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L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
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Città del Vaticano
giovedì 16 ottobre 2014
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All’udienza generale Papa Francesco parla della Chiesa in attesa dell’incontro finale con lo Sposo
Le forze del generale Haftar contro gli islamisti
Nella tenda di Dio
Controffensiva annunciata a Bengasi
Dove non ci saranno più prevaricazioni o distinzioni sociali, etniche e religiose La Chiesa come una «città», simbolo «della convivenza e della relazionalità umana», dove «non ci saranno più isolamenti, prevaricazioni e distinzioni di natura sociale, etnica o religiosa». Ha scelto un’immagine dell’Apocalisse il Papa per parlare dell’«attesa dell’incontro finale con lo Sposo». All’udienza generale di mercoledì 15 ottobre, proseguendo le catechesi dedicate alla Chiesa, il Pontefice ha invitato i fedeli presenti in piazza San Pietro a domandarsi che cosa sarà di ciascuno di noi alla fine dei tempi. La risposta, ha spiegato, va ricercata nell’appartenenza alla Chiesa come «popolo di Dio che segue il Signore Gesù e che si prepara giorno dopo giorno all’incontro con lui». Per Francesco, infatti, questo «non è solo un modo di dire», perché «Cristo, facendosi uomo come noi e facendo di tutti noi una cosa sola con lui, ci ha davvero sposato e ha fatto di noi come popolo la sua sposa». Inoltre il Pontefice ha individuato un «altro elemento, che ci conforta ulteriormente», nel fatto «che la Chiesa è chiamata a diventare città», ovvero la «Gerusalemme celeste». E questo, ha aggiunto, significa che «la speranza cristiana non è semplicemente un desiderio, un auspicio, non è ottimismo: per un cristiano, la speranza è attesa del compimento ultimo e definitivo» del «mistero dell’amore di Dio». Al termine, salutando i vari gruppi, il Papa ha rinnovato l’invito a continuare a pregare per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia. PAGINA 8
Messaggio per il quinto centenario della nascita di Teresa d’Avila
Santa camminatrice PAGINA 6
«Cristo e Maria, Cristo sposo e la Chiesa sposa» (cappella della Madonna, Sacro Speco, Subiaco)
Negati disaccordi con il Governo della Turchia
Washington sollecita unità contro l’Is WASHINGTON, 15. Il Governo degli Stati Uniti ha fatto appello all’unità della coalizione internazionale per contrastare i terroristi del cosiddetto Stato islamico (Is) in Iraq e in Siria e, al tempo stesso, ha negato che con la Turchia vi siano disaccordi smentendo, in questo modo, le valutazioni in senso contrario che gli analisti avevano fatto unanimemente nei giorni scorsi. Il presidente Barack Obama è intervenuto ieri al vertice con i responsabili militari dei Paesi della
coalizione — compresa la Turchia che formalmente non ne fa parte — organizzato nella base di Andrews, nel Maryland. L’incontro è stato voluto dal Pentagono per meglio definire le prossime mosse contro l’Is. Riguardo alla convocazione del vertice, la Casa Bianca aveva commentato che la strategia adottata «è solo all’inizio e sta funzionando», ma che sembra comunque arrivato il momento di una svolta. Lo stesso Obama ha peraltro ribadito che quella contro lo Stato
Ban Ki-moon visita i luoghi colpiti dai bombardamenti durante il conflitto tra Israele e Hamas
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Gaza attende la ricostruzione GAZA CITY, 15. La comunità internazionale si mobilita per la ricostruzione della Striscia di Gaza. Dopo la conferenza dei donatori, che ha raccolto in tutto 4,3 miliardi di euro, un messaggio di speranza è giunto ieri dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ha visitato i luoghi colpiti dai bombardamenti durante l’ultimo conflitto tra Israele e Hamas. Tragico il bilancio delle vittime umane dei cinquanta giorni di battaglia. Stando ai dati dell’Onu sono morti 2.100 palestinesi e 72 israeliani di cui 66 soldati. Enormi i danni materiali: a Gaza ancora 2,5 milioni di tonnellate di macerie devono essere rimosse; oltre due dozzine di pozzi per l’acqua sono stati danneggiati; quasi 50 chilometri di rete idrica e oltre 17 chilometri di tubazioni di scarico sono stati distrutti. Danneggiata anche l’unica centrale elettrica. Il numero uno del Palazzo di vetro ha cominciato la visita da Shejaiya, uno dei quartieri di Gaza più duramente provati dal conflitto. Ban Ki-moon, la cui ultima visita nel territorio risale al 2012, è giunto a Gaza anche per «condividere il lutto» del personale dell’Onu, ha detto all’Afp Christopher Gunness, portavoce dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’aiuto ai rifugiati palestinesi. Quest’ultima ha infatti perso durante la guerra 11 collaboratori.
Il segretario generale ha anche avuto incontri con ministri del Governo di unità palestinese che conta membri di Al Fatah e di Hamas e che detiene il controllo anche della Striscia. Ban Ki-moon ha inoltre incontrato i residenti israeliani dei centri abitati in prossimità della Striscia colpiti dal lancio dei razzi durante il conflitto.
Intanto, l’esercito israeliano ha confermato il trasferimento di materiale nella Striscia in modo da facilitare i progetti di ricostruzione. I rifornimenti includono seicento tonnellate di cemento e cinquanta camion di aggregati edilizi. Il trasferimento è controllato da rappresentanti dell’Onu, del Governo palestinese e di Israele.
islamico «sarà una campagna molto lunga. Ci saranno periodi in cui si faranno progressi e periodi in cui ci saranno battute d’arresto». Sui rapporti con la Turchia è invece intervenuto il segretario di Stato americano, John Kerry, a Parigi, dove ha incontrato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Kerry ha smentito il fatto che vi siano disaccordi tra Washington e Ankara. Poche ore prima, peraltro, il ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, aveva negato la concessione delle basi aeree del suo Paese ai mezzi della coalizione impegnati nei raid contro i jihadisti in Iraq e in Siria. Kerry ha comunque affermato che il Governo di Ankara definirà «secondo la propria agenda» il ruolo che vorrà avere per fronteggiare i miliziani. Al momento, comunque, l’esercito turco continua a tenere bloccato il confine con la Siria, oltre il quale prosegue la resistenza delle milizie curde dei peshmerga. Nelle ultime ore i raid della coalizione hanno preso di mira il sistema attraverso il quale i jihadisti stanno facendo arrivare rinforzi verso Kobane da ArRaqqah, la principale località da loro controllata in territorio siriano. Di contro, l’esercito turco continua a impedire il passaggio di rinforzi curdi ai difensori di Kobane. Ciò nonostante, questi ultimi hanno fatto registrare successi, contrattaccando gli islamisti che negli ultimi giorni erano penetrati in diverse zone della città. In ogni caso, la questione curda sembra destinata a sovrapporsi a quella della lotta contro l’Is, dopo che due giorni fa l’aviazione turca aveva bombardato postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), nel primo episodio del genere dopo l’avvio di colloqui informali con lo stesso Pkk, a suo tempo dichiarato fuorilegge.
La Santa Sede e i conflitti dalla Grande guerra a oggi
Imparzialità della pace L’auto di Ban Ki-moon sotto scorta tra le macerie di Gaza (Afp)
PIETRO PAROLIN
TRIPOLI, 15. File ai distributori di Le forze di Haftar difendono da benzina, assalti ai negozi per far diverse settimane l’aeroporto della scorta di generi alimentari e soprat- città, il loro ultimo bastione dopo tutto tanta paura: il quotidiano la perdita delle principali basi mili«Libya Herald» descrive così l’at- tari. mosfera a Bengasi, dove oggi è iniMa nella Libia senza pace si ziata l’attesa controffensiva delle combatte anche in altre zone. È inforze legate al generale Khalifa fatti salito a 50 morti e 120 feriti il Haftar contro i gruppi islamisti che numero delle vittime degli scontri controllano il capoluogo della Ci- in corso nella città di Kakla, sui renaica. Secondo il giornale, a Bengasi e nelle sue immediate vicinanze sono dispiegati tra i 45.000 e i 50.000 combattenti sostenitori del Consiglio della shura, l’organismo che amministra la città. Testimoni hanno riferito questa mattina di diverse esplosioni e di raid aerei. La controffensiva è stata annunciata da Haftar ieri sera, con un discorso trasmesso alla televisione. Il generale ha annunciato che entro «le prossime ore inizierà la battaglia per liberare Bengasi». Per questo nel discorso trasmesso dall’emittente «Libia Awalan», l’ufficiale ha chiesto alla popolazione di Bengasi «di pazientare perché nelle prossime ore la città Un miliziano a Beni Walid (Afp) sarà liberata dagli estremisti, un’operazione necessaria per riportare la monti al Gharbi, a 150 chilometri a sud di Tripoli, tra le milizie di Mistabilità e la sicurezza». Un suo portavoce aveva quindi surata e quelle di Zintan. Gli sconinvitato i giovani di Bengasi a ga- tri, iniziati sabato scorso, seguono rantire la sicurezza dei propri quar- quelli scoppiati mesi fa nella capitieri e a non consentire agli islami- tale quando furono le milizie islasti di accedervi. Scontri quasi quo- miste di Misurata a ottenere la metidiani oppongono le forze di Haf- glio in quella che è stata chiamata tar a quelle del Consiglio della operazione “Alba della Libia”. Gli shura, una coalizione di milizie scontri stanno inoltre provocando islamiste guidata da Mohamed al- centinaia di profughi tra la popolaZehawi, capo di Ansar Al Sharia. zione locale.
Giovedì mattina le relazioni in aula
Si conclude il lavoro dei circoli minori
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NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Tortona (Italia), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Martino Canessa, in conformità al canone 401 §1 del Codice di Diritto Canonico.
Provviste di Chiese A PAGINA
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Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Torto-
na (Italia) il Reverendo Padre Vittorio Francesco Viola, O.F.M., finora Docente di Liturgia, Custode del Protoconvento e del Santuario della Porziuncola. Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Itumbiara (Brasile) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Antônio Fernando Brochini, C.S.S., trasferendolo dalla Diocesi di Jaboticabal.
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giovedì 16 ottobre 2014
Secondo il segretario di Stato americano Mosca sta cominciando a rispettare i patti
Visita del premier cinese Li Keqiang alla vigilia del vertice Asem
Kerry e Lavrov a colloquio sull’Ucraina
Accordi miliardari siglati da Roma e Pechino
KIEV, 15. I militari russi si stanno ritirando dai confini all’est dell’Ucraina. Lo ha assicurato il segretario di Stato americano, John Kerry, al termine dell’incontro di ieri sera a Parigi con il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov. Kerry ha sottolineato che il ritiro delle truppe di Mosca è uno dei requisiti fondamentali per l’annullamento delle sanzioni economiche occidentali nei confronti della Russia. «Ci sono almeno quattro requisiti principali da rispettare per ritirare le sanzioni: il rilascio degli ostaggi, la liberazione di tutti i prigionieri, il ritiro delle truppe e degli equipaggiamenti militari», ha precisato il capo della diplomazia a stelle e strisce, riconoscendo che il Governo di Mosca sta cominciando a rispettare i patti. Da parte sua, Lavrov ha insistito sul fatto che le sanzioni contro la Russia stanno mettendo in difficoltà prima di tutto l’Europa. «Non sappiamo chi stia perdendo di più in termini economici: la Russia o l’Unione europea», ha sottolineato Lavrov prima di arrivare a Parigi. Al riguardo, il premier russo, Dmitri Medvedev, in un’intervista alla emittente televisiva americana Cnbc, ha detto che finché rimangono in vigore le sanzioni — definite «distruttive e stupide» — è «assolutamente impossibile» un rilancio
Kerry e Lavrov a Parigi (LaPresse/Ap)
delle relazioni tra Mosca e Washington. Medvedev è tornato poi a caldeggiare l’idea — respinta dal Governo di Kiev — che l’Ucraina diventi un Paese federale. «Se gli ucraini vogliono vivere in uno Stato unitario — ha detto il primo ministro alla tv americana — vadano avanti, comunque mi pare che hanno raggiunto un
vicolo cieco». «Il problema dell’Ucraina — ha sottolinreato il premier Medvedev — è che la sua società è profondamente divisa». E su iniziativa di Kiev, il presidente russo, Vladimir Putin, e il capo dello Stato ucraino, Petro Poroshenko, hanno discusso in una conversazione telefonica le possibili
misure per promuovere una soluzione pacifica della situazione nel sudest dell’Ucraina. Lo ha reso noto il Cremlino in una nota diffusa nella tarda serata di ieri, aggiungendo che entrambi i leader hanno confermato la loro disponibilità ad affrontare la «questione del gas», a margine del summit Asia-Europa (Asem) che si terrà domani e venerdì a Milano. In Italia, è previsto un incontro tra i due, alla presenza di diversi leader europei. A giugno, Gazprom ha interrotto le forniture di gas a Kiev, in seguito al mancato accordo sul saldo del debito accumulato dall’Ucraina e il nuovo prezzo del metano. La Russia copre un terzo del fabbisogno energetico dell’Europa e circa metà delle forniture passa attraverso la ex Repubblica sovietica. Sul terreno, i miliziani separatisti nell’est stanno continuando ad attaccare le postazioni delle forze armate di Kiev, nonostante la fragile e più volte violata tregua siglata il 5 settembre scorso. Lo sostiene l’ufficio stampa delle truppe ucraine, precisando che i soldati di Kiev hanno respinto un attacco dei ribelli nella zona dell’aeroporto di Donetsk. Inoltre, ha denunciato che i separatisti hanno lanciato tre missili Grad contro i militari ucraini presso la località di Debaltseve.
ROMA, 15. Il Dragone parla italiano. Sono tredici in tutto gli accordi firmati ieri da Roma e Pechino in vista del rilancio della cooperazione bilaterale in chiave anticrisi. Volato in Italia per partecipare al vertice Asem, che si apre domani a Milano, il premier cinese Li Keqiang ha incontrato ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il capo dell’Esecutivo, Matteo Renzi, il quale ha voluto sottolineare che «tra Italia e Cina ci sono impressionanti spazi di sviluppo». Per le aziende italiane, la Cina è il secondo partner commerciale extraeuropeo dopo gli Stati Uniti, con un interscambio che nel 2013 è stato di 32,9 miliardi e un export cresciuto, nel primo semestre di quest’anno, dell’8,3 per cento. «Ma possiamo fare di più» ha detto Renzi. «Anche il G20 in Australia avrà il focus sulla crescita» ha aggiunto, perché «ormai tutto il mondo, tranne qualcuno in Europa, ha capito che la crescita è la cosa più importante». Dal canto suo, il premier Li Keqiang ha parlato di «relazioni con l’Italia in crescita: abbiamo avuto colloqui molto fruttuosi, speriamo di lavorare insieme per salvaguardare interessi comuni».
