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Giorgio Federico Mosco Flora Naso La mia banda suona il pop

qualche mese senza permesso di soggiorno.

Pierre-François Martin Laval è rimasto colpito da questa storia tanto da decidere di farne un film innestando su un tema politico una commedia di buoni sentimenti. La pellicola è tratta dal libro autobiografico Un re clandestino scritto da Fahim Mohammad (il protagonista della vicenda), Sophie Le Callennec (antropologa e scrittrice che insegnò il francese al padre del giovane) e Xavier Parmentier (l’allenatore di scacchi, nel film ribattezzato Sylvain) pubblicato nel 2014.

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Laval mette tanta carne al fuoco: dalla descrizione delle condizioni disperate di tanti immigrati clandestini, il loro coraggio, le loro difficili condizioni di vita, fino allo spirito della sana competizione e alle capacità educative degli scacchi.

I buoni sentimenti (e qualche scena che provoca l’inevitabile lacrimuccia) sono dispensati a piene mani e solo per un soffio il regista evita di cadere in un eccesso di pietismo. Commedia con venature di dramma, il film plana sull’inevitabile happy end con leggerezza.

Merito del regista è di essere riuscito a trovare un delicato equilibrio tra la capacità di intrattenere con una storia commovente con la forte carica di realismo sociale che la vicenda porta con sé. A questo proposito, l’incipit del film è rivelatore: la situazione di grande disagio in cui il piccolo talento degli scacchi Fahim e la sua famiglia vivono in Bangladesh è tratteggiata con efficacia ma non si indugia su di essa, anche nella toccante scena dell’addio alla mamma addolorata.

Altra nota di merito del regista è l’aver indovinato la scelta degli attori: dall’esordiente Assad Ahmed viso vispo e sguardo carico di espressività nei panni del piccolo campione di scacchi, al bravo Mizanur Rahaman nel ruolo del padre Nura, fino al grande Gérard Depardieu che regala una prova composta e priva di svolazzi attoriali nei panni dell’allenatore-mentore Sylvain.

Gran parte del fascino del film risiede però nella disciplina attorno a cui ruota la vicenda: gli scacchi, uno sport che è più guerra di tanti sport ‘fisici’, una battaglia in cui la tattica è al centro di tutto. “Non sono un gioco, non c’è sport più violento degli scacchi”, è la lezione basilare dell’allenatore al suo pupillo, perché in fondo è su una scacchiera che noi tutti giochiamo le nostre vite. Anche nella vita ogni nostra mossa può determinare quella di chi ci sta di fronte. E allora le pedine possiamo essere noi stessi e il nostro destino può essere davvero nelle nostre mani.

Nella battaglia giocata nel film questa volta c’è in gioco una vita, anzi, la vita di un’intera famiglia e la faccia di un grande paese, la patria dei diritti fondamentali dell’uomo. Ed ecco fare capolino la retorica nella tirata finale della segretaria dell’allenatore al primo ministro François Fillon: perché non è giusto regolarizzare un immigrato clandestino e senza diritti che è capace di raggiungere vette di eccellenza in una disciplina ferrea come quella degli scacchi?

Ed ecco che lo sport diventa il pretesto per un messaggio politico, come se ancora una volta dovesse venire dallo sport l’attenzione verso temi spinosi e capaci oggi più che mai di infiammare l’agone politico come quello dell’inclusione e delle condizioni degli immigrati in molti paesi europei.

In questo parlare ancora di muri, di barriere linguistiche e culturali, di pregiudizi, Qualcosa di meraviglioso è molto di più che un semplice ‘feel good movie’ che scalda il cuore.

ElEna Bartoni

LA MIA BANDA SUONA IL POP

di Fausto Brizzi

IIl ricchissimo magnate russo Ivanov sta per fare una grande festa per i suoi cinquant’anni e per l’occasione sogna una reunion, su un palco appositamente allestito, della sua band preferita degli anni Ottanta, i Popcorn. L’ex manager del gruppo, Franco Masiero, viene contattato da Olga, donna di fiducia di Ivanov. Nonostante Franco tenti di proporre altri cantanti perché lui ha rotto con la band, Olga dice che il magnate è irremovibile, vuole a tutti i costi i Popcorn. Franco suo malgrado si mette alla ricerca dei quattro componenti.

Tony, il frontman del gruppo, che è stato appena scartato dal reality “L’isola delle meteore” per aver bestemmiato in diretta e si è ridotto a cantare per matrimoni kitsch racimolando i resti dei buffet, sulle prime non è d’accordo ma poi accetta un incontro con i suoi ex compagni.

La stessa cosa vale per Lucky che ora ha un negozio di ferramenta, Jerry, ridotto a fare esibizioni da due soldi per strada e Micky, unica donna del gruppo, che si è

Origine: Italia, 2020 Produzione: Luca Barbareschi Regia: Fausto Brizzi Soggetto e Sceneggiatura: Fausto Brizzi, Marco Martani Interpreti: Christian De Sica (Antonio “Tony Brando” Santopadre), Diego Abatantuono (Franco Masiero), Angela Finocchiaro (Micky), Massimo Ghini (Luciano “Lucky” Fioretti), Paolo Rossi (Jerry), Natasha Stefanenko (Olga) Durata: 95’ Distribuzione: Medusa Uscita: 20 febbraio 2020

riciclata come conduttrice di programmi di cucina ma non perde occasione di attaccarsi a qualche bottiglia di alcool.

