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Hanno collaborato a questo numero: La Famosa invasione degli orsi in Sicilia

La sceneggiatura del film fa pensare senza dubbio a Non ci resta che piangere e ci porta ad un giudizio di confronto immancabile, anche se la coppia siciliana non può essere minimamente paragonata allo storico duo del film Benigni-Troisi. Tuttavia il film rimane piacevole e mai volgare, ai limiti del cinema parrocchiale. In fin dei conti ben ancorato ad un concetto di umanità e solidarietà dalla parte degli ultimi, che trascende la fede e consiste nel proporre i canonici buoni sentimenti tipici del cinema natalizio, attraverso l’arco narrativo dei due personaggi, che finiranno per migliorarsi. La stessa soluzione della vicenda non è malvagia, anzi. C’è anche quel briciolo di satira politica, che si chiude a cerchio rispetto al prologo iniziale.

Si fa l’occhiolino persino a chi non è credente, a chi cerca nel passato dei riferimenti alle situazioni presenti, a valori etici e morali, sfiorando violenze, guerre, immigrazione e razzismo. Tutto ciò si intravede, ma purtroppo non è molto approfondito; i due amano piuttosto farsi vedere al naturale, far ridere con vecchie gag e alcune nuove d’effetto. Se è vero che Ficarra e Picone preferiscono alle renne e alle slitte il primo presepe vivente della Storia, dando un volto a Giuseppe e Maria, a Isacco ed Erode, è altrettanto vero che i costi di produzione, altissimi per il cinema italiano, servono a contrastare la concorrenza americana sul suo stesso campo di battaglia.

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Stavolta i due comici costruiscono un cinema spettacolare con buoni risultati, che omaggia la Cinecittà degli anni Cinquanta (gli antichi romani e persino una tigre feroce nell’arena, resa possibile anche dal digitale). Le scene di lotta con le spade sono credibili, così come la messa in scena di luoghi lontani nel tempo e nello spazio. La scenografia infatti è degna di nota, veramente ben realizzata, così come i costumi. La fotografia funziona abbastanza bene nelle scene di giorno, ed è forte soprattutto dell’impianto scenografico. Betlemme è ricostruita con grande cura, pur nella sua stereotipata semplicità, anche grazie alle numerose comparse e sequenze corali, alle location in Marocco e nel Lazio, ricostruite ma naturali. I due registi poi, grazie a qualche scena di corsa a cavallo, chiaroscuri e controluce al crepuscolo, praterie aride e sconfinate si cimentano addirittura col genere western.

Ficarra e Picone nei rispettivi ruoli si trovano benissimo. La dinamica degli opposti che si attraggono funziona: Salvo e Valentino sono il diavolo e l’acqua santa, il cinico e l’appassionato, l’uomo di ragione e l’uomo di fede. Ma la storia è fatta perché ognuno dei personaggi cresca durante questo viaggio così particolare, tanto da muoversi dalle posizioni di partenza e andare a comprendere le posizioni dell’altro. Ficarra si trova a fare un personaggio che gli riesce bene, mentre Picone fa fatica. Logicamente in un duo comico c’è sempre la spalla, ma l’espressività non prescinde dal ruolo e Picone appare piuttosto monoespressivo.

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LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA

di Lorenzo Mattotti

IIl cantastorie Gedeone e la sua assistente Almerina, diretti a Caltabellotta, si ritrovano in una bufera di neve e si riparano in una caverna abitata da un vecchissimo orso, che udendo i loro passi si sveglia dal letargo. Per aver salva la vita, i due lo intrattengono mettendo in scena la loro storia: La famosa invasione degli orsi in Sicilia.

Tonio, il figlio del re degli orsi, è stato rapito dai cacciatori delle montagne e suo padre organizza e guida una spedizione attraverso tutta la Sicilia. Il malvagio Granduca di Sicilia viene a scoprire che l’esercito degli orsi marcia verso il suo regno e comincia a tramare per fermare l’invasione, con l’aiuto del mago di corte De Ambrosiis, che possiede una bacchetta magica in grado di compiere ancora solamente due incantesimi.

Prima i due eserciti si scontrano, tanto che l’esercito del Granduca uccide il vecchio orso saggio Teofilo, ma gli orsi si salvano. De Ambrosiis riesce a entrare in confidenza con Leonzio, il re degli orsi, ma il Malvagio invia contro i nemici un nuovo esercito: i cinghiali del Sire di Molfetta. Al mago non resta che salvarli, utilizzando uno dei due incantesimi. Una volta scoperto, il Granduca minaccia di morte De Ambrosiis che conduce

Origine: Italia, Francia, 2019 Produzione: Christophe Jankovic, Valérie Schermann per France 3 Cinéma Regia: Lorenzo Mattotti Soggetto: dal romanzo “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” di Dino Buzzati Sceneggiatura: Thomas Bidegain, JeanLuc Fromenta, Lorenzo Mattotti Durata: 82’ Distribuzione: Bim Distribution Uscita: 7 novembre 2019

gli orsi in un castello infestato da fantasmi allo scopo di terrorizzarli. Nel castello però, Leonzio ritrova lo spirito di Teofilo che lo aiuta a entrare in comunicazione con gli altri spettri. Infine, gli orsi vengono condotti a casa di un orco che li

divora prendendo le sembianze di Gatto Mammone: è il turno dell’orso Babbone che, facendo esplodere una bomba nel suo ventre, riesce a liberare e salvare tutti.

