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Intervista a Piero Poccianti
Questa è solo una parte delle risorse offerte dall’IA di cui possiamo avvalerci in ambito museale: quella che possiamo toccare con mano. Vi sono oggi programmi con IA – e questi faranno sempre più la differenza – volti per esempio ad analizzare i consumi energetici all’interno degli edifici3 o a prevedere il numero di visitatori di una mostra4, altri volti a migliorare gli allestimenti degli spazi espositivi attraverso il supporto di studi neuroscientifici sulla percezione delle opere d’arte5 da parte dei visitatori.
C’è anche tutto un mondo nascosto che non vediamo, un “dietro le quinte” fatto di algoritmi e programmi che supportano il processo di catalogazione, la gestione delle collezioni, la ricerca di nuove interconnessioni tra le opere d’arte e ancora altre funzioni, e in questo capitolo avrete una panoramica su alcuni progetti che attraverso l’uso dell’IA hanno esplorato nuove frontiere. Sono progetti di grande utilità per i musei e ci svelano quei “futuri possibili” in cui l’IA rivela di poter andare ben oltre l’immaginario collettivo. Considerate che oggi siamo solo in una fase embrionale delle sue possibilità d’impiego nel mondo dell’arte.
Prima di illustrare alcuni di questi progetti pionieristici, vi racconto brevemente come si è attuata l’innovazione digitale partita negli anni ’90 soffermandomi su tre punti: dapprima consideriamo che in questi ultimi anni, di fronte a un vertiginoso crescendo nell’impiego delle nuove tecnologie, si è creata confusione tra quello che è l’uso del digitale e l’impiego delle IA nelle istituzioni museali e nel mondo della cultura in generale, almeno per quanto ho potuto rilevare dal sondaggio di cui vi ho parlato all’inizio del libro. Come secondo punto consideriamo che l’Intelligenza Artificiale lavora bene quando può disporre di molti dati, di molte immagini su cui poter addestrare un algoritmo. Sono nati tanti progetti con IA negli ultimi anni proprio perché i musei hanno reso disponibili online le loro immense collezioni. Terzo punto: con la Quarta rivoluzione industriale il ruolo del museo si è evoluto6 in seguito allo sviluppo tecnologico e vedremo che persino la sua stessa definizione storica è in un momento di riformulazione.
L’innovazione tecnologica, partendo dalla realtà digitale, ha coinvolto tutte le realtà museali apportando sostanziali cambia-
www.youtube.com/ watch?v=EKBKqcaHOIg The future of museums in a big data world. menti e ha aperto la strada all’uso della IA come supporto del museo e della gestione e fruizione delle collezioni d’arte.
La digitalizzazione delle collezioni d’arte: verso una nuova fruizione online. Quando i musei diventano digital?
Partendo dagli anni Novanta, le innovazioni in campo informatico e lo sviluppo delle ICT (Tecnologie di Informazione e Comunicazione) hanno fortemente cambiato la nostra comunicazione sia a livello sociale che culturale. Era il 1991 quando il ricercatore Tim Berners-Lee del CERN di Ginevra lanciò il primo protocollo HTTP7 (HyperText Transfer Protocol): un’invenzione che avrebbe cambiato il mondo. Alcuni musei, inizialmente soprattutto quelli dedicati alla scienza, comprendono subito le potenzialità di Internet e come questa rivoluzione avrebbe cambiato l’approccio con il pubblico. Siamo nel 1993 quando vengono lanciati sul web i primi siti dei musei come lo Smithsonian o il Museo di Paleontologia (UCMP) dell’Università della California a Berkeley. Arriviamo nel 1997 e alla prima conferenza Museums and the Web8, tenutasi a Los Angeles, in cui si espone e si analizza la creazione di reti di musei virtuali: la strada da percorrere è tracciata. La realtà fisica del museo viene codificata per creare un nuovo ecosistema digitale che comunica con modalità differenti, e oggi con molteplici canali: l’esperienza museale non finisce più quando si esce da un museo, ma può continuare – o iniziare – online, per esempio, con approfondimenti delle opere esposte.