Approvata la legge quadro
Situazione critica in Toscana, Piemonte e Friuli Venezia Giulia
Parigi e la riduzione del nucleare
Ancora morti per il maltempo in Italia
PARIGI, 15. La Francia, Paese leader del nucleare in Europa, ha compiuto ieri un primo passo simbolico verso la riduzione dell’energia atomica. L’Assemblea nazionale ha infatti adottato il progetto di legge presentato dal Governo sulla transizione energetica, che prevede di ridurre dal 75 al 50 per cento il ricorso a questa fonte energetica per assicurare il fabbisogno di elettricità del Paese. Già venerdì, i deputati avevano approvato il principio di una
Partita di calcio tra Serbia e Albania degenera in rissa BELGRAD O, 15. Che la partita di calcio tra Serbia e Albania fosse ad alto rischio si sapeva già. E non a caso l’incontro era stato vietato alla tifoseria ospite. Ma quanto accaduto ieri sera a Belgrado, durante l’incontro di qualificazione per gli europei del 2016, è andato oltre lo sport. E anche più in là della rivalità politica. La gara è degenerata verso la fine del primo tempo ed è poi finita in rissa, costringendo l’arbitro al fischio finale anticipato. Poco prima dell’intervallo, un drone con una bandiera della Grande Albania, con la scritta «Kosovo autoctono» e la data del 1912 (a ricordare la rivolta albanese), ha sorvolato a lungo lo stadio di Belgrado. L’arbitro ha brevemente sospeso il gioco e uno dei calciatori serbi è riuscito ad afferrare la bandiera, gettandola via. Un gesto, ritenuto offensivo dagli avversari, che ha dato il via agli scontri. I calciatori albanesi si sono avventati sugli avversari, ne è nata una megarissa che ha coinvolto anche tifosi serbi entrati sul terreno di gioco. Inutile, a quel punto, il tentativo del direttore di gara di fare riprendere la partita.
riduzione del nucleare. Ma ieri il testo è stato adottato in modo solenne, con una maggioranza di trecentoquattordici voti, tra socialisti, ecologisti e radicali di sinistra. L’opposizione dell’Upm e i comunisti hanno votato contro, mentre i centristi si sono astenuti. Il premier, Manuel Valls, ha salutato un passo che «fa onore alla Francia e che servirà come punto di riferimento ovunque in Europa e nel mondo», mentre il ministro dell’Ambiente, Ségolène Royal, ha sottolineato come il documento possa «riconciliare crescita, ecologia e sociale». Oltre alla riduzione del nucleare, la nuova normativa prevede di dimezzare i consumi elettrici dei francesi nel 2050 rispetto al consumo del 2012, con l’obiettivo intermedio di una riduzione del 20 per cento entro il 2030. La Francia è il secondo produttore mondiale di energia nucleare, con ben cinquantotto reattori ripartiti su diciannove centrali. Paradosso della storia, il voto dei deputati è arrivato nel giorno dell’apertura, vicino a Parigi, del primo salone mondiale del nucleare, il World Nuclear Exhibition. E giovedì scorso, Parigi ha firmato un accordo di cooperazione sul nucleare civile con il Sud Africa.
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ROMA, 15. Ancora morti per il maltempo in Italia. Dopo il dramma di Genova, piogge torrenziali ed esondazioni stanno colpendo duramente la Toscana, in particolare la Maremma. E il bilancio è drammatico: due anziane donne sono morte nella loro auto travolta dalle acque dell’Elsa esondato nella zona fra Albinia e Manciano. Il comune di Orbetello ha avvisato gli abitanti, chiedendo loro di spostarsi ai piani alti delle abitazioni, e ha deciso di evacuare, a scopo precauzionale, le famiglie delle zone particolarmente a rischio di Polverosa, Aunti, Alberone e Priorato. I vigili del fuoco hanno tratto in salvo altre nove persone colpite da ipotermia. Criticità elevata per rischio idrogeologico si registra su gran parte dell’Emilia Romagna e della Lombardia, sulla Toscana e sull’alto Lazio, mentre una nuova perturbazione è prevista sul Friuli Venezia Giulia, già duramente colpito. Una frana, probabilmente dovuta alle forti piogge, ha oggi travolto, uccidendola, una donna in provincia di Trieste. Da ieri sono invece in corso le ricecche di una donna dispersa nei boschi sopra Attimis, in provincia di Udine. In Piemonte ci sono intere frazioni isolate e decine di comuni dove anche oggi le scuole sono rimaste chiuse.
Fiducia di Moody’s ai conti italiani
Il fiume Elsa esondato nei pressi di Manciano (Ansa)
Sembra invece migliorare la situazione sulle regioni nord occidentali, anche se i disagi non sono scomparsi. Nelle province di Alessandria e Parma si spala il fango e si fa la conta dei danni Nel frattempo, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è intervenuto sui fatti di Genova, sottolineando che «alle spalle di questi fenomeni, che sono anche dovuti a inerzie locali, a lungaggini burocra-
tiche nel realizzare progetti elaborati e perfino finanziati e pronti quindi per essere realizzati, alle spalle di tutto questo c’è anche l’incuria nei confronti del patrimonio boschivo e forestale». Per affrontare e prevenire disastri come quello di Genova «non bastano motivazioni vaghe delle responsabilità o delle cause; dobbiamo avere una visione unitaria degli interventi da compiere per consolidare il nostro territorio».
La prossima finanziaria prevede riduzioni delle imposte e aiuti alle famiglie
Irlanda verso la ripresa
Il ministro delle Finanze Michael Noonan (Reuters)
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Nello specifico, l’insieme degli accordi siglati a Roma ammonta a circa otto miliardi di euro, e rappresenta solo l’ultima tappa del piano di massicci investimenti che Pechino sta promuovendo fin dall’inizio della crisi economica, nel 2008. Tanti i soggetti coinvolti, così come i settori: dalle nuove tecnologie alla finanza, dalle infrastrutture alle risorse naturali, dall’industria meccanica all’agricoltura, dai trasporti all’ecologia. Nel dettaglio, spicca l’accordo da tre miliardi per la cooperazione nello sviluppo di opportunità finanziarie per le piccole e medie imprese. Sarà inoltre varato un fondo strategico comune che consentirà operazioni di investimento fino a un miliardo di euro complessivi per sviluppare la cooperazione tra i due Paesi. Da segnalare anche il memorandum per potenziali linee di credito fino a un miliardo di euro all’italiana Enel da parte della Bank of China e quello per lo stanziamento di ottocento milioni di euro per il settore agricolo. Nel frattempo, a Milano si stanno definendo gli ultimi dettagli organizzativi in vista del vertice Asem (Asia-Europe Meeting), che si aprirà domani sera e al quale parteciperanno i capi di Stato e di Governo di 53 Paesi. Per l’occasione sono stati dislocati duemila tra carabinieri, poliziotti e finanzieri. Jet militari saranno pronti a decollare dall’aeroporto di Ghedi, nel Bresciano, in caso di emergenza. Il vertice sarà un’importante occasione di confronto, e non solo su temi economici ed energetici. Sul tavolo ci sono tutti i principali dossier politici internazionali, in primis la crisi ucraina, la guerra contro il cosiddetto Stato islamico in Vicino oriente, le tensioni tra Cina e Giappone.
DUBLINO, 15. «La ripresa dell’economia è in corso». Così il ministro irlandese dell’Economia, Michael Noonan, ha annunciato la fine dell’austerità in Irlanda, presentando ieri in Parlamento a Dublino la prima legge finanziaria dall’inizio della crisi che prevede più spesa e una riduzione delle imposte. Così, a quattro anni dallo stanziamento degli aiuti internazionali e dalle relative normative, Dublino accantona il rigore e guarda verso la ripresa. «La strada che abbiamo per-
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corso per arrivare fino a questo punto è stata molto difficile e gli irlandesi hanno fatto grandi sacrifici, ma le politiche perseguite da questo Governo hanno funzionato» ha detto Noonan. Oltre al calo delle imposte e agli aiuti a famiglie e imprese, Dublino ha approvato ieri anche l’abolizione del cosiddetto Double Irish, ovvero quelle norme che in passato hanno permesso a grandi gruppi multinazionali di ricevere agevolazioni in materia fiscale.
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ROMA, 15. «L’Italia ha una solida posizione di bilancio che è utile per avere favorevoli costi di finanziamento, con più tempo per attuare riforme a favore della crescita». Moody’s promuove il programma delle riforme italiane, nonostante il fatto che — si legge in una nota dell’agenzia di rating diffusa ieri — «alla luce dei dati del secondo trimestre, l’economia italiana si contrarrà dello 0,3 per cento nel 2014, prima di crescere marginalmente dello 0,5 per cento». Dati sostanzialmente confermati oggi dall’Istat, secondo il quale il pil (prodotto interno lordo) italiano nel secondo trimestre registra un calo dello 0,2 per cento sul trimestre precedente e segna un meno 0,3 sullo stesso trimestre del 2013. Il giudizio di Moody’s arriva in un momento delicato. Mentre a Roma la manovra da trenta miliardi di euro arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri, all’Ecofin il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha ribadito i punti essenziali del piano e ha confermato la mancata realizzazione dall’aggiustamento strutturale necessario per giungere al pareggio di bilancio, che viene così rimandato di due anni. «Quello che conta — ha spiegato il ministro — è che continuiamo ad avere il target del pareggio, c’è solo un ritardo dovuto al fatto che ad aprile, quando abbiamo preso gli impegni, la previsione di crescita era più alta di quella attuale». Concetti, questi, ribaditi anche dal presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, nel corso di un colloquio telefonico, ieri, con il presidente nominato della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.
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Un operatore sanitario a Monrovia riceve un trattamento disinfettante (Epa)
Undici milioni alle urne
Il Mozambico elegge presidente e Parlamento MAPUTO, 15. Undici milioni di cittadini del Mozambico sono chiamati oggi alle urne per le elezioni generali. Si vota per scegliere il presidente, i duecentocinquanta deputati del Parlamento unicamerale e i membri di dieci amministrazioni provinciali. Il voto arriva in una situazione rasserenata dalle recenti intese che hanno posto fine a quasi due anni di riacutizzata tensione. Sanguinosi disordini armati avevano infatti riproposto lo storico scontro tra il Fronte di liberazione del Mozambico (Frelimo), il partito da sempre al potere, e gli ex ribelli della Resistenza nazionale mozambicana (Renamo), firmatari dell’accordo di Roma che il 4 ottobre 1992 mise termine alla guerra civile. Il sistema elettorale mozambicano è proporzionale, basato su liste di partito e a doppio turno. Tuttavia, il Frelimo ha finora sempre raggiunto la maggioranza assoluta al primo turno. Alle ultime presidenziali, il capo di Stato uscente, Armando Emilio Guebuza, che ha concluso il suo secondo e ultimo mandato, aveva ottenuto il 75 per cento dei voti, seguito dal leader della Renamo, Afonso Dhlakama con il 16,4 per cento, e dal candidato del Movimento democratico del Mozambico (Mdm), il sindaco di Beria Daviz Simango con l’8,6 per cento. Dhlakama, tornato a Maputo il mese scorso dopo quasi due anni passati alla macchia, e Simango sono di nuovo candidati alla presidenza in queste elezioni, che vedono comunque favorito ancora una volta il candidato del Frelimo, l’attuale ministro della Difesa, Filipe Nyussi. A giudizio concorde degli osservatori, stavolta più che la Renamo a sfidare il Frelimo nelle urne è proprio l’Mdm, la cui politica negli ultimi anni si è concentrata sulla lotta per ridurre le disuguaglianze, non solo tra classi sociali, ma anche tra le diverse zone del Paese. Le istituzioni e il potere sono infatti appannaggio delle leadership delle zone meridionali, mentre dai luoghi decisionali sono di fatto esclusi i rappresentanti di quelle del nord e del centro, i cui giacimenti di petrolio, gas e carbone costituiscono una voce determinante dell’economia nazionale, senza che i benefici di questa ricchezza ricadano in modo adeguato sulle popolazioni locali. A giudizio di alcuni osservatori, proprio per provare a smentire la fondatezza di tali accuse, il Frelimo ha preferito la candidatura di Nyussi, originario del nord e che in molti ritengono eterodiretto da Guebuza, a quella dell’attuale ministro dell’Agricoltura, José Pacheco, che in molti fino a pochi mesi fa consideravano il delfino designato dello stesso Guebuza.
