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Ultima notte a Soho

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Temple

Temple

l’autore omaggia costantemente, da cui la centralità simbolica del cavallo bianco di desichiana memoria, considerato da Lino Micciché come emblema dell’incursione fiabesca nel regime disumano del mondo adulto del celebre Sciuscià. Accostando il Rossellini di Roma città aperta (Matilde che insegue il furgone su cui è tenuto prigioniero Israel, rimandando alla celebre Anna Magnani) e di Paisà (i bambini sulle macerie) allo Spielberg di E.T., passando attraverso il Browning di Freaks e i tipici assalti al treno da film western, Freaks Out si imbizzarrisce concordemente al suo titolo davanti al maelström incontenibile di rimandi e omaggi su cui si struttura, coerente nel suo esporsi come pastiche manierista ma non didascalico, cinefilo ma non autoreferenziale.

Considerando l’esorbitante budget alle sue spalle, non si può che lodare la spettacolarità estetica magistralmente diretta da Mainetti tanto nella gestione visiva quanto sonora, data la particolare attenzione nei confronti dell’accompagnamento musicale ereditata da suo zio Stefano (compositore per registi come Fulci, D’Amato, Soavi...) e ispirata da Ennio Morricone per la caratterizzazione di ogni personaggio attraverso uno specifico strumento e tema.

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Al contempo, nonostante il talento del cast e un impianto metaforico che rinvia al programma nucleare tedesco, narrativamente il film sembra funzionare a intermittenza forse proprio perché funziona alla perfezione, graniticamente fedele al classico viaggio dell’eroe che non viene né messo in discussione né rielaborato, da cui l’incontro con gli aiutanti nella foresta, l’attendibile dipartita del mentore, la scarsa consapevolezza dei propri poteri e così via. Se la prima parte sembra affine alla crudezza tipica di un certo fantasy d’autore (penso alla violenza franchista de Il labirinto del fauno), non risparmiando al pubblico bambini feriti o la spietata esecuzione di un ragazzo affetto da sindrome di Down che tenta di sfuggire ai rastrellamenti, finanche torture, nudi integrali e allusioni erotiche, la seconda metà si lascia trainare da una deriva più mitigata e dalla facile risoluzione. L’impressione è quella di trovarsi di fronte alla strada narrativa più convenzionale e rassicurante, opposta per esempio alla graffiante e bizzarra deriva pulp del Tarantino di Bastardi senza gloria o allo straziante crescendo emotivo del Waititi di Jojo Rabbit, rinunciando a una rielaborazione più autoriale dell’impianto fiabesco tipica dei lavori di Matteo Garrone, capace di rendere anche il suo Pinocchio un film sottilmente politico, al di là del mero spettacolo visivo.

Di conseguenza viene meno quell’approccio più personale apprezzato in Lo chiamavano Jeeg Robot a favore di un impianto narrativamente più consueto ma, nonostante ciò, è innegabile che Freaks Out rimanga un prodotto di intrattenimento di altissimo livello, uno spettacolo costruito specificatamente per la sala cinematografica nonostante l’ammiccamento delle piattaforme streaming, in grado di aprire uno spiraglio per il rinnovamento del nostro cinema di genere, da cui la volontà di Mainetti di esplorare, prima o poi, gli oscuri meandri dell’horror.

Leonardo Magnante

di Edgar Wright

Origine: Gran Bretagna ,2020 Produzione: Tim Bevan, Eric Fellner, Nira PARK, Edgar Wright per Film4, Working Title, Focus Features Regia: Edgar Wright Soggetto: Edgar Wright Sceneggiatura: Edgar Wright, Krysty Wilson-Cairns Interpreti: Anya Taylor-Joy (Sandie), Thomasin McKenzie (Eloise), Matt Smith (Jack), Terence Stamp (Lindsay), Diana Rigg (Miss Collins), Rita Tushingham (Peggy Turner), Lisa McGrillis (Detective 1), Michael Ajao (Detective 2), Synnøve Karlsen (Jocasta) Durata: 118’ Distribuzione: Universal Pictures International Uscita: 4 novembre 2021

EEllie, amante degli anni ’60, vive in Cornovaglia con la nonna, dopo il suicidio della madre, che continua a vedere riflessa allo specchio. La giovane si trasferisce a Londra per studiare come fashion designer, sebbene la nonna tema che la vita metropolitana possa gravare sulla sua salute mentale. Non integrandosi con le sue colleghe, Ellie si trasferisce in un monolocale di proprietà dell’anziana Miss. Collins.

Di notte, la giovane sogna di ritrovarsi nella Soho degli anni ’60, in cui osserva la vicenda della bellissima Sandie, una delle tante inquiline della sua stanza, aspirante cantante legata sentimentalmente a Jack, manager di giovani promesse. Folgorata dalla bellezza di Sandie, Ellie tenta di ricreare il suo vestito, cambia il colore dei capelli e l’outfit per assomigliarle, attirando l’attenzione di un misterioso anziano.

