Gesù e Giuseppe nell'arte di Francois Boespflug

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Come si comportò Giuseppe, il padre adottivo di Gesù, nei suoi confronti? Come hanno interpretato i pittori di ogni epoca il loro singolare rapporto? www.jacabook.it ISBN 978-88-16-60671-5

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€ 70,00

GESÙ E GIUSEPPE NELL’ARTE

FranÇois Bœspflug

GESÙ E GIUSEPPE NELL’ARTE FRANÇOIS FRANÇ BŒSPFLUG


SOMMARIO

Prefazione

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Introduzione

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i.

Giuseppe

ii.

Gesù

iii.

Giuseppe

iv.

Gesù

e

v.

Gesù

al capezzale di

e

e la natività di

Giuseppe:

Cristo

fuga e ritorno dall’Egitto

e il ritrovamento di

Giuseppe

19

a

vi. Il coronamento di

Gesù

tra i dottori del tempio

Nazareth Giuseppe

Giuseppe

55 85 101

morente

119 135

in cielo

Conclusione

145

Note

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Indice

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delle tavole

Bibliografia

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essenziale

5


A fronte: 7. Giotto di Bondone, Il Matrimonio della Vergine, 1303-1305.

adottando talvolta un Giuseppe sveglio seduto accanto a Maria e rivolto verso di lei e il Bambino mentre si protegge dal freddo, come in Duccio di Buoninsegna (Tav. 8), che dipinse tra il 1308 e il 1311 la Natività, collocandola tra i ritratti a figura intera dei profeti Isaia ed Ezechiele, nella predella della facciata della famosa Maestà di

cattolico e quello ortodosso potrebbe ragionevolmente spiegare la dissolvenza di questo soggetto nell’arte religiosa occidentale degli ultimi due secoli. Tornando alla Natività stessa, l’arte cristiana d’Occidente esitò a lungo tra diverse formule,

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un giovane santo guerriero che porta una bandiera crociata, e di un domenicano, probabilmente san Vicent Ferrer (1350-1419), che tiene un libro aperto su una doppia pagina con un’iscrizione a lui attribuita: Timete Deum qui venit hora judicii ejus («Temi Dio, perché viene l’ora del suo giudizio»). A Lippi si deve anche un dipinto su tavola del 1465 (140 × 130 cm), raffigurante, benedetta dalle mani di Dio che escono dal cielo e dalla Colomba che sta scendendo, l’Adorazione di Gesù Bambino da parte di Maria inginocchiata, alla presenza del Battista bambino che porta una banderuola con la scritta Ecce Agnus Dei e di un santo monaco – in assenza di Giuseppe –, e infine un affresco del 1467-1469 dove, ai lati del Bambino Gesù che giace nudo su un panno per terra, vi sono Maria, inginocchiata con le mani giunte e in adorazione, e dall’altra parte Giuseppe seduto, un lungo bastone sulla spalla, con un aspetto privo di qualsiasi particolare emozione. Questo conferma – ed è quanto volevamo dimostrare – che uno stesso pittore occidentale, nel xv secolo, senza essere minimamente sospettato di “giosefobia”, poteva oscillare e attribuire successivamente a Giuseppe presenze o assenze, comportamenti e atteggiamenti diversi, manifestando reazioni alla sua nascita di Gesù a dir poco varie, e queste variazioni non erano senza dubbio il risultato di capricci passeggeri, ma dei desideri dei committenti, e riflettevano modelli e tendenze artistiche differenti, che fotografano quel periodo cacofonico che fu il passaggio tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento.

Siena; questa tavola, che ora si trova alla National Gallery of Art di Washington. Nell’affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni (Tav. 9), Giuseppe è presentato seduto in primo piano tra gli animali, tra asino e bue alla sua destra e alla sua sinistra il piccolo gregge di pecore dei pastori giunti alla mangiatoia, con le spalle alla Madre e al Bambino; sembra assopito, la testa appoggiata sulla mano sinistra. Contrasta con l’intenso scambio di sguardi tra Gesù, Maria e un’altra donna, o tra i pastori e gli angeli: Giuseppe è l’unico che non guarda niente e nessuno26. L’arte occidentale successiva si spinge talvolta a raffigurare la Natività come il culmine di una discesa dal cielo suggerita da due scale, e Gesù disteso in fondo a una di esse, con Dio Padre in un busto in cima, e Giovanni Battista reso come un ragazzino che porta un bastone con un cartiglio scritto (Ecce Agnus Dei) e un monaco anziano con un nimbo e le mani giunte in adorazione, forse un padre camaldolese, ma senza la minima traccia di Giuseppe: è quanto dipinse nel 1459 Filippo Lippi (1406-1469) nell’Adorazione nella foresta27 (Tav. 10). Ma il medesimo pittore aveva realizzato pochi anni prima, nel 1455, sullo stesso soggetto, un quadro conservato agli Uffizi di Firenze, coronato da cinque angeli che cantano il Gloria in excelsis Deo, con un Giuseppe certamente pensieroso, questa volta con la mano di nuovo sotto il viso, e anche con tre santi, Maddalena, dietro Maria a destra, san Girolamo e san Ilario a sinistra dietro Giuseppe, i pastori che appaiono sullo sfondo, in scala microscopica. E pochi anni dopo, attorno al 1460-1465, Lippi immaginò e realizzò un’Adorazione del Bambino con Santi, conservata a Prato, nel Museo del Duomo, con un san Giuseppe seduto, a mani giunte, che contempla attentamente, teneramente e devotamente il Bambino Gesù (Tav. 11), in presenza di

