Mercato di San Lorenzo Firenze

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Abbiamo voluto intitolare così le iniziative che La Nazione ha seguito, in queste settimane, per dare voce ai trecento operatori dell’area (negozi e mercato). Il centro commerciale naturale ha raccolto l’eredità storica del mercato cercando di rilanciare, tra difficoltà e crisi globale, l’offerta e la tradizione di quel luogo. San Lorenzo, come si legge dalle relazione degli storici e come si è ascoltato nel convegno che si è tenuto nel nostro auditorium, ha radici salde e profonde: ha sempre rappresentato un punto di riferimento nei secoli della città. Da quando si vendevano i panni ad adesso che è pronto a rinnovarsi per essere sempre un biglietto da visita della fiorentinità doc.


Le radici di Firenze

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Le origini storiche del Mercato di San Lorenzo

iazza San Lorenzo a Firenze prende il nome dalla basilica omonima, consacrata nel 393 d.C.. La chiesa si trovava al di fuori della cerchia muraria cosiddetta “antica”, ed era collegata al centro da un complesso di abitazioni detto Borgo San Lorenzo (da cui il nome alla via che congiunge la Piazza con il centro). Con la costruzione della nuova cinta muraria del 1172, chiesa e Piazza vennero incluse nel centro urbano, mentre le mura correvano lungo l’attuale Via Canto dei Nelli. Sino ad oggi, gran parte delle ricerche su San Lorenzo si sono concentrate sulla storia della chiesa. Nel corso dei secoli, la basilica fu soggetta a una serie di trasformazioni. La chiesa venne ristrutturata una prima volta nell’XI secolo, assumendo una fisionomia romanica; e una seconda volta nel XV secolo, inizialmente sotto la guida di Filippo Brunelleschi. Mentre gli interni venivano ampliati ed arricchiti dalla realizzazione delle celeberrime Cappelle Medicee, i progetti per il rifacimento della facciata della basilica restarono invece incompiuti. La questione sarebbe stata sollevata nuovamente nel corso del XIX secolo, quando vennero proposti una serie di progetti per il completamento della facciata, poi mai realizzati. Una importante modifica venne apportata nel periodo fascista (1933–1935), quando una serie di casette che erano sorte a fianco della Basilica, sul lato di Via Canto dei Nelli, vennero demolite. La storia recente è inoltre legata alla costruzione del Mercato Centrale coperto, realizzato tra il 1870 e il 1874 secondo un progetto dell’architetto Giuseppe Mengoni. La nuova struttura doveva prendere il posto del “Mercato Vecchio”, che si era sviluppato nel corso dei secoli nella zona dell’attuale Piazza della Repubblica. Il sito su cui sorse il nuovo Mercato coperto era un’area, a poche decine di metri da Piazza San Lorenzo, tradizionalmente occupata dai cosiddetti “Camaldoli” – termine utilizzato, nelle parole di Guido Carocci, “per significare località miserabile, abitata da gente povera e sudicia”. La decisione

di spostare il Mercato a San Lorenzo faceva parte di una serie di progetti, elaborati in conseguenza del trasferimento della capitale del Regno d’Italia a Firenze, volti a riqualificare il centro storico, e al contempo a “bonificare” alcune delle aree più degradate della città. La presenza di un cospicuo numero di banchi di venditori ambulanti in Piazza San Lorenzo viene spesso descritta come un portato più o meno diretto della decisione di realizzare il Mercato Centrale coperto, quasi che le bancarelle fossero un’estensione all’aperto di quest’ultimo. In realtà, la storia del commercio ambulante in Piazza non solo si sviluppa secondo un percorso autonomo rispetto a quella del Mercato Centrale, ma anzi precede quest’ultima di molti decenni, se non secoli. (fonte: Professor Leo Goretti)

Il convegno all’auditorium de La Nazione Il mercato di San Lorenzo è un <unicum> straordinario che mette insieme, dal tardo medio evo, ben cinque realtà diverse, in maniera oggi inscindibile: la basilica, l’area stazione, e nel mezzo le tre anime commerciali, le botteghe, il mercato coperto, gli ambulanti. Per parlare di come questo ‘unicum’ si sia formato, nella storia e come sia poi diventato tradizione e fiorentinità, si è così svolto nei giorni scorsi nell’auditorium de ‘La Nazione’, un pomeriggio di studio voluto dal Centro commerciale naturale di San Lorenzo (che raggruppa ben 300 operatori) e che ha visto l’introduzione tenuta proprio dal suo vicepresidente

Riccardo Bartoloni e dal capocronista del nostro giornale Luigi Caroppo. Tre gli storici chiamati a raccontarne le vicende: i professori Roberto Bianchi, Ugo Barlozzetti e Giovanni Cipriani. Il professor Bianchi ha citato un preciso studio di un ricercatore, Leo Goretti, che ha ritrovato i documenti che lo autorizzano, in maniera ufficiale, dal 1792 alla vendita di panni e mobili. ‘Patente’ a cui si rifà anche un intervento del gonfaloniere (sindaco) del 1844 nella diatriba che c’era già allora (nulla cambia) fra il priore e gli ambulanti accusati col loro linguaggio scurrile di disturbo alle sacre funzioni.