Con questo incredibile processo di digitalizzazione culturale, agli inizi del nuovo millennio i musei si sono dotati di un sito web, di schermi touch screen all’interno delle esposizioni e di installazioni interattive sicuramente nuove e coinvolgenti. Scriveva Hazan nel 2003:
[...] nuove tecnologie che lavorano fianco a fianco con, o sostituendo semplicemente, il vecchio, rappresentano una naturale progressione delle strategie espositive che servono a valorizzare e contestualizzare le collezioni nello stesso modo in cui i musei fanno da decenni se non secoli9 .
I musei e le istituzioni culturali hanno come scopo primario la tutela e l’esposizione al pubblico del patrimonio che custodiscono. Con l’impiego delle ICT si è potuto creare una versione digitale, ovvero “immortale”, di tutte le opere, dai manoscritti antichi alle creazioni contemporanee. L’ICOM (International Council of Museums), durante la conferenza tenutasi nel 2007 a Vienna, definisce cos’è un museo e quali siano le sue finalità:
Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, e le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto10 .
In questo senso, il processo di digitalizzazione delle opere d’arte, oggi fruibili anche in gigapixel grazie a sofisticati scan, ha dato un grande aiuto a tutte le istituzioni culturali nel conseguimento dei loro obiettivi. Possiamo osservare il più piccolo dettaglio del dipinto di Johannes Vermeer Ragazza col turbante11 grazie all’immagine fruibile online realizzata con una risoluzione di circa un miliardo di pixel.
Si è aperta la strada per nuove ricerche, per nuovi studi interconnessi tra le opere nei diversi musei. E ancora: si continua a implementare la comunicazione, coinvolgendo sempre più il visitatore che negli anni ha imparato a usare Internet per reperire informazioni e approfondimenti su vari temi e tematiche del mondo dell’arte. Così le persone di tutto il mondo possono ora scaricare e condividere gratuitamente i contenuti di Smithsonian Open Access: dai ritratti storici di illustri americani alle scansioni 3D di fossili di dinosauri. Nello specifico, possiamo sfogliare online – e usare liberamente! – 3 milioni di immagini digitali 2D e 3D, dai dipinti ai fossili, provenienti dai diciannove musei dello Smithsonian12,13, da nove centri di ricerca, biblioteche, archivi e dallo zoo nazionale.
E ancora con Google Art & Culture possiamo fare visite virtuali nei grandi musei del mondo, approfondirne la storia così come
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shorturl.at/knEH1 Smithsonian Secretary Launch event for #SmithsonianOpenAccess. 2, 3. Elaborazione del dipinto di Johannes Vermeer, Ragazza col turbante, 1665-1666 ca., Museo Mauritshuis, Amsterdam.
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4. Robert S. Duncanson, Loch Long, 1867, olio su tela, 17,7 × 30,3 cm, Smithsonian American Art Museum, donazione di Donald J. Shein, Washington. ammirare i più piccoli dettagli delle pennellate delle opere che più ci piacciono. A oggi non tutti i musei hanno messo online le loro collezioni complete perché alcuni ritengono che questo possa invogliare il visitatore a recarsi a visitarla di persona. In realtà, pur nell’era del web 3.0, è chiaro che il digitale e nuove tecnologie come l’IA non possono comunque sostituire l’esperienza fisica, ma piuttosto incentivarla e aprire discussioni sui social, favorire l’interazione con il museo e con gli artisti: il museo è diventato così anche il luogo dello storytelling del passato, del presente e del futuro oggi più che mai, grazie alla nuova potente comunicazione con l’esterno che il digitale unitamente a Internet ha reso accessibile.
[...] Museums keep reinventing themselves in their quest for becoming more interactive, audience focused, community oriented, adaptable and mobile. [...]
