove troviamo applicata oggi l’Intelligenza Artificiale2? Ovunque. Nelle nostre case, negli ambienti di lavoro, banche, ospedali, musei, in qualsiasi settore dell’industria, e ovviamente sul web. È presente nelle applicazioni dei nostri smartphone e tablet. È l’Intelligenza Artificiale che ci suggerisce quale film guardare la sera o quale libro comprare su Amazon in base alle nostre precedenti scelte. L’impiego dell’Intelligenza Artificiale nella nostra vita quotidiana è andato così crescendo in questi ultimi anni che forse non ci rendiamo conto di quanto sia tangibile la sua presenza attorno a noi.
Perché l’IA è qualcosa che spesso non si vede, è una sorta di tecnologia nascosta che “fa qualcosa”: è l’algoritmo che ci suggerisce la pubblicità su Instagram ed è la GAN usata dagli artisti per generare opere d’arte.
L’Intelligenza Artificiale ha come scopo la realizzazione di programmi e sistemi tecnologici in grado di svolgere compiti normalmente riconducibili alla mente e alle capacità umane attraverso la realizzazione di macchine – hardware e software – in grado di operare autonomamente.
«Pensare all’IA» qualcuno potrebbe dire, «è pensare ai computer». Beh, sì e no. Il punto non sono i computer in sé, quanto piuttosto ciò che i computer fanno. In altri termini, sebbene l’IA non possa fare a meno delle macchine fisiche (cioè dei computer), è più corretto dire che essa ha a che fare con ciò che gli informatici chiamano macchine virtuali. Una macchina virtuale3 […] è il sistema di elaborazione dell’informazione che il programmatore ha in mente quando scrive un programma, e che le persone hanno in mente quando lo usano. Margaret A. Boden
La differenza sostanziale tra una macchina del caffè e un’auto di ultima generazione dotata di IA è che la prima è configurata per eseguire uno o più comandi, mentre la seconda è dotata di una tecnologia superiore che la rende in grado di intelligere fino a permettere l’automazione di azioni e decisioni, come valutare se frenare o sterzare per evitare un oggetto sulla strada. C’è un programma sul computer di questa macchina che è stato ideato, creato, addestrato e testato dai programmatori per evitare l’ostacolo.
Sono in corso progetti di ricerca che cambieranno il nostro futuro grazie proprio all’IA e a quei ricercatori che guardano avanti, sperimentano e creano, grazie a un’evoluzione tecnologica dei computer e delle macchine e della loro capacità di analisi senza precedenti. Vediamo alcuni esempi.
I ricercatori di Pfizer e IBM4 stanno lavorando con il machine learning per riuscire a diagnosticare il morbo di Alzheimer prima ancora che si manifestino i sintomi, con l’obiettivo di prevenire l’insorgere della malattia. Sempre in campo medico: l’Intelligenza Artificiale unitamente a tecniche di neuroimaging sono attualmente impiegati in una ricerca5 come strumenti per rilevare, in modo non invasivo, i tre principali tipi di tumori pediatrici6 .
www.youtube.com/ watch?v=1oK_W3R9Y0w What’s New in AI? Helping Predict Alzheimer’s. 1. Dall’invenzione dell’Intelligenza Artificialeal deep learning. Courtesy AIxIA. ARTIFICIAL INTELLIGENCE
Early artificial intelligence stirs excitement. MACHINE LEARNING
Machine earning begins to flourish. DEEP LEARNING
Deep learing breakthoughs drive AI boom.
1950’s 1960’s 1970’s 1980’s 1990’s 2000’s 2010’s
vimeo.com/192179726 Autopilot Full Self-Driving Hardware.
www.youtube.com/watch?v=ycLOu8Gi4Sc Meet the Experts: Robots in space. European Space Agency, ESA.