I decreti della Comunità di Firenze La documentazione disponibile presso l’Archivio Storico del Comune di Firenze consente di ricostruire la storia del mercato ambulante in Piazza sin dalla fine del Settecento. Già nel 1792, quando la Comunità di Firenze venne chiamata a “determinare i luoghi dei pubblici Mercati delle Vettovaglie”, si decise di includere l’area di “Borgo San Lorenzo e sua Piazza inclusive, ma solamente per metà acciò il mercato resti in qualche distanza dalla Chiesa”. Un successivo provvedimento del 25 settembre 1815 affermava “che la Piazza di S. Lorenzo ha sempre servito ad uso di mercato per la vendita di panni”. Per questo motivo gli Ingegneri della Comunità vennero incaricati di “assegn[are] sopra detta Piazza i posti a coloro a cui sono in possesso di goderne”, purché “resti libero da ogni parte l’accesso alla Chiesa”. La presenza dei banchi in piazza sembrava fosse poco gradita proprio ai rappresentanti della basilica – al punto che il 2 agosto 1844 il Priore scrisse una lettera al Gonfaloniere della Comunità di Firenze chiedendo di “ordinare la remozione, e destinazione altrove del Mercato e della rivendita dei Panni e Mobili usati, non solo perché deturpa ed ingombra l’accesso alla più cospicua delle nostre Basiliche, quanto pure per l’indecente linguaggio che tutto giorno si ascolta davanti al detto Sacro Tempio”. La risposta delle autorità

fiorentine, tuttavia, fu negativa: appellandosi alle già citate disposizioni, il Gonfaloniere affermava, “in veduta dell’utile individuale del Pubblico”, di non poter “torre o cambiare un uso da qualche tempo introdotto, ed in gran parte approvato”. In una scorata controreplica, il Priore ammetteva che “fino dal decimoquarto Secolo si faceva della Piazza di S. Lorenzo una fiera di Pannine [panni di lana in pezza], ma nei soli giorni di mercoledì, mentre ora è quotidiana, ed estesa alla rivendita di Panni e Mobili Usati”. Anche in seguito alla costruzione del Mercato coperto del Mengoni a fine Ottocento, il commercio in Piazza continuò a prosperare. Nel 1929, ad esempio, la Prefettura stendeva un elenco dei venditori ambulanti muniti di regolare licenza, da cui risulta la presenza di quattro bancarelle di prodotti di merceria e una di “chincaglierie” a posto fisso in Piazza San Lorenzo, e di un banco per la vendita di “manifatture” tessili e uno di “chincaglierie” in Canto dei Nelli. Una piantina del 1936 riguardante le occupazioni di suolo pubblico in centro evidenzia la presenza di numerose bancarelle ambulanti tanto in Piazza San Lorenzo quanto in Canto dei Nelli. Va infine ricordata una proposta, avanzata nel 1963, di trasferire le bancarelle ambulanti nella struttura del Mercato coperto, proposta che venne però ben presto lasciata cadere.


Le radici di Firenze

I banchi e la piazza: turismo, arte e ricordi letterari Giugno - Premio San Lorenzo: Graticola d’Argento