Tregua nel Kashmir tra Pakistan e India
L’epidemia di ebola in Africa desta sempre più preoccupazione nel mondo intero
Falsi allarmi ed emergenze reali GINEVRA, 15. Fra falsi allarmi (un aereo è dovuto atterrare d’urgenza ieri a Fiumicino per il malore di due persone a bordo) ed emergenze reali, continua senza sosta a crescere il bilancio dell’epidemia di ebola. Ed entro l’inizio di dicembre, nei tre Paesi dell’Africa occidentale più colpiti — Guinea, Sierra Leone e Liberia — il numero di nuovi casi di contagio per il virus potrebbe salire fino a diecimila. L’allarme è stato lanciato ieri dal vice direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), Bruce Aylward, precisando che nelle ultime tre-quattro settimane sono stati registrati più di mille nuovi contagi e che il virus nei tre Paesi sta uccidendo almeno il 70 per cento delle persone colpite. In Guinea, Sierra Leone e Liberia l’ultimo bilancio dell’Oms è di 4.447 vittime, su 8.914 casi di infezione. Del resto, come ha spiegato il professore Robert Gallo, immunologo e virologo statunitense, noto soprattutto per aver scoperto nel 1983 il virus dell’hiv, «non ci sono al momento in Africa virus più potenti e pericolosi di ebola». Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è intanto riunito ieri sera per discutere dell’emergenza, con
gli Stati Uniti che stanno pensando di istituire un apposito “super-ministero” per affrontare la grave crisi sanitaria. La nomina del nuovo organismo viene, infatti, richiesta al presidente statunitense, Barack Obama, da più parti. Le istituzioni di tutto il mondo ormai non hanno più timore nel definire ebola una emergenza prioritaria mondiale. «Dobbiamo tenere il virus sotto controllo nel breve termine, in modo che non si diffonda ulteriormente e finisca per diventare una epidemia su larga scala», affermano gli esperti. Al riguardo, Obama ha dichiarato che «il mondo non sta facendo abbastanza» per contenere la minaccia del virus. Il presidente — che oggi parteciperà a una videoconferenza con il primo ministro britannico, David Cameron, il capo dello Stato francese, François Hollande, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi — ritiene comunque altamente improbabile che ebola possa diffondersi a macchia d’olio negli Stati Uniti. Ogni guerra, anche quella contro le malattie, ha però bisogno di fondi, ed è quanto sta accadendo allo Scripps Research Institute in Califor-
Altre proteste a Hong Kong
Ripresi i colloqui per la diga sul Mekong PHNOM PENH, 15. Riprenderanno questa settimana in Cambogia le consultazioni sulla controversa costruzione in Laos della diga Don Sahong, sul fiume Mekong. Ai colloqui parteciperanno anche le comunità che vivono lungo il corso del fiume, che si sentono minacciate dalla diga. Le discussioni continueranno fino ai primi di dicembre. «Prima che il Governo di Phnom Penh prenda una decisione ufficiale sulla diga verranno ascoltate tutte le parti in causa», ha sottolineato in una nota il segretario generale del Comitato nazionale cambogiano per il Mekong. Ogni Paese diretta-
Missionario sequestrato da ribelli centroafricani BANGUI, 15. Padre Mateusz Dziedzic, un sacerdote polacco delle Pontificie opere missionarie (Pom), è stato sequestrato a Baboua, nella Repubblica Centroafricana da un gruppo ribelle che si definisce Fronte democratico del popolo centrafricano (Fdpc). Una nota della direzione a Varsavia delle Pom, nel dare notizia del sequestro, riferisce che l’Fdpc per rilasciare padre Dziedzic non ha chiesto un riscatto, ma la liberazione di un suo comandante, Abdoulaye Miskine, detenuto nel confinante Camerun. Il ministero degli Esteri polacco, da parte sua, ha comunicato di essersi impegnato in un tentativo di negoziato e di essere a conoscenza del fatto che il missionario è trattato bene.
nia, uno dei centri di ricerca più prestigiosi degli Stati Uniti, che, tra le altre cose, ha contribuito alla scoperta di ZMapp, il siero anti-ebola. Per trovare quelli necessari ad approfondire lo studio di una terapia contro l’epidemia di febbre emorragica, i ricercatori hanno lanciato una colletta in rete. L’obiettivo è quello di raccogliere centomila dollari per potere acquistare gli strumenti fondamentali per proseguire il lavoro di ricerca. Frattanto, resta molto alta la preoccupazione per i ricoverati a Dallas, in Texas, e a Madrid. L’infermiera ventiseienne americana Nina Pham, ammalatasi dopo essersi presa cura negli Stati Uniti del cosiddetto “paziente zero”, il liberiano Eric Duncan, poi morto, ha ricevuto una trasfusione di sangue dal Kent Brantly, il primo statunitense sopravvissuto al contagio. Il medico, guarito grazie a una cura sperimentale, ha donato il sangue a tre pazienti, inclusa Pham. La giovane, in cura a Dallas, è entrata in contatto con Duncan insieme ad almeno altre settanta persone. A Madrid, sono invece ancora gravi, anche se in leggero miglioramento, le condizioni dell’infermiera contagiata dal virus.
mente coinvolto avrà sei mesi di tempo per la raccolta dei dati da consegnare all’organismo di cooperazione degli Stati lungo il fiume, il più importante dell’Indocina e uno dei maggiori dell’Asia. Nel 2013, il Governo del Laos ha annunciato l’intenzione di iniziare la costruzione della diga senza seguire le procedure previste nella Convenzione sul Mekong del 1995, in cui si afferma che i progetti idroelettrici sul corso principale del fiume (l’undicesimo più lungo al mondo) devono essere sottoposti a un lungo processo di consultazione tra i Paesi membri.
ISLAMABAD, 15. Dopo alcuni giorni di scontri a fuoco incrociati tra gli eserciti dell’India e del Pakistan lungo il confine del Kashmir, Islamabad e New Delhi sono tornate ieri a parlarsi, interrompendo i combattimenti. Un contatto telefonico è stato infatti stabilito tra i comandanti delle operazioni militari lungo il confine tra i due Paesi, entrambi dotati di arsenale nucleare. Nel colloquio, informano fonti di stampa, il capo di stato maggiore dell’esercito pakistano ha manifestato preoccupazione nei confronti della controparte indiana e ha puntato il dito contro gli attacchi indiscriminati dell’India verso i civili pakistani che vivono lungo il confine. Gli intensi bombardamenti e i ripetuti scambi di colpi di artiglieria sono iniziati una decina di giorni fa. Islamabad ha dichiarato che entrambi i Paesi condividono il dovere di disinnescare la situazione, mentre il ministero degli Esteri indiano ha sostenuto che «la distensione del conflitto stavolta è tutta nelle mani del Pakistan». La questione della regione contesa del Kashmir — con India e Pakistan che ne hanno sempre rivendicato il possesso — è alla base degli scontri a fuoco tra i due Paesi a partire dalla decolonizzazione britannica del 1947. Dal 1989, anno in cui si acuirono le tensioni, sono morte decine di migliaia di persone. Una nuova fase di distensione è sembrata aprirsi a maggio, quando Narendra Modi ha invitato l’omologo pakistano, Nawaz Sharif, alla sua cerimonia di insediamento come primo ministro dell’India, ma la ripresa dei contatti tra il Governo di Islamabad e i separatisti del Kashmir ha fatto interrompere bruscamente i rapporti bilaterali. I bombardamenti dei giorni scorsi sono stati definiti dagli analisti come i più violenti degli ultimi anni. Almeno venti civili sono rimasti uccisi e migliaia di persone hanno abbandonato le loro case su entrambi i fronti. E a frenare il sanguinoso conflitto non è bastata nemmeno la scelta da parte del Comitato per il Nobel di Oslo di premiare insieme l’attivista indiano Kailash Satyarthi e la pakistana Malala Yousafzai. Entrambi hanno rivolto un accorato appello per una soluzione pacifica del conflitto indo-pakistano, che dura da oltre sessant’anni. Nel tentativo di stemperare la tensione, la stessa Malala ha invitato i leader di Pakistan e India ad accompagnare lei e Satyarthi alla cerimonia di consegna dell’ambito premio internazionale.
Non appartengono ai giovani i resti scoperti nelle fosse comuni in Messico
Sorte incerta per gli studenti scomparsi
Un manifestante nel centro della città (LaPresse/Ap)
HONG KONG, 15. Un migliaio di giovani sono scesi ieri nuovamente nelle strade di Hong Kong. E mentre il ministro per la Sicurezza del Governo locale annuncia la sospensione di alcuni agenti macchiatisi di violenze contro i manifestanti, Pechino riafferma la sua fiducia nel chief executive. Le agenzie internazionali affermano che al momento circa mille manifestanti si trovano ad Admirality, uno dei quartieri centrali della ex colonia britannica. Due giorni fa la polizia aveva ri-
mosso tutte le barriere erette a ridosso degli uffici governativi. Come noto, la protesta a Hong Kong è scattata dopo la decisione del Governo cinese di restringere a una rosa di massimo tre nomi il numero di candidati eleggibili alla carica di chief executive nelle prossime elezioni previste per il 2017, le prime che si svolgeranno a suffragio universale. Pechino ha inoltre stabilito che le candidature dovranno essere esaminate da un comitato nominato anch’esso dal Governo cinese.
CITTÀ DEL MESSICO, 15. I 28 corpi ritrovati in fosse comuni a Iguala, nello Stato messicano meridionale di Guerrero, non sono degli studenti spariti dallo scorso 26 settembre, dopo una manifestazione in città. Lo ha detto il ministro della Giustizia messicano, Jesús Murillo Karam, informando la stampa sul risultato dell’esame genetico dei campioni prelevati nelle fosse comuni. Nelle prime cinque fosse rinvenute sono stati trovati appunto 28 cadaveri, mentre non è stato reso noto il numero dei corpi scoperti nelle altre fosse individuate successivamente. «Abbiamo i risultati riguardanti le prime fosse e posso dirvi che non corrispondono al Dna che le famiglie di questi giovani ci hanno fornito», ha detto il ministro. Resta dunque ignota la sorte dei 43 studenti sequestrati a Iguala da
uomini armati risultati membri della polizia locale collusi con i narcotrafficanti. A Iguala, città che il presidente messicano Enrique Peña Nieto ha posto sotto il controllo dell’esercito e della gendarmeria federali, prosegue intanto l’indagine. Murillo Karam ha anche annunciato l’arresto di altri quattordici agenti di polizia ritenuti coinvolti nella vicenda. Gli arrestati sono dunque finora 48, molti dei quali appartenenti appunto alla polizia municipale di Iguala. Tra le persone tuttora ricercate e ancora latitanti figura anche il sindaco della cittadina, José Luis Abarca, che avrebbe collaborato attivamente, insieme al capo della polizia locale, con il gruppo criminale dei Guerreros Unidos, al quale i due avrebbero consegnato gli studenti.
La Commissione della sicurezza nazionale ha intanto riferito ieri della morte di Benjamín Mondragón, uno dei leader dei Guerreros Unidos, durante un’operazione di polizia a Jiutepec, nello Stato centrale di Morelos. Secondo un portavoce della Commissione, l’uomo si sarebbe suicidato per evitare la cattura. Le proteste scatenate dai fatti di Iguala hanno investito non solo la capitale del Guerrero, dove studenti e insegnanti dello stesso istituto dal quale provenivano gli studenti scomparsi hanno saccheggiato e incendiato parzialmente le sedi del Governo e del Parlamento statali, ma anche la capitale federale Città del Messico. Ai manifestanti Peña Nieto ha assicurato l’impegno e la responsabilità del suo Governo per chiarire i fatti, ritrovare i giovani studenti e individuare i responsabili.
L’OSSERVATORE ROMANO
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giovedì 16 ottobre 2014
Convegno Pubblichiamo buona parte del discorso di apertura che il cardinale segretario di Stato tiene nel pomeriggio del 15 ottobre intervenendo al convegno «Inutile strage». I cattolici e la Santa Sede nella prima guerra mondiale, che si svolge a Roma, fino al 17 ottobre. All’incontro — organizzato dal Pontificio comitato di Scienze storiche, in collaborazione con l’Accademia di Ungheria in Roma e la Commission Internationale d’Histoire et d’Études du Christianisme — partecipano, tra gli altri, Bernard Ardura, che apre il convegno, Andreas Gottsmann, Roberto Morozzo della Rocca, Johan Ickx, Giancarlo Rocca, Claude Prudhomme, Alexander Chubarian, Daniele Menozzi e Gianpaolo Romanato.