Peter Keller intervento al Museum Day 201914
www.youtube.com/ watch?v=fSDP8DXdwrA 25° ICOM General Conference, Kyoto 3 settembre 2019.
Oggi attorno al visitatore si articola una narrazione, fisica e virtuale, che lo porta alla scoperta delle opere d’arte, alla riflessione, alla condivisione e quindi all’interazione. Il museo e l’esperienza museale stanno cambiando e su questo occorre riflettere. Lo sta facendo ovviamente l’ICOM, International Council of Museum, che a fronte di queste innovazioni digitali ha compreso di dover rivedere la definizione attuale di “museo”.
In occasione della Conferenza Generale di Kyoto 201915 l’ICOM ha invitato tutti i suoi membri internazionali ad aggiornare, pur nel rispetto delle sue finalità, la definizione di museo del 2007 e sono state raccolte 267 proposte dai diversi stati nel mondo16 .
La proposta dell’Italia è stata la seguente:
Il Museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, accessibile, che opera in un sistema di relazioni al servizio della società e del suo sviluppo sostenibile. Effettua ricerche sulle testimonianze dell’umanità e dei suoi paesaggi culturali, le acquisisce, le conserva, le comunica e le espone per promuovere la conoscenza, il pensiero critico, la partecipazione e il benessere della comunità17 .
Il museo, da sempre scrigno di cultura, preservazione e ricerca, si apre sempre più verso la società, ne diviene una parte pulsante; non solo racconta la nostra storia, ma la amplifica acquisendo un ruolo fondamentale nel migliorare il nostro mondo attraverso la cultura e con importanti riflessioni e rimandi a tematiche sociali. Se nello scorso millennio i musei hanno esplorato le funzioni di un mondo digital, oggi applicano le tecnologie di ultima generazione unitamente all’IA, non più solo per comunicare ma anche per interagire con i visitatori offrendo loro nuovi scenari di fruizione culturale, virtuale e fisica, migliorando a tutto tondo la user experience.
La grande rivoluzione museale di questo millennio sta proprio nell’uso delle nuove tecnologie che non sono un fine ma uno strumento di supporto interno per la propria organizzazione ed esterno per la diffusione della cultura in maniera digitale e innovativa.
La fruizione fisica del patrimonio non viene meno con la tecnologia: al contrario, occorre cogliere l’opportunità comunicativa e di coinvolgimento che questi nuovi strumenti offrono:
Il museo prende voce, diventa narratore e trascende la propria dimensione fisica: il museo diventa virtuale, impalpabile, e ci raggiunge nelle nostre case su computer, cellulari e palmari. Il “museo sensibile” è ora capace di ascoltare, di modificarsi, di recepire i contributi dei visitatori che divengono essi stessi curatori e creatori di contenuti: nell’era del web collaborativo esso diventa creatura condivisa e si plasma su molteplici apporti, mitigando l’aura contemplativa di tempio della conoscenza tra i visitatori per i visitatori18 .
In poco tempo i musei si sono trovati di fronte a una grande opportunità e hanno saputo coglierla – almeno la maggior parte di loro. Tra le istituzioni che hanno impiegato con successo l’Intelligenza Artificiale nella creazione di una realtà virtuale troviamo il Dalí Theatre Museum19, a Figueres, che offre ai visitatori nuove e coinvolgenti esperienze di virtual tour: grazie alla piattaforma Matterport è stato riprodotto un ambiente online, che è l’esatta copia del museo dal vero, entro il quale ci si può muovere liberamente, osservare le opere esposte in uno spazio 3D e fruire di approfondimenti a portata di click.
Nel Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale20 pubblicato a febbraio 2020 a cura della Commissione Europea sull’Intelligenza Artificiale si incentiva l’utilizzo dei sistemi di IA in diversi settori compreso quello culturale.
