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tel. (06) 63.82.605 Zog e il topo brigante

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Odio l’estate

Odio l’estate

riescono a ferirlo e a recuperare il bottino. Lo smartphone però, pur non avendo perduto il suo potere, non riesce a permettere a Claudio di vincere i soldi che occorrono al saldo del debito del patrigno e quindi a scongiurare la partenza dall’Italia della sua ex-famiglia. Da quel momento in poi decide di non usare più la magia ed in piena autonomia, raccontando semplicemente la verità alla moglie Rebecca, ossia che il Re della Zumba la tradisce, e partecipando attivamente alla vita dei suoi figli, ne scongiura la partenza.

LLa piacevolezza dell’espediente magico usato per raccontare la crescita di un individuo attraverso le sue proprie capacità – espediente che si sviluppa proprio durante e attraverso la trama – è un grande classico. Si potrebbero citare valanghe di film attinenti al genere della commedia magica americana degli Anni Ottanta, ma il fatto è che Appena un minuto è un oggetto piuttosto singolare. Pur attingendo con destrezza all’armamentario di stratagemmi appena citati, resta in tutto e per tutto una commedia all’italiana degli Anni Dieci del Duemila e che pertanto risente della lassa snervatura drammaturgica del genere, confinandosi e bloccandosi al suo uso e abuso. Nonostante il buon soggetto, pensato dallo stesso attore protagonista Max Giusti e poi scritto insieme ad Igor Artibani e Giuliano Rinaldi. la sceneggiatura, ma forse ancor di più la regia (Francesco Mandelli) si lasciano coinvolgere in un capitombolo inarrestabile di gag perdendo di vista la compiutezza dei personaggi che finiscono con il piroettare su sé stessi fin troppo pacificate stilizzazioni. Dall’odioso figlio trapper alla badante rumena mangia-eredità, il film si accuccia nel suo, del tutto scomodo per chi vuol vederlo, rifugio della facile risata. La smaliziata consapevolezza del vettore di sguardo spettatoriale però, può essere spietata se lo smartphone torna indietro di un solo minuto, ma la scrittura lo fa di almeno cinquant’anni, rivolgendosi ad un pubblico che si crogiola nella più completa mala comprensione dell’esistente. Il comfort dello stereotipo lungi dal proteggere, difatti, impigrisce la drammaturgia della risata, con il risultato di far ridere sempre e solo gli stessi. Un po’ come accade ai bulli di quartiere e nel paradosso totale di mostrare un protagonista a sua volta bullizzato da ogni parte. È la schizofrenia di una scrittura che non sa tendere con coerenza il senso ultimo del film, ossia l’impegno a far funzionare le cose della vita con gli strumenti che essa ci dà. Proprio uno di tali strumenti viene deliberatamente occultato, il più importante: la continua opportunità di uscire fuori da sé e sperimentare, in termini di tolleranza, ciò che non siamo. Ogni singolo personaggio di contorno è spalla e pretesto di esistenza del protagonista e della risata che confortevole e ignava ci attende. Rifugiarsi in cotante e tali macchiette sociologiche offre il fianco allo stallo temporale e non al movimento degli eventi; semplicemente li sistema - leggi sistematizza - nel ridicolo. Eppure molte cose funzionano, ad eccezione della drammaturgia. Funziona Roma, la sua lingua scoppiettante di precisissimi tempi comici, così come l’altrettanto sfolgorante giustezza di un paesaggio umano e urbano eclettico in cui ben s’inserisce l’espediente magico. Spiace che, entrambi questi fattori, siano a servizio della faciloneria di un certo cinema d’autore che, pur avendo buone idee, si perde nella meccanica del rifacimento del noto, senza alcuna indagine né del presente, né dei suoi autentici segnali di mutamento.

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CarMEn Zinno

di Max Lang, Daniel Snaddon, Jeroen Jaspaert

ZOG E IL TOPO BRIGANTE

Origine: Gran Bretagna, 2018 Produzione: Magic Light Pictures Regia: Max Lang, Daniel Snaddon, Jeroen Jaspaert Soggetto: dall’omonimo libro scritto da Julia Donaldson e illustrato da Axel Scheffler Sceneggiatura: Max Lang, Daniel Snaddon, Jeroen Jaspaert Durata: 25’ Distribuzione: Cineteca di Bologna Uscita: 28 novembre 2019 I Il topo brigante si aggira per le strade con la sua cavalcatura e ruba tutto quello che riesce a trovare a chiunque incontri sulla sua strada. Che siano scoiattoli, formiche o api, a lui non importa la statura, gli importa solo di rubare. Ghiotto di panini, biscotti e ogni cosa dolce, il roditore non si ferma davanti a nulla pur di saziare la sua fame. Nessuno sul suo cammino sembra essere abbastanza coraggioso da volerlo fermare o sfidare, solamente la signora anatra, che già aveva derubato, decide di tendergli una trappola: sfruttando il suo appetito, lo attira verso una grotta su sulla

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