Nell’arte missionaria dell’America del Sud, la figura di Giuseppe, attraverso l’intermediazione di immagini dipinte di recente concezione portate con sé dai missionari europei, spesso sotto forma di incisioni o di immagini pie, ereditò tale ringiova-

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A fronte: 23. Scuola veneziana, Il Bambino Gesù tra le braccia di Giuseppe, inizio del xvi secolo.

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24. Guido Reni, San Giuseppe e il Bambino Gesù, 1635.

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52. William Thomas Dobson, Cristo Bambino ritorna a Nazareth con i genitori, 1856.

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53. Reynaud Levieux de Languedoc, La Santa Famiglia, 1651.

54. Reynaud Levieux, Ritorno dall’Egitto della Santa Famiglia.

le due Trinità che si incrociano nella persona di quest’ultimo. Potrebbe essere proprio questo ritorno dall’Egitto a far nascere l’idea di mettere in atto tale rimando estremamente significativo: lo suggerisce il fatto che una delle tele poco conosciute di Bartolomé Esteban Perez Murillo (Tav. 55), con Dio Padre, la Colomba e una serie di angeli e cherubini sopra la Sacra Famiglia, è talvolta nominata Ritorno dall’Egitto – nonostante le piastrelle dipinte del pavimento – e a volte Le due Trinità; il piccolo Gesù, mentre cammina, guarda verso il cielo, e Giuseppe tiene il suo giglio fiorito guardando lo spettatore, mentre Maria ha occhi solo per Gesù.

La più nota delle opere di Murillo, conservata alla National Gallery di Londra (Tav. 56), può essere considerato la capofila nella storia di questo particolare soggetto, ed è giustamente intitolata Le due Trinità: per fare in modo che le due siano contemplate nello stesso momento, senza più preoccuparsi del Ritorno dall’Egitto, il pittore ha raffigurato Maria e Giuseppe seduti o in ginocchio, mentre Gesù è stato installato da solo, immobile, in piedi su un piedistallo, mentre dà la mano ai genitori e guarda verso il cielo. Qui non si tratta più di camminare o di un viaggio di ritorno, ma di una specie di riassunto visivo, la quintessenza della dottrina cristiana, con i due misteri prin-

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A fronte: 70. Simone Martini, Rimproveri di Maria a Gesù, 1342.

71. Jason Jenicke, Ritrovamento di Gesù al Tempio, 2019.

questa festa e in tale occasione aveva continuato a insegnare, la sua iconografia è, per così dire, un misto tra quella di Gesù (dodicenne) tra i Dottori e quella di Gesù (adulto) che insegna nel Tempio, con Maria e Giuseppe talvolta presenti e talvolta assenti. In effetti, l’iconografia ortodossa della Mezza Pentecoste oscilla di secolo in secolo, dal xii secolo, tra quella che illustra il passo di Luca su Gesù tra i Dottori23, e quella che si ispira al testo di Gv 7, raccontando di Gesù che insegna nel Tempio durante la festa dei Tabernacoli. Molte icone operano una sorta di fusione – o confusione – tra le due fonti scritturali, mostrando per esempio Gesù mentre insegna ai Dottori ed è cercato da Maria e Giuseppe, un Cristo adulto con la barba, sicuramente non con l’aspetto di un bambino di dodici anni né con l’età per essere ancora cercato dopo essere fuggito da papà e mamma!

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72. Bartolomé Esteban Perez Murillo, Sacra Famiglia dell’uccellino, 1645-1650.

73. Sebastian Martínez, San Giuseppe con il Bambino Gesù, 1650 ca.

glioso quando il compito in questione implica maneggiare con il padre lo stesso grande attrezzo. Giuseppe da parte sua mostra attenzione e benevolenza verso Gesù, o così i pittori hanno voluto mostrare. L’immaginazione degli artisti fu lasciata libera in questo campo, perché i testi evangelici, lo ripetiamo, sono totalmente silenziosi a questo riguardo. Di fronte a questo silenzio delle Scritture, sono le idee e i pregiudizi che hanno contato, in particolare quelli che si sono formati, periodo dopo periodo, sull’obbe-

bottega di Giuseppe il “falegname” o “costruttore” (tekton, Mt 13, 558), sotto la sua supervisione e talvolta con lui direttamente, per esempio maneggiando insieme lo stesso attrezzo, meritano di essere annoverati tra quelli da cui emerge un evidente rapporto tra i due. Gesù appare come un buon apprendista, o se si preferisce, un buon allievo, disponibile quando è il momento di aiutare Giuseppe, diligente quando si tratta di imparare a usare un attrezzo o aiutare a fabbricare un oggetto, volenteroso e orgo-