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ra Sette e Ottocento, Firenze divenne una delle tappe obbligate per i turisti stranieri in viaggio in Italia. Una delle conseguenze fu il proliferare di pubblicazioni, concepite per guidare i visitatori nelle loro esplorazioni del centro storico. Queste guide generalmente includevano un certo numero di immagini della città (di solito, illustrazioni xilografiche). Ovviamente, le guide non rispecchiavano in maniera esatta la realtà locale, ma operavano una selezione, concentrandosi su quei luoghi, fatti e personaggi ritenuti “caratteristici”. Uno sguardo a questi volumetti ci consente di capire quanto intimamente l’immagine di Piazza San Lorenzo fosse associata al commercio ambulante. Sono diverse le guide di Firenze pubblicate nel corso dell’Ottocento in cui, nel parlare di Piazza San Lorenzo, si fa menzione del commercio dei panni e delle bancarelle. Già nella Guida di Firenze pubblicata da Gaspero Ricci nel 1820 era inclusa una veduta della Basilica di San Lorenzo, con quattro bancarelle nello spiazzo antistante. Tre decenni dopo, nella Nouveau Guide De Florence di Federico Fantozzi, nel descrivere la Piazza si affermava che “d’après un usage établi de temps immémorial c’est là que se tient journellement un marché de frippiers et de revendeurs”. Nel 1857, nella sua Nuova guida della città di Firenze, Giuseppe François affermava che “Piazza S. Lorenzo … per consuetudine serve al giornaliero mercato dei rigattieri”. A fianco del testo figurava un’illustrazione della facciata della basilica, con davanti due bancarelle di rivenditori di panni. A metà Ottocento, il mercato ambulante in Piazza veniva incluso tra “le cose degne d’osservazione” per coloro che visitavano Firenze. A testimoniare come il commercio in Piazza colpisse l’immaginazione dei turisti c’è un volumetto scritto da due sorelle britanniche, Susan e Joanna Horner. Figlie del geologo Leonard Horner, intorno alla metà del XIX secolo le due sorelle visitarono più volte Firenze, raccogliendo una serie di impressioni sulla città, poi pubblicate in inglese con il titolo Walks in Florence and Its Environs. Nel libro, le due sorelle descrivevano così Piazza San Lorenzo:

“The Borgo San Lorenzo leads directly to the Piazza of the same name, the eastern side of which is lined with small shops or cellars, chiefly occupied by dealers in hempen and linen clothes. The most conspicuous goods are yards of narrow linen bandages for swaddling infants, hung in festoons before the entrances to many of these shops”. Oltre alle sorelle Horner, furono diversi gli artisti che cercarono di catturare l’atmosfera dinamica e chiassosa del commercio in Piazza. Un dipinto di Giovanni Signorini, datato intorno al 1820, raffigura lo scorcio della Piazza in direzione di Borgo San Lorenzo, gremito da popolani, bancarelle, carretti e commercianti di pannine. In una stampa di Audot, Bury e Pfitzer, di metà Ottocento, si possono notare, a fianco di un gruppo di signori dall’aspetto borghese (con tanto di carrozza), i ben più popolareschi venditori ambulanti. Il mercato in Piazza veniva così immortalato in opere d’arte che ne trasmettevano la carica di vitalità popolare. Ma colui che meglio colse l’essenza del Mercato ambulante di San Lorenzo fu lo scrittore Emilio Cecchi, nato in Via San Zanobi, a poche centinaia di metri dalla piazza. Nell’aprile del 1950, Cecchi tenne un discorso sul tema della “fiorentinità” in Palazzo Strozzi. Cecchi concludeva il suo excursus di lungo periodo su fatti e personaggi della storia di Firenze proprio con un riferimento agli ambulanti di San Lorenzo: “Perché il miracolo di Firenze è in questa contemporaneità di forze, di affetti, di energia casalinga, di volontà di vivere e capacità d’astrazione. Che non mi sentano le autorità. Ma nulla mi piace come le file di barroccini cariche di tessuti dozzinali, saponette da serve e reggipetti, assiepati intorno alle Cappelle Medicee; in linea d’aria a pochi metri da quella presente eternità. Sono incontri più forti dei regolamenti municipali. E mi fanno sempre pensare a quella pendice a sinistra del Partenone e dell’Eretteo, dove sulle casupole di bandone, coi miseri bucati tesi ad asciugare, l’aria eterna lontanamente risuona di grammofoni e del canto dei galli”. Per Cecchi non vi era nulla di più genuinamente “fiorentino” delle bancarelle degli ambulanti in Piazza San Lorenzo. (fonte: Professor Leo Goretti)

