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Alessio D’Angelo Ginevra Gennari Santiago, Italia

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Andrea Cardelli

Andrea Cardelli

intenta alla sua tela, svelano di se stesse molto più di qualsiasi, lunga conversazione. È inevitabile, quindi, che tra le due sbocci una grande passione che le coinvolge in tutte le emozioni possibili e permetta loro di godere quel breve periodo che il destino offre.

La partecipazione a una festa sulla spiaggia, insieme ad altre donne del paese vicino che si trasforma presto in un sabba pagano e il tentativo di aborto di Sophie per opera di una megera del luogo, sono episodi che rispecchiano il legame carnale che unisce le due giovani.

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Il periodo è breve e presto Marianne ed Héloise sono costrette a dirsi addio: si vedono un’ultima volta da lontano, in teatro, in un momento di estrema tensione e coinvolgimento.

IIl Secolo dei Lumi è stato chiamato il Settecento, a evidenziare quante “luci” avesse dato il nuovo pensiero, la forza della nuova ragione all’evoluzione sociale e civile dell’essere umano.

È in questa trasformazione del ruolo dell’individuo nella società che avviene la ridefinizione del ruolo e dell’immagine della donna: la presenza femminile nella società, nella famiglia, nei rapporti con il potere degli uomini sarà sempre più ampia e diversificata tanto da contribuire profondamente agli avvenimenti della rivoluzione francese. Tutto questo sarà il punto di partenza per la donna verso la legittimazione del proprio esistere in ogni settore della vita pubblica e privata.

La regista Céline Sciamma, che proviene dai piani alti della cultura, laurea magistralis in letteratura francese e frequentazione della prestigiosa scuola di cinema La Fémis, non a caso ha scelto questo periodo per la sua storia: occorre tenere presente tutto ciò nella lettura di questo film, di questa storia d’amore che parla dell’autoaffermazionee della consapevolezza del rispetto dei propri desideri, tutto nell’ambito di una raffinata ricerca culturale.

Nulla quindi di più indovinato di questo titolo che riguarda il dipinto e l’intero argomento del film: il fuoco è utilizzato ovunque, per ardere il ritratto rifiutato, per popolare i sogni e gli struggimenti della pittrice, per incendiare il vestito di Héloise durante la danza pagana del sabba, a racchiudere la passione tra le due donne che liberamente si amano, affrancate da ogni costrizione.

Il fuoco brucia anche nella composizione ambientale che utilizza stili e atmosfere d’impianto romantico, l’isola in solitudine, il mare cupo, ostile, in tempesta, le coste scoscese che invitano alla dissoluzione della propria esistenza per accompagnare la tensione spessa, evidente, in certi punti insopportabile, in cui s’incendia il progressivo avvicinamento delle due protagoniste.

Tutto è erotismo: gli sguardi, la fissità di gesti e atteggiamenti, l’attesa di qualcosa che, si sa, dovrà accadere, la citazione della fine straziante dell’amore tra Orfeo ed Euridice, l’ingresso violento sul finale del film dell’Estate di Vivaldi che evidenzia la crudeltà del distacco forzato tra le due giovani.

Sciamma e le sue attrici si muovono sulla stessa linea come simultaneamente spinte da quel carboncino o quel pennello spesso inquadrati: gli sguardi più profondi si mescolano nella descrizione reale insieme a quella pittorica, senza distinzione alcuna. Non si sa se quel gesto, quegli occhi, quei volti e anche quelle azioni appartengano a una semplice fase descrittiva o siano filtrati dall’arte di un pennello. Questo è il gioco sublime di questo film che ci illustra come un racconto si trasfiguri in qualcosa di vero, verissimo ma impalpabile, come un sogno raccontato su uno schermo. Ci si accorge alla fine come due personaggi, due splendide, grandiose attrici come Noémie Merlant e Adèle Haenel abbiano dipinto il loro grande amore fino a farlo diventare un quadro, fino a farlo diventare un film.

FaBriZio MorEsCo

di Nanni Moretti

Origine: Italia, 2018 Produzione: Nanni Moretti per Sacher Film, Le Pacte, Storyboard Media e Rai Cinema Regia: Nanni Moretti Soggetto e Sceneggiatura: Nanni Moretti Interpreti: Nanni Moretti Durata: 80’ Distribuzione: Academy Two Uscita: 6 dicembre 2018