In Italia si è ben avvertita la necessità di guardare al futuro in particolar modo dopo i diversi lockdown dovuti alla pandemia da Covid-19 che hanno coinvolto anche i luoghi d’arte. Il 23 e il 24 marzo 2021 è stato realizzato l’evento ARTathlon – Arte in Movimento21 , una maratona creativa nata dalla collaborazione tra il Ministero della Cultura, attraverso la Direzione generale Musei, EY22 e Invitalia (Agenzia Nazionale per lo Sviluppo)23. Scopo di questo ARTathlon era selezionare i migliori progetti che sfruttando tecnologie d’avanguardia quali Blockchain, AR/VR, AI e IoT, andassero a supportare il Ministero nel duplice obiettivo di abilitare una narrazione dell’esperienza museale innovativa e avvicinare i giovani al mondo dell’arte24 .
rb.gy/pdukze Virtual Tour – Dalí’s Theatre-Museum in Figueres.
5. Tour virtuale del Dalí Theatre Museum, Figueres, Girona, Spagna.
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www.youtube.com/ watch?v=9kDRsKy-3YU&t=116s La Maratona Creativa “ARTathlon – Arte in Movimento”.
Creare nuove narrazioni e innovativi percorsi di valorizzazione attraverso il coinvolgimento di diverse competenze e professionalità per ampliare le modalità di fruizione, digitale oltre che fisica, del patrimonio culturale, esigenza che si sta rafforzando in tempi emergenziali. Ampliare il target dei pubblici a favore delle nuove generazioni nell’ottica di una
politica culturale inclusiva e partecipativa, incrementando la loro presenza sui canali di comunicazione social e creando una community, grazie a strumenti stimolanti come la gamification e l’interattività.
Talitha Vassalli di Dachenhausen Dirigente del Servizio II, Sistema museale nazionale del MiC25
Il progetto vincitore è stato Museo Aperto creato da Skylabs. La sua missione è quella di offrire ai musei la possibilità di creare percorsi formativi e interattivi ai giovani visitatori. Il progetto coniuga l’Intelligenza Artificiale in una rete di conoscenza tramite un Knowledge Graph: dati provenienti da fonti differenti vengono interconnessi per fornire un unico layer. Al secondo posto si è presentato Museo Zeta, la proposta di Art Rights e Lieu.City. Questo progetto è incentrato sul concetto di community e di condivisione: è la prima piattaforma digitale che unisce la realtà fisica e quella virtuale dando la possibilità a tutti gli appassionati di creare il proprio museo personale selezionando le opere preferite dai vari musei italiani, nella loro fisicità e in versione virtuale.
I team vincitori sperimenteranno i loro progetti in vari siti: Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini e Galleria Corsini, Parco Archeologico dell’Appia Antica con la Direzione regionale musei della Toscana e con il supporto del MiC, Invitalia e EY.
L’IA nei musei: dal digitale all’IA
Il museo, sappiamo essere uno straordinario “contenitore” di cultura, che si tratti di dipinti antichi o opere digitali, e l’identità museale è fortemente e indissolubilmente legata alla propria collezione. L’Intelligenza Artificiale oggi può essere un valido supporto nell’organizzazione, categorizzazione delle opere, nella creazione di un database della collezione o di musei virtuali per analisi interna.
È importante sottolineare che proprio la proliferazione di vaste – vastissime! – collezioni di opere online è un terreno fertile per nuove applicazioni tecnologiche, nuovi algoritmi che permettono di studiare, catalogare, esplorare, creare interconnessioni semantiche.
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Questo è un punto essenziale: vi ho parlato della rivoluzione digitale nei musei perché gli algoritmi hanno bisogno di dataset, archivi digitali, in questo caso di immagini di opere d’arte e di tutte le informazioni correlate su cui addestrarsi per creare connessioni e interconnessioni. Molti progetti che vi illustrerò di seguito nascono proprio dalla disponibilità di intere e grandi collezioni d’arte in digitale o sul web: senza la rivoluzione digitale questi progetti non sarebbero mai nati.