In campo automobilistico, Elon Musk, CEO e product architect di Tesla Motors, l’azienda statunitense specializzata nella produzione di auto elettriche, sta finanziando un progetto di ricerca per creare la guida autonoma sulle sue autovetture elettriche7. La strada da percorrere è lunga, ma è stata imboccata con l’Autopilot, che consente alla vettura di sterzare, accelerare e frenare automaticamente nella propria corsia di marcia8 .
Un altro esempio è BrainBox AI, un sistema per gestire uno dei più grandi consumatori di energia ed emettitori di gas serra al mondo: gli edifici. La sua avanzata tecnologia permette di ottimizzare in modo autonomo e in tempo reale i sistemi HVAC (Heating, Ventilation and Air Conditioning, ovvero riscaldamento, ventilazione e aria condizionata) per ridurre il consumo energetico. BrainBox AI9 è stata inclusa dal Time tra le migliori invenzioni del 2020 nella sezione Intelligenza Artificiale.
E ancora: ci sono robot incredibili10 impiegati per esplorazioni sulla Luna o su Marte che ci hanno permesso di raggiungere e studiare zone lontane e impraticabili per l’uomo. Dallo spazio ai fondali del mare: ci sono robot sottomarini impiegati sia per esplorazioni sia per lavori di ispezione e manutenzione. E ancora, robot per i salvataggi d’emergenza e robot spazzini per la pulizia delle strade. Oggi i robot sono impiegati in più larga scala nell’industria per innumerevoli mansioni, dalle più semplici e ripetitive alle più complesse e strategiche.
Siamo giunti alla Quarta rivoluzione industriale11, che risponde a una crescente richiesta di rinnovamento e innovazione. I progressi ingegneristici, la robotica, le nuove tecnologie come la stampa 3D e i nuovi computer quantistici, Internet delle Cose e l’Intelligenza Artificiale, tutto questo ci ha portato a uno straordinario balzo tecnologico che ha dato inizio a una nuova era.
Nel 2020 il mercato dell’Intelligenza Artificialein Italia vale 300 milioni di euro e segna una crescita del 15% rispetto al 201912 .
In una ricerca pubblicata nel giugno 2021 condotta da Google Cloud13 viene evidenziato che in seguito alla pandemia da Covid-19 nel settore manifatturiero il 76% delle aziende ha fatto ricorso a tecnologie disruptive, dirompenti, come IA, analisi dei dati e cloud (la percentuale sale all’81% se si considerano le aziende manifatturiere italiane). Il 66% dei produttori che utilizzano l’Intelligenza Artificiale nelle proprie attività ha riferito che il suo impiego è in aumento.
Nel corso degli ultimi anni, l’evoluzione di reti neurali e l’impiego di sempre più sofisticati e complessi algoritmi hanno prodotto sistemi intelligenti in grado di prendere decisioni ottimali in tempi più brevi dei nostri: un veicolo senza conducente dotato di IA può decidere in caso di imminente pericolo se sia più indicato frenare o sterzare con un calcolo immediato della percentuale di sicurezza per ciascuna opzione possibile. Oggi con l’IA abbiamo la possibilità di esplorare, creare ed essere assistiti nel nostro quotidiano ordinario o straordinario.
Oggi si parla anche molto di disruptive innovation, letteralmente “innovazione dirompente”, sostanzialmente un’innovazione che segna un cambiamento radicale rispetto al passato e genera un nuovo mercato. Il termine disruptive Innovation è stato introdotto nel 1995 da Clayton Christensen nel suo articolo «Disruptive Technologies: Catching the Wave»14, per descrivere quello che stava avvenendo nel mondo delle imprese: realtà imprenditoriali emergenti erano in grado di superare aziende consolidate che non si erano rinnovate e messe al passo con i tempi. Un classico esempio di disruptive innovation è il computer che ha sostituito la vecchia macchina da scrivere.