Patrono dei cuochi, dei pasticceri, dei vermicellai, dei rosticcieri, ma anche die librai, dei bibliotecari, dei pompieri, e del lavoratori del vetro, San Lorenzo nacque a Huesca, città della Spagna alle falde dei Pirenei, nel 225. Venuto a Roma, centro della cristianità, si distinse per la sua pietà, carità verso i poveri e l’integrità di costumi. Grazie alle sue doti, Papa Sisto II lo nominò Diacono della Chiesa. Doveva sovrintendere all’amministrazione dei beni, accettare le offerte e custodirle, provvedere ai bisognosi, agli orfani e

alle vedove. Per queste mansioni Lorenzo fu uno dei personaggi più noti della prima cristianità di Roma ed uno dei martiri più venerati, tanto che la sua memoria fu ricordata da molte chiese e cappelle costruite in suo onore nel corso dei secoli. Il suo martirio avvenne nel 258 per volere dell’imperatore Valeriano, bruciato con graticola messa sul fuoco ardente. La devozione popolare racconta di un soldato romano che assistette al supplizio e raccolse il sangue del martire con uno straccio, portando la reliquie ad Amaseno (Frosinone) dove la reliquia e tuttota conservata e dove il 10 agosto, giorno del supplizio di Lorenzo, avviene il miracolo della liquefazione del sangue di San Lorenzo. Fra i molti luoghi di culto dedicati alla sua memoria, la Basilica di San Lorenzo a Firenze dalla facciata incompiuta, nell’omonima piazza, dove si teneva il mercato. Consacrata nel 393, la basilica per trecento anni svolse il ruolo di cattedrale. E ogni anno San Lorenzo celebra il premio Graticola d’argento assegnando il riconoscimento a personaggi legati al rione e al mercato.

Conclusioni Il commercio ambulante in Piazza San Lorenzo vanta una storia plurisecolare, che risale quanto meno alla fine del Settecento, e probabilmente al periodo medievale. Sin dal 1792, la vendita di panni, pannine e mobili in Piazza venne riconosciuta come pratica legittima dai magistrati della Comunità di Firenze, parte integrante delle attività commerciali del Mercato Vecchio. Nel corso dei due secoli successivi, la presenza dei venditori ambulanti in Piazza non mancò di suscitare tensioni, in special modo con le autorità ecclesiastiche; a fronte delle rimostranze di queste ultime, tuttavia, i rappresentanti dell’amministrazione comunale ribadirono la piena legittimità, nell’interesse collettivo, del commercio in Piaz-

za. La presenza degli ambulanti divenne quindi parte integrante dell’identità storica e sociale di Piazza San Lorenzo, entrando nell’immaginario non solo dei cittadini di Firenze, ma anche di artisti e turisti, tanto italiani quanto stranieri. A oltre duecento anni di distanza dai decreti granducali, appare difficile, e si potrebbe dire antistorico, pensare a Piazza San Lorenzo senza le sue caratteristiche bancarelle. Si ringraziano il personale dell’Archivio Storico del Comune di Firenze e della Biblioteca delle Oblate per il prezioso supporto nella ricerca. Un doveroso ringraziamento va anche a Roberto Bianchi e Simonetta Soldani per i loro consigli e commenti.