La grande potenzialità, oggi sfruttata, dell’IA è che questa non riconosce solo i dati ma per esempio può analizzare le immagini, leggerne i dettagli e le caratteristiche e potenziare, meglio ancora approfondire al massimo l’analisi. La tecnologia di apprendimento automatico, il deep learning, può essere addestrata per identificare processi e schemi complessi, classificare le fotografie delle opere ed elaborare previsioni sui dati esistenti.Un sistema di deep learning può riconoscere antichi documenti scritti a mano in latino e renderli digitali in base alla banca dati di memoria di cui dispone.
Per comprendere l’incredibile progresso nell’analisi delle collezioni d’arte e cosa si stia realizzando oggi, ho incontrato Giovanna Castellano, professore associato e coordinatore del Laboratorio di Intelligenza Computazionale (CILab)26, e Gennaro Vessio, ricercatore universitario, entrambi afferenti al dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Mi hanno illustrato come l’Intelligenza Artificiale possa essere un valido alleato quale strumento per condurre un’analisi automatica del patrimonio artistico digitalizzato. Questo nuovo impiego dell’IA può permettere a curatori e storici dell’arte di indagare, scoprire e approfondire nuove interconnessioni tra opere d’arte e artisti di periodi storici differenti. Il loro lavoro di ricerca parte dall’uso delle cosiddette deep neural network (reti neurali profonde), una classe di modelli di apprendimento automatico che, sulla base di collezioni di opere d’arte digitalizzate, permette fra l’altro di scoprirne le interrelazioni, offrendo così una nuova conoscenza utile per studiare interconnessioni tra artisti, opere, stili e movimenti artistici. L’obiettivo è proprio questo: aprire la strada a nuovi percorsi di studio dell’arte. Per uno storico può essere davvero complesso studiare nel dettaglio le diverse influenze di uno stesso artista o tra diversi artisti attraverso le loro opere:
Determinare similarità visive tra dipinti così come influenze tra artisti è intrinsecamente soggettivo per gli esperti e dipende da diversi fattori, in particolare la loro percezione estetica. Per aiutare gli esperti con un metodo automatico e più oggettivo, abbiamo affrontato il problema di creare una macchina in grado di imitare questo complesso meccanismo di percezione27 .
L’indagine dell’intero corpus di opere di un artista o di una corrente artistica, che fino ad anni fa era svolta prevalentemente su base fotografica, è un lavoro lungo e macchinoso e anche al più esperto studioso può sfuggire il rimando stilistico di un piccolo oggetto, una piccola traccia che si presenti in un dipinto. Avere oggi disponibile uno strumento che permetta di indagare nuove connessioni tra opere, stili e artisti è un grande passo avanti. La ricerca di Castellano e Vessio si è poi spostata sul problema di sviluppare algoritmi che “raggruppino” opere d’arte automaticamente, in base alle loro similarità visive:
Raggruppare automaticamente opere d’arte simili è difficile per diversi motivi. Da un lato, è estremamente difficile riconoscere regolarità, schemi significativi sulla base della conoscenza di dominio e della percezione estetica. Dall’al-
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6. A sinistra esempi di immagini di dipinti fornite in input, come query/ interrogazioni, al sistema sviluppato. A destra, le tre opere “visivamente” più simili a ciascuna query, prodotte da artisti differenti, ritrovate dal sistema all’interno dello stesso database di opere d’arte digitalizzate. tro lato, l’applicazione di tecniche tradizionali [...] si rivela spesso del tutto inefficace. Per affrontare questi problemi, proponiamo di utilizzare un modello di rete neurale profonda per il raggruppamento automatico di opere d’arte digitalizzate [...]. Risultati sperimentali quantitativi e qualitativi hanno mostrato l’efficacia del metodo proposto [...]. Tale metodo può essere utile per diverse attività legate all’arte, in particolare il ritrovamento di opere simili visivamente e la scoperta di nuova conoscenza storica in database culturali28 .