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dienza di un figlio, sulla sua disponibilità, assiduità nell’apprendimento, docilità, tutte qualità tanto più notevoli perché erano quelle del Figlio di Dio fatto uomo. E anche tipiche del mestiere di falegname, dato che si ritiene che Giuseppe lo sia stato, e tutto fa pensare che questi abbia trasmesso, in modo del tutto naturale, il suo savoir-faire al figlio adottivo. Le più antiche immagini di Gesù che lavora con Giuseppe il legno fanno eco alle varie scene dei racconti apocrifi di Gesù che lo assiste nel lavoro di falegname. Spesso si svolgono alla presenza di Maria che osserva, mentre fila o cuce. Si tratta di miniature tardo medievali – come questa Santa Famiglia dell’inizio del xv secolo in un manoscritto dello Spiegel des Leidens Christi (Tav. 75) – che furono presto riprese in opere del Rinascimento, come il dipinto dello spagnolo Mateu Lopez (1520-1591) intitolato Il falegname di Nazareth9 (Tav. 76), che ha impiegato una certa cura nel descrivere dettagliatamente gli attrezzi di Giuseppe, il telaio di Maria e il gesto di Gesù che tiene insieme le due metà della tavola che il padre sta segando a metà nel senso della lunghezza; o Cristo bambino e San Giuseppe falegname di Juan del Castillo (15841640) (Tav. 77), nella quale Gesù e Giuseppe stanno maneggiando insieme una sega per tagliare una trave. È probabile che i missionari europei, spagnoli o portoghesi, che aiutarono a predicare il Vangelo nei paesi sudamericani siano stati impressionati e convinti da questo tipo di pittura, che presto ebbe un’eco creativa e originale in quel continente. Lo possiamo vedere per mano o almeno sotto l’influenza di un pittore che fu autorevole in loco e fu tra i padri fondatori della cosiddetta “Scuola di Cuzco” in Perù, Diego Quispe Tito (1611-1681), nato da una nobile famiglia inca che imparò a dipin-

gere in stile manierista e/o secondo i modelli fiamminghi sotto la guida del gesuita italiano Bernardo Bitti, che era allora attivo a Cuzco. Il piccolo Gesù, nel quadro intitolato La Sagrada Familia en Nazareth, è appollaiato acrobaticamente su una trave che sta segando con Giuseppe dotato di un nimbo prospettico10 (Tav. 78). Tali dipinti furono a loro volta riprodotti nel xix secolo da un certo numero di vetrate intitolate La Sacra Famiglia o L’atelier di Nazareth, in cui Gesù, sotto gli occhi vigili di Giuseppe che lavora al banco di lavoro, viene mostrato

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82. Jules Richomme, Gesù nell’atelier di Giuseppe, 1870. 81. Georges de La Tour, San Giuseppe falegname, 1642-1645.

83. William Hole, Gesù con i genitori a Nazareth, 1906.

In un dipinto preraffaellita di Sir John Everett Millais (1829-1896)24 (Tav. 84), del 1849-1850, che è quasi profetico, sebbene sia stato duramente criticato da Charles Dickens, Gesù sta al centro; mentre lavora nella bottega di Giuseppe, si è ferito e mostra a Maria, inginocchiata davanti a lui mentre lo abbraccia in segno di consolazione, per la ferita che sanguina nel palmo della mano sinistra, segno premonitore delle sue stigmate di uomo crocifisso. Un nutrito gregge di pecore all’esterno sembra essere stato avvertito e si affretta alla finestra, come per assistere a ciò che sta accadendo. Il loro raggruppamento è sorprendente: dovremmo intendere la scena come un’audace prefigurazione dei discepoli di Cristo raggruppati come testimoni della Passione? Tornando all’incidente di Gesù, Giuseppe non sembra allarmarsi troppo, mentre un garzone porta dell’acqua per lavare la sua ferita, gesto che è stato a sua volta interpretato come un annuncio del battesimo. Questo quadro si unisce alla serie conosciuta come Il Bambino con le spine25, in cui Gesù fu ferito mentre maneggiava una corona di spine, un incidente che ovviamente fu interpretato come un segno premonitore... In questo senso meritano di esser ricordati soprattutto i dipinti di Murillo e Francisco de Zurbarán26, in particolare quest’ultimo dipinse diverse tele su questo soggetto, sparse tra Cleveland, Siviglia e Tolosa. Ma nella maggior parte dei casi, solo Maria è la testimone dell’incidente. Il rapporto privilegiato di patronato che si è stabilito tra i lavoratori manuali e san Giuseppe risale al Rinascimento e si è sviluppato fino ai giorni nostri. Nel xv e xvi secolo, san Giuseppe era spesso presentato come il patrono delle corporazioni dei falegnami. Una statua nella chiesa

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102. Johann Friedrich Overbeck, Morte di San Giuseppe, 1857.

103. Antoine Lusson, La morte di San Giuseppe, da un cartone di William Bouguereau del 1874.

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