La Santa Sede e i conflitti dalla Grande guerra a oggi
Imparzialità della pace di PIETRO PAROLIN n secolo fa, il 28 luglio 1914, l’Austria-Ungheria dichiarava guerra alla Serbia, un mese dopo l’assassinio a Sarajevo dell’arciduca Francesco-Ferdinando. Dal 1° al 6 agosto, l’Europa entrava in una guerra che rimane tuttora nella memoria comune come una immensa tragedia, le cui conseguenze si fanno ancora sentire all’alba del XXI secolo. Si contava su una guerra breve; fu una interminabile catastrofe. Si immaginava una guerra di movimento; fu una guerra di posizione e di logoramento. Un sentimento diffuso di esaltato ed eccessivo ottimismo dava per scontata, nei vari campi, la vittoria; il conflitto mobilitò 65 milioni di soldati, cancellato tre imperi, fece 20 milioni di morti, civili e militari, e 21 milioni di feriti. Il 2 agosto 1914, diciannove giorni prima di morire, Pio X fece sentire la sua voce, per scongiurare il pericolo della guerra. Angosciosamente, inviò l’esortazione Dum Europa a tutti i cattolici del mondo per implorare la cessazione dei conflitti appena scoppiati, che, purtroppo, sfociarono nella prima guerra mondiale. È un accorato appello a porre fine alle ostilità e a esperire ogni strada per la composizione del conflitto nell’interesse superiore dell’umanità e della pace. È un testamento di pace fra i più alti che siano stati consegnati alle future generazioni: «Mentre quasi tutta l’Europa è trascinata nella tormenta di una guerra deplorevole fra tutte, di cui nessuno può prevedere i pericoli, i massacri e le conseguenze, senza sentirsi angosciati di dolore e di terrore, Ci è impossibile non esserne profondamente toccati, anche Noi, e di non sentire la Nostra anima lacerata dal più straziante dolore, nella Nostra sollecitudine per la salvezza e la vita di tanti individui e popoli». Pio X non fu ascoltato e l’Europa cadde nel precipizio di una immane tragedia, di cui sono tristi testimoni i monumenti ai caduti della prima guerra mondiale sparsi in molti Paesi del mondo e perfino nelle più
U
piccole comunità, le quali conservano il ricordo di tanti uomini falciati in giovane età. Dopo l’efferata battaglia di Verdun che fece più di un milione di morti e feriti, Benedetto XV inviava, il 1° agosto 1917, a tutti i capi dei popoli belligeranti un messaggio con cui lanciava un accorato appello alla pace. Egli spiegava la sua missione di «Padre comune», che «tutti ama con pari affetto i suoi figli», missione che gli imponeva «una perfetta imparzialità verso tutti i belligeranti», «senza distinzione di nazionalità o di religione, come Ci detta e la legge universale della carità e il supremo ufficio spirituale a Noi affidato da Cristo». La Santa Sede seguiva una via che non è quella della mera neutralità, bensì quella della perfetta imparzialità e della beneficenza, nell’«esortare e popoli e Governi belligeranti a tornare fratelli», secondo le parole dello stesso Benedetto XV. Mentre la neutralità di uno Stato implica una certa estraneità se non indifferenza rispetto alla sostanza di un conflitto tra terzi e agli interessi dei belligeranti, l’imparzialità contiene in sé un agire, ispirato a una rivendicata equità, nonché orientato verso un bene superiore. Benedetto XV scelse di muoversi su questa difficile e ardua linea di condotta, per manifestare — precisava nel suo messaggio del 1° agosto 1917 — «la cura assidua, richiesta dalla Nostra missione pacificatrice, di nulla omettere, per quanto era in poter Nostro, che giovasse ad affrettare la fine di questa calamità, inducendo i popoli e i loro Capi a più miti consigli, alle serene deliberazioni della pace, di una pace giusta e duratura». Preoccupato di «giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage», il Pontefice propose, per arginare il disastro, alcune misure significative, che tuttavia non furono accettate dai capi degli Stati belligeranti. Benedetto XV dovette soffrire che la imparzialità della Santa Sede fosse interpretata come una mancanza di coraggio politico, visto che non intendeva denunciare pubblicamente gli atti odiosi dell’avversario. Desideroso, però, di svolgere una missione di assistenza sempre più necessaria con il
protrarsi del conflitto, Benedetto XV, già dalla fine del 1914, si era preoccupato della sorte dei feriti e dei prigionieri di guerra. Aveva affidato a monsignor Eugenio Pacelli la direzione di un servizio di assistenza che, con il concorso degli Stati belligeranti, permise di trattare all’incirca 600.000 lettere d’informazioni, di provvedere a 40.000 rimpatri e di fornire più di 50.000 comunicazioni alle famiglie. Sul piano strettamente diplomatico, la Santa Sede si rese rapidamente conto dei limiti ristretti della sua azione, non soltanto a motivo della sua “imparzialità”, ma ancora a causa della non risoluta “questione romana”. Di fatto, l’Italia si oppose ininterrottamente, fino al 1929, alla partecipazione della Santa Sede a tutte le negoziazioni internazionali, affinché la “questione romana” non fosse mai portata a livello internazionale. Tuttavia, sarebbe scorretto valutare il ruolo della Chiesa limitandosi all’azione effettivamente limitata della Santa Sede, perché l’insieme dei cattolici, sacerdoti, religiose, religiosi, laici uomini e donne, fu coinvolto nella tragedia e ha lasciato numerosissime testimonianze di generoso, coraggioso e indefesso impegno nel servizio della carità e dell’assistenza sui campi di battaglia e nelle trincee, negli ospedali, nel soccorso agli orfani, così come nel servizio della Patria, per il quale caddero a milioni,
insieme ai loro fratelli di varie confessioni cristiane o di altre religioni. Commemorare l’inizio della prima guerra mondiale non può limitarsi a un dovuto omaggio a tanti uomini e donne che caddero vittime di un’inaudita violenza, ma offre l’occasione di riflettere sul dono meraviglioso della pace, un bene che si apprezza soprattutto quando viene a mancare. Pio XII richiamava questa profonda realtà, il 29 agosto 1939, rivolgendo un suo radiomessaggio ai governanti e ai popoli, nell’imminenza del pericolo della seconda guerra mondiale, già in germe nel trattato di pace del 1919. Pio XII diceva: «Rivolgiamo con animo paterno un nuovo e più caldo appello ai Governanti e ai popoli: a quelli, perché, deposte le accuse, le minacce, le cause della reciproca diffidenza, tentino di risolvere le attuali divergenze coll’unico mezzo a ciò adatto, cioè con comuni e leali intese». E aggiungeva parole entrate a far parte dell’antologia della pace: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare». Ancora
È morto lo studioso Giovanni Reale
La fatica del comprendere di ROBERTO RADICE Giovanni Reale, morto mercoledì 15 ottobre, ha cambiato il modo di diffondere la storia del pensiero, lo stile editoriale e i quadri della pedagogia filosofica, rendendola ampia, informata e profonda, con una ben riconoscibile ispirazione spirituale, visibile a ognuno. Ha vinto su tutti i fronti. Posso dire a nome di quanti l’hanno conosciuto, rispettato e anche appena incontrato, che era impossibile uscire dal suo ufficio, se non con un carico di entusiasmo e certezze: come se il mondo aspettasse solo la filosofia, e la filosofia aspettasse solo loro. Siccome noi discepoli e amici di Reale, come tutti, siamo mortali ma eterni, aspettiamo con pazienza il suo aiuto, ora che la verità gli è vicina, e noi più lontani da lui. Giovanni Reale era nato a Candia Lomellina, in provincia di Pavia, il 15 aprile 1931. Si era formato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Mila-
no, dove ha insegnato per lunghi anni Storia della filosofia antica. Ha fondato il Centro di Ricerche di Metafisica e, dal 2005, è passato a insegnare alla nuova facoltà di Filosofia del San Raffaele di Milano, presso la quale ha avviato il Centro Internazionale di Ricerche su Platone e i suoi influssi sulla civiltà occidentale. In tutta l’attività di filosofo ha messo le sue competenze filologiche al servizio di una autentica vocazione teoretica. I suoi scritti non si accontentano mai di una ricerca delle fonti, ma mirano sempre a una prospettiva sintetica. L’idea di fondo è che non ogni sapere sia riconducibile alla ragione, ma che ci sono spazi ampi per la fede. La ragione, però, circoscrive e delimita questi spazi, e sovente li qualifica. La prima grande impresa che conclude il ciclo delle sue opere giovanili fu la traduzione — seguita da un saggio di commento (Il concetto di filosofia prima e l’unità della “Metafisica” di Ari-
stotele, Vita e Pensiero, 1961) — della «Metafisica» di Aristotele (Loffredo, 1968), tappa fondamentale della storia del pensiero. Qui il suo impegno era diretto a ricostruire l’unità del sistema filosofico di Aristotele e la sua coerenza intorno al «motore immobile», in quanto sostanza che sta al vertice della realtà. Ma l’opera maggiore di Reale è la sua storia della filosofia antica. Qui si trova il motivo dominante della speculazione greca nella platonica divisione della realtà in sensibile e soprasensibile. Un tale principio spiega lo sviluppo filosofico fino alla tarda antichità. Ma poi, in un progetto coerente realizzato in sintonia e collaborazione con Dario Antiseri (Il pensiero occidentale, La Scuola, 1983), questo medesimo principio vale a interpretare anche il pensiero moderno e contemporaneo, non imponendosi come paradigma ma mostrandosi come sfondo, in una relazione conti-
nua e a volte anche non pacifi- prio su quest’ultimo asse vede nella contemporanea civiltà ca. La centralità dello Spirito dell’immagine una terza grande porta Reale a considerare la evoluzione. Non però priva di centralità di Platone, a cui de- pericoli. La superficialità e la dica molti anni di studio. Attin- massificazione sono effetti di ge dalla scuola di Tubinga la un comunicare immediato, ecutesi che considera la dottrina menico e privo di riflessione, e del filosofo come un sapere si- di fatica. stematico, ritenendo che al vertice di esso non si trova la La tensione verso la trascendenza nota dottrina delle idee, ma i principi lo ha portato a considerare dell’uno e della la centralità di Platone diade. La peculiaAl quale ha dedicato molti anni rità di questa visione è che non fu mai affidata allo scritto, ma solo diAppunto la fatica del combattuta all’interno dalla Scuola, come un metodo di ricerca che prendere e la pazienza che essa legge in ogni realtà una tenden- impone assomiglia a quella del za all’unità e una alla dissolu- contadino, che fra la semina e la mietitura ha da attendere, zione. Andando oltre la scuola di perché non si può avere tutto e Tubinga, Reale arricchisce la subito. Qui sta l’anima del Reale sua analisi con riferimenti concreti alla metodologia scientifi- maestro, per tutti noi che l’abca, alla storia della comunica- biamo amato, conosciuto e rizione (oralità e scrittura) e pro- spettato.
una volta, nel rivendicare la coerenza della propria linea d’imparzialità, la Santa Sede dovette resistere a fortissime pressioni, che molti ignorano ancora, come testimonia un telegramma dell’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede al ministero degli Affari Esteri, denunciando il rifiuto della Santa Sede di prendere posizione in favore della Germania nella lotta contro l’Unione Sovietica. Il XX secolo, chiamato “il secolo breve”, è ricco di eventi, alcuni noti, altri rimasti ancora sconosciuti, che testimoniano la solidarietà vissuta dalla Chiesa con l’umanità. Non possiamo dimenticare il famoso radiomessaggio pronunciato da Giovanni XXIII, nel mezzo della crisi dei missili di Cuba, per salvaguardare la pace e promuovere l’intesa e la concordia tra i popoli. Alle ore 12 di giovedì 25 ottobre 1962 il Papa dirigeva ai popoli del mondo intero e ai loro governanti un fervido appello per instaurare e consolidare il supremo bene della pace. Contrariamente ad altri tentativi di pace da parte della Santa Sede, quel messaggio suscitò generali e vivi consensi e diede un impulso decisivo a risolvere la gravissima situazione prodottasi per lo scontro fra Stati Uniti e Cuba. Il Papa diceva: «Noi ricordiamo i gravi doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere. E aggiungiamo: con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: Pace! Pace!. Noi rinnoviamo oggi questa solenne implorazione. Noi supplichiamo tutti i Governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze». Il Papa fu ascoltato, a differenza dei suoi predecessori, e il pericolo della guerra fu scongiurato, pericolo della prima guerra dell’era nucleare. Nell’enciclica Pacem in terris, considerata come il suo testamento spirituale, Giovanni XXIII chiamava gli uomini a essere artefici di pace, iniziando dall’instaurare la pace nei cuori. Memoria delle guerre e auspicio di pace, risuona l’invito di Paolo VI nel suo discorso alle Nazioni Unite, il 4 ottobre 1965: «Noi sentiamo di fare nostra la voce dei morti e dei vivi; dei morti, caduti nelle tremende guerre passate sognando la concordia e la pace del mondo; dei vivi, che a quelle hanno sopravvissuto portando nei cuori la condanna per coloro che tentassero rinnovarle; e di altri vivi ancora, che avanzano nuovi e fidenti, i giovani delle presenti generazioni, che sognano a buon diritto una migliore umanità. E facciamo nostra la voce dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso». . Indirizzando la sua parola ai rappresentanti dei Governi di tutte le Nazioni, Paolo VI manifestava un profondo realismo: «Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli». Giovanni Paolo II è intervenuto con coraggio e perseveranza per porre fine alle guerre — ricordiamo i suoi innumerevoli appelli in favore della pace durante la guerra in Jugoslavia — o nella speranza di scongiurare lo scoppio di nuovi conflitti — in particolare per allontanare la terribile prospettiva di una guerra in Iraq — senza che i suoi accorati appelli fossero ascoltati. Quello che è successo in seguito ha ampiamente dimostrato che la voce del Papa era la voce della saggezza, una voce inascoltata, una voce imparziale avendo per solo scopo il bene comune dell’umanità. L’impegno dei cattolici e della Santa Sede per la risoluzione dei conflitti e la promozione di una pace giusta e duratura nella verità non è mai venuto meno, come testimoniano le molteplici iniziative di Benedetto XVI e, recentemente, di Papa Francesco in favore del Vicino oriente, dell’Iraq e dell’Ucraina. Papa Francesco ricordava, nello scorso mese di giugno, il necessario impegno umano per la promozione della pace, e, inseparabilmente, la dimensione divina della medesima pace: «L’ulivo, che ho piantato nei Giardini Vaticani insieme con il Patriarca di Costantinopoli e i Presidenti israeliano e palestinese, richiama quella pace che è sicura solo se è coltivata a più mani. Chi si impegna a coltivare non deve però dimenticare che la crescita dipende dal vero Agricoltore che è Dio. Del resto, la vera pace, quella che il mondo non può dare, ce la dona Gesù Cristo. Perciò, nonostante le gravi ferite che purtroppo subisce anche oggi, essa può risorgere sempre».
L’OSSERVATORE ROMANO
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Ogni anno circa sei milioni di visitatori passano sotto il Giudizio universale Anidride carbonica e polveri umidità e alte temperature possono danneggiare gli affreschi
Convegno a Roma
Trent’anni e più di interventi
Presentati i nuovi sistemi di condizionamento e di illuminazione
Aria nuova per la Sistina di MARCELLO FILOTEI Ai Musei vaticani le statue del I secolo non le guarda nessuno. E nemmeno quello del IV o del V. Stanno lì, in nicchie nemmeno troppo nascoste, che ti scrutano «con testa non pertinente», quasi elemosinando un po’ di attenzione, ma niente: tutti dietro la bandierina nazionalista tenuta in alto dalla propria guida. Come un sol uomo in marcia: obiettivo unico la Cappella Sistina. «È un’attrazione fatale, l’oggetto del desiderio per chiunque arrivi a Roma da qualunque parte del mondo», commenta il direttore, Antonio Paolucci, che ha un grosso problema da risolvere. «Ogni anno abbiamo circa sei milioni di visitatori, tutti vogliono vedere la Sistina, ci sono giorni nei quali sotto il Giudizio universale di Michelangelo passano anche ventimila persone. Sono cifre imponenti, impressionanti, pericolose per la tutela del patrimonio. Si crea così quel fenomeno che i tecnici chiamano “pressione antropica”: la presenza massiccia di persone che portano
polveri dall’esterno, umidità corporea, temperature alte, e soprattutto respirano». Inevitabilmente. Inevitabilmente, producono anidride carbonica e consumano ossigeno. E proprio l’anidride carbonica, assieme alle polveri, all’umidità e alle temperature sempre più alte può attivare delle derive molto pericolose, nei tempi lunghi, sulla superficie degli affreschi. Nasce quindi la necessità di proteggere i capolavori che popolano la Cappella. Cosa è stato fatto in questo senso? schi per le prossime generazioni.
Abbiamo realizzato un impianto che climatizza, abbatte gli inquinanti e controlla la temperatura. Un lavoro che ha impegnato per più di tre anni i servizi tecnici e un’azienda leader mondiale nel condizionamento degli interni. Contemporaneamente, sfruttando un progetto che ha coinvolto le principali università europee, è stato realizzato un nuovo sistema di illuminazione della Sistina. Due impianti del costo complessivo di tre milioni di euro, offerti a titolo di pura liberalità da parte delle aziende costruttrici. L’inaugurazione è prevista il 16 ottobre.