Grazie alla crescente disponibilità di grandi collezioni d’arte digitalizzate, come quelle rese fruibili da WikiArt o dal Metropolitan Museum of Art di New York, unitamente ai recenti progressi nel campo del pattern recognition e della computer vision,Castellano e Vessio hanno utilizzato “un modello di clustering convoluzionale profondo” che si basa solo su caratteristiche visive apprese automaticamente dal modello di rete neurale. In pratica hanno creato un modello di Intelligenza Artificiale in grado di riconoscere attributi stilistici o semantici utili a raggruppare dipinti simili, senza alcun intervento umano nel processo di apprendimento della macchina:
Sebbene questo modello non sia del tutto innovativo, siamo riusciti a trovare una variante idonea del modello originale che, una volta estratte automaticamente le caratteristiche più significative dalle immagini dei dipinti, possa aiutare ad acquisire nuova conoscenza sulle relazioni tra dipinti – utili per diverse applicazioni – in modo completamente non supervisionato. […] I risultati ottenuti superano gli studi precedenti, poiché abbiamo preso in considerazione la capacità dei modelli di rete neurale di sfruttare complesse relazioni non lineari all’interno dei dati29 .
Attraverso la supervisione di una recente tesi di laurea magistrale in Data Science sull’argomento, sempre Castellano e Vessio hanno anche realizzato un knowledge graph (un grafo di informazioni e di relazioni), utilizzando sia le immagini delle opere d’arte sia metadati testuali a esse associati30. L’utilizzo di questa tecnica, volta a sfruttare informazione non soltanto visuale ma anche “contestuale”, relativa per esempio al luogo in cui un’opera è conserva-
ta, al materiale con cui è stata realizzata, o addirittura all’emozione suscitata dall’opera nell’osservatore, può fornire una base di conoscenza ancora più ricca per sviluppare sistemi automatici sempre più accurati ed efficaci.
Di grande interesse è il percorso che la ricerca ha condotto negli ultimi anni per avere l’IA a supporto degli esperti d’arte. In Deep learning approaches to pattern extraction and recognition in paintings and drawings: an overview Castellano e Vessio presentano un approfondimento sulla sperimentazione e sulla evoluzione dell’uso del deep learning per il riconoscimento di pattern nei dipinti e nei disegni. Nel Sommario della pubblicazione si legge:
Recenti progressi nel campo del deep learning e della visione artificiale, insieme con la crescente disponibilità di grandi collezioni di opere d’arte digitalizzate, hanno aperto nuove opportunità ai ricercatori in questi settori per assistere la comunità artistica con strumenti automatici che aiutino ad analizzare e a meglio comprendere le arti visive. La ricaduta applicativa è la possibilità di rendere il patrimonio artistico accessibile a una popolazione sempre più ampia, favorendo, in ultima analisi, la diffusione della cultura31 .
7. Qui è possibile individuare alcune delle opere conservate in una nazione diversa da quella in cui le stesse opere sono state create. È possibile notare come molte opere siano state realizzate in Italia, in particolare a Venezia, ma siano conservate in altri Paesi, come per esempio il Regno Unito e gli Stati Uniti.
8. Qui è mostrata una parte delle opere conservate in Italia, consentendo di individuare alcuni centri culturali italiani, nello specifico Venezia, e alcune fra le gallerie più importanti, tra cui la Galleria degli Uffizi a Firenze.
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Gli studi di Castellano e Vessio ci permettono di comprendere quanto intense e promettenti siano la ricerca e la sperimentazione nell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale al mondo dell’arte. Dall’uso di reti neurali per trovare connessioni tra opere, ora la meta è arrivare a creare sistemi che permettano di esplorare ancor più a fondo pattern nascosti nella ricchezza del patrimonio culturale attraverso sistemi sempre più sofisticati ed efficienti.
