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788816
573888
€ 14,00
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ISBN 978-88-16-57388-8
Sami ha una grande passione: il cielo stellato. Nulla potrà mai spezzare il suo legame con i pianeti, le nebulose e la polvere di stelle. Nemmeno la guerra. Nemmeno le bombe.
Lara Albanese Fuad Aziz COME COPERTA IL CIELO
“Pensavo che, se le stelle nascevano dalla polvere, forse presto anche noi saremmo usciti da tutta quella polvere.”
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o c p e e r m ta o Testi di
Lara Albanese Illustrazioni di
Fuad Aziz
il cielo
rosso
Il rosso dell’anguria risplendeva più vivido del cielo al tramonto, costellato com’era di semi neri, luccicanti quanto gli astri notturni.
Da bambino giocavo sempre con quei semi scuri disponendoli come stelle a formare le costellazioni: Sirio, Andromeda, Orione e i due Gemelli.
Piatto chiaro con stelle scure, invece di cielo scuro con stelle chiare.
Tre semi in fila formavano la cintura di Orione. Un grande seme la stella Sirio. Due testoline nere i gemelli Castore e Polluce.
Ci avevo giocato anche quel giorno, anzi quella notte, quella notte lontana che avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
Poi c’erano i semi raggruppati al centro del piatto: le Pleiadi, stelle giovani e piene di fascino.
Non mi è mai piaciuto mangiare i semi dell’anguria, così preziosi per ricreare quello che c’è lassù nel cielo. Ci gioco ancora oggi, anche se ormai ho i capelli bianchi e sono diventato un astronomo dell’università di Cambridge. Se da piccolo mi avessero chiesto dove avrei vissuto e cosa avrei fatto da grande, tutto avrei potuto immaginare tranne che sarei andato in Inghilterra a fare l’astronomo.
A quei tempi non ero inglese, vivevo in un paese caldo e lontano e, per dirla tutta, non ero nemmeno bravo a scuola. Il mio paese era sempre in guerra, e pochissimi ragazzi studiavano all’università. Una cosa però avrei potuto immaginarla: il mio amore per il cielo stellato non sarebbe mai finito.
m e l o ave va t ra s m e s s o l a n o n Q u e l l ’a m o r e na. e n o t t i e s t i ve q u a n d o e ro b a m b i n h g n u l e o dor miva Nell m
o all’aper to,
n e l te r ra z zo s o p ra c a s a n o s t ra ,
come cope
r t a i l c i e l o…
La nonna mi mostrava le stelle, poi mi indicava come unirle tra loro per disegnare le costellazioni, forme immaginarie che prendono vita nelle storie. Spesso mi raccontava della Luna, dei suoi effetti sul nostro pianeta. Mi narrava storie di draghi, principi, cavalli, galline che vivevano lassù in mezzo alle stelle. A volte mi addormentavo nel bel mezzo di una storia, ma sapevo che presto la nonna me l’avrebbe raccontata di nuovo. Tutte quelle storie erano scritte nella sua mente, ma non erano scritte con le lettere perché la nonna non sapeva scrivere, anzi non era mai andata a scuola. Chissà come si scrivono le parole nel cervello! Comunque stessero le cose, le costellazioni si erano impresse nei miei pensieri con un inchiostro indelebile.
NERO Guerra. Guerra che porta dolore, paura che toglie futuro. La nonna e io non potevamo più dormire all’aperto. La guerra non ci consentiva di farlo, sarebbe stato troppo pericoloso perché i bombardamenti erano sempre più numerosi e le notti sempre meno tranquille. Altri letti, altri sogni. Buio vero, senza stelle.
La coperta di stelle stava lo stesso con me, disegnata com’era nella mia mente scaldava il mio cuore, alimentava i miei sogni. Il cielo rischiarato dalle bombe non poteva cancellare il cielo dalla lavagna della mia mente. Quando avevo paura pensavo alle storie di principi e di draghi, pensavo alla Luna sempre tranquilla nel cielo. Poi, il bombardamento finiva e potevo finalmente dormire, sempre vicino alla nonna, sempre confortato dalle sue parole e dalle sue storie.
Da tempo non vedevo né mamma né papà. Per prima se n’era andata la mamma. Poi un giorno il papà mi aveva detto: “Sei sempre distratto! Basta pensare al cielo, devi crescere, ricordalo!”. E se n’era andato anche lui. Aveva seguito la mamma?