Ridotti sul lastrico e sulle prime restii, gli ex cantanti decidono di accettare, allettati dai cinquantamila euro a testa promessi da Franco.

I quattro atterranno a San Pietroburgo insieme a Franco e vengono accolti da Olga. Il gruppo viene ricevuto nella grande magione dove Ivanov vive con le sue mogli, ex mogli e amanti.

Franco confessa ai quattro che il loro concerto in realtà è stato messo su per dare modo a Olga di fare una rapina al caveau del magnate: il bottino ammonta a 250 milioni di euro. Tony suggerisce a Franco e ai suoi compagni di fare loro la rapina e spartirsi 50 milioni a testa.

I quattro si dividono i compiti durante la festa che si svolge il giorno precedente la loro esibizione. Jerry e Micky dovranno mettersi alla ricerca della chiave del caveau che sembra sia nascosta nell’appartamento privato di Ivanov. Mentre Tony e Lucky devono procurarsi delle divise da vigilantes. Jerry e Micky trovano la chiave per aprire il caveau: un walkman anni Ottanta. Tony e Lucky invece, dopo essersi appropriati di due divise da vigilantes nella lavanderia, si trovano alle prese con una ferocissima tigre di trecento chili nei giardini della villa. Lucky ha la peggio perché si trova imprigionato all’interno di un labirinto con la feroce belva. Riuscito ad avere la meglio, Lucky raggiunge i suoi amici alla festa di Ivanov.

Il mattino dopo, i quattro sono alle prese con un nuovo problema: capire dove si trovi il caveau. Micky riesce a farsi mostrare da Ivanov il deposito. Il miliardario sale su un’auto identica a quella del celebre film Ritorno al futuro e sfonda una parete entrando nel caveau.

È la sera del concerto dei Popcorn. I quattro si accingono a tentare il colpo: travestiti da guardie, percorrono i cunicoli della rete fognaria. Dopo un’azione rocambolesca, i quattro riescono a introdursi nel caveau ma lo trovano vuoto. Olga si è accorta del loro tentativo di ingannarla. Ma i quattro hanno un’illuminazione: il tesoro si potrebbe trovare nella cappella dove è sepolto il nonno di Ivanov. Olga cerca di mandare in fumo il piano ma Franco li salva. I Popcorn stanno per darsi alla fuga ma la folla radunata per il concerto li acclama. I quattro non possono sottrarsi, salgono sul palco e intonano le loro canzoni più famose. Ma durante l’esibizione irrompe la polizia che li arresta.

Mentre i Popcorn sono sul furgone della polizia ammanettati, Franco gli mostra che le manette sono finte e i poliziotti suoi complici. È stato lui a organizzare la fuga.

Mentre scorrono i titoli di coda, i Popcorn compaiono in un posto di mare a festeggiare, ma Olga li ha rintracciati e ora devono vedersela con lei.

PPartiamo dalla musica. I motivi intonati dal gruppo anni Ottanta dei Popcorn (composti appositamente per il film da Bruno Zambrini) sono allegri e orecchiabili, entrano in testa come lo facevano negli anni Ottanta le canzoni di Umberto Tozzi o dei Ricchi e poveri. I testi sono spensierati e giocano su rime di presa immediata, anche i titoli dei cavalli di battaglia della band sono tutto un programma: “Cose infinite” e “Semplicemente complicata” (dal micidiale ritornello “Tu, turù, turù”).

La musica resta la parte migliore de La mia banda suona il pop, titolo con cui Fausto Brizzi gioca in maniera fin troppo facile con un celebre brano di Ivano Fossati.

Commedia con venature action (anche se si tratta di un’azione pasticciata e casereccia) percorsa da una comicità di grana grossa, La mia banda suona il pop si basa su una sceneggiatura debole (scritta tra l’altro a otto mani dallo stesso Brizzi coadiuvato da Marco Martani, Edoardo Falcone e Alessandro Bardani) piena di dialoghi ricchi di luoghi comuni. Gli unici momenti che strappano il sorriso sono le battute - piuttosto grossolane a dire il vero - affidate alla verve di Christian De Sica, l’unico che sembra a suo agio nel quadretto dipinto da Brizzi.

Per il resto si tratta di un cast sprecato, a cominciare da un Paolo Rossi sacrificato nel debole ruolo di ex musicista pop ridotto a fare il cantante di strada. Ruoli abbastanza scialbi anche per Massimo Ghini ferramenta depresso e invecchiato con moglie focosa e fedifraga e Angela Finocchiaro ex cantante ormai alcolizzata. E che dire di un Abatantuono manager musicale mai così abbronzato e dagli strani occhi color azzurro cielo?

Certo, lo spunto poteva essere promettente, come gustosa è l’invenzione di un gruppo dal nome iconico e pienamente anni Ottanta come Popcorn, una band a metà strada tra i Ricchi e Poveri e i Cugini di campagna. Ma tutto si sgonfia presto in una commediola esile, popolata da personaggi di contorno che sanno troppo di macchietta.

Innestando lampi di heist movie in una struttura da commedia piena zeppa di musiche, abiti sgargianti, oggetti anni Ottanta, Brizzi compone un inno leggero leggero al suo decennio preferito e lo fa facendo cantare più del solito lo spettatore.

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