Nei sogni, Ellie scopre che Sandie è stata ingannata da Jack, in realtà gestore di un nightclub in cui le ragazze sono costrette a prosti-

tuirsi; la protagonista si identifica con il dolore di Sandie, perdendo il contatto con la realtà e percependo la presenza spettrale dei suoi clienti. La sera di Halloween, mentre sta per fare sesso con il suo amico John, Ellie è interrotta dall’orribile visione di Sandie pugnalata a morte da Jack, per cui intende renderle giustizia denunciando l’omicidio alla polizia, credendo che il misterioso anziano sia l’assassino, ma ovviamente non viene creduta. Ellie svolge delle ricerche ma non trova alcun articolo inerente al delitto, per cui sceglie di affrontare l’anziano; quest’ultimo viene investito da un’auto e la giovane scopre che non è Jack, bensì un ex poliziotto che aveva proposto a Sandie di fuggire da quella vita.

Ellie decide di lasciare Londra e, quando lo comunica a Miss. Collins, quest’ultima le fa presente che la polizia è passata a indagare. L’anziana in realtà è Sandie: la visione di Ellie era errata, essendo stata lei a uccidere Jack e tutti gli uomini che hanno abusato di lei. L’anziana tenta di uccidere anche Ellie ma, in una colluttazione, una sigaretta accende una scatola di vinili e dà fuoco alla casa. L’assassina ferisce John, accorso per salvare Ellie, a cui appaiono i fantasmi delle vittime per chiederle di vendicarli uccidendo Sandie, sebbene la protagonista si rifiuti. Trovandosi di fronte agli spettri, l’anziana confessa di non aver mai voluto quel sangue, nonostante meritassero di morire e, percependo le sirene in lontananza, permette a Ellie di fuggire con John, preferendo morire nell’incendio piuttosto che essere arrestata.

Tempo dopo, Ellie cura una sfilata di successo, applaudita dai suoi cari. Dopo sua madre, la giovane osserva allo specchio il riflesso di Sandie, che le soffia un bacio.

S

Sin dall’esemplificativa A world without love che accompagna l’apparizione di Thomasin McKenzie, emerge quanto l’amore sia la forza strutturante l’intera vicenda. Nonostante diversi rimandi ad autori come Hitchcock, Satoshi Kon, Refn, il film costruisce le dinamiche tra le protagoniste attingendo prevalentemente all’erotismo del giallo all’italiana e, in particolare, a Dario Argento, grande narratore di desideri frustrati nonostante la sua poca incidenza su esplicite scene di sesso e seduzione rispetto ad altri registi del tempo.

Determinando le dinamiche narrative e psicoanalitiche, Londra definisce le condizioni psicologiche richieste al soggetto urbano attraverso un’intensificazione della vita nervosa: tra luci al neon e traffico cittadino, il soggetto provinciale è costretto a trovare il suo posto nella macchina urbana senza sopperire a essa (le diverse volte in cui Ellie rischia di essere investita), né perdere il contatto con la realtà. L’arrivo a Soho ha la funzione di catalizzare il progressivo indebolimento psichico di Ellie attraverso quell’energia cittadina che il blasé descritto da Simmel evitava per non farsi coinvolgere sentimentalmente, da cui l’emersione di un vorticoso mondo interiore conseguente allo stato di vulnerabilità a cui la protagonista è esposta. A incarnare l’emblema di un’energia non più urbana ma libidica è la magnetica Anya Taylor-Joy: portatrice del cortocircuito tra diegetico e visivo tipico del giallo italiano, caratterizzato da sceneggiature dai deboli nessi causali a vantaggio dello sperimentalismo estetico, Sandie è il baricentro di un progetto visivo che conferma quanto, sebbene la narrazione tenda alla classica formazione della coppia Ellie-John, la messinscena non arrivi mai a esaltare quest’ultimo rispetto all’ammaliante femme fatale, attingendo a marche stilistiche del genere come la smerigliatura del quadro, tipica di autori come Lenzi o Carnimeo.

Wright mette in scena il lato minaccioso dell’innamoramento attraverso l’emersione di un ignoto mondo immaginale che per Carotenuto è sempre narrazione del sé attraverso l’altro, capace di stravolgere l’esperienza percettiva dell’innamorato, già distorta dall’energia urbana. Senza leziosaggini, l’amore si svela come oscuro desiderio di dipendenza e di fusione con l’altro, collocato al posto di un freudiano ideale dell’Io irraggiungibile, possessore di quella perfezione che il soggetto desidera (il cambiamento fisico di Ellie), pagando a caro prezzo il progressivo indebolimento dell’Io. Forse è proprio il canto di Downtown il catalizzatore definitivo dello squilibrio mentale di Ellie, canzone in cui si attende quell’incontro benefico che lo sguardo di Sandie ritrova in Jack piuttosto che nella protagonista, invisibile ai suoi occhi come durante la voyeuristica sequenza di sesso che interrompe il secondo sogno, di cui il terzo è diretta conseguenza attraverso la schiavizzazione feticistica dell’oggetto d’amore, affinché possa essere sottomesso e salvato idealisticamente dall’amante ignorata.

Il plot twist finale coglie pienamente il nodo cruciale della poetica di Argento: la relazione tra vittima e carnefice come gioco erotico e amoroso mirato al mantenimento del segreto altrui (il mistero), che si cerca di svelare (la detection) pur nella manipolazione (in)volontaria del dettaglio risolutivo (la

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