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Case Study: BrainControl Avatar
Nel 2012 il Whitney decise di far rivivere l’opera ma non fu possibile poiché i codici e i collegamenti erano diventati obsoleti e inutilizzabili. La domanda che qui ci si pone è:
For instance, when a Web-based work becomes technologically obsolete, does updated software simply restore it? Or is the piece fundamentally changed?9
In pratica, per far funzionare nuovamente The World’s First Collaborative Sentence bisognava aggiornare parti integranti dell’opera andando a modificare l’opera originale così come pensata dal suo creatore, che ormai ultraottantenne non fu nemmeno possibile interpellare. Per un anno, al Whitney un team di programmatori e curatori discusse su come procedere: questo caso era diventato un dibattito concettuale, anche il New York Times10 gli dedicò un bellissimo articolo, e Christiane Paul, curatrice aggiunta dei new media al museo Whitney, ne evidenziò il nodo cruciale: «Una delle più grandi domande filosoficheè stata: lasciamo questi collegamenti non funzionanti come testimonianza del web e del suo rapido sviluppo?». Ma testimoniare la rapida obsolescenza di questo lavoro significava impedire ai visitatori di fruire l’opera nella sua forma originaria.
Dopo molte perplessità i curatori optarono per una soluzione nuova: duplicare l’installazione di Mr. Davis e presentarne sia la versione originale con i codici non funzionanti, mantenendo così un approccio classico del restauro, sia una versione aggiornata traducendo il lavoro di Davis in un linguaggio attuale, mantenendo comunque l’assetto il più possibile simile all’originale. Quest’ultima versione attualizzata, chiamata dai curatori del museo live version, è stata sottoposta a un restauro continuo: i codici di questo lavoro sono stati messi in open source in modo da permettere anche a persone esterne al museo di contribuire alla manutenzione e all’aggiornamento dell’opera senza “tradire” la parte storica originale.
Questo caso di restauro ci porta a riflettere su quanto sia complessa la conservazione di opere d’arte create con i BIT, e di conseguenza anche la conservazione delle recenti opere con Intelligenza Artificiale rientra appieno in questa nuova ricerca di una dimensione ottimale di conservazione, facendo tesoro di quanto appreso con la conservazione delle sue “antenate” opere della New Media Art.
In questi ultimi anni, i curatori e conservatori dei Musei si sono scontrati con l’obsolescenza di varie opere e installazioni d’arte, ritrovandosi in alcuni casi a dover adottare la strategia più radicale: la reinterpretazione che implica la ri-creazione dell’opera.
1. Museo Colección SOLO, Madrid.
Case study: Conservation Lab @ Colección SOLO
«The Key is documentation but first the most important thing is the Artist’s Voice». Julia Betancor
coleccionsolo.com Colección SOLO, Madrid
1, 2, 3 ▷ pp. 194, 196, 198 Pensando alla conservazione di opere create dagli AI artists, realizzate con la materia o elaborate con le GAN, nascono subito specifici interrogativi: come si conservano queste opere con IA nel tempo? Dove devono essere conservate? L’algoritmo usato per crearle è parte dell’opera? Quale manutenzione necessitano per continuare a funzionare?
Di fronte a questi e a molti altri interrogativi mi sono rivolta al Museo Colección SOLO1 di Madrid, al suo direttore Oscar Hormigos e a Julia Betancor, Head of art conservator Colección SOLO.