SANTIAGO, ITALIA

DDal nero, Nanni Moretti, inquadrato di spalle, osserva Santiago del Cile. Sullo sfondo, le Ande innevate. In grafica bianca, il titolo del film. Dopo i titoli di testa su varie immagini della città, una scritta rossa su schermo nero: “1970 - 1973 GLI ANNI DI UNIDAD POPULAR”. Moretti intervista, in inquadratura frontale, registi, imprenditori, avvocati, giornalisti, uniti, all’epoca dei fatti raccontati, dalla militanza tra le fila dell’Unidad Popular

e dal sogno di un Cile diverso. A intervenire, tra gli altri, si contano Carmen Castillo (regista), Patricio Guzman (regista), Arturo Acosta (artigiano), Erik Merino (imprenditore), Stefano Rossi (imprenditore), Leonardo Barcelo (professore), Paolo Hutter (giornalista). Gli intervistati, qualcuno con commozione, qualcun altro con distaccata lucidità, raccontano gli anni della lotta, il tentativo, da parte del governo Allende, di affrontare una serie di riforme strutturali mastodontiche per modernizzare il paese, schiacciato all’epoca da disparità sociale, analfabetismo, ingiustizia. Le ricette proposte da Allende, tuttavia, non vennero accolte con unanimità, trascinando il paese in una profonda crisi. Sacche della parte più conservatrice del popolo, così come l’establishment militare e parte di quello dell’informazione, erano contrarie a riforme che avrebbero trasformato il Cile in un paese comunista. Gli interventi vengono alternati a immagini di repertorio in b/n che mostrano manifestazioni di piazza. Poi, sul nero, in grafica rossa, la scritta “11 SETTEMBRE 1973” introduce le immagini di repertorio e gli interventi riguardanti il golpe ai danni di Allende, la sua morte e l’avvento della giunta militare. Gli intervistati raccontano la paura, lo sgomento e il terrore vissuto quel giorno e nei giorni successivi. Alcuni sostengono inoltre che Allende non si sia tolto la vita, ma sia stato assassinato. Con i militari al potere ha inizio la persecuzione degli oppositori politici. Gli stadi vengono utilizzati come vere e proprie carceri, all’interno delle quali avvengono torture, interrogatori, esecuzioni. Moretti intervista il militare Guillermo Garìn che sostiene che il golpe fu necessario perché Allende stava trascinando il paese in una crisi irreversibile. Aggiunge inoltre che il paese era spezzato in due e che buona parte del popolo era contraria alle riforme di stampo socialista di Allende. Della stessa tesi è un altro militare, Eduardo Iturriaga, condannato per omicidio e sequestro di persona. Iturriaga sostiene inoltre che le uccisioni ci furono su entrambi i fronti, negando però ogni suo coinvolgimento. Il militare si ritiene infatti vittima di una persecuzione giudiziaria. Inquadrato per la prima volta in campo a due, Moretti lo incalza. Iturriaga decide così di interrompere l’intervista, sostenendo che sia di parte. A confermarlo è Moretti stesso che ammette candidamente di “non essere imparziale”. Lo stacco a schermo nero e la scritta “AMBASCIATA ITALIANA” introducono il racconto degli intervistati sul ruolo fondamentale che svolse l’Italia nelle loro esistenze. Il governo italiano non riconobbe infatti la giunta militare cilena come entità politica legittima, ritirando l’ambasciatore. Piero de Masi, primo consigliere dell’ambasciata italiana a Santiago, decise così di accogliere quanti più “asilados” possibile, alcuni lasciandoli entrare dalla porta principale, altri facendoli saltare oltre il muro che circondava l’ambasciata. Gli intervistati raccontano così quei giorni, a loro modo felici, passati all’interno delle mura amiche, in cui scambiarono idee, solidarietà e affetto con gli altri compagni. La scritta “VIAGGIO IN ITALIA” introduce il capitolo conclusivo: gli “asilados” ottengono il permesso di essere accolti in Italia in quanto rifugiati politici. La rete solidale vicina al Partito Comunista Italiano permette loro di trovare una casa e un lavoro. È qui che molti di loro decidono di iniziare una nuova esistenza. Il film si chiude sulle immagini di una banda che esegue una musica cilena. N Nanni Moretti torna al documentario a diciotto anni da La cosa (1990) aprendo l’album dei ricordi, i propri e di conseguenza quelli di una generazione intera, che decise di dedicare parte della propria giovinezza alla militanza politica. Era il ’70 quando Moretti, allora diciassettenne, guardava al Cile come a un laboratorio politico in cui forse era possibile applicare ciò che si era letto sui libri di teoria economica e politica. Salvador Allende vince le elezioni, l’Unidad Popular giunge al potere. Moretti convoca così, trentotto anni dopo, di fronte alla macchina da presa, i suoi amici immaginari, compagni di lotte e avventure ai piedi delle Ande, per raccontare quei giorni. Professionisti, artisti, imprenditori e artigiani cileni raccontano cosa significò quell’esperienza. È il bilancio di una generazione che si commuove a ricordare cosa fu, cosa poteva essere e cosa non è stato. Indubbio è, di conseguenza e per stessa ammissione del regista, che non si tratta e non può trattarsi di un documentario distaccato, obiettivo, storicamente rilevante. Preziose sono certamente alcune testimonianze, ma tutto è dichiaratamente, orgogliosamente “di parte”, quasi fosse il “diario di una militanza” e non un lavoro di approfondimento storico su un determinato avvenimento. L’intero lavoro ne esce così depotenziato, limitandosi a offrire racconti personali delle vicende di uno o dell’altro intervistato, ma non chiarendo in alcun modo il conte-

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