L’Intelligenza Artificiale è una nuova tecnologia che di fatto nasce nel 1943 con Warren McCulloch e Walter Pitts e che oggi
www.youtube.com/ watch?v=AmK4N3X4zTY “Nuova rivoluzione industriale”. Cosa significa e perché se ne parla tanto?
www.youtube.com/ watch?v=0CaAGI0Rw-k “L’Intelligenza Artificiale ha il nome sbagliato”. Mario Rasetti, Presidente ISI Foundation. si sta imponendo con un’evoluzione rapidissima e rivoluzionaria in diversi settori, dalle grandi industrie alla medicina, fino al mondo dell’arte che, come vedremo, sta sperimentando nuove frontiere. E come per ogni evoluzione necessita di tutta la nostra intelligenza, conoscenza storica e sociale, etica e pensiero critico, perché sia condotta nella giusta direzione.
Un tema su cui si discute è proprio l’uso corretto dell’Intelligenza Artificiale15: il riconoscimento facciale, ad esempio, se usato impropriamente può ledere l’individuo e il suo diritto alla privacy; di contro, può permettere di rintracciare un pericoloso killer a piede libero. E ancora: un robot di ultima generazione può essere impiegato in missioni di salvataggio ma anche in azioni di guerra e non solo per rilevare mine antiuomo.
Siamo lontani dall’idea di robot autonomi dotati d’intelligenza e coscienza come il replicante Roy Batty di Blade Runner, che lotta per la sua imminente “data di termine” o WALL•E, il robot spazzino che sviluppa una propria personalità e sogna di innamorarsi. Ancora non abbiamo i mezzi e le conoscenze per creare J.A.R.V.I.S, l’assistente virtuale di Tony Stark, un sistema basato sull’Intelligenza Artificiale che sviluppa una propria autocoscienza e si innamora di Pepper.
A questo proposito, una rassicurazione arriva da Mario Rasetti, presidente del’ISI Foundation: «Quante strutture semantiche diverse il nostro cervello è in grado di concepire? Un numero sterminato, un numero di 700 cifre. Nessuna macchina costruita dall’uomo arriverà mai a fare questo»16 .
Potremmo pensare che la definizione “Intelligenza Artificiale” sia sopravvalutata e fondamentalmente sbagliata. L’Intelligenza è una caratteristica degli esseri umani e del mondo vivente in generale, e una macchina che abbia le capacità che contraddistinguono l’uomo può spaventare, ma l’unico pericolo è che l’uomo faccia un uso improprio delle nuove tecnologie che lui stesso ha creato e programmato.
Tuttavia, le nuove sperimentazioni e l’attuazione di progetti visionari con IA possono comunque avere significative implicazioni filosofiche e sociali. Le riflessioni e gli approfondimenti sulle interconnessioni tra l’uomo e l’Intelligenza Artificiale sono aperte. È
un tema delicato e complesso e i governi di molte nazioni si sono già attivati per regolamentare situazioni e prospettive fino a ieri inimmaginabili. Il tempo di farlo è adesso.
Perché adesso è in corso la ricerca, la sperimentazione e la realizzazione di nuove applicazioni dell’Intelligenza Artificiale. Si stanno esplorando territori sconosciuti. E già si delineano i futuri possibili.
Intervista a Piero Poccianti
www.aixia.it L’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA). Chi ha creato l’Intelligenza Artificiale? Che cosa può fare l’Intelligenza Artificiale oggi? Quanto è importante oggi investire in questo settore? Che cos’è il Machine Learning?
Per rispondere a queste domande mi sono rivolta alla Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, AIXIA, e ho incontrato Piero Poccianti, che ne è attualmente il presidente.
AIXIA è un’associazione scientifica senza fini di lucro, fondata nel 1988, con lo scopo di promuovere la ricerca e la diffusione delle tecniche proprie dell’Intelligenza Artificiale, ed è collegata all’EURAI (l’Associazione Europea per l’Intelligenza Artificiale).