Colección SOLO non è semplicemente un museo d’arte contemporanea: è un progetto artistico internazionale con sede a Madrid che mira a promuovere, sostenere e condividere le opere d’arte di oggi. La collezione, che conta quasi ottocento opere, e il Museo Espacio SOLO costituiscono i pilastri di questo polo fondato oltre cinque anni fa dagli imprenditori spagnoli Ana Gervás e David Cantolla. Colección SOLO presenta oggi oltre centottanta artisti provenienti da diversi Paesi e contesti artistici, e vi possiamo ammirare opere che spaziano dalla pittura figurativa alla new media e alla AI Art. SOLO gestisce inoltre una vasta gamma di programmi
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a sostegno degli artisti, incluse residenze loro riservate a Madrid e in Cantabria, e ha creato un premio internazionale per la Sound Art. Oscar Hormigos, il direttore di Colección SOLO, è anche il direttore di ONKAOS, un progetto collaterale che supporta gli artisti nella concettualizzazione, produzione, finanziamento e promozione delle loro opere, compresa la diffusione e commercializzazione, anche con supporto legale, monitorando la tracciabilità delle loro vendite con i certificati blockchain.
2. Museo Colección SOLO, Madrid.
Espacio SOLO si trova nel cuore di Madrid, parte dell’art mile della città che comprende i musei del Prado, il Reina Sofia e il Thyssen-Bornemisza. Questa location riflette l’impegno di SOLO nel difendere l’arte e gli artisti di oggi, un luogo eccezionale progettato per promuovere e condividere l’arte contemporanea.
È importante considerare la storia e la missione di questa realtà anche perché al suo interno è stato costituito un Conservation Department e un Media Art Conservation Lab dove sono state affrontate con un approccio e metodo innovativi le problematiche inerenti alla conservazione delle nuove opere d’arte contemporanea. Julia Betancor, l’head del Media Art Conservation Lab, dopo gli studi a Palazzo Spinelli a Firenze e anni di esperienza nell’ambito della conservazione delle opere d’arte, ha saputo affrontare le sfide che le nuove opere di AI Art pongono ai conservatori di oggi. Durante una piacevolissima e quanto più interessante conversazione, le ho posto queste domande: quale strategia bisogna oggi adottare per conservare opere d’arte create con Intelligenza Artificiale? Come conservare un AI artwork come Memories of Passersby I 2 di Mario Klingemann che ha parti materiali e immateriali?
La documentazione è cruciale, ma anzitutto la cosa più importante è la voce dell’artista.
Julia Betancor
Julia Betancor ci spiega che due anni fa con l’appoggio della Colección SOLO è stato realizzato il primo caso di studio di conservazione di un’opera creata con Intelligenza Artificiale. Nello specifico, l’opera oggetto di studio era proprio Memories of Passersby I di Mario Klingemann. Le questioni da affrontare erano molte: possiamo conservare l’algoritmo? Come conservare un’opera che ha componenti fisiche e non fisiche?
Come conservatori, ci poniamo una doppia sfida: non solo dobbiamo preservare la parte intrinsecamente fisica dell’opera, ma è anche essenziale preservare il non materiale, l’informazione generata dalla rete neurale immateriale3 .
La risposta è: ascoltare l’artista con un approccio olistico e transdisciplinare. Per questo case study sulla conservazione, Julia Betancor ha lavorato fianco a fianco con Mario Klingemann chiedendogli come avrebbero dovuto lavorare nel rispetto della filosofia dell’opera da lui creata. A fronte dell’inevitabile obsolescenza, bisogna parlare con l’artista, ascoltare la sua voce e comprendere
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il suo punto di vista per capire come vuole che la sua opera d’arte “invecchi”.
3. Museo Colección SOLO, Madrid.
Il mio compito come Direttore della Conservazione e Restauro della Colección SOLO è identificare, consigliare e ricercare le migliori strategie di conservazione per le opere d’arte che la compongono, in conformità con i criteri e gli standard internazionali, secondo il nostro codice etico. Questo Dipartimento di Conservazione è aperto alla diffusione in modo sostenibile, alla connessione di pensatori e ricercatori, in un ambiente inclusivo, diversificato e accessibile4 .
A questo primo e pionieristico case study sulla conservazione di un’opera di Klingemann hanno partecipato Julia Betancor, Dan Finn, Media Conservator, Smithsonian American Art Museum (SAAM), Ana Lizeth Mata del Laboratorio sul Restauro dell’Opera Moderna e Contemporanea presso l’ENCRyM-INAH, e Alvar García, IT professional and developer. Insieme hanno creato il team del TBM5 Art Conservation Lab al Museo Reina Sophia di Madrid in occasione delle Jornadas de Conservación de Arte Contemporáneo 2020.