Quali gli effetti principali del nuovo sistema di condizionamento? La Cappella, da ora in poi, avrà temperatura e umidità costante. Inoltre saranno abbattuti i valori dell’anidride carbonica, che torneranno a livelli accettabili. Questo per un numero di persone tarato su quello attuale. Non lo facciamo per attirare più gente in Sistina, ma per gestire al meglio il flusso che abbiamo. I Musei vaticani invocano la “crescita zero”. Oltre sei milioni l’anno di visitatori non possiamo andare.
A vent’anni anni dal precedente restauro.
Dal punto di visto della luce l’intervento cambierà la fruizione dei dipinti?
Quell’intervento — guidato da Fabrizio Mancinelli e realizzato da Gian Luigi Colalucci — suscitò grandi polemiche. Ora è considerato un restauro esemplare, impeccabile. Fu inaugurato da Giovanni Paolo II l’8 aprile del 1994 ed è un evento entrato nella storia.
Avremo finalmente una luce diffusa, non uno spot puntato su Michelangelo. Chi entrerà nella Cappella, illuminata con il nuovo sistema a led, avrà l’occasione di leggere il grande racconto della Sistina tutto insieme e in ogni suo dettaglio. Sono state invece rimosse le tradizionali lampade a incandescenza, che peraltro erano anche dannose per il calore che producevano. Insomma una nuova luce e un nuovo respiro per la Sistina.
Ma quest'anno si celebrano anche i quattrocentocinquant’anni dalla morte di Michelangelo. E questo è il nostro modo di ricordare entrambe le ricorrenze. Avremmo potuto organizzare una grande mostra su Michelangelo, ma abbiamo preferito fare qualcosa di durevole, di non effimero: qualcosa che garantisca la buona salute degli ambienti e degli affre-
Tutto questo, però, non cambia il tipo di fruizione generale dei Musei. Qual è il tempo di una visita media? Non più di un’ora, un’ora e un quarto. E questo è una iattura. Oramai, co-
Per ritrovare Montini
Facciamo un esempio? Il più eclatante è quello delle crociere. Le grandi navi arrivano a Civitavecchia in mattinata. I turisti prendono i pullman, arrivano a Roma a mezzogiorno, e in poche ore vogliono vedere il Colosseo e la Sistina. È un tour de force massacrante. Ma quanto tempo necessiterebbe a un appassionato d’arte per farsi un’idea delle collezioni presenti ai Musei vaticani? Non a caso la denominazione è al plurale. Ci sono diverse collezioni. C’è l’arte rinascimentale con Michelangelo e Raffaello, l’arte classica con il Laocoonte, gli etruschi, gli egizi, c’è il museo etnografico, quello di arte medievale, quello di arte moderna e contemporanea. Si tratta di una pluralità di opportunità per cogliere le quali ci vorrebbero almeno un paio di giorni, forse tre. Giusto per avere un’idea generale. Io lavoro qui da sette anni e non posso dire di conoscere tutto quello che è esposto. Forse sarebbe meglio concentrarsi su un settore e dedicargli una giornata? Sarebbe auspicabile, ma non è così. L’industria turistica è un’altra cosa. Se fanno l’Europa in sette giorni, quanto possono dedicare ai Musei vaticani?
Un inno per Paolo
Un inno per il giorno della beatificazione di Papa Paolo VI, e per ogni volta che si vorrà di nuovo porre al centro questo dono che il Signore ha
Lello Scorzelli, «Busto di Paolo
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Dialogo in tre strofe
di EUGENIO COSTA e MASSIMO PALOMBELLA «Risarcimento» è una brutta parola, ma rende bene una verità troppo a lungo misconosciuta, scrive Gian Franco Svidercoschi, giornalista di lungo corso e già vicedirettore dell’Osservatore Romano, nel piccolo libro Un Papa “sconosciuto”? Paolo VI raccontato da un testimone (Todi, Tau Editrice, 2014, pagine 84, euro 9). La beatificazione è l’occasione per riscoprire un Papa spesso incompreso, «il Papa che per primo — continua l’autore — è salito su un jet, ha percorso qualcosa come centotrentacinquemila chilometri, è arrivato fino alle porte della Cina di Mao. Il Papa che si è battuto su tutti i fronti diplomatici per salvaguardare la pace, per difendere i diritti dell’uomo ovunque fossero calpestati. Il Papa che ha cambiato letteralmente il volto della vecchia Curia romana. Il Papa della Populorum progressio». Ai quindici anni del suo ministero petrino è dedicato anche il libro Ho visto, ho creduto. Gli anni del pontificato (1963-1978), firmato dal francescano conventuale Gianfranco Grieco, capoufficio del Pontificio Consiglio per la famiglia, per trentasette anni redattore e inviato dell’Osservatore Romano (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2014, pagine 272, euro 22). «Paolo VI crescerà, crescerà nella memoria della Chiesa» scrive il cardinale Paul Poupard nell’introduzione al libro, citando un commento di Yves-Marie Congar che si sarebbe rivelato profetico. Sono molti, però, i luoghi comuni da sfatare. È stato detto che Montini non sapeva comunicare; in realtà alcune sue espressioni sono rimaste proverbiali e oggi sarebbero dei tweet perfetti scrive l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, nel libro Ho incontrato Paolo VI (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2014, pagine 123, euro 14).
me i maggiori musei del mondo, siamo sottoposti ai tempi e alle logiche dell’industria del turismo.
fatto alla sua Chiesa, è anzitutto un canto al Signore stesso, un inno a Cristo. Per questo il cuore delle tre strofe è tutto nel ritornello, insieme acclamazione (Christus, lumen gentium, Christus in Ecclesia) e supplica (Mittat nos ad gentes). La Chiesa riconosce le grandi cose che l’O nnipotente ha fatto nell’umile suo servo e chiede di essere ancora e sempre inviata a proseguirne l’opera nel mondo. L’inno dunque gravita attorno a questo momento di unanime Magnificat, che compendia ciò che oggi desideriamo dire sul Papa del concilio e del rinnovamento. Assumere questa di-
dal monumento nel duomo di Brescia»
Si svolgerà dal 30 al 31 ottobre presso l’Auditorium della Conciliazione il convegno organizzato in occasione della presentazione dei lavori all’impianto di illuminazione e di condizionamento della Sistina. In primo luogo si intende ripercorrere la storia più recente della Cappella, quella che comincia nel 1980 con il restauro delle lunette e della volta. Attraverso il ricordo dei protagonisti del cosiddetto «restauro del secolo», si darà testimonianza del lavoro scientifico che ha accompagnato tutte le fasi dell’intervento. In seguito verranno comunicati gli effetti dei rilevamenti, delle misurazioni, dei monitoraggi condotti nell’«ambiente-Sistina» e i risultati della campagna diagnostica messa in atto. E soprattutto saranno resi pubblici i risultati delle indagini scientifiche eseguite sulle pitture, per verificare se i leggeri imbianchimenti riscontrati su alcune zone potessero essere considerati iniziali fenomeni di degrado. Si darà poi spazio alla descrizione del nuovo impianto di climatizzazione, che raccoglie la sfida di “trattare” un volume d’aria stimato fino a cinque volte superiore rispetto a quello attuale. Poi si passerà al nuovo impianto di illuminazione, che ha recepito le limitazioni indicate dalla commissione dei Musei — costituita da storici dell’arte, esperti scientifici e conservatori — che hanno voluto privilegiare profili tradizionali di illuminazione, a tutela della sacralità e della dignità del luogo. Verrà, infine, trattato il problema del turismo di massa, destinato prevedibilmente ad aumentare in un prossimo futuro. Come resistere alla pressione antropica? Come preservare la Cappella Sistina dalla consunzione e nello stesso tempo non respingere coloro che chiedono di entrare nel santuario della cristianità, di visitare il capolavoro assoluto dell’arte rinascimentale? È etico negare un’esperienza che può essere straordinaria? Quali sono le possibili alternative? (marcello filotei)
namica significa situare l’ammirazione e l’onore per lui in una prospettiva nettamente cristologica. Individuato così il nucleo portante dell’inno, si rende chiaro il senso delle strofe, che è quello di una rievocazione affettuosa della grande figura di Papa Montini. Viene ricordata la vocazione personale e il suo orizzonte di vita, la sua fedele e generosa azione di pastore, il suo tuttora presente irradiamento sulla Chiesa di oggi. Il suo motto pontificio (In nomine Domini) è intessuto nella trama della sua esistenza, mentre alcune espressioni rimandano a momenti cruciali, a interventi decisivi: il concilio Vaticano II (Lumen gentium, Ad gentes), le encicliche ed esortazioni apostoliche (Ecclesiam suam, Evangelii nuntiandi), il discorso all’O nu. L’inno intende in tal modo offrire un breve ma intenso sguardo, mosso da fede e da speranza, sull’esistenza luminosa di un grande credente, che ha accolto una chiamata, l’ha vissuta con pienezza e apre ancora le sue braccia su di noi che lo diciamo beato, che rendiamo grazie al suo e nostro Signore e che ne manteniamo viva la memoria rinnovando la nostra fedeltà al cammino da lui aperto. Il canto di un inno non ha da durare molto: per questo si misurano le parole e le si affida all’impeto forte e pacato della musica, che le mette sul-
le nostre labbra perché scendano nel cuore. La musica intreccia la narrazione recitativa del coro e dei solisti con gli interventi dell’assemblea e con il sostegno penetrante degli strumenti in una solida unità formale, che però rispetta le caratteristiche proprie di ogni soggetto. Il coro e il solista possono, infatti, affrontare una scrittura non immediata, mentre l’assemblea è condotta naturalmente a cantare il semplice inciso in nomine Domini e il
Il nucleo portante è un Magnificat Un canto di gratitudine per le grandi cose compiute da Dio con la collaborazione di una delle sue creature solenne ritornello, pensato per una grande massa di persone. Ne nasce una situazione di dialogo, che chiama a raccolta tutti i partecipanti all’azione liturgica perché il culto al nuovo beato sia un vero atto di Chiesa, tenendo alto lo sguardo alla meta a cui anche oggi, con lui, è chiamata. La scrittura di un inno deve sfidarci con un testo che cerchi di non scivolare nei luoghi comuni, e da una musica che per essere semplice non deve cedere alla tentazione di essere banale, e forse anche sgrammaticata.
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Messaggio di Papa Francesco per il quinto centenario della nascita di Teresa d’Ávila
Santa camminatrice «L’immagine del cammino può sintetizzare molto bene la lezione» di Teresa d’Ávila. Lo scrive Papa Francesco nel messaggio inviato al vescovo della città spagnola in vista del quinto centenario della nascita della santa, avvenuta il 28 marzo 1515. Di seguito una nostra traduzione italiana del testo spagnolo del messaggio.
