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Mondocane

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Temple

Temple

Jens Sjögren, I am Zlatan è una pellicola che racconta la storia di Ibrahimovic.

Tratto da Io, Ibra, l’autobiografia scritta dallo stesso calciatore con il giornalista David Lagercrantz, il film ripercorre tre diversi momenti della vita di Zlatan: l’infanzia, l’adolescenza e la parte finale dell’esperienza all’Ajax.

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Conoscendo il personaggio, spesso presuntuoso e che non fa difficoltà a paragonarsi a un Dio sceso in terra, ci si aspetterebbe un’agiografia sopra le righe volta all’esaltazione del suo ego, già smisurato. Invece, per quanto la componente agiografica sia evidente, I am Zlatan non vuole ripercorrere i successi del campione svedese o i goal più belli della sua carriera (ad assolvere a questo compito ci pensano i titoli di coda in cui vengono montate in sequenza le sue più grandi giocate), ma attraverso il suo passato, condito da topoi da romanzo di formazione, esprime la volontà di veicolare un messaggio ben preciso: anche partendo dal nulla si può avere successo.

Un messaggio parecchio inflazionato in un certo tipo di cinematografia (soprattutto nei film sportivi). Ma la vita di Ibrahimovic, così come viene raccontata, si presta facilmente alla rappresentazione stereotipata del bambino indisciplinato che si salva dalla malavita grazie allo sport e all’impegno. Perché Ibrahimovic questo tipo di vita l’ha vissuta realmente sulla sua pelle. Magari non esattamente così come ci viene mostrata ma non c’è dubbio che di finzione nel film ci sia ben poco, anche perché lo stesso Zlatan ha partecipato attivamente alla fase di sceneggiatura.

Certo è che la retorica del passato difficile, subìto e non provocato, fa parte dell’auto-narrazione che l’Ibra personaggio da di sé al pubblico. Infatti, se da un lato la componente agiografica viene sporcata dagli evidenti difetti caratteriali del ragazzo (lo vediamo rubare, lanciare petardi contro le case, reagire aggressivamente a falli di gioco), dall’altro vengono spesso omessi dettagli, causati dal calciatore stesso, riguardanti alcune vicende chiave della sua carriera, come i comportamenti che causarono la rottura con l’Ajax.

Seguendo questa traccia, l’intera opera non affonda mai il colpo e si staglia perlopiù in superficie. Non si approfondiscono rapporti umani (quelli con i genitori per esempio); il tema dell’immigrazione (Ibra è figlio di immigrati) viene citato en passant ma poi lasciato sullo sfondo. La macchina da presa è sempre sguardo distaccato, esterno e quasi mai interno alla scena (vedi le riprese spesso di spalle a seguire il protagonista).

In conclusione, I am Zlatan rimane comunque un film godibile, capace di intrattenere il pubblico per tutta la sua durata nonostante si mostri molto convenzionale, molto semplice. Come semplice è il tipo di regia adottata: chiara, cristallina, senza grossi picchi (se non per le scene di gioco, curate nei minimi dettagli).

giaLLorenzo di Matteo

di Alessandro Celli

IIn una Taranto contaminata e ridotta a città fantasma, due orfani di nome Pietro e Christian da quando si sono trovati, non si sono più lasciati. Christian soffre di crisi epilettiche e da sempre ha trovato in Pietro un amico fraterno e un supporto. Vivono su una barca nel molo di Taranto insieme a Fulmine, un vecchio pescatore che da quando li ha salvati dalla strada ne abusa e li tratta come schiavi. Pietro e Christian hanno un sogno: entrare nelle Formiche, una gang criminale che ha come leader Testacalda il quale, insieme ai suoi scagnozzi, lotta per il dominio del territorio e lo fa compiendo atti criminosi e per questo è cercato dalla polizia.

Un giorno Pietro decide di andare dalle Formiche all’insaputa di Christian per chiedere loro di entrare a far parte della gang, ma per entrare a farne parte deve superare una prova che consiste nel dare alle fiamme il negozio di animali della città che porta il nome di ‘Mondocane’. La prova viene superata con successo e a Pietro, convocato da Testacalda, viene proposto di entrare a far parte della gang. Prima di accettare Pietro pone una condizione: o entra anche Christian a far parte delle Formiche o lui è pronto a rinunciarvi.

Nel frattempo la polizia sta indagando sull’autore dell’atto

Origine: Italia, 2021 Produzione: Matteo Rovere per Groenlandia in coproduzione con Santo Versace e Gianluca Curti per Minerva Pictures, con Rai Cinema Regia: Alessandro Celli Soggetto: Alessandro Celli Sceneggiatura: Alessandro Celli, Antonio Leotti Interpreti: Dennis Protopapa (Mondocane), Giuliano Soprano (Pisciasotto), Alessandro Borghi (Testacalda), Barbara Ronchi (Katia), Ludovica Nasti (Sabrina), Federica Torchetti (Sanghe), Josafat Vagni (Tiradritto), Francesco Simon (Tarallo), Adriano Novelli (Bombino), Lavinia Novelli (Randagia) Durata: 110’ Distribuzione: 01 Distribution Uscita: 3 settembre 2021

incendiario, essendo questo di matrice dolosa, e insieme al proprietario iniziano a interrogare anche Sabrina, una giovane orfana che lavora nell’acciaieria della ‘vecchia’ Taranto e che era solita frequentare il negozio.