I Musei non sono solo pronti a usare l’IA ma hanno già cominciato a sperimentarne l’utilità. Ci vorrebbe un libro per raccontare tutti i nuovi progetti realizzati negli ultimi anni a supporto della gestione e organizzazione delle collezioni. Mi limiterò a descriverne alcuni tra i più rappresentativi.
Statens Museum for Kunst, Copenaghen
Nella gestione delle collezioni l’uso della IA è un valido aiuto, sia per una questione di catalogazione interna32, con applicazioni di art-management sempre più all’avanguardia, sia dal punto di vista della creazione della collezione digitale destinata alla fruizione pubblica, quindi online.
Il 29 novembre 2019, lo Statens Museum for Kunst33 – il Museo d’arte nazionale della Danimarca – ha reso disponibile una nuova e user-friendly collezione online. Circa quarantamila opere digitalizzate della collezione del Museo sono state suddivise in categorie per mezzo dell’Intelligenza Artificiale.
Impiegare persone che classificano tutte le opere sarebbe incredibilmente costoso e avrebbe richiesto molto tempo. Inoltre, sarebbe molto complicato modificare la procedura in un secondo momento: si dovrebbe passare nuovamente attraverso l’intera collezione. Con l’Intelligenza Artificiale, possiamo portare a termine il lavoro rapidamente in modo da poterci concentrare su compiti più complicati e creativi34 .
Jonas Heide Smith Head of SMK Digital
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9. Il lavoro di digitalizzazione del patrimonio artistico dello Statens Museum for Kunst, Copenaghen. Courtesy SMK.
www.youtube.com/ watch?v=GnYAz6sJK_0 Art exploration with AI The Met launched an Open Access Program.
10 ▷ p. 52 Metropolitan Museum, New York
«The MET is not just a place that you visit but it’s really a great service to an audience all around the world.» Max Hollein Director of The Metropolitan Museum of Art35
Il Metropolitan Museum36 (MET) si posiziona a tutto titolo in quella fascia di musei che guarda al futuro: ha esplorato le potenzialità della IA in tanti modi sia internamente sia per offrire al pubblico nuovi strumenti per esplorare la sua collezione. Il 7 febbraio 2017, il MET ha adottato una nuova politica nota come Open Access, rendendo di pubblico dominio, e liberamente disponibili per un uso illimitato e senza alcun costo, in conformità con il Creative Commons Zero (CC0), più di 375.000 immagini di opere d’arte delle sue collezioni37 .
Il 25 ottobre 2018, il MET lancia una nuova API38 (Application Programming Interface) pubblica per la sua collezione e una grande prima implementazione con Google Arts & Culture (GA&C). Da questa condivisione e successiva partnership con Google A&C sono partiti molti progetti volti a migliorare la fruizione e l’interazione con la collezione grazie all’aiuto delle nuove tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale. Questo è stato possibile perché si è andato a creare un data-set, un archivio virtuale di opere per il pubblico, su cui poter lavorare per creare nuovi progetti sfruttando algoritmi e AI.
Ne è un esempio l’Hackaton organizzato nel 2018 da The Met, Microsoft e il Massachusetts Institute of Technology, la maratona di idee e sviluppo di programmi software, per dare spazio a nuovi progetti e strumenti di interazione in relazione alle ormai quattrocentomila immagini digitalizzate e per esplorare come l’Intelligenza Artificiale possa connettere le persone all’arte.
Utilizzando le immagini API, i dati e un nuovo dataset di parole chiave, il nostro obiettivo era immaginare e sviluppare nuovi modi percorribili per consentire al pubblico globale di scoprire, apprendere e creare con una delle collezioni d’arte più importanti al mondo attraverso l’Intelligenza Artificiale39 .
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10. Jan van Eyck e bottega, La Crocifissione e Il Giudizio finale e particolare 1390-1441 ca., olio su tele trasferite da tavole di legno, 56,5 × 19,7 cm ciascuna, Metropolitan Museum of Art, New York. 11. Un esempio del progetto Artwork of the Day, Metropolitan Museum of Art, New York.