Dal Vaticano, 15 ottobre 2014 A Monsignor JESÚS GARCÍA BURILLO Vescovo di Ávila Caro Fratello, Il 28 marzo 1515 nacque ad Ávila una bambina che con il tempo sarebbe stata conosciuta come santa Teresa di Gesù. All’approssimarsi del quinto centenario della sua nascita, volgo lo sguardo a quella città per rendere grazie a Dio per il dono di questa grande donna e incoraggiare i fedeli dell’amata diocesi di Ávila e tutti gli spagnoli a conoscere la storia di questa insigne fondatrice, come pure a leggere i suoi libri che, insieme alle sue figlie nei numerosi conventi carmelitani sparsi nel mondo, ci continuano a dire chi e come fu Madre Teresa e che cosa può insegnare a noi uomini e donne di oggi. Alla scuola della santa camminatrice impariamo a essere pellegrini. L’immagine del cammino può sintetizzare molto bene la lezione della sua vita e della sua opera. Teresa intese la vita come un cammino di perfezione lungo il quale Dio conduce l’uomo, di mansione in mansione, fino a Lui e, allo stesso tempo, lo mette in viaggio verso gli uomini. Per quali cammini vuole portarci il Signore, seguendo le orme di santa Teresa e tenuti per mano da lei? Ne vorrei ricordare quattro che mi fanno molto bene: quelli della gioia, della preghiera, della fraternità e del proprio tempo. Teresa di Gesù invita le sue monache a «procedere con letizia» servendo (Cammino 18, 5). La vera santità è gioia, perché «un santo triste è un triste santo». I santi, prima di essere eroi coraggiosi, sono frutto della grazia di Dio agli uomini. Ogni santo ci mostra un tratto del multiforme volto di Dio. In santa Teresa contempliamo il Dio che, essendo «sovrana Maestà, eterna Sapienza» (Poesia 2), si rivela vicino e compagno e prova gioia a conversare con gli uomini: Dio si rallegra con noi. E, sentendo il suo amore, nella santa nasceva una gioia contagiosa che non poteva dissimulare e che trasmetteva attorno a sé. Questa gioia è un cammino che bisogna percorrere per tutta la vita. Non è istantanea, superficiale, tumultuosa. Bisogna cercarla già «agli inizi» (Vita 13, 1). Esprime la gioia interiore dell’anima, è umile e «modesta» (cfr. Fondazioni 12, 1). Non si raggiunge con la scorciatoia facile che evita la rinuncia, la sofferenza o la croce, ma si trova patendo travagli e dolori (cfr. Vita 6, 2; 30, 8), guardando al Crocifisso e cercando il Risorto (cfr. Cammino 26, 4). Perciò la gioia di santa Teresa non è egoista né autoreferenziale. Come quella del cielo, consiste nel «gioire della gioia di tutti» (Cammino 30, 5), mettendosi al servizio degli
altri con amore disinteressato. Come disse a uno dei suoi monasteri in difficoltà, la santa dice anche oggi a noi, soprattutto ai giovani: «Non smettete di camminare gioiosi!» (Lettera 284, 4). Il Vangelo non è un sacco di piombo che si trascina pesantemente, ma una fonte di gioia che colma di Dio il cuore e lo spinge a servire i fratelli! La Santa percorse anche il cammino della preghiera, che definì in modo bello come «un rapporto d’amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama» (Vita 8, 5). Quando i tempi sono «difficili», «sono necessari forti amici di Dio» per sostenere i deboli» (Vita 15, 5). Pregare non è un modo di fuggire, e neppure di mettersi in una bolla, né di isolarsi, ma di avanzare in un’amicizia che quanto più cresce tanto più si entra in contatto con il Signore, «vero amico» e fedele «compagno» di viaggio, con il quale «tutto si può sopportare», perché sempre «Egli ci dà aiuto e coraggio, non ci viene mai meno» (Vita 22, 6). Per pregare «l’essenziale non è già nel molto pensare, ma nel molto amare» (Quarte Mansioni 1, 7), nel volgere gli occhi per guardare chi non smette di guardarci amorevolmente e di sopportarci pazientemente (cfr. Cammino 26, 3-4). Dio può condurre le anime a sé attraverso molte strade, ma la preghiera è il «cammino sicuro» (Vita 21, 5). Lasciarla significa perdersi (cfr. Vita 19, 6). Questi consigli della santa sono di perenne attualità. Andate avanti,
quindi, lungo il cammino della preghiera, con determinazione, senza fermarvi, fino alla fine! Ciò vale in particolare per tutti i membri della vita consacrata. In una cultura del provvisorio, vivete la fedeltà del «sempre, sempre, sempre» (Vita 1, 4); in un mondo senza speranza, mostrate la fecondità di un «cuore innamorato» (Poesia 5), E in una società con tanti idoli siate testimoni che «solo Dio basta» (Poesia 9). Questo cammino non possiamo farlo da soli, ma insieme. Per la santa riformatrice il sentiero della preghiera passa per la via della fraternità in seno alla Chiesa madre. Fu questa la sua risposta provvidenziale, nata dall’ispirazione divina e dal suo intuito femminile, ai problemi della Chiesa e della società del suo tempo: fondare piccole comunità di donne che, a imitazione del «collegio apostolico» seguissero Cristo vivendo in modo semplice il Vangelo e sostenendo tutta la Chiesa con una vita fatta preghiera. Per questo «sorelle» ci ha «riunite qui» (Cammino 8, 1) e questa fu la promessa: «Egli, Ge-
sù Cristo, sarebbe stato con noi» (Vita 32, 11). Che bella definizione della fraternità nella Chiesa: cammi-
Paolo
VI
nare insieme con Cristo come fratelli! A tal fine Teresa di Gesù non ci raccomanda molte cose, ma solo tre: amarsi molto gli uni gli altri, distaccarsi da tutto e vera umiltà, che «sebbene sia da me nominata per ultima, è la virtù principale e le abbraccia tutte» (Cammino 4, 4). Come vorrei, in questi tempi, delle comunità cristiane più fraterne dove si faccia questo cammino: procedere nella verità dell’umiltà che ci libera da noi stessi per amare di più e meglio gli altri, soprattutto i più poveri! Non c’è nulla di più bello di vivere e morire come figli di questa Chiesa madre! Proprio perché è madre dalle porte aperte, la Chiesa è sempre in cammino verso gli uomini per portare loro quell’«acqua viva» (cfr. Gv 4, 10) che irriga l’orto del loro cuore assetato. La santa scrittrice e maestra di preghiera fu allo stesso tempo fondatrice e missionaria per le strade della Spagna. La sua esperienza mistica non la separò dal mondo né
dalle preoccupazioni della gente. Al contrario, le diede nuovo impulso e coraggio per l’operato e i doveri di ogni giorno, perché «il Signore si aggira» anche «fra le pentole» (Fondazioni 5, 8). Lei visse le difficoltà del suo tempo — tanto complicato — senza cedere alla tentazione del lamento amaro, ma piuttosto accettandole nella fede come un’opportunità per fare un passo avanti nel cammino. Perché «ogni tempo è buono per Dio, quando vuole favorire di grandi grazie coloro che lo servono» (Fondazioni 4, 5). Oggi Teresa ci dice: prega di più per capire bene che cosa succede attorno a te e così agire meglio. La preghiera vince il pessimismo e genera buone iniziative (cfr. Settime Mansioni 4, 6). È questo il realismo teresiano, che esige opere invece di emozioni e amore invece di sogni; il realismo dell’amore umile di fronte a un ascetismo affannoso! A volte la santa abbrevia le sue amene lettere dicendo: «Siamo in cammino (Lettera 469, 7.9), come espressione dell’urgenza di continuare fino alla fine il compito iniziato. Quando il mondo arde, non si può perdere tempo in affari di poca importanza. Magari contagiasse tutti questa santa fretta di uscire a percorrere i cammini del nostro tempo, con il Vangelo in mano e lo Spirito nel cuore! «È tempo di camminare!» (Anna de san Bartolomeo, Últimas acciones de la vida de santa Teresa). Queste parole di santa Teresa d’Ávila, dette poco prima di morire, sono la sintesi della sua vita e diventano per noi, soprattutto per la famiglia carmelitana, per i suoi concittadini e per tutti gli spagnoli, una preziosa eredità da conservare e da arricchire. Caro Fratello, con il mio saluto cordiale, dico a tutti: «È tempo di camminare, procedendo lungo le strade della gioia, della preghiera, della fraternità, del tempo vissuto come grazia! Percorriamo i cammini della vita tenuti per mano da santa Teresa. Le sue orme ci conducono sempre a Gesù. Vi chiedo, per favore, di pregare per me, perché ne ho bisogno. Che Gesù vi benedica e la Vergine Maria si prenda cura di voi! Fraternamente,
e i giovani
Con la formula di don Bosco di FABRIZIO CONTESSA Don Bosco e Papa Montini: c’è un forte legame spirituale che, talvolta sottotraccia altre in maniera assai più evidente, ha unito il santo apostolo dei giovani al timoniere della Chiesa nei giorni decisivi del concilio e nella stagione immediatamente successiva, il Pontefice lombardo chiamato adesso a salire all’onore degli altari. Un filo rosso rintracciato e ripercorso da «il Bollettino Salesiano», la storica rivista fondata dallo stesso don Bosco nel 1877, che alla beatificazione di domenica 19 dedica il servizio di copertina del numero di ottobre. E che titola salutando il nuovo beato come «il Papa che amava i salesiani». Una predilezione, ovviamente, non esclusiva, che tiene conto — osserva Gianni Caputa — di quella «quali-
tà psicologica» di Montini che consisteva nel «donarsi a ogni persona non al cinque per cento, ma totalmente», per cui «i salesiani hanno spesso avuto l’impressione di essere oggetto di un amore di preferenza». Il rapporto di ammirazione di Montini nei riguardi del grande educatore piemontese — da Paolo VI definito «autentico protagonista della storia d’Italia e della Chiesa» — ha del resto origini profonde e lontane, nutrite già nell’ambiente famigliare della casa di Concesio. Fu lo stesso Pontefice a rivelarlo nei suoi ultimi mesi vita, chiosando a braccio — ricostruisce Caputa — il discorso preparato per l’udienza del 26 gennaio 1978 ai capitolari salesiani: «Io ricordo che nello studio di mio padre c’era un angolino che stava a fianco della scrivania, dove era appeso un quadretto di don Bosco. C’era scritto sotto, credo per mano di don Bosco, queste parole che sono impresse nella mia memoria: “In
Paolo VI in un ritratto di Stefano Pachi pubblicato sulla copertina del «Bollettino Salesiano» del numero di ottobre
morte si raccoglie il frutto delle opere buone”. È un detto di don Bosco. E io le volte che mi avvicinavo allo studio di mio padre, andavo a dare un’occhiata al quadro con sotto scritto quelle parole. Che mi rimasero, ripeto, testualmente impresse nel cuore». Una confidenza rivelatrice di un tragitto esistenziale continuamente costellato dall’eredità spirituale di don Bosco e dall’incontro con tanti suoi figli spirituali. A cominciare dall’amicizia che il giovane sacerdote Montini allacciò all’indomani dell’ordinazione — avvenuta nel maggio 1920 — con don Antonio Cojazzi, uno dei salesiani allora più noti in Italia. E poi nel 1923, durante la breve parentesi polacca, quando Montini, come addetto alla nunziatura di Varsavia, ebbe modo di conoscere da vicino il lavoro dei salesiani in quella terra, che, diceva, erano «preti di stampo nostro». Un tratto distintivo, segnato da una «acuta sensibilità ai problemi pedagogici e culturali», a cui sempre Montini avrà modo di attingere con profitto nel corso del suo servizio di assistente ecclesiastico dei giovani della Fuci, in anni sicuramente tormentati, ma anche allietati dalla beatificazione (1929) e poi dalla canonizzazione (1934) di don Bosco. Fu, tuttavia, nel periodo dell’immediato dopoguerra che monsignor Montini, divenuto sostituto alla Segreteria di Stato, si trovò a collaborare con i salesiani e con le Figlie di Maria Ausiliatrice che davano soccorso e assistenza agli “sciuscià”, l’esercito di orfani e ragazzi abbandonati che popolavano le borgate. Nacque così l’idea di dare vita a Roma, a ridosso del Forte Prenestino, al «Borgo ragazzi don Bosco». E «monsignor sostituto» — viene ri-
cordato — divenne «la mano provvidenziale di Sua Santità Pio XII». La stessa attenzione al mondo della gioventù più difficile ed emarginata Montini l’ha riservata anche nel suo ministero episcopale sulla cattedra di Ambrogio. Una per tutti, la decisione di affidare alla cura dei salesiani il riformatorio «Cesare Beccaria» di Arese. Anche da Papa, ovviamente, sono tante le occasioni di incontro: dai viaggi apostolici, in cui Paolo VI ha modo di misurare la dimensione mondiale dell’opera salesiana, allo stesso Vaticano, con la comunità della Poliglotta. Soprattutto, però, viene evidenziato, il Papa «orienta e sostiene il delicato lavoro di rinnovamento che la congregazione affronta specialmente nei due capitoli generali del 1971 e 1977; incita a osare imprese più ardue, ma esorta a mantenere fedeltà piena alla tradizione educativa e spirituale salesiana, mettendo severamente in guardia da possibili deviazioni». E con-
ferma la fiducia della Chiesa nella «formula di don Bosco». Così, da auspicare che la Chiesa sia sempre quella di don Bosco: una «Chiesa viva».
L’OSSERVATORE ROMANO
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Gruppi di fedeli all’udienza generale All’udienza generale di mercoledì 15 ottobre, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi.
Da diversi Paesi: Religiose dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia; Suore di Santa Marta; Religiose della Società del Sacro Cuore; Piccole Sorelle di Gesù. Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: San Giovanni Battista, in Latisana; San Silvestro; San Michele, in Cimadolmo; Santa Maria del Rovere, in Treviso; San Tomaso, in Colle Umberto; San Martino, in San Martino di Colle Umberto; Beato Andrea, in Peschiera del Garda; San Michele, in Arino di Dolo; Santa Lucia, in Tarù di Zelarino; Santi Nazario e Celso, in Varano Brianza; San Giorgio, in Casatenovo; San Giuseppe, in Taccona di Muggiò; Sant’Alessandro, in Fango; Santi Cosma e Damiano, in Acquanegra Cremonese; San Martino, in Noceto; San Pietro, in Costamezzana; San Martino, in Palanzano; Santi Andrea e Ponzio, in Dronero; Santa Rita, in Novara; Natività di Maria Vergine, in Arona; Natività di Maria Vergine, in Marene; San Secondo, in Govone; Beata Vergine del Carmine, in Torre Pedrera di Rimini; San Pio X, in Prato; San Giovanni Battista, in Vicchio; Sacro Cuore, in Soria di Pesaro; Santa Maria Assunta, in Sant’Eusanio del Sangro; San Gabriele dell’Addolorata, in Pescara; San Giovanni Battista, in Giulianello di Cori; Beata Maria Vergine Ausiliatrice, in Margherita di Savoia; Santissima Annunziata, in Modu-
Associazione coordinamento tra genitori di diversamente abili, di Corato; Associazione Genitori sempre, di Agordo; Associazione bambini cerebrolesi del Piemonte; Associazione amici del Brasile, di Crema; Fondazione FIRMO, di Firenze; Centro La coccinella, di Campo Tizzoro; Gruppo Bucaneve, di Bardi; Gruppo Alpini, di Cinisello Balsamo; Gruppo di preghiera, di Gela; Gruppo UNITALSI, di Cremona; Gruppo di pazienti oncologici delle Marche; Gruppo Sanitari, di Lodi; Gruppo Messaggero di Sant’Antonio, di Padova; Gruppo Croce blu, di Guidonia; Gruppo Ospedale Giovanni XXIII, di Bergamo; Gruppo Quelli che dopo un tumore..., di Bologna; Società Italiana di Chirurgia; Festival internazionale del Circo Città di Latina; Comunità Il diamante, di Rovigo; Centro Don Orione, di VeneziaChirignago; Casa Lampertico, di Montegalda; Scuola calcio Gravina, di Caserta; Vigili del fuoco, di Lissone; Distaccamento ufficio tecnico territoriale della Marina Militare, di Taranto; Cooperativa Domus, di Forlì; Università terza età, di Bitritto; Pensionati CISL, di Salerno; Gruppi di studenti: Istituto Caboto, di Gaeta, con l’Arcivescovo Fabio Bernardo D’Onorio; Istituto San Nilo, di Grottaferrata; Istituto Polo-Galilei, di Cardito; Istituto Cicerone, di Arpino; Istituto Porta di ferro, di Rossano; Scuola Maria Ausiliatrice, di Pavia; Istituto San Giuseppe al Trionfale, di Roma; Scuola La favola, di Aversa; Gruppi di fedeli da: Torino, Tramonti, Mirabella Imbaccari, Belpasso, Assago, Noto, Schio, Trapani, Agnadello, Valle di Primiero, Belluno-Fel-
From Japan: A group of pilgrims from Kwaguchi, Nagasaki. From Australia: Members of the O’Connor Pilgrimage Apostolate.
From Norway: Pilgrims from the Parish of Saint Sunniva, Molde; An ecumenical group of pilgrims from Telemark. From Denmark: A group of Vietnamese pilgrims; A group of pilgrims from Ringe. From Ireland: Pilgrims marking the opening of the 14th centenary of the death of Saint Colombanus, Together with Bishop Noel Trainor; Members of the Cathedral Choir of the Diocese of Clonfert, together with Bishop John Kirby; Pilgrims from Saint Patrick’s and Holy Family Parishes, Cork.