Pietro e Christian intanto, vedendo la concreta possibilità di entrare nella gang, decidono di porre fine alla loro condizione caratterizzata da sfruttamento e abusi uccidendo il vecchio pescatore Fulmine. Dopo aver gettato la salma in mare, i due ragazzi decidono di andare dalle Formiche per dare il via al loro sogno. Quando i due ragazzi arrivano al cospetto di Testacalda, questi dà loro un compito che, se superato, permetterebbe loro di entrare a far parte a pieno titolo della gang. Il compito è quello di andare a rapinare una sontuosa villa situata nella Taranto “nuova”. La prova viene superata e i due diventano ufficialmente componenti della gang e come premio decidono di concedersi una gita nella Taranto “nuova” dove per caso fanno la conoscenza di Sabrina che esprime loro il desiderio di andare ai Tamburi, il cimitero, dove sono sepolti i suoi genitori.

I giorni passano, le indagini della polizia vanno avanti e uno dei ragazzi delle Formiche viene catturato e sottoposto a cruenti interrogatori per estorcere informazioni sul formicaio e su Testacalda, ma senza risultati. Pietro e Christian, di nascosto dalla Formiche, continuano a frequentare il lido della Taranto ‘nuova’ e a interagire con Sabrina. Un giorno, tornati al formicaio, Christian ha una forte crisi epilettica alla quale assistono i componenti della gang e Testacalda. I giorni passano, le indagini della polizia vanno avanti e tra Pietro e Sabrina inizia ad instaurarsi una dolce amicizia mentre il rapporto tra i due ragazzi inizia ad incrinarsi perché, nonostante la malattia che lo affligge, Christian è quello che tra i due è risultato più coraggioso e ubbidiente agli ordini del loro leader. Testacalda infatti avendo capito che Pietro è l’anello debole tra i due, inizia a portare Christian dalla sua parte con lo scopo di farlo allontanare dal suo amico. Tant’è che un giorno tra i due scoppia una violenta lite che ha come oggetto la morte del compagno precedentemente arrestato e che si conclude con Christian che acconsente alla punizione che Testacalda ha pensato per Pietro: rinchiuderlo nel pozzo fino a quando non avrà capito di aver sbagliato e non dimostrerà la sua fedeltà alla gang.

L’unico modo che ha Pietro di salvarsi è quello di uccidere la poliziotta che sta indagando sulla gang e che si pensa essere la causa della morte del loro compagno. Pietro stremato dalla sua condizione, accetta, ma giunti sul posto qualcosa va storto. Nella macchina, insieme alla poliziotta, c’è anche Sabrina e Pietro, accortosi di lei, invece di sparare alla poliziotta punta la pistola verso Testacalda ferendolo. Da questo momento ha inizio una sparatoria: a farne le spese è la poliziotta, mentre Sabrina e Pietro riescono a scappare. Testacalda, seppur ferito, ordina ai suoi di trovarli e portali da lui. La caccia finisce quando Pietro, dopo aver messo in salvo Sabrina, va nella vecchia fabbrica dove ad aspettarlo c’è Christian con il quale inizia una colluttazione che si conclude nel momento in cui quest’ultimo inizia ad avere una nuova crisi. Approfittandone, Pietro trova un escamotage che gli permette di scappare, lasciando Testacalda e gli altri intrappolati nella fabbrica. Da questo momento per Pietro ha inizio una nuova vita, lontano da morte e distruzione.

Mondocane prodotto da M Groenlandia e Minerva Pictures e Rai Cinema e presentato alla XXXVI Settimana Internazionale della Critica a Venezia, è il film di esordio del regista Alessandro Celli, autore d’esperienza in Tv e in corti, ma per la prima volta autore di un lungometraggio.

Celli ci racconta che siamo tutti soggetti a portarci dietro il peso della sofferenza e del sacrificio, come Christian che porta sulle spalle una croce di legno che nel contesto in cui è immerso non assume più alcun significato. Le uniche istanze che possono avere un significato in un contesto di distruzione e disperazione sono quelle che hanno a che fare con i legami: l’amore, l’amicizia, che aiutano i protagonisti del film ad avere una prospettiva ed una visione diversa da quella a cui sono abituati.

Mondocane infatti non è solo il titolo del film e il nome del protagonista: è soprattutto un grido di rabbia verso una condizione esistenziale precaria, incerta e di un tempo che corre troppo veloce e che non permette ai più piccoli di vivere la loro spensieratezza.

Il capo delle Formiche è interpretato da Alessandro Borghi che questi ruoli li veste sempre bene e che in questo caso assume un ruolo paradossalmente pedagogico per i ragazzi che fanno parte della gang. Il personaggio di Testacalda assume la figura di mentore ed educatore, li ha accolti quando erano soli e li educa alla sopravvivenza che implica fare delle scelte.

La struttura narrativa del film è ben composta, lenta all’inizio per

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