Il mercato

Gli ambulanti di San Lorenzo Storia di un’antica anima fiorentina

È

Robert Davidsohn, massimo conoscitore del passato fiorentino, a certificare la più remota presenza di venditori ambulanti in piazza San Lorenzo. Nella sua monumentale Storia di Firenze (vol. VII, p. 501) lo studioso tedesco afferma che nel 1306 «Il Capitolo di San Lorenzo affittò la loggia dell’ospedale attiguo alla chiesa [...] ad artigiani come barbieri e fornai. I negozianti che non potevano mettere insieme la somma d’affitto di un negozio chiuso si dovevano contentare di esporre alla vendita le loro merci sopra leggeri banchi di legno, entro i vani delle porte o sulla strada». Risale all’alba del XIV secolo, dunque, la prima testimonianza di ciò che possiamo considerare i progenitori degli odierni barrocciai. Siamo ai tempi della Repubblica Fiorentina. Corso Donati domina con l’appoggio di Bonifacio VIII. Dante è in esilio dal 1302. La quotidianità del popolo fiorentino si svolge in seno alle vicinie, suddivisioni che costituiscono il fulcro della vita religiosa, commerciale e politica dei rioni cittadini. Il sagrato della basilica laurenziana è il punto d’incontro privilegiato per la vicinia del Popolo di San Lorenzo, che con ceste, canestri e carretti scambia le proprie merci. Il legame fra chiesa e mercato spontaneo si rinsalda con l’usanza dei cosiddetti «Mercoledì di San Lorenzo» (giorno in cui il santo fu martirizzato), così come ricordato nelle Memorie Istoriche dell’Ambrosiana Real Basilica di San Lorenzo in Firenze (vol. V, p. 154) da Pier Nolasco Cianfogni: «Nell’anno 1338 si trova un indulto del vescovo fiorentino Francesco de’ Silvestri da Cingoli, in cui concedè quaranta giorni d’indulgenza a tutti i fedeli che veramente pentiti e confessati avessero visitata devotamente la Chiesa di San Lorenzo in tutti i mercoledì dell’anno. [...] A motivo dunque del gran concorso del popolo in ogni mercoledì alla Chiesa di San Lorenzo fu introdotto il costume del farsi in quel giorno sulla piazza la Fiera». Dal 1338 al 1804, anno di pubblicazione delle Memorie, in piazza si è dunque sempre tenuta una «Fiera» con «gran concorso di popolo». Progressivamente, da settimanale la fiera stessa è divenuta giornaliera. Sacro e profano sono pertanto uniti in San Lorenzo da almeno sette secoli. Anche in epoca medicea e lorenese, infatti, la piazza brulicava di giocolieri, cantastorie, rigattieri, acquaioli, ferrivecchi, saponai, semai – una folla che con panieri, stuoie di paglia e casotti arrangiati distribuiva dolci, miele, trippa, cenci e scodellame, aggeggi da fabbro e minutaglie per il cucito, lupini, strutto, sale... Una lista inesauribile. La definitiva consacrazione dei barrocci coincide però con l’elezione di Firenze a capitale del Regno d’Italia nel 1865. Il «Risanamento» urbano di Giuseppe Poggi comportò lo sventramento del Mercato Vecchio, i cui esercizi commerciali confluirono dentro e attorno al mercato coperto di Giuseppe Mengoni. Per realizzare la nuova struttura fu abbattuto il labirinto di vicoli compresi fra via dell’Ariento, via Chiara, via Panicale e via Sant’Antonino. In queste due ultime strade sorsero portici concepiti per alloggiare le bancarelle. Intorno al mercato del Mengoni ne prosperò un altro fatto di ambulanti che arrivavano la mattina e nel pomeriggio se ne andavano – proprio come ancora oggi avviene. La vita sofferta, povera ma allegra, talvolta problematica, prosaica ma genuina, squisitamente fiorentina del Mercato Vecchio – quella riportata su tela da Telemaco e Giovanni Signorini, Borrani, Borbottoni, Zingoni, Marrani e tanti altri – si trasferì così proprio in San Lorenzo – e verrà ridescritta da altri pittori: Tirinnanzi, Marma, Guarnieri, Ottone Rosai, Gaetano Spinelli... Fra artisti e mercato di San Lorenzo, d’altronde, esiste un ineffabile legame, una sintonia che si è sempre

tradotta in fonte di illuminazioni creative. Basti pensare agli elogi elargiti ai barrocciai da Renato Fucini, che nel racconto Originalità del popolino di Firenze li definì «Gli arguti e grotteschi nipoti di Stenterello». Nel Novecento i «Nipoti di Stenterello» assumono dunque una fisionomia istituzionalizzata. Dal Dopoguerra sulle loro bancarelle si sono ammucchiati giocattoli, pelletteria e abbigliamento. Dagli anni ’50 e ’60 (quelli del sindaco La Pira, che favorì le licenze dei banchi ai ceti più deboli) vi imperversarono prodotti americani come jeans, cappelli, giubbetti e scarpe da ginnastica. Negli anni ’70 e ’80 i souvenir e le idee-regalo del «Mercatino» divennero punto di riferimento per i turisti stranieri. Negli anni ’90 vi hanno trovato spazio l’usato, gadget e bigiotteria. Oggi, purtroppo, il mercato di San Lorenzo è al centro di polemiche e dispute estetiche – ma, al di là delle controversie amministrative, i suoi ambulanti devono essere certamente salvaguardati – e insieme riordinati, ottemperando alle indiscutibili occorrenze del decoro e del rispetto dei monumenti e dei luoghi sacri che gli sono vicini. (fonte: Matteo Cecchi)

Agosto - Festa di San Lorenzo Una festa di rione allargata a tutta la citta. Quintali di lasagne e cocomero a volontà. E’ la festa di San Lorenzo che coinvolge operatori commerciali, residenti e chiesa. La ricorrenza costituisce da sempre l’occasione del ricordo dei legami fra la città e la prima chiesa consacrata nel centro di Firenze, nel 393 d.c. da Sant’Ambrogio. Questa fu valorizzata soprattutto

dall’insediarsi della famiglia dei Medici nel quartiere di San Lorenzo, con la costruzione del palazzo che Cosimo il Vecchio commissionò a Michelozzo nel 1444. Alla Basilica di san Lorenzo, i Medici vollero associare la Cappella di famiglia. Tradizionalmente la mattina del 10 agosto S.Messa in Basilica a cui partecipa anche il Sindaco e in serata festa in piazza.


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