Il Granduca è convinto di aver annientato gli orsi e così per festeggiare da uno spettacolo al teatro di corte in cui Tonio si esibisce come equilibrista assieme a una ballerina che ha il nome di Almerina, ma Leonzio e il suo esercito irrompono nel mezzo dello spettacolo e padre e figlio si ricongiungono. Così, al sovrano non resta che sparare a Tonio e De Ambrosiis decide di utilizzare l’ultimo dei suoi incantesimi per salvargli la vita.

Leonzio diviene il re di Sicilia e crea un regno dove esseri umani e orsi vivono in pace.

La storia di Gedeone si conclude così, ma il vecchio orso rivela ai due cantastorie che la storia prosegue.

Con il passare degli anni, Leonzio comprende che gli orsi hanno assorbito usi e costumi degli esseri umani, in particolare Tonio, divenuto ormai amico di Almerina e De Ambrosiis, ha perso qualunque istinto selvaggio o naturale. Grazie al suo aiuto, il mago riesce a ricaricare la bacchetta magica, ma essa gli viene quasi subito rubata.

Il re è convinto che il responsabile del furto non possa essere stato un orso, perché loro sono votati all’onestà; così minaccia i sudditi umani di punirli se la bacchetta non verrà ritrovata.

A sospettare che il colpevole sia uno di loro sono proprio Almerina, De Ambrosiis e Tonio e le accuse non sono infondate: il responsabile è Salnitrio, che desidera rovesciare Leonzio per ottenere il potere. All’inizio fa cadere le accuse di un furto della cassa reale su De Ambrosiis, che viene imprigionato, poi quando Tonio e Almerina cominciano le loro indagini per scagionarlo, Salnitrio li attira in una bisca da lui amministrata, e poi va a chiamare Leonzio. Trovando suo figlio ubriaco e impegnato nel gioco d’azzardo, il re lo fa arrestare.

De Ambrosiis, Tonio e Almerina evocano il Serpenton de’ Mari, un mostro marino che distrugge la prigione e attacca il regno. Leonzio è felice di scendere in battaglia e rivestire il ruolo di guerriero che per tanti anni aveva dovuto tacere, così si mette a capo di una spedizione per annientarlo, mentre Salnitro, rimasto sulla terraferma, pianifica di uccidere il re usando la magia. Tonio e Almerina si imbarcano per soccorrere Leonzio, mentre De Ambrosiis riesce a sconfiggere l’orso cospiratore, riprendendosi la sua bacchetta magica: con questa, aiuta Tonio a distruggere il mostro.

Leonzio però, viene ferito gravemente e sul letto di morte, svela la sua gioia nel vedere suo figlio risvegliare gli istinti selvaggi, naturali e da guerriero che per diverso tempo ha dovuto silenziare.

Gli orsi però non possono più vivere lontani dalle montagne e dai boschi, così, come ultimo desiderio, chiede al suo popolo di fare ritorno alla propria casa. E così accade.

Gedeone è insoddisfatto del finale della storia, ma in realtà c’è un altro epilogo che il vecchio orso rivela ad Almerina. Così i due cantastorie ripartono per la città e l’orso può tornare al suo letargo. L’unica a sapere come finisce la storia è la bambina, Almerina.

TTratto da un romanzo di Dino Buzzati, Lorenzo Mattotti si ispira proprio alle tavole disegnate dallo scrittore stesso, al fine di rispettare la sua storia e il suo stile, e impiega sei anni per trasporre sul grande schermo La Famosa Invasione degli orsi in Sicilia, l’adattamento dell’opera che lo scrittore pubblicò a puntate nel 1945 sul Corriere dei piccoli. Una co-produzione italo-francese di Prima Linea Productions, Pathé e France 3 Cinema per quanto riguarda la sezione francese, e di Indigo Films e Rai Cinema per quanto riguarda quella italiana, che è stato presentata in prima mondiale proprio al Festival di Cannes del 2019 - sezione un Certain Regard - e in anteprima italiana ad Alice nelle Città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata alle giovani generazioni.

Dalla caratterizzazione dei personaggi agli scenari, i vari quadri stupiscono, facendo spazio a quella sensazione di meraviglia e bellezza, di un universo magico e accogliente. I colori sgargianti permettono una chiara identificazione degli oggetti presenti nella scena, dando così vita alla narrazione stessa: è l’aspetto visivo che tiene compatto il film. Un’animazione rara, insolita per gli schermi italiani.

Nel film si riconosce il talento artistico di Buzzati, quasi come se la narrazione fosse inserita in un contesto storico non riconoscibile: era proprio il desiderio di Mattotti, dar vita a uno stile non databile.

Il contenuto è pregno dell’essenza sì di Buzzati, ma vuole essere un monito anche alla contemporaneità: si indaga sulla natura delle cose, sugli esseri umani e sulla società stessa. Per quanto gli orsi siano innocenti, hanno necessità di scendere dalle montagne - sia per mancanza di cibo, sia per ritrovare Tonio - ed è in questo modo che vengono a contatto con gli umani e quindi anche con le complicazioni. È l’uomo a rendere tutto complicato e Leonzio capisce che quell’avventura è più grande di lui e delle sue capacità. Il film mostra

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