Lauto Ritratto

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lautoritratto l’autoritratto fotografico del ‘900 come poetica di racconto


Indice 1 L’autoritratto: dall’emancipazione rinascimentale all’avanguardia ottocentesca 2 L’autoritratto fotografico del 1900 3 L’autoritratto fotografico come poetica di racconto: Wanda Wulz, Io + Gatto 3.1 L’autoritratto fotografico come poetica di racconto: Edward Steichen, Autoritratto 3.2 L’autoritratto fotografico come poetica di racconto: Shoji Ueda, Autoritratto con palloncino

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L’autoritratto: dall’emancipazione rinascimentale all’avanguardia ottocentesca

Le prime tracce dell’autoritratto come tradizione pittorica risalgono al Rinascimento. È l’affermazione del sé indipendente dell’artista che si riconosce nella consapevolezza del suo io. Egli diventa a tutti gli effetti arte e non più solo artefice. Botticelli, Michelangelo, il Parmigianino: autorevoli artisti del rinascimento che, sotto diverse forme, affermano il proprio essere. Ma non si fermano al semplice ritrarsi, non è una sorta di celebrazione autoreferenziale quella che interessa ai pittori. Botticelli, ne l’Adorazione dei Magi (1476), con il suo autoritratto in assistenza, si pone a contrasto con il soggetto religioso, discretamente sta suggerendo di apprezzare l’arte in sé e per sé, l’arte come sforzo creativo. Nel Giudizio Universale (1541), d’altra parte, la sofferenza di questa stessa creazione porta Michelangelo a dipingersi in delega con le sembianze di San Bartolomeo. Ma è la Riforma luterana che influenzerà profondamente il significato dell’autoritratto pittorico. Non a caso è Albrecht Dürer, in Autoritratto con pelliccia (1500), che deliberatamente si dipinge sottolineando la sua condizione umana con colori spenti: la religione è un fatto privato, non ha bisogno di rappresentazioni edulcorate. L’autoritratto si emancipa sempre di piùdai suoi codici negli anni successivi, in Francia diventa testimone di una consapevolezza precisa e puntuale dell’artista.

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In un secolo di avanguardie, scoperte e novità tecnologiche, come l’800, l’autoritratto non può che incontrare la fotografia. Ed è da questo binomio, quasi già scritto, che scaturiscono forme ludiche di autoritratto come quelle di ToulouseLautrec, che si ritrae con vesti giapponesi, o com il ritratto anamorfico che fa di sé Ducos du Hauron. Nadar, con il Pantheon, è testimone di come l’autoritratto si sia sposato con le avanguardie artistiche romantiche: una fotografia a tratti dissacrante in fortissima controtendenza con l’ascesa della classe industriale borghese. In America, invece, l’autoritratto si afferma in contrapposizione alla tendenza di costruire l’identità nazionale tramite l’utilizzo della fotografia.

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L’autoritratto fotografico del 1900 Il ‘900 rappresenta la Jahrhundertwende, la svolta del nuovo secolo. È un momento di profonda rottura e questa rottura pervade tutti gli ambiti della vita quotidiana, l’arte non poteva esserne esclusa. È il secolo delle avanguardie, è il secolo di Picasso, di Duchamp, di Dalì e di El Lissitzky. È il secolo della psicanalisi imperante, della scoperta dell’io. È il secolo della rinuncia all’arte figurativa, della rapidità del Futurismo e dell’impeto dei Fauves. In autoritratto con pugno di Depero, ad esempio, grazie al taglio ravvicinato e l’inquadratura angolata dall’alto riesce a rendere perfettamente le idee futuriste di foga, di slancio ed aggressione nei confronti della vita e di tutti gli ostacoli che l’innovazione può incontrare. In questo scenario l’autoritratto fotografico diventa una presa di posizione e di consapevolezza fondamentale: rispecchia la volontà di staccare l’arte dalla rappresentazione per avvicinarla alla coscienza dell’io più profondo. Di pari passo con la crescita di questa tendenza, arrivano a supporto apparecchi più leggeri come quelli di Kodak e Leica, che permettono da un lato una maggiore facilità di azione e dall’altro aprono uno scenario inedito: non dovendo più ricorrere ad ingombranti attrezzature, diventa possibile realizzare un autoritratto di nascosto, dando spazio ai lati più intimi e in certo modo oscuri del fotografo.


È ora di finirla con il riconoscimento dell’artista dopo la morte o in avanzata vecchiaia. L’artista ha bisogno di essere riconosciuto, valutato e glorificato in vita, e perciò ha diritto di usare tutti i mezzi più efficaci ed impensati Fortunato Depero

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L’autoritratto fotografico come poetica di racconto Wanda Wulz, Io + Gatto, 1931 Inserendosi nel panorama artistico futurista, la fotografia diventa indagine sul movimento. Il fotodinamismo si afferma, infatti, come principio fortemente caratterizzante e suggestivo: la restituzione alla fotografia del suo naturale senso di vitalità, riproducendo l’intero progresso del gesto, il suo intero percorso. Da qui ai fotomontaggi dinamici il passo è breve. Per Wanda Wulz l’idea di movimento diventa presto una narrazione profonda del senso di divenire e di cambiamento: Io+Gatto ne è l’espressione lampante. La perfetta sovrapposizione delle due lastre fotografiche distoglie dal mancante senso di realismo, per spingere ad una domanda più intima: è l’animale ad umanizzarsi o la donna ad animalizzarsi? La narrazione dinamica della mutazione spinge ad una riflessione intensa sull’io, mutuata dal travolgente avvento della psicanalisi freudiana nei primi anni del ‘900 e la parallela affermazione della rottura con le espressioni artistiche precedenti. Io+Gatto si pone pienamente nella corrente di ricerca formale di un’immagine di stato d’animo già sperimentata da Boccioni e Carrà nei loro dipinti e si avvicina a quell’idea di andare oltre alla superficie dell’identità promossa da Anton Giulio Bragaglia negli anni ‘10 del ‘900. Un racconto simbolico di cambiamento ed evoluzione.