Chiuso in casa, senza amici, con poche speranze. Ero sempre più spento, più triste. Rimpiangevo addirittura la scuola, almeno là incontravo gli amici, sentivo l’aria nei capelli mentre correvamo nel cortile.
Forse anche loro erano nascosti in qualche costellazione. Io ero rimasto solo con la nonna.
A quei tempi avevo circa nove anni. Fu allora che la nonna mi disse che Said, un mio lontano cugino, era tornato dall’Inghilterra dove era andato a studiare astronomia. Aveva portato con sé un telescopio e, alla sera, mostrava il cielo ad alcuni ragazzi del quartiere.
Entrai subito a far parte del gruppo e da quel giorno la mia vita cambiò. Cominciai a frequentare quel semplice osservatorio astronomico nato sul terrazzo di una casa. Un osservatorio fatto di niente. Niente cupola per le osservazioni, niente telescopio fisso, semplicemente noi e il cielo nero con le sue stelle.
Non potevamo staccare gli occhi dalla Luna, dai suoi crateri, dalle sue ombre. Vennero poi i pianeti, le nebulose, le galassie. Io preferivo le nebulose, le culle celesti delle stelle, zone di universo piene di polvere e gas dove nascono di continuo nuove stelle.
Pensavo che, se le stelle nascevano dalla polvere, forse presto anche noi saremmo usciti da tutta quella polvere.
Said diceva sempre che anche noi siamo fatti di polvere di stelle. A dire il vero non mi sembrava di essere fatto di polvere, ma Said aveva studiato tanto e perciò bisognava credergli.
Le nostre serate di osservazione erano tutte uguali. Una ciurma scalcinata di bambini e ragazzini innamorati del cielo. Cominciavamo solitamente con una merenda insieme. Dopo la merenda tutti pancia all’aria sdraiati sul nudo pavimento del terrazzo, intenti a decidere che zona di cielo osservare con il telescopio. Quando non avevo la maglietta sentivo il calore del pavimento sulla schiena, mi sembrava di prendere fuoco e sognavo di essere un razzo in partenza per l’universo. Said ci raccontava storie di stelle e di costellazioni. I racconti si alternavano alla scienza. Pensavo che la nonna mi avesse spiegato tutto del cielo, ma le cose non stavano così: c’erano migliaia di stelle che non conoscevo, tantissime cose che non capivo. Said ci diceva che guardare lontano nello spazio era come guardare indietro nel tempo. Quelle che osservavamo erano in realtà le stelle di cento, mille anni prima. Ma com’era possibile tutto questo? Io avevo sempre pensato che solo nella favole si potesse andare indietro o avanti nel tempo.
Ricordavo con gratitudine quelle notti passate con la nonna e qualche volta mi tornavano in mente persino mamma e papà. Intanto il tempo passava. Alcuni di noi erano andati in guerra. Ci riunivamo ormai in pochi sul terrazzo con Said. Io non ero andato a combattere per restare con la nonna, visto che non c’era più nessuno a prendersi cura di lei.
Per me le stelle continuavano a splendere. Sognavo di andare a studiare in Inghilterra, proprio come Said. Spesso al mattino raccontavo alla nonna del cielo stellato. Mi ascoltava a bocca aperta come facevo io un tempo nel sentire le sue storie.
La nonna mi aveva dato un sacchetto con un’anguria per la merenda. Dopo averne offerta una fetta ai miei amici sul terrazzo, mi ero messo a formare costellazioni con i semi, come sto facendo ora. Aspettavamo il buio per cominciare le osservazioni astronomiche.
Non erano bombe lontane come stelle, non rischiaravano l’orizzonte come spesso era successo, cadevano proprio intorno a noi, nel nostro quartiere… su di noi. Macchie rosse come sangue nel cielo nero senza stelle. Giunto il buio, però, dopo l’anguria, mentre montavamo il telescopio sono arrivate le bombe.
Mi chiamo Sami, oggi faccio l’astronomo e vivo in Inghilterra. Nel bombardamento ho perso mio cugino Said. Anche il suo telescopio è finito sotto le macerie. Io sono rimasto senza casa, senza nonna, senza amici, senza niente.
BLU
Solo, con la mia passione per il cielo. Ho dovuto lasciare il mio paese e non ci tornerò mai più.
Il cielo però non l’ha portato via nessuno.
Mi ha seguito anche qui.
GRIGIA Qui, dove il cielo non è mai blu e la notte anziché nera è
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