From Scotland: Members of the Saint Francis Xavier Youth Group, Falkirk; Members of the “Family of Saint Philomena”, Glasgow; Pilgrims from the following parishes: Holy Family Parish, Dunblane, Motherwell. From England: Staff and Students from Saint Aloysius and Saint James Schools, Hepburn; Pilgrims from the following parishes: The Holy Child and Saint Joseph, Bedford; Our Lady of Ransom, Kempston; Our Lady of Lourdes, Mickleover, Nottingham. From the United States of America: Pilgrims from the following groups: The Franciscan Pilgrimage, Franklin, Wisconsin; The Alumni Association of
Michael, Frederictoun, Missouri; Saint Mary’s, Poughkeepsie, New York; Guardian Angels, Cincinnati, Ohio; Saint Joseph’s, Dover, Ohio; Saint Jerome, Walbridge, Ohio; Our Lady of the Miraculous Medal, Meadowlands, Pennsylvania; Saint Rose of Lima, Brinkham, Texas; Saint Joseph, Brownsville, Texas; Most Precious Blood, Corpus Christi, Texas.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Peter, St. Sebastian und St. Konrad, Aachen; Maria Verkündigung, Altenahr; St. Peter und Paul, Bad Camberg; St. Peter und Paul, Bad Hönningen; St. Thomas Morus, Bonn; St. Martin, Brigachtal; Erlöser der Welt, Bruchköbel; St. Alban, Diedorf; Hl. Maria, Ditzingen; St. Laurentius, Essen-Steele; Ss. Mauritius und Maria Magdalena, Ibbenbüren; St. Rochus, Kerpen; St. Gertrud, Köln; St. Gertrudis, Krefeld; St. Joseph und Medardus, Lüdenscheid; St. Sebastianus, Neuss; St. Bruno, Niederwerrn; St. Hubertus, Oschatz; St. Nikolaus von der Flüe, Passau; St. Johannes Baptist, Rietberg; St. Martinus, Schlich; St. Barbara, Stolberg-Breinig; St. Martin, Urloffen; St. Elisabeth, Weißenfels bei Leipzig; St. Augustinus, Willingen; Herz Jesu, Wolgast; Pilgergruppen aus dem Bistum Bamberg; Bistum Eichstätt; Bistum Fulda; Erzbistum Köln; Erzbistum München und Freising; Bistum Münster und Bistum O snabrück; Erzbistum Paderborn; Pilgergruppen aus Frankfurt; Fridolfing; Gießen; Gauting; Jülich; Oberaudorf; Overath; Schwarzenholz; Vechta; Pil-
ria-Ward-Realschule, Augsburg; Katholische Schule Salvator, Berlin; Erzbischöfliches St. Ursula-Gymnasium, Düsseldorf; Ursulinenschule, Düsseldorf; Berufliches Gymnasium St. Ursula (Hildastrasse), Freiburg; Burggymnasium, Friedberg; Franziskanergymnasium, Kreuzburg; Carl-von-Linde-Realschule, München; Firmlinge aus der Pfarrei St. Stephan, Krefeld.
Aus der Republik Österreich: Pilgergruppen aus den Pfarren Maria Trost, Fernitz; St. Johannes der Täufer, Fürstenfeld; St. Leonhard im Pitztal; Pilgergruppen aus Salzburg; Semmering. Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilger aus den Pfarreien Maria Oberdorf; Heilig Geist, Pontresina; Pilgergruppe aus Gossau; EmmausKantorei, Willich; Ministranten aus folgenden Pfarreien: St. Blasius, Bichelsee; Mariä Himmelfahrt, Domat an der Ems; Eggersriet; Kerzers; Uznach, Schmerikon und Rieden; St. Peter und Paul, Sulgen.
Aus dem Fürstentum Liechtenstein: Pilgergruppe aus dem Erzbistum Vaduz. Uit het Koninkrijk der Nederlanden: Pelgrims van de Protestantse Kerk uit Ten Post; Pelgrims van de koor «Moderato Cantabile» uit Groningen; Pelgrimsgroep leerlingen en professoren van het Stella Maris College te Meerssen.
gno; Maria Santissima Annunziata, in Tuglie; Sacro Cuore di Gesù, in Casarano; San Domenico Soriano, in Napoli; Spirito Santo, in Marano di Napoli; Maria Santissima Annunziata, in Licignano di Casalnuovo; Maria Santissima del Carmine e San Felice, in Montoro Inferiore; Sacro Cuore, in Crotone; Santissima Trinità e San Benedetto, in Mileto; Maria Santissima Annunziata, in San Nicola da Crissa; San Michele, in Librizzi; Santa Maria dell’Indirizzo, in Aci Bonaccorsi; Santo Stefano alla Zisa, in Palermo; Sant’Antonio da Padova, in Termini Imerese; Mater Salvatoris, in Bivona; Beata Maria Gabriella Sagheddu, in Nuoro; Beata Vergine Assunta, in Santa Maria Navarrese; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di Assago, Montale, Oste, Montemurlo, Adria, Burago di Molgora, Villa del Conte, Unità pastorale di Montoro; Associazione nazionale centri sociali-Comitati anziani e Orti; Associazione mogli medici italiani; Associazione Giovanni Paolo II, di Bisceglie; Associazione Amar, di Torino; associazione Minetti, di Alessandria; Associazione FIDAPA, di Avellino; Associazione AVIS e AID O, di Bibbiano, e Salmour; Associazione nazionale Polizia di Stato, di Lecco; Associazione Amici di San Pio, di Aidone; Associazione Sempreverdi, di San Valentino in Abruzzo; Associazione Alphabet, di Caserta; Associazione Arca, di Desio; Associazione Pandas, di Firenze; Associazione Sci club, di Cassano Magnago; Associazione Dirigenti scuole autonome e libere;
† La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti partecipa commossa al dolore per la improvvisa morte di
Mons.
STEPHAN HÜNSELER Aiutante di Studio del Dicastero La Congregazione, in spirito di cristiana speranza e ricordando il prezioso contributo offerto in tanti anni di fedele ed esemplare servizio del compianto defunto alla Sede Apostolica, in particolar modo per la promozione della vita liturgica nella Chiesa, invita alla preghiera per l’eterna felicità in Dio della sua anima benedetta. Vaticano, 15 ottobre 2014
tre, Catanzaro Lido, Carmagnola, Rovagnate, Sassari, Ripa e Pianello di Perugia Udine, Scafa, Giungano-Salerno. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Romania; Ungheria; Slovacchia.
I polacchi: Pielgrzymi z parafii: Krzyża Świętego i Chrystusa Króla ze Szczytna, Trójcy Przenajświętszej z Pawłówki, św. Wawrzyńca z Przysierska, Matki Bożej Nieustającej Pomocy z Jegłownika, św. Floriana z Elbląga, Niepokalanego Serca Najświętszej Maryi Panny z Barlinka, Matki Boskiej Fatimskiej z Jarocina wraz z grupą z Czarnkowa, św. Antoniego z Padwy w Bydgoszczy, św. Marii Magdaleny z Dobrodzienia, Wniebowzięcia Najświętszej Maryi Panny z Gościęcina, Matki Bożej Częstochowskiej z Dunstable w Anglii, Bożego Ciała z Wrzosowa; Koło Gospodyń Wiejskich z Buska-Zdroju; pracownicy Państwowej Inspekcji Pracy z Warszawy; Pallotyńskie Biuro Pielgrzymkowo-Turystyczne «Peregrinus» z Warszawy; grupy turystyczne z Częstochowy, Łodzi, Warszawy i Opola; pielgrzymi indywidualni. De France: groupe de pèlerins du diocèse de Gap; groupe de pèlerins du diocèse de Sées, avec S.Exc. Mgr Jacques Habert; groupe de pèlerins du diocèse de Cahors, avec S.Exc. Mgr Norbert José Henri Turini; délégation des anciens élèves de l’EDHEC de la faculté catholique de Lille; Ecole Saint-Joseph, de Parchamp de Boulogne-Billancourt; groupe de pèlerins de l’Ile de La Réunion; Paroisse Saint Jean, d’Erdre; pèlerinage des catéchistes, de La Rochelle; Collège Saint-Ambroise, de Paris. De
Suisse:
Collège
Calvin,
de
Genève.
De Belgique: Groupe de pèlerins de Bruxelles.
From Various Countries: Members of the Franciscan Missionaries of Mary, celebrating their General Chapter Diplomats, Officials and Military Personnel of course with the NATO Defence College Members of the Young Presidents Organization and World President Organization. From Ghana: Members of Knights and Ladies of Marshall.
the
From India: Artists of the Rex Band Group.
From Thailand: A group of Salesian pilgrims, marking the 200th anniversary of the birth of St John Bosco.
Northern Illinois University, DeKalk, Illinois; Pilgrims from: The Archdiocese of Chicago and the Institute for Policy Research, Catholic University; The Archdiocese of Milwaukee; The Archdiocese of Philadelphia; The Diocese of Winona, together with Bishop John Quinn; Pilgrims from the following parishes:; Resurrection of Our Lord, Escondido, California; Saint Simon’s, Los Altos, California; Saint Thomas More, Oceanside, California; Saint Andrew, Brainerd, Minnesota; Saint
gergruppe der Geistlichen Gemeinschaft Totus Tuus; Gebetsgemeinschaft Maria vom Guten Rat, Borken mit Weihbischof Wilfried Theising; Kolpingfamilie St. Josef, Duderstadt-Langenhagen; Katholisches Ferienwerk, Gladbeck; Katholisches Ferienwerk, Oberhausen; Kolpingfamilie Oelde; Gemeinden der Gemeinschaft Düren-Nord; Rechtsreferendare aus Ingolstadt; Leserreise Trostberger Tagblatt; Studenten der Universität Würzburg; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus folgenden Schulen: Ma-
De España: Sacerdotes de la Diócesis de Solsona; Hermandad de Jesús Nazareno, de Alcalá de Guadaira; Fraternidad Franciscana y Seráfica Hermandad de Gloria, de Granada; grupo de Químicos e Ingenieros Químicos, de Barcelona; Federación de Asociaciones de Vecinos de Reus; Parroquia Nuestra Señora de la Asunción, de Murcia; grupo de peregrinos de Olesa de Montserrat; grupo de peregrinos de Canet de Mar. De Costa Rica: Parroquia lnmaculada Concepción, de Tejar de El Guardo. De Argentina: grupos de peregrinos. Do Brasil: grupo de Itajaí; Paróquia do Sagrado Coração de Jesus, de Brejo Santo/Ceará; Paróquia do Sagrado Coração de Jesus, de Paulo Lopes; Catedral Nossa Senhora das Vitórias, de Vitória da Conquista; Associação Antoniana, de Caxias do Sul.
Giovedì mattina le relazioni in aula
Si conclude il lavoro dei circoli minori Le relazioni dei circoli minori del Sinodo dei vescovi, dopo sette sessioni di lavoro, saranno consegnate domani mattina, giovedì 16 ottobre. Subito dopo nell’aula esse verranno rese note nella dodicesima congregazione generale, durante la quale sono previsti ulteriori interventi liberi. Lo ha riferito stamane, mercoledì 15, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, durante il quotidiano briefing con i giornalisti. Suddivisi in dieci gruppi linguistici, i circoli offrono i risultati della loro riflessione alla discussione dell’assemblea per l’elaborazione della relatio synodi, il documento finale che sarà consegnato al Papa sabato 18. Sul clima che si respira in queste riunioni il cardinale arcivescovo di Barcelona, Lluís Martínez Sistach, moderatore del gruppo spagnolo B, ha ribadito che il lavoro si svolge all’insegna «della comunione, della fraternità e della pastoralità», e la libertà di esprimersi è
condivisa da tutti. «Si discute — ha aggiunto — ma si constata che i problemi da affrontare sono comuni a tutti i continenti». Ottimista e fiducioso anche l’arcivescovo presidente della Conferenza episcopale statunitense Joseph Edward Kurtz, moderatore del gruppo inglese C, che ha parlato di unità di intenti nelle conversazioni e nel dialogo, sottolineando il rispetto reciproco. «Dobbiamo proporre una prospettiva missionaria — ha detto — e dare un messaggio di speranza». Infine l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, relatore del circolo italiano B, ha sottolineato che «all’origine della crisi della famiglia» c’è una «crisi della fede». Infatti, ha spiegato, «dove la fede è forte la famiglia non è succube di proposte allettanti ma effimere».
Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Italia e in Brasile.
Vittorio Francesco Viola vescovo di Tortona Nato a Biella il 4 ottobre 1965, dopo la maturità scientifica è entrato nell’ordine dei frati minori dell’Umbria studiando all’Istituto teologico di Assisi. Ha frequentato, poi, il Pontificio istituto liturgico di Sant’Anselmo in Roma, dove ha conseguito la licenza e il dottorato in sacra liturgia, il 19 febbraio 2000. Emessa la professione solenne nei francescani dell’Umbria il 14 settembre 1991, a Santa Maria degli Angeli, è stato ordinato diacono il 4 luglio 1992 e sacerdote il 3 luglio 1993, nella basilica di Santa Maria degli angeli, dal vescovo Luca Brandolini. Quindi è stato definitore della provincia serafica dei frati minori dell’Umbria dal 1999 al 2002, dal 2003 al 2005, e dal 2011 al 2014; custode del convento e della basilica papale di Santa Maria degli angeli alla Porziuncola dal 1999 al 2005; guardiano del convento presso la basilica di Santa Chiara in Assisi dal 2005 al 2014; responsabile dell’ufficio liturgico della regione umbra dal 1997 al 2014; responsabile dell’ufficio diocesano di Assisi per l’educazione, la scuola e l’università dal 2006 al 2008; responsabile della Caritas diocesana dal 2008 al 2014. Di recente è stato nominato custode del protoconvento e del santuario della Porziuncola. È, inoltre, docente di liturgia presso il Pontificio ateneo Sant’Anselmo, presso il Pontificio istituto liturgico, nella facoltà di liturgia; membro della consulta dell’Ufficio liturgico nazionale; insegnante presso l’Istituto teologico di Assisi, aggregato alla facoltà di teologia della Pontificia Università Lateranense, e docente ordinario presso l’Istituto di scienze religiose di Assisi.