Piero Poccianti si occupa di informatica dal 1970. Ha realizzato sistemi di cartografia tematica, controllo di processo e automazione industriale. Negli anni ’80 ha lavorato presso il Gruppo MPS in ambito informatico occupandosi di innovazione e dei canali telematici, e nel 2000 ha realizzato il primo internet banking di gruppo. Uomo di grande intelligenza e profondo conoscitore dell’Intelligenza Artificiale, ci ha consentito di approfondire alcune tematiche fondamentali, aprendo un’importante e necessaria riflessione sull’intelligenza umana e su quanto sia importante avvalersi delle nuove tecnologie per migliorare la nostra società.
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1. Ritratto di Piero Poccianti realizzato grazie all’IA. Courtesy AIxIA. R. P.: Che cos’è l’Intelligenza Artificiale?
P. P.: È un vecchio mito che troviamo già nell’antichità, da Galatea, bellissima statua di donna che si trasforma e diventa una donna vera, dal Golem o da Frankenstein: una massa inanimata che prende vita. E tanti altri miti parlano di macchine che diventano intelligenti. Nell’Ottocento vi sono innumerevoli realizzazioni meccaniche, orologi che fanno cose straordinarie e robot che ripetono sempre la stessa azione, come gli scrivani. Quella che invece chiamiamo Intelligenza Artificiale moderna nasce nel 1943 a opera di due ricercatori americani, Warren McCulloch e Walter Pitts, l’uno neurofisiologo e l’altro matematico, che descrivono come potrebbe funzionare un neurone artificiale, ovvero una macchina più semplice del neurone del nostro cervello, ma che ha, più o meno, le stesse funzioni. Nel 1950, in un famosissimo articolo, Alan Turing si chiede se una macchina possa pensare. Per rispondere, cerca di spiegare cosa voglia dire “macchina” e cosa invece “pensiero”. Per definire la macchina crea un algoritmo matematico di base, che oggi chiamiamo Macchina di Turing, che descrive in forma semplificata qualsiasi computer che oggi riusciamo a costruire. Per comprendere se una macchina è intelligente inventa l’Imitation Game, un gioco dove ci sono tre entità – due uomini e una macchina – che, oggi diremmo, “chattano” da stanze diverse, e ne conclude che se dopo un po’ di tempo non si riesce più a riconoscere chi sia l’uomo e chi la macchina, ciò significa che la macchina è intelligente. Come definizione però lascia abbastanza asciutti. Basta guardare la televisione la sera: a volte ci sorge il dubbio se siamo davvero intelligenti. Alla Conferenza di Dartmouth del 1956 partecipa la maggior parte dei ricercatori che si occupano di Intelligenza Artificiale – matematici, fisici ed informatici –, e ipotizzano che in 10 anni avrebbero sicuramente riprodotto, all’interno di una macchina, qualsiasi facoltà dell’intelligenza umana. Sarà McCarthy a inventarne il nome: Intelligenza Artificiale. Possiamo dire che questi ricercatori sono stati un tantino ottimisti. Ci sono stati diversi momenti di grande entusiasmo e altrettanti di forte delusione nella storia dell’Intelligenza Artificiale: a un nuovo paradigma, a un nuovo strumento, si diceva: «Con questo facciamo l’intelligenza». Non è mai stato così, anche perché probabilmente l’intelligenza è qualcosa di più diversamente sfaccettato.
Nello specifico, possiamo distinguere due tipologie di Intelligenza Artificiale. Da un lato, quella che chiamiamo General Artificial Intelligence, l’Intelligenza Artificiale generale, che ha l’obbiettivo di creare esseri senzienti, con sentimenti e autocoscienza. Dall’altro, quella che definiamo Narrow Artificial Intelligence, l’Intelligenza Artificiale ristretta – che io chiamo Savant Artificial Intelligence–, che ha capacità straordinarie ma in campi specifici.. Sono macchine specializzate. Per capirci: nel film Odissea 2001 nello Spazio c’è una macchina intelligente – in senso generale –, che a un certo punto si ribella ai due astronauti che vogliono spegnerla perché preoccupati di come si comporta. Quella macchina riconosce il labiale, tanto che, quando gli astronauti si chiudono in una stanza per parlare aspettandosi che lei non riesca a sentirli, effettivamente non li sente, ma riesce a decifrare il loro labiale e a capire quindi che la vogliono spegnere. Noi oggi disponiamo di macchine in grado di interpretare il labiale, ma non hanno un’autocoscienza e quindi non possono ribellarsi se ne parliamo male.