La conservazione e il restauro della Time Based Media Art è un lavoro molto articolato e include la comprensione e l’applicazione di metodi di conservazione sia fisici che digitali.
In questo senso, e per raggiungere obiettivi tangibili, come ha sottolineato Julia Betancor un lavoro di squadra con figure professionali che provengono da diversi settori è l’arma vincente. Per esempio, Dan Finn ha portato tutta la sua esperienza acquisita con la manutenzione e conservazione di installazioni complesse presenti allo Smithsonian:
Il concetto di identità è stato molto importante nel nostro campo […]. L’identità di un’opera è costituita da tutte le caratteristiche significative che devono essere mantenute in una iterazione di successo. In generale, i report includono una descrizione di base dell’opera, una dichiarazione di significato in cui inseriamo le dichiarazioni dell’artista o dei curatori sul significato e il contesto dell’opera, la storia della mostra, diagrammi, piani, istruzioni dell’artista e una valutazione generale di rischio6 .
Il confronto diretto con l’artista resta lo strumento fondamentale per conoscere l’intento dell’autore e tutelarne il lavoro e il suo significato. E se è vero che l’artista può dettare le linee guida da seguire per preservare le sue opere, è compito poi del curatore o meglio del team curatoriale, includendo possibilmente anche tecnici specializzati, fornire soluzioni affinché l’opera non subisca alterazioni del suo significato originale e si possa preservare il funzionamento delle sue parti materiali nel tempo.
L’innovazione costante apportata dagli artisti di oggi e di domani supererà rapidamente le risorse tecnologiche di cui possono disporre i musei per la conservazione e il restauro. Difficile dire quando
avrà luogo l’obsolescenza delle opere create in questi anni, e proprio per questo bisogna tutelare l’opera di oggi per sapere quale sarà la sua strada domani.
Sono convinta che l’approccio tailormade – e decisamente innovativo – adottato da Julia Betancor e dal suo team rappresenti il profondo rispetto nei confronti dell’artista e della sua produzione che ogni concezione curatoriale dovrebbe avere, se pur dobbiamo riconoscere quante effettive difficoltà comporti il creare un’adeguata documentazione e un’adeguata strumentazione per la corretta conservazione di opere tecnologiche con riferimento agli elementi che la compongono e alla loro manutenzione.
Il nuovo Time Base Media Art Conservation Lab (TBMACL), della Colección SOLO/Onkaos, continua a lavorare sulle nuove sfide di conservazione e restauro delle opere d’arte generate dalla tecnologia.
Continuiamo a crescere, responsabilizzando le persone e senza accettare un “no” come risposta, in linea con il progetto e nel più puro spirito Onkaos7 .
Riflessioni
Riprendo per l’ultima volta l’appello del Direttore Generale dell’ICOM Peter Keller, per sottolineare l’importanza del ruolo del museo in un momento storico di grande rinnovamento tecnologico e il ruolo fondamentale della nuova generazione di curatori e conservatori che hanno accettato le odierne sfide di preservare le opere create dagli AI artists:
[...] Museums keep reinventing themselves in their quest for becoming more interactive, audience focused, community oriented, adaptable and mobile. [...]
Peter Keller, intervento all’International Museum Day 2019, Rabat, Marocco, 18 maggio 20198
Poiché l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale nella produzione artistica internazionale continuerà a essere utilizzata, è certo importante che le pratiche di conservazione dei musei si evolvano.
Accanto ai musei, è rilevante anche il ruolo delle gallerie d’arte e delle case d’asta che propongono la vendita di opere degli AI artists: come ai musei, anche a loro spetta il compito di creare la documentazione completa dell’opera da consegnare al compratore per preservare l’opera nel rispetto della volontà dell’artista e del suo significato.