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3.1

L’autoritratto fotografico come poetica di racconto Edward Steichen, Autoritratto,1898 Schivo, ma elegante, è un autoritratto discreto quello che, a diciannove anni, Edward Steichen fa di sé. Lo realizza a Milwaukee, poco prima di partire alla volta di Parigi per cercare fortuna come fotografo pittorialista. Prima di fare rotta verso l’Europa si ferma, però, al New York Camera Club dove mostra i suoi lavori ad Alfred Stieglitz che acquista il suo Autoritratto e altre due fotografie per cinque dollari l’uno, dicendogli che lo stava rapinando con un prezzo così basso. Con questa fotografia Steichen si racconta nelle vesti di un Dandy, un giovane ragazzo che per quanto possa sembrare spensierato, è altresì in bilico. Questa sensazione è rappresentata in modo preciso e sottile dalla sua posizione mezza fuori e mezza dentro la cornice, a cavallo dello scatto. “L’autoportrait est en fait un hétéroportrait, une invention, au double sens du terme, archéologique, de trouver ce qui est en attente d’être découvert, et imaginatif, de créer.” (Jean Arrouye): l’autoritratto è un’invenzione, nel duplice senso, archeologico, trovare ciò che è in attesa di essere scoperto, e fantasioso, creare. Sembra che Steichen stia mostrando al pubblico quello che lui stesso ha creato, la sua opera; posa a lato come sono soliti fare i pittori affiancando il proprio dipinto e lui affianca un sorprendente vuoto, un grigio ed un nero che occupano più di due terzi della fotografia. È un’arte di racconto, di poetica, che sembra suggerire come siano le caratteristiche stessa del racconto, le sfumature, il nero, il grigio, a definirne il mezzo necessario di trasmissione.

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WALL PAINTING

3.2

L’autoritratto fotografico come poetica di racconto Shoji Ueda, Autoritratto con palloncino, 1948 ca. Appartenente alla sua serie più celebre Sand Dunes ambientata tra le dune desertiche di Tottori, in Giappone, questo autoritratto fotografico rappresenta a pieno il racconto di Ueda, sempre 12

caratterizzato da un equilibrio tra il surrealismo e la descrizione realistica. Chiaro è il riferimento e il tributo a Magritte, che il fotografo stesso ha dichiarato essere stato una grande ispirazione. Ma la poetica di Ueda va oltre: è una domanda sulla natura della realtà quella espressa elegantemente con il semplice, ma studiato, posizionamento del palloncino. Dove si trova esattamente rispetto al vasto ed infinito orizzonte delle dune e il fotografo stesso? Dove finisce la dimensione reale ed inizia quella surreale? È il racconto di una dimensione più alta.


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Una descrizione esatta esclude la bizzarria, il lirismo delicato o violento. Uno stile risentito potrebbe solo toglierle precisione e ricchezza. RenĂŠ Magritte

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Raffaello, Autoritratto, 1505

Lotto, Autoritratto, 1540

Rembrandt, Autoritratto, 1659

Raffaello, Adorazione dei Magi, 1476

DĂźrer, Autoritratto con pelliccia, 1500

Toulouse-Lautrec, Autoritratto, 1892

Sands Southworth, Autoritratto, 1848

du Hauron, Autoritratto, 1888

Depero, Autoritratto con pugno, 1915

Wulz, Io + Gatto, 1931

Wulz, Jazz Band, 1930

Wulz, Autoritratto allo specchio, 1932

Steichen, Autoritratto con Camere, 1917

Steichen, Autoritratto 1902

Steichen, Autoritratto 1898

Ueda, Autoritratto con palloncino, 1948

Steichen, Dune di Sabbia, 1948

Steichen, Dune di Sabbia, 1948

Steichen, Dune di Sabbia, 1948

Steichen, Dune di Sabbia, 1948

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Sitografia • http://www.metmuseum.org/ • http://mucri.univ-paris1.fr/ • www.centrepompidou.fr • www.photo-arago.fr • www.theguardian.com • www.artnet.com • www.artic.edu • www.moma.org • www.jsonline.com Bibliografia • AA.VV., Autoritratti, Parigi, 2009 • Ang T., Eyewitness Companions: Photography, Londra, 2005 Caratteri tipografici • Semplicità light, semplicità light italic, semplicità medium • Bodoni book, bodoni book italic, bodoni bold In copertina • Peter Keetman, Autoritratto con macchina fotografica, 1950

Giulia Landoni Politecnico di Milano Design della Comunicazione Corso di storia dell’arte contemporanea e linguaggi della comunicazione visiva Prof. Paolo Castelli, Sergio Giusti A.A. 2015/16 15


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