R. P.: Che cosa si è in grado di fare oggi grazie all’impiego dell’Intelligenza Artificiale?
P. P.: All’interno dell’Intelligenza Artificiale ristretta, si distinguono 5 capacità. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ne cita 4, io preferisco considerarne 5. Innanzitutto la capacità di percepire la realtà: vuol dire riuscire a vedere, a riconoscere immagini ma anche azioni in tempo reale. Poi, la capacità di imparare: le macchine sono in grado di imparare da sole tramite degli esempi, ma per apprendere, per esempio, cos’è un gatto devono vedere qualche migliaio di immagini del gatto. Questo perché sanno fare poca astrazione: se a un bambino mostriamo venti immagini di gatto, egli astrae il concetto di “gattitudine”, cioè intuisce cos’è un gatto in generale. A una macchina dobbiamo fornire tantissimi esempi diversi perché non arriva a questo livello di astrazione e non ha la capacità di fare analogie.
Noi acquisiamo conoscenze diverse in contesti differenti e riusciamo a spostarle dall’uno all’altro. In questo, invece, le macchine se la cavano male. Sono intelligenti, ma anche un po’ “limitate”, e per permettere loro di compiere questa attività dobbiamo impiegare grandi quantità di energia. Abbiamo però macchine che sanno ragionare – e anche molto bene. Le tecniche di ragionamento sono tecniche abbastanza antiche che si stanno raffinando, ma ad oggi la macchina che sa fare percezione non sa fare ragionamenti, tantomeno astrazioni. La ricerca sta lavorando per creare una macchina che sappia percepire la realtà e anche ragionarci sopra, e questa integrazione potrebbe risolvere alcuni problemi sull’astrazione. È quello che il Ministero della Difesa degli Stati Uniti chiama Contestual Adaptation, cioè la capacità di adattarsi a un contesto, anche mai visto prima, perché proprio a partire dall’astrazione e dalla capacità di fare analogie si possono superare situazioni che nessuno ha mai spiegato o insegnato ad affrontare. Questo è un punto importante, sempre nel campo dell’Intelligenza Artificiale ristretta, perché ci consentirebbe di diminuire l’effort– sia da un punto di vista di tempo che di risorse impiegate – per imparare. Oggi abbiamo macchine che consumano in un mese più o meno quello che consuma la città di Boston a livello elettrico, e questa non è una strada percorribile. Dobbiamo rimediare. Infine le macchine sanno fare creatività,cioè sono capaci di inventare. Come fanno? O imparano dei pattern oppure usano dei metodi che consentono di “creare” nuove realtà da situazioni date. Ultimamente abbiamo macchine che riescono a realizzare creazioni artistiche, nell’ambito della pittura e della musica. Chiaramente prendono come esempio le immagini che forniamo noi, e imparano un certo pattern. Se poi possiamo definirla arte oppure no ci dobbiamo ragionare, ma è sicuramente un processo creativo. Manca tuttavia un fattore indispensabile per l’arte: il sentimento. Queste macchine non sono classificabili come General Artificial Intelligence: sono macchine e al contempo riescono a completare un processo meccanico di creatività. Potrebbe sembrare un ossimoro, ma in realtà non lo è, perché non hanno le sensazioni che invece l’artista prova. Finché la macchina non ha sentimenti propri e autocoscienza, resta pur sempre tale – sicuramente, però, risulta molto efficace ed efficiente, capace di sostituirci in tanti campi. Il discorso sarebbe diverso se un giorno – e non è detto che sia impossibile – riuscissimo ad inventare una macchina che si sveglia e dice: «Oggi non ho voglia di lavorare». A quel punto, godrà di un livello di autonomia non