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Da questa collaborazione interdisciplinare sono nati progetti come Artwork of the Day, Gen Studio, My Life, My Met, Storyteller, Tag, That’s It!40, sostanzialmente “applicazioni” che permettono di interagire, a volte anche in maniera molto divertente, con le opere d’arte.
Il MET continua tutt’oggi a sperimentare in che modo la tecnologia e l’IA possano aiutare il pubblico a stabilire connessioni e sperimentare in tutta la loro portata le opere d’arte Open Access del museo. La collaborazione con il team Applied IA di Microsoft ha portato alla creazione di un progetto proof-of-concept chiamato Art Explorer41, uno strumento che sfrutta la capacità di ricerca cognitiva di Azure Search’s per arricchire l’esperienza di un visitatore virtuale.
In pratica, Art Explorer presenta all’utente una serie di opere simili a quella che egli sta visualizzando. Ad esempio se sta osservando l’opera Olive Trees di van Gogh, verranno suggerite opere raffiguranti alberi con colori simili come I cipressi di van Gogh o View from the Artist’s Window, Grove Street di Robert Frederick Blum, ma verrà anche visualizzato il dipinto indiano del XVII secolo Demons Fighting over an Animal Limb.
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12. L’Intelligenza Artificiale seleziona opere d’arte visivamente simili selezionandole dalla collezione The Met Open Access in Art Explorer. Dall’alto: Vincent van Gogh, Ulivi, 1889. In basso, da sinistra a destra: artista sconosciuto, Demoni in lotta per un arto animale, fine del XVII secolo, India; Robert Frederick Blum, Vista dalla finestra dell’artista, Grove Street, ca. 1900; Vincent van Gogh, Cipressi, 1889.
Normalmente non si associa il lavoro di van Gogh né ai demoni né all’India, ma guardando entrambe le immagini fianco a fianco, possiamo vedere somiglianze nel colore e nella forma degli alberi raffigurati in entrambe le opere. Questo è il potere dell’Intelligenza Artificiale: può rilevare modelli non prontamente notati dagli esseri umani42 .
Google Arts & Culture
Google Arts & Culture – precedentemente Google Art Project – è un progetto lanciato il 1º febbraio 2011 da Google. Nel lancio del progetto erano inclusi diciassette musei partner.
Oggi su Google Arts & Culture43 troviamo le opere digitalizzate in alta definizione delle collezioni dei maggiori musei del mondo e in questo vasto – enorme – mondo digitale parallelo, le applicazioni che utilizzano IA permettono all’utente di ottimizzare la propria ricerca, interagire con le opere, approfondire la conoscenza – anche in questo caso divertendosi – di un patrimonio artistico a portata di click.
shorturl.at/cpuDQ Amit Sood, director of Google’s Cultural Institute and Art Project. 13. Google Art & Culture.
Da spettatore, l’utente è chiamato a partecipare, a scegliere il proprio percorso e a interagire con le opere. In un articolo del Washington Post pubblicato nel 2011 si legge:
Molti importanti musei d’arte hanno già prodotto vasti database delle loro collezioni e forniscono accesso ad alcune delle loro collezioni online. Il Google Art Project si differenzia per la sua combinazione di una funzione walk-through, che consente ai visitatori di vedere come i dipinti sono appesi e organizzati mentre si muovono virtualmente attraverso la collezione, con la possibilità in alcuni casi di vedere immagini ad alta risoluzione di specifiche opere. Riunisce inoltre importanti musei di tutto il mondo attraverso un’unica interfaccia, con la straordinaria portata online di Google44 .
Dopo oltre dieci anni le collaborazioni con i musei e i progetti avviati sono in un crescendo continuo. Oggi con Google Arts & Culture si può far suonare un dipinto di Kandinskij45, un progetto
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