Antônio Fernando Brochini, vescovo di Itumbiara (Brasile) Nato il 10 novembre 1946 a Rio Claro, diocesi di Piracicaba, ha emesso la professione religiosa il 3 febbraio 1973 nella congregazione delle sacre stimmate ed è stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1973. Ha frequentato il corso di filosofia presso l’Istituto stimmatino di Campinas (1967) e quello di teologia presso l’Istituto João XXIII a São Paulo. Specializzato in pedagogia e in amministrazione scolare presso la Pontificia università cattolica di Campinas, è stato formatore del seminario minore e superiore locale di Morrinhos, diocesi di Itumbiara (1974-1978); direttore della scuola Senador Hermenegildo Moraes a Morrinhos (1978-1979); maestro dei novizi a Morrinhos (19861987); formatore dei religiosi professi stimmatini e direttore dell’Istituto di filosofia e teologia di Goiania (1988 e 1994-1997); provinciale a Brasilia (1988-1994) e poi a Morrinhos (1997-2001); parroco di Nossa Senhora do Carmo a Morrinhos (1990-1991). Il 12 dicembre 2001 è stato eletto coadiutore di Jaboticabal, ricevendo l’ordinazione episcopale il 3 marzo 2002. Il 25 giugno 2003 è divenuto vescovo di Jaboticabal.
L’OSSERVATORE ROMANO
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giovedì 16 ottobre 2014
All’udienza generale Papa Francesco parla della Chiesa in attesa dell’incontro finale con lo Sposo
Nella tenda di Dio Dove non ci saranno più prevaricazioni o distinzioni sociali, etniche e religiose «La Chiesa è chiamata a diventare città, simbolo per eccellenza della convivenza e della relazionalità umana», dove «non ci saranno più isolamenti, prevaricazioni e distinzioni di natura sociale, etnica o religiosa». È quanto ha sottolineato Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì 15 ottobre in piazza San Pietro. Proseguendo le riflessioni dedicate alla Chiesa, il Pontefice ha parlato dell’«attesa dell’incontro finale con lo Sposo». Cari fratelli e sorelle, buongiorno. Durante questo tempo abbiamo parlato della Chiesa, della nostra santa madre Chiesa gerarchica, il popolo di Dio in cammino. Oggi vogliamo domandarci: alla fine, che cosa sarà del popolo di Dio? Che cosa sarà di ciascuno di noi? Che cosa dobbiamo attenderci? L’apostolo Paolo rincuorava i cristiani della comunità di Tessalonica, che si ponevano queste stesse domande, e dopo la sua argomentazione dicevano queste parole che sono tra le più belle del Nuovo Testamento: «E così per sempre saremo con il Signore!» (1 Ts 4, 17).
Sono parole semplici, ma con una densità di speranza tanto grande! «E così per sempre saremo con il Signore!». Credete voi questo?... Mi sembra di no. Credete? Lo ripetiamo insieme? Tre volte?: «E così per sempre saremo con il Signore!». «E così per sempre saremo con il Signore!». «E così per sempre saremo con il Signore!». È emblematico come nel libro dell’Apocalisse Giovanni, riprendendo l’intuizione dei Profeti, descriva la dimensione ultima, definitiva, nei termini della «Gerusalemme nuova, che scende dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21, 2). Ecco quello che ci attende! Ed ecco, allora, chi è la Chiesa: è il popolo di Dio che segue il Signore Gesù e che si prepara giorno dopo giorno all’incontro con lui, come una sposa con il suo sposo. E non è solo un modo di dire: saranno delle vere e proprie nozze! Sì, perché Cristo, facendosi uomo come noi e facendo di tutti noi una cosa sola con lui, con la sua morte e la sua risurrezione, ci ha davvero sposato e ha fatto di noi come popolo la sua sposa. E questo non è
altro che il compimento del disegno di comunione e di amore tessuto da Dio nel corso di tutta la storia, la storia del popolo di Dio e anche la storia propria di ognuno di noi. È il Signore che porta avanti questo. C’è un altro elemento, però, che ci conforta ulteriormente e che ci apre il cuore: Giovanni ci dice che nella Chiesa, sposa di Cristo, si rende visibile la «Gerusalemme nuova». Questo significa che la Chiesa, oltre che sposa, è chiamata a diventare città, simbolo per eccellenza della convivenza e della relazionalità umana. Che bello, allora, poter già contemplare, secondo un’altra immagine quanto mai suggestiva dell’Apocalisse, tutte le genti e tutti i popoli radunati insieme in questa città, come in una tenda, «la tenda di Dio» (cfr. Ap 21, 3)! E in questa cornice gloriosa non ci saranno più isolamenti, prevaricazioni e distinzioni di alcun genere — di natura sociale, etnica o religiosa — ma saremo tutti una cosa sola in Cristo. Al cospetto di questo scenario inaudito e meraviglioso, il nostro cuore non può non sentirsi confer-
mato in modo forte nella speranza. Vedete, la speranza cristiana non è semplicemente un desiderio, un auspicio, non è ottimismo: per un cristiano, la speranza è attesa, attesa fervente, appassionata del compimento ultimo e definitivo di un mistero, il mistero dell’amore di Dio, nel quale siamo rinati e già viviamo. Ed è attesa di qualcuno che sta per arrivare: è il Cristo Signore che si fa sempre più vicino a noi, giorno dopo giorno, e che viene a introdurci finalmente nella pienezza della sua comunione e della sua pace. La Chiesa ha allora il compito di mantenere accesa e ben visibile la lampada della speranza, perché possa continuare a risplendere come segno sicuro di salvezza e possa illuminare a tutta l’umanità il sentiero che porta all’incontro con il volto misericordioso di Dio. Cari fratelli e sorelle, ecco allora che cosa aspettiamo: che Gesù ritorni! La Chiesa sposa aspetta il suo sposo! Dobbiamo chiederci però, con molta sincerità: siamo davvero testimoni luminosi e credibili di questa attesa, di questa speranza? Le nostre comunità vivono ancora nel segno della presenza del Signore Gesù e nell’attesa calorosa della sua venuta, oppure appaiono stanche, intorpidite, sotto il peso della fatica e della rassegnazione? Corriamo anche noi il rischio di esaurire l’olio della fede, e l’olio della gioia? Stiamo attenti! Invochiamo la Vergine Maria, madre della speranza e regina del cielo, perché ci mantenga sempre in un atteggiamento di ascolto e di attesa, così da poter essere già ora permeati dell’amore di Cristo e aver parte un giorno alla gioia senza fine, nella piena comunione di Dio e non dimenticatevi, mai dimenticare: «E così per sempre saremo con il Signore!» (1 Ts 4, 17). Lo ripetiamo? Tre volte in più? «E così per sempre saremo con il Signore!». «E così per sempre saremo con il Signore!». «E così per sempre saremo con il Signore!».
Per comunicare i valori fondamentali della famiglia Un uomo incarcerato sotto la dittatura in Argentina e due parenti di desaparecidos hanno incontrato stamani Papa Francesco per presentargli le loro storie. Sono Walter Calamita, in prigione per due anni, Vera Vigevani, madre di Franca Jarach (che venne sequestrata il 18 giugno 1976) e suor Geneviéve Jeanningros — che invoca la «ricerca di giustizia e verità» — nipote della religiosa francese Leonié Douquet, scomparsa dall’8 dicembre 1977. In particolare Vigevani, giornalista italiana, ebrea, racconta di esser fuggita dall’Italia per via delle leggi razziali: è cugina del rabbino Elio Toaff e amica d’infanzia di Arrigo Levi. Hanno incontrato il Papa, tra gli altri, anche l’avvocato Marcello Gentili, protagonista di ventitré anni di processi sui desaparecidos, che invita «a fare memoria e a non dimenticare». E il procuratore aggiunto di Roma Francesco Caporale, pubblico ministero nei processi sui desaparecidos italiani in Argentina. Il giudice ha dato al Pontefice il suo libro Note a margine di tre processi edito anche dall’associazione 24 marzo, particolarmente impegnata a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei diritti umani e a favorire le relazioni tra le vittime della dittatura e la comunità cristiana. «Siamo qui anche per trovare un appoggio», dice Caporale, e perché «siamo certi che parlare di questi eventi sia opportuno per rendere le nuove generazioni sempre più consapevoli, in modo che non ci sia più il rischio che si ripetano».
L’invito del Pontefice ai fedeli
Continuiamo a pregare per il sinodo L’invito a continuare a pregare per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia è stato rivolto dal Pontefice ai fedeli che hanno partecipato all’udienza generale. Al termine della catechesi, come di consueto, il Papa ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai gruppi linguistici presenti in piazza San Pietro. Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese, in particolare i pellegrini di Sées e di Cahors venuti con i loro Vescovi, come pure il Collegio Calvino di Ginevra e le Piccole Suore di Gesù. Che il vostro pellegrinaggio a Roma vi aiuti a essere testimoni calorosi e autentici della speranza e della gioia della fede! Che Dio vi benedica! Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente i vari gruppi provenienti da Inghilterra, Scozia, Irlanda, Norvegia, Danimarca, Ghana, India, Giappone, Thailandia, Australia e Stati Uniti d’America. Rivolgo un saluto particolare al Pellegrinaggio Nazionale Irlandese in occasione del quattordicesimo centenario della morte di san Colombano. Su tutti voi e sulle vostre famiglie, invoco la gioia e la pace nel Signore Gesù. Dio vi benedica! Saluto con affetto i numerosi pellegrini di lingua tedesca, in particolare la delegazione dell’Österreichischer Gemeindebund e i fedeli della Parrocchia Sankt Laurentius di EssenSteele. Vi invito ad andare incontro a Gesù Cristo già oggi con l’ascolto del suo Vangelo e con le buone opere a favore dei bisognosi. Lo Spirito Santo vi accompagni sul vostro cammino. Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, México, Costa Rica,
Argentina y otros países latinoamericanos. Que María Santísima, Madre de la esperanza, nos enseñe a gustar ya desde ahora del amor de Cristo que un día se nos manifestará en plenitud. Muchas gracias. Carissimi pellegrini di lingua portoghese e in particolare i fedeli delle parrocchie e associazioni del Brasile, benvenuti! Di cuore vi saluto tutti e affido al buon Dio la vostra vita e quella dei vostri familiari. Pregate anche voi per me! Le vostre famiglie si radunino quotidianamente per la recita del rosario sotto lo sguardo della Vergine Madre, affinché in esse non si esaurisca mai l’olio della fede e della gioia, che sgorga dalla vita dei loro membri in comunione con Dio. Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, vivete sempre nel segno della presenza del Signore Gesù e nell’attesa calorosa della sua venuta, e siate testimoni luminosi e credibili di questa speranza. Il Signore vi benedica! Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Oggi ricordiamo santa Teresa di Gesù, carmelitana scalza, vergine e dottore della Chiesa. Domani invece ricorre l’anniversario dell’elezione alla Sede di Pietro di san Giovanni Paolo II. Questi due santi sono uniti dall’affidamento di se stessi a Dio, dalla dedizione alla Chiesa e dalla vita mistica. Impariamo da loro la radicalità evangelica e la crescita nella piena comunione con Dio. Benedico di cuore tutti voi presenti e i vostri cari. Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto in particolare i partecipanti al IV° Convegno della Fondazione Ratzinger - Benedetto XVI che avrà luogo a Me-
dellín, esortandoli a studiare percorsi che costruiscano la pace e promuovano la dignità della persona umana. Saluto gli studenti dell’Istituto Caboto, nell’anniversario di fondazione, accompagnati dall’Arcivescovo di Gaeta Mons. Fabio D’Onorio; l’Unione delle Pro loco d’Italia; la Società italiana di chirurgia; la Fondazione FIRMO di Firenze. Saluto inoltre l’Associazione “Centri Sociali - Comitati Anziani” di Bologna, quella delle “mogli dei medici italiani” e “Genitori Sempre”, come pure i partecipanti al Festival Internazionale del Circo di Latina. La visita alle tombe degli Apostoli favorisca in tutti una crescita nella fede e un servizio più intenso a favore delle
persone più deboli, ammalate, anziane o indifese. Rivolgo infine un pensiero speciale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Continuiamo ad invocare l’intercessione della Vergine Maria sul Sinodo per la Famiglia. Cari giovani, specialmente voi dell’Istituto Cicerone, San Nilo e San Giuseppe al Trionfale, ringraziate sempre il Signore per il dono della famiglia; cari ammalati, unite l’offerta della vostra sofferenza all’intenzione di preghiera per la pace nelle famiglie; e voi, cari sposi novelli, fondate la vostra casa coniugale sulla roccia della Parola di Dio.
E così è stata molto significativa la presenza all’udienza anche di cinquanta studenti del Colegio nacional di Buenos Aires, frequentato in passato da Franca Jarich: è l’unico, dicono, dove si studia anche il latino. Da parte di tutti, è stato rimarcato, c’è anche il desiderio di riconoscere e ribadire il grande impegno profuso da Jorge Mario Bergoglio per salvare i dissidenti nel periodo della dittatura argentina. Al Papa è stato presentato il primo dei quindici fascicoli — intitolati Con Francisco a mi lado — sui «valori essenziali della famiglia» che ogni domenica il quotidiano argentino «Clarín» distribuirà gratuitamente in un milione di copie. La pubblicazione è realizzata con la collaborazione della rete di Scholas Occurrentes. Ed «è rivolto espressamente ai bambini, che così potranno realizzare lavori che abbiano per tema proprio i valori che riscontrano nelle loro famiglie» spiega Alejandro Prosdocimi, incaricato dal quotidiano di presentare l’iniziativa a Francesco. Ogni domenica, dunque, il fascicolo proporrà un valore particolare: il primo è «l’allegria» che dovrebbe sempre caratterizzare la vita domestica. I sei bambini che, a giudizio di Scholas Occurrentes, «faranno le composizioni più significative, potranno poi consegnarle personalmente al Papa all’udienza generale». L’iniziativa «intende sostenere il ruolo e la missione della famiglia cristiana, proprio sulla scia del Sinodo in corso». Tra i tanti bambini ammalati, particolarmente folto il gruppo venuto dalla Polonia. Francesco ha abbracciato con affetto Nooralhuda Al-Dahlaki, irachena, sei anni, accompagnata in Italia dai genitori per essere sottoposta a un delicato intervento chirurgico. Ed erano presenti anche i partecipanti al congresso della Società italiana di chirurgia. Al termine dell’udienza il Papa ha acceso la fiaccola votiva di san Gerardo Maiella portata da cinquanta giovani della parrocchia di Maria Santissima del Carmine e San Felice in Montoro Inferiore: una staffetta podistica la riporterà da Roma al comune dell’avellinese, dove il 16 ottobre si celebra con particolare solennità la festa del santo lucano. Infine Francesco ha benedetto una statua, intagliata in legno, di san Giuseppe presentatagli dal cardinale brasiliano Raymundo Damasceno Assis e destinata al santuario di Nostra Signora della Salute.